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1 IL LAVORO ALCHEMICO Premettiamo che il Lavoro Alchemico dell'uomo su sé stesso deve consistere innanzitutto nella purificazione da tutte le emozioni negative che pervadono la sua personalità. La lamentela, l'odio, la rabbia, la gelosia e ogni genere di giudizio e fastidio verso gli altri devono essere scomparsi prima che egli possa avventurarsi nei mondi spirituali. In queste dimensioni superiori l'aspirante viene sottoposto a ogni sorta di attacchi emotivi e mentali da parte delle forze ostili che vi abitano e che egli stesso suscita per risonanza. Solo un perfetto equilibrio di emozioni e pensieri potrà renderlo capace di difendersi e di distinguere la realtà dalle allucinazioni. ______________ il ricordo di se’ ( parte I ) ...In quel periodo avevo cominciato a leggere i libri di Gurdjieff e Ouspensky. Un giorno stavo dialogando con un mio amico, quando a un certo punto vidi che era addormentato. Mi parlava con veemenza dei fatti del giorno, ma non era sveglio. "Qualcosa" parlava al suo posto mentre lui dormiva. Ne provai orrore. Quello era il mio migliore amico... avevamo vissuto insieme momenti belli e brutti per anni. Ciò significava che anche io ero in quello stato. In quell'istante decisi che avrei dedicato il resto della mia vita a cercare di svegliarmi. Non c'è altro modo per sfuggire alla morte, all'infuori del ricordo di sé. Robert Earl Burton introduzione al ricordo di sé Entriamo nel vivo dei processi alchemici atti a trasmutare l‟uomo in qualcosa di splendidamente superiore. Affrontiamo quindi per la prima volta anche il concetto di « risveglio » dell‟essere umano. Il primo passo verso l‟acquisizione della liberazione e dell‟immortalità consiste in un accurato lavoro di « risveglio »; l‟individuo deve cioè rendersi pienamente conto che allo stato attuale sta dormendo. Quando ci destiamo al mattino in realtà non ci svegliamo, ma passiamo da uno stato di sogno a un altro: è il sonno verticale; un sonno, cioè, che permette la posizione verticale, il movimento, il parlare, lo studiare... purtuttavia è ancora ben lungi dall'essere un reale stato di veglia. Si tratta di una condizione di perpetuo rintronamento nella quale non si pensa, ma si è pensati, non si provano

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IL LAVORO ALCHEMICO

Premettiamo che il Lavoro Alchemico dell'uomo su sé stesso deve

consistere innanzitutto nella purificazione da tutte le emozioni

negative che pervadono la sua personalità. La lamentela, l'odio, la

rabbia, la gelosia e ogni genere di giudizio e fastidio verso gli altri

devono essere scomparsi prima che egli possa avventurarsi nei mondi

spirituali. In queste dimensioni superiori l'aspirante viene sottoposto a

ogni sorta di attacchi emotivi e mentali da parte delle forze ostili che vi

abitano e che egli stesso suscita per risonanza. Solo un perfetto

equilibrio di emozioni e pensieri potrà renderlo capace di difendersi e

di distinguere la realtà dalle allucinazioni.

______________

il ricordo di se’

( parte I )

...In quel periodo avevo cominciato a leggere i libri di Gurdjieff e Ouspensky. Un giorno stavo

dialogando con un mio amico, quando a un certo punto vidi che era addormentato. Mi parlava con

veemenza dei fatti del giorno, ma non era sveglio. "Qualcosa" parlava al suo posto mentre lui

dormiva. Ne provai orrore. Quello era il mio migliore amico... avevamo vissuto insieme momenti

belli e brutti per anni. Ciò significava che anche io ero in quello stato. In quell'istante decisi che

avrei dedicato il resto della mia vita a cercare di svegliarmi.

Non c'è altro modo per sfuggire alla morte, all'infuori del ricordo di sé.

Robert Earl Burton

introduzione al ricordo di sé

Entriamo nel vivo dei processi alchemici atti a trasmutare l‟uomo in qualcosa di splendidamente

superiore. Affrontiamo quindi per la prima volta anche il concetto di « risveglio » dell‟essere

umano.

Il primo passo verso l‟acquisizione della liberazione e dell‟immortalità consiste in un accurato

lavoro di « risveglio »; l‟individuo deve cioè rendersi pienamente conto che allo stato attuale sta

dormendo.

Quando ci destiamo al mattino in realtà non ci svegliamo, ma passiamo da uno stato di sogno a un

altro: è il sonno verticale; un sonno, cioè, che permette la posizione verticale, il movimento, il

parlare, lo studiare... purtuttavia è ancora ben lungi dall'essere un reale stato di veglia. Si tratta di

una condizione di perpetuo rintronamento nella quale non si pensa, ma si è pensati, non si provano

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emozioni, ma si è da esse trascinati, non si gestisce il proprio corpo, ma si subisce la sua fisiologia.

Se vogliamo lavorare per evadere dalla prigione è imperativo innanzitutto che sappiamo di essere

all'interno di una prigione. Il più grande ostacolo al risveglio è che l'uomo pensa di essere già

cosciente e pienamente libero! Per avere la certezza di essere in uno stato di prigionia è necessario

vederlo con i propri occhi e, magari, rimanerne scioccati. L'ideale sarebbe riuscire a SENTIRE

EMOTIVAMENTE l'addormentamento. Questo fornisce l'energia occorrente per iniziare a lavorare

su di sé.

I seguenti esercizi si basano sul « ricordo di sé ». Lo sforzo di ricordarci di noi stessi nell'arco della

giornata ci permette di vedere come siamo fatti e in quale stato viviamo tutti i giorni; serve a farci

comprendere che durante il giorno "dormiamo" e di conseguenza non siamo mai coscienti di noi.

Viviamo dentro un‟allucinazione; non vediamo la realtà e non possediamo alcun potere occulto in

grado di modificarla semplicemente perché dormiamo. Il "ricordo di noi stessi" ci permette di

evitare di lasciar scorrere nell'inconsapevolezza la nostra esistenza quotidiana, portando alla luce

anche le zone più nascoste di noi.

Cosa è il « ricordo di sé »? Non lo si può spiegare a parole: lo si capisce facendo gli esercizi. Come

vedremo più avanti, si tratta di essere presenti qui-e-ora almeno in corrispondenza di determinate

occasioni che vengono stabilite a priori. Un uomo risvegliato è un uomo che si ricorda di sé sempre,

è un uomo che è sempre presente qui-e-ora per ventiquattro ore al giorno... anche nel sonno. Il

ricordo di sé è infatti un livello di coscienza superiore che si può raggiungere solo sforzandosi di

ricordarsi di sé!

L'errore principale della filosofia e della psicologia moderna risiede nell'aver ignorato un quarto

stato di coscienza oltre i tre già noti all'uomo ordinario. Gli stati di norma conosciuti sono: sonno

verticale (quello ritenuto a torto il normale stato di veglia dell'uomo), sonno profondo, sogno.

Nessuna psicologia e nessuna filosofia sono proponibili se non si considera la possibilità nell'uomo

di un quarto stato: lo stato di ricordo di sé, che è poi il reale stato di veglia.

Il ricordo di sé - è il 'terribile segreto' dell'Ars Regia che tutti gli alchimisti si sono preoccupati di

tenere occulto nei loro scritti: è il « regime », l'« agente universale », il « fuoco lento » a cui la

materia deve essere sottoposta per ottenere una trasformazione.

Premettiamo che l'effettivo stato di ricordo di sé è uno stato EMOTIVO SUPERIORE, non un

fenomeno intellettuale. Quando nel corso della presente trattazione ci riferiremo al ricordo di sé, ci

staremo in realtà riferendo ai nostri tentativi di ricordarci di noi, cioè all'unico stato attualmente

possibile per il neofita: uno stato ancora principalmente mentale, in cui ci si sforza di essere presenti

per ricordarsi di sé. Con l'espressione « ricordo di sé » intendiamo quindi riferirci allo sforzo di

ottenere questo stato, e non allo stato stesso. Attraverso gli sforzi ripetuti sarà però possibile attivare

il 'centro emotivo superiore' ( il Cuore ) e quindi entrare nel reale ricordo di sé... e questo è il nostro

scopo.

Attraverso lo sforzo di ricordarci di noi tocchiamo con mano la totale assenza di Volontà che ci

contraddistingue... ma non dobbiamo abbatterci a causa dei pessimi risultati. Il nostro lavoro

consiste nello sforzarci ogni giorno di riuscire, non nell'ottenere un risultato, il risultato non

interessa minimamente i nostri scopi.

Il ricordo di sé è il fenomeno più importante della Magia, dell'Alchimia e dell‟esoterismo in genere.

Compreso questo, l‟uomo possiede la chiave per farsi progressivamente strada in altri stati di

coscienza e acquisire nuovi poteri. Il ricordo di sé costruisce il « corpo astrale », o « corpo lunare »,

che permette la sopravvivenza dopo la morte, e anche il « corpo di gloria », cioè l'anima

dell'individuo, che permette l'immmortalità assoluta. Sono due livelli iniziatici successivi. L'unico

modo che abbiamo per capire cosa è il ricordo di sé è fare degli esercizi; esso non può essere

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compreso attraverso una spiegazione intellettuale come un qualunque altro concetto. Si può

conoscere la meccanicità solo cercando di contrastarla: se noi siamo nati in catene, se siamo nati in

una prigione, fino a quando non proviamo a uscire e ci accorgiamo che è difficilissimo, non

abbiamo alcuno strumento per capire di essere nati dentro un carcere. Fino a quando stiamo zitti e

buoni dentro la nostra prigione tutto fila liscio, solo quando tentiamo di superare il muro

perimetrale, e non ci riusciamo, comprendiamo che non siamo liberi e non lo siamo mai stati.

Attraverso il persistente sforzo teso al ricordo di sé si produce una trasmutazione alchemica che

consente di costruire i "corpi sottili" e di trasferire in essi la nostra coscienza. Tali corpi

sopravvivono alla morte del nostro corpo fisico. Stiamo quindi parlando di sopravvivenza alla morte

e successivamente di « immortalità assoluta ».

Il nostro obiettivo consiste nel lavorare alla fabbricazione dei "corpi sottili", e al trasferimento della

coscienza dalla mente al Cuore, dove risiede il nostro vero Sé. Ciò si ottiene grazie ai ripetuti sforzi

tesi verso il ricordo di sé, il controllo dell'immaginazione negativa, la trasmutazione delle emozioni

negative in emozioni superiori (le emozioni del Cuore) e il lavoro con l'energia sessuale.

Tuttavia è bene sottolineare che praticando tali metodi non ci stiamo limitando ad agire soltanto per

il « corpo di gloria », poiché stiamo anche lavorando alla fissazione dei corpi "inferiori": l'« astrale

» (o emotivo) e il « mentale », che nell'uomo ordinario non sono interamente sviluppati. Del « corpo

mentale » si parla poco e anche io non mi soffermerò sulla costruzione di tale corpo, ma è bene si

sappia che esiste questo passaggio intermedio fra il corpo astrale e il corpo dell'anima. La fissazione

completa di tali corpi consente di ottenere poteri sovranormali.

la pratica del ricordo di sé

1 -- Si tratta di ricordarsi di sé più a lungo che si può durante lo svolgimento di un'azione prolungata

nel tempo. Un esercizio classico è il ricordo di sé mentre

-- laviamo i piatti;

ma le varianti possono essere molte:

-- spazziamo il pavimento,

-- scendiamo le scale,

-- ci laviamo i denti,

-- ci facciamo la barba,

-- ci depiliamo,

-- mangiamo un panino,

-- facciamo la doccia,

oppure nel tragitto fra l‟automobile parcheggiata e il posto di lavoro, o fra casa nostra e la fermata

dell‟autobus... Ogni attività che abbia una durata non eccessiva può essere utilizzata come esercizio.

Si tratta di fermare il lavorìo della mente, il "dialogo interno" della mente, tutte le volte che ci

ricordiamo, e sforzarci poi di rimanere presenti più a lungo possibile prima di ricadere

nell'identificazione con i pensieri e le immagini mentali. Dobbiamo concentrarci su quello che

stiamo facendo rimanendo coscienti di noi, senza vagare con il pensiero. Non dobbiamo lasciare che

il corpo fisico esegua il lavoro da solo meccanicamente, dobbiamo accompagnare la sua attività con

la nostra presenza qui-e-ora. Il corpo fisico sa lavare benissimo i piatti anche se intanto la mente

pensa all'ultimo film che ha visto, ma lo scopo dell'esercizio è che TUTTO L'ESSERE lavi i piatti,

non solo un corpo; dobbiamo rimanere pienamente coscienti di ciò che facciamo come se il corpo

senza il nostro aiuto cosciente non potesse farlo. Mentre il corpo lava i piatti la mente deve essere lì

con lui, e non vagare per associazioni di pensiero come è abituata a fare.

Per esempio, ricordiamoci di noi mentre ci spogliamo e ci svegliamo. Che sia la mattina prima di

andare al lavoro, la sera quando torniamo, poco prima di andare a letto nell'indossare il piagiama,

quando ci troviamo nello spogliatoio della palestra o della piscina... dobbiamo restare "presenti a

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noi stessi" metnre ci infiliamo o ci togliamo i vestiti, cioè completamente presenti a quello che

stiamo facendo, senza farci distrarre da altri pensieri o da persone che richiamano la nostra

attenzione. All'inzio può essere utile ripetersi: "Mi sto infilando i pantaloni... e sono presente... mi

sto ricordando di me... non sono distratto da altro...".

Negli istanti in cui riusciamo a essere presenti sappiamo già che a breve ripiomberemo nel sonno.

Ogni momento di presenza è una conquista. Mentre laviamo i piatti o ci spogliamo a tratti siamo

presenti e a tratti ci identifichiamo con il contenuto della mente sognando a occhi aperti,

immaginando situazioni e dialoghi assortiti... ma per ora siamo schiavi e non possiamo evitarlo, non

abbiamo sufficiente Volontà per evitarlo, possiamo solo sforzarci di "tornare in noi" appena ce ne

ricordiamo e prolungare questo stato di presenza finché ci è possibile. Noteremo presto che questi

esercizi sono quindi un continuo andare e venire da uno stato di presenza a uno di assenza. Una

continua lotta per rimanere desti. E la lotta contro la meccanicità è ciò che ci serve per provocare la

« cottura alchemica » delle sostanze che vanno a formare i nostri "corpi sottili".

Nei primi tempi sarebbe bene non mischiare i differenti esercizi: è meglio concentrarsi per un‟intera

settimana su un unico esercizio e poi cambiare. Sette giorni è il periodo ideale. Dopo sette settimane

si conclude un ciclo e se ne può cominciare uno successivo, mantenendo gli stessi esercizi oppure

sostituendone qualcuno.

L'attenzione divisa. Praticando gli esercizi ci si accorge che il ricordo di sé implica il verificarsi di

un particolare fenomeno detto « attenzione divisa », cioè la capacità di prestare attenzione a ciò che

si sta facendo e contemporaneamente a se stessi. L'attenzione prende così due direzioni: una verso

l'esterno e una verso l'interno. Nel corso della vita normale invece l'attenzione è monodirezionale,

cioè la coscienza è interamente persa nell'evento esterno. Se una persona ci sta parlando noi siamo

concentrati su di lei, la nostra coscienza è interamente PERSA in lei, annullata nell'avvenimento

esterno. Quando ci si sforza di rimanere presenti ci si accorge che è possibile parlare con una

persona prestando attenzione a quanto dice, e contemporaneamente ricordarsi di sé, cioè essere

presenti a se stessi. Si può cioè tenere una parte dell'attenzione sempre rivolta verso l'interno.

Questo sforzo fa sì che dentro di noi si strutturi il corpo dell'anima - e che la nostra coscienza

divenga perciò immortale - e che il nostro centro di consapevolezza si sposti in esso. Accade che

noi diveniamo progressivamente l'entità che osserva l‟apparato psicofisico al lavoro, e non si

identifica più interamente con esso, non si annulla più in esso. Questa entità è la coscienza

extracerebrale, ciò che in oriente viene definito « il testimone », l'osservatore imparziale. Il nostro

disidentificarci dalla macchina biologica, il rimanere presenti come osservatori mentre il corpo e la

mente fanno qualcosa, fa sì che creiamo nuovi "corpi sottili" da abitare e simultaneamente ci

identifichiamo con essi, cioè spostiamo la nostra coscienza in essi. I due processi vanno di pari

passo.

Se mentre camminiamo per strada ci proponiamo fermamente di rimanere « svegli » fino

all‟incrocio successivo, ma dopo qualche minuto sorprendiamo la nostra mente a fantasticare sopra

gli argomenti più svariati, allora ancora una volta ci siamo „dimenticati di noi‟... ci siamo

„addormentati‟.

Non abbiamo il controllo della nostra mente! Non abbiamo il controllo delle nostre emozioni! Non

viviamo la vita che scegliamo noi, ma solo quella della nostra macchina biologica.

A questo punto l‟assenza di libero arbitrio diviene per noi un fatto indubitabile. Non dobbiamo

affidarci alle teorie di qualche filosofo per decidere se l‟uomo possiede oppure no una libera

Volontà. Lo possiamo sperimentare sulla nostra pelle!

Ma fino a quando non vengono attuate nella pratica, queste rimangono solo parole prive di utilità!

Questo sito non è un ricettacolo di teorie esoteriche, ma un costante richiamo a lavorare su di sé!

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2 -- Questa seconda categoria di esercizi è molto differente dalla precedente: non si tratta infatti di

ricordarsi di sé per un periodo prolungato (mentre laviamo i piatti o mentre camminiamo per

strada), bensì di ricordarsi di sé in corrispondenza di azioni distribuite lungo la giornata, e che

possono anche giungere all'improvviso (non possiamo infatti sapere quando squillerà il telefono o

quando qualcuno ci rivolgerà la parola).

Una mattina ci alziamo e prendiamo una decisione risoluta: "Oggi, mentre sono in ufficio, voglio

ricordarmi di me tutte le volte che giro la maniglia di una porta per aprirla". Questo significa che

ogni volta in cui stiamo aprendo una porta dobbiamo essere presenti e pensare: "Ecco, sono

presente, sono cosciente di stare aprendo questa porta".

Tornati a casa, oppure alla sera prima di andare a dormire, analizziamo la giornata e verifichiamo

quante volte siamo riusciti a ricordarci di noi aprendo una porta. Se aprendo una porta non ci siamo

mai fermati a pensare: "Ecco, ora ci sono, sono presente, sto aprendo la porta", allora non ci siamo

mai ricordati di noi. Abbiamo aperto le porte nell'inconsapevolezza più totale, cioè nello stesso stato

di sonno in cui abbiamo compiuto tutte le altre azioni nel corso della giornata.

Aprire le porte con consapevolezza rappresenta un esercizio efficace perché ci si costringe a restare

presenti in un momento in cui è difficile esserlo, in quanto stiamo passando da un ambiente a un

altro. Questo è solo un esempio e le varianti adottabili sono molteplici. Possiamo fare sforzi per

ricordarci di noi tutte le volte che:

-- apriamo la portiera di un'auto per salire o scendere,

-- saliamo o scendiamo da un autobus,

-- ci alziamo da una sedia o ci sediamo,

-- squilla un telefono (sia nostro che di altri),

-- portiamo il bicchiere alla bocca per bere qualcosa,

-- azioniamo la freccia alla guida dell'auto,

...e così via.

Anche per questa pratica vale la regola dei sette giorni e delle sette settimane. I due diversi generi di

esercizi possono essere alternati di settimana in settimana, in modo che dopo quattordici settimane

abbiamo completato un ciclo di sette esercizi diversi per ognuno dei due tipi. Le varianti possiamo

anche inventarle noi: scegliamo una qualunque azione e ci imponiamo di ricordarci di noi tutte le

volte che la svolgiamo, tenendo conto del fatto che l'esercizio serve solo fino a quando ci costringe

a compiere uno sforzo; quando ci abituiamo perde la sua efficacia e si deve passare a un altro.

All'inizio probabilmente non ci ricorderemo mai, o addirittura non ci ricorderemo nemmeno di

analizzare la giornata alla sera per verificare se qualche volta siamo stati presenti durante il giorno.

Ma se tutte le mattine per giorni e giorni ci riproponiamo di farlo, la situazione presto migliorerà. E'

importante ribadire che un uomo risvegliato vive permanentemente in quello stato di ricordo di sé

che noi fatichiamo a riprodurre solo per qualche istante nella nostra giornata, mentre stiamo

mangiando o nel momento in cui squilla un telefono. Essere svegli significa, tra le altre cose, anche

questo: ricordarsi continuamente di essere presenti.

Non facciamo esercizi per ottenere risultati, i risultati non contano nulla, il risveglio non è altro che

un costante TENDERE VERSO il risveglio, pertanto il nostro obiettivo è restare sempre in uno

stato di sforzo verso il risveglio, e non raggiungere il traguardo di ricordarci di noi, né un qualunque

altro traguardo. La trasmutazione alchemica si produce a causa dello sforzo, non del risultato. Il

lavoro alchemico è un salto nel vuoto, è l'accettazione della propria eternità. Ma a questo stadio è

difficile comprendere tale affermazione.

continua...

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il ricordo di se’

( parte II )

Ricordati di te stesso, idiota!

(Gurdjieff, nascosto dietro le quinte, a Orage che sta parlando sul palco)

Se non possiamo controllare la macchina, siamo la macchina.

Robert Earl Burton

esercizi di ricordo di sé più avanzati

Dopo aver acquisito dimestichezza con gli esercizi precedenti, si possono fare tentativi con esercizi

che richiedono maggiore impegno. Ad esempio, molti trovano più difficile ricordarsi di sé quando

sono in compagnia di altre persone. Fino a quando svolgono gli esercizi in solitudine riescono a

mantenere una sufficiente concentrazione su se stessi, ma nel momento in cui devono prestare

attenzione a ciò che fa o dice un'altra persona piombano nel sonno più completo.

Facciamo un esempio. Quando laviamo i piatti di norma non occorre un notevole grado di

concentrazione, questa è infatti un'attività prevalentemente meccanica, il corpo la compie quasi da

solo, tanto che la maggior parte del tempo possiamo permetterci di pensare a tutt'altro fantasticando

con la mente. Un po' come accade quando si guida su un'autostrada senza traffico: si può pensare ad

altro o parlare con il passeggero, eppure la parte più meccanica del nostro cervello continua a

guidare senza problemi.

Se vogliamo svolgere l'esercizio di ricordo di sé mentre stiamo lavando i piatti dobbiamo portare

l'attenzione su di noi oltre che sulle consuete azioni necessarie a lavare i piatti ( attenzione divisa ).

Dal momento che tali azioni non ci impegnano mentalmente o emotivamente, ma solo fisicamente,

l'esercizio risulterà relativamente - relativamente alla dimestichezza che abbiamo acquisito con tali

esercizi - semplice. Dovremo infatti impiegare molte energie per dirigere l'attenzione verso

l'interno, ma relativamente poche per fare sì che il nostro corpo continui a lavare i piatti.

Se invece stiamo ascoltando una persona che parla siamo molto impegnati a livello mentale, e

spesso lo siamo anche a livello emotivo. Se poi siamo noi a parlare, l'impegno è totale. In tali

frangenti dividere l'attenzione fra esterno e interno diventa complesso. Sarà sufficiente provare per

accorgersi di quanto sia difficile. Se mentre il nostro interlocutore parla noi ci sforziamo di

ricordarci di noi, inevitabilmente perdiamo alcuni frammenti del suo discorso. Se la paura di

perdere parte di ciò che sta dicendo l'altro è molta, saremo costretti a smettere di fare sforzi per il

ricordo e farci assorbire completamente da ciò che dice ( identificarci ).

L'unico modo per migliorare consiste nel provare e riprovare instancabilmente, magari cominciando

con i dialoghi al telefono - in quanto la presenza fisica dell'interlocutore è fonte di ulteriore disturbo

per il ricordo di sé. Se possiamo guardare in faccia l'altra persona, e lei può guardare noi, siamo

molto più coinvolti e identificati con la situazione che si sta svolgendo, mentre al telefono il numero

di sensi interessati all'esperienza è minore.

Provando ci accorgeremo che nel momento in cui la mente deve comprendere il significato delle

parole dell'altro, o deve pensare alla risposta da dare, perde la capacità ricordarsi di sé: o fa una

cosa, o fa l'altra. Non siamo abituati a dividere l'attenzione perché siamo sempre vissuti

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nell'identificazione completa con la nostra mente. Nessuno ci ha mai detto che possiamo essere

un'"entità esterna" che osserva la mente al lavoro.

Riusciamo a osservare il corpo che lava i piatti, ma ci è difficile osservare la mente mentre compie

un ragionamento. Nell'istante in cui la mente deve rispondere, la nostra coscienza, che magari fino a

un attimo prima era riuscita a restare presente, e quindi divisa, si riidentifica al cento per cento con

la mente pensante.

Questo è dovuto al fatto che noi possediamo ancora uno scarso controllo sulla nostra mente e sulle

nostre emozioni, mentre ne abbiamo uno molto maggiore sul corpo fisico. Controllo e

identificazione sono inversamente proporzionali: meno siamo identificati - cioè meno siamo

coinvolti - con qualcosa, più ne abbiamo il controllo.

Un buon esercizio in preparazione al ricordo di sé in compagnia di altre persone può essere svolto

mentre si guarda la televisione. In questo caso si è meno coinvolti perché ci si esercita in solitudine,

ma allo stesso tempo si lavora sulla disidentificazione dalla mente, cioè sul ricordarsi di sé mentre

la mente segue i dialoghi di un film o di una qualsiasi trasmissione. All'inizio non è semplice

nemmeno questo, ma in ogni caso è preferibile cominciare a compiere questo genere di sforzi

davanti alla tv, uno strumento con il quale non dobbiamo interagire in maniera attiva, che buttarsi

subito nel mezzo di una conversazione dove il coinvolgimento è decisamente maggiore e il ricordo

di sé diviene un'impresa titanica.

Altra possibilità è quella di sforzarsi di ricordarsi di sé mentre si legge. Ci si accorgerà presto che

nei momenti in cui si porta l'attenzione verso l'interno si perde il significato di ciò che si sta

leggendo. Più precisamente: una parte di noi è ancora capace di svolgere una funzione automatica di

lettura, ma la mente che deve comprendere il significato non riesce a lavorare in due direzioni

contemporaneamente: o si ricorda di sé, o afferra il significato. E' consigliabile esercitarsi

inizialmente con letture poco impegnative dal punto di vista del significato.

Ricordarsi di sé ogni volta che si inizia a parlare a qualcuno costituisce un altro buon esercizio.

Appartiene alla categoria degli esercizi "istantanei". Il momento in cui parleremo ci coglierà sempre

di sorpresa. Sul lavoro qualcuno ci farà una domanda e la risposta uscirà da noi meccanicamente.

Solo al termine della conversazione ci accorgeremo di non esserci ricordati di noi quando abbiamo

pronunciato le prime parole.

Risulta interessante analizzare cosa accade in questo caso. Per esempio, decidiamo fermamente che

ci ricorderemo di noi tutte le volte che rivolgeremo la parola a qualcuno durante le prossime tre ore.

Non dobbiamo ricordarci di noi durante l'intera conversazione, il che costituirebbe già il passo

successivo, ma solo al momento di pronunciare le prime parole. Nonostante il nostro fermo

proposito, quando qualcuno ci interpellerà, le parole usciranno dalla nostra bocca come se fossero

attirate dalle parole del nostro interlocutore, come se fossero una conseguenza inevitabile delle sue

parole. Ciò dimostra che la nostra risposta in realtà non è mai pensata, ma è solo frutto di una

reazione meccanica alla domanda dell'altro, o all'evento che abbiamo commentato.

Il nostro parlare è sempre una reazione meccanica all'avvenimento esterno, perché noi, come

coscienza, veniamo bypassati dalla nostra mente. La coscienza osservatrice ( il testimone ) e la

mente razionale sono due cose completamente diverse. Non riusciamo a frenare la reazione

meccanica della nostra mente, non ci ricordiamo nemmeno di farlo, perché il nostro parlare è un

meccanismo che funziona nello stesso modo da decenni, e tutti intorno a noi ne sono ugualmente

schiavi, pertanto non abbiamo un valido metro di paragone. Notiamo un evento esterno e reagiamo

meccanicamente, pensando o parlando senza aver realmente pensato in maniera cosciente, cioè con

tutto il nostro essere in stato di presenza.

Possiamo veramente accorgerci che i nostri pensieri e le nostre parole sono meccanici - cioè

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reazioni meccaniche a stimoli sensoriali esterni – solo quando proviamo a fermarli coscientemente

per mezzo di tali esercizi. Altrimenti questa rimane una teoria come tante.

Le conseguenze del parlare in stato di sonno anziché in stato di ricordo di sé sono sotto i nostri

occhi tutti i giorni: i rapporti sociali su questo pianeta sono semplicemente disastrosi; e si va dal

rapporto di coppia ai rapporti internazionali fra gli Stati.

Un altro buon esercizio consiste nel pensare "Io sono" non meno di una volta ogni ora, per tutto il

giorno. Questo serve a permeare di ricordo di sé l‟intera giornata. Sarebbe meglio accompagnare il

pensiero con un'inspirazione (pensando "Io") e un'espirazione (pensando "sono").

Ricordarsi di sé ogni volta che si pronuncia la parola "Io" costituisce un esercizio molto avanzato e

difficile da mettere in pratica. Purtuttavia a un certo grado del cammino sarà possibile eseguirlo e la

sua efficacia è assicurata.

Anche mentre si mangia ci si può ricordare di sé. L‟esercizio consiste nel rimanere presenti dal

momento in cui si porta il cibo alla bocca a quando si inghiotte il boccone. Portare la propria

attenzione sulla masticazione condiziona in maniera notevole l‟assimilazione delle sostanze

nutritive da parte dell‟organismo; la presenza fa sì che cogliamo con maggiore profondità i sapori,

estraiamo molta più energia dagli alimenti e di conseguenza percepiamo molto prima il senso di

sazietà.

Ricordarsi di sé mentre si mangia spesso risulta difficoltoso per la presenza di altre persone che ci

rivolgono la parola. In tal caso la buona regola di “non parlare con la bocca piena” può venirci in

aiuto per consentirci di svolgere il nostro esercizio prima di dover rispondere a qualcuno.

Un contributo al ricordo di sé viene dato dallo sforzo di compiere delle semplici operazioni

invertendo il lato con cui si compie l‟azione. Per esempio, possiamo sforzarci di mangiare per una

settimana con la mano sinistra invece che con la destra (o viceversa per chi è mancino) portando il

cibo alla bocca con la mano sinistra e tagliando il pane con la mano sinistra. Lavarsi i denti, farsi la

barba o depilarsi con la sinistra è un altro buon metodo per costringersi a rimanere presenti durante

queste attività.

All'interno di una scuola esoterica è possibile esercitarsi fra allievi, e questa è in effetti la soluzione

migliore. Risulta infatti più semplice ricordarsi di sé mentre si ascolta o si parla con qualcuno che

sappiamo si sta a sua volta sforzando di ricordarsi di sé. Questo permette di acquisire una certa

sicurezza 'in famiglia', e sarà poi meno complicato fare sforzi quando ci si sposta all'esterno della

scuola.

concentrare lo sforzo

Una importante raccomandazione è necessaria: concentrare tutto lo sforzo durante il tempo che si è

deciso di dedicare all'esercizio e non cercare di ricordarsi di sé anche al di fuori di questo tempo.

Per quanto riguarda la prima serie di esercizi, se ad esempio decidiamo di ricordarci di noi tutte le

volte che ci alziamo da una sedia, dobbiamo decidere in anticipo per quanto tempo fare sforzi in

questa direzione.

Possiamo farlo per tutta la mattina, o durante le ore di lavoro in ufficio, o solo nel percorso

dall'ufficio a casa, o esclusivamente dal momento in cui varchiamo la soglia di casa fino all'ora di

cena, oppure possiamo decidere di fare sforzi per le prossime due ore indipendentemente da dove ci

troveremo.

E' importante stabilire un limite di inizio e fine. Non è di alcuna utilità fare sforzi indiscriminati per

tutto il giorno, perché si perde in capacità di concentrazione e l'esercizio non risulta altrettanto

efficace. A meno che non si stiano praticando esercizi che per la loro natura richiedono

un'estensione illimitata (ad es. l'esercizio dell'"Io sono"). Dobbiamo avere molta pazienza e

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procedere per gradi, non dobbiamo farci prendere dall'ansia di voler fare tutto subito. Questa risulta

a lungo andare la tecnica migliore per svegliarsi. Sono consigli che nascono dalla mia esperienza

diretta.

Per quanto concerne gli esercizi di "ricordo di sé prolungato" vale lo stesso principio. Se decidiamo

di ricordarci di noi mentre spazziamo il pavimento non dobbiamo fare alcun tentativo né prima né

dopo. Se decidiamo di farlo per il tempo in cui viaggiamo sull'autobus, dal momento in cui

scendiamo dobbiamo interrompere gli sforzi.

Tuttavia nel breve tempo in cui decidiamo di concentrare gli sforzi tutta la nostra energia deve

essere veicolata in quel tentativo. Se decidiamo di compiere sforzi per due ore, dobbiamo

considerare quelle due ore come le ultime due ore della nostra vita. Sprecheremmo le nostre ultime

due ore di vita per vagare con l'immaginazione da un pensiero all'altro senza alcuno scopo?

Qualunque cosa succeda in quelle due ore noi ci ricorderemo di noi stessi! Questo deve essere

l'atteggiamento. Sforzi prolungati per troppe ore lungo la giornata non portano a nulla. Sforzi

concentrati ma potenti portano inevitabilmente al risveglio.

Approdare a un nuovo stato di coscienza significa anche entrare consapevolmente in una nuova

dimensione: la quarta dimensione. Questa dimensione è stata esaurientemente descritta da poeti,

scrittori e chiaroveggenti, e la letteratura in merito è vasta (si vedano Arthur E. Powell e P.D.

Ouspensky fra tutti). Penetrare in questa dimensione è come conquistare una fortezza nemica:

dobbiamo organizzare dei raid mirati e potenti. Non possiamo combattere tutto il giorno con tutte le

nostre truppe, perché ci esporremmo eccessivamente al fuoco nemico e dopo una settimana

saremmo esausti. Attacchi di poche ore, ma portati regolarmente tutti i giorni, prima o poi ci

consentiranno inevitabilmente di aprire una breccia nel muro nemico. Una volta aperta una breccia

nella quarta dimensione, sarà più semplice penetrarvi le volte successive.

continua...

_________________

il ricordo di se’

( parte III )

Ricorda te stesso sempre e dovunque. Il ricordo di sé produce precisi mutamenti chimici che

provocano la comparsa dell'essenza dell'essere umano.

P.D. Ouspensky

L'attenzione divisa non produce risultati immediati e i centri superiori non possono sopraggiungere

senza lo sforzo perseverante di molti anni. Svegliarsi è difficile, ma può essere fatto. E' impossibile

svegliarsi senza dedicarsi totalmente alla propria evoluzione. Si è in errore se si pensa che siano

sufficienti delle mezze misure.

Robert Earl Burton

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vedere il sonno

Un risultato importante che si ottiene dagli esercizi di ricordo è quello di toccare con mano il

proprio stato ipnotico. Possiamo comprendere che se siamo svegli solo nei momenti in cui ci

sforziamo di ricordarcelo, allora dormiamo e viviamo come burattini per tutto il resto della giornata.

Prendiamo decisioni nel sonno, lavoriamo nel sonno, studiamo nel sonno, facciamo l'amore nel

sonno, intratteniamo i rapporti umani nel sonno.

Praticando gli esercizi, dopo un po‟ di tempo, ci ricorderemo di noi - cioè saremo coscientemente

presenti - anche al di fuori dei momenti stabiliti per l'esercizio. Magari camminando per strada

improvvisamente ci ricorderemo di noi ("Ecco, sono presente, cammino e mi ricordo di me, non sto

vagando fra i pensieri come al solito"), senza averlo prestabilito e senza aver fatto uno sforzo. In tal

caso potremo approfittare della situazione mantenendo quello stato di presenza più a lungo possibile

prima di ricadere nel sonno, ma, come detto in precedenza, non si devono fare sforzi al di fuori

dello spazio riservato agli esercizi.

Nei momenti di ricordo, osservandoci con attenzione, possiamo cogliere la differenza fra lo stato di

coscienza in cui ci ricordiamo di noi e lo stato in cui eravamo un attimo prima, quando non ci

ricordavamo e stavamo dormendo. E' indispensabile portare avanti questo lavoro sul cogliere la

differenza fra i due stati di coscienza. Dovremmo farlo ogni volta che ci è possibile, ossia ogni volta

che ce ne ricordiamo.

Se stiamo scendendo dall'autobus e ci ricordiamo di noi per un istante, se riusciamo cioè a essere

presenti e non compiamo nel sonno quell'azione ("Ecco, ci sono, sono presente e sto scendendo

dall'autobus"), possiamo sforzarci di prolungare questo stato cogliendo la differenza tra come siamo

adesso e come eravamo qualche minuto prima sull'autobus: "Cosa facevo? A cosa ho pensato per

tutto il tempo del viaggio? Se io sono presente solo ora, allora chi pensava e chi compiva le azioni

al mio posto fino a poco prima? Nel sonno avrei potuto picchiare qualcuno reagendo a un'offesa,

avrei potuto decidere di cambiare lavoro, o avrei potuto invaghirmi di una persona e risolvermi in

seguito di sposarla."

Vivere nel sonno è pericoloso, ma lo si può comprendere solo a un certo grado di risveglio. L'uomo

comune, che non ha mai provato a svegliarsi, non puo‟ essere cosciente del pericolo derivante dal

trascorrere la propria vita nel sonno. D'altronde le cronache quotidiane illustrano in maniera

soddisfacente le conseguenze della vita nel sonno. Siamo sonnambuli che camminano dormendo sul

cornicione di un palazzo a venti metri da terra! Finché dormiamo sembra che vada tutto bene.

Se, ad esempio, mentre mangiamo un panino proviamo a fare l'esercizio di ricordo di sé, possiamo

confrontare i momenti in cui siamo coscienti delle azioni che compiamo con quelli in cui invece

mangiamo pensando a tutt'altro, e quindi in effetti non mangiamo nel vero senso del termine, perché

il nostro corpo fisico mangia meccanicamente senza che noi ne siamo coscienti ("Adesso mangio e

sono presente, porto il panino alla bocca e lo mordo, e ne sono cosciente. Ma un attimo prima dove

ero mentre mangiavo? Perché la mia autocoscienza non era qui con me?").

Il risveglio consiste nello sforzo di ricordarsi di sé e nel successivo confronto fra i momenti di

ricordo, di effettiva presenza, e i momenti precedenti di sonno, di assenza. Se riusciamo a sentire

dentro di noi in modo EMOTIVO questa sottile ma enorme differenza allora abbiamo compreso la

differenza fra un essere umano che dorme e un essere umano che cerca di svegliarsi. Questo

significa toccare con mano il proprio stato ipnotico, e sovente qualcuno ne rimane sconvolto.

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volontà [thelema]

Il secondo scopo degli esercizi è sviluppare un ottimo grado di forza di Volontà - in greco Thelema,

come viene definita negli insegnamenti di Aleister Crowley - indispensabile in tutti gli aspetti del

lavoro su di sé. Quando lavoriamo sull'immaginazione negativa (il "dialogo interno" della nostra

mente) e sulle emozioni negative, possiamo sfruttare la Volontà costruita grazie al ricordo di sé.

Rammentiamo che l'uomo addormentato non possiede vera forza di Volontà, egli fa ciò che la vita

gli permette di fare; questo può anche consentirgli di divenire casualmente un uomo colto e di

successo, ma non di acquisire un reale potere sugli eventi circostanti. Il fatto che dobbiamo

compiere degli sforzi immani per combattere la meccanicità dei nostri atti e ricordarci di noi, è la

dimostrazione di questa nostra incapacità di volere. Pensiamo di essere liberi di volere perché

decidiamo cosa ordinare al ristorante, mentre in realtà non decidiamo nemmeno quello, i nostri

meccanismi inconsci decidono, e loro decidono in base alle informazioni presenti nell‟ambiente.

Fingiamo di volere, mentre ci lasciamo trascinare da forze più grandi di noi.

La forza di Volontà non è altro che la capacità di utilizzare l'energia. Gli esercizi sul ricordo

aumentano la nostra capacità di disporre dell'energia. Quando cominciamo a svolgere questi esercizi

per noi è un giorno storico, sacro, perché per la prima volta opponiamo resistenza cosciente alla

meccanicità che ci ha sovrastati durante tutta la nostra vita. Per la prima volta ci sforziamo di

decidere qualcosa: "Voglio essere io a stabilire cosa pensare e quando pensarlo, voglio decidere io

se arrabbiarmi o no, se avere paura o no. Non voglio più essere schiavo". Un uomo nuovo sta

nascendo in noi e ora vuole essere padrone in casa sua.

Dobbiamo diventare degli specialisti del ricordo di sé. Ci sono persone brave a giocare a scacchi,

altre brave in uno sport, altre ancora nel cucinare dolci o suonare uno strumento, e alcune sanno fare

molto bene il loro particolare lavoro... noi siamo specializzati nel ricordo di noi stessi. Ci

accorgeremo presto che ogni altra questione è di minore importanza. Non importa che lavoro

facciamo per mantenerci, la nostra specializzazione deve diventare il ricordo di noi stessi. Questa è

la nostra preoccupazione più grande: svegliarci. E solo se questa attività diviene il nostro centro di

gravità permanente per anni, allora possiamo sperare di svegliarci. Avere un lavoro o essere

disoccupati non è di alcuna importanza se non si è svegli. Avere un partner o essere single non fa

differenza finché si dorme. Nel sonno è tutto uguale.

Ogni singolo sforzo compiuto nel tentativo di svegliarsi provoca una TRASMUTAZIONE

ALCHEMICA: durante questi tentativi di ricordo di sé si viene a creare un notevole attrito fra

l'abitudine meccanica della nostra esistenza e il nostro voler diventare coscienti. Questo attrito

genera un « fuoco », e questo Fuoco agisce sui nostri atomi per creare nuovi elementi più sottili che

costituiranno i "corpi superiori", compreso il corpo dell'anima o « corpo di gloria ». Tale

trasmutazione coinvolge anche lo sviluppo dei corpi emotivo (astrale) e mentale, con la conseguente

acquisizione di siddhi, i poteri inerenti il mago: capacità di viaggiare in astrale, materializzare e

smaterializzare oggetti, invocare ed evocare entità presenti sul piano astrale e sui piani più alti.

Quel punto di luce che è l'anima comincia ad aggregare gli atomi per costruire il suo nuovo corpo e

il nostro centro di consapevolezza inizia a spostarsi in quella direzione, il nostro Cuore comincia ad

aprirsi. Il primo giorno in cui compiamo sforzi qualcosa cambia per sempre in noi. Ovviamente, se

gli sforzi si limiteranno a pochi mesi di tempo e non proseguiranno, non accadrà nulla di tangibile,

ma un seme è stato comunque gettato.

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difficoltà

Quando si inizia la pratica di esercizi per il ricordo di sé si possono verificare due condizioni in

particolare: si incontrano subito grosse difficoltà e non ci si ricorda nemmeno di fare gli esercizi,

oppure si riesce molto bene per qualche giorno o settimana, ma poi si subisce un rapido calo di

energia e si abbandona tutto. Entrambi i comportamenti sono perfettamente normali.

Per qualcuno all'inizio sarà difficile persino il ricordarsi di stabilire al mattino appena sveglio in

quali occasioni si sforzerà di ricordarsi di sé durante il giorno. E' necessario trovare la forza di

Volontà per eseguire almeno i passi iniziali. Il fatto che durante il giorno non riusciamo a essere

presenti nemmeno una volta è perfettamente normale, ma se non ce lo imponiamo con forza non

abbiamo speranza di migliorare. E' vitale non abbattersi in questa fase, per quanto possa durare a

lungo, e ribadire ogni giorno il proprio desiderio di ricordarsi di sé.

Teniamo a mente che lo scopo è sforzarsi, tendere verso, non raggiungere il risultato voluto.

Paradossalmente l'esercizio funziona solo fino a quando non siamo in grado di farlo bene e ci

sforziamo di farlo.

Quando si riesce anche per una sola volta a essere presenti mentre si sta compiendo una delle azioni

descritte negli esercizi, si deve assaporare quel momento cercando di prolungarlo: "Ecco, sono vivo,

sono presente qui-e-ora, mi sto ricordando di me, sono in uno stato di coscienza diverso da quello in

cui ero prima e diverso da quello in cui sarò fra qualche istante". All'inizio il lavoro è soprattutto

mentale, si è costretti a ripetersi frasi simili, in cui si afferma di essere presenti; con il tempo

diventerà uno stato interiore: ci si sentirà presenti senza alcun bisogno di ripeterselo; poi diverrà un

fatto emozionale (EMOZIONALE SUPERIORE), e solo questo sarà il vero ricordo di sé!

Grazie al contatto con un sistema di pensiero nuovo e all'entusiasmo iniziale che ne deriva accade

spesso che si riesca a svolgere anche più esercizi nella stessa giornata e che ci si accorga subito

della differenza fra i momenti di presenza e quelli di sonno. Altrettanto spesso però accade che

l'entusiasmo iniziale svanisca e si perda totalmente interesse per gli esercizi, se non addirittura per il

lavoro su di sé in generale. I cali di energia devono essere previsti, perché sono ciclici e rispettano

leggi ben precise su cui noi non abbiamo potere. Ma già il solo fatto di sapere che tali cali devono

obbligatoriamente arrivare serve a non far precipitare l'individuo nell'abbattimento più completo.

I cali devono avvenire perché così vogliono le leggi naturali, che sono cicliche. L'attenzione non va

concentrata sul tentativo di evitarli, bensì sui metodi per uscirne velocemente grazie a nuove

immissioni di energia: leggere un libro, vedere un film particolare, parlare con persone che sono

anche loro impegnate nel lavoro, assistere a conferenze... La necessità di contrastare i cali ciclici di

energia è forse il principale motivo per cui non è possibile lavorare da soli e a un certo punto è

indispensabile trovare una scuola.

Quando si intraprende la strada del risveglio e si decide di iniziare con gli sforzi per ricordarsi di sé,

accade di frequente che agli sguardi dei nostri conoscenti - paradossalmente - si appaia come più

distratti e meno presenti. Ciò è normale e accade perché non siamo abituati allo stato di ricordo di

noi stessi, che è uno stato di attenzione divisa. Il fatto di dividere l'attenzione, all'inizio, e per un

lungo periodo, impiega tutte le nostre energie, per cui succede spesso di dimenticare oggetti, di

scordare gli appuntamenti, di girare nella via sbagliata, di non afferrare ciò che il nostro

interlocutore sta dicendo. Sembriamo più assenti agli occhi degli altri proprio perché ci stiamo

sforzando di fare qualcosa che non abbiamo mai fatto e nessuno fa mai: essere presente.

Inoltre il risveglio ci modifica caratterialmente: tutto ciò che è superfluo nella nostra macchina

biologica progressivamente scompare. Di conseguenza alcuni potranno trovarci meno interessanti, o

più noiosi, o più seri. In realtà non stiamo diventando meno interessanti, è solo che

disidentificandoci dalla macchina e identificandoci con l'anima, non rispecchiamo più le aspettative

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della società, la quale si fonda sulle caratteristiche della macchina biologica: l'essere al centro

dell'attenzione, l'essere competitivi, il discutere con coinvolgimento degli argomenti futili più alla

moda in un dato momento, esprimere inutili opinioni su qualunque avvenimento... e così via. D'altra

parte diventeremo sempre più interessanti e riconoscibili agli occhi di chi ha intrapreso un percorso

di risveglio come noi, o di chi possiede anche solo una visione più profonda dell'esistenza rispetto

alla norma.

economizzare l'energia

L'uomo ha in sé la capacità di costruire un nuovo corpo che gli permette di cogliere la quarta

dimensione, una realtà completamente diversa da quella che percepisce nelle condizioni ordinarie,

una realtà che agli altri risulta accessibile solo per mezzo delle droghe, ma per fare ciò ha bisogno

di una quantità notevole di energia. All'inizio tale energia viene ricavata semplicemente dalla

drastica riduzione degli sprechi. Un uomo infatti, possiede già nella sua macchina biologica

l'energia necessaria a iniziare il lavoro su di sé, ma non ne può disporre perché la disperde

continuamente in attività inutili e dannose.

Il suo primo obiettivo deve essere quindi il risparmio di energia. Questo gli consentirà di disporre

della quantità di energia necessaria a fare sforzi per il ricordo di sé. Gli sforzi per ricordare se stessi

necessitano di molta energia. Tali sforzi con il tempo produrranno episodi di reale ricordo di sé, e

questi faranno affluire ulteriore energia da reimpiegarsi nel lavoro.

Per risparmiare energia dobbiamo lottare contro le abitudini che ci costringono a disperderla.

Sprechiamo energia provando emozioni negative di ogni sorta (quando siamo in ansia, quando ci

arrabbiamo con qualcuno, quando siamo nervosi, quando siamo depressi, ecc), sprechiamo energia

lasciandoci ossessionare dall'immaginazione negativa (pensiamo a episodi spiacevoli che

potrebbero accadere a noi o ai nostri cari, costruiamo dialoghi immaginari nella nostra testa,

alimentiamo inutili fantasie di ogni sorta, realizzabili o irrealizzabili, ecc) e sprechiamo energia

utilizzando male il nostro corpo (nel compiere ogni movimento contraiamo molti più muscoli di

quelli necessari, assumiamo posture sbagliate, ecc).

Emozioni negative e immaginazione negativa verrano trattate nei successivi capitoli, mentre

riguardo all'energia che viene sprecata a causa di un cattivo utilizzo del corpo accenneremo

qualcosa subito.

Ogni giorno disperdiamo una grande quantità di energia nella contrazione di muscoli che non sono

interessati nel movimento che stiamo compiendo, oppure nella contrazione sproporzionata dei

muscoli interessati in tale movimento. Ad esempio, nel semplice atto di piantare un chiodo in una

parete contraiamo un inimmaginabile numero di muscoli che non dovrebbero venire coinvolti in

quell'atto (muscoli del viso, delle spalle, delle gambe, ecc) e contraiamo sia i muscoli necessari che

quelli non necessari con un'intensità sufficiente a trainare il vagone di un treno!

Le posture che assumiamo durante il giorno e il nostro modo di camminare sono scandalosamente

antieconomici. In particolare la contrazione dei muscoli del viso, che non è quasi mai necessaria,

accompagna tutte le nostre attività (probabilmente avete i muscoli della fronte contratti anche

adesso che state leggendo) e causa una fuoriuscita continua di preziosa energia. Ci sono molte

persone che vivono l'intera giornata con la fronte aggrottata, lo sguardo corrucciato o la mandibola

serrata; tanti digrignano i denti anche di notte.

Tutti viviamo con i muscoli del collo e delle spalle - il trapezio - perennemente contratti. Se in

questo momento portate la vostra attenzione alle spalle e provate a rilassarle vi accorgete di averle

tenute contratte, senza motivo, fino ad ora.

Rientra nell'opera di economizzazione dell'energia portare periodicamente durante la giornata la

nostra attenzione sui muscoli del volto e cercare di rilassarli. Lo stesso deve essere fatto per il collo

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e le spalle. Ogni qualvolta ce ne ricordiamo, la postura che abbiamo assunto in un dato momento -

per parlare, per scrivere o per aspettare il bus - deve essere osservata scrupolosamente, mettendo

l'accento sui muscoli che non dovrebbero essere contratti e invece o sono, poiché non siamo

consapevoli del nostro corpo e questo è quasi un estraneo per noi.

la gestione dell'energia

Un ultimo appunto riguarda l'afflusso di energia che accompagna gli esercizi di ricordo di sé. Un

individuo che decide di fare sforzi a lungo e in maniera intensa consuma molto energia, ma allo

stesso tempo il frutto di questi sui sforzi - il ricordo di sé - introduce energia e innalza la sua

frequenza vibratoria. Se egli non è seguito da qualcuno che è‟ più avanti di lui sul percorso del

risveglio (e qui si ripresenta la necessità di lavorare all'interno di una scuola) non sa come utilizzare

questa nuova energia, la quale, se non correttamente indirizzata, si riversa nella personalità

ingigantendone le caratteristiche.

L'individuo potrebbe andare incontro a maggiore irritabilità, nervosismo, mal di testa, crisi

depressive, sbalzi d'umore, disarmonia nella capacità decisionale (scelte improvvise condotte in

maniera irrazionale). E' dunque necessario che chi svolge tali esercizi si tenga sotto costante

osservazione, diventi lo spettatore e l'analizzatore di se stesso, dei suoi pensieri e delle sue

emozioni, in modo da accorgersi di quando il suo carattere inizia a manifestarsi con toni esasperati.

Quando si rilevano tali disarmonie è consigliabile interrompere ogni esercizio e concentrarsi

esclusivamente sugli altri aspetti del lavoro di risveglio: osservazione delle emozioni negative e

controllo dell'immaginazione negativa.

Testi sull'argomento:

LA QUARTA VIA

P.D. Ouspensky, Astrolabio-Ubaldini, Roma 1974 (1921-1946)

FRAMMENTI DI UN INSEGNAMENTO SCONOSCIUTO

P.D. Ouspensky, Astrolabio-Ubaldini, Roma 1976 (1915-1923)

IL RICORDO DI SE'

Robert Earl Burton, Astrolabio-Ubaldini, Roma 1994 (1991)

LA MACCHINA BIOLOGICA UMANA

E. J. Gold, Edizioni Crisalide, Spigno Saturnia (LT) 1999 (1991)

IL LAVORO PRATICO SU SE STESSI

E. J. Gold, Edizioni Crisalide, Spigno Saturnia (LT) 2004 (1989)

SUFI: LA PRESENZA QUI E ORA

K.E. Helminski, Edizioni Amrita, Torino 1998 (1992)

LE EMOZIONI NEGATIVE

Noi ci eleviamo inginocchiandoci,

Conquistiamo arrendendoci,

Guadagniamo rinunziando.

il Maestro a Ercole, nel mito dell'Idra

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Per mezzo del ricordo di sé si prende atto del proprio stato di addormentamento, si guadagna

energia utile per il lavoro successivo, si sviluppa la forza di volontà, si acquisisce la capacità di

essere presenti in corrispondenza di determinati eventi e, a livello alchemico, si costruiscono i corpi

sottili, fra cui il più importante è il corpo dell'anima. Ma il ricordo di sé è solo una parte del lavoro.

Per costruirsi un corpo immortale in grado si ospitare il Sé è indispensabile lavorare assiduamente

su più fronti contemporaneamente. La parte più consistente e più difficile del lavoro va compiuta

sull'immaginazione negativa e sulle emozioni negative.

Sia ben chiaro che lo stato di risveglio è uno stato « emozionale superiore », non mentale. La

costruzione del corpo per l'anima e la conseguente apertura del Cuore sono fatti che concernono le

emozioni superiori, cioè la capacità dell'uomo di guardare il mondo attraverso le emozioni superiori

anziché attraverso le emozioni negative, e quindi di cogliere il Vero e il Bello.

Il corpo dell'anima è costituito di emozioni superiori e ci permetterà di vedere il mondo attraverso

tali emozioni. La nostra macchina biologica è invece costituita di immaginazione negativa ed

emozioni negative e ci costringe a vedere il mondo attraverso di esse.

Le emozioni superiori - e quindi il « corpo di gloria » - si sviluppano in due modi:

a) per mezzo del NUTRIMENTO che ci viene dalle cose belle che già adesso siamo in grado di

vedere intorno a noi e che ci provocano emozioni superiori. Non dobbiamo farci sfuggire nessuna

occasione per cogliere più Bellezza che possiamo e per emozionarci di fronte a questa Bellezza: si

va dalle manifestazioni artistiche agli eventi quotidiani che possono commuoverci. Dobbiamo

educarci al Bello ponendo l'attenzione sul Bello che gli altri uomini manifestano. La percezione del

Bello in una cosa o in una situazione provoca emozioni superiori: amore, compassione, tenerezza,

perdono, ... coltivare queste emozioni è il metodo più rapido e sicuro per costruire il corpo

dell'anima.

b) attraverso un lavoro alchemico mirato sulle emozioni negative.

I due metodi sono complementari e indispensabili entrambi: si lavora simultaneamente sul ravvivare

e incrementare le emozioni superiori che già siamo in grado di provare e sulla trasmutazione di

quelle negative che ci impediscono di cogliere la realtà per come è intrappolandoci nell'illusione.

Si tenga ben presente che il lavoro su immaginazione ed emozioni negative deve iniziare

parallelamente agli esercizi sul ricordo di sé. L'immaginazione negativa e le emozioni negative ci

fanno perdere consistenti quantità di energia. Se non possediamo una sufficiente quantità di energia

il ricordo di sé ci appare impossibile; esso infatti comporta un enorme dispendio di energie.

Allo stesso tempo il riuscire a essere presenti - anche se non è ancora il vero ricordo di sé - ci

permette di guadagnare energia. Se però dovessimo procedere con il lavoro sul ricordo di sé senza

aggiungere un parallelo lavoro su immaginazione negativa ed emozioni negative, perderemmo in

queste manifestazioni tutta l'energia guadagnata grazie ai momenti di ricordo. Un'arrabbiatura di

qualche minuto, o qualche ora di depressione, possono far perdere la quantità di energia accumulata

in settimane di sforzi per rimanere svegli.

La manifestazione senza controllo di emozioni negative fa subire un crollo alla frequenza delle

nostre vibrazioni, ci scarica energeticamente e avvelena le nostre cellule anziché favorirne la

trasmutazione. Se non lavoriamo su di esse non facciamo altro che versare acqua in uno scolapasta

e ci troviamo continuamente al punto di partenza.

Inoltre l'energia acquisita nei momenti in cui ci ricordiamo di noi tende a seguire spontaneamente la

linea di minor resistenza e va a rafforzare i vecchi schemi mentali e le vecchie emozioni negative

della macchina, quindi, se entrambi non vengono sorvegliati fin dal primo momento, le nostre

paure, le nostre rabbie e i nostri pregiudizi diventano sempre meno gestibili e il nostro stato diviene

più penoso di quello da cui siamo partiti.

Per inciso è utile rammentare - e non lo si rammenta mai abbastanza - che le pratiche di meditazione

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o di ricordo di sé non costituiscono di per sé stesse il lavoro di risveglio, e possono divenire

pericolose quando non vengono inserite in un contesto di lavoro su di sé globale: l'energia che

l'individuo accumula meditando o ricordandosi di sé scorre nei vecchi schemi mentali e nei vecchi

schemi emotivi, peggiorando la sua situazione. Simili sono le conseguenze della recitazione di

mantra: tale pratica, se non accompagnata da un lavoro di risveglio a 360 gradi, può portare a una

tranquillità di natura ipnotica, che è esattamente il contrario di ciò che vorremmo ottenere. Non ci si

lasci quindi ingannare dalle condizioni estatiche o dalle 'visioni' a carattere mistico che il persistere

su alcune tecniche a volte provoca, perché tali manifestazioni quasi mai coincidono con un effettivo

risveglio.

Un nuovo ambiente mentale

Le emozioni negative più comuni sono: rabbia, desiderio di vendetta, odio, invidia, ogni forma di

gelosia, senso di colpa, depressione, frustrazione, lamentela, critica, nostalgia, malinconia, paura,

ansia, dispiacere, senso di inadeguatezza, senso del possesso, senso di attaccamento alle cose e alle

persone, tutti i generi di fastidio: verso chi non la pensa in modo giusto, verso chi non si comporta

in modo giusto, ecc.

Il lavoro sulle emozioni negative inizialmente è un lavoro mentale. Noi infatti proviamo emozioni

negative perché le giustifichiamo mentalmente e quindi, per fare un buon lavoro, dobbiamo rivedere

il nostro vecchio modo di ragionare. Di norma pensiamo che in certe occasioni sia giusto infastidirsi

o arrabbiarsi, oppure provare ansia o essere depressi. La giustificazione di tali emozioni è radicata

nel nostro inconscio, per cui esse possono ormai esprimersi meccanicamente senza dover affrontare

alcun freno cosciente da parte dell'individuo. Gli unici freni alle emozioni negative sono quelli

imposti dalla società, quindi non sono voluti, ma sono anch'essi divenuti inconsci e dunque

meccanici. Pertanto quando esprimiamo le emozioni più 'basse', così come quando le reprimiamo,

tutto avviene meccanicamente.

La fase più importante del lavoro consiste nel convincere prima la mente conscia poi quella

inconscia che le emozioni negative non hanno alcuna giustificazione. La mente giustifica le

emozioni e le tiene vive, quindi sulla mente bisogna lavorare affinché si crei un « ambiente mentale

» in cui le emozioni negative appaiono per quello che sono. Esse da un lato sono manifestazioni che

ci sottraggono energia e ci fanno soffrire - se le consideriamo inevitabili e lasciamo che abbiano il

sopravvento - dall'altro lato sono strumenti indispensabili alla nostra trasformazione - se

cominciamo a osservarle e a lavorarci nel modo corretto.

Vedremo più avanti quanto esse in realtà siano elementi insostituibili del nostro lavoro e non

vadano quindi ritenute difetti della persona o manifestazioni sbagliate. Se esse esistono in noi c'è un

motivo, non vanno perciò mai né represse né eliminate. Esse rappresentano la fondamentale

sostanza da cui ricaviamo le emozioni superiori e, di conseguenza, il nostro nuovo corpo. Ma per

ora è bene aver chiaro quanto risulti dannoso giustificarle e appoggiarle.

Si lavora a partire dalla mente conscia introducendo le nuove idee che vengono trattate in questo

sistema di pensiero. Abituandosi a pensare in maniera differente si creano nuovi schemi di pensiero

nel corpo mentale e questo fa sì che in seguito questi nuovi schemi diventino a loro volta inconsci e

prendano il posto di quelli vecchi. Lo scopo di questo lavoro è fare in modo che al nascere

dell'emozione negativa una parte della nostra coscienza non si identifichi completamente con essa,

ma si ricordi di sé e assuma immediatamente il controllo della situazione cercando di opporre

resistenza ai pensieri negativi che inevitabilmente accompagnano tale emozione, e tentando di non

lasciarsi coinvolgere integralmente da essa. L'attrito che viene a crearsi durante questi tentativi di

opporsi alla meccanicità consente la fabbricazione del corpo dell'anima.

Il passo successivo sarà non provare più emozioni negative e percepire tutto direttamente attraverso

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le emozioni superiori. In questo modo i fatti del mondo che attraverso i vecchi schemi di pensiero

venivano percepiti come brutti, dai nuovi schemi dell'anima vengono immediatamente percepiti per

quello che realmente sono oltre l'illusione: Bellezza allo stato puro.

Qualcuno potrebbe chiedersi: "Chi ci garantisce che non stiamo solo sostituendo vecchi meccanismi

con nuovi meccanismi - come accade nell'ipnosi, nella programmazione mentale o nel pensiero

positivo - e che in tutto questo l'anima c'entri veramente qualcosa?" Rispondiamo che il nostro è un

lavoro COSCIENTE e VOLONTARIO; questo significa che per ottenere un cambiamento stiamo

operando uno sforzo cosciente andando contro qualcosa che è MECCANICO e INVOLONTARIO.

Se noi utilizziamo una qualsiasi forma di programmazione mentale alla fine del nostro lavoro

rimaniamo addormentati esattamente come prima, con la sola differenza che adesso siamo schiavi

di meccanismi differenti da quelli precedenti. Con il risveglio invece noi diventiamo liberi di

provare le emozioni che vogliamo e di pensare ciò che vogliamo: vediamo la realtà sottostante

l'illusione e di conseguenza possiamo scegliere se arrabbiarci oppure no; ma fino a quando non

vediamo la realtà siamo costretti ad arrabbiarci senza alcuna possibilità di scelta. Deve esser chiaro

che la differenza non sta nell'assumere un comportamento 'buono' piuttosto che uno 'cattivo' -

rimanendo sempre limitati alla sfera della macchina biologica - bensì nel vedere o non vedere cosa

sta accadendo realmente, e nella libertà di agire come più ci pare, magari anche con lo stesso

comportamento di prima!

Psicoanalisi, pensiero positivo, ipnosi, programmazione neurolinguistica e molte altre tecniche si

limitano ad agire nell'ambito della nostra macchina, permettendoci di ottenere una macchina che ci

piace di più o che ci è più utile nella vita sociale, ma non agiscono 'alla radice', non ci consentono di

traslare il nostro centro di consapevolezza dalla macchina biologica all'anima e non ci dischiudono

la verità oltre le apparenze. Quando va bene ottengono come risultato la creazione di una prigione

un po' più confortevole per noi e per chi ci circonda.

Un'altra frequente domanda è: "Tutta la gioia e l'amore che si provano in questo nuovo stato non

potrebbero essere frutto di un forte autoconvincimento che impedisce di vedere la vita con tutte le

sue reali sofferenze? Non è forse un modo per fuggire alla vita entrando in un delirio di beatitudine

allucinatoria?".

Chi pone questa domanda lo fa da uno stato di coscienza diverso da quello risvegliato. Quando si è

ancora identificati con la macchina può sorgere la paura di divenire vittime di un lavaggio del

cervello di natura tale da annullare anche solo la possibilità del dubbio circa la veridicità del nuovo

stato di coscienza. Ma questa paura può sorgere unicamente in un individuo che è ancora

identificato con la sua mente e che immagina lo stato risvegliato come un 'diverso stato della

mente', non come uno stato « sovramentale ». Nello stato risvegliato si guarda a partire dall'anima e

si vede la propria mente dal di fuori, la si guarda mentre lavora e pensa; è qualcosa di totalmente

diverso da ogni fenomeno possiamo immaginare adesso utilizzando la nostra mente. Se lo si

immagina unicamente come un differente stato della propria mente, magari più gioioso e rilassato,

allora non si è capito nulla, e possono ancora sorgere domande come la precedente. Ma quando si è

in quello stato si può solo ridere di tali domande!

Perché le emozioni negative non sono giustificabili e vanno

trasformate?

a) Le emozioni negative nascono dall'incapacità di vedere quello che veramente accade nel mondo

intorno a noi; se noi vedessimo la realtà non proveremmo mai emozioni negative. Inoltre la loro

manifestazione incontrollata le rende più forti e aumenta questa incapacità di vedere innescando un

circolo vizioso: più siamo depressi, più vediamo il mondo brutto, più lo vediamo brutto più ci

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deprimiamo.

Noi crediamo che un evento esterno oggettivo causi il nostro fastidio, invece sono i vecchi schemi

di pensiero che abbiamo dentro - i pregiudizi sulla realtà - a farci vedere un determinato evento così

come lo vediamo; e un evento visto dall'interno degli schemi di pensiero della macchina risulta

completamente falsato.

Tutti i Maestri risvegliati affermano che il mondo è Bello. Essi vivono in un costante stato di Gioia

dovuto a un senso di innamoramento per la vita che li pervade in maniera stabile. Se noi viviamo

nella sofferenza anziché nella Gioia ciò è dovuto alla cronica incapacità della macchina di percepire

la Bellezza della realtà.

Siamo ciechi. Non abbiamo occhi per vedere. Quest'affermazione deve entrare a far parte del nostro

intero essere. Non siamo in grado di vedere cosa sta accadendo, quindi ogni nostra opinione sul

mondo è allucinata già alla radice. I meccanismi della macchina ci impediscono SEMPRE di vedere

la realtà, e ogni emozione negativa aggiunge un velo ulteriore, perché rafforza la nostra fede nella

veridicità dell'allucinazione che abbiamo sotto gli occhi, immergendoci in un circolo vizioso di

falsità.

Gesù chiamava la nostra dimensione il "mondo della menzogna", Budda la definiva l'illusione, nella

tradizione indù si parla di Maya.

Riportiamo un esempio: un uomo ruba il portafoglio a un altro. Non è vero, non è mai successo, su

questo pianeta nessuno può rubare qualcosa a qualcuno; in realtà sta accadendo tutt'altro, ma

dall'interno dei nostri schemi mentali potremmo giurare di vedere un uomo che ruba il portafoglio a

un altro. L'illusorietà di quanto percepiamo è un concetto difficile da afferrare per chi è sempre

vissuto in un'allucinazione, perché l'allucinazione è consensuale, cioè tutti la condividono e la

confermano. Ma chi è uscito dall'allucinazione vede con certezza che nessuno può rubare portafogli.

A livello fisico si muovono certe energie, quindi quell'uomo sta effettivamente compiendo

quell'azione, ma non ha niente a che vedere col rubare qualcosa a qualcuno. Lo stesso vale per

l'omicidio: due uomini compiono delle azioni uno rispetto all'altro, ma il fatto che uno abbia ucciso

l'altro è un'invenzione della nostra macchina, un'interpretazione fornita dai nostri meccanismi

condizionati, dai nostri pregiudizi mentali. Sulla Terra non è mai accaduto che qualcuno uccidesse

qualcun altro!

Approfondiamo questo primo punto perché è quello fondamentale. Ci accade un evento: qualcuno

fa un'affermazione dispregiativa nei nostri confronti. Noi non possiamo ancora usare il Cuore per

vedere cosa è accaduto realmente perché non siamo identificati con il sé, l'anima, pertanto la nostra

macchina interpreta l'evento secondo i suoi schemi meccanici: "Mi hanno insultato".

L'interpretazione mentale della macchina ci fa provare un'emozione negativa: ci arrabbiamo.

L'emozione negativa abbassa la frequenza delle nostre vibrazioni - cioè aggiunge un ulteriore velo

all'illusione - e ci rende ancor più distanti dalla realtà. Meno vediamo, più tutto diventa allucinato,

quindi rispondiamo all'insulto... l'altra persona si esaspera ulteriormente... e poi si arriva alle grida e

alla rissa in una spirale discendente.

Diventa più chiaro adesso perché si è detto che il lavoro va inizialmente condotto sulla mente. Il

processo di alterazione della realtà inizia sempre da una interpretazione errata da parte della mente

della macchina, e avviene inconsciamente, cioè prima che la nostra parte conscia abbia il tempo di

intervenire in qualsiasi modo. Al fine di imparare a cogliere la realtà attraverso emozioni superiori il

lavoro più arduo va compiuto prima a livello della mente cercando di convincere la personalità che

allo stato attuale non è in grado di conoscere nulla circa gli eventi che le accadono.

b) Le emozioni negative ci privano dell'energia necessaria al risveglio. Praticando gli esercizi per il

ricordo di sé ci accorgiamo presto che per risvegliarsi occorrono grandi quantità di energia, perché

si tratta di mantenere un livello di attenzione elevatissimo e, soprattutto, di costruire un nuovo corpo

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con le nostre stesse forze. Il motivo per cui a volte il ricordo di sé sembra impossibile è proprio la

mancanza di energia. Se avessimo più energia potremmo fare più sforzi per ricordarci di noi, e

questo ci sveglierebbe alle dimensioni superiori e costruirebbe il nostro corpo dell'anima.

La lamentela, le arrabbiature, il nervosismo, il fastidio verso cose o persone, il continuo dialogo

interiore della mente, scaricano all'esterno la preziosa energia che invece dovremmo utilizzare per

la nostra trasformazione. Se l'obiettivo ci appare inarrivabile il motivo è che manifestiamo emozioni

negative e ci perdiamo nell'immaginazione negativa.

c) Le emozioni negative, così come gli schemi di pensiero che ne sono all'origine e che le

giustificano, non appartengono a noi: sono fenomeni esterni a noi. L'anima utilizza una macchina

biologica, la quale ha un suo modo di pensare circa il mondo e di conseguenza prova certe

emozioni... ma tutto ciò non siamo noi. Noi non siamo la nostra macchina, bensì un'anima che

attualmente è identificata con una macchina. L'anima è identificata con la macchina perché

attualmente non possiede un altro corpo attraverso cui manifestarsi. Noi possiamo costruirle questo

corpo utilizzando e trasformando gli elementi stessi della macchina.

Inoltre ciò che costituisce la macchina con cui siamo identificati è materiale preso dal pianeta,

materiale che la macchina attira a sé per « simpatia vibratoria ». Essa entra continuamente in

risonanza con pensieri ed emozioni che attraversano l'atmosfera del pianeta. Quando noi proviamo

un'emozione negativa ci stiamo stupidamente identificando con oggetti emotivi che passano

nell'aria e che la nostra mente ha attratto a sé e ha fatto suoi. Se la nostra mente pensasse in maniera

corretta, al sopraggiungere di un certo pensiero e di una certa emozione non li giustificherebbe, ma

li riconoscerebbe come oggetti di passaggio inutili e assurdi e non si identificherebbe con essi.

Invece la nostra mente è convinta che quelle emozioni siano sue, che sia giusto provarle e che non

esista modo per smettere di provarle!

L'emozione negativa che viaggia nell'aria è solo una vibrazione con una certa frequenza, non un

pensiero definito, già formato. Per esempio, mentre siamo in coda alla posta nell'atmosfera girano

determinate vibrazioni di bassa natura emanate dalle altre persone in coda che si lamentano.

Ammettiamo che si lamentino perché stanno pagando bollette troppo care, ma noi non ci sentiamo

minimamente coinvolti perché non dobbiamo pagare delle bollette. Tali vibrazioni investono

comunque la nostra macchina.

Se ci arrivasse un pensiero di lamentela rivolto in modo specifico alle bollette noi lo

riconosceremmo subito come non nostro e lo scacceremmo, perché in tal caso ci accorgeremmo di

non avere nessun motivo razionale per lamentarci. Il problema è che arriva solo una vibrazione, non

un pensiero già costruito, e tale vibrazione entra in risonanza con una vibrazione corrispondente che

si trova già fra i nostri meccanismi, cioè qualcosa che ci appartiene.

Se già in partenza all'interno della nostra macchina non esistesse alcuna tendenza verso queste

manifestazioni basse, non attireremmo più emozioni e pensieri di natura bassa. Ma se noi

solitamente ci lamentiamo del governo, o dell'economia mondiale, possediamo comunque la

vibrazione della lamentela già dentro di noi, quindi entriamo in risonanza con quella vibrazione di

lamentela che c'è in coda alla posta, con la sola differenza che noi cominceremo a costruire pensieri

di lamentela circa il governo, non circa le bollette troppo care, e a provare emozioni negative

conseguenti a quel pensiero.

In questo modo, anche se tali basse vibrazioni sono oggetti estranei a noi, noi non li riconosciamo

come estranei, perché li coloriamo con la nostra personale sfumatura di pensiero (il governo,

piuttosto che l'economia, la guerra o la pettinatura del nostro partner), dunque li riteniamo nostri e li

alimentiamo rimuginandoli a lungo.

L'emozione negativa è un'energia dotata di una certa frequenza piuttosto bassa che entra nella nostra

macchina seguendo la « linea di minor resistenza » che qui trova, cioè seguendo il canale più largo

che si è formato in noi grazie alle nostre abitudini di pensiero.

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Lavorando assiduamente su pensieri ed emozioni negative facciamo sì che anche le tendenze

interiori che già sono radicate dentro di noi (per cause genetiche e abitudini socio-ambientali) con il

tempo si affievoliscano, fino a scomparire. Evitando di alimentarle a ogni occasione esse infatti

progressivamente muoiono per mancanza di cibo.

d) Le emozioni negative vanno a inquinare il piano emotivo del pianeta, e contemporaneamente gli

schemi di pensiero che le sottendono vanno a inquinare il piano mentale del pianeta. Ogni volta che

ci abbandoniamo a una emozione negativa danneggiamo tutti gli abitanti del pianeta, i quali grazie a

noi troveranno più facile arrabbiarsi, lamentarsi o sentirsi frustrati.

Chi causa l'odio e la guerra nel mondo? Noi, ogni volta che siamo in guerra con qualcuno e

proviamo odio. Vogliamo la pace ma lavoriamo in maniera sistematica contro la pace tutte le volte

che durante il giorno critichiamo il comportamento di qualcuno... compreso il comportamento di chi

fa la guerra. Le nostre critiche e i nostri bisticci coi parenti si riverberano nell'atmosfera emotiva del

pianeta e vanno a inasprire i conflitti che già ci sono in tutto il mondo.

Guerra, sfruttamento e prevaricazione che sono dentro di noi sono la causa degli stessi fenomeni a

livello planetario. Se da qualche parte ci sono dei bambini costretti a lavorare dodici ore al giorno i

responsabili siamo proprio noi... si... proprio noi che abbiamo firmato la petizione contro lo

sfruttamento minorile operato dalle multinazionali e poi riempiamo l'atmosfera di escrementi

provando emozioni negative alla vista di un certo uomo politico o di un certo nostro parente.

Inquiniamo la stessa atmosfera emotiva e la stessa atmosfera mentale in cui crescono le nuove

generazioni di bambini, i quali dopo pochi anni sono già pieni di emozioni negative e pensieri di

una banalità e di una uniformità sconcertanti. Fino a quando emetteremo anche una sola emozione

negativa saremo corresponsabili dell'odio fra ebrei e palestinesi così come del terrorismo

internazionale, il quale si alimenta proprio grazie al nostro contributo. Si sta parlando di un

fenomeno perfettamente fisico, non morale.

e) Le emozioni negative e gli schemi di pensiero che le sottendono - la separatività, la competitività,

il senso di inadeguatezza - servono da nutrimento alle entità che si trovano sugli altri piani del globo

terrestre. Abbiamo appena parlato di inquinamento emotivo e mentale causato dalle vibrazioni

emotive e mentali emesse dalle macchine umane, che vanno a unirsi a quelle che già appestano

l'atmosfera e poi ricadono sugli uomini stessi. Accenniamo adesso ai defunti che abitano i piani

sottili del pianeta.

Ebbene questi defunti solitamente si aggirano intorno a noi, si nutrono delle nostre emanazioni più

basse e fanno di tutto perché noi ne emettiamo sempre di più influenzando il nostro comportamento.

Questo nutrimento non è per nulla metaforico, ma è reale e tangibile per chiunque sia

chiaroveggente.

Uguale condotta segue un altro genere di entità, ancora più pericoloso: i diavoli, cioè gli esseri della

divisione. Anche queste entità vivono nutrendosi di ogni nostro pensiero separativo e di ogni nostra

emozione negativa. All'inizio essi si precipitano su di noi non appena cominciamo a emettere

rabbia, odio, depressione, frustrazione e così via, succhiando letteralmente la vibrazione da noi

emessa e ingrassandosi di essa. Ma dopo breve essi ci circondano quotidianamente, entrano in

simbiosi con noi, tanto che a un certo punto noi viviamo solo per fornire cibo a loro. Ci spingono a

emettere vibrazioni sempre più basse e in numero sempre maggiore, perché tali vibrazioni per loro

sono di importanza vitale.

Non stiamo ancora parlando di casi di completa possessione da parte di entità dei piani più sottili -

sebbene anche questo sia un fenomeno frequente - ma della situazione in cui ognuno di noi, chi più

chi meno, agisce quotidianamente: siamo circondati da schiere di diavoli che ci spingono alla

guerra, all'odio, allo sfruttamento del prossimo.

Vorremmo a questo punto far notare che noi non siamo vittime inermi, ma corresponsabili del fatto

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che essi ci usano come amplificatori di emozioni basse sulla Terra, e lo siamo nella misura in cui

diveniamo consapevoli di poterci liberare ma non lo facciamo. In questo particolare periodo storico

di risveglio per la Terra e per l'umanità tali entità si organizzano continuamente a livello planetario

per impedire con qualsiasi mezzo che gli uomini aprano il proprio Cuore e che smettano così di

produrre cibo per loro.

Noi tutti i giorni possiamo scegliere di lavorare consapevolmente su noi stessi, e quindi produrre

energia per l'evoluzione della Terra e del Sistema Solare, oppure possiamo scegliere di vivere nella

normalità, continuando a fornire energia a queste infime entità. Esattamente come ogni altro essere

vivente occupiamo una precisa posizione nella catena evolutiva dell'universo: mangiamo e siamo

mangiati. Volenti o nolenti l'energia che produciamo alimenta comunque delle forze superiori a noi

che di tale energia si cibano e che grazie a essa crescono. Noi possiamo però decidere la qualità

dell'energia prodotta, la quale andrà così ad alimentare certe forze piuttosto che altre, angeli

piuttosto che diavoli. (Per saperne di più su queste entità e su come operano rimando all'esauriente

articolo "Vendere l'anima al diavolo").

f) Trasformando le emozioni negative da esse si ricavano le emozioni del Cuore, le emozioni

superiori. La trasmutazione delle emozioni negative in emozioni superiori è un raffinato processo

alchemico. La vera al-kimiya è il lavoro che l'uomo compie su di sé per costruire il corpo dell'anima

trasmutando le emozioni provate dalla macchina da negative in superiori. Per farlo deve essere

presente, deve ricordarsi di sé, durante l'espressione delle emozioni negative. Ribadiamo che il

nostro nuovo corpo deve essere interamente costruito con le emozioni superiori. Ciò consente di

percepire il mondo emozionalmente anziché mentalmente, attraverso le emozioni superiori anziché i

vecchi schemi di pensiero e le emozioni negative.

La maggior parte di noi prova già delle emozioni superiori. Ogni volta che perdoniamo, ci

commuoviamo, proviamo amore disinteressato, o compassione (non pietà) siamo nelle emozioni

superiori, e questo può accadere perché in realtà il corpo della nostra anima è in una certa misura

già sviluppato (in qualcuno molto, in qualcuno quasi per nulla), ma senza un preciso lavoro su di sé

questi rimarranno eventi sporadici e fuori dal nostro controllo. Noi vogliamo poter provare gioia

quando lo vogliamo, indipendentemente dal mondo esterno, utilizzando le potenzialità del « corpo

di gloria » e del suo organo di espressione: il Cuore.

Testi sull'argomento:

OFFICINA ALKEMICA - l'Alchimia come via per la felicità incondizionata

Salvatore Brizzi, Antipodi Edizioni (2006)

IL POTERE DELLA KABBALAH

Yehuda Berg, Tea, Milano 2005 (2004)

L'APERTURA DEL CAMMINO

Isha Schwaller de Lubicz, Edizioni Riza, Milano 1999 (1985)

LA QUARTA VIA

P.D. Ouspensky, Astrolabio-Ubaldini, Roma 1974 (1921-1946)

LA MACCHINA BIOLOGICA UMANA

E. J. Gold, Edizioni Crisalide, Spigno Saturnia (LT) 1999 (1991)

______________________

Page 22: 52946254 Il Lavoro Alchemico Salvatore Brizzi

22

IMMAGINAZIONE NEGATIVA

Ogni secondo di « ricordo di sé » penetra l'"immaginazione" e apre una breccia nell'eternità.

Robert E. Burton

Abbiamo constatato quanto sia pericoloso giustificare e alimentare le emozioni negative, ma

abbiamo altresì constatato che esse sono la base di partenza per la nostra futura gioia e per la

fabbricazione dei "corpi sottili". Adesso possiamo decidere di lavorare con la "materia emozionale",

però, dal momento che una grande percentuale di emozioni negative origina dall'immaginazione

negativa si dovrà compiere un parallelo e attento lavoro anche su quest'ultima. Per amor di

precisione apriamo quindi una parentesi dove illustriamo la differenza fra immaginazione negativa e

« visualizzazione ».

Immaginazione negativa. Rientra sotto questa dicitura ogni genere di immaginazione o "dialogo

interno" che avviene nella nostra macchina biologica e non è da noi né voluto né controllato. La sua

pericolosità sta in due caratteristiche:

a) da essa trae origine la maggior parte delle emozioni negative che proviamo durante la giornata;

b) essa è in grado di far riaffiorare e poi alimentare un'emozione negativa anche a distanza di ore,

giorni o mesi dall'evento che ha causato tale emozione.

Facciamo qualche esempio del primo genere: alla vigilia di un esame o di un colloquio di lavoro la

nostra mente comincia a costruire situazioni immaginarie che incrementano la tensione e la paura.

Alla vigilia di un incontro con un parente per il quale non proviamo alcuna simpatia la nostra mente

costruisce dialoghi immaginari in cui si arriva agli insulti o alle percosse. Mentre il nostro partner è

in vacanza con amici la nostra mente immagina senza freno situazioni di tradimento oppure

disgrazie come incidenti o malattie. L'ipocondria è immaginazione negativa. Ogni pensiero

ossessivo origina dall'immaginazione negativa. Tutte queste immaginazioni fanno fremere la nostra

macchina a livello emotivo come se stessimo vivendo le situazioni immaginate.

Facciamo ora qualche esempio del secondo genere di immaginazione negativa: dopo un incidente

stradale nel quale ci siamo infuriati con l'altro automobilista andiamo a casa e trascorriamo ore a

pensare a cosa gli avremmo detto o a cosa gli avremmo fatto, riprovando così la stessa emozione di

rabbia e frustrazione. Ripensando a una situazione spaventosa riproviamo ripetutamente la stessa

paura e ripensando al partner che ci ha lasciato riproviamo per mesi la stessa nostalgia per i

momenti belli passati insieme. Ripensando a quel politico o a quell'evento sociale inaudito

costruiamo mentalmente situazioni in cui noi litighiamo con quel politico o interveniamo con

violenza per risolvere una situazione; allora la nostra macchina vibra di fastidio o rabbia.

Le emozioni negative scaturite dall'immaginazione negativa producono sull'ambiente tutti gli effetti

descritti nel capitolo sulle emozioni negative. Il fatto che tutto avvenga nella nostra mente non fa

alcuna differenza, in quanto la macchina quando pensa emette le sue basse vibrazioni e i suoi

pensieri-spazzatura nello spazio.

A ben guardare fanno parte dell'immaginazione negativa pure tutti quei "dialoghi interni" e quelle

scene da film che la nostra mente immagina e che non producono emozioni negative, ma ci fanno

invece provare piacere o gratificazione personale. Nei nostri sogni a occhi aperti immaginiamo di

vincere alla lotteria, di avere un incontro amoroso con un famoso attore, di avere successo sul

lavoro, di fare un bel discorso con gli amici, di essere gli eroi o i Maestri in mille situazioni.

Anche tutti i 'sogni a occhi aperti' riguardanti il nostro partner, di cui siamo follemente innamorati,

rientrano nell'immaginazine negativa, e un giorno, quando ci abbandonerà, invece che dai sogni

saremo ossessionati da scene di gelosia, violenza, vendetta e disperazione.

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Inizialmente i 'sogni a occhi aperti' non causano rabbia o paura, tuttavia possono causare emozioni

di gratificazione, euforia, senso di esaltazione personale che appartengono sempre al mondo della

macchina e che, in quanto tali, sono anch'esse frutto di una visione alterata della realtà. Con il loro

manifestarsi rendono tale visione sempre più allucinata, inoltre, prima o poi, richiameranno

inevitabilmente - per effetto della Legge di Compensazione - una dose corrispondente di emozioni

negative (vedi l'euforia dovuta all'innamoramento e le corrispondenti rabbia e depressione dovute

all'abbandono).

Resta il fatto che quando cominciamo a contrastare l'immaginazone negativa, all'inizio ci conviene

concentrare la nostra attenzione su quei pensieri direttamente collegati a emozioni negative

(lamentela, rabbia, giudizio, ansia, tensione, ecc), perché più dannosi dal punto di vista dello spreco

di energia e più facilmente distinguibili nella miriade di oziosi pensieri quotidiani.

Visualizzazione. Accenniamo alla visualizzazione perché tale concetto viene talvolta confuso con

quello di immaginazione negativa e si pensa che eliminare quest'ultima significhi togliere all'uomo

anche la sua facoltà di sognare e di creare.

Niente paura, queste magnifiche facoltà umane permangono e fanno appunto parte della

visualizzazione. Questa è l'indispensabile capacità di immaginare e costruire col pensiero in

maniera voluta e cosciente. Immaginare cosa si dirà prima di un incontro importante è molto utile se

lo si fa in maniera controllata, cioè senza ripetere le stesse scene ossessivamente per decine di volte

e, soprattutto, senza scivolare nella tensione e nell'ansia (emozioni negative).

Anche ricostruire la scena di un incidente o il filo dei discorsi che si sono fatti in una certa

occasione è molto utile ed è anche un buon esercizio di addestramento della mente, ma anche qui è

indispensabile non farlo con il fine di replicare le stesse basse emozioni - il che rientrerebbe

nell'immaginazione negativa.

Inoltre la visualizzazione è un elemento importante della creatività: gli artisti creano i mondi che

poi rappresentantano nelle loro opere immaginandoli, ma ciò è ben diverso dal sognare a occhi

aperti di vincere alla lotteria o di diventare un messia che salva l'umanità.

Ricordo di sé. Durante la giornata, ogni volta che ce ne ricordiamo, dobbiamo chiederci cosa

stiamo pensando e perché. È sufficiente porsi una domanda: "Avevo il controllo di ciò che stavo

pensando, oppure no?". Tutte le volte che non siamo stati noi a voler iniziare coscientemente un

certo processo di immaginazione, ciò significa che esso è venuto da sé e ci sta usando, rubandoci

preziosa energia. È pertanto meglio interromperlo iniziando un'attività che tenga occupata la mente

e le impedisca di sprecare le nostre forze nel sogno a occhi aperti.

Come un giovane fiorente d'un tratto si accorgesse di tenere legata al collo la carogna di una serpe

o una carogna di cane o una carogna umana e spaventato, raccapricciando e rabbrividendo, subito

se la strappasse e la gettasse via.

(Majjhimonikáyo, XX)

Su tutto questo, nota: in primo luogo, che è necessario arrestare il pensiero o sentimento al suo

apparire. Va come colto al volo, prima che prenda terra nella tua anima e vi si diffonda. Previeni.

Soffoca in germe. Fatti agile, labile, pronto a distaccarti e a sottrarti.

Abraxa, Gruppo di Ur

Il modo migliore per gestire l'immaginazione negativa è il ricordo di sé. Nel momento in cui

cominciamo a essere ossessionati da pensieri disturbanti - gelosia, ansia, paura o giudizio verso gli

altri - dobbiamo portare l'attenzione su noi stessi, sul qui-e-ora. Non è importante l'oggetto della

nostra immaginazione negativa, ma solo il fatto che in quel momento non ci stiamo ricordando di

noi e siamo totalmente identificati con i meccanismi psicologici della personalità. A noi pare un

argomento di importanza vitale, qualcosa di essenziale per la nostra vita, invece è solo frutto

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dell'illusione provocata dalla macchina biologica. Il ricordo di sé è vera vita, mentre

l'identificazione con qualche problema della personalità è tempo perso... qualunque sia l'oggetto

delle nostre preoccupazioni. Non c'è differenza fra i vari argomenti; l'unica differenza è fra "sonno"

e ricordo di sé. La personalità è la nostra parte animale, ed essa avrà sempre un motivo per

lamentarsi, per essere infelice o ansiosa. Ciò che deve morire avrà sempre paura di morire.

Talvolta l'identificazione con un problema può essere davvero pesante e le emozioni negative molto

dolorose e durature. Solo nella misura in cui ci siamo esercitati nel ricordo di noi stessi durante i

momenti più tranquilli della nostra vita, troveremo la forza per ricordarci di noi nel corso dei

periodi difficili. Non si può sperare di svolgere qualche esercizio ogni tanto e poi saper affrontare

con equilibrio una disgrazia. Si raccoglie solo ciò che si è seminato.

In ogni caso lo scopo non è scappare dalla sofferenza: il ricordo di sé non permette l'estinzione della

sofferenza e dei pensieri ossessivi legati a questa sofferenza, bensì la loro osservazione e

trasmutazione. Dobbiamo essere p r e s e n t i mentre la macchina si contorce dal dolore perché è

stata abbandonata dal partner o ha perso il lavoro. Questa presenza - il ricordo di sé - è sufficiente

perché a livello alchemico si verifichino dei processi di trasmutazione. Il fatto che riusciamo a

restare presenti durante la sofferenza della macchina significa che già esiste in noi un « testimone »

(il maggiordomo degli insegnamenti di Gurdjieff). Questo « testimone » opera profondamente e in

silenzio la fabbricazione dei "corpi sottili". Dobbiamo rassegnarci al fatto che su questo pianeta si

soffre - e talvolta si soffre anche molto - ma possiamo decidere se sfruttare tale sofferenza a nostro

vantaggio oppure continuare a subirla passivamente.

Testi sull'argomento:

OFFICINA ALKEMICA - l'Alchimia come via per la felicità incondizionata

Salvatore Brizzi, Antipodi Edizioni (2006)

IL POTERE DELLA KABBALAH

Yehuda Berg, Tea, Milano 2005 (2004)

L'APERTURA DEL CAMMINO

Isha Schwaller de Lubicz, Edizioni Riza, Milano 1999 (1985)

LA QUARTA VIA

P.D. Ouspensky, Astrolabio-Ubaldini, Roma 1974 (1921-1946)

LA MACCHINA BIOLOGICA UMANA

E. J. Gold, Edizioni Crisalide, Spigno Saturnia (LT) 1999 (1991)

____________________

LAVORO SULLE EMOZIONI NEGATIVE -

parte I

Voi non potete giungere a fine senza illuminazione, senza pazienza e senza il coraggio di aspettare;

poiché senza pazienza non si entra in quest'Arte. Che cosa non dovreste fare, e quale pena non

darvi, pur di giungere a questa Scienza così alta, di profitto così grande? Quando voi piantate e

seminate, non attendete, per il frutto, sino al tempo della maturazione? Come vorreste dunque

avere il frutto di quest'Arte in breve tempo?

Turba Philosophorum

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25

Tutto ciò che è stato detto finora su immaginazione negativa ed emozioni negative è servito a

introdurre un « ambiente mentale » indispensabile affinché possa iniziare la loro trasmutazione.

Parallelamente agli sforzi sul ricordo di sé, l'operatore alchemico dovrà infatti portare avanti un

lavoro di trasmutazione delle sue emozioni negative.

Cominciamo col ripetere che nella nostra officina alchemica vogliamo fabbricare un veicolo per

l'anima, il che si accompagna allo spostamento del centro di consapevolezza dell'individuo dalla

mente al Cuore (il Centro Emozionale Superiore, secondo G.I. Gurdjieff). La mente è l'organo

attraverso cui percepisce la macchina, mentre il Cuore è l'organo del « corpo di gloria » attraverso

cui percepisce l'anima. Per fare ciò sfruttiamo il ricordo di sé e le preziose materie prime a nostra

disposizione: le emozioni negative della macchina. Rabbia, invidia, gelosia, senso di sconforto,

senso di inadeguatezza, paura, ansia, stress... sono il materiale su cui possiamo lavorare per

fabbricare i nuovi corpi. In ciò sta il senso di tutta l'Alchimia. Ma per poterlo fare dobbiamo

ricordarci di noi.

Prima fase. A questo stadio non è ancora possibile lavorare all'interno dell'emozione negativa,

perché di norma è troppo difficile ricordarsi di sé nel bel mezzo di un'arrabbiatura o di una fase

depressiva. Lo scopo è lavorare non appena ci si ricorda di farlo, non appena ci si disidentifica un

pò dalla situazione di sofferenza, il che può avvenire a qualche minuto o a qualche ora dall'apice

dell'emozione negativa; meglio se avviene quando la macchina sta ancora fremendo a causa della

frustrazione, dello stress o della rabbia da poco provate.

Appena ci si ricorda, ci si deve sforzare con tutta la Volontà di sostituire l'immaginazione negativa e

l'emozione negativa - che viaggiano sempre in coppia - con pensieri che rappresentano una nuova

visione di quanto sta accadendo. Le azioni da compiere sono queste:

a) -- ricordarsi di sé, ossia ricordarsi di essere « presenti » qui-e-ora;

b) -- cercare di non farsi coinvolgere nei pensieri sfrenati della mente (immaginazione negativa),

collegati all'emozione negativa che stiamo provando. Disidentificarsi dai pensieri significa guardarli

come se fossimo spettatori esterni dell'attività frenetica di una macchina di cui noi siamo solo ospiti;

c) -- assumere un nuovo atteggiamento mentale. Adesso spieghiamo come.

Tutte le volte che non siamo in uno stato di Gioia, che non siamo innamorati del mondo e soffriamo

per una qualche ragione, il motivo è che non riusciamo a vedere quanto sta accadendo intorno a noi.

Lamentiamoci, arrabbiamoci, deprimiamoci, proviamo la nostra paura o lo sconforto, gridiamo il

nostro fastidio, facciamo insomma tutto quanto siamo soliti fare, ma una volta tornati in noi, anche

se accade dopo qualche ora, ci sediamo e pensiamo: "Quello che mi è successo - la mia sofferenza -

non è dovuto a qualcosa che non va bene nel mondo esterno, ma al fatto che io non riesco ancora a

vedere il mondo come veramente è" e poi affermiamo con forza: "Ne ho abbastanza di questa

allucinazione, IO VOGLIO VEDERE IL MONDO COME VERAMENTE È".

Ribadiamo per maggiore chiarezza: non appena ce ne ricordiamo, il prima possibile, ci fermiamo un

attimo e assumiamo un atteggiamento che lentamente cambierà la nostra vita: "Se non sono nella

Gioia è perché sto vedendo brutto, sbagliato, qualcosa che invece è bello" "VOGLIO VEDERE

QUESTA BELLEZZA". Se abbiamo la forza di volontà di pensare queste cose, anche se non siamo

ancora del tutto convinti della loro veridicità, anche se siamo ancora scettici, stiamo comunque

operando una radicale trasformazione in noi.

Quando abbiamo un motivo di preoccupazione, un'angoscia, un'ansia, un fastidio, quello è il

momento per ricordarsi che non stiamo percependo la realtà autentica. È ovvio che non possiamo

esserne certi; all'inizio sarà solo una frase priva di senso, potrà apparirci come un'affermazione

moralistica che stride con quanto noi abbiamo di fronte in quel momento - e che ci appare del tutto

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sbagliato e ingiusto - ma non importa, ciò che importa è che ogni volta

a) -- ci ricordiamo di noi;

b) -- non ci identifichiamo con i pensieri della nostra macchina;

c) -- ci ripetiamo che la sofferenza deriva da una nostra visione falsata della realtà.

Dobbiamo almeno darci la possibilità remota che possa essere così; la possibilità che, forse, quando

vediamo l'errore in noi o fuori di noi non stiamo guardando correttamente: gli altri non ci stanno

facendo del male e non ce l'hanno con noi. È sufficiente darsi la possibilità, lasciare uno spiraglio

aperto e non lasciarsi sopraffare interamente dal 'senso dello sbagliato e dell'ingiusto'. Questo

atteggiamento si chiama FEDE.

All'inizio sembra non accadere niente: noi ci arrabbiamo, poi più tardi ci ricordiamo che "l'altro è

perfetto ma io non riesco a vederlo", ma nonostante questo la volta successiva ci infuriamo con lui

esattamente come prima, e continuiamo a vedere l'esistenza piena di ingiustizie esattamente come

prima.

Infuriarsi, angosciarsi o provare ansia è giusto; in questa prima fase non dobbiamo smettere, né

rammaricarci perché non riusciamo a smettere. Il lavoro consiste proprio nell'assumere appena ci è

possibile il giusto atteggiamento mentale, non nello smettere di essere infuriati. Smettere di provare

l'emozione negativa in questa fase non è utile, è invece utile diventare presenti, osservare bene cosa

ci accade e ricordare di mutare il nostro modo di rapportarci agli eventi. È un lavoro molto sottile,

dove non ci si pongono obbiettivi, ma qualcosa accade... lentamente e in silenzio.

Una volta che abbiamo analizzato in maniera razionale l'evento che ci è accaduto (un incidente

stradale, l'abbandono da parte del partner, un'ingiustizia sul lavoro, ecc.) - abbiamo cioè ricavato gli

elementi di utilità pratica e abbiamo pianificato il da farsi per il futuro - ogni immaginazione

negativa riguardante quell'evento va sistematicamente contrastata, perché non è utile a comprendere

meglio l'accaduto ed è dannosa in quanto causa di ulteriori emozioni negative. L'esperienza insegna

che rimuginare per ore o giorni su quanto successo riproduce all'infinito lo stato d'animo negativo

provato in precedenza e ne aggiunge di nuovi (senso di colpa, desiderio di vendetta, sconforto, ecc.

). Ricordiamo che il senso di colpa che si prova dopo un'emozione negativa è altrettanto dannoso

che l'emozione stessa, quindi anch'esso va immediatamente contrastato.

Lavorare nei momenti che seguono la fase acuta di un'emozione negativa significa innanzitutto

comprendere appieno l'origine e la dannosità di tale fenomeno per noi e per gli altri. In quei

momenti è molto utile ricordarsi che: "La mia mente sta dando un'interpretazione scontata e fasulla

di quello che è realmente successo, ed è questa interpretazione a farmi stare male, non ciò che è

successo" "La mia mente non è sotto il mio controllo e oltre a farmi stare inutilmente male per delle

ore, sta riempiendo di escrementi l'atmosfera terrestre" "Se voglio compiere un'opera di

trasformazione su me stesso devo imparare a vedere la realtà con il Cuore, perché fino a quando è la

macchina a decidere cosa devo vedere, io sarò un suo schiavo" "VOGLIO VEDERE LA

REALTA'".

Il modo migliore per sbarazzarsi dell'immaginazione negativa è pensare di buttarla via lontano da

noi come se avessimo sorpreso un pipistrello che ci succhia il sangue dal collo e lo strappassimo via

con violenza. Perché questo è quello che si sta verificando nella realtà! Poi è importante tenere la

mente occupata in altre attività: leggere, andare al cinema, guardare la televisione, fantasticare...

tutto è meglio che riprodurre uno stato d'animo di rabbia, ansia, paura o senso di colpa.

Compiendo questo sforzo contro la meccanicità dell'immaginazione negativa stiamo lavorando a

livello alchemico; il Fuoco sta compiendo la sua opera. La nostra volontà di percepire il mondo in

maniera differente sviluppa attrito contro la volontà dei corpi di continuare a pensare come hanno

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sempre fatto: questo attrito è un Fuoco che agisce sulle sostanze presenti nella macchina biologica

per creare delle nuove sostanze che vanno a costituire il corpo dell'anima.

Ovviamente i nostri primi tentativi di pensare in maniera diversa all'evento che ci è accaduto

andranno continuamente a vuoto; sarà un continuo passare da pensieri come "Io voglio vedere la

realtà, se la vedessi non starei male" a pensieri come "Sono maledettamente sfortunato, la vita è

proprio uno schifo, le disgrazie capitano tutte a me, è inutile che mi prenda in giro con tutte queste

filosofie consolatorie, se avessi fra le mani quel farabutto gli darei io una lezione". Questa

alternanza non è qualcosa di negativo, è giusto che sia così; ricordiamo infatti ancora una volta che

è lo sforzo ad alimentare il Fuoco, non il risultato. Non dobbiamo cadere nella trappola di pensare al

lavoro su di sé inquadrandolo nei nostri vecchi schemi di pensiero, come se ci stessimo occupando

dell'amministrazione di un'azienda o di un campionato di calcio. Qui non è un particolare risultato a

produrre gli effetti migliori.

Un lavoro contro natura

Ipotizzare che stiamo trascorrendo la nostra vita tra fastidi, preoccupazioni e angosce solo perché

non siamo capaci di vedere il mondo autentico sembra assurdo, e ci appare tanto più assurdo quanto

più siamo presi nell'allucinazione e non riusciamo a concepire un'esistenza fuori dallo stato di

allucinazione. In effetti il lavoro su di sé è assurdo, è forse ciò che di più assurdo può essere

concepito: esso dice che il mondo è splendido in ogni suo aspetto, e che per vederlo dobbiamo

cambiare l'organo con cui lo guardiamo. Esiste qualcosa di più folle di una simile considerazione?

È forse bene rammentare che il lavoro su di sé non costituisce per l'uomo un'attività naturale, ma

un'accelerazione forzata. Noi stiamo accelerando l'evoluzione, siamo i pionieri del nuovo

paradigma, violiamo un numero consistente di leggi terrestri a cui sottostà la macchina biologica: le

leggi legate alla sopravvivenza. Gli atomi della macchina si ribellano a questo lavoro, perché

vengono costretti a fare qualcosa di completamente innaturale per loro; non provare paura e

sospetto è un comportamento innaturale per il nostro apparato psicofisico.

Quando ci si sforza di sentire che il mondo è Bello tutta la macchina resiste, si rifiuta, si difende,

perché pensare una cosa del genere per lei è pericoloso, va contro la sua sopravvivenza. Il nostro

apparato psicofisico sa che morirà, quindi è costruito in modo da diffidare di tutto e di tutti, è

programmato per reagire con la paura e con l'aggressività; se questi meccanismi non avessero

funzionato alla perfezione fino ad oggi, non saremmo sopravvissuti per milioni di anni su un pianeta

del genere.

Adesso, compiendo un'azione INNATURALE per la nostra macchina, una parte di noi vuole

imporre un nuovo modo di pensare fondato sull'amore, sulla collaborazione, sull'altruismo. Un parte

della coscienza vuole convincere l'altra parte che il mondo non è una fonte di pericolo da cui

difendersi, ma una fonte di Bellezza, e che gli altri, qualunque cosa facciano, non sono pericolosi,

ma belli. Nel fare questo l'uomo sviluppa un NUOVO CORPO e NUOVI ORGANI DI SENSO che

partono dal Cuore... e sfonda la porta della dimensione spirituale, la quarta dimensione.

Cristallizzare un nuovo corpo

"Sono arrabbiato solo perché non vedo la realtà. Sono cieco. Non mi è accaduto quello che credo io.

La mia mente mi fa vedere degli episodi che in realtà non hanno il significato che lei crede" "IO

INVECE VOGLIO VEDERE LA REALTA'". Questa può esser detta una « formula alchemica ».

Cominciare a ragionare in questo modo dopo un'emozione negativa, non appena ci si ricorda di

farlo, permette con il tempo di trasmutare proprio la sostanza di cui è composta l'emozione negativa

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in 'occhi per vedere il Bello'.

Spiegheremo meglio questa affermazione descrivendo cosa accade alchemicamente. Se, ad

esempio, stiamo provando rabbia, ciò vuol dire che la nostra macchina è pervasa della sostanza

della rabbia sia sul piano emotivo, che su quello mentale (qui si manifesterà come immaginazione

negativa) che su quello fisico (qui si manifesterà con vari fenomeni a livello circolatorio e

muscolare). Se noi cerchiamo di ostacolare tali manifestazioni imponendoci di essere « presenti »,

cioè ricordarci di noi, e sforzandoci di passare a una nuova visione della realtà, creiamo una certa

dose di attrito, questo attrito è un Fuoco che agisce sulla sostanza prodotta dalla rabbia e fa in modo

che si produca una nuova sostanza che si cristallizza nel nuovo corpo in costruzione.

Nel nuovo corpo questa non sarà più rabbia, bensì una specifica emozione superiore che è risultata

dalla trasmutazione della nostra rabbia. Così come la personalità provava rancore quando si sentiva

vittima di un'ingiustizia, allo stesso modo ora l'anima prova una nuova emozione superiore -

qualcosa di gioioso e compassionevole - di fronte alla stesso atto, in quanto i suoi « nuovi sensi »

sono in grado di cogliere il Vero e non interpretano più come ingiusto quell'atto.

In altre parole, per ogni manifestazione negativa che viene osservata coscientemente e, quando

possibile, contrastata, si costruisce una sorta di « senso sottile » appartenente al corpo dell'anima,

che l'anima utilizza come 'occhio' per percepire nuovi aspetti di bellezza nel mondo e per provare

una corrispondente emozione superiore.

La trasmutazione è dunque operata da un cambiamento radicale della prospettiva da cui si osserva

la realtà. Il punto di vista del Cuore ha bisogno di essere nutrito con questi nuovi pensieri. La mente

ha bisogno di essere polarizzata verso i nuovi principi appartenenti alla visione del Cuore. Il

processo è lungo perché si tratta di convertire - questa è l'autentica « conversione religiosa » - gli

schemi meccanici, che sono incisi negli atomi stessi della macchina, in « nervi sottili » del Cuore; e

all'inizio l'unico strumento che abbiamo per farlo è la mente.

Si sarà notato a questo punto che il lavoro di risveglio non è un lavoro psicologico, morale o

spirituale, bensì un lavoro squisitamente fisico, che si produce attraverso la creazione di sostanze

che sono fisiche e di corpi che sono fisici - sebbene appartenenti a una fisicità meno grossolana di

quella cui siamo abituati.

Se non trascuriamo mai di agire in questo modo in coincidenza delle emozioni negative, cioè se non

le giustifichiamo mai e non le lasciamo passare inosservate, vedremo diminuire progressivamente il

lasso di tempo che trascorre da quando accade l'evento emotivo a quando ritorniamo in noi e

iniziamo a pensare in questo nuovo modo. Il nuovo modo di intendere la realtà che provoca la

nostra trasformazione.

In virtù di tale lavoro di avvicinamento all'apice dell'emozione, a un certo punto saremo in grado di

agire direttamente sull'emozione sforzandoci di non manifestarla all'esterno, e creando così un

attrito ancora maggiore. Ma ciò fa parte della fase successiva.

Altri esempi di nuovi schemi di pensiero: "Se non sopporto una persona o una situazione quella

persona e quella situazione non c'entrano. Non li sopporto perché vivo in un'allucinazione dove non

vedo cosa accade e proietto all'esterno dei fastidi che fanno parte della mia macchina" "Se qualcuno

o qualcosa mi dà fastidio è perché io proietto su di lui un meccanismo che appartiene in realtà al

mio apparato psicofisico; il fastidio è un difetto della lente attraverso cui percepisco il mondo".

"Il brutto e lo sbagliato fanno parte di un mio difetto di percezione. La verità mi può essere

comunicata solo dalla visione del Cuore".

"Se mi sembra che quella persona stia facendo qualcosa di sbagliato vuol dire che secondo me

l'esistenza si è sbagliata nel crearla. Il mio dire che qualcuno sbaglia implica che secondo me certe

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persone sono degli 'errori della Vita', e io pretendo di decidere quali sono errori e quali no.

Dimentico che niente è oggettivamente sbagliato, ma sono io a dividere in modo arbitrario fra

giusto e sbagliato secondo i fastidi e le antipatie della mia macchina".

Costringere la mente a pensare in maniera corretta riguardo le emozioni negative crea un nuovo «

ambiente mentale » polarizzato in direzione del Cuore. La personalità reagisce con emozioni

negative a certi eventi perché pensa: "Lui sta sbagliando, potrebbe comportarsi in un altro modo ma

non lo fa. Questa situazione non è giusta", oppure pensa: "Io non sono all'altezza. Farò una brutta

figura e tutti rideranno di me. Non potrò mai fare questa cosa". Per correggere queste visioni

alterate si devono introdurre nuovi pensieri: "Devo ammettere che io attualmente non ho gli

strumenti di percezione adatti a vedere cosa accade intorno a me. Il fatto che qualcuno possa

sbagliare, truffarmi, offendermi o ridere di me è il risultato di una mia allucinazione, derivante dal

fatto che percepisco il mondo attraverso sensi non ancora convertiti".

Spesso iniziamo a pensare a disgrazie che possono capitare ai figli o al partner, o al pianeta intero,

quindi ci sentiamo ansiosi, frustrati o impotenti. Le immagininazioni che alimentano la paura di

essere traditi sono altrettanto dannose. Ogni volta che ci sorprendiamo in una immaginazione

negativa questa va scrollata di dosso con decisione e buttata dove le spetta: nel cesso.

Ad esempio in questo periodo la frustrazione e il senso di impotenza per quanto accade nel mondo

sono forme di sofferenza molto diffuse. Esse sono completamente inutili e dannose: se possiamo

fare qualcosa per gli altri o per il pianeta smettiamo di piangere e iniziamo a farlo oggi stesso; se

invece la nostra posizione non ci consente di fare qualcosa per il pianeta smettiamo di piangere e

facciamo qualcosa per chi ci circonda.

La sofferenza non è nostra, e questo vale per ogni genere di sofferenza, è sempre qualcosa che si

trova nell'atmosfera e che la nostra macchina assorbe fornendole nuova energia e rispedendola

nell'ambiente più forte di prima. Non è scritto da nessuna parte che dobbiamo soffrire quando ci

accade qualcosa. Si buttano via i pensieri inutili e si agisce; non si piange.

Mirare al sovranaturale

L'essere umano che nel momento in cui prova un'emozione negativa non si abbandona totalmente

ad essa, ma lotta per restare sveglio e presente, comincia a vincere le forze della natura di cui è stato

fino a quel momento inconsapevole schiavo.

Non perdersi completamente nell'emozione a una prima impressione potrebbe apparire come

qualcosa di innaturale e limitante per la libertà dell'essere umano. In realtà non si tratta di una

pratica innaturale, bensì sovranaturale, e chi vi si dedica lo fa perché è già divenuto consapevole

che la libertà per l'uomo che brancola nel sonno della coscienza non è mai possibile.

Continuare a sottostare a ciò che è naturale non può che trattenere l'uomo nell'ambito della

mediocrità. Compiere il sovranaturale lo eleva altresì a « Uomo Nuovo », con i poteri che gli

competono e la capacità di portare un reale aiuto all'umanità nei piani più sottili della realtà.

L'animale è totalmente succube delle leggi di natura, ma l'essere umano può, almeno in parte,

svincolarsi da esse. In fondo questo tentativo è stato il motore dell'intera storia evolutiva della

nostra civiltà. Scienza, arte, tecnologia, medicina sono il frutto degli sforzi dell'uomo indirizzati a

controllare una natura inesorabile. Ora è giunto il momento di imprimere una decisa accelerazione a

questo naturale processo evolutivo.

__________________

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LAVORO SULLE EMOZIONI NEGATIVE -

parte II

[43]Avete inteso che fu detto: Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico; [44]ma io vi dico:

amate i vostri nemici e pregate per i vostri persecutori, [45]perché siate figli del Padre vostro

celeste, che fa sorgere il suo sole sopra i malvagi e sopra i buoni, e fa piovere sopra i giusti e sopra

gli ingiusti. [46]Infatti se amate quelli che vi amano, quale merito ne avete? Non fanno così anche i

pubblicani? [47]E se date il saluto soltanto ai vostri fratelli, che cosa fate di straordinario? Non

fanno così anche i pagani? [48]Siate voi dunque perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste.

Mt 5,43-48

Gestione delle emozioni negative

Fino a ora siamo intervenuti nei momenti della giornata seguenti o precedenti le emozioni negative,

avvicinandoci sempre di più a esse, ma adesso si tratta di prendere di petto queste espressioni e

cercare di non manifestarle all'esterno. Non si tratta di non provarle, per ora non provarle non è

possibile; non siamo nemmeno in grado di cogliere l'attimo in cui l'emozione negativa nasce, quindi

cercare di non provarla per ora è fantascienza.

D'altronde se non provassimo emozioni negative, come potremmo usarle per creare sostanze nuove?

Trasmutare è il nostro scopo, non rifiutare o eliminare. Senza le emozioni negative verrebbe a

mancare l'indispensabile materiale per la nostra evoluzione, i metalli da cui far scaturire l'Oro.

L'alchimista che vuole trasmutare il piombo in oro, non prova certo odio o rifiuto verso il piombo,

tutt'altro, per lui è prezioso alla pari dell'oro stesso, in quanto sa che esso contiene in potenza il

metallo più nobile. La circostanza che si trovino in noi delle emozioni negative su cui poter lavorare

è pertanto una benedizione!

Possiamo però sforzarci (e ci accorgeremo presto di quanto non sia facile) di non far uscire

all'esterno l'emozione negativa - pur continuando a considerarla un aspetto prezioso di noi e non un

lato oscuro da schiacciare. Si tratta di tenerla dentro e osservarla, anziché darle libero sfogo urlando

in faccia a qualcuno la nostra rabbia. Si tratta di tenerla dentro e osservarla, anziché darle libero

sfogo pronunciando frasi o compiendo altre azioni che siano dettate dall'emozione negativa che

stiamo provando.

Questo è il senso del detto occulto "cavalcare la Tigre". E' indispensabile osservarsi attentamente

per cercare di capire in quali momenti stiamo parlando o agendo guidati dalla manifestazione di tali

emozioni. Quante frasi diciamo per rabbia, per invidia, per vendetta, per gelosia, per paura di essere

abbandonati, per paura di fare una brutta figura? Non manifestare l'emozione negativa significa non

parlare o agire come conseguenza di emozioni negative che non riusciamo a tenere dentro.

Non manifestarla significa cominciare a p o s s e d e r l a, a farla propria anziché continuare a

subirla. L'emozione negativa non è nostra e la sua manifestazione non è voluta da noi. Essa è

un'entità esterna a noi che ci possiede sfruttando la nostra attitudine a risuonare con lei. Se per

questioni karmiche dentro di noi esiste già una certa predisposizione alla rabbia allora il « demone

della rabbia » può entrare in risonanza con noi e prenderci, usarci per scaricarsi sul piano materiale.

Allora al fine di liberarci è imperativo che noi interveniamo coscientemente e decidiamo con tutta la

volontà di cui siamo capaci di essere noi a possedere lui. In questo modo acquisiremo il potere di

controllo su quel « demone », cioè su quella particolare « forza della natura », e ciò ci metterà a

disposizione nuovi poteri occulti utilizzabili per modificare magicamente la realtà.

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Per non manifestare le emozioni negative è necessaria una buona capacità di essere presenti e svegli

durante tutto l'arco della giornata; si tratta di collegare il ricordo di sé a queste emozioni. Risulta

infatti ovvio che per non manifestarle dobbiamo innanzitutto ricordarci di farlo. Se tutto nella nostra

vita scorre senza attenzione, inosservato, allora non trasmuteremo mai le nostre emozioni, bensì le

rafforzeremo nello stato in cui si trovano. Dobbiamo sforzarci di ricordarci di noi non appena ci

accorgiamo di essere preda di un'emozione negativa e fermarne immediatamente la manifestazione

esteriore.

Per molto tempo ancora non riusciremo a coglierla all'inizio, ma non è questo lo scopo della

presente fase del lavoro; per adesso lo scopo è sorprendersi nel bel mezzo della gelosia, della rabbia

o del desiderio di vendetta. Allora ci si può sforzare di smettere con la manifestazione esteriore

dell'emozione negativa e con i pensieri negativi a essa collegati.

L'emozione va fatta bruciare all'interno, nel « crogiuolo »! Il crogiuolo è il nostro Cuore in

embrione, prima che si trasformi totalmente in Lapis Philosophorum, cioè in una « pietra magica »

capace di trasmutare ogni bruttezza in Bellezza e ogni fastidio in Gioia. E' infatti possibile agire su

un'emozione negativa solo se si crea il giusto « ambiente mentale » e, soprattutto, se la si porta nel

Cuore, cioè se si comincia a osservarla con gli occhi dell'anima.

Lasciamo che il 'fuoco lento' crei il giusto attrito tra l'antico e il nuovo trasformando le vecchie

sostanze nelle nuove che ci sono necessarie. Riportare alla mente il differente modo di pensare

esposto nel precedente capitolo servirà a non giustificare l'emozione negativa e ci fornirà l'energia

necessaria a interromperla. Unicamente in tali condizioni esiste la possibilità che finalmente il

Cuore emerga; esso è al contempo causa ed effetto della trasmutazione. La macchina biologica è la

nostra officina alchemica.

Si tenga presente che certi piccoli fastidi saremo subito in grado di non manifestarli all'esterno, già

dall'inizio del nostro lavoro su noi stessi, mentre per quanto concerne le emozioni più pesanti la

prima fase del lavoro perdurerà forse per anni. Procedendo per tentativi distingueremo presto fra ciò

che siamo già in grado di gestire in una certa misura, ciò su cui possiamo lavorare 'a distanza'

appena ce ne ricordiamo (prima fase del lavoro) e ciò che per ora è meglio lasciar perdere perché

fuori dalla nostra portata.

In ogni caso lavorare con impegno sulle piccole cose ci fornirà l'energia giusta per lavorare in

seguito anche sulle manifestazioni più profonde e radicate. Il nostro obiettivo è accumulare energia

evitando inutili dispersioni. Molte emozioni negative possono essere semplicemente eliminate come

insetti fastidiosi, altre invece saranno usate quali sostanze per la trasmutazione in emozioni

superiori.

Giustificazioni

Una giustificazione molto usata riguardo le emozioni negative è: "Reprimere le emozioni è

dannoso, causa squilibri, e prima o poi queste esplodono tutte insieme."

Chiariamo subito cosa è la repressione. La repressione avviene in due casi principali:

1) quando noi vorremmo esprimere un'emozione ma non possiamo perché l'ambiente sociale ci

impedisce di farlo liberamente;

2) quando noi non riusciamo a esprimere le nostre emozioni perché non siamo capaci di farlo,

siamo così condizionati dalla paura interiore che le emozioni faticano a sgorgare da noi.

In entrambi questi casi la non-manifestazione delle emozioni è INVOLONTARIA: si vorrebbero

esprimere delle emozioni, ma non si può, e a volte non si confessa nemmeno a sé stessi questa

impossibilità. Noi però stiamo parlando di tutt'altro. Qui si tratta di un lavoro COSCIENTE: noi

operiamo con le emozioni negative all'interno di un contesto di lavoro su di sé, dopo aver compreso

la natura delle emozioni negative e la loro grande utilità per il nostro risveglio. Per tale motivo è

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essenziale creare dentro di noi un « ambiente mentale » dove tali manifestazioni non vengono più

giustificate e ricercate: "Ho capito che ne sono schiavo, che non sono io a decidere di provarle, che

loro mi usano, quindi voglio assumerne il controllo e sfruttarle".

Un uomo può lavorare su di sé solo volontariamente, come conseguenza dell'essersi accorto che per

lui è il modo migliore di affrontare la vita. Gli stessi comportamenti possono divenire dannosi

quando risultano inconsapevoli o imposti dall'esterno.

Un'altra giustificazione che contribuisce a tener vive le emozioni negative è la convinzione diffusa

che la loro causa sia esterna e non interna. Questo è forse l'ostacolo mentale più grosso da superare.

Gli uomini sono convinti che le loro emozioni abbiano origine all'esterno e che cambiando la

situazione esterna non proverebbero più quell'emozione negativa: "Mi sono arrabbiato perché lui mi

ha insultato" "Sto male perché il mio partner mi ha tradito" "Sono depresso perché il mondo fa

schifo e la mia vita fa schifo" "Quelle persone mi mettono in imbarazzo" "Sono infastidito da quella

persona così materiale e ignorante" "Odio la prepotenza" "Odio la guerra".

L'emozione negativa non riguarda mai la presenza o l'assenza di una particolare condizione,

altrimenti di fronte alla stessa condizione tutti avrebbero le stesse reazioni; essa riguarda invece la

struttura della nostra macchina, i suoi condizionamenti. Tutte le volte che giudichiamo sbagliato o

ingiusto qualcuno o qualcosa ci predisponiamo a un'emozione negativa. Se nei nostri vecchi e

radicati schemi di pensiero ci sono molte idee di 'ingiusto' e di 'sbagliato' allora proveremo molte

emozioni negative. La causa è nei nostri schemi, cioè nei nostri pregiudizi - i nostri giudizi

preconfezionati su fatti e persone - non certo negli eventi, i quali sono di per sé stessi sempre

neutrali.

Il nostro vecchio modo di vedere il mondo è l'unica causa della nostra sofferenza. Anche se

riusciamo a mutare la situazione esterna, ma i nostri schemi mentali rimangono gli stessi, prima o

poi ci creeremo intorno una situazione analoga dove proveremo sempre le medesime emozioni

negative.

Se il nostro partner si innamora di un'altra persona si possono verificare due situazioni:

a) se la nostra macchina ha registrato in sé un pregiudizio riguardo il tradimento, riterremo sbagliato

quell'evento e proveremo un'emozione negativa (rabbia, paura, desiderio di vendetta, ecc.);

b) se noi non siamo identificati con la macchina, bensì con il Cuore, proveremo le emozioni

superiori che corrispondono, nel Cuore, a quelle che erano negative nella macchina. Ad es.

proveremo gioia per il fatto che il partner si trova in una bella fase di innamoramento, invece di

provare odio perché è innamorato di un'altra persona, e proveremo eccitazione per un futuro da

single tutto da scoprire, invece che paura per essere rimasti soli.

Giustifichiamo con particolare forza la nostra emozione negativa quando a livello razionale siamo

dalla parte della ragione. Immaginiamo di stare attraversando la strada sulle strisce pedonali e con il

semaforo verde. Arriva un'auto pirata che passando con il semaforo rosso ci sfiora e ci fa cadere sul

selciato; a un nostro accenno di protesta l'autista si ferma, grida che il semaforo era verde per lui, ci

insulta e riparte.

Perché in questo caso l'emozione negativa che inevitabilmente proviamo è più forte del solito?

Perché la giustifichiamo di più. Il fatto che la nostra percezione di giusto/sbagliato sia suffragata dal

codice della strada, che è oggettivo, rende tale percezione più profonda, ma non per questo essa è

meno fasulla.

La divisione giusto/sbagliato è fasulla, perché nella creazione non ci sono errori, non possono

esistere persone oggettivamente sbagliate. Il concetto di errore è un parto della nostra mente e della

sua visione alterata, non sintetica, non animica dell'universo. Vecchi e stupidi schemi di pensiero

che ci fanno odiare chi non rispetta le regole o chi è aggressivo, ci costringono a trascorrere ore

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dentro emozioni negative che vanno dalla rabbia al senso di impotenza e dentro immaginazioni

negative in cui pensiamo a cosa avremmo potuto fare a "quel criminale per dargli una lezione".

'Dare una lezione a qualcuno' è proprio una delle giustificazioni più utilizzate dalla mente: "Se

qualcuno non gli dà una lezione e non gli fa capire che sbaglia, lui continuerà a sbagliare", e questo

qualcuno che deve fargli capire che sbaglia siamo sempre noi!

L'educazione degli altri non ci deve interessare, almeno fino a quando non avremo trasmutato la

nostra rabbia in un'emozione superiore, allora avremo la giusta lucidità e sapremo cosa fare per

agire nel mondo. Il discernimento è una qualità che acquisiremo grazie al costante lavoro di

espansione della coscienza.

Il fastidio verso chi è aggressivo o verso chi non rispetta le regole è qualcosa che riguarda

esclusivamente noi, è una nostra caratteristica, uno schema attraverso cui guardiamo il mondo; il

pirata della strada non c'entra niente con quello che noi proviamo, lui fa ciò che può fare in base

agli schemi della sua personalità e muovendosi in linea con gli obiettivi del sua personale percorso

evolutivo - che è differente dal nostro - e non deve certo chiedere il permesso a noi per agire.

Quando vediamo qualcosa di sbagliato e stiamo male per questo, non dobbiamo chiederci quale è la

causa, esterna o interna che sia, di questa sensazione, ma solo concentrarci sul nostro stare male,

sull'emozione negativa e agire su questa riportando alla mente un nuovo modo di pensare. Chi ha

ragione e chi ha torto non ci deve interessare; cosa sia giusto e cosa sbagliato non ci riguarda. Noi

non siamo giudici, stiamo compiendo un lavoro di trasformazione e solo questo deve occupare la

nostra mente.

Mai cadere nelle giustificazioni scontate: "Questa è proprio un'ingiustizia, chiunque al mio posto si

sarebbe arrabbiato". La giustificazione va nella direzione opposta al risveglio e non crea il giusto

attrito utile a edificare un nuovo corpo. Teniamo sempre bene a mente il nostro scopo e non

lasciamoci distrarre dagli eventi mondani.

Emozioni superiori

Lavorando su di sé in maniera onesta si giungerà prima o poi a cogliere l'emozione sul nascere e a

sostituirla con un impeto d'amore. Allora quando sentiremo un insulto provenire da qualcuno, noi

saremo svegli e presenti, pronti a spostare il nostro centro di consapevolezza nel Cuore per cogliere

lo stimolo esterno attraverso i nostri nuovi sensi, provando così una nuova emozione superiore,

qualcosa che appartiene alla sfera della Gioia e dell'amore invece che alla sfera della rabbia e

dell'angoscia.

Questa è la trasmutazione del piombo in oro, la realizzazione della Grande Opera: un'emozione

negativa viene colta all'origine e attraverso un atto di volontà/amore viene immediatamente

trasmutata in perdono, compassione, commozione... Un Uomo Nuovo fa sentire i suoi primi vagiti.

Il binario attraverso cui fino a oggi abbiamo colto qualcosa che credevamo sbagliato, diviene

immediatamente canale di conoscenza del Cuore, il 'centro emotivo superiore', il nostro Lapis

Philosophorum; l'emozione negativa in un istante si trasmuta in emozione superiore e a noi si

spalanca la Bellezza nascosta in quello che prima interpretavamo falsamente come un insulto.

Abbiamo conosciuto attraverso il Cuore. L'amore ha prevalso sulla separatività. Per la prima volta

abbiamo deciso con consapevolezza di conoscere attraverso l'amore invece che per mezzo della

mente e ci si è dischiuso uno spicchio di realtà. Abbiamo il controllo sul « demone » di

quell'emozione: egli è ora ai nostri ordini e noi non lo siamo più ai suoi. Nuovi poteri magici sono

in nostro possesso.

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34

Se vogliamo che ciò avvenga sempre più spesso dobbiamo assaporare con tutto il nostro essere

questi momenti. Dobbiamo nutrirci di queste emozioni superiori. Fare in modo che rimangano

registrate dentro di noi. In seguito sarà impossibile cercare di descriverle con la mente, ma i nostri

atomi ricordano... e ricordano bene.

Il Cuore nulla ha da spartire con il sentimentalismo; esso è l‟organo dell’intelligenza, facoltà

esclusivamente spirituale, non mentale. Il Cuore è l'« intelletto d'amore », per usare un'espressione

dantesca, e ci dà la conoscenza oltre l'illusione, ci consente di intuire e di creare. Il Cuore ci rende

geni.

Le emozioni superiori non possono però venire affrontate come le altre fasi del processo alchemico.

Mentre all'inizio l'aspirante, sia esso maschio o femmina, si getta nel lavoro in maniera irruente,

pronto a qualsiasi sforzo, con l'intento di « cavalcare la Tigre », adesso è tempo di cambiare

atteggiamento. Il maschile deve fondersi con il femminile a formare l'« androgino ».

L'emozione superiore non può essere provocata con lo sforzo e con il desiderio, essa può

unicamente venire attesa in uno stato di raccoglimento interiore e accolta nel momento in cui

giunge. L'apertura del Cuore implica uno stato passivo, negativo e ricettivo: il Regno dei Cieli non

viene più penetrato, bensì accolto nel proprio « utero ».

Ciò non significa che il Mago debba rinunciare alle sue caratteristiche di guerriero - tutt'altro - ma

solo che egli combatterà con un'irruenza maschile sostenuta da un'energia femminile entrostante. La

sua lotta esteriore sarà una danza interiore.

Quanto detto non comporta alcuna differenza fra l'alchimista maschio e l'alchimista femmina, in

quanto si sta trattando di energie e non di aspetto fisico.

Un Cuore aperto rappresenta una incredibile e preziosa forza, capace da sola di dare origine a una

"nuova vita", quale è appunto il corpo dell'anima. Come si è già detto il Cuore è insieme causa ed

effetto della trasmutazione. Le emozioni superiori sono la conseguenza della cristallizzazione del

corpo dell'anima, ma allo stesso tempo ne sono la causa: ogni attimo di commozione, ogni

esplosione di Gioia o impulso al perdono costruiscono il « corpo di gloria ».

Quando noi cominciamo a padroneggiare le energie interiori invece che essere i loro burattini,

possiamo accumularle e poi indirizzarle coscientemente all'esterno. I « demoni » sono sotto i nostri

piedi. L'insegnamento, la guarigione, l'attività artistica e la lotta contro le forze involutive presenti

sui piani sottili sono le principali vie attraverso cui si possono veicolare tali energie. Allora

evolviamo alla velocità della luce e acquisiamo poteri sovranaturali straordinari. Diveniamo cioè

veri Maghi. L'uomo che riesce a vincere e ad acquistare potere sulla propria personalità

(tradizionalmente simboleggiata dal Serpente o dal Drago) può vincere anche sulle leggi della

natura: guarigione da ogni malattia, sospensione dell'invecchiamento, chiaroveggenza, telepatia,

preveggenza, immortalità, capacità di viaggiare in astrale, trasmutazione dei metalli ecc.

In conclusione vorremmo rammentare ciò che è stato detto all'inizio del capitolo "Le emozioni

negative", dove facevamo notare che la costruzione del corpo dell'anima e l'identificazione con il Sé

si conseguono attraverso due vie:

1) trasmutando le emozioni negative, che ci sottraggono energia e fino a oggi hanno preso il posto

delle emozioni superiori;

2) nutrendosi di emozioni superiori, cioè, in ultima analisi, di ogni sfumatura dell'amore.

Le vie vanno intraprese entrambe perché sono interdipendenti. Una non ha senso senza l'altra.

Il primo « fuoco » a disposizione dell'alchimista è quello del ricordo di sé, il quale permette di

aprire con violenza una breccia nell'addormentamento umano e di creare il giusto attrito fra l'innata

tendenza a dormire della macchina biologica e il desiderio di risveglio dell'anima. Il secondo «

fuoco » è quello dell'amore: questo è il fuoco più potente, quello che brucia ogni scoria e permette

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la completa trasmutazione del piombo in oro.

La via delle emozioni superiori implica anche il nutrirsi di arte, ogni genere di arte che si ritiene sia

in grado di elevare le nostre vibrazioni e di aiutare l'apertura del Cuore - fruire dell'arte ma anche

produrre arte. Nutrirsi di emozioni superiori significa pure ricercarle nella vita quotidiana: nei gesti,

nelle parole e negli sguardi degli altri. Tutti noi siamo già capaci di provare delle emozioni

superiori, ma questi brevi istanti vengono spesso soffocati dalle emozioni negative e si confondono

con esse (l'amore che diventa gelosia, la compassione che diventa pietà, la potenza che diventa

orgoglio...), oppure passano inosservati e classificati come sporadici 'momenti di commozione'.

Incredibilmente molti si vergognano dei momenti di commozione oppure credono che perdonare

qualcuno sia una manifestazione di debolezza anziché di estrema forza. Invece è indispendabile al

lavoro alchemico abituarsi a vivere nel perdono e nella compassione mantenendole vive e

coltivandole come preziosi gioielli. Un'emozione superiore è effetto dell'apertura del Cuore e causa

di ulteriore apertura del Cuore. Una sola emozione superiore provata davanti a un quadro, a una

melodia o alla malattia di qualcuno, vale quanto anni di faticoso lavoro su di sé.

Chi vuole accelerare il proprio progresso dovrebbe tener conto di ciò. Spesso infatti si impiegano

tutte le proprie energie nel lavoro di trasmutazione delle emozioni negative condotto con impegno

giorno dopo giorno, e poi ci si lascia sfuggire l'occasione di compiere in una volta sola una

trasmutazione di proporzioni eccezionali semplicemente abbandonandosi alla commozione di fronte

a un'opera d'arte o perdonando qualcuno che, a nostro parere, ci ha fatto un torto.

Le emozioni superiori non ci sono quindi sconosciute, ma nell'uomo comune sono sporadiche e

affidate al caso. Il lavoro su di sé consente di provocarle coscientemente ogni qualvolta lo si vuole,

fino al punto di poter guardare ogni cosa attraverso i loro occhi.

Le operazioni descritte in questa sezione del sito (osservazione di sé, gestione di immaginazione

negativa ed emozioni negative, immersione nelle emozioni superiori) rappresentano la struttura

portante dell'intera Opus Magna, dai primi passi fino all'Opera al Rosso. Ogni altra pratica è

coadiuvante, ma non fondamentale, per l'ottenimento delle qualità dell'alchimista.

Testi sull'argomento: OFFICINA ALKEMICA - l'Alchimia come via per la felicità incondizionata Salvatore Brizzi, Antipodi Edizioni (2006) IL POTERE DELLA KABBALAH Yehuda Berg, Tea, Milano 2005 (2004) L'APERTURA DEL CAMMINO Isha Schwaller de Lubicz, Edizioni Riza, Milano 1999 (1985) LA QUARTA VIA P.D. Ouspensky, Astrolabio-Ubaldini, Roma 1974 (1921-1946) LA MACCHINA BIOLOGICA UMANA E. J. Gold, Edizioni Crisalide, Spigno Saturnia (LT) 1999 (1991)

La trasmutazione della sostanza emozionale

Poi l'Eterno Iddio disse: "Ecco l'uomo e' diventato come uno di noi, quanto a conoscenza del bene

e del male. Ma ora, che egli non stenda la mano e prenda anche il frutto dell'Albero della Vita, e ne

mangi e viva per sempre."

Così Egli scaccio' l'uomo, e pose a oriente del giardino d'Eden i cherubini, che vibravano da ogni

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parte una spada fiammeggiante, per custodire la via all'Albero della Vita.

Gen 3,22-24

Compiendo uno sforzo di concentrazione contro la meccanicità dell‟immaginazione negativa e delle

emozioni negative, stiamo lavorando a livello alchemico. La ferma Volontà del « testimone » di

percepire il mondo in maniera differente sviluppa attrito contro la volontà dell‟apparato psicofisico

di continuare a pensare come ha sempre fatto. Questo attrito è un Fuoco che agisce sulle sostanze

presenti nella macchina biologica, per crearne di nuove, che vanno a costruire il « corpo astrale » e

il « corpo di gloria ».

Il termine Nigredo, o Opera al Nero, sta proprio a indicare l‟annerimento, la « cottura » delle

sostanze che compongono la natura animale. Grazie all‟emergere di un « testimone » distaccato, gli

aspetti più grossolani della macchina biologica non vengono più alimentati e vanno in putrefazione

(termine alchemico).

Le vecchie sostanze vengono incenerite, e da queste ceneri nascono nuove materie. Le materie

sottili che emergono da questo processo formano i corpi sottili, l‟Uomo Nuovo.

L‟anima non è un concetto astratto, ma qualcosa di fisico, sebbene di una fisicità molto sottile e per

noi intangibile. Possiamo quindi parlare di « corpo dell'anima » come di un fenomeno perfettamente

reale. Compiendo un lavoro alchemico, ci identifichiamo sempre di più con l‟anima e allo stesso

tempo stiamo costruendo il suo corpo sottile, il « corpo di gloria », quello attraverso cui

percepiremo il mondo quando saremo entrati nello stato di coscienza del Regno dei Cieli.

Se, ad esempio, la nostra macchina biologica sta provando rabbia, ciò vuol dire che essa è pervasa

dalla “sostanza” della rabbia, cioè da un aggregato di atomi con una certa struttura. Oltre che

manifestarsi sul piano emotivo, questa sostanza agisce anche a livello mentale – dove prende la

forma dell‟immaginazione negativa – e a livello fisico – dove provoca varie alterazioni in ambito

ormonale, circolatorio e muscolare.

Se noi cerchiamo di ostacolare tali manifestazioni della rabbia, osservandole in maniera distaccata e

imponendoci un nuovo modo di ragionare, creiamo una certa dose di attrito; questo è un «fuoco»

che agisce sulla sostanza della rabbia e fa in modo che si produca da essa una differente materia,

che si cristallizza nell‟anima. Il «fuoco» cuoce gli atomi della sostanza grossolana e modifica la loro

struttura.

Questo mutamento strutturale dei nostri atomi è anche conosciuto come «redenzione della materia».

Per il fatto di appartenere alla macchina biologica di individui che nel corso della loro vita stanno

praticando un lavoro di trasformazione interiore, questi atomi vengono cambiati per sempre.

La «cottura» o l‟incenerimento, a cui si fa riferimento nei testi alchemici riguarda proprio questo

processo. Il presupposto teorico – verificabile sperimentalmente – è che le nostre emozioni non

siano "enti astratti" privi di consistenza – come alcuni studiosi oltraggiosamente stupidi si ostinano

a pensare – ma sostanze fisiche composte di atomi, la cui struttura può venire modificata

coscientemente.

Questa "nuova materia" è molto più sottile e delicata di quella da cui ha avuto origine. Essa quindi

si cristallizza – si fissa, per usare un termine alchemico – non nel nostro apparato psicofisico, dove

si trovano la rabbia e le altre emozioni grossolane, bensì nel "corpo dell‟anima". In questo corpo

etereo e impalpabile, la nuova sostanza, risultante dalla rabbia, dà origine a un "senso dell‟anima".

Così come l‟apparato psicofisico, anche l‟anima ha i suoi sensi, attraverso i quali percepisce il

Regno dei Cieli invece che il mondo illusorio. Questi sensi sottili sono fabbricati con la sostanza

ricavata dalle emozioni negative, quando vengono trasmutate in emozioni superiori.

Notiamo, a questo punto, che il lavoro di trasformazione interiore non è un lavoro psicologico,

morale o spirituale, bensì un processo squisitamente fisico, che si produce attraverso la creazione di

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sostanze che sono fisiche e di corpi che sono fisici – anche se appartengono a una fisicità meno

grossolana di quella che siamo abituati a misurare con i mezzi comuni.

Testi sull'argomento:

OFFICINA ALKEMICA - l'Alchimia come via per la felicità incondizionata

Salvatore Brizzi, Antipodi Edizioni (2006)

___________________

L'apertura del Cuore

[34]Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri; come io vi ho amato, così

amatevi anche voi gli uni gli altri. [35]Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete

amore gli uni per gli altri.

Gv 13,34-35

Il principale compimento del lavoro magico/alchemico consiste nell'apertura del Cuore. Questa

esperienza è comunemente nota come « illuminazione » o « salvezza ».

E' bene sapere che TUTTI i nostri problemi derivano esclusivamente dall'aridità del nostro Cuore,

cioè dalla mancata apertura di questo. Problemi di denaro o di salute, difficoltà a trovare il lavoro

più adatto o il partner giusto, incapacità di farsi accettare e senso di inadeguatezza... nessuno di

questi fenomeni ha la sua fonte all'esterno di noi: ogni difficoltà origina al nostro interno ed è

sempre causata dalla durezza del Cuore, cioè dall'incapacità di vivere in uno stato di

innamoramento.

Aprire il Cuore significa entrare in una dimensione di complicità rispetto al mondo. Le altre persone

smettono di essere fonte di paura, sospetto, ansia... e divengono nostre complici. Fra noi e gli altri si

stabilisce una sottile intesa, un senso di intima fiducia che è completamente indipendente da ciò che

loro stanno pensando di noi.

La trasmutazione della paura in fiducia riguarda un cambiamento che avviene nel nostro Cuore e

non ha nulla da spartire con il comportamento delle altre persone. Noi non conosciamo mai gli altri,

non ne abbiamo facoltà; semplicemente ci costruiamo un'immagine mentale di loro e interagiamo

con quella. Quando il Cuore si apre strappiamo questa immagine e ci lasciamo invadere dall'anima

dell'altra persona, percepiamo direttamente la sua essenza senza più alcun filtro. Ecco che

inevitabilmente scaturisce l'amore. Non possiamo più fare a meno di innamorarci del mondo e di

ogni suo abitante.

Muoversi in ufficio, sull'autobus, al supermercato, in tangenziale... con il Cuore aperto, significa

essere continuamente travolti dalla Bellezza delle persone e delle situazioni. Ci si sente protetti, al

caldo, fra le braccia dell'esistenza... a casa propria. Quale magnifica sensazione camminare per

strada sentendosi sempre a casa propria, perennemente circondati da sconosciuti amici! Quale

benessere psicofisico può scaturire dal non dover temere nessuno, dalla certezza che niente di

negativo può mai accaderci!

L'amore, la fiducia e la serenità interiore non nascono come conseguenza di azioni che qualcuno

compie nell'ambiente intorno a noi. Nessuno deve fare o non fare qualcosa per consentire che noi ci

sentiamo più innamorati o più al sicuro. Non è grazie al sorriso di qualcuno che diverremo più

innamorati e non è aumentando i dispositivi di sicurezza nei luoghi pubblici che ci sentiremo più

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sicuri. Il nostro grado di fiducia, sicurezza e amore possiamo deciderlo noi... adesso, senza dover

mutare alcuna condizione esterna.

Per fare ciò dobbiamo avere il coraggio di andare per il mondo con in Cuore aperto. Allora, e solo

allora, vivremo in un mondo sicuro, pieno di armonia e pace... anche se gli altri continueranno a

vedere la guerra e la sopraffazione. L'illusione di « maya » ci tiene prigioniero il Cuore e lo farà

fino a quando non avremo sviluppato occhi per vedere.

Aprire il Cuore significa cominciare a galleggiare nell'amore... vibrare a un'altra velocità e spostarsi

nel mondo senza mai uscire da quella calda vibrazione. Sentire ardere il Sacro Fuoco interiore lungo

ogni momento della giornata. Un elevato livello di amore può dare vertigine e stordimento: non è

sentimentalismo, ma qualcosa di tangibile e concreto che produce uno straordinario effetto sulla

macchina biologica.

L'eccesso di amore può addirittura bruciare. L'amore rappresenta il principale e più potente fuoco

dell'alchimista - ancor più del ricordo di sé - che permette di « trasmutare il veleno in farmaco »,

cioè ogni emozione negativa in emozione superiore. L'amore tenuto costantemente acceso conduce

con certezza all'immortalità.

__________________

il Fuoco

Voi siete il sale della terra; ma se il sale perdesse il sapore, con che cosa lo si potrà render salato?

A null'altro serve che ad essere gettato via e calpestato dagli uomini.

Voi siete la luce del mondo; non può restare nascosta una città collocata sopra un monte, né si

accende una lucerna per metterla sotto il moggio, ma sopra il lucerniere perché faccia luce a tutti

quelli che sono nella casa. Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le

vostre opere buone e rendano gloria al vostro Padre che è nei cieli.

Mt 5,13-16

E' innanzitutto indispensabile comprendere che l'uomo, al pari di ogni altra creatura, non esiste "a

caso " e non è libero di fare ciò che vuole. L'intera vita di un uomo rappresenta una delle

innumerevoli tessere dell'inconcepibile mosaico che è il Piano Divino. La completa realizzazione

interiore dell'essere umano coincide unicamente con la sua capacità di comprendere e di adeguarsi a

tale Piano. Egli può anche esprimere il suo libero arbitrio disinteressandosi alla missione che gli è

propria, ma, al di fuori del Progetto del Grande Architetto, l'uomo diventa una scheggia impazzita

destinata a vivere soffrendo... e condannata a morire.

Ogni individuo, nascendo, eredita un destino personale che è direttamente connesso alla sua storia

passata: questa è la « croce » che gli spetta di portare. Egli deve migliorare il suo carattere e

sviluppare emozioni superiori, incontrando persone e vivendo situazioni che gli permettono al

contempo di esaurire il suo karma. Parte della vita di ogni uomo sarà quindi orientata a portare a

compimento le conseguenze delle azioni intraprese nelle esistenze passate, siano esse buone o

cattive.

Ma, oltre alla sua personale « croce », ogni uomo dovrebbe assumersi la responsabilità di prendere

su di sé parte del carico del mondo, contribuendo coscientemente, insieme ai suoi simili, alla

realizzazione del Piano Divino. Nel Vangelo è scritto: "Se qualcuno vuol venire dietro a me,

rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua." (Lc 9,23) Rinnegare se stessi

significa smettere di pensare ai mille problemi legati alla propria personalità. Prendere la propria

croce significa cessare di lamentarsi e di chiedere aiuto per la soluzione di questi problemi. L'uomo

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che prega i Maestri affinché questi lo aiutino a risolvere le sue difficoltà con il partner, i soldi, il

lavoro... si sta rifiutando di prendere la sua croce. La vuole mettere sulle spalle di qualcun altro.

Sempre nel Vangelo è scritto: "Venite a me, voi tutti, che siete affaticati e oppressi, e io vi ristorerò.

Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete

ristoro per le vostre anime. Il mio giogo infatti è dolce e il mio carico leggero." (Mt 11,28-30)

Questo è un invito a partecipare al Piano Divino. Chi è affaticato e oppresso dai suoi crucci

personali, sarà ristorato in seguito alla decisione di dedicarsi interamente, di « sacrificarsi » (=farsi

sacro) a uno scopo superiore.

Il messaggio dei Maestri è: non occupatevi dei problemi relativi alla personalità - conseguenza delle

mille sfaccettature del karma -, non sprecate energia nel pensare ad essi, dedicatevi invece con tutta

l'anima a servire il Piano Divino; come conseguenza riceverete dall'alto fiumi di Gioia e Amore... e

le vostre preoccupazioni si scioglieranno al calore del Sole. Chiunque abbia intrapreso la strada del

« servizio » può testimoniare questo risultato. Egli è nel mondo, ma non è più del mondo.

Uno degli aspetti fondamentali del Progetto prevede la spiritualizzazione della materia. L'alchimista

occidentale intende percorrere un processo di « imitatio Christi » che conduce alla redenzione della

materia. Egli si apre alle forze del Cielo per consentire la discesa del Fuoco - lo Spirito Santo - nella

carne; la sua carne e al contempo la carne del mondo, cioè la materia in senso più generale.

In antitesi a quanto usualmente si crede, il vero « potere » non abita nello Spirito, bensì nel Corpo, e

quindi al Corpo si deve obbligatoriamente tornare per concludere l'Opera. Nel Corpo sono l'origine

e la fine, nel Corpo è custodito il « segreto ».

Durante la Piccola Opera - i Misteri Minori - cioè la fase ascendente del percorso alchemico,

l'alchimista mette a tacere la natura inferiore (nigredo) e spicca il volo verso il Cielo (albedo), ma

una volta giunto nel Regno dei Cieli deve proiettarsi ancora oltre, identificarsi con il Tutto, la

Materia Prima, per discende a redimere e cristificare la carne (rubedo) - innalzandola (Grande

Opera o Misteri Maggiori).

Si tenga presente che una piccola Opera al Rosso si verifica ogni qualvolta l'alchimista si identifica

con l'Assoluto e permette al Fuoco di attraversarlo.

Gli atomi che, in tali occasioni, vanno ad aggiungersi al «corpo di gloria» in costruzione sono di

due tipi:

a) quelli che, grazie ai nostri sforzi, hanno mutato la loro struttura, passando così dal mondo della

personalità a quello dell‟anima; (Albedo) (Piccola Opera)

b) quelli che, grazie al verificarsi di un‟emozione superiore, discendono su di noi direttamente dal

Regno dei Cieli. (Rubedo) (Grande Opera)

Infatti, tutte le volte che esprimiamo un‟emozione superiore, stiamo aprendo un «varco» che

permette allo Spirito dimorante nel Regno dei Cieli di riversarsi in noi.

Ci troviamo nel punto d‟incontro fra Piccola e Grande Opera: quando la quantità di atomi

trasformati raggiunge un certo livello (fase Albedo), l‟emozione superiore che ne deriva ci consente

di accedere a una fonte superiore (fase Rubedo).

Prima ci siamo distaccati dall‟emozione negativa, iniziando a considerarla come un oggetto su cui

lavorare. (Nigredo)

Poi siamo riusciti a trasmutarla in un'emozione di gioia. (Albedo)

Quindi ora ci spingiamo fino a "toccare" Dio, lasciandoci trasmutare dal Suo Fuoco. (Rubedo)

Il segreto per far discendere lo Spirito Santo risiede nel porsi completamente al Suo servizio col fine

di soccorrere l'umanità, senza manifestare più alcun desiderio personale. È il desiderio del «

suicidio occulto », l'annullamento del proprio Io nel Tutto.

Ciò può essere compiuto al meglio a partire dal momento della realizzazione dell'Opera al Bianco,

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poiché è proprio da quello stato di coscienza extracerebrale che l'uomo può fungere da perfetta

Coppa del Graal pronta ad accogliere il Fuoco che scaturisce dal Centro del Sole.

Ecco quanto avviene nel corso di tale operazione magico/alchemica. Una volta tranquillizzati i

cinque sensi del corpo, l'alchimista si dispone nello stato d'animo suscitato dal "sentire

interiormente" le frasi evangeliche:

"Non sia fatta la mia, ma la Tua volontà." (Lc 22,42)

"Mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha mandato e compiere la Sua opera." (Gv 4,34)

Egli si proietta verso il Cielo, accostando la sua coscienza a quella dei Maestri o a Dio stesso. Per

fare ciò, oltre a rendere immobili i tre veicoli inferiori (fisico, emotivo e mentale), è indispensabile

che "allinei" i centri superiori: il Cuore, la Gola, il Terzo Occhio e il Coronale. A tale scopo può

immaginare una linea di luce che salendo lungo la spina dorsale li attraversa tutti fino a uscire dal

centro Coronale, in cima alla testa, per collegarsi ai Maestri. Con il tempo, acquisita una certa

abilità nel rimanere fermo in questo stato di meditazione, la coscienza dell'alchimista si ritira dai

veicoli inferiori per essere rapita nell'anima.

Allora, in risposta a questa « invocazione », il Fuoco discende e invade i corpi sottili: dapprima

agisce sui corpi mentale, astrale ed eterico, poi da questi può essere indirizzato verso il corpo di

carne al fine di operare anche qui la trasmutazione. Ogni singola particella, fino all‟ultimo atomo di

calcio delle ossa, viene rimpiazzata da una nuova particella mediante un processo fisiologico

misurabile scientificamente. La legge dell‟Attrazione richiama atomi antichi, con una maggiore

frequenza vibratoria, e respinge quelli più "giovani" e meno evoluti (Legge di Repulsione),

obbligandoli a cercare altrove nuovi centri di attrazione. Così, mentre la coscienza si espande e

ascende, altri atomi di un ordine più elevato e dimoranti sul piano spirituale rimpiazzano quelli

vecchi. (si veda a proposito: "Il diario di un alchimista" di Douglas Baker)

Nella Grande Opera non avviene più una trasformazione degli atomi di cui sono composte le

sostanze grossolane della macchina biologica, come accadeva nella Piccola Opera; si verifica

invece la loro sostituzione. Ogni singola particella viene rimpiazzata da una nuova, appartenente

alla sfera dello Spirito Santo.

Sostituire gli atomi, anziché mutare la struttura di quelli già esistenti nella personalità, rappresenta

un‟altra forma di «redenzione» della materia.

Irradiazione

Ogni alchimista può reggere una differente quantità di Fuoco che varia col variare della sua apertura

di coscienza, cioè la sua attitudine a rendersi servo dello Spirito.

A causa del processo di « discesa dello Spirito Santo », nel corso della sua vita quotidiana

l'alchimista diviene ora un accumulatore di Fuoco capace di « irradiare » tale forza intorno a sé.

L'ambiente che lo circonda e le persone con cui interagisce - per il solo fatto di trovarsi nel suo

raggio d'irradiazione - vengono sottoposti al medesimo procedimento alchemico, sebbene con

minore intensità e sempre secondo le qualificazioni di ciascuno.

L'alchimista non lavora solo per sé, ma per la Terra. La materia dell'intero pianeta cambia la sua

frequenza vibratoria per sempre ogni qualvolta un singolo uomo si fa canale dello Spirito. È come

se il Sole stesso approfittasse di un corpo per penetrare nella materia e da qui irradiare verso

l'esterno.

La conseguenza di ciò è la risurrezione nel Corpo. A questo punto l'immortalità della carne è

ottenuta. Il Mago può conservare il suo corpo fisico attuale oppure, a imitazione di Cristo,

abbandonarlo e costruirne un altro. Tenendo la mente fissa sull'immagine del nuovo corpo da

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creare, opera con la materia al fine di attirare a se‟, come fa una calamita, gli atomi necessari a

fabbricare il nuovo involucro atto a manifestarsi nell'ambiente planetario.

La potente irradiazione ignea del Mago sta alla base del concetto di « iniziazione per trasmissione »

o "trasmissione diretta fra Maestro e allievo". Non è infatti possibile conseguire alcunché di

definitivo solo attraverso la lettura di scritti e l'applicazione solitaria dei loro contenuti; questi sono

indispensabili nell'opera di diffusione dell'Arte e nell'indirizzare l'aspirante sul corretto sentiero, ma

non possono, da soli, condurlo oltre un definito limite. A un certo punto del suo lavoro, il neofita

deve porsi sotto l'influenza di un Mago/Alchimista più avanzato di lui, affinché si operi

l'irradiazione diretta « da Cuore a Cuore », pena l'arrestarsi inesorabile del suo cammino.

Scopo futuro di ogni alchimista resta comunque il poter attingere il Fuoco direttamente dal Tutto,

attraverso la completa identificazione con esso, senza dover più usufruire di iniziati di vario grado

che fungano da mediatori. Quando il suo ego è spazzato via, potrà infatti accedere in linea diretta al

Fuoco Solare.

Il compito del Mago è annullare se stesso per ricevere lo Spirito Santo dalla sorgente solare e

ritrasmetterlo agli uomini che sono sotto la sua influenza. Ciò può esser compiuto dedicandosi

all'arte, alla guarigione e all'insegnamento.

Il Mago esperto - proseguendo nel suo percorso di « imitatio Christi » - può regolare la direzione e

l'intensità del Fuoco che lo attraversa e decidere di veicolarlo in maggiore quantità verso un

individuo piuttosto che un altro, dopo aver valutato le possibilità di ognuno di fungere a sua volta

da irradiatore di Fuoco nel suo ambiente. Pertanto, egli si preoccuperà di inviarne maggiormente

verso coloro che più sentono il desiderio di servire, tenendo sempre in considerazione le rispettive

capacità di assimilazione e ridistribuzione. Egli potrà anche spingerlo nei chakra appropriati a

seconda delle particolari necessità del singolo.

A causa di una predisposizione naturale, succede talvolta che l'alchimista inizi a ricevere dentro di

sé il Fuoco già molto presto a partire dal momento in cui si "mette all'Opera", o addirittura prima

ancora di aver inziato il lavoro alchemico o un qualunque altro percorso spirituale; spesso il

fenomeno comincia spontaneamente in giovane età. In tali circostanze la natura inferiore non è

ancora stata purificata e per l'individuo risulta piuttosto complesso tenere a bada la sua personalità,

anche perché, nella maggior parte dei casi, non ha idea dei motivi occulti per cui si accentuano in

lui determinati aspetti del carattere. Comportamento irrequieto, aggressività, sensualità spinta e

"fuori dalla norma" e atteggiamenti ribelli si annoverano fra le più frequenti manifestazioni esteriori

dell'accumularsi del Fuoco in un individuo. Si tenga però presente che l'apparire di tali sintomi non

è sempre riconducibile a quella causa elevata.

Trattenere per sé il Fuoco costituisce un comportamento suicida. Esso va espresso in qualunque

attività che implichi un servizio agli esseri umani: guarigione, insegnamento e realizzazione di

opere artistiche sono solo alcune fra le occupazioni possibili. Lo Spirito deve costantemente

circolare, altrimenti esso si accumula nell'individuo e consuma la forma che lo contiene. Se

Prometeo ruba il Fuoco agli dei è solo per donarlo agli uomini; tenerlo per sé stesso significherebbe

condannarsi a bruciare stupidamente.

Uno degli usi possibili del Fuoco - in particolare in questo periodo storico - è la "battaglia per la

Terra", cioè la lotta contro le forze involutive rappresentate dai Maghi Neri. Un Mago, sia esso

bianco o nero, è in grado di muoversi agevolmente sui piani spirituali, dove si consumano

quotidianamente titanici scontri fra le « forze della luce » e le « forze dell'ombra » che non hanno

nulla da invidiare alle più spettacolari scene dei film di fantascienza o fantasy.

Il bisogno di nuovi esseri umani capaci di canalizzare il Fuoco è così pressante che quando un

aspirante è pronto - e ciò può essere facilmente visto dall'aspetto dei suoi corpi sottili - e manifesta

le qualificazioni necessarie per svolgere tale compito, viene immediatamente contattato dai Maestri

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della Gerarchia che - qualora lui dia la sua volontaria disponibilità - lo arruolano fra le schiere dei

combattenti per la liberazione della Terra.

L'aspetto femminile del lavoro alchemico

Mentre la Piccola Opera che costituisce le prime fasi del processo manifesta una modalità operativa

caratterizzata da un'energia prettamente maschile, l'Opera finale è invece intrisa di energia

femminile... la forza del futuro.

Il praticante infatti all'inizio non può che concentrarsi sullo sforzo di migliorare, di risvegliarsi, di

uccidere la sua natura inferiore. Facendo questo esprime lo stato d'animo di qualcuno che vuole

penetrare nel lavoro alchemico e in un nuovo stato di coscienza; egli mira a "prendere il regno dei

cieli con la violenza".

Ma se non vuole che il suo percorso si arresti miseramente, a un certo punto deve mutare

radicalmente atteggiamento nei confronti del lavoro alchemico. Deve cominciare a farsi ricettivo, ad

accogliere dentro di sé... per trasformarsi nella Coppa del Graal che viene riempita dallo Spirito

Santo.

La rubedo implica uno stato passivo, negativo e ricettivo che fa da sfondo a quello attivo, positivo e

penetrante. E' una « preghiera » quotidiana e ininterrotta, che si protrae istante dopo istante. Un

incessante anelito verso il Cielo. Camminando, lavorando, creando, combattendo e persino

dormendo il Mago - sia esso maschio o femmina - ha sempre dentro di sé una vibrazione femminile

di fondo: "Non sia fatta la mia, ma la Tua volontà." Non è più uno sforzo pieno di impeto orientato

verso l'esterno, ma un attendere, in pace, in fondo alla propria « miniera » che il Fuoco compia il

suo lavoro nella materia dando alla luce l'« androgino », perfetta fusione di maschile e femminile.

"Io sono il Tuo servo." "Io sono l'altare su cui la carne viene redenta." Non si tratta solo di ripetere

tali affermazioni, ma di far vibrare di esse la propria carne fino all'ultima cellula.

La realizzazione ultima

( distinzione fra l'Uno e lo Zero )

Mentre attraverso la Piccola Opera (nigredo e albedo) il mago/alchimista giunge a un primo grado

di Illuminazione, vale a dire all'identificazione con l'anima - il Sé - all'apertura del Cuore e a un

primo grado di immortalità; grazie alla Grande Opera egli si identifica con l'Uno stesso, Dio, il

Demiurgo. Solo questa può dirsi "immortalità", in quanto il « corpo di gloria » - così come la

relativa autocoscienza - verrà anch'esso disgregato in favore della successiva assimilazione

nell'Uno.

L'Uno è radix ipsius, cioè radice di se stesso, in quanto « causa non causata ». L'Uno pur venendo

spesso indicato come lo Spirito, si colloca in verità oltre qualunque possibile dualità, quindi anche

al di là della dicotomia spirito/materia. Trascende l'Io e il non-Io, l'essere e il non-essere, la

coscienza e l'incoscienza. È eterno, quindi aspaziale e atemporale.

Si può però andare ancora oltre.

Di norma si considera l'Opera al Rosso - la Grande Opera - come la "realizzazione del divino", ma a

ben guardare essa conduce più in là dell'Essere divino. Come già precisato il divino è il Demiurgo,

l'« Essere », il « principio », il Grande Architetto, l'Uno. Ma "ciò di cui nulla può esser detto" è lo

Zero, non l'Uno. È ciò a partire dal quale Dio stesso si autoproduce.

La realizzazione ultima cui tende il mago/alchimista - e a cui può tendere l'essere umano in genere -

si esprime dunque nell'identificazione con la cosiddetta « Materia Prima », il « Parabrahman » della

tradizione indù... che è di per sé indefinibile e inconcepibile. Questo "stato", se così può essere

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43

chiamato, non è toccato nemmeno dalla « dissoluzione universale » ( pralaya ) alla quale Dio stesso

pare sia soggetto. Quello sarà sempre, anche quando questo universo e il suo Dio non saranno più.

L'unico personaggio di cui si può esser certi che abbia raggiunto tale supremo stato si chiama Sri

Nisargadatta Maharaj (1897-1981). Gli altri Illuminati parlano dell'apertura del Cuore, oppure della

realizzazione del Sé, che talvolta viene usato per indicare l'anima, talvolta lo Spirito, cioè

l'identificazione con Dio; ma solo Maharaj distingue fra l'Uno e ciò che sta oltre.

Testi sull'argomento:

OFFICINA ALKEMICA - l'Alchimia come via per la felicità incondizionata

Salvatore Brizzi, Antipodi Edizioni (2006)

IL DIARIO DI UN ALCHIMISTA

Douglas Baker, Edizioni Crisalide (1977)

___________________

La via delle acque corrosive

lo scopo della « via violenta »

Il miglior consiglio agli occidentali è di non far nulla per risvegliare Kundalini prima del tempo,

ma di vivere una vita pura rispettando le leggi divine. Quando sarà giunto il momento, si

risveglierà da sola... La direzione che prenderà kundalini una volta risvegliata non dipenderà dalla

volontà, ma dalle qualità e virtù dell'uomo.

Omraam M. Aivanhov, Centri e corpi sottili

Esistono alcuni metodi di risveglio, sempre facenti parte dell'alchimia, che potremmo definire "non

convenzionali", talvolta indicati nella tradizione indù come « via violenta ».

Tale percorso si fonda sull'utilizzo di potenti tecniche occulte - le cosiddette « acque corrosive » -

che costringono l'energia di kundalini a risvegliarsi e a salire lungo la spina dorsale,

indipendentemente dal fatto che il neofita abbia compiuto un regolare percorso iniziatico di

purificazione delle sue emozioni e della sua mente, e si sia quindi naturalmente posto in grado di

reggere una simile improvvisa deflagrazione interiore.

Questo temibile sentiero veniva percorso dai praticanti maghi/alchimisti ai quali era stata

annunciata un'imminente morte, sia per causa di malattia incurabile sia come risultato di una

condanna da parte delle autorità - evento che colpiva non di rado chi si dedicava a simili studi e

pratiche. Trovandosi dunque costretti a scegliere tra il rischio di dover vivere l'ultimo periodo della

loro incarnazione nella follia - causata da un'incapacità del sistema nervoso di reggere l'inteso

regime del Fuoco causato dalle tecniche occulte - e la certezza di morire nell'incoscienza di sé e

quindi di precipitare nell'oblio una volta abbandonato il corpo, molti di essi preferivano affrontare il

primo pericolo.

In ogni caso le tecniche venivano sempre accompagnate da un serio tentativo di estirpare i pensieri

separativi e le emozioni più basse dalla propria personalità. Nonostante non fosse a disposizione un

arco di tempo sufficiente a compiere un lavoro alchemico preciso e profondo sulle emozioni

negative, si provava comunque, nei limiti del possibile, a uccidere l'odio, il giudizio, il senso del

possesso e l'egoismo in se stessi. E ciò per un evidente motivo: una personalità dove kundalini, una

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volta risvegliata, comincia a incanalarsi in emozioni come odio, rancore e desiderio di possesso

diviene un'aberrazione della natura. Tutte le manifestazioni più basse vengono infatti ingigantite

dall'afflusso di nuova energia e divengono estranee a ogni tentativo di controllo. L'individuo si

trasforma in breve tempo in un folle lussurioso, spietato, desideroso oltre ogni limite di potere

materiale. I 12 capi delle SS, gli apostoli neri di Himmler, sono un esempio eclatante del traguardo

a cui può portare il sentiero delle « acque corrosive » se non accompagnato da una coscienza vigile

e orientata verso il bene.

Al di fuori di un contesto dove i danni provocati dal percorrere tale via possono risultare un giusto

rischio da correre in assenza di alternative - data l'imminenza del termine della propria incarnazione

- non esiste alcuna ragione intelligente per esporsi a simili pericoli. La via alchemica consueta è

infatti già di per sé la via più rapida - ammesso che la rapidità possa venire considerata un metro di

giudizio in ambito spirituale - e lo può divenire ulteriormente in funzione della volontà e

dell'aspirazione del praticante. In alchimia ognuno può decidere la velocità della propria

evoluzione.

Si consideri inoltre che, anche qualora la « via violenta » andasse a buon fine e il praticante

riuscisse a conservare la propria integrità psichica, lo sviluppo così ottenuto non potrebbe mai

essere completo. Non è infatti in alcun modo possibile incrementare la propria intelligenza, ottenere

maggior conoscenza o acuire la propria genialità artistica semplicemente limitandosi a controllare il

respiro, assumere droghe o lavorare con l'energia sessuale!

Tali qualità animiche sono realizzabili innanzitutto grazie a uno studio approfondito, e poi per

mezzo del processo di trasmutazione di ciò che è inferiore in ciò che è superiore. Non si diventa

infatti geniali semplicemente facendo affluire una considerevole quantità di energia - di per sé

neutra - nel proprio organismo, ma solo approntando nel corso degli anni, grazie alla trasmutazione,

i «sensi sottili» affinché tale energia possa manifestarsi come genialità.

È tuttavia nostra intenzione soffermarci su tali conoscenze occulte in quanto la loro applicazione, se

intesa non come sentiero evolutivo in sé, ma esclusivamente come valido aiuto in determinate fasi

del proprio percorso alchemico - e sviluppantesi parallelamente a questo - può senza dubbio

accelerare il percorso stesso. Riguardo ai modi, ai tempi e alle circostanze di tale utilizzo solo un «

iniziato » può fornire le giuste indicazioni al neofita, il quale, proprio in virtù della sua condizione

di neofita, non è in grado di distinguere in quale momento l'applicazione di una tecnica può divenire

vantaggiosa e in quale invece andrebbe a compromettere, talvolta irreversibilmente, i sottili

equilibri della sua psiche.

I metodi impiegati come «acque corrosive» sono tre:

- l'assunzione di sostanze droganti

- il controllo della respirazione

- il padroneggiamento dell'energia sessuale

Testi sull'argomento:

L'UOMO COME POTENZA

Julius Evola, Edizioni Mediterranee (1925)

INTRODUZIONE ALLA MAGIA vol. I II III

Gruppo di Ur, Edizioni Mediterranee (1927-1929)

LO YOGA PER NON MORIRE

Tommaso Palamidessi, Edizioni Grande Opera, Roma (1996)

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Questo piccolo ma fondamentale testo è inedito da anni. Può essere rintracciato solo in

fotoriproduzione, al prezzo di 8 euro, presso la Libreria Ecumenica di Milano. Mail:

[email protected] oppure [email protected]

le sostanze droganti

Vi è come un sistema autoprotettivo naturale: può svegliare kundalini soltanto un forza non minore

a quella occorrente per il compito di purificazione: una forza che non sia adeguata al compito di

purificazione, salvo casi eccezionali, non saprebbe svegliare kundalini.

Julius Evola, L'uomo come potenza

Il problema dell'uso delle droghe è inerente questa affermazione di Evola. Nell'accedere ai piani

superiori attraverso l'assunzione di sostanze psicoattive si scavalca d'un sol colpo tutto quel lavoro

di purificazione che, fra l'altro, è indispensabile allo sviluppo nell'individuo di quella « presenza » e

di quella forza di volontà preziose nel momento in cui ci si confronta con energie ed entità che

superano di gran lunga le normali capacità di gestione dell'uomo medio.

Tutte le acquisizioni supernormali e le esperienze di contatto con il mondo astrale che di norma

l‟uomo ricerca nelle sostanze psicotrope possono essere raggiunte naturalmente grazie a un lavoro

alchemico fondato sul « ricordo di sé », l'apertura del Cuore e la trasmutazione delle emozioni

negative.

La funzione della sostanza drogante era fondamentale nell‟antichità in quanto atta a fornire al mago

neofita una breve esperienza delle meraviglie che lo attendevano una volta portata a termine la

trasmutazione di sé in Uomo Nuovo e ricondotta quindi la sua coscienza all'Uno primordiale. La

sostanza non rappresentava mai una via spirituale in se stessa, ma veniva utilizzata esclusivamente

in un contesto iniziatico allo scopo di provocare uno stato di coscienza modificato utile al futuro

sviluppo del mago. Era un "assaggio". Uno sciamano o un mago più anziano, si prendevano la

responsabilità di guidare il neofita lungo il suo « viaggio » affinché questo non si risolvesse in una

inutile esperienza di fascinazione psichedelica, o potesse risultare dannoso, se non addirittura letale.

Se, dopo aver sperimentato l'indescrivibile gioia del contatto con i mondi spirituali e il "senso

dell'Uno", l'individuo, una volta cessata l'esperienza, iniziasse a lavorare assiduamente su di sé tutti

i giorni della sua vita al fine di conseguire in maniera permanente quella gioia e quell'amore, allora i

nervi e le cellule del suo corpo fisico si trasformerebbero a poco a poco e anche i suoi veicoli sottili

si "fisserebbero" consentendogli di reggere in maniera stabile la nuova frequenza vibratoria.

La piramide principale della piana di Giza - che Cheope si era attribuito e che è stata erroneamente

identificata con una tomba dagli studiosi - è un perfetto esempio di luogo iniziatico. Il sarcofago di

granito collocato nella cosiddetta "camera del Re" serviva da "battello" per il viaggio iniziatico del

neofita. L'iniziando assumeva una bevande composta di sostanze psicoattive, veniva poi fatto

distendere all'interno del sarcofago, il quale veniva chiuso da un coperchio di pietra. Intorno, i

sacerdoti recitavano dei mantra per tutta la durata della cerimonia mentre essenze di vario genere

saturavano l'aria. Nel buio più completo e sotto l'effetto delle sostanze droganti il neofita viveva la

sua esperienza iniziatica.

Tutta la struttura della piramide è stata concepita affinché energie spirituali provenienti dai mondi

superiori potessero essere veicolate nel sarcofago, così come in altri punti strategici della

costruzione. La piramide fungeva da ponte tra la Terra e il Cielo, e percorrere un determinato

tracciato al suo interno, sostando in alcune stanze secondo una precisa successione, significava

vivere in forma "compressa" il cammino iniziatico che si sarebbe dovuto poi realizzare nella vita

quotidiana.

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Le droghe erano pure utilizzate dagli sciamani/guaritori, i quali conducevano la coscienza del

portatore della malattia - fisica o psichica che fosse - nei mondi "di là dal velo" per metterlo in

contatto con la parte più profonda di sé, spesso simboleggiata dall'« animale-guida ». Tale contatto

permetteva al malato di sciogliere alla radice il suo problema. L'attenzione era pertanto sempre

posta sull'origine psicologica e animica del disturbo - che poteva essere individuata ed elaborata

attraverso un « viaggio » - e mai sul sintomo esteriore.

Purtroppo oggi le sostanze psicotrope non vengono più considerate come finestre dalle quali è

possibile gettare uno sguardo sulla propria vera essenza, ma come semplice svago o facile via di

fuga da una realtà sociale che si ritiene insopportabile. Nell'attesa che venga instaurata una società

autenticamente iniziatica, esse andrebbero totalmente proibite, in quanto latrici di maggior

addormentamento all'interno delle coscienze, anziché risveglio.

Paradossalmente, di questi tempi, proprio le sostanze che potrebbero aiutare il risveglio dell'anima,

sono fra le principali cause della prigionia psichica cui il pianeta è sottoposto. Le coscienze dei

giovani vengono intontite da un uso sconsiderato e anti-iniziatico dell'alcool e delle droghe, pesanti

o leggere che siano. Le potenti energie giovanili vengono in tal modo imbrigliate e rese inoffensive

per segreto volere dei governi mondiali che, come chiunque non abbia la coscienza completamente

obnubilata può notare, tollerano e segretamente finanziano una diffusione sempre maggiore di

droghe, alcool e armi sul pianeta.

Qualificazione irrinunciabile per una qualsivoglia pratica – sia essa inserita in un percorso che

contempla le «acque corrosive», così come all'interno del processo alchemico classico – è la

capacità dell'aspirante di produrre a volontà l'assoluta p r e s e n z a - o « ricordo di sé » - senza la

quale nessuna attività realmente magica è possibile.

Pertanto il Mago deve innanzitutto essere in grado di mantenere una perfetta concentrazione

mentale e una inscuotibile tranquillità emotiva in ogni istante della pratica occulta, sia essa

concernente l'assunzione di droghe, l'esercizio di respirazione o il lavoro con l'energia sessuale;

inoltre deve essere capace di associare il ricordo di sé, cioè la consapevolezza del « qui-e-ora » a

tale stato di ferma e rilassata concentrazione. Lui deve dominare lo svolgersi dell'esperienza con

tutta la p r e s e n z a di cui è in grado, e mai lasciare che sia essa a dominarlo.

Per tutto il lasso di tempo in cui si accede all'avventura psico-spirituale, il riuscire a essere «

presenti a se stessi » segna la differenza tra la vita e la morte. In un altro brano tratto da "L'uomo

come potenza" di Julius Evola, si dice infatti:

...la potenza ormai trasformata inonda sushumna e procede lungo la direzione ascendente. Ciò è

sentito come vampa, poi folgore e venire trasportato vertiginosamente: allora bisogna

immediatamente e in pura evidenza affermare la formula che deve essere già stata oggetto di tante

concentrazioni e meditazioni: "Io sono lei"; bisogna cioè fulmineamente e intrepidamente

identificarsi con questa cosa terribile, mortale. Se si manca a ciò, se il destarsi di kundalini ci

sorprende e travolge - e per quanto ci si possa preparare, fra l'aspettazione e il fatto resterà sempre

un salto - se si esita a slanciarsi nell'« Io sono questo », è detto che... disciplina e sacrifici... tutto è

vanificato: non solo, ma l'avventura in massima viene pagata a caro prezzo: tutta l'enorme tensione

si scarica sull'aspirante imprudente che può venire precipitato in disturbi gravissimi - epilessia,

invasamento, idiozia, follia e, talvolta, la morte stessa. Invece la fulminea, intrepida identificazione

opera le nozze dell'individuale e dell'universale, la composizione di zolfo e mercurio...

Per saperne di più circa gli effetti di ogni particolare sostanza rimandiamo a un documento diffuso

dal Gruppo di Ur, che per la sua precisione e fedeltà al punto di vista tradizionale rimane ancora

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47

ineguagliato.

http://www1.autistici.org/amprodias/txt/psichedelia/sulledroghe.htm

Vedi anche il sito: http://psiconautica.byethost13.com

Testi sull'argomento:

L'UOMO COME POTENZA

Julius Evola, Edizioni Mediterranee (1925)

INTRODUZIONE ALLA MAGIA vol. III

Gruppo di Ur, Edizioni Mediterranee (1927-1929)

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il controllo del respiro

Vi è come un sistema autoprotettivo naturale: può svegliare kundalini soltanto un forza non minore

a quella occorrente per il compito di purificazione: una forza che non sia adeguata al compito di

purificazione, salvo casi eccezionali, non saprebbe svegliare kundalini.

Julius Evola, L'uomo come potenza

Nonostante l'affermazione di Evola sia sicuramente esatta, occorre rilevare che nell'ambito di una «

via violenta » è possibile che l'individuo sviluppi un desiderio di risveglio tale da essere capace di

impiegare una forza di volontà extra-normale e suscitare in sé, attraverso delle tecniche, una

potenza in grado di smuovere kundalini dal suo sonno.

Se egli indirizzasse tale superiore desiderio nel lavoro alchemico consueto il successo sarebbe

assicurato, e per di più senza dover correre i rischi inerenti l'applicazione di tecniche violente. Ma

se particolari circostanze estreme non gli consentono di intraprendere una via più sicura, il controllo

del respiro potrà fungere da "ponte" verso mondi altri.

All'inizio il neofita si ponga in una posizione comoda, in un luogo tranquillo e poco illuminato -

meglio se illuminato solo dalla luce di una candela - e porti l'attenzione sul suo respiro. Egli deve

limitarsi a osservare il suo naturale processo di respirazione senza alterarlo in alcun modo. Deve

solo preoccuparsi di respirare coscientemente.

La pratica di respirare coscientemente si trova in diverse tradizioni, anche in quella occidentale

della Gnosi. Tenere l'attenzione focalizzata sul proprio respiro mentre si è seduti in meditazione o,

ancora meglio, focalizzarsi sul respiro nel corso della giornata ogni volta che si riesce a

ricordarselo, durante le normali attività quotidiane, è un metodo efficace che conduce velocemente

in stati superiori di coscienza.

Va da sé che il solo fatto di dedicare attenzione al proprio respiro - cosa che in condizioni normali

l'uomo mai si degna di fare - lo altera già in una certa misura. Ciò accade naturalmente ed è giusto

che avvenga; è però essenziale che, in questa prima fase, il praticante non si sforzi di modificarlo lui

stesso coscientemente.

Il corpo deve rimanere immobile - ciò che vien detto « tronismos » (=capacità di restare immobili

sul trono, in stato di meditazione, che caratterizzava i faraoni egizi iniziati). In questo stato di fissità

si deve svolgere il processo di respirazione.

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Solo quando l'apprendista è in grado di osservare il proprio respiro in uno stato di « presenza » per

diversi minuti senza venire distratto da associazioni di pensiero e dialoghi immaginari che si

svolgono all'interno della sua mente, allora può passare alla fase successiva.

A questo punto il “tempo di ritenzione” - la pausa tra il movimento di inspirazione e quello di

espirazione - deve cominciare a diventare sempre più lungo.

Tale pausa di ritenzione è conosciuta come matra (=misura) dagli indù.

Mantenendo una postura fissa e ritenendo il respiro per periodi di tempo sempre crescenti si

acquisiscono siddhi ( poteri magici ) sempre più straordinari, fino a giungere alla sospensione

dell'invecchiamento e all'immortalità assoluta - al di là della « dissoluzione universale » ( maha-

pralaya ). Secondo i più antichi scritti dell'alchimia indù, il grado di progresso è dato dalla

lunghezza del tempo in cui si riesce a trattenere il respiro. Si deve procedere con cautela, cercando

di aumentare ogni giorno il numero dei secondi che caratterizzano la durata della fase di ritenzione.

Secondo quanto riportato nell'Amanaska Yoga (citato ne "Il corpo alchemico" di D.G. White, pagg.

335-338): "...Quando si è in grado di trattenere il respiro per 12 minuti la kundalini si rafforza e si

risveglia iniziando la sua ascesa; dopo 96 minuti si raggiunge una condizione estatica; dopo tre ore

l'assunzione di cibo e la produzione di escrementi sono notevolmente ridotte; dopo sei ore si

manifesta la luce della propria anima; ...dopo otto giorni, la cessazione di qualsiasi senso di fame e

di sete; ...dopo dodici giorni, la capacità di muoversi sulla Terra a proprio piacimento; dopo tredici

giorni, il potere del volo; ...dopo ventidue giorni, il compimento di tutti i desideri; ...dopo ventotto

giorni, si può piegare l'universo ai propri voleri; ...".

Quanto tali valori numerici vadano presi alla lettera è difficile dirlo. In ogni caso è certa l'esistenza

di un legame direttamente proporzionale fra la durata della ritenzione del respiro e l'acquisizione di

poteri sovranaturali quali la visione astrale, lo sdoppiamento astrale, la materializzazione di oggetti,

la cessazione dell'invecchiamento, ecc... .

Lo studioso avveduto può facilmente intuire quanto tale tecnica possa risultare pericolosa - nonché

perfettamente inutile quanto alla possibilità di acquisire le siddhi - laddove il neofita non la conduca

sotto la supervisione di un iniziato che lo istruisca riguardo le modalità e i tempi della pratica.

Basti dire che l'attitudine a ritenere il respiro si trova in rapporto diretto con la capacità di ritenere i

pensieri, cioè di avere sotto il proprio controllo la caotica attività della mente grazie all'utilizzo

della ferma concentrazione o del « ricordo di sé ». Il potere di controllo sulla respirazione altro non

è, a livello analogico, che la conseguenza di un già acquisito potere di controllo sull'attività della

propria mente. Controllo che si ottiene nel corso della prima fase di questa tecnica, quando l'attività

respiratoria va semplicemente osservata in stato di « ricordo di sé », cioè portando l'attenzione sia

sul respiro che sulla propria « presenza &raquo.

Per cui, se il praticante decidesse in maniera sconsiderata di sforzarsi di ritenere il respiro nella

speranza di acquisire poteri, non farebbe altro che "mettere il carro davanti ai buoi" confondendo la

causa con l'effetto. Nel tentativo di trattenere il respiro in maniera innaturale non otterrebbe né la

calma della mente, né le tanto agognate siddhi, bensì, perseverando in tale folle proposito, andrebbe

sicuramente incontro ad allucinazioni e altri danni psichici e fisici.

Non si devono mai produrre sforzi volti a frenare e inibire i pensieri, ma solo limitarsi a osservarli

come testimoni distaccati. Il « testimone » per il fatto stesso di osservare modifica inevitabilmente

gli oggetti osservati. Il lavoro su di sé è basato sullo sforzo di « esserci », e mai sullo sforzo di

modificare qualcosa: ciò deve rimanere sempre ben chiaro!

Testi sull'argomento:

IL CORPO ALCHEMICO

David Gordon White, Edizioni Mediterranee (1996)

___________________

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Il lavoro con l'energia sessuale

Il Tantrismo consente ai suoi adepti di raggiungere in questa incarnazione, se ne hanno la forza, o

almeno in una successiva esistenza, l’immortalità fisica e l’autocoscienza con tutti i poteri

sopranormali, poiché per l’appunto lo Yoga Tantriko mira a realizzare: perfetta salute, longevità,

volontario distacco dal corpo, poteri telepatici, guaritori o taumaturgici, chiaroveggenza del

passato, del presente e del futuro, ricordo chiaro di tutte le passate esistenze, il potere di iniziare

altri individui preparandoli per l’ascesi yogica; ricchezza finanziaria, possesso di tutti i beni

materiali della terra per potere svolgere bene il proprio lavoro e quello dei propri discepoli;

eliminazione di tutti i pensieri e le azioni egoistiche e cattive, operando sempre il bene per

l’Umanità.

Tommaso Palamidessi, La Tecnica Sessuale dello Yoga Tantriko indo-tibetano

Premettiamo che il lavoro alchemico dell'uomo su se stesso deve consistere innanzitutto nella

purificazione da tutte le emozioni negative che pervadono la sua personalità. La lamentela, l'odio, la

rabbia, la gelosia e ogni genere di giudizio e fastidio verso gli altri devono essere scomparsi prima

che egli possa avventurarsi nei mondi spirituali. In queste dimensioni superiori l'aspirante viene

sottoposto a ogni sorta di attacchi emotivi e mentali da parte delle « forze ostili » che vi abitano e

che egli stesso suscita per risonanza. Solo un perfetto equilibrio di emozioni e pensieri potrà

renderlo capace di difendersi dalle offensive e di distinguere la realtà dalle allucinazioni.

L'intero significato del lavoro alchemico compiuto utilizzando l'energia sessuale può essere

espresso affermando che in virtù di tale operazione il piacere dei sensi viene convertito in

"un'esplosione d'amore correttamente veicolata".

L'energia sessuale è la forma di energia più potente di cui l'uomo può disporre. Essa è la spinta

creativa che porta in manifestazione l'Universo stesso. È infatti l'energia c r e a t i v a per

eccellenza, la fonte primordiale di ogni genere di creazione. A seconda di come l'energia sessuale

viene diretta si può creare un universo, si può creare un neonato, oppure si possono creare opere

d'arte: scritti, dipinti, intuizioni scientifiche o filosofiche. Se tale energia è veicolata da colui che

possiede le necessarie conoscenze occulte essa può venire utilizzata per incrementare la propria

attitudine ad amare e a soccorrere l'umanità, mentre al contempo si creano in se stessi dei corpi

sottili perfettamente costituiti.

Il lavoro con l‟energia del sesso può iniziare solo dopo una lunga pratica sul ricordo di sé e sulla

trasmutazione delle emozioni negative. La capacità di gestire e trasmutare le espressioni della sua

natura inferiore deve essere stata acquisita in maniera completa dall‟aspirante. Il corpo dell'anima, a

questo punto dello sviluppo del mago, si è già cristallizzato quasi per intero, ed egli ha assunto il

controllo delle sue emozioni. Solo quando la fabbricazione di tale corpo è vicina al suo termine e il

praticante è sulla via dell‟apertura del Cuore, egli può arrischiare un efficace ma pericoloso lavoro

per mezzo dell'energia sessuale.

L'energia è sempre la stessa, ma a seconda del grado evolutivo e delle conoscenze esoteriche di chi

la utilizza essa può dare origine ai più svariati risultati. Ad esempio, tutta l'arte che l'umanità è stata

in grado di esprimere origina dall'energia sessuale correttamente incanalata verso i chakra superiori

dell'uomo anziché verso quelli inferiori. I chakra del Cuore, della gola e della testa consentono lo

sviluppo di maggiore amore, creatività e intuizione. Perversione, fanatismo dogmatico e guerre

sono invece il risultato della medesima energia incanalata verso i chakra inferiori.

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Il fine del lavoro alchemico tramite l'energia sessuale è quello di fare in modo che essa non si

disperda, ma si accumuli progressivamente nell'organismo umano e venga indirizzata verso scopi

definiti. Fino a un certo grado evolutivo, l'essere umano, invece di mettere l'energia sessuale al

servizio della propria volontà, di norma ne è completamente succube. In un normale rapporto infatti

questa forza non viene controllata e diretta, ma liberata nell'ambiente quasi inconsciamente. Ed è

bene che sia così, in quanto tale individuo anche qualora avesse il controllo della propria energia

sessuale non saprebbe cosa farsene ed essa gli arrecherebbe esclusivamente danno - ciò che

capiterebbe a chiunque volesse afferrare un serpente per la coda.

Come può allora un uomo sapere se è giunto per lui il momento di fare uso di tale energia per scopi

magico-evolutivi?

Innanzitutto si tenga presente che l‟impiego dell'energia sessuale non costituisce mai di per sé una

via evolutiva - né magico/alchemica, né di altro genere. Le pratiche che concernono il suo utilizzo

possono rappresentare un valido aiuto nelle proprie realizzazioni solo se inserite in un ben definito

contesto di purificazione interiore. Inoltre, perché risultino efficaci la loro applicazione deve

cominciare esclusivamente in seguito all'acquisizione di determinati traguardi evolutivi da parte del

praticante.

Un aspirante mago non può mai decidere autonomamente di intraprendere un lavoro con l'energia

sessuale, in nessuna fase del processo alchemico, ma deve sempre chiedere l'assistenza di un «

iniziato » - che sia provato tale e nel quale egli abbia riposto la più completa fiducia. Per molti

alchimisti non è di alcuna utilità lavorare con l'energia sessuale e per molti altri è addirittura

controproducente, perché essa andrebbe a smuovere forze interiori che, se portare alla luce,

frenerebbero il lavoro ermetico intrapreso. Non esistono regole valide allo stesso modo per tutti.

Solo un vero mago già realizzato è in grado di verificare se tale percorso può risultare vantaggioso

piuttosto che dannoso per il neofita. Egli deve possedere la capacità di monitorare le trasformazioni

che avvengono nei corpi sottili del praticante, deve poter evidenziare i suoi eventuali errori e

fornirgli giorno per giorno le più corrette indicazioni. Le conseguenze negative di un lavoro con

l'energia sessuale condotto senza criterio sono spesso terribili e irreparabili.

FINE