C’era una volta un bambino di nome Marco che frequentava la classe 3^. Marco era un allievo un...

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C’era una volta un bambino di nome Marco che frequentava la classe 3^.

Marco era un allievo un po’ birichino e disobbediente.

Alcune volte quando la maestra spiegava lanciava degli aeroplanini di carta.

Anche i suoi compagni erano infastiditi dal suo comportamento

e spesso gli dicevano di

smetterla, ma lui, indisturbato

continuava.

Oltre agli aeroplanini, Marco si esercitava in classe … con la fionda!

La sua intenzione era quella di beccare la maestra.

L’ allievo birichino voleva infatti attirarela sua attenzione perché avrebbe volutoaverla tutta per sé e non dividerla con

il resto della classe .

Un giorno, a furia di esercitarsi con la fionda, beccò la maestra direttamente

sul naso, che nel giro di qualche secondo divenne rosso come un

peperone e si gonfiò come un’anguria!

La maestra, in preda a un terribile dolore, esclamò: “Questa la rivedrai alla fine dello anno!” e così dicendo mise la fionda nel

cassetto della cattedra e lo chiuse a chiave.

Marco, che era un bambino assai

sveglio, osservò con molta

attenzione dove la maestra riponeva la

chiave e vide che la sistemava

con cura nella sua

borsetta rossa.

Malgrado fosse parecchio malconcia, la maestra proseguì e

terminò la lezione, mentre Marco

trascorse il tempo a pensare a come poter recuperare la preziosa

chiave che avrebbe aperto il cassetto della

cattedra.Era infatti deciso a riprendersi la sua

fionda.

All’uscita della scuola, quatto quatto e

velocissimo Marco si nascose dentro il

baule della macchina della

maestra: se fosse stato necessario sarebbe andato anche in capo al

mondo pur di mettere le mani

sulla borsetta rossa!

La maestra salì in macchina, partì e dopo poco tempo l’auto si fermò: erano arrivati a

casa.

0100

“Attila? Dove sei , micino?” disse la

maestra.“Ma allora ha un

gatto”pensò Marco

rinchiuso nel buio cofano.

“Io adoro i gatti e sono un loro grande

amico!”pensava sfregandosi le

mani e architettando già un piano.

Dopo qualche secondo…bum!

Si chiuse la porta di casa e Marco cominciò a

richiamare in “miagolese” Attila.

“Miao, miao, uou, uau!”che in miagolese significa

“Ti prego caro gattino, mi hanno imprigionato nel baule di questa macchina,

liberami per favore!”

Al richiamo di un suo simile Attila, che aveva il nome di un condottiero feroce ma l’animo

buonissimo, rispose: “ Miiiau! Au au, meu? Miau, miau, miau!” che in miagolese vuol dire “Ma povero

compare! Chi è stato? Adesso ti libero io!” e così dicendo usò i suoi lunghi artigli affilati per aprire la

serratura del baule.

Immaginate la sorpresa del povero Attila quando vide uscire dal baule…un bambino!

“Meeeu?” (Cosa?)“Non spaventarti Attila, sono tuo amico ed ho bisogno del tuo aiuto!” e in pochi miagolii, in

miagolese, raccontò al gatto la sua storia.

“Miuu…” (povero amico mio!)

iniziò a piangere Attila, poi, tirando un po’ su col naso e asciugandosi le lacrime: “ Meau!”

( ti aiuterò io!) disse Attila.

Il gatto assunse un’aria molto

astuta e indicò a Marco di seguirlo.

Arrivarono davanti all’ entrata secondaria e con un

balzo “felino” entrarono

silenziosamente in casa.

Attila condusse Marco nella stanza dove la maestra aveva posato la borsa e …sorpresa delle sorprese

…la stanza era tutta piena di borsette rosse! La maestra infatti, come secondo lavoro, aiutava

una sua amica a vendere borse e le era appena arrivato un carico di borse nuove.

Marco era sbalordito e scioccato, tanto che svenne!

Sentendo un tonfo così forte la maestra corse a veder cosa stava succedendo. Appena entrata nella stanza: “Ah!” gridò a squarciagola e accorgendosi

che era un suo allievo proseguì: “ Marco? Che ci fai tu qui?”.

Marco, rinvenuto a causa dell’urlo della maestra, rispose: “Mm…mm…” cercando una scusa valida

ma non ne trovò nessuna.“Ti ho insegnato a dire sempre la verità. Ti ho

spiegato che se si è onesti si può dire a chiunque qualsiasi

cosa”.

Marco si sentiva dispiaciuto e in colpa per non aver detto subito la verità e per essere

entrato in casa della maestra senza il suo permesso.

“Cosa c’è che non va Marco?”Marco con gli occhi pieni di lacrime confessa: “La verità, maestra, è che io tiro con la fionda

verso di te perché voglio avere la tua attenzione e sono geloso dei miei compagni!”

e così dicendo scoppia a piangere.

La maestra lo abbraccia affettuosamente e dice: “Ed era necessario farmi diventare

il naso come un pomodoro? Bastava dirmelo!”e così dicendo lo consola.

“Io sono la maestra di tutti i miei bambini e non solo la tua. Devi imparare a

rispettare tutto e tutti. Si rispetta la vita privata delle persone e se vuoi

andare a casa di qualcuno devi chiederlo,

non introdurti senza permesso.”

“Per nessun motivo si usa la violenza e non si portano oggetti pericolosi a scuola, tu lo sai! E sai che potevi rischiare di fare molto

male anche ai tuoi compagni”.

“Hai ragione maestra … e non è l’unico danno

che ho combinato oggi!” prosegue Marco.

“Che altro hai combinato?” chiede la maestra preoccupata.

“Ecco … hai presente il baule della tua

macchina? Diciamo che è stato scassinato..”“Come scassinato?”

esclamò la maestra coi capelli tutti dritti e il

naso ancora rosso come un pomodoro.

Marco disse tutta la verità perché aveva imparato che rispettare una persona voleva dire essere sempre

sinceri.

La maestra apprezzò molto la sincerità di

Marco e gli disse:

“Vedo che hai imparato a

rispettare tutto e tutti. Credo sia

giusto ridarti la tua fionda. Domani a

scuola te la restituirò”.

“ Ed io la poserò a casa e non la porterò più a scuola”

continuò Marco.

Era quasi ora di merenda. La maestra propose

“Ti va un buon the con i biscotti?”.“Uahu !Ma che idea fantastica!” rispose

Marco felice.

La maestra preparò the e biscotti, si sedettero comodamente sul divano e

fecero merenda.

“Beh stavolta mi hai tutta per te!” disse la maestra ridendo.

“Eh già..” disse Marco con le labbra piene di briciole di biscotti.

E spalancò un largo sorriso.