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IL LAVORO ALCHEMICO
Premettiamo che il Lavoro Alchemico dell'uomo su sé stesso deve
consistere innanzitutto nella purificazione da tutte le emozioni
negative che pervadono la sua personalità. La lamentela, l'odio, la
rabbia, la gelosia e ogni genere di giudizio e fastidio verso gli altri
devono essere scomparsi prima che egli possa avventurarsi nei mondi
spirituali. In queste dimensioni superiori l'aspirante viene sottoposto a
ogni sorta di attacchi emotivi e mentali da parte delle forze ostili che vi
abitano e che egli stesso suscita per risonanza. Solo un perfetto
equilibrio di emozioni e pensieri potrà renderlo capace di difendersi e
di distinguere la realtà dalle allucinazioni.
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il ricordo di se’
( parte I )
...In quel periodo avevo cominciato a leggere i libri di Gurdjieff e Ouspensky. Un giorno stavo
dialogando con un mio amico, quando a un certo punto vidi che era addormentato. Mi parlava con
veemenza dei fatti del giorno, ma non era sveglio. "Qualcosa" parlava al suo posto mentre lui
dormiva. Ne provai orrore. Quello era il mio migliore amico... avevamo vissuto insieme momenti
belli e brutti per anni. Ciò significava che anche io ero in quello stato. In quell'istante decisi che
avrei dedicato il resto della mia vita a cercare di svegliarmi.
Non c'è altro modo per sfuggire alla morte, all'infuori del ricordo di sé.
Robert Earl Burton
introduzione al ricordo di sé
Entriamo nel vivo dei processi alchemici atti a trasmutare l‟uomo in qualcosa di splendidamente
superiore. Affrontiamo quindi per la prima volta anche il concetto di « risveglio » dell‟essere
umano.
Il primo passo verso l‟acquisizione della liberazione e dell‟immortalità consiste in un accurato
lavoro di « risveglio »; l‟individuo deve cioè rendersi pienamente conto che allo stato attuale sta
dormendo.
Quando ci destiamo al mattino in realtà non ci svegliamo, ma passiamo da uno stato di sogno a un
altro: è il sonno verticale; un sonno, cioè, che permette la posizione verticale, il movimento, il
parlare, lo studiare... purtuttavia è ancora ben lungi dall'essere un reale stato di veglia. Si tratta di
una condizione di perpetuo rintronamento nella quale non si pensa, ma si è pensati, non si provano
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emozioni, ma si è da esse trascinati, non si gestisce il proprio corpo, ma si subisce la sua fisiologia.
Se vogliamo lavorare per evadere dalla prigione è imperativo innanzitutto che sappiamo di essere
all'interno di una prigione. Il più grande ostacolo al risveglio è che l'uomo pensa di essere già
cosciente e pienamente libero! Per avere la certezza di essere in uno stato di prigionia è necessario
vederlo con i propri occhi e, magari, rimanerne scioccati. L'ideale sarebbe riuscire a SENTIRE
EMOTIVAMENTE l'addormentamento. Questo fornisce l'energia occorrente per iniziare a lavorare
su di sé.
I seguenti esercizi si basano sul « ricordo di sé ». Lo sforzo di ricordarci di noi stessi nell'arco della
giornata ci permette di vedere come siamo fatti e in quale stato viviamo tutti i giorni; serve a farci
comprendere che durante il giorno "dormiamo" e di conseguenza non siamo mai coscienti di noi.
Viviamo dentro un‟allucinazione; non vediamo la realtà e non possediamo alcun potere occulto in
grado di modificarla semplicemente perché dormiamo. Il "ricordo di noi stessi" ci permette di
evitare di lasciar scorrere nell'inconsapevolezza la nostra esistenza quotidiana, portando alla luce
anche le zone più nascoste di noi.
Cosa è il « ricordo di sé »? Non lo si può spiegare a parole: lo si capisce facendo gli esercizi. Come
vedremo più avanti, si tratta di essere presenti qui-e-ora almeno in corrispondenza di determinate
occasioni che vengono stabilite a priori. Un uomo risvegliato è un uomo che si ricorda di sé sempre,
è un uomo che è sempre presente qui-e-ora per ventiquattro ore al giorno... anche nel sonno. Il
ricordo di sé è infatti un livello di coscienza superiore che si può raggiungere solo sforzandosi di
ricordarsi di sé!
L'errore principale della filosofia e della psicologia moderna risiede nell'aver ignorato un quarto
stato di coscienza oltre i tre già noti all'uomo ordinario. Gli stati di norma conosciuti sono: sonno
verticale (quello ritenuto a torto il normale stato di veglia dell'uomo), sonno profondo, sogno.
Nessuna psicologia e nessuna filosofia sono proponibili se non si considera la possibilità nell'uomo
di un quarto stato: lo stato di ricordo di sé, che è poi il reale stato di veglia.
Il ricordo di sé - è il 'terribile segreto' dell'Ars Regia che tutti gli alchimisti si sono preoccupati di
tenere occulto nei loro scritti: è il « regime », l'« agente universale », il « fuoco lento » a cui la
materia deve essere sottoposta per ottenere una trasformazione.
Premettiamo che l'effettivo stato di ricordo di sé è uno stato EMOTIVO SUPERIORE, non un
fenomeno intellettuale. Quando nel corso della presente trattazione ci riferiremo al ricordo di sé, ci
staremo in realtà riferendo ai nostri tentativi di ricordarci di noi, cioè all'unico stato attualmente
possibile per il neofita: uno stato ancora principalmente mentale, in cui ci si sforza di essere presenti
per ricordarsi di sé. Con l'espressione « ricordo di sé » intendiamo quindi riferirci allo sforzo di
ottenere questo stato, e non allo stato stesso. Attraverso gli sforzi ripetuti sarà però possibile attivare
il 'centro emotivo superiore' ( il Cuore ) e quindi entrare nel reale ricordo di sé... e questo è il nostro
scopo.
Attraverso lo sforzo di ricordarci di noi tocchiamo con mano la totale assenza di Volontà che ci
contraddistingue... ma non dobbiamo abbatterci a causa dei pessimi risultati. Il nostro lavoro
consiste nello sforzarci ogni giorno di riuscire, non nell'ottenere un risultato, il risultato non
interessa minimamente i nostri scopi.
Il ricordo di sé è il fenomeno più importante della Magia, dell'Alchimia e dell‟esoterismo in genere.
Compreso questo, l‟uomo possiede la chiave per farsi progressivamente strada in altri stati di
coscienza e acquisire nuovi poteri. Il ricordo di sé costruisce il « corpo astrale », o « corpo lunare »,
che permette la sopravvivenza dopo la morte, e anche il « corpo di gloria », cioè l'anima
dell'individuo, che permette l'immmortalità assoluta. Sono due livelli iniziatici successivi. L'unico
modo che abbiamo per capire cosa è il ricordo di sé è fare degli esercizi; esso non può essere
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compreso attraverso una spiegazione intellettuale come un qualunque altro concetto. Si può
conoscere la meccanicità solo cercando di contrastarla: se noi siamo nati in catene, se siamo nati in
una prigione, fino a quando non proviamo a uscire e ci accorgiamo che è difficilissimo, non
abbiamo alcuno strumento per capire di essere nati dentro un carcere. Fino a quando stiamo zitti e
buoni dentro la nostra prigione tutto fila liscio, solo quando tentiamo di superare il muro
perimetrale, e non ci riusciamo, comprendiamo che non siamo liberi e non lo siamo mai stati.
Attraverso il persistente sforzo teso al ricordo di sé si produce una trasmutazione alchemica che
consente di costruire i "corpi sottili" e di trasferire in essi la nostra coscienza. Tali corpi
sopravvivono alla morte del nostro corpo fisico. Stiamo quindi parlando di sopravvivenza alla morte
e successivamente di « immortalità assoluta ».
Il nostro obiettivo consiste nel lavorare alla fabbricazione dei "corpi sottili", e al trasferimento della
coscienza dalla mente al Cuore, dove risiede il nostro vero Sé. Ciò si ottiene grazie ai ripetuti sforzi
tesi verso il ricordo di sé, il controllo dell'immaginazione negativa, la trasmutazione delle emozioni
negative in emozioni superiori (le emozioni del Cuore) e il lavoro con l'energia sessuale.
Tuttavia è bene sottolineare che praticando tali metodi non ci stiamo limitando ad agire soltanto per
il « corpo di gloria », poiché stiamo anche lavorando alla fissazione dei corpi "inferiori": l'« astrale
» (o emotivo) e il « mentale », che nell'uomo ordinario non sono interamente sviluppati. Del « corpo
mentale » si parla poco e anche io non mi soffermerò sulla costruzione di tale corpo, ma è bene si
sappia che esiste questo passaggio intermedio fra il corpo astrale e il corpo dell'anima. La fissazione
completa di tali corpi consente di ottenere poteri sovranormali.
la pratica del ricordo di sé
1 -- Si tratta di ricordarsi di sé più a lungo che si può durante lo svolgimento di un'azione prolungata
nel tempo. Un esercizio classico è il ricordo di sé mentre
-- laviamo i piatti;
ma le varianti possono essere molte:
-- spazziamo il pavimento,
-- scendiamo le scale,
-- ci laviamo i denti,
-- ci facciamo la barba,
-- ci depiliamo,
-- mangiamo un panino,
-- facciamo la doccia,
oppure nel tragitto fra l‟automobile parcheggiata e il posto di lavoro, o fra casa nostra e la fermata
dell‟autobus... Ogni attività che abbia una durata non eccessiva può essere utilizzata come esercizio.
Si tratta di fermare il lavorìo della mente, il "dialogo interno" della mente, tutte le volte che ci
ricordiamo, e sforzarci poi di rimanere presenti più a lungo possibile prima di ricadere
nell'identificazione con i pensieri e le immagini mentali. Dobbiamo concentrarci su quello che
stiamo facendo rimanendo coscienti di noi, senza vagare con il pensiero. Non dobbiamo lasciare che
il corpo fisico esegua il lavoro da solo meccanicamente, dobbiamo accompagnare la sua attività con
la nostra presenza qui-e-ora. Il corpo fisico sa lavare benissimo i piatti anche se intanto la mente
pensa all'ultimo film che ha visto, ma lo scopo dell'esercizio è che TUTTO L'ESSERE lavi i piatti,
non solo un corpo; dobbiamo rimanere pienamente coscienti di ciò che facciamo come se il corpo
senza il nostro aiuto cosciente non potesse farlo. Mentre il corpo lava i piatti la mente deve essere lì
con lui, e non vagare per associazioni di pensiero come è abituata a fare.
Per esempio, ricordiamoci di noi mentre ci spogliamo e ci svegliamo. Che sia la mattina prima di
andare al lavoro, la sera quando torniamo, poco prima di andare a letto nell'indossare il piagiama,
quando ci troviamo nello spogliatoio della palestra o della piscina... dobbiamo restare "presenti a
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noi stessi" metnre ci infiliamo o ci togliamo i vestiti, cioè completamente presenti a quello che
stiamo facendo, senza farci distrarre da altri pensieri o da persone che richiamano la nostra
attenzione. All'inzio può essere utile ripetersi: "Mi sto infilando i pantaloni... e sono presente... mi
sto ricordando di me... non sono distratto da altro...".
Negli istanti in cui riusciamo a essere presenti sappiamo già che a breve ripiomberemo nel sonno.
Ogni momento di presenza è una conquista. Mentre laviamo i piatti o ci spogliamo a tratti siamo
presenti e a tratti ci identifichiamo con il contenuto della mente sognando a occhi aperti,
immaginando situazioni e dialoghi assortiti... ma per ora siamo schiavi e non possiamo evitarlo, non
abbiamo sufficiente Volontà per evitarlo, possiamo solo sforzarci di "tornare in noi" appena ce ne
ricordiamo e prolungare questo stato di presenza finché ci è possibile. Noteremo presto che questi
esercizi sono quindi un continuo andare e venire da uno stato di presenza a uno di assenza. Una
continua lotta per rimanere desti. E la lotta contro la meccanicità è ciò che ci serve per provocare la
« cottura alchemica » delle sostanze che vanno a formare i nostri "corpi sottili".
Nei primi tempi sarebbe bene non mischiare i differenti esercizi: è meglio concentrarsi per un‟intera
settimana su un unico esercizio e poi cambiare. Sette giorni è il periodo ideale. Dopo sette settimane
si conclude un ciclo e se ne può cominciare uno successivo, mantenendo gli stessi esercizi oppure
sostituendone qualcuno.
L'attenzione divisa. Praticando gli esercizi ci si accorge che il ricordo di sé implica il verificarsi di
un particolare fenomeno detto « attenzione divisa », cioè la capacità di prestare attenzione a ciò che
si sta facendo e contemporaneamente a se stessi. L'attenzione prende così due direzioni: una verso
l'esterno e una verso l'interno. Nel corso della vita normale invece l'attenzione è monodirezionale,
cioè la coscienza è interamente persa nell'evento esterno. Se una persona ci sta parlando noi siamo
concentrati su di lei, la nostra coscienza è interamente PERSA in lei, annullata nell'avvenimento
esterno. Quando ci si sforza di rimanere presenti ci si accorge che è possibile parlare con una
persona prestando attenzione a quanto dice, e contemporaneamente ricordarsi di sé, cioè essere
presenti a se stessi. Si può cioè tenere una parte dell'attenzione sempre rivolta verso l'interno.
Questo sforzo fa sì che dentro di noi si strutturi il corpo dell'anima - e che la nostra coscienza
divenga perciò immortale - e che il nostro centro di consapevolezza si sposti in esso. Accade che
noi diveniamo progressivamente l'entità che osserva l‟apparato psicofisico al lavoro, e non si
identifica più interamente con esso, non si annulla più in esso. Questa entità è la coscienza
extracerebrale, ciò che in oriente viene definito « il testimone », l'osservatore imparziale. Il nostro
disidentificarci dalla macchina biologica, il rimanere presenti come osservatori mentre il corpo e la
mente fanno qualcosa, fa sì che creiamo nuovi "corpi sottili" da abitare e simultaneamente ci
identifichiamo con essi, cioè spostiamo la nostra coscienza in essi. I due processi vanno di pari
passo.
Se mentre camminiamo per strada ci proponiamo fermamente di rimanere « svegli » fino
all‟incrocio successivo, ma dopo qualche minuto sorprendiamo la nostra mente a fantasticare sopra
gli argomenti più svariati, allora ancora una volta ci siamo „dimenticati di noi‟... ci siamo
„addormentati‟.
Non abbiamo il controllo della nostra mente! Non abbiamo il controllo delle nostre emozioni! Non
viviamo la vita che scegliamo noi, ma solo quella della nostra macchina biologica.
A questo punto l‟assenza di libero arbitrio diviene per noi un fatto indubitabile. Non dobbiamo
affidarci alle teorie di qualche filosofo per decidere se l‟uomo possiede oppure no una libera
Volontà. Lo possiamo sperimentare sulla nostra pelle!
Ma fino a quando non vengono attuate nella pratica, queste rimangono solo parole prive di utilità!
Questo sito non è un ricettacolo di teorie esoteriche, ma un costante richiamo a lavorare su di sé!
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2 -- Questa seconda categoria di esercizi è molto differente dalla precedente: non si tratta infatti di
ricordarsi di sé per un periodo prolungato (mentre laviamo i piatti o mentre camminiamo per
strada), bensì di ricordarsi di sé in corrispondenza di azioni distribuite lungo la giornata, e che
possono anche giungere all'improvviso (non possiamo infatti sapere quando squillerà il telefono o
quando qualcuno ci rivolgerà la parola).
Una mattina ci alziamo e prendiamo una decisione risoluta: "Oggi, mentre sono in ufficio, voglio
ricordarmi di me tutte le volte che giro la maniglia di una porta per aprirla". Questo significa che
ogni volta in cui stiamo aprendo una porta dobbiamo essere presenti e pensare: "Ecco, sono
presente, sono cosciente di stare aprendo questa porta".
Tornati a casa, oppure alla sera prima di andare a dormire, analizziamo la giornata e verifichiamo
quante volte siamo riusciti a ricordarci di noi aprendo una porta. Se aprendo una porta non ci siamo
mai fermati a pensare: "Ecco, ora ci sono, sono presente, sto aprendo la porta", allora non ci siamo
mai ricordati di noi. Abbiamo aperto le porte nell'inconsapevolezza più totale, cioè nello stesso stato
di sonno in cui abbiamo compiuto tutte le altre azioni nel corso della giornata.
Aprire le porte con consapevolezza rappresenta un esercizio efficace perché ci si costringe a restare
presenti in un momento in cui è difficile esserlo, in quanto stiamo passando da un ambiente a un
altro. Questo è solo un esempio e le varianti adottabili sono molteplici. Possiamo fare sforzi per
ricordarci di noi tutte le volte che:
-- apriamo la portiera di un'auto per salire o scendere,
-- saliamo o scendiamo da un autobus,
-- ci alziamo da una sedia o ci sediamo,
-- squilla un telefono (sia nostro che di altri),
-- portiamo il bicchiere alla bocca per bere qualcosa,
-- azioniamo la freccia alla guida dell'auto,
...e così via.
Anche per questa pratica vale la regola dei sette giorni e delle sette settimane. I due diversi generi di
esercizi possono essere alternati di settimana in settimana, in modo che dopo quattordici settimane
abbiamo completato un ciclo di sette esercizi diversi per ognuno dei due tipi. Le varianti possiamo
anche inventarle noi: scegliamo una qualunque azione e ci imponiamo di ricordarci di noi tutte le
volte che la svolgiamo, tenendo conto del fatto che l'esercizio serve solo fino a quando ci costringe
a compiere uno sforzo; quando ci abituiamo perde la sua efficacia e si deve passare a un altro.
All'inizio probabilmente non ci ricorderemo mai, o addirittura non ci ricorderemo nemmeno di
analizzare la giornata alla sera per verificare se qualche volta siamo stati presenti durante il giorno.
Ma se tutte le mattine per giorni e giorni ci riproponiamo di farlo, la situazione presto migliorerà. E'
importante ribadire che un uomo risvegliato vive permanentemente in quello stato di ricordo di sé
che noi fatichiamo a riprodurre solo per qualche istante nella nostra giornata, mentre stiamo
mangiando o nel momento in cui squilla un telefono. Essere svegli significa, tra le altre cose, anche
questo: ricordarsi continuamente di essere presenti.
Non facciamo esercizi per ottenere risultati, i risultati non contano nulla, il risveglio non è altro che
un costante TENDERE VERSO il risveglio, pertanto il nostro obiettivo è restare sempre in uno
stato di sforzo verso il risveglio, e non raggiungere il traguardo di ricordarci di noi, né un qualunque
altro traguardo. La trasmutazione alchemica si produce a causa dello sforzo, non del risultato. Il
lavoro alchemico è un salto nel vuoto, è l'accettazione della propria eternità. Ma a questo stadio è
difficile comprendere tale affermazione.
continua...
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il ricordo di se’
( parte II )
Ricordati di te stesso, idiota!
(Gurdjieff, nascosto dietro le quinte, a Orage che sta parlando sul palco)
Se non possiamo controllare la macchina, siamo la macchina.
Robert Earl Burton
esercizi di ricordo di sé più avanzati
Dopo aver acquisito dimestichezza con gli esercizi precedenti, si possono fare tentativi con esercizi
che richiedono maggiore impegno. Ad esempio, molti trovano più difficile ricordarsi di sé quando
sono in compagnia di altre persone. Fino a quando svolgono gli esercizi in solitudine riescono a
mantenere una sufficiente concentrazione su se stessi, ma nel momento in cui devono prestare
attenzione a ciò che fa o dice un'altra persona piombano nel sonno più completo.
Facciamo un esempio. Quando laviamo i piatti di norma non occorre un notevole grado di
concentrazione, questa è infatti un'attività prevalentemente meccanica, il corpo la compie quasi da
solo, tanto che la maggior parte del tempo possiamo permetterci di pensare a tutt'altro fantasticando
con la mente. Un po' come accade quando si guida su un'autostrada senza traffico: si può pensare ad
altro o parlare con il passeggero, eppure la parte più meccanica del nostro cervello continua a
guidare senza problemi.
Se vogliamo svolgere l'esercizio di ricordo di sé mentre stiamo lavando i piatti dobbiamo portare
l'attenzione su di noi oltre che sulle consuete azioni necessarie a lavare i piatti ( attenzione divisa ).
Dal momento che tali azioni non ci impegnano mentalmente o emotivamente, ma solo fisicamente,
l'esercizio risulterà relativamente - relativamente alla dimestichezza che abbiamo acquisito con tali
esercizi - semplice. Dovremo infatti impiegare molte energie per dirigere l'attenzione verso
l'interno, ma relativamente poche per fare sì che il nostro corpo continui a lavare i piatti.
Se invece stiamo ascoltando una persona che parla siamo molto impegnati a livello mentale, e
spesso lo siamo anche a livello emotivo. Se poi siamo noi a parlare, l'impegno è totale. In tali
frangenti dividere l'attenzione fra esterno e interno diventa complesso. Sarà sufficiente provare per
accorgersi di quanto sia difficile. Se mentre il nostro interlocutore parla noi ci sforziamo di
ricordarci di noi, inevitabilmente perdiamo alcuni frammenti del suo discorso. Se la paura di
perdere parte di ciò che sta dicendo l'altro è molta, saremo costretti a smettere di fare sforzi per il
ricordo e farci assorbire completamente da ciò che dice ( identificarci ).
L'unico modo per migliorare consiste nel provare e riprovare instancabilmente, magari cominciando
con i dialoghi al telefono - in quanto la presenza fisica dell'interlocutore è fonte di ulteriore disturbo
per il ricordo di sé. Se possiamo guardare in faccia l'altra persona, e lei può guardare noi, siamo
molto più coinvolti e identificati con la situazione che si sta svolgendo, mentre al telefono il numero
di sensi interessati all'esperienza è minore.
Provando ci accorgeremo che nel momento in cui la mente deve comprendere il significato delle
parole dell'altro, o deve pensare alla risposta da dare, perde la capacità ricordarsi di sé: o fa una
cosa, o fa l'altra. Non siamo abituati a dividere l'attenzione perché siamo sempre vissuti
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nell'identificazione completa con la nostra mente. Nessuno ci ha mai detto che possiamo essere
un'"entità esterna" che osserva la mente al lavoro.
Riusciamo a osservare il corpo che lava i piatti, ma ci è difficile osservare la mente mentre compie
un ragionamento. Nell'istante in cui la mente deve rispondere, la nostra coscienza, che magari fino a
un attimo prima era riuscita a restare presente, e quindi divisa, si riidentifica al cento per cento con
la mente pensante.
Questo è dovuto al fatto che noi possediamo ancora uno scarso controllo sulla nostra mente e sulle
nostre emozioni, mentre ne abbiamo uno molto maggiore sul corpo fisico. Controllo e
identificazione sono inversamente proporzionali: meno siamo identificati - cioè meno siamo
coinvolti - con qualcosa, più ne abbiamo il controllo.
Un buon esercizio in preparazione al ricordo di sé in compagnia di altre persone può essere svolto
mentre si guarda la televisione. In questo caso si è meno coinvolti perché ci si esercita in solitudine,
ma allo stesso tempo si lavora sulla disidentificazione dalla mente, cioè sul ricordarsi di sé mentre
la mente segue i dialoghi di un film o di una qualsiasi trasmissione. All'inizio non è semplice
nemmeno questo, ma in ogni caso è preferibile cominciare a compiere questo genere di sforzi
davanti alla tv, uno strumento con il quale non dobbiamo interagire in maniera attiva, che buttarsi
subito nel mezzo di una conversazione dove il coinvolgimento è decisamente maggiore e il ricordo
di sé diviene un'impresa titanica.
Altra possibilità è quella di sforzarsi di ricordarsi di sé mentre si legge. Ci si accorgerà presto che
nei momenti in cui si porta l'attenzione verso l'interno si perde il significato di ciò che si sta
leggendo. Più precisamente: una parte di noi è ancora capace di svolgere una funzione automatica di
lettura, ma la mente che deve comprendere il significato non riesce a lavorare in due direzioni
contemporaneamente: o si ricorda di sé, o afferra il significato. E' consigliabile esercitarsi
inizialmente con letture poco impegnative dal punto di vista del significato.
Ricordarsi di sé ogni volta che si inizia a parlare a qualcuno costituisce un altro buon esercizio.
Appartiene alla categoria degli esercizi "istantanei". Il momento in cui parleremo ci coglierà sempre
di sorpresa. Sul lavoro qualcuno ci farà una domanda e la risposta uscirà da noi meccanicamente.
Solo al termine della conversazione ci accorgeremo di non esserci ricordati di noi quando abbiamo
pronunciato le prime parole.
Risulta interessante analizzare cosa accade in questo caso. Per esempio, decidiamo fermamente che
ci ricorderemo di noi tutte le volte che rivolgeremo la parola a qualcuno durante le prossime tre ore.
Non dobbiamo ricordarci di noi durante l'intera conversazione, il che costituirebbe già il passo
successivo, ma solo al momento di pronunciare le prime parole. Nonostante il nostro fermo
proposito, quando qualcuno ci interpellerà, le parole usciranno dalla nostra bocca come se fossero
attirate dalle parole del nostro interlocutore, come se fossero una conseguenza inevitabile delle sue
parole. Ciò dimostra che la nostra risposta in realtà non è mai pensata, ma è solo frutto di una
reazione meccanica alla domanda dell'altro, o all'evento che abbiamo commentato.
Il nostro parlare è sempre una reazione meccanica all'avvenimento esterno, perché noi, come
coscienza, veniamo bypassati dalla nostra mente. La coscienza osservatrice ( il testimone ) e la
mente razionale sono due cose completamente diverse. Non riusciamo a frenare la reazione
meccanica della nostra mente, non ci ricordiamo nemmeno di farlo, perché il nostro parlare è un
meccanismo che funziona nello stesso modo da decenni, e tutti intorno a noi ne sono ugualmente
schiavi, pertanto non abbiamo un valido metro di paragone. Notiamo un evento esterno e reagiamo
meccanicamente, pensando o parlando senza aver realmente pensato in maniera cosciente, cioè con
tutto il nostro essere in stato di presenza.
Possiamo veramente accorgerci che i nostri pensieri e le nostre parole sono meccanici - cioè
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reazioni meccaniche a stimoli sensoriali esterni – solo quando proviamo a fermarli coscientemente
per mezzo di tali esercizi. Altrimenti questa rimane una teoria come tante.
Le conseguenze del parlare in stato di sonno anziché in stato di ricordo di sé sono sotto i nostri
occhi tutti i giorni: i rapporti sociali su questo pianeta sono semplicemente disastrosi; e si va dal
rapporto di coppia ai rapporti internazionali fra gli Stati.
Un altro buon esercizio consiste nel pensare "Io sono" non meno di una volta ogni ora, per tutto il
giorno. Questo serve a permeare di ricordo di sé l‟intera giornata. Sarebbe meglio accompagnare il
pensiero con un'inspirazione (pensando "Io") e un'espirazione (pensando "sono").
Ricordarsi di sé ogni volta che si pronuncia la parola "Io" costituisce un esercizio molto avanzato e
difficile da mettere in pratica. Purtuttavia a un certo grado del cammino sarà possibile eseguirlo e la
sua efficacia è assicurata.
Anche mentre si mangia ci si può ricordare di sé. L‟esercizio consiste nel rimanere presenti dal
momento in cui si porta il cibo alla bocca a quando si inghiotte il boccone. Portare la propria
attenzione sulla masticazione condiziona in maniera notevole l‟assimilazione delle sostanze
nutritive da parte dell‟organismo; la presenza fa sì che cogliamo con maggiore profondità i sapori,
estraiamo molta più energia dagli alimenti e di conseguenza percepiamo molto prima il senso di
sazietà.
Ricordarsi di sé mentre si mangia spesso risulta difficoltoso per la presenza di altre persone che ci
rivolgono la parola. In tal caso la buona regola di “non parlare con la bocca piena” può venirci in
aiuto per consentirci di svolgere il nostro esercizio prima di dover rispondere a qualcuno.
Un contributo al ricordo di sé viene dato dallo sforzo di compiere delle semplici operazioni
invertendo il lato con cui si compie l‟azione. Per esempio, possiamo sforzarci di mangiare per una
settimana con la mano sinistra invece che con la destra (o viceversa per chi è mancino) portando il
cibo alla bocca con la mano sinistra e tagliando il pane con la mano sinistra. Lavarsi i denti, farsi la
barba o depilarsi con la sinistra è un altro buon metodo per costringersi a rimanere presenti durante
queste attività.
All'interno di una scuola esoterica è possibile esercitarsi fra allievi, e questa è in effetti la soluzione
migliore. Risulta infatti più semplice ricordarsi di sé mentre si ascolta o si parla con qualcuno che
sappiamo si sta a sua volta sforzando di ricordarsi di sé. Questo permette di acquisire una certa
sicurezza 'in famiglia', e sarà poi meno complicato fare sforzi quando ci si sposta all'esterno della
scuola.
concentrare lo sforzo
Una importante raccomandazione è necessaria: concentrare tutto lo sforzo durante il tempo che si è
deciso di dedicare all'esercizio e non cercare di ricordarsi di sé anche al di fuori di questo tempo.
Per quanto riguarda la prima serie di esercizi, se ad esempio decidiamo di ricordarci di noi tutte le
volte che ci alziamo da una sedia, dobbiamo decidere in anticipo per quanto tempo fare sforzi in
questa direzione.
Possiamo farlo per tutta la mattina, o durante le ore di lavoro in ufficio, o solo nel percorso
dall'ufficio a casa, o esclusivamente dal momento in cui varchiamo la soglia di casa fino all'ora di
cena, oppure possiamo decidere di fare sforzi per le prossime due ore indipendentemente da dove ci
troveremo.
E' importante stabilire un limite di inizio e fine. Non è di alcuna utilità fare sforzi indiscriminati per
tutto il giorno, perché si perde in capacità di concentrazione e l'esercizio non risulta altrettanto
efficace. A meno che non si stiano praticando esercizi che per la loro natura richiedono
un'estensione illimitata (ad es. l'esercizio dell'"Io sono"). Dobbiamo avere molta pazienza e
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procedere per gradi, non dobbiamo farci prendere dall'ansia di voler fare tutto subito. Questa risulta
a lungo andare la tecnica migliore per svegliarsi. Sono consigli che nascono dalla mia esperienza
diretta.
Per quanto concerne gli esercizi di "ricordo di sé prolungato" vale lo stesso principio. Se decidiamo
di ricordarci di noi mentre spazziamo il pavimento non dobbiamo fare alcun tentativo né prima né
dopo. Se decidiamo di farlo per il tempo in cui viaggiamo sull'autobus, dal momento in cui
scendiamo dobbiamo interrompere gli sforzi.
Tuttavia nel breve tempo in cui decidiamo di concentrare gli sforzi tutta la nostra energia deve
essere veicolata in quel tentativo. Se decidiamo di compiere sforzi per due ore, dobbiamo
considerare quelle due ore come le ultime due ore della nostra vita. Sprecheremmo le nostre ultime
due ore di vita per vagare con l'immaginazione da un pensiero all'altro senza alcuno scopo?
Qualunque cosa succeda in quelle due ore noi ci ricorderemo di noi stessi! Questo deve essere
l'atteggiamento. Sforzi prolungati per troppe ore lungo la giornata non portano a nulla. Sforzi
concentrati ma potenti portano inevitabilmente al risveglio.
Approdare a un nuovo stato di coscienza significa anche entrare consapevolmente in una nuova
dimensione: la quarta dimensione. Questa dimensione è stata esaurientemente descritta da poeti,
scrittori e chiaroveggenti, e la letteratura in merito è vasta (si vedano Arthur E. Powell e P.D.
Ouspensky fra tutti). Penetrare in questa dimensione è come conquistare una fortezza nemica:
dobbiamo organizzare dei raid mirati e potenti. Non possiamo combattere tutto il giorno con tutte le
nostre truppe, perché ci esporremmo eccessivamente al fuoco nemico e dopo una settimana
saremmo esausti. Attacchi di poche ore, ma portati regolarmente tutti i giorni, prima o poi ci
consentiranno inevitabilmente di aprire una breccia nel muro nemico. Una volta aperta una breccia
nella quarta dimensione, sarà più semplice penetrarvi le volte successive.
continua...
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il ricordo di se’
( parte III )
Ricorda te stesso sempre e dovunque. Il ricordo di sé produce precisi mutamenti chimici che
provocano la comparsa dell'essenza dell'essere umano.
P.D. Ouspensky
L'attenzione divisa non produce risultati immediati e i centri superiori non possono sopraggiungere
senza lo sforzo perseverante di molti anni. Svegliarsi è difficile, ma può essere fatto. E' impossibile
svegliarsi senza dedicarsi totalmente alla propria evoluzione. Si è in errore se si pensa che siano
sufficienti delle mezze misure.
Robert Earl Burton
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vedere il sonno
Un risultato importante che si ottiene dagli esercizi di ricordo è quello di toccare con mano il
proprio stato ipnotico. Possiamo comprendere che se siamo svegli solo nei momenti in cui ci
sforziamo di ricordarcelo, allora dormiamo e viviamo come burattini per tutto il resto della giornata.
Prendiamo decisioni nel sonno, lavoriamo nel sonno, studiamo nel sonno, facciamo l'amore nel
sonno, intratteniamo i rapporti umani nel sonno.
Praticando gli esercizi, dopo un po‟ di tempo, ci ricorderemo di noi - cioè saremo coscientemente
presenti - anche al di fuori dei momenti stabiliti per l'esercizio. Magari camminando per strada
improvvisamente ci ricorderemo di noi ("Ecco, sono presente, cammino e mi ricordo di me, non sto
vagando fra i pensieri come al solito"), senza averlo prestabilito e senza aver fatto uno sforzo. In tal
caso potremo approfittare della situazione mantenendo quello stato di presenza più a lungo possibile
prima di ricadere nel sonno, ma, come detto in precedenza, non si devono fare sforzi al di fuori
dello spazio riservato agli esercizi.
Nei momenti di ricordo, osservandoci con attenzione, possiamo cogliere la differenza fra lo stato di
coscienza in cui ci ricordiamo di noi e lo stato in cui eravamo un attimo prima, quando non ci
ricordavamo e stavamo dormendo. E' indispensabile portare avanti questo lavoro sul cogliere la
differenza fra i due stati di coscienza. Dovremmo farlo ogni volta che ci è possibile, ossia ogni volta
che ce ne ricordiamo.
Se stiamo scendendo dall'autobus e ci ricordiamo di noi per un istante, se riusciamo cioè a essere
presenti e non compiamo nel sonno quell'azione ("Ecco, ci sono, sono presente e sto scendendo
dall'autobus"), possiamo sforzarci di prolungare questo stato cogliendo la differenza tra come siamo
adesso e come eravamo qualche minuto prima sull'autobus: "Cosa facevo? A cosa ho pensato per
tutto il tempo del viaggio? Se io sono presente solo ora, allora chi pensava e chi compiva le azioni
al mio posto fino a poco prima? Nel sonno avrei potuto picchiare qualcuno reagendo a un'offesa,
avrei potuto decidere di cambiare lavoro, o avrei potuto invaghirmi di una persona e risolvermi in
seguito di sposarla."
Vivere nel sonno è pericoloso, ma lo si può comprendere solo a un certo grado di risveglio. L'uomo
comune, che non ha mai provato a svegliarsi, non puo‟ essere cosciente del pericolo derivante dal
trascorrere la propria vita nel sonno. D'altronde le cronache quotidiane illustrano in maniera
soddisfacente le conseguenze della vita nel sonno. Siamo sonnambuli che camminano dormendo sul
cornicione di un palazzo a venti metri da terra! Finché dormiamo sembra che vada tutto bene.
Se, ad esempio, mentre mangiamo un panino proviamo a fare l'esercizio di ricordo di sé, possiamo
confrontare i momenti in cui siamo coscienti delle azioni che compiamo con quelli in cui invece
mangiamo pensando a tutt'altro, e quindi in effetti non mangiamo nel vero senso del termine, perché
il nostro corpo fisico mangia meccanicamente senza che noi ne siamo coscienti ("Adesso mangio e
sono presente, porto il panino alla bocca e lo mordo, e ne sono cosciente. Ma un attimo prima dove
ero mentre mangiavo? Perché la mia autocoscienza non era qui con me?").
Il risveglio consiste nello sforzo di ricordarsi di sé e nel successivo confronto fra i momenti di
ricordo, di effettiva presenza, e i momenti precedenti di sonno, di assenza. Se riusciamo a sentire
dentro di noi in modo EMOTIVO questa sottile ma enorme differenza allora abbiamo compreso la
differenza fra un essere umano che dorme e un essere umano che cerca di svegliarsi. Questo
significa toccare con mano il proprio stato ipnotico, e sovente qualcuno ne rimane sconvolto.
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volontà [thelema]
Il secondo scopo degli esercizi è sviluppare un ottimo grado di forza di Volontà - in greco Thelema,
come viene definita negli insegnamenti di Aleister Crowley - indispensabile in tutti gli aspetti del
lavoro su di sé. Quando lavoriamo sull'immaginazione negativa (il "dialogo interno" della nostra
mente) e sulle emozioni negative, possiamo sfruttare la Volontà costruita grazie al ricordo di sé.
Rammentiamo che l'uomo addormentato non possiede vera forza di Volontà, egli fa ciò che la vita
gli permette di fare; questo può anche consentirgli di divenire casualmente un uomo colto e di
successo, ma non di acquisire un reale potere sugli eventi circostanti. Il fatto che dobbiamo
compiere degli sforzi immani per combattere la meccanicità dei nostri atti e ricordarci di noi, è la
dimostrazione di questa nostra incapacità di volere. Pensiamo di essere liberi di volere perché
decidiamo cosa ordinare al ristorante, mentre in realtà non decidiamo nemmeno quello, i nostri
meccanismi inconsci decidono, e loro decidono in base alle informazioni presenti nell‟ambiente.
Fingiamo di volere, mentre ci lasciamo trascinare da forze più grandi di noi.
La forza di Volontà non è altro che la capacità di utilizzare l'energia. Gli esercizi sul ricordo
aumentano la nostra capacità di disporre dell'energia. Quando cominciamo a svolgere questi esercizi
per noi è un giorno storico, sacro, perché per la prima volta opponiamo resistenza cosciente alla
meccanicità che ci ha sovrastati durante tutta la nostra vita. Per la prima volta ci sforziamo di
decidere qualcosa: "Voglio essere io a stabilire cosa pensare e quando pensarlo, voglio decidere io
se arrabbiarmi o no, se avere paura o no. Non voglio più essere schiavo". Un uomo nuovo sta
nascendo in noi e ora vuole essere padrone in casa sua.
Dobbiamo diventare degli specialisti del ricordo di sé. Ci sono persone brave a giocare a scacchi,
altre brave in uno sport, altre ancora nel cucinare dolci o suonare uno strumento, e alcune sanno fare
molto bene il loro particolare lavoro... noi siamo specializzati nel ricordo di noi stessi. Ci
accorgeremo presto che ogni altra questione è di minore importanza. Non importa che lavoro
facciamo per mantenerci, la nostra specializzazione deve diventare il ricordo di noi stessi. Questa è
la nostra preoccupazione più grande: svegliarci. E solo se questa attività diviene il nostro centro di
gravità permanente per anni, allora possiamo sperare di svegliarci. Avere un lavoro o essere
disoccupati non è di alcuna importanza se non si è svegli. Avere un partner o essere single non fa
differenza finché si dorme. Nel sonno è tutto uguale.
Ogni singolo sforzo compiuto nel tentativo di svegliarsi provoca una TRASMUTAZIONE
ALCHEMICA: durante questi tentativi di ricordo di sé si viene a creare un notevole attrito fra
l'abitudine meccanica della nostra esistenza e il nostro voler diventare coscienti. Questo attrito
genera un « fuoco », e questo Fuoco agisce sui nostri atomi per creare nuovi elementi più sottili che
costituiranno i "corpi superiori", compreso il corpo dell'anima o « corpo di gloria ». Tale
trasmutazione coinvolge anche lo sviluppo dei corpi emotivo (astrale) e mentale, con la conseguente
acquisizione di siddhi, i poteri inerenti il mago: capacità di viaggiare in astrale, materializzare e
smaterializzare oggetti, invocare ed evocare entità presenti sul piano astrale e sui piani più alti.
Quel punto di luce che è l'anima comincia ad aggregare gli atomi per costruire il suo nuovo corpo e
il nostro centro di consapevolezza inizia a spostarsi in quella direzione, il nostro Cuore comincia ad
aprirsi. Il primo giorno in cui compiamo sforzi qualcosa cambia per sempre in noi. Ovviamente, se
gli sforzi si limiteranno a pochi mesi di tempo e non proseguiranno, non accadrà nulla di tangibile,
ma un seme è stato comunque gettato.
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difficoltà
Quando si inizia la pratica di esercizi per il ricordo di sé si possono verificare due condizioni in
particolare: si incontrano subito grosse difficoltà e non ci si ricorda nemmeno di fare gli esercizi,
oppure si riesce molto bene per qualche giorno o settimana, ma poi si subisce un rapido calo di
energia e si abbandona tutto. Entrambi i comportamenti sono perfettamente normali.
Per qualcuno all'inizio sarà difficile persino il ricordarsi di stabilire al mattino appena sveglio in
quali occasioni si sforzerà di ricordarsi di sé durante il giorno. E' necessario trovare la forza di
Volontà per eseguire almeno i passi iniziali. Il fatto che durante il giorno non riusciamo a essere
presenti nemmeno una volta è perfettamente normale, ma se non ce lo imponiamo con forza non
abbiamo speranza di migliorare. E' vitale non abbattersi in questa fase, per quanto possa durare a
lungo, e ribadire ogni giorno il proprio desiderio di ricordarsi di sé.
Teniamo a mente che lo scopo è sforzarsi, tendere verso, non raggiungere il risultato voluto.
Paradossalmente l'esercizio funziona solo fino a quando non siamo in grado di farlo bene e ci
sforziamo di farlo.
Quando si riesce anche per una sola volta a essere presenti mentre si sta compiendo una delle azioni
descritte negli esercizi, si deve assaporare quel momento cercando di prolungarlo: "Ecco, sono vivo,
sono presente qui-e-ora, mi sto ricordando di me, sono in uno stato di coscienza diverso da quello in
cui ero prima e diverso da quello in cui sarò fra qualche istante". All'inizio il lavoro è soprattutto
mentale, si è costretti a ripetersi frasi simili, in cui si afferma di essere presenti; con il tempo
diventerà uno stato interiore: ci si sentirà presenti senza alcun bisogno di ripeterselo; poi diverrà un
fatto emozionale (EMOZIONALE SUPERIORE), e solo questo sarà il vero ricordo di sé!
Grazie al contatto con un sistema di pensiero nuovo e all'entusiasmo iniziale che ne deriva accade
spesso che si riesca a svolgere anche più esercizi nella stessa giornata e che ci si accorga subito
della differenza fra i momenti di presenza e quelli di sonno. Altrettanto spesso però accade che
l'entusiasmo iniziale svanisca e si perda totalmente interesse per gli esercizi, se non addirittura per il
lavoro su di sé in generale. I cali di energia devono essere previsti, perché sono ciclici e rispettano
leggi ben precise su cui noi non abbiamo potere. Ma già il solo fatto di sapere che tali cali devono
obbligatoriamente arrivare serve a non far precipitare l'individuo nell'abbattimento più completo.
I cali devono avvenire perché così vogliono le leggi naturali, che sono cicliche. L'attenzione non va
concentrata sul tentativo di evitarli, bensì sui metodi per uscirne velocemente grazie a nuove
immissioni di energia: leggere un libro, vedere un film particolare, parlare con persone che sono
anche loro impegnate nel lavoro, assistere a conferenze... La necessità di contrastare i cali ciclici di
energia è forse il principale motivo per cui non è possibile lavorare da soli e a un certo punto è
indispensabile trovare una scuola.
Quando si intraprende la strada del risveglio e si decide di iniziare con gli sforzi per ricordarsi di sé,
accade di frequente che agli sguardi dei nostri conoscenti - paradossalmente - si appaia come più
distratti e meno presenti. Ciò è normale e accade perché non siamo abituati allo stato di ricordo di
noi stessi, che è uno stato di attenzione divisa. Il fatto di dividere l'attenzione, all'inizio, e per un
lungo periodo, impiega tutte le nostre energie, per cui succede spesso di dimenticare oggetti, di
scordare gli appuntamenti, di girare nella via sbagliata, di non afferrare ciò che il nostro
interlocutore sta dicendo. Sembriamo più assenti agli occhi degli altri proprio perché ci stiamo
sforzando di fare qualcosa che non abbiamo mai fatto e nessuno fa mai: essere presente.
Inoltre il risveglio ci modifica caratterialmente: tutto ciò che è superfluo nella nostra macchina
biologica progressivamente scompare. Di conseguenza alcuni potranno trovarci meno interessanti, o
più noiosi, o più seri. In realtà non stiamo diventando meno interessanti, è solo che
disidentificandoci dalla macchina e identificandoci con l'anima, non rispecchiamo più le aspettative
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della società, la quale si fonda sulle caratteristiche della macchina biologica: l'essere al centro
dell'attenzione, l'essere competitivi, il discutere con coinvolgimento degli argomenti futili più alla
moda in un dato momento, esprimere inutili opinioni su qualunque avvenimento... e così via. D'altra
parte diventeremo sempre più interessanti e riconoscibili agli occhi di chi ha intrapreso un percorso
di risveglio come noi, o di chi possiede anche solo una visione più profonda dell'esistenza rispetto
alla norma.
economizzare l'energia
L'uomo ha in sé la capacità di costruire un nuovo corpo che gli permette di cogliere la quarta
dimensione, una realtà completamente diversa da quella che percepisce nelle condizioni ordinarie,
una realtà che agli altri risulta accessibile solo per mezzo delle droghe, ma per fare ciò ha bisogno
di una quantità notevole di energia. All'inizio tale energia viene ricavata semplicemente dalla
drastica riduzione degli sprechi. Un uomo infatti, possiede già nella sua macchina biologica
l'energia necessaria a iniziare il lavoro su di sé, ma non ne può disporre perché la disperde
continuamente in attività inutili e dannose.
Il suo primo obiettivo deve essere quindi il risparmio di energia. Questo gli consentirà di disporre
della quantità di energia necessaria a fare sforzi per il ricordo di sé. Gli sforzi per ricordare se stessi
necessitano di molta energia. Tali sforzi con il tempo produrranno episodi di reale ricordo di sé, e
questi faranno affluire ulteriore energia da reimpiegarsi nel lavoro.
Per risparmiare energia dobbiamo lottare contro le abitudini che ci costringono a disperderla.
Sprechiamo energia provando emozioni negative di ogni sorta (quando siamo in ansia, quando ci
arrabbiamo con qualcuno, quando siamo nervosi, quando siamo depressi, ecc), sprechiamo energia
lasciandoci ossessionare dall'immaginazione negativa (pensiamo a episodi spiacevoli che
potrebbero accadere a noi o ai nostri cari, costruiamo dialoghi immaginari nella nostra testa,
alimentiamo inutili fantasie di ogni sorta, realizzabili o irrealizzabili, ecc) e sprechiamo energia
utilizzando male il nostro corpo (nel compiere ogni movimento contraiamo molti più muscoli di
quelli necessari, assumiamo posture sbagliate, ecc).
Emozioni negative e immaginazione negativa verrano trattate nei successivi capitoli, mentre
riguardo all'energia che viene sprecata a causa di un cattivo utilizzo del corpo accenneremo
qualcosa subito.
Ogni giorno disperdiamo una grande quantità di energia nella contrazione di muscoli che non sono
interessati nel movimento che stiamo compiendo, oppure nella contrazione sproporzionata dei
muscoli interessati in tale movimento. Ad esempio, nel semplice atto di piantare un chiodo in una
parete contraiamo un inimmaginabile numero di muscoli che non dovrebbero venire coinvolti in
quell'atto (muscoli del viso, delle spalle, delle gambe, ecc) e contraiamo sia i muscoli necessari che
quelli non necessari con un'intensità sufficiente a trainare il vagone di un treno!
Le posture che assumiamo durante il giorno e il nostro modo di camminare sono scandalosamente
antieconomici. In particolare la contrazione dei muscoli del viso, che non è quasi mai necessaria,
accompagna tutte le nostre attività (probabilmente avete i muscoli della fronte contratti anche
adesso che state leggendo) e causa una fuoriuscita continua di preziosa energia. Ci sono molte
persone che vivono l'intera giornata con la fronte aggrottata, lo sguardo corrucciato o la mandibola
serrata; tanti digrignano i denti anche di notte.
Tutti viviamo con i muscoli del collo e delle spalle - il trapezio - perennemente contratti. Se in
questo momento portate la vostra attenzione alle spalle e provate a rilassarle vi accorgete di averle
tenute contratte, senza motivo, fino ad ora.
Rientra nell'opera di economizzazione dell'energia portare periodicamente durante la giornata la
nostra attenzione sui muscoli del volto e cercare di rilassarli. Lo stesso deve essere fatto per il collo
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e le spalle. Ogni qualvolta ce ne ricordiamo, la postura che abbiamo assunto in un dato momento -
per parlare, per scrivere o per aspettare il bus - deve essere osservata scrupolosamente, mettendo
l'accento sui muscoli che non dovrebbero essere contratti e invece o sono, poiché non siamo
consapevoli del nostro corpo e questo è quasi un estraneo per noi.
la gestione dell'energia
Un ultimo appunto riguarda l'afflusso di energia che accompagna gli esercizi di ricordo di sé. Un
individuo che decide di fare sforzi a lungo e in maniera intensa consuma molto energia, ma allo
stesso tempo il frutto di questi sui sforzi - il ricordo di sé - introduce energia e innalza la sua
frequenza vibratoria. Se egli non è seguito da qualcuno che è‟ più avanti di lui sul percorso del
risveglio (e qui si ripresenta la necessità di lavorare all'interno di una scuola) non sa come utilizzare
questa nuova energia, la quale, se non correttamente indirizzata, si riversa nella personalità
ingigantendone le caratteristiche.
L'individuo potrebbe andare incontro a maggiore irritabilità, nervosismo, mal di testa, crisi
depressive, sbalzi d'umore, disarmonia nella capacità decisionale (scelte improvvise condotte in
maniera irrazionale). E' dunque necessario che chi svolge tali esercizi si tenga sotto costante
osservazione, diventi lo spettatore e l'analizzatore di se stesso, dei suoi pensieri e delle sue
emozioni, in modo da accorgersi di quando il suo carattere inizia a manifestarsi con toni esasperati.
Quando si rilevano tali disarmonie è consigliabile interrompere ogni esercizio e concentrarsi
esclusivamente sugli altri aspetti del lavoro di risveglio: osservazione delle emozioni negative e
controllo dell'immaginazione negativa.
Testi sull'argomento:
LA QUARTA VIA
P.D. Ouspensky, Astrolabio-Ubaldini, Roma 1974 (1921-1946)
FRAMMENTI DI UN INSEGNAMENTO SCONOSCIUTO
P.D. Ouspensky, Astrolabio-Ubaldini, Roma 1976 (1915-1923)
IL RICORDO DI SE'
Robert Earl Burton, Astrolabio-Ubaldini, Roma 1994 (1991)
LA MACCHINA BIOLOGICA UMANA
E. J. Gold, Edizioni Crisalide, Spigno Saturnia (LT) 1999 (1991)
IL LAVORO PRATICO SU SE STESSI
E. J. Gold, Edizioni Crisalide, Spigno Saturnia (LT) 2004 (1989)
SUFI: LA PRESENZA QUI E ORA
K.E. Helminski, Edizioni Amrita, Torino 1998 (1992)
LE EMOZIONI NEGATIVE
Noi ci eleviamo inginocchiandoci,
Conquistiamo arrendendoci,
Guadagniamo rinunziando.
il Maestro a Ercole, nel mito dell'Idra
http://www.internetbookshop.it/ser/serdsp.asp?shop=3176&c=FCSSXJTXQW7CJhttp://www.ilgiardinodeilibri.it/libro.php?lid=833&pn=130http://www.internetbookshop.it/ser/serdsp.asp?shop=3176&c=IIBSXJQA653APhttp://www.ilgiardinodeilibri.it/__macchina-biologica-umana.php?pn=130http://www.ilgiardinodeilibri.it/libro.php?lid=4983&pn=130
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Per mezzo del ricordo di sé si prende atto del proprio stato di addormentamento, si guadagna
energia utile per il lavoro successivo, si sviluppa la forza di volontà, si acquisisce la capacità di
essere presenti in corrispondenza di determinati eventi e, a livello alchemico, si costruiscono i corpi
sottili, fra cui il più importante è il corpo dell'anima. Ma il ricordo di sé è solo una parte del lavoro.
Per costruirsi un corpo immortale in grado si ospitare il Sé è indispensabile lavorare assiduamente
su più fronti contemporaneamente. La parte più consistente e più difficile del lavoro va compiuta
sull'immaginazione negativa e sulle emozioni negative.
Sia ben chiaro che lo stato di risveglio è uno stato « emozionale superiore », non mentale. La
costruzione del corpo per l'anima e la conseguente apertura del Cuore sono fatti che concernono le
emozioni superiori, cioè la capacità dell'uomo di guardare il mondo attraverso le emozioni superiori
anziché attraverso le emozioni negative, e quindi di cogliere il Vero e il Bello.
Il corpo dell'anima è costituito di emozioni superiori e ci permetterà di vedere il mondo attraverso
tali emozioni. La nostra macchina biologica è invece costituita di immaginazione negativa ed
emozioni negative e ci costringe a vedere il mondo attraverso di esse.
Le emozioni superiori - e quindi il « corpo di gloria » - si sviluppano in due modi:
a) per mezzo del NUTRIMENTO che ci viene dalle cose belle che già adesso siamo in grado di
vedere intorno a noi e che ci provocano emozioni superiori. Non dobbiamo farci sfuggire nessuna
occasione per cogliere più Bellezza che possiamo e per emozionarci di fronte a questa Bellezza: si
va dalle manifestazioni artistiche agli eventi quotidiani che possono commuoverci. Dobbiamo
educarci al Bello ponendo l'attenzione sul Bello che gli altri uomini manifestano. La percezione del
Bello in una cosa o in una situazione provoca emozioni superiori: amore, compassione, tenerezza,
perdono, ... coltivare queste emozioni è il metodo più rapido e sicuro per costruire il corpo
dell'anima.
b) attraverso un lavoro alchemico mirato sulle emozioni negative.
I due metodi sono complementari e indispensabili entrambi: si lavora simultaneamente sul ravvivare
e incrementare le emozioni superiori che già siamo in grado di provare e sulla trasmutazione di
quelle negative che ci impediscono di cogliere la realtà per come è intrappolandoci nell'illusione.
Si tenga ben presente che il lavoro su immaginazione ed emozioni negative deve iniziare
parallelamente agli esercizi sul ricordo di sé. L'immaginazione negativa e le emozioni negative ci
fanno perdere consistenti quantità di energia. Se non possediamo una sufficiente quantità di energia
il ricordo di sé ci appare impossibile; esso infatti comporta un enorme dispendio di energie.
Allo stesso tempo il riuscire a essere presenti - anche se non è ancora il vero ricordo di sé - ci
permette di guadagnare energia. Se però dovessimo procedere con il lavoro sul ricordo di sé senza
aggiungere un parallelo lavoro su immaginazione negativa ed emozioni negative, perderemmo in
queste manifestazioni tutta l'energia guadagnata grazie ai momenti di ricordo. Un'arrabbiatura di
qualche minuto, o qualche ora di depressione, possono far perdere la quantità di energia accumulata
in settimane di sforzi per rimanere svegli.
La manifestazione senza controllo di emozioni negative fa subire un crollo alla frequenza delle
nostre vibrazioni, ci scarica energeticamente e avvelena le nostre cellule anziché favorirne la
trasmutazione. Se non lavoriamo su di esse non facciamo altro che versare acqua in uno scolapasta
e ci troviamo continuamente al punto di partenza.
Inoltre l'energia acquisita nei momenti in cui ci ricordiamo di noi tende a seguire spontaneamente la
linea di minor resistenza e va a rafforzare i vecchi schemi mentali e le vecchie emozioni negative
della macchina, quindi, se entrambi non vengono sorvegliati fin dal primo momento, le nostre
paure, le nostre rabbie e i nostri pregiudizi diventano sempre meno gestibili e il nostro stato diviene
più penoso di quello da cui siamo partiti.
Per inciso è utile rammentare - e non lo si rammenta mai abbastanza - che le pratiche di meditazione
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o di ricordo di sé non costituiscono di per sé stesse il lavoro di risveglio, e possono divenire
pericolose quando non vengono inserite in un contesto di lavoro su di sé globale: l'energia che
l'individuo accumula meditando o ricordandosi di sé scorre nei vecchi schemi mentali e nei vecchi
schemi emotivi, peggiorando la sua situazione. Simili sono le conseguenze della recitazione di
mantra: tale pratica, se non accompagnata da un lavoro di risveglio a 360 gradi, può portare a una
tranquillità di natura ipnotica, che è esattamente il contrario di ciò che vorremmo ottenere. Non ci si
lasci quindi ingannare dalle condizioni estatiche o dalle 'visioni' a carattere mistico che il persistere
su alcune tecniche a volte provoca, perché tali manifestazioni quasi mai coincidono con un effettivo
risveglio.
Un nuovo ambiente mentale
Le emozioni negative più comuni sono: rabbia, desiderio di vendetta, odio, invidia, ogni forma di
gelosia, senso di colpa, depressione, frustrazione, lamentela, critica, nostalgia, malinconia, paura,
ansia, dispiacere, senso di inadeguatezza, senso del possesso, senso di attaccamento alle cose e alle
persone, tutti i generi di fastidio: verso chi non la pensa in modo giusto, verso chi non si comporta
in modo giusto, ecc.
Il lavoro sulle emozioni negative inizialmente è un lavoro mentale. Noi infatti proviamo emozioni
negative perché le giustifichiamo mentalmente e quindi, per fare un buon lavoro, dobbiamo rivedere
il nostro vecchio modo di ragionare. Di norma pensiamo che in certe occasioni sia giusto infastidirsi
o arrabbiarsi, oppure provare ansia o essere depressi. La giustificazione di tali emozioni è radicata
nel nostro inconscio, per cui esse possono ormai esprimersi meccanicamente senza dover affrontare
alcun freno cosciente da parte dell'individuo. Gli unici freni alle emozioni negative sono quelli
imposti dalla società, quindi non sono voluti, ma sono anch'essi divenuti inconsci e dunque
meccanici. Pertanto quando esprimiamo le emozioni più 'basse', così come quando le reprimiamo,
tutto avviene meccanicamente.
La fase più importante del lavoro consiste nel convincere prima la mente conscia poi quella
inconscia che le emozioni negative non hanno alcuna giustificazione. La mente giustifica le
emozioni e le tiene vive, quindi sulla mente bisogna lavorare affinché si crei un « ambiente mentale
» in cui le emozioni negative appaiono per quello che sono. Esse da un lato sono manifestazioni che
ci sottraggono energia e ci fanno soffrire - se le consideriamo inevitabili e lasciamo che abbiano il
sopravvento - dall'altro lato sono strumenti indispensabili alla nostra trasformazione - se
cominciamo a osservarle e a lavorarci nel modo corretto.
Vedremo più avanti quanto esse in realtà siano elementi insostituibili del nostro lavoro e non
vadano quindi ritenute difetti della persona o manifestazioni sbagliate. Se esse esistono in noi c'è un
motivo, non vanno perciò mai né represse né eliminate. Esse rappresentano la fondamentale
sostanza da cui ricaviamo le emozioni superiori e, di conseguenza, il nostro nuovo corpo. Ma per
ora è bene aver chiaro quanto risulti dannoso giustificarle e appoggiarle.
Si lavora a partire dalla mente conscia introducendo le nuove idee che vengono trattate in questo
sistema di pensiero. Abituandosi a pensare in maniera differente si creano nuovi schemi di pensiero
nel corpo mentale e questo fa sì che in seguito questi nuovi schemi diventino a loro volta inconsci e
prendano il posto di quelli vecchi. Lo scopo di questo lavoro è fare in modo che al nascere
dell'emozione negativa una parte della nostra coscienza non si identifichi completamente con essa,
ma si ricordi di sé e assuma immediatamente il controllo della situazione cercando di opporre
resistenza ai pensieri negativi che inevitabilmente accompagnano tale emozione, e tentando di non
lasciarsi coinvolgere integralmente da essa. L'attrito che viene a crearsi durante questi tentativi di
opporsi alla meccanicità consente la fabbricazione del corpo dell'anima.
Il passo successivo sarà non provare più emozioni negative e percepire tutto direttamente attraverso
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le emozioni superiori. In questo modo i fatti del mondo che attraverso i vecchi schemi di pensiero
venivano percepiti come brutti, dai nuovi schemi dell'anima vengono immediatamente percepiti per
quello che realmente sono oltre l'illusione: Bellezza allo stato puro.
Qualcuno potrebbe chiedersi: "Chi ci garantisce che non stiamo solo sostituendo vecchi meccanismi
con nuovi meccanismi - come accade nell'ipnosi, nella programmazione mentale o nel pensiero
positivo - e che in tutto questo l'anima c'entri veramente qualcosa?" Rispondiamo che il nostro è un
lavoro COSCIENTE e VOLONTARIO; questo significa che per ottenere un cambiamento stiamo
operando uno sforzo cosciente andando contro qualcosa che è MECCANICO e INVOLONTARIO.
Se noi utilizziamo una qualsiasi forma di programmazione mentale alla fine del nostro lavoro
rimaniamo addormentati esattamente come prima, con la sola differenza che adesso siamo schiavi
di meccanismi differenti da quelli precedenti. Con il risveglio invece noi diventiamo liberi di
provare le emozioni che vogliamo e di pensare ciò che vogliamo: vediamo la realtà sottostante
l'illusione e di conseguenza possiamo scegliere se arrabbiarci oppure no; ma fino a quando non
vediamo la realtà siamo costretti ad arrabbiarci senza alcuna possibilità di scelta. Deve esser chiaro
che la differenza non sta nell'assumere un comportamento 'buono' piuttosto che uno 'cattivo' -
rimanendo sempre limitati alla sfera della macchina biologica - bensì nel vedere o non vedere cosa
sta accadendo realmente, e nella libertà di agire come più ci pare, magari anche con lo stesso
comportamento di prima!
Psicoanalisi, pensiero positivo, ipnosi, programmazione neurolinguistica e molte altre tecniche si
limitano ad agire nell'ambito della nostra macchina, permettendoci di ottenere una macchina che ci
piace di più o che ci è più utile nella vita sociale, ma non agiscono 'alla radice', non ci consentono di
traslare il nostro centro di consapevolezza dalla macchina biologica all'anima e non ci dischiudono
la verità oltre le apparenze. Quando va bene ottengono come risultato la creazione di una prigione
un po' più confortevole per noi e per chi ci circonda.
Un'altra frequente domanda è: "Tutta la gioia e l'amore che si provano in questo nuovo stato non
potrebbero essere frutto di un forte autoconvincimento che impedisce di vedere la vita con tutte le
sue reali sofferenze? Non è forse un modo per fuggire alla vita entrando in un delirio di beatitudine
allucinatoria?".
Chi pone questa domanda lo fa da uno stato di coscienza diverso da quello risvegliato. Quando si è
ancora identificati con la macchina può sorgere la paura di divenire vittime di un lavaggio del
cervello di natura tale da annullare anche solo la possibilità del dubbio circa la veridicità del nuovo
stato di coscienza. Ma questa paura può sorgere unicamente in un individuo che è ancora
identificato con la sua mente e che immagina lo stato risvegliato come un 'diverso stato della
mente', non come uno stato « sovramentale ». Nello stato risvegliato si guarda a partire dall'anima e
si vede la propria mente dal di fuori, la si guarda mentre lavora e pensa; è qualcosa di totalmente
diverso da ogni fenomeno possiamo immaginare adesso utilizzando la nostra mente. Se lo si
immagina unicamente come un differente stato della propria mente, magari più gioioso e rilassato,
allora non si è capito nulla, e possono ancora sorgere domande come la precedente. Ma quando si è
in quello stato si può solo ridere di tali domande!
Perché le emozioni negative non sono giustificabili e vanno
trasformate?
a) Le emozioni negative nascono dall'incapacità di vedere quello che veramente accade nel mondo
intorno a noi; se noi vedessimo la realtà non proveremmo mai emozioni negative. Inoltre la loro
manifestazione incontrollata le rende più forti e aumenta questa incapacità di vedere innescando un
circolo vizioso: più siamo depressi, più vediamo il mondo brutto, più lo vediamo brutto più ci
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deprimiamo.
Noi crediamo che un evento esterno oggettivo causi il nostro fastidio, invece sono i vecchi schemi
di pensiero che abbiamo dentro - i pregiudizi sulla realtà - a farci vedere un determinato evento così
come lo vediamo; e un evento visto dall'interno degli schemi di pensiero della macchina risulta
completamente falsato.
Tutti i Maestri risvegliati affermano che il mondo è Bello. Essi vivono in un costante stato di Gioia
dovuto a un senso di innamoramento per la vita che li pervade in maniera stabile. Se noi viviamo
nella sofferenza anziché nella Gioia ciò è dovuto alla cronica incapacità della macchina di percepire
la Bellezza della realtà.
Siamo ciechi. Non abbiamo occhi per vedere. Quest'affermazione deve entrare a far parte del nostro
intero essere. Non siamo in grado di vedere cosa sta accadendo, quindi ogni nostra opinione sul
mondo è allucinata già alla radice. I meccanismi della macchina ci impediscono SEMPRE di vedere
la realtà, e ogni emozione negativa aggiunge un velo ulteriore, perché rafforza la nostra fede nella
veridicità dell'allucinazione che abbiamo sotto gli occhi, immergendoci in un circolo vizioso di
falsità.
Gesù chiamava la nostra dimensione il "mondo della menzogna", Budda la definiva l'illusione, nella
tradizione indù si parla di Maya.
Riportiamo un esempio: un uomo ruba il portafoglio a un altro. Non è vero, non è mai successo, su
questo pianeta nessuno può rubare qualcosa a qualcuno; in realtà sta accadendo tutt'altro, ma
dall'interno dei nostri schemi mentali potremmo giurare di vedere un uomo che ruba il portafoglio a
un altro. L'illusorietà di quanto percepiamo è un concetto difficile da afferrare per chi è sempre
vissuto in un'allucinazione, perché l'allucinazione è consensuale, cioè tutti la condividono e la
confermano. Ma chi è uscito dall'allucinazione vede con certezza che nessuno può rubare portafogli.
A livello fisico si muovono certe energie, quindi quell'uomo sta effettivamente compiendo
quell'azione, ma non ha niente a che vedere col rubare qualcosa a qualcuno. Lo stesso vale per
l'omicidio: due uomini compiono delle azioni uno rispetto all'altro, ma il fatto che uno abbia ucciso
l'altro è un'invenzione della nostra macchina, un'interpretazione fornita dai nostri meccanismi
condizionati, dai nostri pregiudizi mentali. Sulla Terra non è mai accaduto che qualcuno uccidesse
qualcun altro!
Approfondiamo questo primo punto perché è quello fondamentale. Ci accade un evento: qualcuno
fa un'affermazione dispregiativa nei nostri confronti. Noi non possiamo ancora usare il Cuore per
vedere cosa è accaduto realmente perché non siamo identificati con il sé, l'anima, pertanto la nostra
macchina interpreta l'evento secondo i suoi schemi meccanici: "Mi hanno insultato".
L'interpretazione mentale della macchina ci fa provare un'emozione negativa: ci arrabbiamo.
L'emozione negativa abbassa la frequenza delle nostre vibrazioni - cioè aggiunge un ulteriore velo
all'illusione - e ci rende ancor più distanti dalla realtà. Meno vediamo, più tutto diventa allucinato,
quindi rispondiamo all'insulto... l'altra persona si esaspera ulteriormente... e poi si arriva alle grida e
alla rissa in una spirale discendente.
Diventa più chiaro adesso perché si è detto che il lavoro va inizialmente condotto sulla mente. Il
processo di alterazione della realtà inizia sempre da una interpretazione errata da parte della mente
della macchina, e avviene inconsciamente, cioè prima che la nostra parte conscia abbia il tempo di
intervenire in qualsiasi modo. Al fine di imparare a cogliere la realtà attraverso emozioni superiori il
lavoro più arduo va compiuto prima a livello della mente cercando di convincere la personalità che
allo stato attuale non è in grado di conoscere nulla circa gli eventi che le accadono.
b) Le emozioni negative ci privano dell'energia necessaria al risveglio. Praticando gli esercizi per il
ricordo di sé ci accorgiamo presto che per risvegliarsi occorrono grandi quantità di energia, perché
si tratta di mantenere un livello di attenzione elevatissimo e, soprattutto, di costruire un nuovo corpo
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con le nostre stesse forze. Il motivo per cui a volte il ricordo di sé sembra impossibile è proprio la
mancanza di energia. Se avessimo più energia potremmo fare più sforzi per ricordarci di noi, e
questo ci sveglierebbe alle dimensioni superiori e costruirebbe il nostro corpo dell'anima.
La lamentela, le arrabbiature, il nervosismo, il fastidio verso cose o persone, il continuo dialogo
interiore della mente, scaricano all'esterno la preziosa energia che invece dovremmo utilizzare per
la nostra trasformazione. Se l'obiettivo ci appare inarrivabile il motivo è che manifestiamo emozioni
negative e ci perdiamo nell'immaginazione negativa.
c) Le emozioni negative, così come gli schemi di pensiero che ne sono all'origine e che le
giustificano, non appartengono a noi: sono fenomeni esterni a noi. L'anima utilizza una macchina
biologica, la quale ha un suo modo di pensare circa il mondo e di conseguenza prova certe
emozioni... ma tutto ciò non siamo noi. Noi non siamo la nostra macchina, bensì un'anima che
attualmente è identificata con una macchina. L'anima è identificata con la macchina perché
attualmente non possiede un altro corpo attraverso cui manifestarsi. Noi possiamo costruirle questo
corpo utilizzando e trasformando gli elementi stessi della macchina.
Inoltre ciò che costituisce la macchina con cui siamo identificati è materiale preso dal pianeta,
materiale che la macchina attira a sé per « simpatia vibratoria ». Essa entra continuamente in
risonanza con pensieri ed emozioni che attraversano l'atmosfera del pianeta. Quando noi proviamo
un'emozione negativa ci stiamo stupidamente identificando con oggetti emotivi che passano
nell'aria e che la nostra mente ha attratto a sé e ha fatto suoi. Se la nostra mente pensasse in maniera
corretta, al sopraggiungere di un certo pensiero e di una certa emozione non li giustificherebbe, ma
li riconoscerebbe come oggetti di passaggio inutili e assurdi e non si identificherebbe con essi.
Invece la nostra mente è convinta che quelle emozioni siano sue, che sia giusto provarle e che non
esista modo per smettere di provarle!
L'emozione negativa che viaggia nell'aria è solo una vibrazione con una certa frequenza, non un
pensiero definito, già formato. Per esempio, mentre siamo in coda alla posta nell'atmosfera girano
determinate vibrazioni di bassa natura emanate dalle altre persone in coda che si lamentano.
Ammettiamo che si lamentino perché stanno pagando bollette troppo care, ma noi non ci sentiamo
minimamente coinvolti perché non dobbiamo pagare delle bollette. Tali vibrazioni investono
comunque la nostra macchina.
Se ci arrivasse un pensiero di lamentela rivolto in modo specifico alle bollette noi lo
riconosceremmo subito come non nostro e lo scacceremmo, perché in tal caso ci accorgeremmo di
non avere nessun motivo razionale per lamentarci. Il problema è che arriva solo una vibrazione, non
un pensiero già costruito, e tale vibrazione entra in risonanza con una vibrazione corrispondente che
si trova già fra i nostri meccanismi, cioè qualcosa che ci appartiene.
Se già in partenza all'interno della nostra macchina non esistesse alcuna tendenza verso queste
manifestazioni basse, non attireremmo più emozioni e pensieri di natura bassa. Ma se noi
solitamente ci lamentiamo del governo, o dell'economia mondiale, possediamo comunque la
vibrazione della lamentela già dentro di noi, quindi entriamo in risonanza con quella vibrazione di
lamentela che c'è in coda alla posta, con la sola differenza che noi cominceremo a costruire pensieri
di lamentela circa il governo, non circa le bollette troppo care, e a provare emozioni negative
conseguenti a quel pensiero.
In questo modo, anche se tali basse vibrazioni sono oggetti estranei a noi, noi non li riconosciamo
come estranei, perché li coloriamo con la nostra personale sfumatura di pensiero (il governo,
piuttosto che l'economia, la guerra o la pettinatura del nostro partner), dunque li riteniamo nostri e li
alimentiamo rimuginandoli a lungo.
L'emozione negativa è un'energia dotata di una certa frequenza piuttosto bassa che entra nella nostra
macchina seguendo la « linea di minor resistenza » che qui trova, cioè seguendo il canale più largo
che si è formato in noi grazie alle nostre abitudini di pensiero.
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Lavorando assiduamente su pensieri ed emozioni negative facciamo sì che anche le tendenze
interiori che già sono radicate dentro di noi (per cause genetiche e abitudini socio-ambientali) con il
tempo si affievoliscano, fino a scomparire. Evitando di alimentarle a ogni occasione esse infatti
progressivamente muoiono per mancanza di cibo.
d) Le emozioni negative vanno a inquinare il piano emotivo del pianeta, e contemporaneamente gli
schemi di pensiero che le sottendono vanno a inquinare il piano mentale del pianeta. Ogni volta che
ci abbandoniamo a una emozione negativa danneggiamo tutti gli abitanti del pianeta, i quali grazie a
noi troveranno più facile arrabbiarsi, lamentarsi o sentirsi frustrati.
Chi causa l'odio e la guerra nel mondo? Noi, ogni volta che siamo in guerra con qualcuno e
proviamo odio. Vogliamo la pace ma lavoriamo in maniera sistematica contro la pace tutte le volte
che durante il giorno critichiamo il comportamento di qualcuno... compreso il comportamento di chi
fa la guerra. Le nostre critiche e i nostri bisticci coi parenti si riverberano nell'atmosfera emotiva del
pianeta e vanno a inasprire i conflitti che già ci sono in tutto il mondo.
Guerra, sfruttamento e prevaricazione che sono dentro di noi sono la causa degli stessi fenomeni a
livello planetario. Se da qualche parte ci sono dei bambini costretti a lavorare dodici ore al giorno i
responsabili siamo proprio noi... si... proprio noi che abbiamo firmato la petizione contro lo
sfruttamento minorile operato dalle multinazionali e poi riempiamo l'atmosfera di escrementi
provando emozioni negative alla vista di un certo uomo politico o di un certo nostro parente.
Inquiniamo la stessa atmosfera emotiva e la stessa atmosfera mentale in cui crescono le nuove
generazioni di bambini, i quali dopo pochi anni sono già pieni di emozioni negative e pensieri di
una banalità e di una uniformità sconcertanti. Fino a quando emetteremo anche una sola emozione
negativa saremo corresponsabili dell'odio fra ebrei e palestinesi così come del terrorismo
internazionale, il quale si alimenta proprio grazie al nostro contributo. Si sta parlando di un
fenomeno perfettamente fisico, non morale.
e) Le emozioni negative e gli schemi di pensiero che le sottendono - la separatività, la competitività,
il senso di inadeguatezza - servono da nutrimento alle entità che si trovano sugli altri piani del globo
terrestre. Abbiamo appena parlato di inquinamento emotivo e mentale causato dalle vibrazioni
emotive e mentali emesse dalle macchine umane, che vanno a unirsi a quelle che già appestano
l'atmosfera e poi ricadono sugli uomini stessi. Accenniamo adesso ai defunti che abitano i piani
sottili del pianeta.
Ebbene questi defunti solitamente si aggirano intorno a noi, si nutrono delle nostre emanazioni più
basse e fanno di tutto perché noi ne emettiamo sempre di più influenzando il nostro comportamento.
Questo nutrimento non è per nulla metaforico, ma è reale e tangibile per chiunque sia
chiaroveggente.
Uguale condotta segue un altro genere di entità, ancora più pericoloso: i diavoli, cioè gli esseri della
divisione. Anche queste entità vivono nutrendosi di ogni nostro pensiero separativo e di ogni nostra
emozione negativa. All'inizio essi si precipitano su di noi non appena cominciamo a emettere
rabbia, odio, depressione, frustrazione e così via, succhiando letteralmente la vibrazione da noi
emessa e ingrassandosi di essa. Ma dopo breve essi ci circondano quotidianamente, entrano in
simbiosi con noi, tanto che a un certo punto noi viviamo solo per fornire cibo a loro. Ci spingono a
emettere vibrazioni sempre più basse e in numero sempre maggiore, perché tali vibrazioni per loro
sono di importanza vitale.
Non stiamo ancora parlando di casi di completa possessione da parte di entità dei piani più sottili -
sebbene anche questo sia un fenomeno frequente - ma della situazione in cui ognuno di noi, chi più
chi meno, agisce quotidianamente: siamo circondati da schiere di diavoli che ci spingono alla
guerra, all'odio, allo sfruttamento del prossimo.
Vorremmo a questo punto far notare che noi non siamo vittime inermi, ma corresponsabili del fatto
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che essi ci usano come amplificatori di emozioni basse sulla Terra, e lo siamo nella misura in cui
diveniamo consapevoli di poterci liberare ma non lo facciamo. In questo particolare periodo storico
di risveglio per la Terra e per l'umanità tali entità si organizzano continuamente a livello planetario
per impedire con qualsiasi mezzo che gli uomini aprano il proprio Cuore e che smettano così di
produrre cibo per loro.
Noi tutti i giorni possiamo scegliere di lavorare consapevolmente su noi stessi, e quindi produrre
energia per l'evoluzione della Terra e del Sistema Solare, oppure possiamo scegliere di vivere nella
normalità, continuando a fornire energia a queste infime entità. Esattamente come ogni altro essere
vivente occupiamo una precisa posizione nella catena evolutiva dell'universo: mangiamo e siamo
mangiati. Volenti o nolenti l'energia che produciamo alimenta comunque delle forze superiori a noi
che di tale energia si cibano e che grazie a essa crescono. Noi possiamo però decidere la qualità
dell'energia prodotta, la quale andrà così ad alimentare certe forze piuttosto che altre, angeli
piuttosto che diavoli. (Per saperne di più su queste entità e su come operano rimando all'esauriente
articolo "Vendere l'anima al diavolo").
f) Trasformando le emozioni negative da esse si ricavano le emozioni del Cuore, le emozioni
superiori. La trasmutazione delle emozioni negative in emozioni superiori è un raffinato processo
alchemico. La vera al-kimiya è il lavoro che l'uomo compie su di sé per costruire il corpo dell'anima
trasmutando le emozioni provate dalla macchina da negative in superiori. Per farlo deve essere
presente, deve ricordarsi di sé, durante l'espressione delle emozioni negative. Ribadiamo che il
nostro nuovo corpo deve essere interamente costruito con le emozioni superiori. Ciò consente di
percepire il mondo emozionalmente anziché mentalmente, attraverso le emozioni superiori anziché i
vecchi schemi di pensiero e le emozioni negative.
La maggior parte di noi prova già delle emozioni superiori. Ogni volta che perdoniamo, ci
commuoviamo, proviamo amore disinteressato, o compassione (non pietà) siamo nelle emozioni
superiori, e questo può accadere perché in realtà il corpo della nostra anima è in una certa misura
già sviluppato (in qualcuno molto, in qualcuno quasi per nulla), ma senza un preciso lavoro su di sé
questi rimarranno eventi sporadici e fuori dal nostro controllo. Noi vogliamo poter provare gioia
quando lo vogliamo, indipendentemente dal mondo esterno, utilizzando le potenzialità del « corpo
di gloria » e del suo organo di espressione: il Cuore.
Testi sull'argomento:
OFFICINA ALKEMICA - l'Alchimia come via per la felicità incondizionata
Salvatore Brizzi, Antipodi Edizioni (2006)
IL POTERE DELLA KABBALAH
Yehuda Berg, Tea, Milano 2005 (2004)
L'APERTURA DEL CAMMINO
Isha Schwaller de Lubicz, Edizioni Riza, Milano 1999 (1985)
LA QUARTA VIA
P.D. Ouspensky, Astrolabio-Ubaldini, Roma 1974 (1921-1946)
LA MACCHINA BIOLOGICA UMANA
E. J. Gold, Edizioni Crisalide, Spigno Saturnia (LT) 1999 (1991)
______________________
http://www.antipodiedizioni.com/officina_alkemica.htmhttp://www.ilgiardinodeilibri.it/libro.php?lid=6268&pn=130http://www.internetbookshop.it/ser/serdsp.asp?shop=3176&c=HPO9JRAJ2AISMhttp://www.internetbookshop.it/ser/serdsp.asp?shop=3176&c=FCSSXJTXQW7CJhttp://www.ilgiardinodeilibri.it/__macchina-biologica-umana.php?pn=130
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IMMAGINAZIONE NEGATIVA
Ogni secondo di « ricordo di sé » penetra l'"immaginazione" e apre una breccia nell'eternità.
Robert E. Burton
Abbiamo constatato quanto sia pericoloso giustificare e alimentare le emozioni negative, ma
abbiamo altresì constatato che esse sono la base di partenza per la nostra futura gioia e per la
fabbricazione dei "corpi sottili". Adesso possiamo decidere di lavorare con la "materia emozionale",
però, dal momento che una grande percentuale di emozioni negative origina dall'immaginazione
negativa si dovrà compiere un parallelo e attento lavoro anche su quest'ultima. Per amor di
precisione apriamo quindi una parentesi dove illustriamo la differenza fra immaginazione negativa e
« visualizzazione ».
Immaginazione negativa. Rientra sotto questa dicitura ogni genere di immaginazione o "dialogo
interno" che avviene nella nostra macchina biologica e non è da noi né voluto né controllato. La sua
pericolosità sta in due caratteristiche:
a) da essa trae origine la maggior parte delle emozioni negative che proviamo durante la giornata;
b) essa è in grado di far riaffiorare e poi alimentare un'emozione negativa anche a distanza di ore,
giorni o mesi dall'evento che ha causato tale emozione.
Facciamo qualche esempio del primo genere: alla vigilia di un esame o di un colloquio di lavoro la
nostra mente comincia a costruire situazioni immaginarie che incrementano la tensione e la paura.
Alla vigilia di un incontro con un parente per il quale non proviamo alcuna simpatia la nostra mente
costruisce dialoghi immaginari in cui si arriva agli insulti o alle percosse. Mentre il nostro partner è
in vacanza con amici la nostra mente immagina senza freno situazioni di tradimento oppure
disgrazie come incidenti o malattie. L'ipocondria è immaginazione negativa. Ogni pensiero
ossessivo origina dall'immaginazione negativa. Tutte queste immaginazioni fanno fremere la nostra
macchina a livello emotivo come se stessimo vivendo le situazioni immaginate.
Facciamo ora qualche esempio del secondo genere di immaginazione negativa: dopo un incidente
stradale nel quale ci siamo infuriati con l'altro automobilista andiamo a casa e trascorriamo ore a
pensare a cosa gli avremmo detto o a cosa gli avremmo fatto, riprovando così la stessa emozione di
rabbia e frustrazione. Ripensando a una situazione spaventosa riproviamo ripetutamente la stessa
paura e ripensando al partner che ci ha lasciato riproviamo per mesi la stessa nostalgia per i
momenti belli passati insieme. Ripensando a quel politico o a quell'evento sociale inaudito
costruiamo mentalmente situazioni in cui noi litighiamo con quel politico o interveniamo con
violenza per risolvere una situazione; allora la nostra macchina vibra di fastidio o rabbia.
Le emozioni negative scaturite dall'immaginazione negativa producono sull'ambiente tutti gli effetti
descritti nel capitolo sulle emozioni negative. Il fatto che tutto avvenga nella nostra mente non fa
alcuna differenza, in quanto la macchina quando pensa emette le sue basse vibrazioni e i suoi
pensieri-spazzatura nello spazio.
A ben guardare fanno parte dell'immaginazione negativa pure tutti quei "dialoghi interni" e quelle
scene da film che la nostra mente immagina e che non producono emozioni negative, ma ci fanno
invece provare piacere o gratificazione personale. Nei nostri sogni a occhi aperti immag