Post on 18-Feb-2019
I MESSAGGI DEI RIFUGIATI COLOMBIANI
AI DONATORI ITALIANIPer saperne di più www.unhcr.it
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Notiziario riservato ai donatori italiani dell’UNHCR
CARI AMICI RIFUGIATI SONO CONTENTA DI POTERVI AIUTARE ADRIANACARI BAMBINI SONO ANCH IO UNA BAMBINA COME VOI, SPERO CHE
POSSIATE GIOCARE E ANDARE A SCUOLA COME ME SILVIA CARO AMICO,SONO UN PENSIONATO DISABILE DI 84 ANNI PIETRO VORREI AVERELARGHE ALI PER PROTEGGERVI PINA SIETE GLI UOMINI E LE DONNE PIUÙ FOR TI DELLA TERRA GIUSEPPE NON SIETE SOLI! STEFANIA VI
AMMIRO PER IL VOSTRO CORAGGIO PATRIZIA IL MIO SOGNO SAREBBE DIDARVI MOLTO DI PIU EMILIA UN FORTE ABBRACCIO MARCELLO QUELPOCO CHE FACCIAMO E UN GRANELLINO DI SABBIA MARO E GRACE
NON CI CONOSCEREMO MAI, MA VORREI CHE SENTISTE IL MIO AFFETTOMARIA EDMEA LA VITA NON DOVREBBE ESSERE UNA LOTTERIA
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I vostri messaggi per i rifugiati
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CopertinaEstratti dei messaggidei donatori italiani airifugiati
CoordinamentoredazionaleLaura Perrotta
Hanno collaborato a questo numero:Adele MarzettaFederico ClementiGiulia Anita BariLiliana GigliMarilena AlbaneseMartina FrancavillaPaolo PaciniSonia AguilarValentina VirdisXavier Creach
Progetto graficoEnrico Calcagno AC&P - Roma
StampaTNT Post Services
Foto © UNHCR di:Boris HegerFernando ScicchitanoGiovanni Sabato Hélène CauxLaura PerrottaSonia Aguilar
Per proteggere l’identitàdei rifugiati, le fotografienon rappresentanonecessariamente lepersone descritte neitesti.
Per le vostredonazioni
Tramite carta di credito: numero verde800298000o www.unhcr.it
Tramite bonificobancario: BNL Agenzia 63 viale Parioli 9 Roma IBAN:IT84R0100503231000000211000intestato a UNHCR
Tramite bollettinopostale: n. 298000intestato a UNHCR
di Giulia Anita Bari
PAKISTAN,GRAZIEPER ILVOSTROAIUTO!Nei mesi scorsi vi abbiamochiesto un aiuto per duemilioni di rifugiati cheerano stati costretti adabbandonare le loro case acausa del conflitto tra forzegovernative e militantinella Provincia dellaFrontiera di Nord Ovest, inPakistan. Appena è stato possibile,l’UNHCR e altre agenzieumanitarie hannocollaborato con il governopakistano per sviluppareun programma di
dall’UNHCR era emersoche la maggior parte dellepersone, nonostantevolesse tornare a casa, erapreoccupata per lasicurezza, per ladistruzione delle case,delle infrastrutture e,soprattutto, per lamancanza di cibo e discuole. Perciò gli sfollatipiù vulnerabili, tra cui ledonne in gravidanza,avevano dichiarato che,per il momento,preferivano restare neicampi, perché lì avrebberoavuto certamente accessoai servizi medici.Ad oggi,hanno aderito alprogramma di rimpatriovolontario circa 70-80sfollati al giorno, per untotale di circa 234.000persone.
GRAZIE!
rimpatrio degli sfollatinelle loro regionid’origine. Ora, anchegrazie al vostro aiuto, laprima delle quattro fasi delprogramma è diventataoperativa. Tuttavia, attivare unprogramma di rimpatrio èun’operazione complessa:implica un valutazioneattenta della situazione delpaese e delle volontà dellepersone fuggite. Leoperazioni di rimpatrio,infatti, si fondano su treprincipi: volontarietà,sicurezza, dignità. Per talemotivo, prima è stataaccertata la volontà deglisfollati di ritornare nellezone d’origine e, solo inseguito, si è proceduto astilare una lista di candidatie un elenco delle personepiù vulnerabili.Dalle interviste condotte
Rifugiati News 3
Indice
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La foto che vedete in questa pagina ritrae una delle iniziative che abbiamopreparato qui a Roma per le celebrazioni della Giornata Mondiale delRifugiato, il 20 giugno scorso: la proiezione del logo UNHCR sul Colosseo.Per tutta la settimana le iniziative si sono rincorse in tutta Italia,consentendoci di parlare di rifugiati a un pubblico più vasto del solito. Grazieal lavoro dei nostri dialogatori in molti aeroporti (articolo a pagina 9) abbiamopotuto contattare tante persone nuove, che hanno aderito al programmaAngeli dei Rifugiati.
Anche il resto del mondo ha celebrato la giornata del 20 giugno con iniziativedi ogni genere: a Washington DC Angelina Jolie ha tenuto un discorso moltotoccante, raccontando come i rifugiati le abbiano cambiato la vita. Moltepagine di questo numero sono dedicate alla regione amazzonica intorno aLago Agrio, in Ecuador. Una visita sul campo ci ha consentito di ascoltare lestorie dei rifugiati colombiani e di recapitare i vostri coupon pieni di messaggi(articolo a pagina 10) a tante donne, bambini e uomini che vivono negliinsediamenti gestiti dall’UNHCR. La lettera che accompagna questanewsletter è proprio scritta da un nostro collega che lavora in Ecuador ognigiorno al fianco dei rifugiati.
In ultimo vorrei usare questo spazio per ringraziare tutti coloro che hannoeffettuato una donazione per il Pakistan nelle scorse settimane. L’articolo quiaccanto, a pagina 3, racconta che anche grazie a noi, l’UNHCR è già statoin grado di riaccompagnare a casa molte persone. Ma quello che è piùimportante è che queste persone sono potute tornare a casa perché alloscoppio della crisi siamo riusciti a intervenire subito, dando loro ospitalità neicampi.
Come potrete leggere nelle pagine di questa newsletter ci sono molti progettie molte cose concrete che insieme possiamo fare per aiutare tante famigliedi rifugiati in diverse regioni del mondo: non fate mancare loro il vostroprezioso e generoso contributo! Vi invito ad utilizzare oggi stesso il bollettinodi conto corrente postale o il coupon per donazioni con carta di credito. Lavostra donazione potrà così arrivare a destinazione subito e portare lasperanza per un futuro migliore e piu’ dignitoso nella vita di tanti esseri umaniche contano sull’aiuto di amici lontani.
A nome di tutti loro, grazie per i vostri messaggi e per quanto vorrete fare!
Federico ClementiRESPONSABILE RACCOLTA FONDI
UNHCR IN ITALIA
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Colombia, unastoria di guerre
Ecuador,accogliendo i colombiani in fuga
Se il rifugio èl’Amazzonia
I vostri messaggiper i rifugiati
Bombonieresolidali
I messaggi dei rifugiati per voiInformativa ai sensi dell’art. 13, d. lgs 196/2003
I dati sono trattati da UNHCR - titolare del trattamento - Via A.Caroncini 19, 00197 Roma (RM), per l’invio della newsletter supropri progetti, iniziative ed attività di raccolta fondi, comeespressamente richiesto. I dati sono trattati, con modalitàprevalentemente elettronicamente e telematiche, dalla nostraassociazione e da soggetti terzi che erogano servizi connessi aquanto sopra; non saranno comunicati né diffusi né trasferitiall’estero e saranno sottoposti a idonee procedure di sicurezza. Aisensi dell’art. 7, d.lgs. 196/2003, si possono esercitare i relatividiritti fra cui consultare, modificare, cancellare i dati trattati inviolazione di legge e richiedere elenco dei responsabili scrivendo aitarodon@unchr.org. Per sospendere l’invio della newsletter, inviareuna e-mail all’indirizzo: a itarodon@unchr.org, inserendonell’oggetto: “unsubscribe newsletter”.
Rifugiati News 4
Raccontare la storia della Colombiaè come cercare di mettere insiemele tessere di un puzzle più volte
distrutto e ricomposto. È la storia divecchie e nuove colonizzazioni, di sempreverdi giochi di potere. Di molte morti e dialtrettante fughe. La Colombia prima nonaveva un nome. O meglio, non aveva unnome che corrispondesse ai confini cheoggi conosciamo. Era la terra a nord ovestdell’America Latina che dal freddo deighiacciai andini scivolava verso il climacaldo e umido della regione del Pacifico.Una terra vissuta da tribù appartenentiprincipalmente alle tre grandi famiglielinguistiche arawak, caribe e chibcha.
Nel XVIII secolo la terra, che non è ancoradi Colombia, è il vicereame di NuovaGranada, nome di battesimo dato daicoinquistadores spagnoli che già daduecento anni occupano e colonizzano ilterritorio, shiavizzando la popolazioneindigena e la “merce” umana africana,venduta e comprata nel porto di Cartagenade Indias. È una terra vasta che comprendei confini attuali di Colombia, Ecuador,Venezuela, Panamà e ha come capitaleSanta Fé. Il 7 agosto del 1817, grazie allalotta dei coraggiosi Simòn Bolìvar eFrancisco de Paula Santander contro ildominio spagnolo, il vicereame di NuovaGranada diventa la Repubblica dellaGrande Colombia e, nel 1886, Repubblicadi Colombia. Una repubblica cheabbandona il suo “grande” suffisso quandoVenezuela, Ecuador e dipartimento diPanamà vincono, in tempi diversi, le guerredi secessione. Rimasta sola, la Repubblica èpronta ad affrontare un nuovo conflittoall’esterno delle sue frontiere, questa voltacontro il Perù. Oggi la Colombia è un paese che combatteancora. Dal 1964 è in atto un conflitto incui si fronteggiano truppe governative,gruppi armati come il Fronte ArmatoRivoluzionario Colombiano (FARC) ol’Esercito di Liberazione Nazionale (ELN),cartelli della droga, gruppi paramilitari. A
POPOLAZIONETOTALE:
45 MILIONI SFOLLATI INTERNI:
3 MILIONIPOPOLAZIONE
SOTTO LA SOGLIA DI POVERTÀ:
49%RIFUGIATI
ALL'ESTERO:
380MILA
COLOMBIA: IL PAESE CON PIÙSFOLLATI AL MONDOdi Giulia Anita Bari
ECUADOR, UN PAESE DASOSTENERE PERCHÉ SOSTIENE I RIFUGIATI
L e operazioni dell’UNHCR inEcuador iniziarono nel 2000 surichiesta del Governo ecuadoriano
in seguito al numero crescente di rifugiatiprovenienti dalla Colombia. Da alloral’UNHCR sostiene il governo nel mettere apunto e mantenere un sistema di asiloche sia in accordo con gli standardinternazionali. È un lavoro articolato. Per il riconoscimento dello status dirifugiato è in corso un progettoeccezionale: il Registro Ampliado. Ilconcetto è semplice: non tutti irichiedenti asilo riescono a portare atermine la procedura e a raggiungere lostatus, perché è troppo costoso ecomplicato per loro andare in città aseguire le pratiche burocratiche,soprattutto se abitano in campagna o nellaselva amazzonica. E allora succede ilcontrario, è lo Stato che va dai richiedenti.E così, dal marzo scorso, ben cinquantafunzionari governativi sono partiti contutti i loro incartamenti verso le provinciedel nord, vicine al confine colombiano,
spostandosi ogni settimana in un’areadiversa, raggiungendo i villaggi piùsperduti. L’intera procedura di indaginedura una sola giornata, al termine dellaquale il richiedente avrà i suoi documenti. “Quando hanno provato a portarsi via miafiglia, che aveva solo 11 anni, decisi discappare dalla Colombia”, dice la signoraMercedes che vive in Ecuador da tempo,ma solo adesso ha potuto avere tutte lecarte in regola. Come lei, altri 15 milarifugiati, grazie a questo progetto hannoraggiunto il sogno di poter girare per lestrade del paese senza il terrore di essererispediti in Colombia perché privi didocumenti. Ma non è questa l’unica attività chel’Agenzia Onu per i Rifugiati porta avantinel paese. L’altro aspetto dell’accoglienzaè l’assistenza immediata a chi arriva. È unlavoro che l’UNHCR svolge insieme apartner locali e internazionali come peresempio la Croce Rossa Ecuadoriana oHIAS, una organizzazione non governativainternazionale.
Equador
Perù
Brasile
Venezuela
Panama
Bogotà
COLOMBIA
costoro si aggiunge tutta la criminalità chepuò svilupparsi in un paese in cui le armiabbondano e la legalità non è scontata. Èdifficile non immaginare le conseguenze:migliaia di morti, feriti, rapiti, sfollati epersone scomparse. Infatti è il paese con ilpiù alto numero di sfollati interni almondo, più di 3 milioni, di cui il 70 percento sono donne e bambini, l’80 percento viene dalla campagna eallontanandosi dalla propria terra perdeogni mezzo di sostentamento. Agli sfollatidobbiamo aggiungere quanti fuggono osono fuggiti in passato cercando rifugiofuori dai confini nazionali, soprattutto inEcuador, in Venezuela, in Costa Rica, aPanama e in Brasile. E proprio in Ecuador Angelina Jolie,ambasciatrice dell’UNHCR, era andatatempo fa a far visita ai rifugiati chearrivavano copiosi attraverso la frontiera,centinaia al giorno. L’obiettivo del suoviaggio era quello di risvegliarel’attenzione del mondo sulla crisicombiana. Oggi non sono più così tante lepersone che bussano ogni giorno allafrontiera, ma la crisi non è passata: si èsolo trasformata da acuta a cronica.L’Ecuador, come si potrà scoprireleggendo le pagine di questo numerospeciale della newsletter, resta un paesecruciale per la sopravvivenza di circa130.000 persone che trovano rifugio inquesto paese.
ECCO COME AIUTARE
31 EURO 8 coperte
45 EURO 7 materassi 80 EURO
1 kit sanitario per una famiglia100 EURO
per contribuire alprogetto del Registro
Ampliado 250 EURO
per sostenere i programmi di
integrazione nel paesePer donare può utilizzare
il bollettino allegato ochiamare il
numero verde 800 298 000
Il primo passo è quello di individuare lepersone più bisognose: purtroppo nonc’è la possibilità di dare assistenza a tutti edunque bisogna scegliere, formulandouna tristissima graduatoria di chi stapeggio. Solo i più fragili potranno ricevereun sostegno concreto come cibo,materassi, kit per l’igiene personale. “Miamoglie è in ospedale, perché ha avutouna complicazione con il parto”, spiegaOsvaldo alle ragazze della Croce Rossa chegli chiedono come mai ha richiesto unsostegno, pur essendo arrivato da moltotempo. “Ho dovuto lasciare il lavoro perstare a casa con le altre due bambine.Come fanno sennò, senza nemmeno ungenitore?”In alcuni casi l’UNHCR riesce a dare anchealtri servizi come corsi di alfabetizzazione,assistenza legale, consigli sulla ricerca diun lavoro, microcredito, supportopsicologico. Quest’ultimo dedicatosoprattutto a coloro che ne hannodavvero molto bisogno: le vittime ditortura. Si stima che siano 130 mila le personepresenti in Ecuador che hanno diritto allaprotezione internazionale. Tornare inColombia per loro è impensabile, dunquel’unica possibilità è quella di integrarsi inquesto paese, cercando di dimenticare ilpassato e di rendersi indipendenti perricostruirsi una vita.
Alcuni ospiti di Apafano leggono i messaggi chehanno appena ricevuto da parte dei donatoriitaliani (vedi articolo a pagina 10).
Con il programma Angeli dei Rifugiati - Famiglie - potrai aiutarci a supportare le famiglie dei rifugiati nel crearsi una nuova vita.
Per aderire al programma con una donazione regolare compila e spedisci ilmodulo allegato, indicando la preferenza “Famiglie”,
oppure chiama il numero verde 800 298000.
Con il programma Angeli dei Rifugiati - Emergenze - potrai aiutarci a intervenireimmediatamente nelle situazioni più difficili.
Per aderire al programma con una donazione regolare compila e spedisci ilmodulo allegato, indicando la preferenza “Emergenze”,
oppure chiama il numero verde 800 298000.
di Laura Perrotta
La foresta pluviale non è un belposto per gli uomini: rettilivelenosi, insetti urticanti, parassiti
di ogni tipo, fango, pioggia, fiumi in piena.Vivono così le 70 famiglie di BarrancaBermeja, in Ecuador, 50 delle qualicolombiane. Non hanno molta scelta, ipericoli della giungla sono comunquepreferibili all’idea di tornare in mezzo alconflitto, in Colombia. Hanno una strada sterrata che collega ilvillaggio alla città di Nuova Loja. Certo, sepiove è inagibile e anche se non piove ètalmente mal messa che qualunquemezzo deve andare a passo d’uomo. Maalmeno c’è, ed è un vantaggio enormerispetto a tante altre comunità che vivononelle stesse condizioni ma che non hannonemmeno una strada di accesso. Se vivi aBarranca puoi andare dal medico anchese non hai i soldi per pagare un mezzo ditrasporto, “basta” camminare per mezzagiornata. Negli altri posti devi
necessariamente prendere una barca cheva pagata, il che significa spesso nonpoterci andare. La strada è talmenteimportante che gli abitanti di Barranca,hanno deciso di occuparsi loro stessi dellamanutenzione, senza aspettare aiuti: ladomenica quando non lavorano neicampi, riempiono le buche, spostano irami, consolidano il fondo stradale. Proprio qui l’UNHCR ha installato un
impianto che raccogliel’acqua pulita di un torrente,la filtra a la distribuisce allevarie capanne. Anche inquesto caso la comunità si facarico della manutenzionedel sistema. “Ogni giornovengo qui per controllareche il motore del filtraggiofunzioni, che sia tutto aposto” dice orgoglioso Luispresidente del comitatoincaricato di gestire lacisterna. È un progetto di successo,ma non basta: bisognariprodurlo in tutti i villaggilungo il fiume, quelli chenon hanno nemmeno lastrada di accesso. Èsemplice, non costa molto,ma è bastato per ridurre le
malattie nel villaggio del 50 per cento.Anche perché prima non c’era alternativache usare l’acqua inquinata e malsana delfiume San Miguel. Il paese è tranquillo, le capanne di legnoraccolte attorno all’unico negozietto, legalline che scorazzano, un piazzale difango in riva al fiume. Se uno non lo sa,non percepisce il disagio degli abitanti,sottoposti al continuo pericolo di minaccee intimidazioni per la presenza vicinissimadei gruppi armati, al di là del fiume.Quando gli operatori dell’UNHCRarrivano qui per qualunque motivo, comesorvegliare l’andamento del progettodell’acqua, hanno sempre delle storiedifficili da ascoltare, situazioni di pericoloa cui porre rimedio al più presto. Irifugiati sanno di poter chiamare l’ufficiodi Lago Agrio a qualunque ora, ma dicerte cose è meglio parlare a voce.L’assistenza e la protezione, parole chiavenell’operato dell’UNHCR, in questo postopercorrono le stesse strade: solooccupandosi dei bisogni materiali deirifugiati, lavorando accanto a loro, si riescea conquistarsi la loro stima e la lorofiducia. Chi ha paura non si fida di unsimbolo, per quanto rassicurante, ma sifida di chi conosce, di chi si sporca lemani per lui.
Gli edifici bianchi di Apafano sivedono dalla strada, all’interno dispazio chiuso, recintato con tanto
di lucchetto e guardiano. Non per impedirel’uscita, ma per consentire l’entrata solo achi vive o lavora in questo centro. Perchéchi vive qui ha la necessità primaria disentirsi al sicuro. Il centro infatti accoglieogni giorno circa 60 persone che hannobisogno di protezione internazionale. Vi sitrovano intere famiglie con bambini oppureadulti soli, in fuga dalla vicina Colombia.Sono persone spaventate, sole, che hannovissuto la guerra e sono riuscite adallontanarsene, tra mille pericoli eincertezze, lasciando a casa o perdendo nelcorso del viaggio ogni bene necessario asopravvivere. Alcuni di loro sono statisfollati anche per lungo tempo, vagando dipaese in paese, prima di arrivare qui.Apafano è il primo spazio che incontranodove sentirsi sicuri, dopo aver abbandonato
le proprie case e le proprie famiglie. Ilprimo posto in cui i bambini possonogiocare liberamente. Un rifugio. Si stimache siano 30.000, solo in questa zonaorientale dell’amazzonia equatoriana, lepersone per le quali una qualche forma diprotezione internazionale è necessaria. Il lavoro dell’UNHCR in questo centroconsiste prima di tutto nel dareun’assistenza umanitaria di base immediata:riparo, cibo, materassi, biancheria, kit perl’igiene personale. Le stanze sono spartane,gli spazi comuni sono solo quelli necessari:il refettorio, la lavanderia, l’area per i bimbie poco più. Gli stessi ospiti sono chiamati acollaborare attivamente alla gestione deglispazi, facendo i turni per la cucina, lepulizie e così via. Si può restare qui soloqualche giorno, il tempo di cercare unasistemazione migliore, per poi lasciarespazio ai nuovi arrivi. Per questo la vita nelcentro è concepita come un primo passo
APAFANO: UN POSTO SICURO DA CUI RICOMINCIARE A Lago Agrio l’UNHCR gestisce un centro di primaaccoglienza che può ospitare fino a 500 personebisognose di protezione internazionale. Costruito nel 2001, Apafano è un esempio di comel’assistenza umanitaria sia il primo passo necessarioper arrivare a soluzioni durature di Sonia Aguilar
affinchè gli ospiti possano raggiungereun’autonomia e siano pronti a integrarsi nelcontesto locale o, quando è necessario,essere trasferiti in un altro Paese. Ci sonoprogrammi speciali dedicati alla tutela di chiè più vulnerabile come le madri sole, imalati e gli anziani con la presenza dipersonale specializzato.Da quando è nato, nel 2001, Apafano non silimita a offrire ai suoi ospiti un tetto e delcibo. Gli ospiti spesso chiedono anche unappoggio per affrontare i traumi dati dallesituazioni che hanno vissuto. I lavori digruppo – a volte anche solo ludici – e ilsupporto individuale di psicologi eoperatori sociali, permettono alle personedi superare il passato e affrontare meglio lesfide future. Inoltre nel centro sonoorganizzate attività ricreative e di trainingper gli adulti, un servizio di assistenzascolastica, attività culturali e sportive perbambini e adolescenti.
Il centro non è altro cheuno spazio in cui sentirsisicuri. Non è un punto diarrivo, ma solo una portasul cammino dei rifugiati.Una porta che ciascunodeve impare ad aprire perricominciare a vivere
SE IL RIFUGIO È L’AMAZZONIA
Rifugiati News 8
di Liliana Gigli
Èsabato 20 giugno e per Sergio si è conclusa unasettimana di trasferta a Roma. Finalmente puòpensare al rientro a Venezia dalla sua famiglia. I
bambini lo aspettano trepidanti, vogliono mostrarglila pagella di fine anno: sono stati promossi tutti e tre,sono l’orgoglio di mamma e papà. Si meritanoproprio un bel premio, un regalo speciale. Ma dove può trovare qualcosa di adatto? E quando?Ora non può, deve correre a Fiumicino cercherà lìqualcosa da comprare, prima diimbarcarsi. Nel frattempo, aFiumicino, Eugenio arriva trafelato. É in ritardo sull’inizio del lavoroperché ha appena terminato la provadi arabo all’università. È andata bene,ma gli ha impedito di partecipare allaconferenza organizzatadall’UNHCR. Che peccato, citeneva tanto! Il 20 giugno è laGiornata Mondiale del Rifugiato,non è un giorno come tanti per chicome lui si dedica con passione aquesta causa. Il lavoro di dialogatoreera iniziato così, un pò per caso, sistava trasformando in una vera epropria missione, ed Eugeniorimaneva sempre più coinvolto. Sonoormai 10 mesi che parla delle sfideche le famiglie di rifugiati sonocostrette ad affrontare in tante partidel mondo, e non c’è niente di più
gratificante per lui e per i suoi colleghi del riuscire atrovare sempre nuovi “Angeli”.Elisa invece è a Milano anche lei in aeroporto, aLinate. Anche per lei oggi è un giorno speciale. Haavuto l’autorizzazione dal responsabile di Linate diallestire un banchetto dove esporre gli oggettiutilizzati nei campi per far capire meglio ai passantiche i rifugiati hanno bisogni reali, concreti come lepentole in cui cucinare, le coperte con cui coprirsi, iteli per ripararsi dalle piogge. Non sono solo Milano e Roma gli aeroporti cheaderiscono alla campagna “Gli angeli prendono ilvolo”. Anche gli aeroporti di Venezia, Palermo,Bologna, Torino e Genova ospitano i dialogatoridell’UNHCR. Finalmente Sergio è in aeroporto, dopo il check inpuò scegliere con tutta calma i regali che porteràstasera alla sua famiglia. A sua moglie Paola regaleràuna borsa, c’è solo l’imbarazzo della scelta in quellosplendido corridoio del terminal A pieno di negozi. Eai bambini? Ai bambini vuole regalare qualcosa dispeciale per la promozione, ma cosa? No, nonl’ennesimo videogioco. Da lontano vede con la codadell’occhio la scritta UNHCR sulla schiena azzurra diun ragazzo, cos’è? È Eugenio che in quel momento sigira e incrocia lo sguardo di Sergio, accenna un sorrisoe gli va incontro: “Buonasera, mi chiamo Eugenio, losa che oggi è la Giornata mondiale del Rifugiato?”
Sergio esita un istante ma poiappoggia il trolley. “No...non losapevo.” In quattro minuti Eugenioparlerà a Sergio dei bambinicolombiani scappati da violenzeinaudite, che hanno trovato rifugioin Ecuador dove sperano diricominciare una nuova vita, di poterandare a scuola. “Oggi le chiedo,signor Sergio, di regalare a tantibambini la speranza in un futuromigliore. Sostenga i nostri progetti,diventi un Angelo dei Rifugiati!” Angeli forse un pò troppo per quelletre piccole pesti, ma in fondo vabene. Ecco cosa regalerà Sergio aisuoi bambini: diventeranno deipiccoli “Angeli dei Rifugiati”! Hatrovato qualcosa di speciale che nonverrà cestinato dopo pochi giornima, anzi, crescerà di valore colpassare del tempo!
UNHCR RINGRAZIA DI CUORE:
ENAC Ente Nazionale per l'Aviazione Civile
ASSAEROPORTI AssociazioneItaliana Gestori Aeroporti
Aeroporto di Bologna Spa"Guglielmo Marconi"
ADR Spa- Aeroporto di Roma"Leonardo Da Vinci"
GESAP Spa - Aeroporto diPalermo "Falcone e Borsellino"
SAGAT Spa - Aeroporto di Torino"Sandro Pertini"
SEA Spa-Aeroporti di Milano"Linate e Malpensa"
SAVE Spa - Aeroporto di Venezia"Marco Polo"
SESTRI Spa - Aeroporto diGenova "Cristoforo Colombo"
Dagli aeroporti d'Italia decolla il programma Angeli dei Rifugiati
Nonostante il peso degli stivalidi gomma, Viviana camminaveloce lungo il sentiero che
separa la sua capanna di legno dallascuola. Non ci sono strade qui aProvidencia, né semafori, solol’immensità della giungla amazzonica.Per questa bimba colombiana di 11 anniè meraviglioso riuscire a tornare a casain tempo per il pranzo, per la primavolta dopo tanti anni. “Prima, per andare a scuola dovevoattraversare il fiume in barca e poicamminare per due ore” spiegasorridendo, senza sottolineare chequesto significava attraversare lefrontiera e tornare in Colombia, ognigiorno. Nonostante sia fuggita da quelPaese con la sua famiglia a causa delconflitto in corso, non c’era altrapossibilità che tornarci se voleva andarea scuola. Viviana vive con la famiglia in una casettadi legno sulla riva del fiume San Miguelsul confine tra Colombia ed Ecuador, a
Providencia, un villaggio lontanissimo datutto, dove vivono da molti anni circa 30famiglie colombiane senza acquapotabile, ne luce elettrica, né alcunservizio pubblico. Per raggiungerlo dallacittà più vicina bisogna arrivare aBarranca Bermeja – tre ore di viaggio suuna strada infernale – e da lì risalire inbarca il fiume per altre due ore. “La cosa peggiore era pensare a tutti ipericoli che correvano i bambini ognigiorno”, spiega Maria Analiba, una dellemadri della comunità. “Sono arrivata quicinque anni fa con otto bambini.Immaginatevi che sofferenza vederliattraversare il fiume. Ogni giornopensavo che potevano affogare”, diceMaria che ha già visto morire due deisuoi figli. “A volte il fiume cresceva
UNA SCUOLA PER PROVIDENCIANel 2009, l’UNHCR ha costruito quattro piccole scuole per lecomunità della frontiera tra Ecuador e Colombia: Providencia,Villa Hermosa, Real Villanueva e Santa Elena, dando unasperanza di futuro a decine di bambini rifugiati. Ma sono ancoramolti i villaggi che non hanno una scuola raggiungibile
di Sonia Aguilar
VOGLIAMOCOSTRUIRE UN'ALTRA
SCUOLA COME QUELLADI PROVIDENCIA, IN UN
ALTRO VILLAGGIO.
AIUTACI A FARLO:
AGGIUNGI UNMATTONE!
Eviteremo a molti altri bambini il pericolo
di attraversare la frontiera e il fiume da soli, ogni
giorno, per andare a scuola in Colombia
PROVIDENCIA HA UNASCUOLA, MA PER
FUNZIONARE HA BISOGNODI MOLTE ALTRE COSE
Con 20 euro puoi donare penne, quaderni e libri
a uno scolaro
Con 45 euro puoi donare un banco e una sedia
Con 100 euro puoicontribuire a costruire
la cucina
improvvisamente e i bimbi nonriuscivano più a tornare indietro,dovevano restare sull’altra sponda, dasoli, senza che nemmeno noi da quipotessimo raggiungerli per aiutarli”. Oggi è un giorno di festa per bambini egenitori. Grazie alla cooperazione traUNHCR, Coopi (ong italiana partner diUNHCR) e le autorità locali e nazionali,Providencia avrà una scuola tutta sua, daquesto lato del fiume, conun’insegnante. La scuola sarà integratanel sistema scolastico nazionale, chedarà continuità al progetto, garantendola presenza di un’insegnante ogni anno. “L’UNHCR è felice di collaborare con ilgoverno Ecuadoriano per dare i servizidi base anche a questi villaggi cosìremoti che accolgono i rifugiati", spiegaDeborah Elizondo, rappresentanteUNHCR in Ecuador, " ringraziamo lanuova insegnante e le diamo ilbenvenuto perché ha dimostrato ungrandissimo impegno nell’accettare dilavorare e abitare in un luogo in cui lecondizioni di vita sono così dure ". Ma Providencia è solo uno dei moltivillaggi lungo il fiume, negli altri unascuola ancora non c’è. L’UNHCR spera diriuscire a estendere questo progettoanche a tutte le altre comunità perchécentinaia di bambini come Viviana, siarifugiati che ecuadoriani, possano andarea scuola senza rischiare la vita ognigiorno. Viviana non ha mai pensato a cosa faràda grande, ma suo padre sì: spera chesua figlia studi, che trovi un lavoro esoprattutto che abbia una vita miglioredella sua.
6000 è il numero di famiglie a cui l’UNHCR ha dato il proprio aiutoattraverso gli Angeli dei rifugiati, reclutati negli aeroporti d’Italia
Rifugiati News 11Rifugiati News 10
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BOMBONIERE EREGALI SPECIALIdi Paolo Pacini
Quando leggerete questo articolo, sarà possibile scegliereun nuovo modo di sostenere i rifugiati: acquistare ibigliettini UNHCR simbolo della vostra donazione airifugiatiAvrete diverse possibilità tra cui scegliere: biglietti per lebomboniere delle vostre occasioni speciali, biglietti cheritraggono l’oggetto che avete donato (una tenda, unacoperta, una tanica per l’acqua). La procedura è semplice: scegliete il tipo che preferitesulla pagina web delle donazioni online, fate la vostradonazione e chiamate il numero verde 800298000 oinviate un’email a itarodon@unhcr.org per richiedere ibiglietti e riceverete a casa la quantità richiesta. Da tempo, molti di voi hanno espresso il desiderio dipoter dedicare ai rifugiati un aiuto concreto in occasione
di eventi speciali. Siamo quindi sicuri dell’entusiasmocon cui accoglierete questa novità. Aspettiamo le vostrerichieste e ringraziamo già da ora quanti di voisceglieranno di condividere con i rifugiati i proprimomenti di gioia.
di Laura Perrotta
“Non so che faccia faranno,non so se la cosa susciteràinteresse oppure no”.
Lo so, ne ho tenuto conto. Le personeche stiamo per incontrare hanno soffertoquantomeno il dramma della fuga, moltospesso eventi peggiori: può anche darsiche non riescano a godersi i messaggi chei donatori italiani hanno inviato lorotramite la newsletter dell’UNHCR. Ma io ciprovo lo stesso, ormai li ho tradotti e nonaspetto altro che poterglieli consegnare. Alcuni dei messaggi hanno poche parole,altri ne hanno talmente tante da occupareogni angolo del coupon; alcuni hanno undisegno, una foto, un tocco di colore. Altrihanno una macchia di caffè, ritratto deltempo sottratto al sonno per scrivere.Sono tutti magici, perché contengonoframmenti di storie, ritagli di emozioni,
scorci d’anime esposte a sud, il sud delmondo. Non sapevamo chi e quanti deinostri sostenitori avrebbero risposto alnostro invito, certamente non ciaspettavamo un esito così generoso. E così, quando sono partita per lamissione in Ecuador, alcuni chili del miobagaglio erano fatti di carta, preziosa eindispensabile come il passaporto. Ora siamo a Lago Agrio e insieme aicolleghi UNHCR dell’ufficio locale sto perincontrare gli ospiti del centro di primaaccoglienza di Apafano (vedi articolo apagina 7). Ascolterò le loro storie,racconterò cosa facciamo in Italia persostenerli e leggerò loro i messaggi deidonatori italiani. Sonia, una dei colleghi,giustamente mi prepara al peggio: puòdarsi che la cosa non susciti moltointeresse. Sono soprattutto donne e bambini quelliche mi trovo davanti quando ci riuniamonel padiglione dedicato ai pasti, perchégli uomini, i pochi che ci sono, sono incittà a cercare alloggio, lavoro,documenti. A cercare di inventarsi unastrada per il futuro, dal momento che unagià tracciata non c’è. Parlano poco di se stesse le signorecolombiane, sono appena arrivate ehanno voglia di dimenticare, ma cipresentano con orgoglio i loro piccoli, e iloro piccoli sorridono sospettosi e
curiosi, insolenti e innocenti. Molto piùadulti di quanto sia giusto. La signoraPaula è appena arrivata con i suoi sei figli;ha molta paura, mi dice, perché pensache siano stati seguiti da qualcuno fin daquando sono fuggiti. Sono scappati dacasa pochi giorni fa con i soli vestiti cheavevano addosso. Mi domando chesollievo possano portarle le mie parole,che senso abbia leggerle il biglietto dellasignora Elvira o del signor Antonio. Chiediamo a Paula e alle altre se hannovoglia di sentire le parole dei donatoriitaliani e loro, incredibilmente, siilluminano: vogliono sapere chi sono lepersone che gli scrivono, voglionoascoltare le lettere sono felici di sapereche al di là dell’oceano qualcuno pensa aloro e ha a cuore la loro sorte. È facilespiegare: chi scrive sono persone moltosimili a loro, solo che vivono in un paesepiù tranquillo. Persone chesemplicemente vogliono cambiare ilmondo, donando e scrivendo. Il primobiglietto che leggo è speciale, viene da unnonno che si è fatto aiutare a scrivere dasua nipote perché lui non ci vede, ma citeneva a far arrivare fin quaggiù i suoisaluti. Quando finisco la lettura le signoree i bambini restano un attimo in silenzio,poi tutti allungano le mani: vogliono ilbiglietto! Per fortuna so che non dovròscontentare nessuna di loro: ho decine edecine di messaggi bellissimi da leggere econsegnare. La domanda di Estella arriva dall’alto deisuoi pochi anni curiosi di tutto, inquell’età in cui sembra che i ragazzinipossano crescere solo se si risponde alleloro mille domande in un corto circuitotra cibo e conoscenza. Che cos’è quelmonumento nella foto? Eh già, non tutticonoscono il Colosseo, non ci avevopensato. Alla fine della consegna restano ancoraalcune cartoline: mi chiedono di lasciarlelì per darle a chi arriverà nei prossimigiorni: sarà un regalo di benvenuto. Nonsolo. Sono tutti così contenti delle paroledei donatori italiani che voglionorispondere a queste persone lontane,ricambiando il loro affetto. Si concordacon Sonia che nei prossimi giornisaranno loro stessi a disegnare e ascrivere le cartoline da mandare in Italia.È fatta: a questo punto c’è ponte incostruzione tra Ecuador e Italia,solidissimo perché fatto di parole vere.
CARO AMICO, TI SCRIVOIn giugno avevamo chiesto a voi lettori discrivere un messaggio ai rifugiati. Ne sonoarrivati moltissimi e alcuni sono staticonsegnati ai rifugiati colombiani in Ecuador
www.unhcr.it
Cari amici, abbiamo una richiesta specialeper voi: il vostro affetto per irifugiati. Oltre al vostro consuetosostegno, fatto di cose utili econcrete, ci piacerebbe poterportare ai rifugiati anche il
vostro conforto, le vostreparole di vicinanza e diamicizia. Vi chiediamo dunquedi pensare allo spazio quisotto come a una cartolina, dariempire con un messaggioper loro: scrivete, ritagliate lacartolina e rispeditecela con la
busta di ritorno preaffrancata.Saremo felici di portare imessaggi in uno dei nostricampi e tradurre ai rifugiati levostre parole nella loro lingua.Sarà bellissimo per loro sapereche possono contare su tantiamici lontani!
La stessa busta preaffrancatapuò anche essere usata, comeal solito, per inviarci lacomunicazione delle vostredonazioni regolari o unatantum.
CARO AMICO TI SCRIVO
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