Bari scomparsa

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intervento Adirt del 19 marzo 2010

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Bari scomparsa

Una lettura di Bari di Patrizia Pirro in collaborazione con Margherita Maggiore e

Roberta Ruggiero.

Trent’anni dopo la pubblicazione de “La guerra dei 30 anni” l’Adirt si interroga nuovamente sui segni di trasformazione di questa città.

Venerdì 19 marzo 2010 ore 17,30 in sede

Bari scomparsa Bari che non c’è (più) Ancora una volta l’Adirt ha ritenuto giusto intrecciare il territorio, col suo passato, con la

convinzione che spazio e tempo siano due coordinate necessarie entrambe per costruire,

con consapevolezza, identità, appartenenza, crescita.

Il tema è emerso quasi per caso mentre riflettevamo sulle tracce del passato della nostra

città che sono ancora sotto i nostri occhi, tracce spesso in pericolo o sottovalutate, ma che

infine, grazie al concorso di alcuni, vengono conosciute e riportate al loro giusto spessore.

La stessa regione Puglia si sta muovendo in questa ottica, con prospettive che mirano non

solo al recupero, ma anche alla valorizzazione dei beni culturali. Purtroppo però alcune

segni sono scomparsi o per la nostra incuria o per la nostra avidità. Ecco quindi l’idea:

perché non disegnare, anche noi, un nostro piccolo “atlante” della Bari che non c’è più,

riflettendo su quello che avrebbe potuto o dovuto essere.

Nel 1983 la nostra associazione aveva già dedicato a questo tema una mostra dal titolo:

Bari, 1950-1980 Trent’anni di distruzione nel quartiere murattiano, cui è seguita una

pubblicazione: La guerra dei trent’anni, che è ancora nelle bibliografie di tutti coloro che

si occupano dell’argomento. Il primo obiettivo con cui ci siamo messi nuovamente al lavoro

è stato quello di ricordare questa coraggiosa e utile iniziativa di trent’anni fa, poi abbiamo

pensato fosse importante anche rifare il punto della situazione, visto che è cambiata la

legislazione, è cambiata la sensibilità pubblica e soprattutto sono cambiate le esigenze

pubbliche. Abbiamo dato un taglio diverso al nostro discorso, più semplice, meno da

addetti ai lavori e più da semplici cittadini che guardano alla loro città con gli occhi della

ragione, ma anche con quelli delle emozioni. Emozioni non vuol dire solo nostalgia, che

sicuramente c’è, ma non deve essere l’unico metro di analisi, non vogliamo essere solo

dei laudatores temporis acti. Già Nino Lavermicocca lamentando l’asfissia del murattiano

ricorda che fin nel disegno iniziale furono sconfitti “gli intellettuali progressisti di fronte al

condominio della prepotenza e del profitto personale”. Anche Nicola Signorile, sempre

così attento alla nostra città, rammenta che l’idea di molti baresi di “una città mite,

gradevole, di buona misura, è a conti fatti un’idea campata in aria”. Abbiamo, quindi,

adottato l’ottica di Franco Cassano che in Mal di Levante dice :”Bari in altri termini è

sempre meglio di ciò che ne dicono i detrattori, ma contemporaneamente sempre peggio

di ciò che ne dicono gli apologeti”

Partire da questa consapevolezza ha significato per noi chiederci: cosa si è perso, cosa

meritava di essere salvato e ancora con quale pianificazione generale si è proceduto e si

procede nella nostra città?

Per cercare di rispondere a queste domande abbiamo cercato tutte le foto che siamo

riuscite a trovare della Bari che non c’è più; Margherita ne ha fatto di nuove; abbiamo letto

quanto abbiamo trovato sull’argomento; abbiamo infine sentito l’esigenza di farci

accompagnare da una giovane architetta, Patty Pirro, che ci ha aiutato nel nostro

tentativo.

Roberta Ruggiero Bari nella memoria Questo lavoro di ricerca fotografica di Roberta Ruggiero e Margherita Maggiore ci mostra

mille Bari, mille città scomparse, mille città che sarebbero potute essere, ma che non sono state. Ci sono immagini che ci raccontano di sogni, di progetti falliti o

incompiuti, di una città assolata e dagli orizzonti molto più ampi di quelli odierni. C’è una

Bari, poi, nella memoria di ognuno.

Non c’è un giudizio in queste foto: si è scelto di proporle nella loro schiettezza così da farci

interrogare su quello che abbiamo perso e guadagnato, ma soprattutto su cosa

desideriamo oggi da una città che oramai si confronta con l’Europa e con il Mediterraneo.

Su questo da architetto e urbanista ho un mio pensiero: desideriamo l’efficienza dei

servizi e delle infrastrutture, la bellezza, la comodità, la sostenibilità. Desideriamo anche la

capacità di emozionare, che forse la Bari contemporanea ha un po’ perso.

La città storica un tempo sapeva emozionare: pensate al centro antico e alla qualità e alla

magnificenza dei suoi monumenti capaci di stupire e suscitare emozioni. Era frutto dalla

sapiente opera degli uomini di costruire lo spazio e modellare l’ambiente in cui vivono, il

risultato dell’opera di una comunità intera che nel tempo costruisce il proprio modello di

città, e ne determina le sue trasformazioni e la sua immagine.

Credo che questo lavoro sia importante perché focalizza la nostra attenzione su alcuni

luoghi che quotidianamente attraversiamo, percorriamo, utilizziamo e costituisce una

prima embrionale mappa della memoria della città. E poi perché ci impone una riflessione

sui luoghi e sulla città intera, una riflessione che parte dal passato, attraversa il presente,

ma che guarda al futuro e soprattutto ai nostri desideri e diritti di cittadini ed abitanti.

Le foto di questa sera sono una sorta di “deriva” nella città, un itinerario della memoria,

una passeggiata per le strade di Bari dalle quali riemergono memorie, immagini e

atmosfere di un passato confuso. Dalla Piazza della stazione, a Via Sparano, per Corso

Vittorio Emanuele, Corso Cavour fino ad arrivare al mare.

Il contributo che vorrei portarvi riguarda l’individuazione di quei momenti storici in cui Bari

si è trasformata, è stata capace di ripensarsi, di immaginarsi diversa, riuscendoci alle

volte.

Il primo momento davvero importante per la Bari moderna è stato la costruzione del Borgo Murattiano. Un momento epico, sancito da un rito quasi sacrale, come quello

della posa della prima pietra da parte di Giocchino Murat nel 1813. Bari in quegli anni

diventò capoluogo di provincia, grazie alla benevolenza dei Francesi, che Bari si conquistò

durante i moti del 1799, essendo stata l’unica delle città della provincia ad innalzare il

vessillo repubblicano.

La città capoluogo aveva bisogno di servizi e uffici, di accogliere nuova popolazione e

ridurre il congestionamento della città murata. Si rese dunque necessaria una prima espansione extra moenia.

Il Borgo Murattiano in origine sarebbe dovuto essere soltanto un’espansione perlopiù

residenziale della città oltre le mura. Il progetto fu redatto dall’arch. Giuseppe Gimma che

proponeva una maglia regolare ed ordinata da contrapporre all’apparente disordine e

insalubrità della città antica. La vera novità della costruzione del Borgo Murattiano fu che

venne attuato mediante l’espropriazione dei suoli, per poter realizzare un disegno

unitario. Fu la prima volta in Italia che si adottò tale provvedimento.

Alla fine dell’Ottocento il Borgo Murattiano fu investito da un vero e proprio boom edilizio.

Nel giro di alcuni decenni la maglia ortogonale e le “isole” diventarono l’unico modello

insediativo possibile, la regola per costruire la città, fino alla completa saturazione

delle aree edificabili fino al limite della linea ferroviaria, costruita nel 1865. Questo perché

il modello a scacchiera era il più semplice da attuare, una semplice di addizione di isolati

ad altri isolati, disposti in maniera “atopica” e “acritica”. La griglia era infatti indifferente

a qualsiasi oggetto con cui veniva in contatto: le preesistenze (edifici religiosi

extramoenia attestati sulle strade radiali storiche, che avevano quindi diversa giacitura)

costituivano un problema, che fu superato in maniera un po’ banale. l prospetti degli edifici

vennero “rettificati” per essere allineati alla giacitura ortogonale apponendovi nuove

facciate. E’ il caso, ad esempio, della Chiesa di Sant’Antonio, la cui facciata attuale in stile

neoclassico fu giustapposta a quella originaria che aveva un orientamento leggermente

diverso.

Già nei primi decenni dalla sua esistenza il problema del verde e degli spazi pubblici nel Borgo Murattiano era all’ordine del giorno. La realizzazione di Piazza Umberto e

successivamente di Piazza Moro fu una conquista di decenni. Ce lo dimostra la sua

lontananza geografica dal primo nucleo del Borgo situato a ridosso della Città Vecchia.

Per sopperire alla mancanza di spazi verdi, l’articolo sette dello Statuto del Borgo

imponeva di realizzare all’interno delle isole spazi verdi privati. Immaginate quindi degli

isolati i cui fronti erano costituiti di edifici a due piani (le tecniche costruttive dell’epoca

inizialmente non consentivano di realizzare altezze maggiori; poi con l’evoluzione delle

tecnologie costruttive si arrivò anche a tre-quattro piani) che ospitavano all’interno

magnifici giardini privati.

Solo alla fine dell’Ottocento fu avviato il completamento della quinta monumentale di

Corso Cavour con il Petruzzelli, il Teatro Margherita, la Camera di Commercio e la Banca

d’Italia. La costruzione di questi edifici e degli isolati umbertini impedì la realizzazione della Villa Comunale in progetto, che, sul modello della villa di Trani, sarebbe dovuta

essere collocata in quelle aree, direttamente sul mare.

I Piani del Borgo che si sono succeduti fino a fine Ottocento, e che per diverse ragioni non

sono stati attuati, si sono posti il problema dell’armatura urbana (servizi e spazi pubblici) e

in particolare il Piano Marena, che vale la pena di citare. Il Piano dell’ingegner Marena

infatti si poneva un problema relativo alla difficoltà di orientarsi nella strade del Borgo e per scongiurare questo rischio nel regolamento edilizio raccomandava la realizzazione di piazzette ed obelischi che migliorassero il decoro e aiutassero ad orientarsi. Nulla di

tutto ciò è stato mai realizzato.

Un altro momento importante per la storia urbanistica della città sono stati i primi decenni del secolo, sotto il fascismo. Gli interventi di modernizzazione messi in campo in quegli

anni, attuati mediante grosse opere pubbliche, sono stati la base per le trasformazioni di

tutto il Novecento.

Venne realizzato il Canale Scolmatore (il Canalone) che deviava il corso di lama Picone.

Il torrente Picone sfociava nell’ansa di Marisabella ed è stato causa di numerose e

drammatiche alluvioni. Con il Canalone si mise in sicurezza una parte di città e la si rese

disponibile a nuove edificazioni.

Altre importanti opere pubbliche realizzate in quegli anni riguardano il rimodellamento della linea di costa mediante ingenti opere di colmata, come ad esempio quella del

Porto. Le mura della città Vecchia furono separate dal mare costruendovi una strada

litoranea e negli anni ‘30 furono realizzati il Lungomare Sud e Nord e le relative cortine.

Solo in questo momento storico Bari riesce a costruire una relazione con il mare.

Mussolini diceva in un discorso del 1925: “Che non si dica di Bari ciò che si dice di

Genova, che pur essendo città marinara, non ha il mare!”

La quinta del lungomare era coerente con quella che era l’idea fascista: una cortina

imponente e monumentale che nascondesse il quartiere retrostante. Oggi, pur

riconoscendo il valore architettonico di quegli edifici, con il senno di poi, l’idea di una

cortina così vicina al mare non è forse la migliore delle soluzioni possibili. Rispetto a quella

che è oggi l’idea di “lungomare”, e alla crescente necessità di luoghi e spazi urbani per il

loisir e per la passeggiata, oggi quel lungomare appare freddo e in ombra e poco adatto

alla sosta pedonale. Questo per dire che il tema del waterfront, di cui molto si parla, ma

mai più affrontato a Bari in termini progettuali, non è solo una questione di cortina edilizia.

Un’altra questione affrontata in quegli anni fu la ricerca di una relazione con il Borgo Antico, che era considerato una parte di città a sè stante. La sopravvivenza della Città

Vecchia, alla quale non si riconosce valore artistico e culturale, veniva vista come un

ostacolo allo sviluppo economico della Città nuova. Di qui la propensione delle

amministrazioni cittadine ad assecondare, soprattutto nel ventennio fascista, piani regolatori e progetti di sventramento del nucleo storico. Già da fine ‘800 erano stati proposti alcuni piani di risanamento (Cicciomessere- Lofoco)

della città vecchia che risentivano degli influssi hausmaniani. Negli anni ’20 il Piano Veccia

ridisegnava gran parte del nucleo antico lungo un grande asse che era la prosecuzione di

Via Sparano, portando le direttrici ortogonali fino al mare e distruggendo gran parte del

tessuto storico. Il progetto di Forcignanò e Palmiotto radeva al suolo l’intero centro storico

ad eccezione degli edifici monumentali. Non fu realizzato perché considerato non

attuabile.

Questi progetti non furono mai del tutto attuati. A tali piani si preferì attuare un progetto di diradamento edilizio finalizzato alla conservazione e al restauro degli edifici più importanti e al miglioramento delle unità abitative.

Negli anni ’30, a seguito di un vivace dibattito si optò il Piano Petrucci, che seguendo le

teorie di Giovannoni, prevedeva interventi di diradamento concentrati in modo da creare

piazzette e slarghi, liberando i monumenti dall’edilizia che vi era addossata e creando

nuove e pittoresche visuali prospettiche. Gli interventi sono stati in parte realizzati,

seppure in misura ridotta rispetto al progetto.

La Bari che conosciamo bene inizia a prendere forma a seguito del Secondo Conflitto

bellico. Come altre città in quegli anni, a Bari si pose il problema della ricostruzione postbellica. Negli anni ‘50 venne redatto un nuovo piano regolatore: il Piano Piacentini

Calzabini. A questo punto della storia le questioni urbane si complicano abbastanza e la

superfice territoriale occupata dalle urbanizzazioni cresce a dismisura. Il nuovo Piano non

risolveva il problema dello spostamento della linea ferroviaria, e sostanzialmente

espandeva la città su quasi tutte le direttrici. E’ proprio in questi anni che iniziarono le

demolizioni e le sostituzioni nel Borgo Murattiano. Fu un momento abbastanza

traumatico per la città, in cui la speculazione edilizia cancellò per sempre buona parte del

patrimonio architettonico.

Nel Piano infatti il Borgo Murattiano veniva indicato come zona grigia, zona in cui erano

consentite le sostituzioni edilizie. In termini di aumento delle volumetrie le sostituzioni

edilizie erano incentivate rispetto alle sopraelevazioni degli edifici esistenti. Ciò ha dato

origine a grandi operazioni speculative, incentivate dal meccanismo della permuta,

per cui chi cedeva i terreni alle imprese si garantiva un tot di appartamenti, con un

conseguente allargamento della base della piccola proprietà urbana medio borghese.

Tali dimensioni e densità urbane hanno completamente stravolto l’antico aspetto del Borgo e soprattutto hanno messo in crisi la struttura urbana, a causa dell’aumento della

terziarizzazione e sezioni stradali non più adeguate ai flussi di traffico. Il Borgo, infatti non

era stato pensato e dimensionato per le densità odierne. E oggi ancora ne scontiamo le

conseguenze in termini di vivibilità. I giardini interni sono stati rosicchiati da depositi e

garage. Dobbiamo però riconoscere che in questo momento di fervente attività edilizia

sono stati realizzati alcuni edifici interessanti dal punto di vista architettonico: edifici

progettati da Chiaia e Napolitano, Sangirardi, Mangini. Realizzazioni che per l’epoca (anni

‘50) erano all’avanguardia in termini di linguaggio architettonico, tecnologie e uso di

materiali come il cemento armato, il ferro e il vetro.

Patty Pirro

Fotografare Bari Le vecchie foto presenti in questa carrellata appartengono ai due libri di Alfredo Giovine:

“La Bari dei fanali a Gas”, “Bari – La zita mè”; a “Le città nella storia d’Italia – Bari” di

M. Petrignani e F. Porsia e a “Bari 1950-1980: La Guerra dei trent’anni” (Adirt). Dopo la

ricerca negli archivi fotografici di Bari “com’era” è partita la ricerca “fotografica” di Bari

come appare oggi agli occhi di chi percorre le vie e gli spazi della nostra città. Abbiamo

cercato di sovrapporre i due punti di vista anche nell’angolazione fotografica e le due

“viste” sono risultate illuminanti per capire che cosa è successo nel corso di un centinaio

d’anni o giù di lì. L’obiettivo della macchina fotografica è stato infatti uno strumento

formidabile di analisi per il nostro percorso. Il primo dato che è venuto fuori è la difficoltà di

conservare i due punti di vista, mancando la profondità necessaria a causa del “costruito”

che ha sostituito gli spazi vuoti. Inoltre la variazione in altezza degli edifici ha “chiuso” il

cielo sopra Bari: il suo tessuto urbanistico risulta frammentato avendo perso l’uniformità

che contraddistingueva il centro murattiano. Gli edifici nuovi, che pur mostrano alcune

punte di eccellenza architettonica, non mostrano legami con il contesto in cui si collocano

che perde le sue connotazioni identitarie. Quando la “regola” è diventata la licenza edilizia

del singolo palazzo con libertà di riempire, colorare, strutturare gli spazi la struttura degli

isolati, (la foto della maglia ortogonale ben evidenzia gli spazi di verde al loro interno), è

stata stravolta dalla sostituzione anche parziale di tutti i fabbricati e dalla cementificazione

dei suoi interni trasformati in depositi per negozi. Del verde “scomparso” non abbiamo

trovato peraltro traccia fotografica, quasi si sia voluto rimuovere anche il ricordo di

qualcosa di superfluo e quindi inutile.

Ci sono luoghi persi e luoghi guadagnati alla fruizione dei cittadini. Tra i primi i tanti

Cinema che sono scomparsi:il Cinema Impero in Corso Sonnino, la Sala Iside in Via

Piccinni, il Supercinema in Via Ravanas, il Cinema Umberto nella omonima piazza. Ma

anche gli spazi come O felòscene sostituito dalla Spiaggia di Pane e Pomodoro, molto

apprezzata dai Baresi, ma nata male per le note traversie legate all’inquinamento dovuto

ai problemi del collettore della fogna.

Tra gli spazi guadagnati Piazza Ferrarese e l’edificio ricostruito nella medesima piazza: la

Sala Murat, oggi apprezzato spazio espositivo per le tante mostre che arricchiscono

l’offerta culturale della nostra città.

Scorrendo le foto che mettono in relazione il vecchio e il nuovo, mettendo da parte la

nostalgia per gli ampi spazi di una città che si andava costruendo, non riuscendo

probabilmente ad immaginarsi così grande e complessa nel suo sviluppo, salta agli occhi

l’assenza delle tante scatoline metalliche che coprono tutti gli spazi stravolgendoli. Il

recupero di un respiro più ampio, di spazi vivibili pensati per gli uomini e le donne di Bari

non si può raggiungere, non disponendo di una bacchetta magica che li faccia scomparire,

se non organizzando un sistema di mobilità che accanto ai grandi parcheggi di cintura e le

navette per il centro, consenta di spostare “sotto” quello che non vogliamo occupi i nostri

spazi “sopra”. Sappiamo di sollevare una grande questione sulla necessità/inutilità dei

parcheggi sotterranei. Ma finché il problema non si affronterà con obiettivi realizzabili,

l’idea di una Bari a misura d’uomo e non di macchina rimarrà una chimera.

Margherita Maggiore

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BARI SCOMPARSABARI SCOMPARSA

LL’’isola che non cisola che non c’é’é (pi(piùù))

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Piazza Roma 1920Piazza Roma 1920

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Piazza Roma Piazza Roma –– La Gazzetta 28La Gazzetta 28--1212--19261926

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Piazza RomaPiazza Roma

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Piazza MoroPiazza Moro

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Piazza RomaPiazza Roma

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Piazza MoroPiazza Moro

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Piazza RomaPiazza Roma

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Piazza MoroPiazza Moro

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Piazza RomaPiazza Roma

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Piazza MoroPiazza Moro

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Piazza RomaPiazza Roma

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Piazza MoroPiazza Moro

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Piazza Roma Piazza Roma -- Albergo Albergo LeonLeon dd’’orooro

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Hotel Hotel LeonLeon dd’’orooro

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Via Vittorio VenetoVia Vittorio Veneto

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Via SparanoVia Sparano

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Piazza UmbertoPiazza Umberto

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Palazzo di De Palazzo di De TintisTintis –– fine fine ‘‘800800

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Palazzo De Palazzo De TintisTintis 19651965

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UniversitUniversitàà degli Studi B. degli Studi B. MussoliniMussolini

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UniversitUniversitàà degli Studi Aldo Morodegli Studi Aldo Moro

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Casa Editrice Casa Editrice LaterzaLaterza

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Libreria Libreria LaterzaLaterza

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Via Vittorio VenetoVia Vittorio Veneto

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Via SparanoVia Sparano

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S. Ferdinando S. Ferdinando –– il mercatoil mercato

2929

S. Ferdinando S. Ferdinando –– Via A. Via A. GimmaGimma

3030

Via Vittorio Veneto Via Vittorio Veneto –– S. FerdinandoS. Ferdinando

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Via Vittorio Veneto Via Vittorio Veneto –– S. FerdinandoS. Ferdinando

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Via Sparano Via Sparano -- S. FerdinandoS. Ferdinando

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Via SparanoVia Sparano

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Via V. Veneto ang. Corso V. EmanueleVia V. Veneto ang. Corso V. Emanuele

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Via Sparano / Corso V. Emanuele Via Sparano / Corso V. Emanuele

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Palazzo Borea (arch. Palazzo Borea (arch. ChiaiaChiaia))

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Palazzo Palazzo SabiniSabini (arch. (arch. SangirardiSangirardi))

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Corso Vittorio EmanueleCorso Vittorio Emanuele

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Corso Vittorio EmanueleCorso Vittorio Emanuele

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Piazza Piazza MassariMassari

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Piazza Piazza MassariMassari

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Il Castello MedioevaleIl Castello Medioevale

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Il Castello Il Castello NormannoNormanno--SvevoSvevo

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Corso Vittorio EmanueleCorso Vittorio Emanuele

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Corso Vittorio EmanueleCorso Vittorio Emanuele

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Corso Vittorio Emanuele 1920Corso Vittorio Emanuele 1920

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Corso Vittorio EmanueleCorso Vittorio Emanuele

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Palazzo Barbone 1816Palazzo Barbone 1816

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Palazzo Palazzo ““MottaMotta””

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Palazzo BarbonePalazzo Barbone

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Palazzo Palazzo ““MottaMotta”” –– Sala MuratSala Murat

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Piazza FerraresePiazza Ferrarese

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Piazza FerraresePiazza Ferrarese

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Piazza FerraresePiazza Ferrarese

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Piazza FerraresePiazza Ferrarese

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Piazza FerraresePiazza Ferrarese

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Il porto di BariIl porto di Bari

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Giardino Giardino MargheritaMargherita

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NdrralalanzeNdrralalanze 19201920

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Teatro MargheritaTeatro Margherita

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Teatro MargheritaTeatro Margherita

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Camera di CommercioCamera di Commercio

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Teatro MargheritaTeatro Margherita

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Il Fortino: lo sparo del cannone a mezzogiornoIl Fortino: lo sparo del cannone a mezzogiorno

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Il FortinoIl Fortino

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Il fortino: molo vecchioIl fortino: molo vecchio

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Il FortinoIl Fortino

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Lungomare Lungomare –– Il vecchio portoIl vecchio porto

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LungomareLungomare

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Il fortino dalla MuragliaIl fortino dalla Muraglia

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Il fortino dalla MuragliaIl fortino dalla Muraglia

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Lungomare 1918Lungomare 1918

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Lungomare Nazario Sauro 1930Lungomare Nazario Sauro 1930

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Via di Via di CrollalanzaCrollalanza –– Piazza DiazPiazza Diaz

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Via di Via di CrollalanzaCrollalanza

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Lungomare Nazario SauroLungomare Nazario Sauro

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LungomareLungomare-- GasliniGaslini

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Porto NuovoPorto Nuovo

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Il PortoIl Porto

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Corso Cavour 1876Corso Cavour 1876

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Piazza CavourPiazza Cavour

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Corso Cavour Corso Cavour -- mercatomercato

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Corso CavourCorso Cavour

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Camera di CommercioCamera di Commercio

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Camera di CommercioCamera di Commercio

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Banca dBanca d’’ItaliaItalia

8787

Banca dBanca d’’ItaliaItalia

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Corso Cavour Corso Cavour -- Politeama Politeama PetruzzelliPetruzzelli

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Politeama Politeama PetruzzelliPetruzzelli 19041904

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Politeama Politeama PetruzzelliPetruzzelli

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Corso CavourCorso Cavour

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Teatro Teatro PetruzzelliPetruzzelli 19801980

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Teatro Teatro PetruzzelliPetruzzelli 20102010

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Via NapoliVia Napoli

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Via NapoliVia Napoli

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Via Via PiccinniPiccinni 5151

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Sala IrideSala Iride

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Cinema Cavour 1920Cinema Cavour 1920

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Via N. dellVia N. dell’’Arca / Piazza UmbertoArca / Piazza Umberto

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Via Via RavanasRavanas / Via Bovio/ Via Bovio

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Cinema Impero Cinema Impero –– Corso Corso SonninoSonnino

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Corso Corso SonninoSonnino -- AutosilosAutosilos

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