dove fu allievo di Domenico Morelli V I TA POMPEIANE Salfi Pittore cosentino studiò a Napoli dove...

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Licet, 1884 collezione privata, Napoli; in alto Il cantico dei cantici, 1922, Pinacoteca civica ReggioCalabria; pagina a sinistra I Questuanti, 1922 collezione privata, Cosenza

Enrico SalfiPittore cosentino studiò a Napolidove fu allievo di Domenico Morelli

SCENE DI V I TAPOMPEIANE

Quando Enrico Salfi realizza aCosenza nel 1906 le decora-zioni del plafond del TeatroMassimo (ora “Alfonso Ren-dano”) non immagina certo

che di lì a qualche decennio le sue mira-bili pitture saranno distrutte nel corsodei bombardamenti della Seconda Guer-ra Mondiale (1943). A dire il vero il suorapporto con il Teatro Comunale cosen-tino è sempre stato sfortunato e trava-gliato, fin da quando nel 1900 aveva do-vuto subire l’affronto di vedersi preferi-re per le decorazioni degli interni un mo-desto pittore venuto da Napoli. Inquell’occasione aveva finanche pubbli-cato un pamphlet, “Sul concorso delladecorazione del teatro di Cosenza”(1901), in cui stigmatizzava alcuni com-portamenti “disinvolti” dell’allora am-ministrazione comunale colpevole di fa-voritismi. Non gli valse nemmeno l’ami -cizia e la sintonia con Domenico Morelli,suo maestro, che preferì sostenere lacandidatura di Giovanni Diana, docentedi pittura all’Istituto Regio di Belle Artidi Napoli di cui Morelli era direttore. Sal-fi avrebbe dovuto assumere la direzioneartistica dei lavori mentre l’esecuzionesarebbe stata di Rocco Ferrari, che avevagià eseguito nel 1889 le decorazioni dellasala Consiliare del Municipio.

Dopo qualche anno probabilmente il cli-ma è cambiato in città, se a causa di un im-previsto crollo del soffitto del Teatro(1905), i lavori di rifacimento sono affidatiaSalfi, che li concludeentro il 1906realiz-zando personalmente una grande allego-ria della musica. Di quella composizionerimane la descrizione di un giornaledell’epoca fatta in occasione dell’inaugu -razione avvenuta con l’Aida di GiuseppeVerdi: «La composizione comprende tregruppi che, con sorprendente efficacia, ri-producono l’allegoria delle arti sceniche.II gruppo principale raffigura la musicanelle sue varie gradazioni: la popolare rap-presentata dalla figura che suona i cemba-li, la buffa da quella che suona il doppioflauto, la seria, rappresentata da quellacon la tromba.(...) Il quadro meraviglioso,animato da fervida immaginazione, deli-neato da calda mano, è un vero tesoro d’ar -te. Grande pregio dell’opera è la varietà el’equilibrio nella composizione delle figu-re; effetto difficilissimo ad ottenersi datala molteplicitàdelle figure» ( IlGiornale diCalabria, novembre 1909 ).

Salfi era nato a Cosenza nel novembredel 1857 da una famiglia di umanisti, let-terati e musicisti. Dopo aver intrapreso glistudi classici assieme al fratello maggioreEugenio, diventato poi un apprezzato te-nore lirico, nel 1876 si era trasferito a Na-poli per frequentare l’Istituto Regio di Bel-le Arti, dove aveva avuto come insegnantiil calabrese Angelo Mazzia, Raffaele Posti-glione, Vincenzo Marinelli, e DomenicoMorelli, dai quali, specialmente dagli ulti-mi due, seppe trarre influenze nello stile enei soggetti trattati.

Egli è diventato famoso per le sue scenedi vita pompeiana, filone artisticom, cheassieme all’orientalismo, segna un mo-mento importante della pittura napoleta-na del secondo Ottocento. L’ambientazio -ne esotica e quella nella Roma antica sonoper tanti artisti del periodo un espediente

per rendere il realismo distante nello spa-zio e nel tempo. Si tratta di un modo, di de-rivazione romantica, di “viaggiare” allavolta di civiltà lontane, misteriose e intri-ganti. Il mondo islamico, i paesi del Medi-terraneo o dell’Oriente, visitati diretta-mente o solamente sognati, sono luoghi“altri” e distanti dove dislocare azioni epersonaggi della quotidianità; l’ambien -tazione greco-romana, anch’essa figlia delclassicismo e del culto romantico della sto-ria, permette, invece, di ritrarre gli aspettidella vita di allora come se fossero in un“altrove”mitico.

Sugli sviluppi di questa pittura di am-bientazione romana un grande influsso èesercitato dal “Bagno pompeiano” (1861)di Domenico Morelli, opera egregia digrande sensualità.

Come Morelli, Giuseppe Sciuti, CesareMaccari, anche Salfi manifesta un gustoper lo stile pompeiano; la vita di tutti i gior-ni a Pompei è descritta con vivo realismo etrasporto emotivo, attraverso scenette diordinario racconto. La pittura storica as-sume nell’artista cosentino i tratti di unastoria giornaliera, fatta di “piccoli” avve -nimenti, colti nelle strade di una città ro-mana, che rivive nell'immaginario stimo-lato dai ritrovamenti archeologici di Erco-lano e Pompei.

Si tratta di rappresentazioni dell’anti -chità, che assumono i toni della semplicitàpopolare piuttosto che l’esemplarità dipersonaggi eminenti.

Con opere di tema neopompeiano Salfipartecipa alla mostra della Società Promo-trice di Napoli del 1880 ( “Alla fontana”)eaquella del1881 (“Al passeggio”). Nel1883partecipa all’esposizione di Belle Arti diRoma, dove presenta i dipinti “Venditoredi anfore”e“Licet?”.

Il “Venditore di anfore” (Galleria d’ArteModerna di Milano) raffigura la bottega diun vecchio commerciante di vasi di terra-cotta usati per il trasporto di olio, vino ederrate alimentari; a destra della composi-zione due donne guardano la mercanzia inuna scena fatta di estemporaneità e confi-denzialità. La descrizione fissa un mo-mento fugace con naturalezza e le figuresono catturate dallo sguardo dell’artista-osservatore nell’immediatezza di un movi-mento, di una postura, di un’espressione.Così “Licet?”, esposto all’Esposizione diBelle Arti di Roma del 1883 e alla Promo-trice napoletana del 1884, raffigura unuomo con il tipicopileus (copricapo a pun-ta), mentre sta per entrare in una casa; ildipinto, acquistato dall’amministrazioneprovinciale di Napoli, partecipa anche allaPromotrice del 1888.

Come questa opera pure “Scena pom-peiana”è caratterizzata da un certo rigoredescrittivo e filologico, in quanto sono ri-portate sul muro le antiche iscrizioni delleinsule (sorta di case condominiali), dove sipuò leggere addirittura che si potevano af-fittare le tabernae cum pergulis (negozicon terrazze).

Il dipinto “I figli di Bruto”, eseguito nel1899, è un alto esempio di pittura storicama a sfondo patriottico. L’opera riprendeil tema trattato da Jacques-Louis Davidnel 1789 nel dipinto conservato al Louvredi Parigi; allo stesso soggetto anche An-drea Cefaly senior aveva dedicato nel 1863un grande quadro ora appartenente alla

collezione delMuseo Provincialedi Catan-zaro. Salfi, che conosce certamente le dueopere, si richiama anche lui al primatodell’amor patrio sull’amor filiale. Colloca-to nel Palazzo Municipale di Cosenza (orasede della Casa delle Culture) il dipinto èstato trafugato fra gli anni Sessanta e Set-tanta, assieme a degli arazzi di Paolo Vetrie al bozzetto del sipario del Teatro Renda-

no eseguito da Morelli.L’artista, che era ritornato a Cosenza fra

gli anni ‘93 e ‘94 e che aveva restaurato instile pompeiano la propria casa-studio si-tuata nel quartiere Paparelle, ricopre an-che importanti incarichi pubblici comemembro della commissione comunale deiMonumenti d’arte e d’antichità, (nel 1896e,nuovamente, tra il 1907e il 1910), ispet-

tore dei Monumenti e Scavi (dal 1897 al1903), curatore e riordinatore del Museocivico.

Esegue pale d’altare e cicli decorativi perdiverse chiese della Calabria: S. Domenicoa Cerisano, la chiesa Parrocchiale di Pa-renti, la chiesa di S. Pietro a Rogliano e lavolta della chiesa di S. Nicola di Bari a Co-senza demolita nel 1961 per far posto aduna moderna architettura religiosa. Unsuo “Satana vinto” è esposto a Genova nel1904 mentre “Il Giuda” è presentato allagrande Esposizione Internazionale di Bel-le Arti tenutasi a Roma nel 1911 per le ce-lebrazioeni del Cinquantenario dell'Unitàd'Italia. Partecipa anche alle Biennalid'Arte Calabrese di Reggio Calabria del1920, del 1922 (dove espone ”Aspettandola sposa”, acquistato dalla Real Casa) e del1924. Alla Biennale reggina del 1926 pre-senta “Il Cantico dei Cantici” (PinacotecaComunale di Reggio Calabria), opera ese-guita nel 1922, in cui ancora una voltamantiene viva la lezione morelliana, ac-centuando i modi simbolisti. Il tema bibli-co è trattato con piglio fantastico e lirico; lefigure di amanti, che scivolano sulla sini-stra del quadro descrivendo un arco, han-no qualche assonanza con le donne sotto lastuoia di “Le tentazioni di Sant’Antonio”diMorelli (1878). Anche se qui non c'è l’ero -tismo del caposcuola napoletano, si colgo-no suggestioni comuni e analoghe tensio-ni mistiche.

Anche i vestiti alla maniera araba stabi-liscono corrispondenze formali. Il poemad’amore che la tradizione attribuisce a reSalomone viene interpretato da Salfi coneleganza stilistica.

Isabella Valente sottolinea anche altreinfluenze: “La Figuradiprofeta (…) ripeteil modulo de “II Circasso” di Mariano For-tuny, definito uno dei suoi più bei ricordid'Oriente. Il disegno di Salfi raffigura l'uo-mo orientale nella medesima posizione ap-poggiato al muro, di quello dell'acquerellodi Fortuny”.

Alla VI Mostra d’Arte e dell’Artigianatodi Reggio Calabria del 1931 espone“L’ebreo errante”, ispirato alla figura delcenturione, che, secondo la leggenda, col-pì Gesù lungo la via Calvario e che fu con-dannato a vagare fino all’avvento del re-gno di Cristo. Il pregio di quest’opera è nel-la modernità della figura dell’ebreo che,interpretato in maniera stilizzata, consu-mandosi nel corpo, si fa metafora della dia-spora del popolo ebraico. Una soluzioneformale simile basata su un'anatomiaslanciata era stata adottata da AngeloMazzia, maestro di Salfi a Napoli, già neldipinto “Dante che dalla luce guarda Ro-ma nelle tenebre”, esposto nella Prima Mo-stra d'Arte Calabrese organizzata da Al-fonso Frangipane nel 1912 a Catanzaro.

Tra le ultime opere l'artista cosentinoesegue “I questuanti”, più propriamenteindividuta da Gino d’Alessio come “NostroSignore che confonde i farisei con la mone-ta”, dove sono mescolate componenti ro-mane ecristiane. Salfi è statoanche ritrat-tista, autore di versi (Lyrica pompeiana,Cosenza, 1888), di canzoni (Dal mare) e diuna “Piccola guida di Pompei”. Muore aCosenza il 14 gennaio 1935, lasciando duefigli: Mario, anatomista a Napoli, e Fran-cesco Saverio, apprezzato compositore edirettore d’orchestra.

Ritrattista, autore di versi e canzoniEsegue anche pale d’altare e cicli decorativi

per diverse chiese calabresia Cerisano, Parenti e Rogliano

di TONINO SICOLI