Post on 18-Dec-2015
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FUNERALE DI UNA NERA SIGNORA
Quando un telefono squilla alle cinque e trenta del mattino, le
notizie non sono mai buone.
Ovviamente, dipende dai punti di vista.
La nonna morta, aveva sussurrato Rachele alla figlia, nel
buio della sua cameretta. Il tono era quello di chi stava svelando
un segreto che si era giurato di non tradire mai, delicato e sentito.
Eppure, per quanto si fosse sforzata, in quell'annuncio non c'era
traccia di cordoglio.
La ragazzina, che era sveglia da un pezzo, aveva atteso la
notizia con la trepidazione e la curiosit di chi voleva conoscere
l'esito di un compito in classe. Era certa fosse morto qualcuno gi
da prima che glielo comunicasse la madre, la domanda era chi.
Indovinare non era certo impresa facile: nove fratelli dal ramo
materno, otto da quello paterno, pi altri parenti di grado
imprecisato e una nonna. Una sola.
Gli altri tre non li aveva mai conosciuti. Si rammaricava
soprattutto per quelli materni, una pianista e un pittore,
personalit affascinanti, da cui era certa avesse ereditato l'amore
per la cultura e, in generale, lo spirito critico. Sentiva di essere
nata troppo tardi, o forse loro erano morti troppo presto;
comunque, se n'era fatta una ragione.
Protetta dall'oscurit e dal calore del piumone, tirato su fino
agli occhi, la ragazzina si abbandon a un inaspettato sorriso. Era
il sorriso di chi riceve un regalo dolce e inatteso, il sorriso di un
innamorato che, dopo anni, viene finalmente corrisposto.
La ragazzina non cap il perch di un simile comportamento,
n riusc a spiegarselo una volta cresciuta. Non aveva mai amato
la nonna, ma neppure l'aveva odiata al punto da accogliere il suo
trapasso rallegrandosene. La vecchia le era sempre stata
indifferente, e l'indifferenza non contempla sorrisi.
Si vedevano due o tre volte l'anno, a Natale, a Pasqua o
magari durante le vacanze estive; ogni volta era un supplizio,
entrambe si tenevano a distanza e un qualsiasi tipo di rapporto era
fuori discussione.
Al funerale, la ragazzina non pianse.
La mattina, prima di recarsi a casa della defunta, osservava
suo padre, scuro in volto, sperticarsi in telefonate per divulgare la
notizia. Lei si aggirava per casa fischiettando Un poco di
zucchero di Mary Poppins, noncurante del fatto che potesse urtare
la sensibilit dell'uomo.
Non sta bene che fischi! la rimprover Rachele. A
quello morta la madre e tu fischi?
La ragazzina non seppe cosa rispondere, pens che, forse, sua
madre aveva ragione.
Quando finalmente arrivarono, la casa pullulava di gente:
parenti, amici, vicini, amici dei vicini. Sembrava che l'anziana
fosse benvoluta da tutti, la verit era che non la sopportava
nessuno. Era stata una donna avida ed egoista, una piantagrane,
una persona che non aveva mai avuto rispetto per nessuno.
La ragazzina entr nella grande stanza da letto, dove riposava
il cadavere; era la prima volta che ne vedeva uno. L'aspetto
sembrava quello di sempre, a tradirlo era il colorito verdognolo,
che mal si sposava col rosso dei capelli. Il letto era circondato da
persone sconosciute, tutte coi volti deformati da un dolore finto,
ostentato. Doveva essere finto, per forza: molti di loro la
conoscevano appena, non potevano provare dispiacere.
La ragazzina pens che la maggior parte della gente presente
non stava piangendo per sua nonna, ma per s. Perch su quel
letto vedevano la fine che li avrebbe attesi tutti, prima o poi; quel
cadavere rappresentava il loro cadavere, quello che sarebbero
diventati e per cui altre persone avrebbero pianto a loro volta.
L'importante era piangere.
La ragazzina ci aveva provato, ma proprio non ci era riuscita.
E dire che, poche settimane prima, aveva versato lacrime su
lacrime per la morte di un passerotto caduto dal nido. Ora se ne
stava l, davanti a quella che fino a ventiquattro ore prima era sua
nonna, e la osservava con occhio clinico e distaccato.
Cercava di studiare la morte, il modo in cui il fenomeno
trasforma una persona una volta che le serrande si abbassano per
sempre e il corpo dichiara la cessata attivit. Non ci trovava nulla
per cui essere sconvolta, disgustata, nulla per cui valesse la pena
provare dolore.
Semplicemente, era la sorte che sarebbe toccata a tutti.
Rachele si meravigli di tanto autocontrollo.
Come sei fredda, disse alla figlia, una volta rimaste sole.
Tu ci potresti anche ballare con un morto, aggiunse.
La ragazzina non cap. Era come se sua madre si aspettasse di
vedere in lei della sofferenza solo perch quella era
biologicamente sua nonna. Per l'idea di ballare con un morto
non le dispiaceva, la faceva sorridere, e per un istante pens che
sarebbe potuta diventare uno di quei medici che in televisione
sezionavano i cadaveri e stabilivano le cause del decesso.
Quando morir io, continu Rachele, tu non piangerai
per me.
La ragazzina si sent ferita da quelle parole, e rimase in
silenzio.
Sua madre ignorava che, invece, sarebbe stata sempre l'unica
persona per cui avrebbe pianto.