Post on 19-Oct-2020
UniversitΓ degli Studi di Cagliari - FacoltΓ di Ingegneria e Architettura
Metodi agli Elementi Finiti - (AA 2019/β20)
A cura di Filippo Bertolino: ottobre 2019 Pag 1
CAP. 2 β METODO DELLA RIGIDEZZA E STRUTTURE RETICOLARI PIANE
2.1 Introduzione Nel primo capitolo abbiamo introdotto il concetto di matrice di rigidezza. Adesso dobbiamo spiegare
come assemblare gli elementi per formare una struttura, come considerare le condizioni al contorno e come
risolvere le equazioni algebriche del sistema. Per spiegare tutti questi aspetti verrΓ usata una struttura
reticolare piana: si tratta di una struttura molto semplice, ma che ha anche un notevole interesse pratico. I
concetti e le procedure che verranno illustrate sono applicabili altrettanto bene anche a strutture di diverso
tipo.
Unβasta capace di resistere a carici di trazione/compressione, una biella, Γ¨ cosΓ¬ semplice che non sarΓ
difficile calcolarne la matrice di rigidezza a partire da semplici considerazioni di carattere fisico. CiΓ² non Γ¨
vero per la maggior parte degli elementi, e nellβottavo capitolo saranno illustrati i metodi generali per la
generazione delle loro matrici di rigidezza.
In ciΓ² che segue, ogni elemento sarΓ considerato uniforme, connesso al resto della struttura attraverso
delle cerniere collocate alle sue estremitΓ , linearmente elastico e caricato in direzione del proprio asse. Gli
spostamenti che verranno rappresentati negli schizzi illustrativi, sono molto esagerati: nella realtΓ gli
spostamenti devono essere piccoli. Entro i limiti di queste ipotesi, le seguenti analisi sono esatte, non
approssimate.
Consideriamo solo il così detto metodo della rigidezza, in base al quale si calcolano i coefficienti di
rigidezza e le incognite principali che ci proponiamo di calcolare sono gli spostamenti. La seguente
discussione circa la rigidezza di elementi e struttura assomiglia a quella comparsa nellβarticolo di Turner,
Clough, Martin e Topp del 1956.
2.2 Equazioni della rigidezza della struttura Come esempio utilizzeremo la struttura rappresentata in fig.2.2.1. I nodi e le aste sono stati numerati in
modo arbitrario. Indichiamo con i simboli π1, π2 e π3 le rigidezze delle singole aste, cioΓ¨ per ogni elemento π Γ¨ valida la seguente equazione:
ππ = ππ β ππ =π΄πβπΈπ
πΏπβ ππ [2.2.1]
dove: ππ indica la forza che agisce in direzione assiale sullβi-esimo elemento
ππ indica lβallungamento che subisce lβi-esimo elemento
π΄π , πΈπ , πΏπ indicano lβarea della sezione trasversale, il modulo elastico del materiale e la
lunghezza dellβelemento i-esimo.
Lβeq. [2.2.1] si puΓ² ricavare ricordando che:
a) per uno stato di trazione semplice, abbiamo: ππ =ππ
π΄π
b) per definizione, la deformazione vale: ππ =βπΏπ
πΏπ=
ππ
πΏπ
c) Γ¨ valida la Legge di Hooke: ππ = πΈπ β ππ
da cui: ππ =ππ
π΄π= πΈπ β ππ = πΈπ β
βπΏπ
πΏπ= πΈπ β
ππ
πΏπ
Fig.2.2.1 β Struttura reticolare piana.
2 1
F
y,v
x, u
3
3
1 2
45Β°
UniversitΓ degli Studi di Cagliari - FacoltΓ di Ingegneria e Architettura
Metodi agli Elementi Finiti - (AA 2019/β20)
A cura di Filippo Bertolino: ottobre 2019 Pag 2
Eliminiamo i vincoli a terra e la forza applicata πΉ ed immaginiamo che ognuno dei tre nodi subisca un
piccolo spostamento, prima in direzione orizzontale π₯, poi in direzione verticale π¦, mentre tutti gli altri nodi
restano fermi. In ognuno dei sei casi possibili (due spostamenti per i tre nodi), possiamo calcolare le forze
esterne che devono essere applicate alla struttura per garantirne lβequilibrio statico nella configurazione
deformata.
Per procedere applichiamo il Principio dei Lavori Virtuali, che in questo caso Γ¨ molto semplice perchΓ© sono
assenti le azioni interne di flessione π e taglio π e le azioni normali π che agiscono sulle aste sono costanti.
Per iniziare applichiamo una forza nel nodo n.1 e indichiamo con π»1 e π1 le sue componenti in direzione
orizzontale e verticale; inoltre imponiamo che gli spostamenti degli altri nodi siano nulli. Dalla struttura
eliminiamo lβasta verticale n.1 che risulta scarica, in quanto unisce due cerniere a terra e su di essa non
agiscono carichi esterni.
Fig.2.2.2 β Schema necessario per il calcolo degli spostamenti orizzontali e verticali del nodo n.1.
Le azioni interne che agiscono sulle aste valgono:
1) asta 2: π2 = ββ2 β π1
2) asta 3: π3 = π»1 + π1
Per calcolare lo spostamento orizzontale del nodo n.1 dobbiamo applicare, nello stesso nodo di una struttura
fittizia, una forza unitaria orizzontale. In questo caso le azioni interne saranno le seguenti:
1) asta 2: π2 = 0
2) asta 3: π3 = 1
Lβapplicazione del PLV conduce alla seguente equazione:
1 β π’1 = β«π»1 β 1
πΈ3 β π΄3β ππ₯ + β«
π1 β 1
πΈ3 β π΄3β ππ₯ =
ππππ 2
ππππ 1
π»1 β πΏ3πΈ3 β π΄3
+π1 β πΏ3πΈ3 β π΄3
ππππ 2
ππππ 1
Per calcolare lo spostamento verticale del nodo n.1 dobbiamo applicare, nello stesso nodo di una struttura
fittizia, una forza unitaria verticale. In questo caso le azioni interne saranno le seguenti:
1) asta 2: π2 = ββ2
2) asta 3: π3 = 1
In questo caso, lβapplicazione del PLV conduce alla seguente equazione:
1 β π£1 = β«π»1 β 1
πΈ3 β π΄3β ππ₯ + β«
π1 β 1
πΈ3 β π΄3β ππ₯ + β«
(ββ2 β π1) β (ββ2)
πΈ2 β π΄2
ππππ 3
ππππ 1
=ππππ 2
ππππ 1
π»1 β πΏ3πΈ3 β π΄3
ππππ 2
ππππ 1
+π1 β πΏ3πΈ3 β π΄3
+2 β π1 β πΏ2πΈ2 β π΄2
Ricordando la definizione (2.2.1) della rigidezza, possiamo riscrivere le stesse equazione nel modo seguente:
π’1 =π»1π3+π1π3
π£1 =π»1π3+π1π3+2 β π1π2
Se le forze applicate devono essere tali da provocare solo lo spostamento orizzontale π’1 senza quello
verticale, bisogna che tra di esse vi sia un preciso rapporto che si puΓ² calcolare imponendo il seguente
vincolo:
π£1 = 0
2 1 H1
3
3
2
V1
UniversitΓ degli Studi di Cagliari - FacoltΓ di Ingegneria e Architettura
Metodi agli Elementi Finiti - (AA 2019/β20)
A cura di Filippo Bertolino: ottobre 2019 Pag 3
da cui risulta: π£1 =π»1
π3+
π1
π3+2βπ1
π2= π’1 +
2βπ1
π2= 0
e quindi:
π1 = βπ2
2β π’1 π»1 = π3 β π’1 β π1 = π3 β π’1 +
π2
2β π’1 = (π3 +
π2
2) β π’1
PerchΓ© la struttura risulti in equilibrio, le reazioni a terra devono valere:
π2 = 0 π»2 = βπ3 β π’1
π3 =π2
2β π’1 π»3 = β
π2
2β π’1
In conclusione, perchΓ© il nodo n.1 subisca solo uno spostamento orizzontale, Γ¨ necessario che sulla struttura
agiscano le forze indicate nella fig.2.2.3a:
Fig. 2.2.3a Fig. 2.2.3b
Se le forze applicate devono essere tali da provocare solo lo spostamento verticale π£1, bisogna imporre il
seguente vincolo:
π’1 =π»1π3+π1π3= 0
da cui risulta che le forze devono avere il valore seguente:
π»1 = βπ2
2β π£1 π1 =
π2
2β π£1
PerchΓ© la struttura risulti in equilibrio, le reazioni a terra devono valere:
π»2 = 0 π2 = 0
π»3 =π2
2β π£1 π3 = β
π2
2β π£1
In conclusione, perchΓ© il nodo n.1 subisca solo uno spostamento verticale, Γ¨ necessario che sulla struttura
agiscano le forze indicate nella fig.2.2.3b.
Replichiamo lo stesso ragionamento per il nodo n.2. In questo caso dalla struttura eliminiamo lβasta n.2
perchΓ© risulta scarica, in quanto unisce due cerniere a terra e su di essa non agiscono carichi esterni.
Fig.2.2.4 β Schema necessario per il calcolo degli spostamenti orizzontali e verticali del nodo n.2.
2 1
3
3
1
2
v1
π22β π£1 π2
2β π£1
π22β π£1
π22β π£1
2 1
V2
3
3
1
H2
2 1
3
3
1
2
u1
(π22+ π3) β π’1
π22β π’1 π2
2β π’1
π3 β π’1
π22β π’1
UniversitΓ degli Studi di Cagliari - FacoltΓ di Ingegneria e Architettura
Metodi agli Elementi Finiti - (AA 2019/β20)
A cura di Filippo Bertolino: ottobre 2019 Pag 4
Le azioni interne che agiscono sulle aste valgono:
1) asta 2: π1 = βπ2
2) asta 3: π3 = βπ»2
Per calcolare lo spostamento orizzontale del nodo n.2 dobbiamo applicare, nello stesso nodo di una struttura
fittizia, una forza unitaria orizzontale. In questo caso le azioni interne saranno le seguenti:
1) asta 2: π1 = 0
2) asta 3: π3 = β1
Lβapplicazione del PLV conduce alla seguente equazione:
1 β π’2 = β«(βπ»2) β (β1)
πΈ3 β π΄3β ππ₯ =
π»2 β πΏ3πΈ3 β π΄3
ππππ 2
ππππ 1
Per calcolare lo spostamento verticale del nodo n.2 dobbiamo applicare, nello stesso nodo di una struttura
fittizia, una forza unitaria verticale. In questo caso le azioni interne saranno le seguenti:
1) asta 2: π1 = β1
2) asta 3: π3 = 0
Lβapplicazione del PLV conduce alla seguente equazione:
1 β π£2 = β«(βπ2) β (β1)
πΈ1 β π΄1β ππ₯ =
π2 β πΏ1πΈ1 β π΄1
ππππ 3
ππππ 2
Ricordando la definizione (2.2.1) della rigidezza, possiamo riscrivere le stesse equazione nel modo seguente:
π’2 =π»2βπΏ3
πΈ3βπ΄3=
π»2
π3 π£2 =
π2βπΏ1
πΈ1βπ΄1=
π2
π1
Se le forze applicate devono essere tali da provocare solo lo spostamento orizzontale π’2 senza quello
verticale, Γ¨ necessario che la forza verticale π2 sia nulla. Abbiamo quindi:
π»2 = π3 β π’2 e π2 = 0
PerchΓ© la struttura risulti in equilibrio, le reazioni a terra devono valere:
π»1 = βπ3 β π’2 e π1 = 0
π»3 = 0 e π3 = 0
In conclusione, perchΓ© il nodo n.2 subisca solo uno spostamento orizzontale, Γ¨ necessario che sulla struttura
agiscano le forze indicate nella fig.2.2.5a.
Fig. 2.2.5a Fig. 2.2.5b
Se le forze applicate devono essere tali da provocare solo lo spostamento verticale π£2 senza quello
orizzontale, Γ¨ necessario che la forza orizzontale π»2 sia nulla. Abbiamo quindi:
π»2 = 0 e π2 = π1 β π£2
PerchΓ© la struttura risulti in equilibrio, le reazioni a terra devono valere:
π»1 = 0 e π1 = 0
2
1
3
3
1 2
v2 π1 β π£2
π1 β π£2
2 1
3
3
1 2
u2
π3 β π’2 π3 β π’2
UniversitΓ degli Studi di Cagliari - FacoltΓ di Ingegneria e Architettura
Metodi agli Elementi Finiti - (AA 2019/β20)
A cura di Filippo Bertolino: ottobre 2019 Pag 5
π»3 = 0 e π3 = βπ1 β π£2
In conclusione, perchΓ© il nodo n.2 subisca solo uno spostamento verticale, Γ¨ necessario che sulla struttura
agiscano le forze indicate nella fig.2.2.5b.
Per il terzo nodo, non Γ¨ necessario replicare i passaggi precedenti, perchΓ© per esso valgono gli stessi
risultati visti per nodo n.1, purchΓ© si scambino le direzioni orizzontali e verticali. PerchΓ© il nodo n.3 subisca
solo uno spostamento orizzontale e la struttura stia in equilibrio Γ¨ necessario che su di essa agiscano le
seguenti forze, indicate nella Fig.2.2.6a.
π»1 =π2
2β π£3 ; π1 = β
π2
2β π£3
π»2 = 0 ; π2 = βπ1 β π£3
π»3 = βπ2
2β π£3 ; π3 = (π1 +
π2
2) β π£3
PerchΓ© il nodo n.3 subisca solo uno spostamento verticale e la struttura stia in equilibrio Γ¨ necessario che su
di essa agiscano le seguenti forze, indicate nella Fig.2.2.6b.
π»1 = βπ2
2β π’3 ; π1 =
π2
2β π’3
π»2 = 0 ; π2 = 0
π»3 =π2
2β π’3 ; π3 = β
π2
2β π’3
Fig. 2.2.6a Fig. 2.2.6b
A questo punto siamo in grado di stabilire le forze necessarie in ogni nodo per mantenere in equilibrio la
struttura deformata in modo qualsiasi. Sia {π·}π = {π’1 π£1 π’2 π£2 π’3 π£3} il vettore degli spostamenti
nodali orientati secondo la direzione positiva degli assi coordinati e {πΉ}π = {π»1 π1 π»2 π2 π»3 π3} il vettore delle corrispondenti forze nodali. Le forze allora si ottengono sommando i valori fin qui calcolati:
π»1 = (π2
2+ π3) β π’1 β
π2
2β π£1βπ3 β π’2 β
π2
2β π’3 +
π2
2β π£3
π1 = βπ2
2β π’1 +
π2
2β π£1 +
π2
2β π’3 β
π2
2β π£3
π»2 = βπ3 β π’1 + π3 β π’2
π2 = π1 β π£2 β π1 β π£3
π»3 = βπ2
2β π’1 +
π2
2β π£1+
π2
2β π’3 β
π2
2β π£3
π3 =π2
2β π’1 β
π2
2β π£1βπ1 β π£2 β
π2
2β π’3 + (π1 +
π2
2) β π£3
In forma matriciale possiamo scrivere il sistema delle equazioni di equilibrio:
2 1
3
3
1
2
v3
(π22+ π1) β π£3
π1 β π£3 π22β π£3
π22β π£3
π22β π£3 2 1
3
3
1 2
u3 π22β π’3
π22β π’3
π22β π’3
π22β π’3
UniversitΓ degli Studi di Cagliari - FacoltΓ di Ingegneria e Architettura
Metodi agli Elementi Finiti - (AA 2019/β20)
A cura di Filippo Bertolino: ottobre 2019 Pag 6
[ π2
2+ π3 β
π2
2βπ3 0 β
π2
2
π2
2
βπ2
2
π2
20 0
π2
2βπ2
2
βπ3 0 π3 0 0 00 0 0 π1 0 βπ1
βπ2
2
π2
20 0
π2
2βπ2
2π2
2βπ2
20 βπ1 β
π2
2π1 +
π2
2 ]
β
{
π’1π£1π’2π£2π’3π£3}
=
{
π1π1π2π2π3π3}
[2.2.5]
o in forma compatta:
[πΎ] β {π·} = {πΉ} [2.2.6]
La matrice [πΎ] si chiama matrice di rigidezza della struttura: si tratta di una matrice simmetrica, come ci
saremmo dovuti aspettare in base al Teorema di Maxwell che afferma che il lavoro fatto dal sistema delle
forze πΉ1 per gli spostamenti π2 provocati dal sistema delle forze πΉ2 Γ¨ uguale al lavoro fatto dal sistema delle
forze πΉ2 per gli spostamenti π1 provocati dal sistema delle forze πΉ1:
πΏ12 = πΉ1ππ2 = πΉ2
ππ1 = πΏ21
PoichΓ©: πΉ1 = [πΎ] β π1 e πΉ2 = [πΎ] β π2 sostituendo abbiamo:
πΉ1ππ2 = π1
π[πΎ]ππ2 = πΉ2ππ1 = π2
π[πΎ]ππ1
PoichΓ© il lavoro Γ¨ una quantitΓ scalare, possiamo scrivere:
πΏ12 = π1π[πΎ]ππ2 = πΏ12
π = [π1π[πΎ]ππ2]
π = π2π[πΎ]π1
da cui risulta che π2π[πΎ]π1 = π2
π[πΎ]ππ1 e quindi la matrice di rigidezza Γ¨ simmetrica, cioΓ¨ [πΎ] = [πΎ]π.
La procedura appena descritta genera la matrice di rigidezza riga dopo riga, ma potrebbe essere generata
anche colonna dopo colonna. Per esempio la prima colonna della matrice [πΎ] quando Γ¨ moltiplicata per lo
spostamento orizzontale del nodo n.1, π’1 , rappresenta il vettore delle forze nodali {πΉ} mostrato nella Fig,
2.2.3a. Di conseguenza, ogni colonna di [πΎ] puΓ² essere pensata come lβinsieme delle forze necessarie per
garantire lβequilibrio della struttura che ha subito lo spostamento unitario di un singolo nodo.
Lβanalisi precedente puΓ² essere applicata a una qualsiasi struttura, indipendentemente dal numero di
elementi che la compongono e indipendentemente dal numero di iperstatiche presenti: si arriva comunque a
scrivere tante equazioni indipendenti quanti sono gli spostamenti nodali indipendenti. Se il solido non Γ¨ una
struttura reticolare, le rigidezze dei singoli elementi devono comunque essere in un qualche modo
approssimati, come verrΓ in seguito spiegato.
La somma degli elementi che compongono ogni colonna della matrice di rigidezza [πΎ] Γ¨ nulla, poichΓ©
ogni colonna rappresenta lβinsieme delle forze nodali equilibrate prodotte da uno spostamento unitario di un
grado di liberta nodale. Ogni termine diagonale πΎππ della matrice di rigidezza Γ¨ positivo: se cosΓ¬ non fosse,
una forza ed il corrispondente spostamento dovrebbero essere diretti in verso opposto, che da un punto di
vista fisico, Γ¨ irragionevole.
La matrice di rigidezza dellβeq.2.2.5 Γ¨ singolare: il suo ordine Γ¨ pari 6, ma il suo rango Γ¨ solo 3. Il motivo
Γ¨ che finora non sono state imposte le condizioni al contorno, e la struttura Γ¨ libera di subire spostamenti
rigidi. Per ogni struttura piana sono possibili tre spostamenti rigidi indipendenti, due traslazioni ed una
rotazione. Ognuno di essi Γ¨ associato ad un vettore delle forze {πΉ} nullo. Per esempio, se nella struttura
precedente, imponiamo uno spostamento rigido il prodotto [πΎ] β {π·} Γ¨ nullo.
UniversitΓ degli Studi di Cagliari - FacoltΓ di Ingegneria e Architettura
Metodi agli Elementi Finiti - (AA 2019/β20)
A cura di Filippo Bertolino: ottobre 2019 Pag 7
Spostamento rigido orizzontale: {π·} = {1 0 1 0 1 0}π
[ π2
2+ π3 β
π2
2βπ3 0 β
π2
2
π2
2
βπ2
2
π2
20 0
π2
2βπ2
2
βπ3 0 π3 0 0 00 0 0 π1 0 βπ1
βπ2
2
π2
20 0
π2
2βπ2
2π2
2βπ2
20 βπ1 β
π2
2π1 +
π2
2 ]
β
{
101010}
=
{
π11 + π13+π15π21 + π23+π25π31 + π33+π35π41 + π43+π45π51 + π53+π55π61 + π63+π65}
=
{
000000}
[2.2.5a]
Spostamento rigido verticale: {π·} = {0 1 0 1 0 1}π
[ π2
2+ π3 β
π2
2βπ3 0 β
π2
2
π2
2
βπ2
2
π2
20 0
π2
2βπ2
2
βπ3 0 π3 0 0 00 0 0 π1 0 βπ1
βπ2
2
π2
20 0
π2
2βπ2
2π2
2βπ2
20 βπ1 β
π2
2π1 +
π2
2 ]
β
{
010101}
=
{
π12 + π14+π16π22 + π24+π26π32 + π34+π36π42 + π44+π46π52 + π54+π56π62 + π64+π66}
=
{
000000}
[2.2.5b]
Rotazione intorno al nodo n.1: {π·} = {0 0 0 1 1 1}π
[ π2
2+ π3 β
π2
2βπ3 0 β
π2
2
π2
2
βπ2
2
π2
20 0
π2
2βπ2
2
βπ3 0 π3 0 0 00 0 0 π1 0 βπ1
βπ2
2
π2
20 0
π2
2βπ2
2π2
2βπ2
20 βπ1 β
π2
2π1 +
π2
2 ]
β
{
000111}
=
{
π14 + π15+π16π24 + π25+π26π34 + π35+π36π44 + π45+π46π54 + π55+π56π64 + π65+π66}
=
{
000000}
[2.2.5c]
Come suggerito da questi esempi, sono possibili una infinitΓ di spostamenti rigidi, ma per una struttura
piana solo tre sono indipendenti. Per impedire gli spostamenti rigidi di una struttura piana Γ¨ necessario
imporre almeno tre spostamenti nodali. Nella Fig. 2.2.1 le condizioni imposte alle forze ed agli spostamenti
sono i seguenti:
a) cerniera a terra nel nodo n.2 π’2 = π£2 = 0
b) carrello a terra nel nodo n.3 π’3 = 0
c) Forza verticale nel nodo n.1 π1 = βπΉ [2.2.7]
d) Forza orizzontale nulla nel nodo n.1 π»1 = 0
e) Forza verticale nulla nel nodo n.3 π3 = 0
Le restanti tre forze e i restanti tre spostamenti sono ancora incogniti.
Per calcolarli si puΓ² procedere nel modo seguente. Lβindice π indicherΓ le quantitΓ note presenti
nellβeq.2.2.7, e lβindice π indicherΓ le restanti quantitΓ incognite. Lβeq. 2.2.5 puΓ² essere modificata nel modo
seguente, disponendo in modo adeguato coefficienti ed incognite:
[πΎ11β πΎ12
β
πΎ21β πΎ22
β ] β {π·ππ·π} = {
πΉππΉπ} [2.2.8]
Di conseguenza:
[πΎ11β ] β {π·π} + [πΎ12
β ] β {π·π} = {πΉπ} [2.2.9]
[πΎ21β ] β {π·π} + [πΎ22
β ] β {π·π} = {πΉπ}
La prima delle due equazioni consente di calcolare gli spostamenti incogniti:
2 1
F
y,v
x, u
3
3
1 2
45Β°
UniversitΓ degli Studi di Cagliari - FacoltΓ di Ingegneria e Architettura
Metodi agli Elementi Finiti - (AA 2019/β20)
A cura di Filippo Bertolino: ottobre 2019 Pag 8
π·π = [πΎ11β ]β1 β ({πΉπ} β [πΎ12
β ] β {π·π}) [2.2.10]
Noti gli spostamenti, con la seconda delle eq.2.2.9 Γ¨ possibile calcolare le reazioni incognite. Nellβesempio
che abbiamo esaminato, gli spostamenti imposti, e quindi noti, sono nulli:
{π·π} = {π’2 π£2 π’3}π = {0 0 0}π.
In generale, non Γ¨ detto che gli spostamenti imposti siano nulli.
Vediamo come procedere per partizionare il sistema. Iniziamo indicando i vettori delle forze e degli
spostamenti, noti ed incogniti.
{πΉπ} = {π1 π1 π3}π = {0 βπΉ 0}π
{πΉπ} = {π2 π2 π3}π
{π·π} = {π’1 π£1 π£3}π
Per partizionare la matrice, prima scambiamo lβordine delle righe, cioΓ¨ lβordine delle equazioni, che non
comporta la modifica del vettore degli spostamenti, ma quello delle forze.
[ πΎ11 πΎ12πΎ21 πΎ22
πΎ13 πΎ14πΎ23 πΎ24
πΎ15 πΎ16πΎ25 πΎ26
πΎ61 πΎ62πΎ31 πΎ32
πΎ63 πΎ64πΎ33 πΎ34
πΎ65 πΎ66πΎ35 πΎ36
πΎ41 πΎ42πΎ51 πΎ52
πΎ43 πΎ44πΎ53 πΎ54
πΎ45 πΎ46πΎ55 πΎ56]
β
{
π’1π£1π’2π£2π’3π£3}
=
{
π1π1π3π2π2π3}
= {πΉππΉπ}
A questo punto modifichiamo lβordine delle colonne, che non comporta la modifica del vettore delle forze,
ma quello degli spostamenti.
[ πΎ11 πΎ12πΎ21 πΎ22
πΎ16 πΎ13πΎ26 πΎ23
πΎ14 πΎ15πΎ24 πΎ25
πΎ61 πΎ62πΎ31 πΎ32
πΎ66 πΎ63πΎ36 πΎ33
πΎ64 πΎ65πΎ34 πΎ35
πΎ41 πΎ42πΎ51 πΎ52
πΎ46 πΎ43πΎ56 πΎ53
πΎ44 πΎ45πΎ54 πΎ55]
β
{
π’1π£1π£3π’2π£2π’3}
= {πΉππΉπ}
da cui otteniamo la partizione della matrice globale:
[πΎ11β ] = [
πΎ11 πΎ12 πΎ16πΎ21 πΎ22 πΎ26πΎ61 πΎ62 πΎ66
] [πΎ12β ] = [
πΎ13 πΎ14 πΎ15πΎ23 πΎ24 πΎ25πΎ63 πΎ64 πΎ65
]
[πΎ21β ] = [
πΎ31 πΎ32 πΎ36πΎ41 πΎ42 πΎ46πΎ51 πΎ52 πΎ56
] [πΎ22β ] = [
πΎ33 πΎ34 πΎ35πΎ43 πΎ44 πΎ45πΎ53 πΎ54 πΎ55
]
Per eseguire lβeq.(2.2.9), prima calcoliamo il vettore {π} = {πΉπ} β [πΎ12β ] β {π·π}, quindi risolviamo il sistema:
{π·π} = [πΎ11β ] β {π}
Noti gli spostamenti {π·π}, con la seconda delle eq.2.2.9 Γ¨ possibile calcolare le reazioni incognite:
{πΉπ} = [πΎ21β ] β {π·π} + [πΎ22
β ] β {π·π}
2.3 Equazioni della rigidezza dellβelemento Nel paragrafo 2.2 la matrice della struttura [πΎ] Γ¨ stata calcolata esaminando lβintera struttura. Questa
procedura ci aiuta a spiegare la natura di [πΎ], ma Γ¨ troppo complicata nei casi pratici. Se in alternativa
iniziamo con un solo elemento di riferimento, siamo condotti ad un metodo sistematico ed automatico per la
costruzione di [πΎ] grazie allβassemblaggio dei singoli elementi. La Fig. 2.3.1 mostra un singolo elemento,
disposto arbitrariamente nel piano π₯π¦.
UniversitΓ degli Studi di Cagliari - FacoltΓ di Ingegneria e Architettura
Metodi agli Elementi Finiti - (AA 2019/β20)
A cura di Filippo Bertolino: ottobre 2019 Pag 9
Siano π΄, πΈ ed πΏ lβarea trasversale costante, il modulo elastico e la lunghezza dellβelemento. Il seno ed il
coseno dellβangolo π verranno indicati con i simboli π e π e possono essere calcolati a partire dalle
coordinate nodali:
π = π ππ(π) =π¦πβπ¦π
πΏ
π = πππ (π) =π₯πβπ₯π
πΏ [2.3.1]
πΏ = β(π₯π β π₯π)2+ (π¦π β π¦π)
2
Fig.2.3.1
Ora, come fatto nel paragrafo 2.2, spostiamo ogni nodo di una piccola quantitΓ in ogni direzione,
impedendo gli altri spostamenti. Il primo di questi casi Γ¨ mostrato nella Fig.2.3.2. Lβaccorciamento π β π’π produce una forza di compressione assiale pari a π β π’π β π΄ β πΈ πΏβ . Le componenti orizzontale e verticale di
questa forza devono essere equilibrate dalle forze esterne ππ, ππ, ππ e ππ. CosΓ¬ ponendo π = π΄ β πΈ πΏβ , le forze
che agiscono sullβasta valgono:
π β {
π2π β π βπ2
βπ β π
} β π’π =
{
ππππππππ}
[2.3.2]
Fig.2.3.2
Dopo unβanalisi analoga relativa agli spostamenti π£π, π’π e π£π i risultati possono essere raccolti in una matrice:
π β [
π2 π β π βπ2 βπ β π π β π π 2 βπ β π βπ 2
βπ2 βπ β π π2 π β π βπ β π βπ 2 π β π π 2
] β {
π’ππ£ππ’ππ£π
} =
{
ππππππππ}
[2.3.3]
La matrice quadrata, compreso il coefficiente π , Γ¨ la matrice di rigidezza dellβelemento: possiamo
sintetizzare la precedente equazione nel modo seguente:
[πΎπ] β {π} = {ππ} [2.3.4]
Nel paragrafo 2.5 sarΓ necessario distinguere tra le forze applicate ai nodi e quelle applicate dai nodi: nellβeq.
2.3.4 {ππ} indica le forze applicate dai nodi sullβelemento.
function ke = K_Rod2D (E, A, L, c, s)
%K_Rod2D Calcola la matrice di rigidezza elementare 4 x 4
% di unβasta 2D tipo tirante/puntone
% E: Modulo di ElasticitΓ
% A: Sezione trasversale
% L: Lunghezza
% c, s: Coseni direttori
K = E*A/L;
c2 = c*c;
cs = c*s;
s2 = s*s;
ke = K*[c2 cs βc2 βcs;
cs s2 βcs βs2;
-c2 βcs c2 cs;
-cs βs2 cs s2];
end
Fig. 2.3.3 β Codice MATLAB per il calcolo della matrice di rigidezza elementare di un elemento tirante/puntone nel piano.
i
j y,v
x, u
Β°
L
i
j y,v
x, u ui
(ππ2) β π’1
(πππ ) β π’1 (πππ ) β π’1
(ππ2) β π’1