il Giornale Domenica25marzo2007 Cronache … il tono di voce si fece impersonale: “Non ripensare...

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(...) visto un condannato a mor-te». Il topo rosicchia le esche avve-lenate. «Sono obbligato a farlo. Iratti combinano disastri, mi buca-no le coperte». Si gira di nuovo.«Però adesso mi dispiace, poveri-no. Non dovevo mettere il topici-da».

A 56 anni il biondino che diedecorpo sullo schermo alle fantasieoniriche di Federico Fellini èschiacciato dai sensi di colpa. Perla violenza sessuale che subì in se-minario a opera di un sacerdote.Per l’omosessualità borderlineche ne derivò. Per i tre cicli di psi-coanalisi junghiana affrontati nel-la speranza di uscirne. Per avertentato il suicidio quando scoprìche la ragazza di cui s’era invaghi-to lo dileggiava offrendo in pastoagli amici le poesie d’amore scrit-te per lei. Per il ricovero in manico-mio che ne seguì. Per Monique, lamoglie da cui s’è separato «mai esempre», una fotografa conosciu-ta al Théâtre de la Ville di Parigidove lui recitava Ionesco, sposatanel ’78 spinto dal bisogno di dimo-strare a se stesso che sapeva fareil suo dovere di uomo. Per i duefigli di 28 e 23 anni, uno insegnan-te in Lussemburgo, l’altro operaioin Normandia, messi al mondo alsolo scopo d’inondarli dell’affettoe della tenerezza che non ha avu-to da bambino.

Ora Zanin è tormentato anchedal rimorso per aver svelato tuttoquesto nel romanzo autobiografi-co Nessuno dovrà saperlo (TullioPironti editore), «un libro di espia-zione e di redenzione, il libro diun’anima ferita e di una coscienzaincapace di perdonarsi», come hascritto Raffaele La Capria, soprat-tutto per aver dedicato questo vo-lume alla memoria della madreAdele, del padre Anselmo e di Ed-ward Melcarth, riser-vando però la ripro-vazione al sanguedel suo sangue e ilrimpianto all’artistache considera il suovero genitore, «mor-to povero in un ospe-dale pubblico di Ve-nezia, il primo adultoche mi ha rispettato,che non mi ha maimesso le mani addos-so, che mi ha presen-tato alla sua amicaPeggy Guggenheim,sfamato, consigliato,portato in giro perl’Italia senza preten-dere nulla in cam-bio».

Ero salito fino aVanzone, alle pendi-ci del monte Rosa,per unamarcord e in-vece mi tocca racco-gliere una confessio-ne. «Questa baita è lamiaprigione. Mici so-no recluso da solo.Dieci anni fa ho venduto anchel’auto, così non posso più scende-re a valle. Altrimenti, appena cala-no le tenebre, il demone che hodentro mi porterebbe a cercareemozioni proibite giù in città».Per scappare da se stesso ha ab-bandonato il cinema (dopo Amar-cord aveva girato Il buon soldato,Il caso Moro, L’Agnese va a mori-re, una dozzina di film, «ma nonmi chieda qual è stato l’ultimo,non me lo ricordo», rovista nelbaule alla ricerca di una foto conFellini, «per me è come scavare inuna tomba»), ha abbandonato latelevisione (Marco Polo, Il Mercan-te di Venezia), ha abbandonato ilpalcoscenico («quando GiorgioStrehler mi prese al Piccolo di Mi-lano, nel ’75, non avevo mai mes-so piede in un teatro in vita mia,neanche come spettatore») ed è

andato per conto dell’Abbé Pierrea portare aiuti umanitari durantela guerra in Bosnia, da dove man-dava corrispondenze alla RadioVaticana.

Zanin dimostra ancora la pre-stanza fisica che in Amarcord gliconsentiva di caricarsi sulle spalleAntonietta Belluzzi, la tabaccaiadi Amarcord con due aerostati alposto delle tette. Ma non potrebbepiù infilare le mani sotto la gonnabianca di Magali Noël, la Gradi-sca, nemmeno nel buio di un cine-matografo, tanto sono oggi irruvi-dite e scorticate («faccio il murato-re e il manovale, taglio la legnadei boschi, le bollette a volte van-no in mora, ma chissenefrega»).Del Titta Biondi che fu gli sono ri-masti solo gli occhi, di un azzurropolinesiano, e il sorriso malandri-no.

Sarà pur vero che diversi si na-

sce, ma Zanin ha provato nelleproprie carni che lo si può anchediventare per quello che lui chia-ma, rifacendosi a Konrad Lorenz,«l’imprinting». Le oche selvati-che, private della madre in teneraetà, scambiavano l’etologo au-striaco per il loro genitore e, unavolta adulte, per il loro partner. Ilpiccolo Bruno, un selvàdego cre-sciuto libero a Vigonovo nell’entro-terra veneziano, confinato dai ge-nitori a 400 chilometri da casa hafinito per scambiare per amore leattenzioni di un pedofilo e, passatipiù di 40 anni, è ancora qui a farcii conti tutti i giorni.Mi parli della sua infanzia.«Splendida e solitaria. Il paradisoin terra. Un bambino all’inizio vi-ve lo stato edenico primordiale,crede a ciò che gli raccontano i ge-nitori, gli insegnanti, i preti. Nei

campi mi sentivo re, mago, parónde tuto. Ero molto pio, pregavo,portavo i fiori davanti ai capitellidella Madonna. Mi accadevano fe-nomeni paranormali».Per esempio?«Ripetevo fino all’estenuazione“Gesù e Maria ve vogio tantoben”, una giaculatoria che mi ave-va insegnato mia nonna Teresina,e mi assentavo. Dopo una di que-ste estasi, dissi ai miei: g’ho visto’na femena in canale co’ do pute-le. Il giorno dopo fu trovata nellaroggia una mamma morta suici-da: s’era annegata con le due fi-gliolette».Terribile.«In terza elementare arrivò a ca-sa nostra il sergente reclutatore.Aveva la talare e una giardinettagrigia targata Treviso. Estrasseda una borsa nera un tema cheavevo scritto in classe per un con-

corso missionario.“Dimmi la verità: ètutta farina del tuosacco o ti ha aiutatoil parroco?”, m’in-terrogò. Credette al-la mia sincerità e miconsegnò in premioun mappamondo lu-minoso. Prima di se-ra l’avevo già rotto.Mentre mi metteva-no a letto mezzo ad-dormentato, sentivoi miei che confabula-vano di un collegiogratuito in Piemon-te,dalle parti di Ales-sandria.Ero il penul-timo di sette figli,nessuno dei qualiaveva studiato. “Manon si può mandar-lo più vicino, a Pado-va o a Vicenza?”, re-sisteva mia madre.“Il prete mi ha dettoche solo là hanno ibenefattori che liaiutano”, tagliò cor-

to mio padre».Ci finì.«Aspirantato per il seminario, lochiamavano. “Un posto bellissi-mo, con campi di calcio, alberi, ci-nema, teatro e biliardini”, me loaveva descritto papà. La prima co-sa che notai di quel casermone èche non aveva i comignoli. Fu untrauma. Una casa senza camino?Non capivo: è il focolare la casa. Icessi stavano all’estremità di unloggiato. Sulla porta un cartello li-so: “L’occhio di Dio ti vede anchein fondo ai portici”. Nella camera-ta rischiarata dalla luce azzurro-gnola passavo notti intere a rimu-ginare con gli occhi sbarrati: maperché mi hanno messo in questoposto così lontano? voglio la mam-ma, voglio tornare a casa, che co-sa ho fatto di male per finire qui?Domande senza risposta, come le

lettere che mandavo ai miei. L’uni-ca missiva me la spedirono per in-formarmi, a funerali avvenuti,che un mio fratello era morto. Ave-vo un unico amico venuto dal miostesso paese, in quel collegio. Mo-rì annegato nel tentativo di salva-re un cane».Fu il direttore ad abusare di lei?«No, un missionario tornato dalBrasile per curarsi da una malat-tia tropicale. Io stavo lì già da cin-que anni. Terza media, pieno svi-luppo, i pantaloni sempre piùstretti, scoppiavo fuori da ogniparte. Per tutti ero sempre statoZanin. Lui fu l’unico a chiamarmiper nome, Bruno. Mi fece sentireimportante. Un giorno portò tuttala classe in escursione sull’Argen-tera. A 2.700 metri ci sorpreseuna tormenta di neve. Fummo co-stretti a passare la notte in un pa-gliaio. Il prete ci diede da bere ungocciodi grappapor-tata nella malga daimontanari. Mentretutti dormivano, sen-tii il suo fiato vicinoalla mia bocca. Poiun bacio caldo. For-se era ubriaco. Fecetutto lui, con l’atten-zione di un adultopratico. Io subii pas-sivo come un cada-vere».Nonpoteva ribellar-si?«Io non avevo espe-rienze, non sapevonulla di donne. Erala prima volta chemi accadeva. È diffi-cile da spiegare.C’era la violenza maanche la scopertadel piacere: è que-sto l’imprinting cheti marchia per tuttala vita. Lo spiega be-ne San Paolo: io so-no di carne, vendutocome schiavo delpeccato, io non riesco a capire nep-pure ciò che faccio; infatti nonquello che voglio io faccio, maquello che detesto. La lotta persentirsi puliti cede a una sessuali-tà assurda, sporca, deviata. A 7 an-ni la stessa esperienza era capita-ta incollegio anche al mio violenta-tore. È una catena».E l’indomani?«Dolore, vomito, vertigini, febbre.Alla sera il missionario, tutto suda-to, pretese di confessarmi. Mi spie-gò che il diavolo, invidioso dellanostra vocazione, ci aveva fatti ca-dere in un maleficio. Piangeva:“Scusami, Bruno, non puoi capirequanto Satana sia potente nel ten-tare noi preti che abbiamo in affi-damento anime cristalline comela tua”. Poi il tono di voce si feceimpersonale: “Non ripensare maipiù a questo episodio, quel che è

successo è successo. Nessuno do-vrà saperlo”. Mi diede l’assoluzio-ne per un peccato commesso dalui».Lei non chiese aiuto ai suoi?«Tornato a casa per l’estate, rife-rii l’accaduto a mio padre. La pre-se come una scusa per non torna-re in collegio e mi mandò, Dio solosa perché, a bottega da un barbie-re che era notoriamente gay. Nonglielo perdono neanche oggi che èmorto, a papà».Altre violenze.«Mi confidai col parroco in confes-sione. “Va in cartoleria, compraun foglio protocollo e mettimi periscritto ciò che mi hai raccontato”,mi ordinò. L’indomani il parruc-chiere era in galera e io sulla boc-ca di tutti. Scappai di casa. Lavora-vo in circhi e luna park, fra sradi-cati come me. C’intendevamo sen-za parlare. Fino a quando i carabi-

nieri non mi acciuffavano. L’ulti-ma volta mio padre disse ai milita-ri: “Basta, tegnìvelo!”. Fui rinchiu-so prima alle Zattere a Venezia epoi a Udine. In riformatorio tirifuori tutto ciò che in seminario vie-ne represso. È una casa di corru-zione, non di correzione».E all’uscita dal riformatorio?«Dormivo per strada col mio caneWhisky. Fui raccattato in una cal-le veneziana da Melcarth. Posaiper lui come modello. Era l’artistaprediletto del miliardario Forbes,aveva affrescato la Rotunda del-l’hotel Pierre di New York e dise-gnato i celebri occhiali surrealistidi Peggy Guggenheim. Mi portavaa colazione da lei. Ogni tanto simettevano a parlare fra loro in yid-dish. L’anziana collezionista face-va rimanere Whisky sull’uscio per-ché aveva paura che attaccasse le

pulci ai suoi cagnolini».Come fu scritturato da Fellini?«Per caso. Mi ospitava a Romauna madre di quattro figli. Uno diloro, Pino, che poi sarebbe andatoa morire come fotografo in Paki-stan, faceva la comparsa nei we-stern. Lo accompagnai a Cinecit-tà. Vidi tanti ragazzi in fila per leselezioni di Amarcord e m’intrup-pai. A un certo punto Fellini urlòai suoi assistenti: “Cazzo, ma sieteproprio delle grandi patacche, voidella produzione, ciechi del tutto!Non vedete che è uno come quellolì vicino al termosifone che ci ser-ve? Su, portatelo qui!”. Ero io. Mifece biondo e dopo una settimanacominciò le riprese. Federico e Cri-sto sono quelli che mi hanno cam-biato e complicato di più la vita».Curiosa gerarchia.«Be’, ma fu Fellini a stravolgerme-la, a mettermi in mano un milionedi lire a settimana. Era il ’73. Oggisarebbero quasi 7.000 euro. E chesono soldi guadagnati, quelli? Lispendevo prima d’averli. Ero sem-pre indebitato. Federico è statotroppo buono con me. Era un eter-no adolescente. Con la scusa dimostrarmi come andava girata lascena, infilava la sua testa una,due, tre volte fra le tettone dellatabaccaia, che in realtà era unacamiciaia di Bologna che lo adora-va, povera Antonietta, è morta die-ci anni fa cadendo da un balcone.A me lasciava il compito di solle-varla fino a 40 volte, un quintaleabbondante, alla fine mi ci volevauna bottiglia di Vov per riprender-mi».E dunque?«È che l’attore non ha il senso nédella realtà né di niente. Il belmondo ti corteggia. La gente tivuole ospite a tavola e anche a let-to. Ti sbronzi, tiri cocaina. Io sononato contadino. Dovevo sentirmisempre un impostore per farequel mestiere. Ho chiuso. Oggi so-no attratto dal cinema quanto dal-la salma di una prostituta strango-lata e lasciata nuda ai bordi dellatangenziale. È tutto lontano, den-tro una nuvola. È come se avessivissuto un sogno».Di che campa?«Non chiedere mai a un artista diche campa. Scrivo, ma non mi sen-to scrittore. Scrivo quando sto ma-le. Siccome non so parlare, mettosulla carta quello che la voce nonriesce a esprimere. Poi rileggo emi domando: ma l’ho scritto io?

Ho fatto il Camminodi Santiago de Com-postela, 40 giorni apiedi con mio figlio,per scacciare la be-stiaccia, la depressio-ne che viene a visitar-mi e mi spegne la lu-ce, mi toglie la vogliadi vivere, mi lascianel mondo senza far-mici stare».Della Chiesa che co-sa pensa?«Nonce l’hocon i pre-ti. Gli rimprovero so-lo d’essere diventatiimpiegati, con i loroorari e i loro stipen-di. Non si vede nean-che il riverbero di Cri-sto nel clero. Andai atrovare per anni fra-tel Carlo Carretto nelsuo eremo di Spello,dove s’era ritirato alritorno dal Sahara.“Bruno, devi averemisericordia”, miesortava. Ma Cristo

si presecome apostoli dodici uomi-ni adulti, alcuni anche sposati,non dei bambini. Non ne ho cono-sciuto uno, di coloro che hanno pa-tito ciò che ho patito io, che siadiventato normale: sono finiti tuttio pervertiti, o eroinomani, o suici-di. È una malattia da cui esci solocon la lobotomia. Ho passato imiei giorni a chiedermi se dovevoattaccarmi una macina di mulinoal collo o se c’era una clemenza,un’attenuante, una possibile Cor-te d’appello che m’avrebbe resogiustizia per la storpiatura ricevu-ta».Ora ha ritrovato un suo equili-brio?«L’equilibrio si ritrova dopo mor-ti».

Stefano Lorenzetto(368. Continua)

stefano.lorenzetto@ilgiornale.it

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TIPI ITALIANI

‘ ‘Ero un bimbo molto pio, vivevo liberoI miei, poverissimi, mi affidaronoa un reclutatore in talare. Finii a 400chilometri da casa. Dopo la violenza,il confessore m’assolse per il peccatocommesso da lui. Seppi a funeraliavvenuti che mio fratello era morto

Cristo non si scelse apostoli bambiniHo vissuto tra riformatorii e circhi.Conobbi Peggy Guggenheim, ma fuiscelto per caso da Federico. Oggisono attratto dal cinema quantodalla salma di una prostituta. Chi mirenderà giustizia per la storpiatura?

BRUNO ZANIN

Era il Titta Biondi di «Amarcord». Ma dietroquel sorriso si celava un terribile segreto.«Nessuno dovrà saperlo», gli disse il prete.Ne ha fatto un libro. Per dimostrare chesi può diventare omosessuali per uno stupro

� DALLA PRIMA VIVE COME UN EREMITABruno Zanin, 56 anni, nella

sua baita alle pendici delmonte Rosa. Ha avuto una

moglie, dalla quale diced’essersi separato «mai e

sempre», e due figli.Durante la guerra in Bosniaportava aiuti umanitari per

conto dell’Abbé Pierre.«Ho venduto l’auto, sennò

il demone che ho dentrola sera mi porterebbe in

cerca di emozioni proibite»

Bruno Zanina 22 anni nellascena di«Amarcord» incui sollevavadi peso laprosperosatabaccaiadai seni enormi.«Fellini lemetteva la testafra le tette...»

Federico Fellinidà istruzionia Bruno Zaninsul set di«Amarcord».«Guadagnavoun milionea settimana,quasi 7.000euro di oggi,ma lo spendevoprima d’averlo»

«Un sacerdote mi ha rovinato la vitaFellini e Gesù me l’hanno cambiata»

il Giornale � Domenica25marzo2007 Cronache 17