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ANNO IV | N. 04 2018
MAGAZINEISSN 2531-9973
Rigenerazione e riqualificazione: risorse, programmi, soluzioni
CIV
ILTÀ
DI C
AN
TIER
E -
AN
NO
IV |
N. 0
4 2
018
CIVILTÀ DI CANTIERE
CAMBIAMO IL DNA DEL COSTRUIRE
WWW.CIVILTADICANTIERE.IT
WWW.CONSTRUCTIONCONFERENCE.IT
È un progetto dedicato al sistema italiano delle costruzioni basato sulla consapevolezza del profondo cambiamento che sta caratterizzando il mercato e l’industria edilizia, nel segno dell’innovazione e della sostenibilità.
Intende consolidare una piattaforma di riflessione e di orien-tamento che attragga nella propria orbita gli stakeholder di riferimento del settore: sistema di rappresentanza, imprese e developer, aziende della filiera produttiva, mondo della ri-cerca e della progettazione, per promuovere una nuova cultura del costruire.
La trasformazione delle nostre città, così come di ampie parti di territorio,
con le loro forti iterazioni in termini di infrastrutture e di messa in sicurez-
za, costituisce il tema di questo numero della rivista. Un tema che resta
una priorità sul piano della riflessione e dell’analisi delle opportunità che
offre all’industria e alla filiera delle costruzioni.
Così, se con la Construction Conference (e con il numero scorso della rivi-
sta) abbiamo privilegiato aspetti metodologici, rivendicando l’importanza
di cambiare approccio e di individuare modelli dotandosi di un metodo nel
programmare e governare i processi di rigenerazione, in questo numero
spostiamo l’attenzione sugli attori e su alcuni punti di vista, senza trascu-
rare il valore fondamentale delle esperienze avviate. Egualmente abbiamo
ritenuto importante dare spazio ad alcuni esempi concreti localizzati nel
Nord Est, area oggi ricca di vitalità e che ci aiuta a comprendere trend e
processi.
Come è caratteristica di Civiltà di Cantiere, proponiamo alcune letture di
scenario e alcune opinioni che contribuiscono a contestualizzare quanto sta
avvenendo, offrendo alcune chiavi interpretative delle potenzialità della ri-
generazione, indicando strade e risultati possibili. Una particolare atten-
zione viene data alla riqualificazione, a quel rapporto virtuoso tra interventi
complessi di recupero e ri-funzionalizzazione del patrimonio esistente, sia
in ambiti metropolitani che in piccoli e medi contesti urbani. Il tema del-
le risorse resta una questione nevralgica, così come il ruolo dell’iniziativa
pubblica. Per non parlare delle potenzialità offerte dalla digitalizzazione,
non ancora valorizzate. Più di un articolo nasce nell’ambito della nostra
conferenza di ottobre a Padova, contribuendo ad arricchire l’ampia gamma
di voci e di opinioni che hanno caratterizzato l’evento e consentito un profi-
cuo confronto tra i partecipanti. Possiamo dire di aver completato una fase
del nostro lavoro, quella di delineare la cornice e indicare ambiti e percorsi.
Ora se ne apre una nuova, quella di calare la riflessione nella concretezza
delle opportunità, individuando, insieme ai partner, progetti e realtà dove
intervenire. Un percorso che richiede l’attivazione di una collaborazione più
stretta, l’allargamento delle sinergie e delle interlocuzioni, nella necessità
di acquisire nuove competenze in grado di rimuovere criticità individuate e
modificare mentalità e comportamenti, creando le condizioni per consenti-
re anche nel nostro Paese quei processi di rigenerazione che ammiriamo ed
invidiamo a molte città europee.
Dalla riflessione indicazioni per cogliere le opportunità
di ALFREDO
MARTINI
Direttore di
Civiltà di Cantiere
Editoriale
e
1 CIVILTÀ DI CANTIERE N. 04 | 2018
ANNO IV | N. 04 2018
MAGAZINEISSN 2531-9973
Rigenerazione e riqualificazione: risorse, programmi, soluzioni
CIV
ILTÀ
DI C
AN
TIER
E -
AN
NO
IV |
N. 0
4 2
018
CIVILTÀ DI CANTIERE
CAMBIAMO IL DNA DEL COSTRUIRE
WWW.CIVILTADICANTIERE.IT
WWW.CONSTRUCTIONCONFERENCE.IT
È un progetto dedicato al sistema italiano delle costruzioni basato sulla consapevolezza del profondo cambiamento che sta caratterizzando il mercato e l’industria edilizia, nel segno dell’innovazione e della sostenibilità.
Intende consolidare una piattaforma di riflessione e di orien-tamento che attragga nella propria orbita gli stakeholder di riferimento del settore: sistema di rappresentanza, imprese e developer, aziende della filiera produttiva, mondo della ri-cerca e della progettazione, per promuovere una nuova cultura del costruire.
Sommario
Rigenerazione e riqualificazione:
risorse, programmi, soluzioni
N.4 | 2018
CIVILTÀ DI CANTIERE N. 04 | 2018N. 04 | 2018 CIVILTÀ DI CANTIERE
EDITORE E PROPRIETÀ
EDITORIALE
Democom
Via G. Palatucci, 6
86170 Isernia
DIRETTORE
RESPONSABILE
ED EDITORIALE
Alfredo Martini
CAPOREDATTORE
Mimosa Martini
REDAZIONE
Martino Almisisi
Valentina Bolzoni
Beatrice Casella
Emanuele Incanto
Viola Moretti
PROGETTO GRAFICO
E IMPAGINAZIONE
Aurora Milazzo
In copertina
Ruhr, Germania: esempio
di rigenerazione urbana
Strategia, cura e possibile mercato per lo sviluppo della città contemporanea ..........................................................................................5
È in arrivo la rivoluzione dell’abitare ...........................................................9
Le risorse pubbliche come catalizzatore dei processi di rigenerazione urbana ................................................................................ 13
L’OPINIONECostruzioni, infrastrutture e sviluppo ...................................................... 19
L’OPINIONELa rigenerazione delle città passa dalle infrastrutture ............................. 21
L’INTERVISTA ad Andrea Bianchi, Confindustria – Direttore Area PoliticheIndustrialiPolitiche industriali e ambientali: il ruolo delle imprese ..........................24
L’opportunità del programma PON Metro ................................................ 27
BIM & PA: dalla consapevolezza alla formazione .....................................30
BIM e GIS insieme per una efficienza della gestione delle opere pubbliche ........................................................................................34
Rilanciare le città grazie all’arte: il caso di Napoli ....................................38
L’OPINIONEProgettazione e responsabilità generazionale .........................................43
PORTFOLIO Scatti rubati alla Ruhr ..............................................................................46
Il valore del patrimonio da riqualificare ....................................................50
In Veneto più consumo di suolo a favore dei servizi ................................. 53
Costruire restituendo forza alla natura .................................................... 57
Un sogno di rigenerazione urbana nato dalla cura dei luoghi ................... 61
Mimosa Martini
Ennio Cascetta
Beatrice Casella
Damaso Zanardo
Diego Carron
Simone Martini
Lorenzo Orsenigo
Martino Almisisi
Giorgio Martini
Virgilio Chelli
Viola Moretti
Andrea Bolondi
Emanuele Incanto
Alessia Guerrieri
Giovanni Battista Furlan
Alfredo Martini
CITTÀ
5 CIVILTÀ DI CANTIERE N. 04 | 2018
Strategia, cura e possibile mercato per lo sviluppo della città contemporanea
Cosa significa davvero rigenerazione? E perché le nostre città hanno biso-gno di essere rigenerate?
Rigenerazione urbana non è solamente uno slogan politico, né solo argomento
di tavoli accademici tra architetti e urbanisti, o dibattito di leggi in essere o in
divenire. La rigenerazione urbana, in un Paese come il nostro dove negli ultimi
trent’anni si è consumato suolo, costruito a macchia d’olio e dismesso ingenti
quantità di volumetrie nei centri urbani, rappresenta probabilmente la princi-
pale, se non l’unica, risorsa per la trasformazione delle città italiane in termini
urbanistici, economici, sociali ed ambientali. In questo senso, la rigenerazione
urbana può essere interpretata come il campo d’azione per il riscatto delle no-
stre città, ma anche per la riattivazione del mercato delle costruzioni e per il
potenziamento delle reti infrastrutturali di interi territori. Da circa vent’anni la
città europea vive un momento di profonda crisi a seguito dei fenomeni di svi-
luppo intensivo prima, di sprawl e di dismissione produttiva poi, che ci hanno
restituito una maglia di spazi vuoti, infrastrutture ammalorate, aree abbando-
nate ed edifici dismessi dislocati tanto negli interstizi dei tessuti consolidati,
quanto tra le grandi trame delle città diffuse.
In questo contesto nasce il bisogno di riabilitare le aree degradate e prive di
ruolo già precedentemente urbanizzate, in modo da sfruttarne la posizione per
attivare veri e propri processi di rinascita di intere comunità, territori, economie.
Per anni in Italia il mondo dell’edilizia, così come quello degli appalti pubblici, è
stato legato per lo più alla sola idea del costruire ma le città di oggi sono oramai
sature. I nostri territori non somigliano più a campi vergini, piuttosto appa-
iono come una costellazione di capannoni vuoti, case mai vendute, caserme,
ospedali e strutture ottocentesche inadatte alle funzioni che ospitano, infra-
strutture sottodimensionate, spazi inedificati ma oramai impermeabili ancora
in attesa di essere definiti. I residui della dispersione insediativa, così come le
aree deindustrializzate e gli edifici abbandonati, possono quindi essere riletti
come una rete di opportunità, una materia potenziale per le trasformazioni fu-
ture da condurre anche attraverso il recupero, la valorizzazione e la trasforma-
zione del patrimonio edilizio esistente. La partita del mondo delle costruzioni,
allora, non può più giocarsi solo sui tavoli di lottizzazioni o grandi opere ma può
e deve inserirsi nel meccanismo di risanamento, valorizzazione, sostituzione,
riuso e/o integrazione degli strappi già presenti nei nostri territori. La rigenera-
zione urbana, in questo senso, può rappresentare al tempo stesso la cura per lo
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stallo delle città italiane ed un vero e proprio mercato per il settore dell’edilizia.
Si tratta di costruire sul costruito, limitare le politiche urbane di espansione
che hanno portato a livelli di consumo di suolo preoccupanti e sovraccaricato
le già affannate infrastrutture esistenti; lavorare nei lotti interclusi, nelle aree
abbandonate, nelle proprietà pubbliche prive di utilizzo attraverso la ri-fun-
zionalizzazione, il rinnovamento, il completamento ma anche la sostituzione
edilizia; sfruttare gli incentivi in materia di adeguamento sismico e rispetto
ambientale per operare trasformazioni complesse. Non si tratta di un rimedio
puntuale, ma un vero e proprio quadro strategico per mettere in regia aspetti
economici, ambientali, culturali e infrastrutturali.
Rilanciare un territorio non significa infatti soltanto realizzare un intervento
edilizio o attribuire nuove funzioni ad un’area, ma creare un sistema capillare
di progetti in grado di trasformare l’immagine della città, ricostruire dei sim-
boli, creare nuove identità e ricucire il tessuto sociale; non significa solamen-
te generare qualità in un luogo specifico ma valorizzare l’intorno ed attrarre
investimenti in modo tale che il processo sia in grado di auto alimentarsi nel
tempo. Questo è quanto sta accadendo in molte città europee, dove una serie
di operazioni brillanti, frutto della visione strategica delle amministrazioni e
di una proficua interazione di capitali pubblici e privati, ha portato alla realiz-
zazione di interi quartieri innovativi ed architettonicamente accattivanti, sorti
sulle aree di sedime di vecchi parchi ferroviari e/o di aree industriali dismes-
se. Interventi che non solo si sono dimostrati in grado di risanare situazioni di
degrado e creare profitto per gli investitori, ma che hanno anche innescato le
trasformazioni delle aree limitrofe e la valorizzazione sul mercato delle zone
adiacenti o, se anche distanti, con caratteristiche analoghe. Rigenerazione
chiama rigenerazione, dunque.
L’esempio di ParigiIn questo senso l’esperienza forse più illuminante è quella della rigenerazione
di un intero settore urbano di Parigi che da vallo ferroviario inutilizzato è diven-
tato sede di attrezzature metropolitane, quartieri residenziali, parchi pubblici
e distretti aziendali. Paris Rive Gauche rappresenta oggi non solo la più gran-
de operazione urbanistica portata avanti in Francia dai tempi de La Defense,
ma è l’intervento che ha dato il via al recupero e alla costruzione di nuovi in-
sediamenti sulle aree dismesse situate all’interno di tutto il tessuto parigino,
mettendo a sistema le opportunità economico-normative aperte dalle nuove
politiche urbane francesi e le possibilità offerte dalle aree residuali presenti sul
territorio. L’operazione di Parigi, così come altri interventi analoghi condotti
sulle principali città europee, ha quindi di fatto innescato dei meccanismi di
promozione della nuova immagine della città tali da attirare non solo l’atten-
zione mediatica, ma anche investimenti stranieri o fondi destinati ai Grandi
Eventi. Basti pensare al ruolo che la riconversione del bacino carbonifero della
Ruhr ha giocato nel rilancio economico e culturale di un’intera regione della
Germania, o al richiamo internazionale e alla crescita sul mercato immobiliare
verificatesi a Barcellona dopo le trasformazioni urbane effettuate in occasio-
ni delle Olimpiadi del 1992. Impossibile ignorare quanto accaduto a Lisbona,
dove in occasione dell’Esposizione Universale del 1998 si è scelto di localizzare
i padiglioni in un’area dal passato industriale, obbligando quindi lo smantel-
lamento delle industrie inquinanti, la decontaminazione del suolo e la costru-
zione dei grandi sistemi di accesso e di trasporto. In sostanza, l’aggiudicazione
del grande evento ha reso finanziariamente possibile dotare un’area residuale
delle infrastrutture primarie per innestare il futuro sviluppo immobiliare di un
quartiere: da area degradata, il sito, che oggi porta il nome di Parco delle Na-
zioni, è divenuto un nuovo polo di attrazione dove si intrecciano architettura,
spazi pubblici e luoghi del tempo libero.
Le esperienze italianeIn Italia, nonostante in prima battuta il tema della rigenerazione sia stato as-
sociato esclusivamente al tema del recupero dei siti deindustrializzati, esisto-
no numerose altre situazioni, specificatamente legate allo sviluppo del nostro
territorio, che potrebbero costituire terreno fertile per la rigenerazione urbana:
strutture produttive di piccola scala, complessi immobiliari pubblici desueti,
beni confiscati alle mafie, interi comparti della città pubblica situati nelle no-
stre periferie sui quali non si è mai operato in termini di manutenzione, inte-
grazione, innovazione. Sicuramente alle operazioni condotte per lo più all’ini-
zio degli anni ‘90 principalmente sui grandi poli del Nord (il Lingotto a Torino,
il porto Antico di Genova, la Bicocca a Milano, etc.), va il merito di aver aperto
nuovi scenari per le città italiane e dimostrato come la disfunzionalità si possa
trasformare in valore architettonico, sociale, comunitario ma anche economi-
co. A differenza di quanto successo in altri Paesi europei, però, dopo le inizia-
tive degli anni ’90 l’Italia ha dimostrato una sostanziale debolezza sul piano
delle politiche nazionali in materia di trasformazione urbana e soltanto negli
ultimi tempi si è registrato un tentativo di approcciare il tema della rigenera-
zione non riferendosi più solo a contesti puntuali, ma ponendo l’attenzione ai
sistemi urbani nel loro complesso. In questo senso, alcuni interventi realizzati
negli ultimi anni a Milano e Torino sembrano delineare prospettive incorag-
gianti. Colpisce come la progettualità e gli strumenti urbanistico-normativi che
hanno reso possibili queste trasformazioni risalgano, come nel resto di Europa,
all’inizio degli anni ‘90 ma sia stato operativamente possibile utilizzarli sola-
mente negli ultimi anni grazie ad una sapiente gestione del denaro pubblico,
nel caso di Torino, e di un importante investimento di uno stakeholder privato,
nel caso di Milano. A Torino, le opportunità offerte dalle Olimpiadi Invernali
prima e dai festeggiamenti dei 150 anni dell’Unità di Italia poi, hanno attivato
un virtuoso sistema di progetti che ha attirato investimenti e permesso alla
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città di ottenere ingenti fondi europei medianti i quali ha saputo promuovere
la riqualificazione dell’intero passante ferroviario, ricucendo due grandi settori
urbani e rigenerando con un effetto domino tutte le aree adiacenti. La pianifi-
cazione del progetto Spina Centrale, insieme alla brandizzazione della nuova
immagine della città legata ai grandi eventi, ha trasformato Torino in un mer-
cato particolarmente attrattivo per gli investitori privati, e definito una nuova
identità urbana in grado di competere, in termini di turismo e attrattività, con
le altre città europee. Milano, invece, ha saputo incanalare la volontà dei nuovi
operatori privati di trarre sviluppo dalla riconversione delle aree ferroviarie di-
smesse per realizzare un progetto di rigenerazione che da più di trent’anni non
riusciva a decollare. Attraverso l’operazione di Porta Nuova, che rappresenta
il più grande progetto di rigenerazione oggi in corso in Europa, Milano ha tra-
sformato una serie di aree inutilizzate a ridosso del centro in un insediamento
a mixitè funzionale che, con le sue torri residenziali e direzionali, interpreta
la nuova immagine della città e proietta il capoluogo lombardo in prima linea
sulla scena europea.Tuttavia, se l’esperienza della riconversione delle aree di-
smesse ha tutto sommato prodotto esiti positivi, sia nei grandi interventi di
Milano e Torino che in operazioni minori diffuse in altri centri, il tema della ri-
funzionalizzazione del patrimonio immobiliare pubblico, della riqualificazione
dei grandi quartieri di edilizia residenziale costruiti negli anni ’80 e quello più
recente della rigenerazione della città diffusa restano ancora in attesa di rispo-
ste soddisfacenti. Dalle esperienze straniere di successo, mosse da leve sem-
pre differenti scaturite da un accurato mix di opportunità puntuali e specifiche
situazioni territoriali, risulta evidente che il ripensamento delle città muove sì
dal riscatto delle aree industriali dismesse ma passa soprattutto attraverso la
definizione di una chiara strategia a medio e lungo termine, messa a punto da
una cabina di regia solitamente pubblica, e da un preciso metodo di attuazione
delle trasformazioni, controllato attraverso l’interazione tra soggetti pubblici
e privati. Per attuare processi di rigenerazione urbana in grado di investire la
totalità degli spazi in divenire delle nostre città c’è allora bisogno di una visione
di insieme, di una strategia di intervento e di un metodo operativo. Occorre
rilevare e prendere coscienza dello stato di salute del nostro territorio, delle
condizioni delle periferie italiane, della quantità di patrimonio pubblico sotto
utilizzato, della localizzazione delle attività industriali abbandonate e mettere
queste informazioni a sistema con le possibilità offerte dagli strumenti tecni-
ci-normativi, dall’innovazione tecnologica e dalle risorse finanziarie attivabili,
anche guardando ad esempi virtuosi ormai compiuti. Solo così, attraverso in-
terventi in grado di investire non solo il settore produttivo, ma tutti i livelli della
società, la rigenerazione urbana può rappresentare non solo una necessità per
evitare il collasso dei centri urbani, ma la possibilità concreta di generare nuove
condizioni di crescita economica e sviluppo immobiliare, così come di rivalo-
rizzazione del patrimonio edilizio esistente e degli spazi aperti male utilizzati.
È in arrivo la rivoluzione dell’abitare
Con gli Anni Venti del nuovo millennio arriveranno gli effetti dell’inno-vazione sviluppata nel decennio che sta per finire, ma non ci sarà un mo-dello urbano valido per tutti.
Ancora un anno di pazienza ed entreremo nei Ruggenti Anni Venti, non
quelli di un secolo fa ma quelli del secondo millennio, quando tutte le
innovazioni tecnologiche del decennio precedente, dall’Intelligenza Arti-
ficiale ai droni ai robot attivi in tutti i campi, fino alle automobili che si
guidano da sole, alla realtà virtuale e chi più ne ha più ne metta diven-
teranno parte integrante della nostra vita quotidiana e non solo notizie
da ascoltare in tv o leggere online. Proprio come cent’anni fa, quando ae-
roplani, automobili, elettrificazione diffusa, elettrodomestici e cinema-
tografo passarono dal mondo della sperimentazione alla quotidianità di
milioni di persone, prima in America e poi nel resto del mondo sviluppato.
Allora la rivoluzione tecnologica cambiò il volto delle città. Succederà lo
stesso? Vivremo tutti in smart cities, ammesso che si sappia cosa voglia
dire? L’avanzamento tecnologico non porta per forza con sé un modello,
rende possibile far diventare realtà nuovi modelli che prima non erano re-
alizzabili. Migliaia di anni fa gli antichi egizi avevano la miglior tecnologia
di costruzione disponibile all’epoca e la utilizzarono per erigere le piramidi,
così come i greci usarono le loro tecniche d’avanguardia per i loro bellissimi
tempi. Gli antichi romani diffusero in tutto il mondo il loro modello di città,
con il castrum, il foro e gli anfiteatri.
La tecnologia oggi consente di fare praticamente qualsiasi cosa. Il centro
di ricerche della giapponese Advanced Industrial Science and Technology
ha sviluppato il prototipo di un robot umanoide battezzato HRP-5P e pro-
gettato per svolgere lavori pesanti in ambienti pericolosi con insuperabile
capacità fisica, praticamente può lavorare indefessamente 24 ore su 24, 7
giorni su 7 e 365 giorni l’anno. La sua vocazione sono le costruzioni. Cosa
faremo costruire agli HRP-5P nei prossimi Anni Venti in arrivo? Per esem-
pio potremmo affidare a una squadra di HRP-5P la costruzione del primo
headquarters europeo di un colosso tecnologico americano, tipo Google o
Apple o Amazon.
Le contraddizioni dello sbarco di Amazon a New YorkAmazon, quando ha deciso di dotarsi di un secondo grande centro direzio-
di VIRGILIO
CHELLI
Giornalista
10 11 CIVILTÀ DI CANTIERE N. 04 | 2018N. 04 | 2018 CIVILTÀ DI CANTIERE
nale in America, dopo quello di Seattle dove è nata, ha visto fare a gara
oltre 200 città degli Stati Uniti per ospitarla, offrendole incentivi di ogni
tipo. Alla fine l’hanno spuntata Arlington, in Virginia, e Long Island City,
New York. Quest’ultima ha messo sul piatto, tra agevolazioni e incentivi,
qualcosa come 3 miliardi di dollari di controvalore, perché Amazon vuol
dire decine di migliaia di posti di lavoro ben pagati, business, attrazione di
centinaia di altre imprese, e quindi benefici di ogni tipo a cominciare dal
gettito fiscale. Peccato che proprio a New York la House Authority, l’equi-
valente dei nostri vecchi enti per le Case Popolari, sia finita in tribunale per
non essere riuscita a mettere in condizioni di abitabilità le residenze in cui
vivono circa 400.000 persone, lasciate letteralmente cadere a pezzi. Per
l’intervento sarebbe bastato poco più di un terzo dei soldi messi sul piatto
per far arrivare Amazon. Il complesso più grande della House Authority di
New York è proprio vicinissimo all’area di Long Island City in cui sorgerà
l’headquartes di Amazon. Finalmente, ironizza il Wall Street Journal, gli
abitanti delle case popolari di Long Island infestate dai topi potranno be-
neficiare dell’eliporto di Jeff Bezos.
La congestione minaccia il miglio quadrato più innovativo del globoSiamo così sicuri che attrarre ed ospitare un distretto ad altissimo tas-
so di innovazione e sviluppo tecnologico sia una leva per la crescita e lo
sviluppo di tutti? Un caso che è finito in prima pagina sempre in America
è quello di Cambridge, Massachusetts, dove un gruppo di investitori del-
la vicina Boston sta sviluppando una torre che dovrebbe ospitare i nuovi
uffici di Google sulla costa Est. Nel cuore di Cambridge, che ospita il ri-
nomato Massachusetts Institute of Technology, c’è Kendall Square, un
cluster di laboratori, centri di ricerca e sedi di multinazionali che 10 anni
fa il Boston Cosulting Group nominò “il miglio quadrato più innovativo
del pianeta,” culla dell’industria biotecnologica globale. Il MIT di Boston è
per la scienza quello che Wall Street è per la finanza o Parigi per la cultu-
ra. Infatti i prezzi degli affitti viaggiano in tandem con quelli di Midtown
Manhattan. La sola Kendall Square è la residenza di 62 multinazionali
con un valore combinato di oltre 170 miliardi di dollari ed è in continua
crescita, con piani di sviluppo immobiliare per miliardi. Ma l’infrastruttura
fisica non regge il passo con la crescita economia e finanziaria, il sistema
dei trasporti è congestionato e il costo da sostenere per andarci ad abitare
o lavorare sta diventando insostenibile, anche per le famiglie a reddito
elevato. E così il tempo che passa sui mezzi di trasporto chi lavora a Ken-
dall Square è aumentato del 50% dal 2005 al 2016 arrivando a 90 minuti. Il
problema sembra locale, ma è globale perché se si inceppa il meccanismo
che produce una parte rilevante dell’innovazione biotecnologica del mon-
do la devastazione è planetaria.
Dalla concentrazione alla dispersioneLa lezione dei due esempi citati è: la concentrazione di risorse umane e
finanziarie di altissima qualità può essere una strada che, invece che verso
lo sviluppo porta in un vicolo cieco, oppure si trasforma in un moltiplicato-
re di disuguaglianza sociale che alla fine ha l’effetto perverso di restringere
la base di capitale umano da cui si attingono le risorse in termini di talenti.
Dalla concentrazione alla dispersione. Di recente la Washington Post ha
dedicato un lungo reportage sul campo al fenomeno degli americani che
hanno deciso di vivere stabilmente in un RV, sigla che sta per Recreational
Vehicle: il caro, vecchio caravan. Le famiglie che posseggono un RV negli
Stati Uniti hanno recentemente superato i 10,5 milioni, un balzo avanti
rispetto alle 7,5 milioni di famiglie del 2005 e una su 10 ha rinunciato de-
finitivamente all’appartamento o alla villetta e ha scelto l’RV come unica
abitazione, restringendosi da 150 metri quadrati a un terzo e puntando
sulla mobilità. Che tipo di gente è, si è chiesta la Post di Washington? Pen-
sionati che dopo la Grande Recessione non ce la fanno più a tirare avanti
con l’affitto e le bollette e hanno venduto tutto per godersi una terza età
low cost? Oppure una nuova generazione di hippy alla ricerca del contatto
con la natura?
On the road alla scoperta dei nuovi nomadiLa cronista Heather Long è andata ‘on the road’ a cercarli e ha trovato una
realtà molto diversa, quella dei ‘nuovi nomadi’, molti dei quali ‘nomadi di-
gitali’ di cui abbiamo già parlato su Civiltà di Cantiere. Come Robert e Jes-
sica Meinhofer, una coppia giovane con due figli di 6 e 9 anni, che ha deciso
di lasciare una vita non certo disperata nel quartiere newyorkese del Bronx.
Jessica continua a lavorare da remoto come contractor, l’equivalente della
partita Iva, per un’agenzia governativa, come faceva quando abitava nella
villetta con due auto nel garage. Robert fa il lavoro che trova girovagando,
non per forza tosare il prato. Alcuni grandi gruppi infatti, come Amazon e
J.C. Penney, si sono attrezzati per offrire lavori a questi moderni nomadi
nelle loro strutture logistiche di distribuzione, ramificate su tutto il terri-
torio, e pagano oltre allo stipendio anche la tariffa per parcheggiare l’RV in
un’area attrezzata. La Washington Post ha raccolto dozzine di storie sui
nuovi nomadi, tutte diverse con in comune la voglia di ‘ridefinire’ il sogno
americano in un paradigma diverso da quello tradizionale dell’accumula-
zione di beni.
Se è slow e piccola la città piace di piùUna filosofia simile a quella che ha ispirato CittaSlow, un movimento nato
nel 1999 per iniziativa dell’ex sindaco di Greve in Chianti Paolo Saturni-
ni e che almeno nel nome si richiama a quella più nota in Italia di Slow
12 13 CIVILTÀ DI CANTIERE N. 04 | 2018N. 04 | 2018 CIVILTÀ DI CANTIERE
Le risorse pubbliche come catalizzatore dei processi di rigenerazione urbana
Il rapporto della Direzione Affari Economici e Centro Studi di ANCE illu-stra le possibilità per le città di cambiare grazie ai diversi fondi disponibili.
Recentemente l’Ufficio studi di ANCE ha prodotto un dettagliato resoconto
riguardante la situazione delle operazioni di rigenerazione urbana nel nostro
Paese, sulla base dell’analisi di dati derivanti dal monitoraggio sui finanzia-
menti e sulle attività pianificate dal Governo negli ultimi anni. Ciò che emer-
ge dal documento è l’esigenza di un cambiamento di approccio rispetto al
passato per iniziare a ragionare in termini di fabbisogni e progetti di riqualifi-
cazione e non in funzione dei finanziamenti disponibili.
Tale esigenza è ancora più evidente in considerazione dei risultati, piuttosto
limitati, raggiunti dai molteplici programmi di spesa nazionali attivati negli
ultimi anni.
Si pensi al Piano città, varato nel 2012, al Piano Aree Degradate, previsto nel-
la Legge di stabilità del 2014 e al Piano Periferie della Legge di stabilità del
2016, che a fronte di una dotazione complessiva di risorse pubbliche pari a 2,6
miliardi di euro, si sono scontrati con difficoltà attuative dovute all’incertez-
za politica e alla mancanza di una governance unitaria.
Una dimostrazione di tale inefficienza emerge chiaramente da quanto ac-
caduto con il Piano Periferie. Una quota importante delle risorse disponibili
per tale programma, pari a 1,6 miliardi di euro, risulta recentemente bloccata
a causa di una norma inserita nel DL n.91/2018, cosiddetto “Milleproroghe”,
che prevede la sospensione di 96 delle 120 convenzioni già approvate del Pia-
no periferie.
Come ben evidenziato nella Relazione finale della Commissione Parlamen-
tare d’inchiesta sulle condizioni di degrado delle città e delle loro periferie “le
politiche di rigenerazione urbana appaiono, in Italia, gravate da eccessivi pesi
di natura procedurale, da conflitti di competenze e di attribuzione tra diversi
livelli di amministrazione e da diversi comparti dello Stato, da dispersioni
che rendono gli interventi sulle città tendenzialmente episodici, non inseriti
in una cornice normativa e di principi omogenea e di facile utilizzo e, soprat-
tutto, nella gran parte dei casi senza un impianto di visione strategica su
tutto l’organismo urbano”. Accanto ai finanziamenti previsti dai program-
mi nazionali sopra richiamati, ulteriori fonti di finanziamento sono in grado
di innescare processi virtuosi di riqualificazione e valorizzazione delle città.
Solo considerando i principali canali di spesa l’Ance stima in almeno 9 miliar-
di VIOLA
MORETTI
Food, con cui collabora e che l’ha aiutato a crescere. L’associazione conta
centinaia di città aderenti in tutti i continenti, prevalentemente di piccolo
dimensioni, dalla Danimarca all’Australia, dalla Polonia alla Spagna fino
al Giappone, e promuove l’idea di considerare i centri urbani per quello che
sono, immaginando uno sviluppo finalizzato a migliorare la qualità della
vita applicando il concetto dell’ecogastronomia alla pratica di vita quoti-
diana. Nel caso di CittaSlow non ci si muove alla ricerca di una qualità della
vita migliore di quella del pendolare che passa un’ora e mezza al giorno
per andare al lavoro, ma si resta fermi per migliorarla con quello che c’è
già e magari rischia di sparire se non viene coltivato e conservato, come il
buon cibo, la buona architettura urbana ereditata dal passato, la qualità
sociale di comunità ancora capaci di raccogliersi e ritrovarsi in piazza. Tutti
obiettivi che la tecnologia e l’innovazione possono aiutare a raggiungere.
La bottom line è che i Ruggenti Anni Venti in arrivo probabilmente non
porteranno, come un secolo fa, un nuovo modello di città in cui vivere la
modernità esportabile in tutto il mondo, ma che l’innovazione e la tecno-
logia renderanno forse possibile la realizzazione di tanti modelli e tanti
stili di vita diversi a cui ogni comunità potrà ispirarsi. A patto di sapersi
accontentare e di non voler strafare.
14 15 CIVILTÀ DI CANTIERE N. 04 | 2018N. 04 | 2018 CIVILTÀ DI CANTIERE
di di euro le risorse per la riqualificazione urbana. L’Italia sconta, dunque, un
deficit alla partenza perché da anni manca una politica nazionale sulle città,
nonostante l’Europa abbia attribuito carattere strategico al tema delle politi-
che urbane e della trasformazione urbana sostenibile. Per usare bene i fondi,
vi è la necessità di definire al più presto una strategia nazionale/regionale
sulle città, un salto di qualità verso le migliori esperienze europee in materia
e di costruire un modello istituzionale di intervento sulle città.
La vera sfida è quella di garantire la collaborazione tra i vari livelli istituzio-
nali, nel rispetto delle competenze di ciascuno, e di mettere in competizione
i progetti attraverso l’introduzione di una governance unica, chiara e stabile
nel tempo, evitando logiche di distribuzione “a pioggia” delle risorse, defi-
nendo strategie unitarie di sviluppo urbano a livello territoriale che garanti-
scano l’integrazione dei fondi.
A tali indicazioni è pervenuta anche la Commissione Parlamentare d’inchie-
sta sopra richiamata che nella Relazione finale, presentata a dicembre 2017,
ha evidenziato alcuni punti fermi di una politica per le aree urbane e le pe-
riferie. In particolare, tra le indicazioni elaborate dalla Commissione, vi è la
necessità di mettere in cantiere un grande progetto nazionale, di durata plu-
riennale e di individuare un punto di riferimento dell’amministrazione cen-
trale con il compito di coordinare la politica per le città.
Un “Piano strategico per le città italiane” rilevante non solo dal punto di vista
finanziario ma, soprattutto, come espressione di un impegno politico di Sta-
to, Regioni e autonomie locali per l’adeguamento delle nostre città a stan-
dard di vivibilità e sicurezza compatibili con quelli europei.
Un Paese costituito da tante piccole cittàL’Italia, come il resto d’Europa, è caratterizzata da un sistema urbano fram-
mentato che vede la copresenza di grandi, medie e piccole città ma, al tempo
stesso, vede anche un forte disallineamento tra strutture amministrative e
strutture urbane. E questo, secondo gli studiosi, è un fattore di elevata cri-
ticità, in quanto riduce la coesione e compromette la competitività dei ter-
ritori. Diversamente, lo sfruttamento più efficiente di elementi di capitale
territoriale, di specificità locali presenti sia in città di grandi dimensioni che in
quelle piccole e medie, consentirebbe alle economie regionali di ottenere una
maggiore competitività. Proprio come ha scelto di fare il governo francese
che ha messo in atto una strategia che connette in stretta interdipendenza le
aree urbane, le città medie, i comuni rurali. Nuovi modelli di governance ap-
paiono indispensabili anche per rispondere ai cambiamenti demografici, so-
ciali ed economici in atto, rinvenendo nella densificazione e nella mixité delle
funzioni due elementi fondamentali per ridare attrattività agli spazi urbani.
Le aree urbane, infatti, divengono fattore di sviluppo laddove la trasforma-
zione rappresenti l’opportunità di dare una risposta efficace a diversi ele-
menti: miglior vivibilità, sicurezza, sostenibilità ambientale, accessibilità
economica alla casa, rinnovate esigenze e sensibilità delle persone e degli
investitori rispetto alla fruizione degli spazi del lavoro e dell’abitare, trend
demografici.
Rispetto a questi ultimi, ad esempio, sono tante le sfide da affrontare: l’Ita-
lia è uno dei Paesi più vecchi al mondo, le famiglie si stanno profondamente
modificando, una su tre è composta da una sola persona, i giovani hanno
difficoltà a uscire dalla casa dei genitori. Per questo c’è bisogno di una visione
strategica proiettata nel medio-lungo periodo, altrimenti il rischio è quello di
generare solo una successione di interventi completamente disconnessi tra
loro. Oggi i processi di rigenerazione urbana devono necessariamente fare i
conti con la presenza di ampie aree industriali dismesse, in aumento rispetto
al passato, e con la necessità di ridurre il consumo di suolo.
Secondo i dati Istat, il 3% dell’intero territorio italiano è occupato da spazi
industriali in disuso, quasi tutti con problemi di inquinamento e conseguenti
rischi per la salute dei cittadini e per l’ambiente. Si stima che il 30% di queste
aree sia inserito in ambiti urbani, fuori dalle tradizionali zone industriali. Alla
deindustrializzazione già in atto si è unita, a partire dal 2008, la crisi econo-
mico finanziaria che ha colpito l’Italia e che ha coinvolto migliaia di piccole e
medie aziende e gli insediamenti artigiani compresi in tessuti urbani caratte-
16 17 CIVILTÀ DI CANTIERE N. 04 | 2018N. 04 | 2018 CIVILTÀ DI CANTIERE
rizzati da un mix funzionale quasi sempre casuale e non pianificato, creando
in questo modo nuove condizioni di abbandono e degrado. Le aree di trasfor-
mazione urbana, i vuoti urbani, e le strutture da ricostruire devono diventare
capaci di attivare una ampia filiera tra iniziative economiche, sociali e infra-
strutturali per realizzare progetti innovatori che sappiano interagire moltipli-
cando gli effetti e producendo reali benefici economici, sociali ed ambientali.
Anche in Italia esistono progetti già avviati, ma occorre sistematizzare que-
sta pratica con uno sforzo unitario che possa sostenere maggiormente le ini-
ziative a livello locale in un contesto normativo favorevole e accompagnato
da adeguati strumenti finanziari che rendano sostenibili gli investimenti e
vedere il coinvolgimento di capitali privati attraverso operazioni di Partena-
riato Pubblico Privato. In generale, il PPP può costituire un valido strumento
da inserire in operazioni di rigenerazione urbana affiancando alla creazione di
servizi pubblici interventi privati in modo da minimizzare i rischi per le parti.
I Fondi strutturali europeiLe città occupano un posto centrale nell’agenda europea di sviluppo sosteni-
bile e coesione sociale. L’articolo 7 del Regolamento UE 1301/2013 prescrive
che almeno il 5% della dotazione FESR di ogni Stato membro sia destinato
a sostenere “strategie per lo sviluppo urbano sostenibile “ che prevedano
“azioni integrate per far fronte alle sfide economiche, ambientali, climatiche,
demografiche e sociali che si pongono nelle aree urbane”.
L’Accordo di Partenariato nazionale (AdP) individua una serie di driver tema-
tici che tengono conto di tali sfide e che delineano alcuni ambiti di intervento
prioritari:
• ridisegno e modernizzazione dei servizi urbani per i residenti e gli utiliz-
zatori delle città;
• pratiche e progettazione per l’inclusione sociale per i segmenti di popo-
lazione più fragile e per aree e quartieri disagiati;
• rafforzamento della capacità delle città di potenziare segmenti locali
pregiati di filiere produttive globali.
La richiesta della Commissione europea, che in tutte le Regioni UE almeno
il 5% (riserva minima) delle risorse del Fondo Europeo di Sviluppo Regionale
FESR fossero destinate allo Sviluppo Urbano Sostenibile, è stata raccolta in
quasi tutte le Regioni italiane e molte di queste hanno aumentato notevol-
mente la percentuale indicata.
Complessivamente, le risorse programmate a livello regionale, sono circa
2,3 miliardi di euro e comprendono azioni cofinanziate dal FESR e dal FSE
nell’ambito di un asse prioritario dei rispettivi Piani operativi o attraverso l’u-
so dello strumento degli Investimenti Territoriali Integrati (ITI).
PON Città MetropolitaneAlle risorse dei PO regionali FESR destinate all’Agenda urbana, si aggiungo-
no 893 milioni attribuiti al Programma Operativo Città Metropolitane 2014-
2020. Le città interessate da tale programma sono 14: Torino, Genova, Mila-
no, Bologna, Venezia, Firenze, Roma, Bari, Napoli, Reggio Calabria, Cagliari,
Catania, Messina e Palermo.
Il PON Metro concentra la sua azione su obiettivi mirati all’innovazione del-
la gestione amministrativa attraverso l’uso delle tecnologie digitali, all’effi-
cientamento energetico, alla mobilità sostenibile e all’inclusione sociale.
In sinergia e complementarità con il PON “Città Metropolitane” 2014-2020, il
POC - Programma Operativo Complementare, con una dotazione finanziaria
complessiva di 206 milioni di euro interviene su 6 Città metropolitane delle
Regioni meno sviluppate (Bari, Catania, Messina, Napoli, Palermo, Reggio
Calabria).
Fondo Sviluppo e CoesioneUlteriori strumenti a sostegno della politica di sviluppo urbano sono previsti
18 N. 04 | 2018 CIVILTÀ DI CANTIERE 19 CIVILTÀ DI CANTIERE N. 04 | 2018
nell’ambito del Fondo Sviluppo e Coesione attraverso i cosiddetti “Patti per
lo sviluppo delle città metropolitane” con i quali il Governo e le Città metro-
politane di Bari, Cagliari, Catania, Firenze, Genova Messina, Milano, Napoli,
Palermo Reggio Calabria, Torino e Venezia si impegnano ad attuare un pro-
gramma strategico di interventi per la propria città, basato sul potenziamen-
to infrastrutturale, miglioramento ambientale, riqualificazione del patrimo-
nio storico, rafforzamento ed efficientamento dei servizi urbani.
Ogni Patto contiene la visione che la città ha del proprio futuro, una ricogni-
zione degli strumenti e delle risorse a disposizione, la programmazione degli
interventi da realizzare nonché la governance del processo.
Le risorse disponibili, a valere sul Fondo Sviluppo e coesione ammontano
complessivamente a 2,3 miliardi di euro ai quali si aggiungono oltre 6 miliardi
di euro di altre risorse disponibili tra fondi nazionali e fondi regionali in parte
già assegnati.
Rischio idrogeologicoIn merito alla messa in sicurezza dal rischio idrogeologico delle aree urbane,
il15 settembre 2015 è stato approvato un Piano da 1.389 milioni, in attesa
della definizione di un piano pluriennale nazionale, al fine di dare attuazio-
ne ad una lista di interventi tempestivamente cantierabili contro le alluvioni
nelle città metropolitane.
Fondo investimenti e sviluppo infrastrutturaleInfine, le città potranno beneficiare anche di una quota del Fondo investi-
menti e sviluppo infrastrutturale, istituito con la Legge di bilancio per il 2017
(Legge n. 232/2016, art. 1, comma 140), che ammonta complessivamente a
oltre 83 miliardi di euro per gli anni 2017-2033.
Tali risorse sono destinate, tra l’altro, alla riqualificazione e la messa in si-
curezza antisismica degli immobili pubblici, compresi quelli scolastici, alla
messa in sicurezza del territorio dal rischio idrogeologico e la riqualificazione
urbana e sicurezza delle periferie. Tutti gli ambiti di intervento riguardano
le aree urbane e possono innescare processi di riqualificazione di più ampio
respiro. Il Fondo non è stato completamente ripartito, pertanto non è al mo-
mento possibile stimare la quota di risorse destinate alle città.
L’opinione
Costruzioni, infrastrutture e sviluppo
Le scelte politiche e la gestione dei rapporti tra committenze e imprese determinano conseguenza importanti su territorio e indotto produttivo.
Il nostro Paese sta vivendo un momento particolare, caratterizzato da un
profondo cambiamento politico e da non poche incertezze. Per quanto
riguarda l’industria e la filiera delle costruzioni lo scenario risulta parti-
colarmente preoccupante. Per un comparto come quello del calcestruzzo,
poi, la situazione appare ancora più critica, considerando che l’ambito di
mercato principale è rappresentato dalle infrastrutture, soprattutto quel-
le di maggiori dimensioni. Le scelte del nuovo Governo di rivedere i princi-
pali programmi infrastrutturali, la tragedia del crollo del ponte sul Polce-
vera a Genova e il persistere di una crisi profonda, finanziaria e di liquidità
di alcune delle maggiori imprese italiane, stanno determinando un quadro
quanto mai problematico e che mette a rischio default l’intero settore.
Vi è del resto una stretta correlazione tra questi fattori. Se infatti pren-
diamo in esame soltanto i casi di Condotte e Grandi Lavori Fincosit, ci
accorgiamo che si tratta di imprese titolari di alcuni fra i più importan-
ti lavori come il Colle di Tenda, la Tranvia di Firenze, l’attraversamento
dell’Alta Velocità sempre a Firenze, alcuni lotti della Sassari - Olbia, il
porto di Taranto, la Siracusa – Gela, alcuni lotti del Terzo Valico, la Città
della Salute a Milano. Ciò che ancora non si è compreso sufficientemen-
te è che il ricorso al concordato solo di queste due imprese provoca una
perdita secca di alcune decine di milioni di euro ai fornitori di calcestruzzo
e cemento, che va ad impattare su bilanci già in perdita da diversi anni.
Se poi aggiungiamo il caso della Astaldi e quello più recente della CMC di
Ravenna siamo di fronte a un’emergenza a cui va posto rimedio iniziando
a rivedere le norme in materia di fallimento.
È una crisi strettamente connessa a una gestione dei rapporti tra commit-
tenze e imprese relativamente ai principali programmi di infrastruttura-
zione. Programmi sui quali incombe la spada di Damocle del blocco delle
risorse e della revisione dei programmi stessi. Per chiudere il cerchio vizio-
so non resta che ricordare come Anas e Ferrovie, ovvero due dei principali
committenti di opere pubbliche del Paese, si caratterizzano per avere i
Consigli di amministrazione dimissionari. In sintesi siamo di fronte a un
vuoto decisorio di cui non si vede la fine.
In questo scenario, il futuro di un comparto produttivo come quello del
di ANDREA
BOLONDI
Presidente
ATECAP
21 CIVILTÀ DI CANTIERE N. 04 | 201820 N. 04 | 2018 CIVILTÀ DI CANTIERE
L’opinione L’opinione
La rigenerazione delle città passa dalle infrastrutture
Esempi di riconversione che, grazie alla sostenibilità, restituiscono servizi e funzionalità alle città, tramite una progettazione partecipata.
Il Protocollo Envision si sta diffondendo negli Stati Uniti e in altre parti del mondo.
A dimostrarlo ci sono i tanti progetti che negli ultimi anni hanno scelto di utiliz-
zare i requisiti del protocollo per realizzare infrastrutture sostenibili e di usufruire
del percorso dell’awarding, che fornisce maggiore risalto e trasparenza agli alti
livelli raggiunti.
Molti dei progetti realizzati riguardano operazioni di rigenerazione urbana, ri-
conversione di aree industriali dismesse o infrastrutture fatiscenti in veri e pro-
pri centri funzionali sostenibili.Alcune di esse sono un esempio di come si possa
coinvolgere la cittadinanza in operazioni complesse di riconversione, restituendo
nuovo slancio all’economia e all’efficienza di un territorio. Due sono i casi più em-
blematici che desidero mettere in evidenza.
La Low level Road a Vancouver, prima infrastruttura di trasporto certificata EnvisionLa Low Level Road è stata la prima infrastruttura di trasporto a raggiungere l’a-
warding secondo il sistema di rating Envision, con il livello platinum.
L’opera è stata realizzata nella zona nord del Port Metro a Vancouver, sede origi-
nariamente di tratti stradali e ferroviari. L’area è stata oggetto di riqualificazione
al fine di garantire l’accesso diretto a uno dei maggiori terminal portuali e il poten-
ziamento dei percorsi ciclopedonali. Il progetto è consistito in un riallineamento
e sopraelevazione di un tratto di circa 2,6 km della strada denominata Low Level
Road.
Questo ha permesso di ricavare lo spazio per un doppio sistema di binari, poten-
ziando in tal modo la rete ferroviaria esistente, e di eliminare tre incroci stradali,
aumentando la sicurezza della viabilità.
Gli aspetti che il team di progetto e le figure chiave coinvolte hanno affrontato
utilizzando gli strumenti del protocollo sono stati molteplici: da un lato un miglio-
ramento delle operazioni portuali che favorisse lo sviluppo del commercio inter-
nazionale, dall’altro una maggiore attenzione verso la sicurezza della comunità e
la diminuzione della congestione del traffico.
Il progetto ha integrato diversi aspetti legati alla sostenibilità come la mobilità, i
trasporti alternativi, la sinergia tra i diversi stakeholder, la minimizzazione dell’in-
quinamento acustico e dei rischi legati alla situazione geomorfologica del suolo.
È stato così possibile creare un sistema infrastrutturale integrato con il contesto
di LORENZO
ORSENIGO
Direttore ICMQ
calcestruzzo appare dipendere fortemente dall’evoluzione del quadro po-
litico e dalla capacità delle forze politiche del Governo e del Parlamento di
comprendere l’importanza del fattore tempo, rispetto alle decisioni e alle
scelte. Quel che sembra mancare è la consapevolezza della gravità della
situazione. Eppure è nota a tutti l’incidenza rilevante delle costruzioni sul
PIL, tanto che è ormai giudizio condiviso che proprio la crisi del settore e
la sua contrazione produttiva sono state la principale causa della minore
crescita dell’Italia rispetto ai nostri partner dell’Unione europea.
Il valore dell’industria italiana del calcestruzzo è riconosciuto a livello
internazionale. Il raggiungimento di importanti obiettivi di sviluppo e di
capacità competitiva sono il risultato di un vasto utilizzo di questo ma-
teriale. Le opere in calcestruzzo costituiscono l’ossatura infrastrutturale
del Paese. Una verità che non può essere messa in discussione da specifici
casi di cattiva gestione o manutenzione. Come ricordato anche recente-
mente, l’architettura strutturale italiana costituisce un riferimento per la
nostra storia scientifica e le opere dei grandi strutturisti italiani resta-
no punti fermi di un genio e di una cultura straordinaria. Appare difficile
comprendere come tutto ciò venga improvvisamente dimenticato.
22 23 CIVILTÀ DI CANTIERE N. 04 | 2018N. 04 | 2018 CIVILTÀ DI CANTIERE
L’opinione L’opinione
esistente e che tiene in considerazione le necessità dei residenti, degli investitori
locali, dei gestori delle attività portuali e di trasporto ferroviario e viario, ottenendo
un punteggio elevato nelle categorie Leadership e Quality of Life. Tutti i soggetti
interessati sono stati infatti coinvolti sin dalle prime fasi progettuali, permetten-
do in questo modo che l’intervento rispecchiasse le esigenze dell’intera comunità.
L’integrazione e l’ampliamento dei sistemi infrastrutturali esistenti inoltre han-
no stimolato sia la crescita economica e lo sviluppo sostenibile, con un previsto
aumento progressivo dei posti di lavoro e del Pil, sia il miglioramento dei trasporti
alternativi, grazie al potenziamento della rete ciclopedonale esistente. Trovan-
dosi all’interno di un’area ad alto valore ambientale, il progetto ha anche messo
in atto misure volte alla salvaguardia degli habitat preesistenti e delle biodiver-
sità. Ad esempio durante le attività di costruzione sono stati previsti sistemi di
schermatura e siti di nidificazione artificiale per minimizzare gli impatti negativi e
tutelare le specie protette, oltre che per ridurre l’inquinamento da rumore dovuto
al fischio dei treni.
Grazie all’allineamento del progetto con quanto definito dai piani di adeguamen-
to della città è stato infine possibile creare un’infrastruttura caratterizzata da
flessibilità e adattamento a lungo termine soprattutto nei confronti dei cambia-
menti climatici e di assetto infrastrutturale.
Canada: livello platinum per un impianto di trattamento delle acque reflueIl progetto del nuovo impianto di trattamento delle acque di scarico nella zona
del Grand Bend è il primo progetto canadese ad aver ricevuto l’awarding secondo
il sistema di rating promosso dal protocollo Envision. L’impianto si trova sulle rive
del lago Huron in Ontario, un’area conosciuta per la pulizia delle spiagge e la lim-
pidezza dell’acqua. La realizzazione dell’opera, voluta dalle municipalità inte-
ressate a causa del malfunzionamento della struttura esistente, ha previsto la
riconversione di 4 lagune presenti nel sito in un nuovo impianto di trattamento
delle acque di scarico (che impedisca emissioni di effluenti e impatti sulla qua-
lità dell’acqua di falda) e di una zona umida in riserva naturale.
Il team di progetto ha adottato da subito il protocollo Envision per consentire
l’introduzione di pratiche sostenibili coinvolgendo la committenza pubblica e i
principali stakeholder interessati. Riadattando la struttura esistente, il team
di progetto ha cercato di estendere la vita utile dell’impianto migliorandone le
prestazioni, la durabilità e la resilienza in funzione dei bisogni delle comunità
limitrofe e della salvaguardia dell’ambiente, grazie soprattutto alla collabora-
zione tra i diversi soggetti coinvolti.
La ricostruzione delle zone umide ha poi permesso il ripristino delle condizio-
ni naturali preesistenti, mentre l’adozione di misure di controllo degli odori e
dell’inquinamento hanno garantito la riduzione degli impatti negativi sul tu-
rismo delle spiagge e la qualità dell’acqua, migliorando la qualità di vita degli
utenti.
Nell’ottica della conservazione delle risorse, il nuovo progetto ha previsto la
possibilità di riutilizzare sul sito il terreno scavato, riducendo la necessità di
reperirlo esternamente all’area di intervento e quindi limitando gli impatti am-
bientali ed economici legati al trasporto. A questi aspetti si aggiunge anche l’in-
stallazione di sistemi energetici e idrici altamente efficienti che hanno elimina-
to l’utilizzo di acqua potabile nei processi.
Grazie all’adozione del protocollo Envision è quindi stato possibile indirizzare le
scelte progettuali verso la sostenibilità, ripristinando le condizioni ambientali
prima danneggiate e realizzando un progetto flessibile e adattabile alle future
configurazioni e funzionalità.
Figura 1. Low
Level Road,
North Vancouver,
British Columbia
Figura 2. Grand
Bend Area Waste-
water Treatment
Facility, South
Huron, Ontario
24 25 CIVILTÀ DI CANTIERE N. 04 | 2018N. 04 | 2018 CIVILTÀ DI CANTIERE
Politiche industriali e ambientali: il ruolo delle imprese
Un inquadramento internazionale sulle politiche degli altri Paesi e un focus sul percorso italiano.
Abbiamo incontrato Andrea Bianchi, Direttore Area Politiche Industriali di Con-findustria per approfondire alcuni aspetti riguardanti il legame tra strategie di business, politiche ambientali e ruoli imprenditoriali. Prima di tutto quali vantag-gi ha oggi un’azienda di tipo industriale nell’offrire al mercato prodotti sostenibili e rispettosi dell’ambiente?L’industria italiana è molto sensibile al tema della sostenibilità ambientale e può
già contare su un’esperienza consolidata, che guarda ormai da tempo all’argomen-
to come un’opportunità e non come un vincolo alla crescita. La sostenibilità am-
bientale, infatti, gioca un ruolo strategico non solo per migliorare le condizioni di
vita della collettività ma anche per rendere più competitive le imprese, ad esempio,
attraverso il minor utilizzo delle materie prime, una maggiore efficienza nel proces-
so produttivo, una minore generazione di rifiuti e una positiva percezione da parte
del mercato e dei consumatori. Una ricerca condotta da Nielsen Global Survey of
Corporate Social Responsability and Sustainability ha rilevato che in Italia, nel 2015,
i consumatori disposti a pagare di più per brand sostenibili sono il 52%, in sensibile
crescita dal 44% del 2013 e dal 45% del 2014. Va osservato che per avere effetti
positivi dalla sostenibilità ambientale non sono sufficienti i comportamenti delle
imprese, ma è necessaria un’azione di sistema. Anzitutto, la sostenibilità richiede
l’avanzamento tecnologico, che dipende dagli investimenti in ricerca e sviluppo, per
assicurare attività produttive competitive e obiettivi ambientali sempre più perfor-
manti. Inoltre, in diversi ambiti, l’adozione di comportamenti virtuosi sotto il profilo
della sostenibilità ambientale può essere condizionata dalla sussistenza o meno
di misure di supporto o incentivi pubblici, senza i quali si rischia l’antieconomicità.
In questo contesto, le politiche ambientali devono costituire un pezzo fondamen-
tale delle politiche industriali. Il punto è come e a che livello adottare e attuare tali
politiche. Partiamo dall’analisi della distribuzione dell’industria a livello globale. Se
mettiamo a confronto le tre principali piattaforme industriali - USA, Sud-Est Asia-
tico, Europa - cogliamo subito delle profonde differenze nel modo in cui i Governi
si relazionano con l’industria, in altri termini se e in che modo vengono messe in
atto politiche industriali in campo ambientale. Quello che emerge è che, rispetto
a una impostazione più liberista, tipica degli statunitensi, e una più dirigista, che
caratterizza paesi del Sud-Est asiatico (prima su tutti la Cina), l’Europa si colloca a
metà fra i due approcci, fornendo degli indirizzi a livello UE, accompagnati in diversi
ad ANDREA
BIANCHI
Confindustria
– Direttore
Area Politiche
Industriali,
A cura di
MARTINO
ALMISISI
L’intervistaL’intervista
casi da stanziamenti di risorse, che debbono però poi essere calati e implementati
concretamente a livello di singoli Stati Membri. Si pensi ad esempio al caso della
spesa per Ricerca e Innovazione: il Piano Horizon 2020 ha destinato, a livello UE nel
periodo 2014-2020 un totale di circa 80 miliardi di euro, che diviso su base annua
(circa 11 mld di euro) non rappresenta neanche una unità percentuale del PIL euro-
peo. Per questo motivo, i singoli stati membri hanno ritenuto opportuno mettere in
piedi anche dei programmi di investimento e sostegno all’industria su base nazio-
nale, come nel caso italiano di Industria 4.0. Tale impostazione la si ritrova anche
quando si parla di politiche ambientali. L’Europa ha ormai da decenni un approccio
votato alla definizione di obiettivi sempre più sfidanti: per Horizon si passerà dagli
80 miliardi del periodo 2014-2020 a 96 miliardi nei successivi 7 anni. Un approccio
che dovrà necessariamente essere confrontato con quello delle altre due piattafor-
me industriali che, soprattutto nel caso della Cina, si apprestano ad assumere la
leadership in tale campo.
Dalle ultime notizie disponibili, nell’ultimo piano quinquennale cinese comunicato
a inizio 2016, che stabilisce la direzione dell’economia e la destinazione degli inve-
stimenti per i successivi cinque anni, i temi ambientali sono stati al centro della pro-
grammazione. Il Governo cinese ha stanziato investimenti da qua al 2020 per circa
300 miliardi di dollari all’anno, per dare un termine di paragone si tratta all’incirca
di un conferimento nel settore pari al PIL danese ogni anno. Come conseguenza
l’investimento totale riservato alla protezione ambientale arriverà a rappresentare
circa il 2.7 del PIL cinese stimato nel 2020. In conclusione, la sostenibilità ambien-
tale può senz’altro rappresentare un vantaggio per le imprese e per le collettività,
ma affinché ciò avvenga è sempre più è necessaria un’azione di supporto anche da
parte dei Governi.
E in quale misura la certificazione di sostenibilità di prodotto ne costituisce un valore aggiunto?Partiamo dalla considerazione che nel continente europeo, quindi anche nel relati-
vo mercato, la sensibilità ambientale, complice anche l’elevata antropizzazione, è
molto elevata. A livello aziendale, quindi, il possesso di una certificazione di soste-
nibilità di prodotto rappresenta senz’altro una condizione premiante per l’apprezza-
mento dei consumatori. Ma oggi il valore aggiunto che può dare la certificazione non
riguarda solo i rapporti tra imprese e consumatori, ma anche i rapporti tra imprese
e pubbliche amministrazioni. Il riferimento è alla materia degli appalti “verdi”. Pen-
sate che l’Italia è al primo posto in Europa e terza nel mondo dopo Cina e Giappone
per numero di aziende - oltre 22.000 - che applicano il “green public procurement”
(Gpp): ossia, le norme europee in materia di appalti verdi. Bisogna considerare che
in Europa il mercato degli appalti pubblici genera una spesa per opere, beni e servizi
di circa 1.800 miliardi di euro l’anno, circa il 14% del Pil europeo; in Italia nel 2016, gli
appalti pubblici hanno avuto un valore di circa 111,5 miliardi, sono evidenti i vantaggi
che le certificazioni ambientali di prodotto possono giocare anche nell’intercettare
26 27 CIVILTÀ DI CANTIERE N. 04 | 2018N. 04 | 2018 CIVILTÀ DI CANTIERE
L’intervista
commesse pubbliche, sia a livello europeo che nazionale. A livello di sistema, infi-
ne, le certificazioni ambientali rappresentano un efficace strumento di politica in-
dustriale in grado di orientare i modelli di produzione e, quindi, di consumo verso
la sostenibilità, in alternativa a quelle che sono le politiche basate su divieti, vin-
coli e limiti, a volte anche assai stringenti, ma incapaci di realizzare una effettiva
tutela ambientale e spesso dannosi unicamente per l’economia.
L’applicazione dell’EPD (Environmental Product Declaration) ai prodotti, oltre a fornire un valore commerciale grazie alla certificazione, richiede che si fac-cia un’analisi approfondita del processo produttivo per lo specifico prodotto. In questo modo si determinano spesso vantaggi economici per effetto di una razionalizzazione e una migliore e più attenta gestione dei processi. Qual è oggi il livello di consapevolezza di questo valore aggiunto?La Dichiarazione Ambientale di Prodotto, meglio nota come EPD è lo strumen-
to pensato per migliorare la comunicazione ambientale fra produttori da un lato
(business to business) e distributori e consumatori, dall’altro (business to consu-
mers). L’EPD consente alle imprese di comunicare le proprie strategie e l’impe-
gno ad orientare la produzione nel rispetto dell’ambiente valorizzando il prodotto
stesso. L’attenzione verso le certificazioni EPD da parte delle aziende è aumenta-
ta considerevolmente negli ultimi anni, anche grazie all’intervento del legislatore.
Ad esempio il rispetto dei criteri ambientali minimi (CAM) negli appalti pubblici,
che è divenuto obbligatorio, può essere provato appunto con l’EPD. Una sempre
maggiore attenzione del decisore pubblico nei confronti di questo strumento,
unita ai vantaggi che la certificazione assume nell’ambito dell’ottimizzazione
dei processi produttivi, porta a credere che le aziende considerino tale strumento
come un importante valore aggiunto per promuovere i loro prodotti e favorire le
loro attività.
Con la nascita di EPDItaly e grazie ad accordi con alcuni dei principali Program Operator internazionali l’EPD certificata in Italia è riconosciuta anche in altri Paesi, evitando la ripetizione di prove e verifiche. In quale misura questo costi-tuisce un vantaggio e un’opportunità per le aziende italiane?L’EPD, caratterizzandosi, tra l’altro, per il suo utilizzo sia a livello nazionale che
internazionale, si conferma uno strumento positivo per le aziende che ne sono in
possesso, per meglio muoversi in un mercato sempre più attento alle tematiche
ambientali. È emblematico inoltre notare come l’industria tutta, nell’ambito del
mercato globale, appaia unita nel perseguimento dei medesimi obiettivi e coe-
sa nel trovare strategie e approcci innovativi in tema di sostenibilità. È un punto
questo sul quale dovremmo riflettere, nella misura in cui, viceversa, i vari Gover-
ni, spesso, non si dimostrano in grado di rispondere efficacemente e in maniera
unitaria a quelle che sono le sfide ambientali di oggi, sulle quali, vale la pena di
ricordare, si può vincere solo in un’ottica globale.
L’opportunità del programma PON Metro
Città metropolitane a sostegno di progetti sostenibili e di rigenerazione ur-bana.
Il piano Pon Metro – città metropolitane è un programma che vede sostanzial-
mente come attori diretti dell’utilizzo delle risorse comunitarie le 14 principali
città italiane, 7 delle quali situate nel Nord Italia e 6 nel Sud Italia, con l’aggiunta
di Cagliari che rientra nelle cosiddette “aree di transizione”. Il programma nasce
all’interno di un quadro di riferimento che si basa su 3 driver principali d’inter-
vento identificati dall’Agenda Urbana Nazionale: il ridisegno e la modernizza-
zione dei servizi urbani (un concetto comunemente riassunto in Smart City), il
consolidamento delle capacità delle città di potenziare segmenti locali pregiati
di filiere produttive globali, l’applicazione di pratiche e progetti per l’inclusione
sociale rivolte a segmenti di popolazione più fragili per aree e quartieri disagiati.
Si parla, in particolare, di 892 milioni di euro a disposizione, per un periodo di
circa otto anni, di cui 90 milioni sono le risorse assegnate alle città localizzate
nelle regioni italiane meno sviluppate e 40 milioni di euro sono rivolti, invece,
alle città più sviluppate, come ad esempio Venezia. PON Metro ha deciso di con-
centrarsi soprattutto sui driver riguardanti le Smart City e l’inclusione sociale,
trasferendo l’intervento del sistema economico ai programmi regionali, ciò an-
che per evitare sovrapposizioni e duplicazioni di interventi.
Gli asset e gli elementi di riferimento del programmaIl programma PON Metro opera nell’ambito di cinque asset riguardanti l’agenda
digitale, la mobilità e l’efficientamento energetico, le azioni di politica attiva,
l’inclusione e l’innovazione sociale. Tuttavia, indipendentemente da quello che
questo piano riuscirà a realizzare e portare a termine nei tempi previsti dalla
Comunità europea, è importante sottolineare che si parla di un ecosistema in
cui sono coinvolti più soggetti: l’Agenzia per la Coesione Territoriale, l’Autorità
Urbana, la città metropolitana, il territorio, l’Autorità di Gestione e il Segreta-
riato Tecnico. Le città metropolitane sono state definite da una legge ma non
sono state messe ancora nella condizione di avere una struttura amministrativa
tale da poter essere titolari di risorse comunitarie dirette e di gestirle. Tuttavia,
esiste un sistema di co-progettazione con cui PON Metro ha lavorato fin dall’i-
nizio aumentando il coinvolgimento della cittadinanza. Il Programma è con-
dizionato da una serie di elementi di riferimento: il grado di urbanizzazione, il
cambiamento demografico (popolazione straniera, età media della popolazione
di GIORGIO
MARTINI
Autorità di
gestione PON
Metro
28 29 CIVILTÀ DI CANTIERE N. 04 | 2018N. 04 | 2018 CIVILTÀ DI CANTIERE
residente, etc.), il consumo delle risorse (suolo, energia, aria, ecc.), la pressione
sociale, l’organizzazione dell’amministrazione, il capitale umano e la finanza
dei comuni, un tema, questo, molto importante considerando che molti comuni
italiani stanno vivendo, tutt’ora, una situazione di pre dissesto finanziario che
condiziona la possibilità dell’utilizzo delle risorse.
L’agenda digitale è di fatto un asse ma opera anche come servizio per gli altri
assi. Naturalmente non può esistere una sola strategia sulla mobilità o sull’effi-
cientamento energetico se non si ha un sistema infrastrutturale e digitale ade-
guato.
Nelle 14 città (Milano, Torino, Bologna, Roma, Firenze, Genova, Venezia, Bari,
Cagliari, Napoli, Palermo, Reggi Calabria, Catania, Messina) sono stati attivati
più di 60 servizi digitali che, in alcuni casi, sono in fase di completamento. Sono
comunque stati inseriti 15.000 punti luce, distribuiti 67 nuovi autobus di nuo-
va generazione in grado di dialogare direttamente con le centrali operative, e
sono state assunte più di 800 persone, un dato importante che rientra nel tema
dell’inclusione sociale.
Nell’ambito delle attività di valutazione del PON Città Metropolitane 2014-2020
è stato elaborato un indice (Smart Metropolitan Index) basato su un set di 330
indicatori utili sia alla fase di pianificazione dei progetti che a quella relativa alla
misurazione degli impatti sul livello di smartness dei contesti urbani, seguendo
la cosiddetta logica a strati.
Ogni città ha avviato un personale percorso di costruzione come Smart City at-
traverso l’individuazione di alcuni punti di partenza ed impostando il lavoro su
leve differenziate. Non tutte le metropoli funzionano alla stessa maniera, ognu-
na di esse sta puntando sui propri punti di forza cercando di arginare quelle che
invece sono le criticità.
Il percorso e gli ambiti d’azioneSi è cercato di mettere a confronto dei dati prendendo in considerazione non
più solo il comune capoluogo ma l’intera città metropolitana. Questo ha portato
alla formazione di indicatori di output ambientali specificamente misurati per
il PON Metro (riqualificazione energetica, inquinamento, consumi energetici,
mobilità, ecc.), relativi al driver dell’inclusione sociale (disagio abitativo e piat-
taforme crowdfunding), ai diversi livelli di smartness dei comuni di cintura, a
un’estensione delle infrastrutture, a nuove piattaforme e servizi del capoluogo
agli altri comuni della città metropolitana. In questo modo siamo riusciti a for-
nire una visione più ampia su quelle che sono le variazioni importanti per quanto
riguarda il posizionamento di alcune città. L’Agenda Digitale, in particolare, ha
individuato 7 ambiti in cui operano le metropoli: ambiente e territorio, assisten-
za e sostegno sociale, cultura e tempo libero, edilizia e catasto, formazione e
lavoro, lavori pubblici.
Dall’analisi del programma PON Metro, pertanto, emerge che è molto impor-
tante rafforzare il dialogo tra territori e amministrazioni, lavorare sull’organiz-
zazione interna amministrativa, operare sulla base di un progetto “strategico”
delle città e non settoriale, che si basi su analisi e dati certi e qualificati, su un
confronto con la cittadinanza, su standard tecnici comuni e condivisi. Il percorso
permetterà in questo modo di individuare e condividere modelli efficienti ge-
stionali e di governance delle diverse città, di utilizzare buone pratiche in manie-
ra “efficiente” nel rispetto della diversità dei territori, gestire e rendere pubblici i
dati, sviluppare capitale umano creando, soprattutto, un aumento delle compe-
tenze organizzative, gestionali e tecniche.
ALCUNI NUMERI SULL’ATTUAZIONE
30 31 CIVILTÀ DI CANTIERE N. 04 | 2018N. 04 | 2018 CIVILTÀ DI CANTIERE
BIM & PA: dalla consapevolezza allaformazione
di ALFREDO
MARTINI
Un progetto di Civiltà di cantiere in collaborazione con i principali operatori del settore della progettazione BIM per un percorso di ade-guamento della Pubblica Amministrazione nei confronti del BIM.
Anche nel nostro Paese il ricorso al BIM è stato introdotto come un per-
corso irreversibile nella progettazione, realizzazione e gestione dei la-
vori pubblici attraverso il richiamo nel Codice degli Appalti e con il DM
560/17 con il quale si stabilisce la road map di introduzione obbligatoria
a partire dal 2019 per le opere di dimensione superiore ai 100 milioni. Il
provvedimento riguarderà poi tutti i lavori pubblici a partire dal gennaio
2025.
Come evidenziato dal Manuale per l’introduzione del BIM da parte della
domanda pubblica in Europa, redatto da EUBIM Taskforce, i vantaggi
del BIM riguardano una pluralità di soggetti: committenti o enti pub-
blici proprietari di infrastrutture e immobili, detentori pubblici di in-
frastrutture e immobili coinvolti nella fase di gestione e di manuten-
zione; funzionari e dirigenti preposti alle politiche pubbliche. Vantaggi
che vengono individuati soprattutto in “un migliore coordinamento e in
una produzione più veloce di informazioni precise e attendibili al fine di
migliorare il processo decisionale e la qualità dei risultati. Benefici che
si traducono in vantaggi economici, quali: un miglior rapporto qualità-
prezzo durante la fase di consegna e una migliore qualità delle merci e
dei servizi pubblici durante l’utilizzo del bene edificato.”
Come è stato ricordato in più occasioni dal provveditore di Lombardia
ed Emilia Romagna, Pietro Baratono: “la modellazione digitale, per la
sua intrinseca natura additiva e diacronica, consente il continuo accre-
scimento dell’intero sistema dei dati che contribuiscono a configurare il
progetto, integrando il contributo delle discipline sotto forma di model-
li specialistici tra loro federati – la struttura, gli impianti, ecc. - quindi
il suo evolvere nella fase di costruzione fino allo stadio di As Built. In
questo modo, ogni fase di sviluppo può essere oggetto di verifica di con-
gruità con gli obiettivi qualitativi e quantitativi, comprese le valutazioni
economiche. Con il risultato che tempi e (minori) costi certi permettono
di creare una benefica corrispondenza tra la qualità delle prestazioni del
costruito con i requisiti della committenza, soprattutto del migliore im-
piego delle risorse anche sulla base del criterio di valutazione del mag-
giore vantaggio tra i progetti in gara d’appalto, in un quadro efficiente di
collaborazione competitiva.”
Grazie al BIM sarà possibile raggiungere una migliore gestione dell’in-
tero processo connesso alla progettazione, realizzazione e gestione nel
tempo dii un’opera pubblica, assicurare maggiore trasparenza e facili-
tare l’operatività in una logica di oggettiva garanzia in termini di ese-
cuzione. Ma per raggiungere questi obiettivi è necessario da parte degli
amministratori pubblici intraprendere un percorso di adeguamento della
programmazione e gestione delle risorse al nuovo modello, attraverso
specifiche attività di formazione e di acquisizione di competenze tecni-
che e culturali nel segno della digitalizzazione delle procedure, qualifi-
cando e garantendo competenza e professionalità del personale e delle
organizzazioni.
Da qui la nascita del progetto “BIM&PA” - promosso e avviato da Civiltà
di Cantiere insieme ad alcune società tra le più autorevoli che operano
nel settore dell’innovazione per le costruzioni (vedi box) - volto a favo-
rire il ricorso al BIM come modello di gestione di una commessa per la
progettazione, la realizzazione e la manutenzione di un’opera pubblica.
Con il principale obiettivo della costruzione di una rete di amministratori
e di dirigenti e manager pubblici così come i RUP, con i quali avviare e
sviluppare un percorso di conoscenza, di formazione e di sperimentazio-
ne del nuovo modello.
Il progetto si articola su più piani, nella convinzione che la rete vada
alimentata e costruita cogliendo opportunità e potenzialità offerte dal
network di Civiltà di Cantiere (aziende leader produttrici di software, di
consulenza e di certificazione) in sinergia con le possibilità di intercet-
tare finanziamenti e programmi di dimensione nazionale e regionale.
La fase di avvio del progetto prevede un seminario introduttivo organiz-
zato in collaborazione con il Provveditorato alle OOPP dl Veneto, Tren-
tino e Friuli Venezia Giulia in programma il 29 novembre con l’obiettivo
di sensibilizzare un iniziale gruppo di funzionari, dirigenti e RUP con i
quali condividere le linee guida di un percorso di crescita professiona-
le e di competenze confrontandosi con esperienze concrete di successo
di applicazione del BIM in progetti e costruzione di opere pubbliche sia
verticali (scuole, ospedali, ecc.) che orizzontali (strade, ferrovie, ecc.).
Ciò anche al fine di creare i presupposti per la fase più prettamente for-
mativa a cura del network di Civiltà di Cantiere da avviare all’inizio del
2019. Si tratta di una attività di formazione di base volta a fornire un
primo livello di conoscenza su strumenti e modalità operative, che pos-
sano permettere alle stazioni appaltanti di iniziare a confrontarsi con
la metodologia BIM, anche al fine di prepararsi a rispondere ai requisiti
richiesti dalla nuova normativa.
32 33 CIVILTÀ DI CANTIERE N. 04 | 2018N. 04 | 2018 CIVILTÀ DI CANTIERE
Il progetto BIM&PA è sostenuto e promosso dai principa-
li operatori del settore della progettazione BIM, nei diversi
ambiti di attività che essa comprende. I partner sono:
HarpaceasProtagonista nella trasformazione digitale della filiera con
un portfolio che comprende software BIM tra i più diffusi a
livello mondiale, con una vasta gamma di servizi per l’imple-
mentazione del BIM e di formazione specialistica per tutti
coloro che operano nel settore delle costruzioni.
ICMQIl più competente istituto di certificazione accreditato
dall’ente nazionale Accredia a garanzia di imparzialità, in-
dipendenza e correttezza. Membro attivo di organizzazioni
internazionali, è il principale ente certificatore delle figure
professionali e del Sistema di gestione BIM.
One TeamSocietà di consulenza e partner di riferimento per l’introdu-
zione del metodo BIM nelle aziende in Italia, One Team pro-
pone un metodo unico, frutto di attività di ricerca, studio e
di esperienze maturate nel corso degli anni con importanti
partner, quali UNI e Politecnico di Milano, con cui ha svilup-
pato progetti internazionali di R&D in ambito BIM (es. IN-
NOVance).
TeamSystemUn’eccellenza per la progettazione e la vendita di software
gestionali/ERP e nell’erogazione di servizi formativi su tut-
to il territorio italiano. Tra i suoi punti di forza l’attenzione
verso i reali bisogni dei clienti e la disponibilità a proporre
soluzioni di ultima generazione aggiornate rispetto all’evo-
luzione normativa.
IL BIM E LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE: UN PERCORSO NECESSARIO29 Novembre – VeneziaPalazzo dei X Savii - San Polo 19 - Sala Comitato
ORE 11.00
Apertura dei lavori
Roberto LINETTI, Provveditore alle OO.PP.
di Veneto, FVG e Trentino Alto Adige
Introduzione e conduzione
Alfredo MARTINI, Direttore di Civiltà di Cantiere
Il BIM nella gestione di un’opera pubblica:
potenzialità e vantaggi
Pietro BARATONO, Provveditore alle OO.PP.
di Lombardia ed Emilia Romagna
ORE 11.40
Case study
> L’OSPEDALE NUOVO GALLIERA DI GENOVA
> LA MANUTENZIONE DELLE CURVE DEI CARRAI
E ACQUABONA DELLA SS12 DELL’ABETONE
ORE 12.15
Question & Answer
ORE 13.15
Chiusura dei lavori
I PARTNER PROGRAMMA
34 N. 04 | 2018 CIVILTÀ DI CANTIERE 35 CIVILTÀ DI CANTIERE N. 04 | 2018
BIM e GIS insieme per una efficienza della gestione delle opere pubbliche
A colloquio con Riccardo Perego, AD One Team, sui vantaggi per le Am-ministrazioni pubbliche derivanti dai nuovi modelli di BIM integrati con i Sistemi informativi territoriali.
“I modelli BIM permettono oggi di arrivare a livelli di efficienza molto elevati
e soprattutto riducono al minimo la possibilità di errori.” È quanto afferma
Riccardo Perego, presidente di One Team, società leader nel settore della
consulenza e fornitura di soluzioni informatiche per tecnologie legate alla
progettazione edilizia. “Con il BIM si evitano quelle situazioni in cui emer-
gono criticità impreviste nella fase finale di lavoro in cantiere, prevedendo e
analizzando già in fase di progettazione possibili incongruenze o difficoltà.
Questo fa sì che non si sprechino risorse e tempo inutilmente, a tutto van-
taggio degli studi professionali o delle imprese di costruzione.”
Queste considerazioni diventano ancora più incisive quando si parla di opere
pubbliche e di infrastrutture le cui commesse siano gestite dalla Pubblica
amministrazione. Potendo prevedere, attraverso la modellazione tridimen-
sionale di un edificio, eventuali problematiche, sia in fase di progettazio-
ne che in fase di realizzazione e, soprattutto, di gestione e manutenzione,
l’Ente pubblico riesce ad ottenere risultati di efficienza operativa elevati con
sforzi ridotti al minimo e senza sorprese sui costi di investimento.
Un grande vantaggio per le amministrazioni pubbliche è anche nel controllo
di gestione dell’opera una volta conclusa. Gli edifici, attraverso il BIM, posso-
no essere monitorati in tempo reale e la loro manutenzione ordinaria viene
eseguita in maniera più rapida e scrupolosa, razionalizzando le operazioni
per tempo.
“Non tutti sanno che il costo di manutenzione di un’opera supera in media
di due volte il costo di realizzazione iniziale”. Conferma Riccardo Perego.
“Attraverso il BIM, gli enti pubblici possono risparmiare ingenti somme di
denaro attraverso la modellazione e archiviazione di tutti i dettagli riguar-
danti la progettazione e la costruzione di un’opera, ottenendo, in questo
modo, una previsione di tutti gli interventi di manutenzione e un risparmio
che può arrivare anche al 30-40% su ogni edificio”.
Da oggi, poi, gli organismi pubblici avranno un ulteriore vantaggio. Potranno
integrare la modellazione in BIM ai sistemi informativi territoriali (workflow
BIM - GIS), intercettando così anche i vari dati cartografici a disposizione e i
dati originati da attività di rilievo.
“Esisteva un gap su questa complementarietà – afferma Perego – che
abbiamo cercato di colmare grazie alla collaborazione di One Team
eGemmlab,società che opera nel settore della geomatica e all’accordo stipu-
lato tra le due principali case di software BIM e GIS nel mondo, ovvero Auto-
desk ed Esri, che hanno compreso la necessità di integrare le due tecnologie
dando vita a un prodotto ancora più innovativo ed efficiente”.
Esri e Autodesk, aziende leader mondiali per i sistemi geospaziali e per la
progettazione in digitale, hanno dato il via a una partnership tecnologica
volta a creare un “ponte” tra le rispettive tecnologie: il GIS (Geographic Infor-
mation System) per Esri e il BIM ( Building Information Model) per Autodesk.
L’integrazione tra GIS e BIM cambierà il modo di fare pianificazione e pro-
gettazione, con l’obiettivo di ottimizzare il processo di digitalizzazione dei
progetti, accelerarne l’approvazione e ridurre significativamente tempi e co-
sti. I benefici di questa partnership, secondo Riccardo Perego, investiranno
anche la pianificazione urbana, per costruire città più smart e sostenibili.
“Le nostre amministrazioni stanno iniziando a comprendere il valore di que-
sti strumenti e ad applicarli per ottenere operazioni di rigenerazione urbana,
di gestione e manutenzione delle opere pubbliche, di progettazione di infra-
strutture. Allo stato attuale le mappe trovano solo pochi edifici progettati in
BIM, ma l’auspicio è che essi continuino ad aumentare fino ad avere interi
quartieri, intere città progettate completamente tramite BIM”.
Il 4 ottobre, ad Abano Terme, One Team e Gemmlab hanno organizzato un
evento intitolato “Workflow BIM GIS: dal rilievo lidar all’integrazione dei
modelli nei Sistemi Territoriali”.
L’evento, a cui hanno partecipato Pubbliche Amministrazioni e professioni-
sti dell’area Veneta, è stato l’occasione per ripercorrere lo stato dell’arte del
Building Information Modeling e vagliare le opportunità che questa meto-
dologia offre alle P.A. e non solo. Un particolare focus ha riguardato l’inte-
grazione del BIM nei Sistemi Informativi Territoriali e l’importanza, tra i vari
dati cartografici a disposizione, di dati originati da attività di rilievo. Dal con-
fronto con l’esperienza di Gemmlab nel campo dei rilievi ad alto rendimento
outdoor e indoor, è stato possibile identificare i momenti salienti, all’interno
di un flusso di progettazione e di gestione, in cui risulta vantaggioso e utile
avere a disposizione dati di telerilevamento. Per dare continuità agli argo-
menti affrontati durante l’evento e approfondire quanto già mostrato, One
Team e Gemmlab hanno illustrato il funzionamento del workflow BIM GIS
presentato, utilizzando dati reali e basandosi su uno specifico caso studio.
Durante l’evento è stato dimostrato come un edificio storico di Padova sia
stato riprodotto completamente tramite BIM e, successivamente, sia stato
inserito in un ambiente GIS ricostruito in 3D con dati derivanti da attività di
rilievo e progettazione e dati cartografici derivanti da database topografici.
“In questo modo – precisa l’AD di One Team - abbiamo dimostrato come sia
di MIMOSA
MARTINI
36 N. 04 | 2018 CIVILTÀ DI CANTIERE
possibile visionare ogni minimo dettaglio di un edificio, dalla struttura por-
tante fino alle rifiniture e agli arredi, collocandolo in uno spazio ben preciso
e analizzando, quindi, anche i dati relativi al clima, al terreno, alle infrastrut-
ture circostanti. È una novità importante per chi deve pianificare un nuovo
quartiere o deve scegliere il tipo di materiale più adatto per costruire una
scuola o un ponte. Per chi amministra un piccolo Comune o una città diventa
uno strumento molto potente.”
Il mondo crescerà di circa 2,5 miliardi di persone nei prossimi 30 anni, il 70%
delle quali risiederà in aree urbanizzate, mettendo a dura prova le infra-
strutture che sono già al limite del collasso e che richiederanno una spesa
di adeguamento per 3,3 migliaia di miliardi di dollari all’anno. Per affrontare
queste sfide, il pubblico e il privato devono collaborare in modo sinergico per
trovare il modo di ottimizzare e rendere più efficienti sia le infrastrutture di
trasporto che quelle residenziali e di servizio.
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38 39 CIVILTÀ DI CANTIERE N. 04 | 2018N. 04 | 2018 CIVILTÀ DI CANTIERE
Rilanciare le città grazie all’arte: il caso di Napoli
La metropolitana del capoluogo partenopeo è un vero e proprio mu-seo obbligatorio che educa cittadini e turisti e allo stesso tempo rende la città più bella ed efficiente.
La metropolitana di Napoli rappresenta oggi una grande opera pubblica,
una delle principali in Italia, che sta trasformando la città rendendola più
bella, consentendo a cittadini e turisti di attraversarla in maniera più co-
moda e semplice e riqualificando in maniera determinante molte aree sia
nel centro che nella sua periferia.
È un’opera che in primo luogo consente di mettere in collegamento gran
parte dei cittadini, con una funzione sociale notevole, ci avvicina molto
agli standard europei divenendo eccellenza italiana. Le due linee metro-
politane (linea 1 e linea 6) si estendono per circa 20,5 km con 22 stazioni,
inoltre sono in costruzione ulteriori 7,2 km e 9 stazioni (Tabella 1). Si tratta
della più grande opera infrastrutturale della Campania del costo comples-
sivo di 3,9 miliardi (di cui 270 milioni di archeologia) per la linea uno e 790
milioni per la linea sei (di cui 54 in opere relative all’archeologia).
di ENNIO
CASCETTA
Presidente
Metropolitana
di Napoli S.p.A
La vision seguita per la realizzazione dell’opera in qualche modo rispec-
chia le caratteristiche indicate nel trattato “De architectura” di Vitruvio:
Tutte le costruzioni devono avere requisiti di solidità, utilità e bellezza.
Per garantire la “solidità”, data la complessità geologica del territorio,
sono state utilizzate delle tecniche avanzate per poter scavare in falda;
una vera sfida per l’ingegneria. Per scavare le gallerie, ad esempio, è sta-
TABELLA 1: I KM E IL NUMERO DI STAZIONI REALIZZATI E IN FASE DI REALIZZAZIONEDELLA LINEA 1 E DELLA LINEA 6
LINEA
LINEA 1
LINEA 6
TOTALE
LINEA1+
LINEA6
18,2
2,3
20,5
18
4
22
4,0
3,2
7,2
5
4
9
22,2
5,5
27,7
23
8
31
LUNGHEZZAIN ESERCIZIO
(KM)
STAZIONI IN ESERCIZIO
LUNGHEZZAIN COSTRU-ZIONE (KM)
STAZIONI IN COSTRUZIONE
LUNGHEZZATOTALE KM
STAZIONI TOTALE
Piazza Dante prima
e dopo gli interventi
di riqualificazio-
ne urbanistica
ta utilizzata la tecnica del congelamento con l’ausilio dell’azoto liquido
e altre innovative tecnologie che la rendono una delle metropolitane più
studiate al mondo.
Per quanto riguarda la bellezza, la metropolitana di Napoli è anche de-
finita come la metropolitana delle tre “A” (architettura, arte e archeo-
logia). Le stazioni della metropolitana sono state costruite con eleva-
ti standard architettonici e sono arricchite di opere d’arte al punto da
vincere numerosi riconoscimenti in tutto il mondo e di essere diventate
in alcuni casi set cinematografici importanti. Tra la Linea 1 e la Linea 6
della metropolitana sono esposte 160 opere d’arte di circa 102 artisti un
vero e proprio ‘museo obbligatorio’ ricco di alcune grandi star dell’arte
contemporanea come Sol Lewit, Umberto Manzo, Perino & Vele, Luigi
Ontani, Mario Merz, Michelangelo Pistoletto, Bob Wilson, William Ken-
tridge, Oliviero Toscani e Francesco Clemente con la consulenza artistica
di critici prestigiosi come Achille Bonita Oliva (curatore dell’Enciclopedia
delle arti contemporanee volume 2010 e 2013). Il “museo obbligatorio”
della Metropolitana di Napoli è l’unico grande attrattore moderno in una
città che deve tutto il suo turismo a monumenti o musei di epoca borbo-
nica o precedente. Il ventesimo secolo sarà ricordato in futuro a Napoli
proprio per la sua metropolitana.
Inoltre la realizzazione delle stazioni è stato progettato insieme alle ri-
qualificazione di alcune importanti piazze/aree della città di Napoli an-
che in zone più «popolari». Esempi significativi sono la riqualificazione
di P.zza Dante a Napoli, una delle piazze simbolo della città, che prima
della riqualificazione urbana (Figura 1), era utilizzata come parcheggio, o
via Salvator Rosa che nel 1956 presentava sul suolo dell’attuale stazione
una discarica a cielo aperto (Figura 2),e che dopo la riqualificazione, a
40 41 CIVILTÀ DI CANTIERE N. 04 | 2018N. 04 | 2018 CIVILTÀ DI CANTIERE
Salvator Rosa 1954,
Salvator Rosa oggi
cura degli architetti Francesco e Alessandro Mendini, è diventata il sim-
bolo di integrazione del quartiere circostante, valorizzando anche i resti
di un ponte romano rinvenuti in loco. Oltre ad essere “bella” la linea 1 è
anche un opera utile, infatti è utilizzata da 45 milioni di persone l’an-
no (dato 2017) con una crescita costante. Ad oggi la linea 1 permette di
collegare il centro con due delle tre porte di accesso alla città: “la porta
dal mare”, ovvero il porto con la stazione Municipio progettata da Al-
varo Siza e Edoardo Souto de Moura che sarà anche nodo di interscam-
bio tra le linee metropolitane 1 e 6 e la grande “porta di terra”, Stazione
Garibaldi, progettata da Dominique Perrault che ha un ruolo strategico
nell’interscambio modale tra le linee ferroviarie locali, nazionali ed in-
ternazionali. Il progetto concluso prevedrà il collegamento anche con la
terza porta di accesso alla città: “la porta del cielo” con la stazione Capo-
dichino progettata dall’architetto Richard Rogers.
Per poter quantificare l’utilità e la convenienza economica di tale inve-
stimento è stata realizzata una analisi ex post secondo la nuova nor-
mativa vigente (Nuovo codice degli appalti Dlgs n50, 2016 e successive
modifiche dlgs n.56, 2017) considerando la così detta “tratta bassa” della
linea ovvero quella che collega Piazza Dante (centro storico di Napoli)
con piazza Garibaldi (interscambio modale con altri treni regionali e extra
regionali oltre ai treni AV).
I risultati mostrano che, secondo tutti gli indicatori (Tabella2), l’opera è
economicamente vantaggiosa: infatti a fronte di un costo totale (consi-
derando costo d’investimento, costo di manutenzione e valore residuo
dell’opera) di oltre 874 mln di euro sono stati stimati benefici totali tra
1,4 ed 1,7 mld di euro.
TASSO DI SCONTO R
VAN
B/C
SRI
3,0
0,6-1,0 MILIARDI €
1,5-1,8
5,7%-6,1%
TABELLA 2
Il valore del metrò dell’arteAver realizzato una metropolitana con elevati standard artistici e archi-
tettonici ha comportato sicuramente degli impatti che non è possibile
trascurare. È interessante sottolineare che alcune delle stazioni della li-
nea 1 (Toledo e Materdei) sono state definite (dal Daily Telegraph) come
le stazioni più “belle” del mondo.
In una ricerca condotta presso il dipartimento d’Ingegneria Civile, Edi-
le ed Ambientale dell’Università di Napoli Federico II, e citata a livello
internazionale, è stato stimato il valore economico per aver realizzato
una metropolitana con elevati standard artistici- architettonici. I risulta-
ti mostrano che Il valore economico della “bellezza” per un pendolare è
di 43 centesimi di € per viaggio (disponibilità a pagare) che equivalgono
a 7 minuti di attesa in più se fatti in una stazione con alti standard archi-
tettonici o a 10 minuti di accesso/egresso in più se fatti per raggiungere
una stazione “bella”. Inoltre è stato confrontato l’estensione del baci-
no d’influenza di una stazione realizzata con canoni standard, ovvero
senza particolare attenzione per l’arte e l’architettura con una stazione
con elevati standard artistici architettonici. I risultati della ricerca mo-
strano che il bacino di influenza (ovvero la popolazione potenzialmente
servita dalla linea) di una stazione con alti standard architettonici è il
99% più esteso di quello di una stazione tradizionale. Ne consegue che il
bacino di influenza della Linea 1, se fosse stata realizzata con standard
tradizionali è di circa 160 mila napoletani, mentre il bacino attuale della
linea 1 è di 360 mila napoletani. Il valore della bellezza è stato tenuto
42 43 CIVILTÀ DI CANTIERE N. 04 | 2018N. 04 | 2018 CIVILTÀ DI CANTIERE
esplicitamente in conto nell’analisi ex post condotta. Infatti a fronte di
un costo della bellezza della tratta bassa della Linea 1 di circa 50 mln di
euro (considerando bellezza delle stazioni e delle aree esterne, a prezzi
2000), ovvero il 4% rispetto al costo totale della linea, i benefici della
«bellezza» per gli utenti incidono per il 13% sui benefici totali. Il Valore
della Bellezza in 30 anni è stato stimato tra i 164mln € ed i 213 mln€ (a
prezzi 2000).
La bellezza ha rappresentato indubbiamente una scelta importante per
le linee della Metropolitan,a con una incidenza economica minima che
ha avuto invece un ritorno enorme, al punto che dei circa 1,33 milioni
di turisti all’anno che utilizzano la linea 1 per visitare la città, circa 176
mila visitano le stazioni proprio come luoghi della cultura e sappiamo
che sempre più sarà così diventando uno dei musei più visitati a Napoli
con numeri più vicini a quelli del Museo di Capodimonte che a quelli del
Madre (più che raddoppiati). E basta girare tra le stazioni e i treni per
vedere tanti turisti e tanti napoletani che fanno fotografie come in un
vero e proprio museo aperto e gratuito per tutti. E questo senza avere
ancora completato alcuni interventi straordinari come quelli del parco
archeologico di Municipio, una nuova Pompei nel centro cittadino, o l’a-
rea archeologica della stazione Duomo dove sono stati ritrovati i resti
dei Giochi Isolimpici. Viaggiare a Napoli è e sarà sempre più un’esperien-
za che valorizza il binomio trasporti e turismo e un modello per il Paese.
La Metropolitana di Napoli ha una doppia valenza per la città: la prima
è una valenza funzionale, ovvero di garantire alla maggior parte della
popolazione partenopea un servizio metropolitano a distanza pedonale
e di rendere accessibili i principali siti turistici della città. Dal Museo ar-
cheologico all’area del centro antico con piazza Dante e via Toledo, Mu-
nicipio con il teatro San Carlo a due passi cui è dedicata anche un’uscita,
via Duomo la via dei musei; progetto che continuerà proseguendo sul
lungomare con la Villa comunale borbonica (unico parco storico a poter
vantare ben due uscite di metro) fino ad arrivare nella zona occidentale
con un percorso che potrebbe raggiungere in futuro anche Bagnoli at-
traverso la linea 6. Già oggi si può raggiungere il Vomero da Scampia, la
zona ospedaliera dal centro antico, la metro unisce la città vicereale con
la periferia a Nord e quando sarà conclusa, nel giro di pochi anni con-
sentirà in pochi minuti di raggiungere pressocché ogni punto della città
dall’aeroporto, dal porto e dalla stazione ferroviaria. La seconda valen-
za riguarda la metropolitana come attrattore turistico in sé. Le stazioni
della metropolitana rappresentano sempre di più degli attrattori turi-
stici; un investimento in architettura che consente di lasciare un segno
importante dando un volto nuovo, un’iconografia sempre più ricca che
unisce l’antica bellezza con la nuova.
Progettazione e responsabilità generazionale
Riflessioni e linee guida per la trasformazione territoriale e lo sviluppo sostenibile.
I principi fondamentali della progettazionePer individuare gli elementi costitutivi di un’opera pubblica capace di diven-
tare un lascito di valore per le generazioni future bisogna rivolgere innan-
zitutto lo sguardo indietro attraverso i secoli, addirittura i millenni, fino ad
arrivare a Marco Vitruvio Pollione che intorno all’anno 15 a.C. ha codificato
nel suo trattato “De Architectura” i tre principi fondamentali ai quali deve
ispirarsi ogni manufatto edilizio. Ma negli ultimi decenni, pare che tra i pro-
gettisti moderni si sia persa la memoria di questa cosiddetta “Triade Vi-
truviana”: Utilitas, Venustas e Firmitas non sembrano più essere tenuti in
considerazione come elementi irrinunciabili su cui fondare il processo pro-
gettuale.
Sul tema della (mancata) Utilitas viene subito in mente un filmato divenuto
virale alcuni anni fa, in cui alcuni ragazzi giocano a pallone su un’autostrada
deserta. Un video dal forte valore simbolico, quasi un’allegoria che mette
in luce il paradosso di un’infrastruttura costruita senza verificare a fondo,
quantitativamente ed in maniera analitica, i reali fabbisogni che doveva
soddisfare. Inutile soffermarsi a lungo sulla Venustas: tutti noi abbiamo in
mente ad esempio i numerosi ecomostri che hanno deturpato, spesso irre-
versibilmente, le nostre coste. Quanto alla Firmitas, sono ancora negli occhi
e nelle coscienze di tutti le tragiche immagini del crollo di Genova, un caso
tristemente emblematico dell’atavica mancanza di manutenzione e moni-
toraggio delle infrastrutture.
Principi antichi e sensibilità modernaAl giorno d’oggi, però, i suddetti canoni vitruviani sono condizione neces-
saria ma non più sufficiente per progettare e realizzare opere di valore. Uno
degli elementi che è opportuno aggiungere alla base del classico schema
triangolare è il consenso degli stakeholder.
A tal proposito, è necessario operare un radicale cambio di paradigma. Il pro-
gettista contemporaneo deve uscire dalla “torre d’avorio” in cui è sempre
stato asserragliato, convinto detentore della “verità assoluta” e accetta-
re osservazioni e critiche, senza pensare che sia un delitto di lesa maestà
se viene messo in discussione il suo lavoro. Il consenso va acquisito stra-
L’opinionedi GIOVANNI
BATTISTA
FURLAN
Presidente NET
Engineering
International e
Vice Presidente
OICE
44 45 CIVILTÀ DI CANTIERE N. 04 | 2018N. 04 | 2018 CIVILTÀ DI CANTIERE
L’opinione
da facendo, con pazienza ed umiltà attraverso lo strumento del Dibattito
Pubblico. Bisogna evitare di cadere nella cosiddetta sindrome D.A.D. (Deci-
di, Annuncia, Difendi), che consiste nel mettere sul tavolo un progetto già
definitivamente confezionato con l’atteggiamento di chi dice: o prendere
o lasciare. Piuttosto è opportuno adottare il metodo P.A.D.D. (Proporre,
Ascoltare, Discutere, Decidere) e diventarne convinti assertori. Il coinvolgi-
mento di tutti gli stakeholder deve portare ad una sorta di co-progettazione
dell’opera, in cui tutti coloro che sono stati coinvolti a vario titolo possano
vedere concretizzato il proprio contributo. In questo modo, è più facile pro-
sciugare l’acqua in cui solitamente nuotano gli “squali” fautori del “no” a
prescindere. Altro elemento essenziale senza il quale l’equilibrio dell’intero
schema rischia di essere compromesso è la sostenibilità economica, sociale
e ambientale. Senza opportune garanzie di sostenibilità a tutela delle future
generazioni, nessuna infrastruttura dovrebbe essere realizzata. La doverosa
attenzione ai temi della sostenibilità sociale e ambientale impone la pre-
sa in carico degli Obiettivi per lo Sviluppo Sostenibile enunciati dall’Agenda
Onu 2030, tra i quali vanno certamente ricordati l’accesso alle risorse idriche,
l’incentivo all’utilizzo di energie rinnovabili, l’innovazione sostenibile, la si-
curezza delle città e delle infrastrutture, la lotta ai cambiamenti climatici e
la protezione del suolo e dell’ambiente marino.
Strumenti di valutazione quantitativa “ex ante” per un’infrastrutturaIn un’ottica di responsabilità generazionale, è opportuno dotarsi di stru-
menti efficaci che consentano anche di valutare quantitativamente la so-
stenibilità economica di ogni opera pubblica. Per le opere di nuova proget-
tazione, il nuovo Codice degli Appalti ha introdotto uno strumento di vitale
importanza, il progetto di fattibilità. Non più soltanto “Studio di Fattibili-
tà”, il Progetto di Fattibilità assomma in sé le caratteristiche di quelle che
in precedenza era le due fasi di Studio di Fattibilità e Progettazione Prelimi-
nare e consente di mettere in campo approfondimenti e analisi quantitative
fin dalle fasi di avvio del processo progettuale, che sono le più determinanti
nel vincolare l’utilitas finale dell’opera oggetto di progettazione. Un interes-
sante grafico che illustra le curve di valore delle diverse fasi progettuali, ci
dimostra come sia auspicabile investire maggiormente in approfondimen-
ti progettuali nelle fasi iniziali per ottenere un incremento del valore finale
dell’opera, anche a parità di costi totali di sviluppo del progetto. Per opere
già progettate e magari anche avviate ma che si trovano in una fase in cui è
ancora possibile intervenire con opportune modifiche, esiste invece lo stru-
mento della project rewiev, che consiste nell’applicare criteri di valutazione
oggettiva a progetti osboleti concepiti decenni fa e che non hanno subìto
alcuna verifica di fattibilità nella fase iniziale, con l’obiettivo di riportare l’o-
pera ai suoi tratti essenziali. Gli attuali progressi tecnologici, sia nel campo
dei materiali che delle tecniche costruttive, sono in grado di limitare i costi
di realizzazione, eliminando le inutili ridondanze del progetto secondo un
approccio improntato al lean design.
La manutenzione, nodo cruciale dello sviluppo sostenibile“L’Italia è un Paese di inaugurazioni e non di manutenzioni” scriveva il
giornalista Leo Longanesi negli anni ’50, l’epoca in cui il Paese affrontava il
dilemma della trasformazione da paese agricolo a potenza industriale. E il
tema della manutenzione è tutt’oggi una delle piaghe costanti del sistema
Italia. A tal proposito è opportuno ritornare a fare il punto sul concetto di fir-
mitas, la quale non può che essere intesa come solidità e stabilità nel tem-
po. Anche in questo caso si rende necessaria una svolta paradigmatica: ogni
opera deve essere nativamente e strutturalmente progettata per essere fa-
cilmente manutenibile nel tempo, anche a costo di maggiori oneri iniziali. Il
rispetto del canone vitruviano della firmitas impone la predisposizione di un
accurato Piano di Manutenzione, che fin dalle fasi di avvio del progetto pre-
veda l’esecuzione di un monitoraggio continuo (sia visivo che strumentale).
In sintesi, dunque, una moderna opera pubblica vitruviana (ovvero progetta-
ta e costruita nel rispetto dei secolari canoni vitruviani, ai quali si aggiunge
l’attenzione agli elementi contemporanei del consenso e della sostenibili-
tà), ha una vita utile virtualmente eterna, diventando un’eredità di valore
che si tramanda alle nuove generazioni, la cui demolizione e/o sostituzione
può essere giustificata soltanto da un imprevisto cambio di funzionalità.
Non abbiamo più scusanti: siamo in possesso dei più sofisticati strumenti
in grado di offrire il massimo supporto alle attività di manutenzione e asset
management (come ad esempio il BIM – Building Information Modelling)
e grazie anche all’impiego delle più evolute tecniche di program e project
management è possibile progettare, realizzare e soprattutto manutenere
nel tempo opere ed infrastrutture di qualità, in grado di coniugare principi
antichissimi con le esigenze della contemporaneità.
fasi
cont
ribut
o al
valo
re o
pera
(B-C
)
cost
o sv
ilupp
o pr
oget
to
FATT PREL DEF ESEC COSTR
B = BENEFIT
C = COST
Valore opera vincolato dalla fase progettuale corrispondente
Costo di ogni singola fase di progettazione
fasi
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FATT PREL DEF ESEC COSTR
B = BENEFIT
C = COST
Valore opera vincolato dalla fase progettuale corrispondente
Costo di ogni singola fase di progettazione
fasi
cont
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(B-C
)
cost
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FATT PREL DEF ESEC COSTR
B = BENEFIT
C = COST
Valore opera vincolato dalla fase progettuale corrispondente
Costo di ogni singola fase di progettazione
L’opinione
46 47 CIVILTÀ DI CANTIERE N. 04 | 2018N. 04 | 2018 CIVILTÀ DI CANTIERE
PORTFOLIO: scatti rubati alla Ruhr
Fotografie di Simone Martini
Uno degli esempi più noti di trasformazione di aree industriali dismesse è rappresentato dalla
riconversione del bacino industriale della Ruhr, in Germania, uno dei più importanti poli pro-
duttivi d’Europa, specializzato nell’attività estrattiva e in quella siderurgica che ha visto, in un
decennio, trasformare fonderie, miniere e acciaierie in un parco multifunzionale che rappresen-
ta la giusta combinazione tra patrimonio industriale e patrimonio culturale. Il vecchio impianto
oggi è costituito da edifici ristrutturati e convertiti per ospitare eventi, spettacoli, mostre e altre
funzioni di tipo culturale e commerciale.
48 49 CIVILTÀ DI CANTIERE N. 04 | 2018N. 04 | 2018 CIVILTÀ DI CANTIERE
50 51 CIVILTÀ DI CANTIERE N. 04 | 2018N. 04 | 2018 CIVILTÀ DI CANTIERE
Il valore del patrimonio da riqualificare
Il punto di vista di un imprenditore sul tema della rigenerazione di quartie-ri, aree urbane ed edifici, partendo da un’esperienza diretta.
La rigenerazione urbana dovrebbe essere fondata su un dialogo costruttivo tra
le parti coinvolte nel processo: pubbliche amministrazioni, soggetti privati e
progettisti. Senza nessuna sintonia fra queste tre componenti, risulterebbe
più complicato pensare a una reale applicazione di processi di rigenerazione sul
nostro territorio. È importante partire da una piccola premessa: tutti noi ope-
riamo in un quadro normativo che obbliga, in particolare, all’aumento dell’ef-
ficienza energetica e allo sfruttamento delle fonti rinnovabili al +20%, nonché
alla riduzione delle emissioni globali di gas serra al -20%. Per quanto riguarda
il contenimento del consumo del suolo, a livello nazionale, non esiste anco-
ra qualcosa di concreto, inoltre è stato tolto dal decreto «Mille Proroghe» un
cospicuo finanziamento al Piano delle Periferie, che era stato uno strumento
molto utile perché in grado di erogare ingenti sovvenzioni per poter rigenerare
alcune periferie del nostro Paese. A livello regionale, invece, abbiamo una leg-
ge, che ha poco più di un anno e che riguarda in modo specifico il contenimento
del consumo del suolo. La Regione Veneto sta cercando di superare il cosiddet-
to Piano Casa, che rilasciava contributi per consentire di apportare dei migliora-
menti energetici, inserendo la nuova legge allo scadere del termine del 2018. Gli
edifici che hanno più di 40 anni costituiscono oggi il 50% del patrimonio delle
grandi città. Se guardiamo al patrimonio residenziale in Veneto e nel resto del
territorio nazionale scopriamo che addirittura il 70% è antecedente al 1981. Ciò
significa avere strutture vetuste, non sicure e lontanissime dalle logiche della
sostenibilità e del risparmio energetico. Dal 2014 al 2018 la Carron Spa si è de-
dicata all’edificazione di circa 1.300.000 mq in tutta Italia, un dato di grande
rilevanza; in particolare in Venetosi parla di circa 330.000 mq, mentre nella sola
città di Milano è riuscita a costruire su 380.000 mq, di cui il 51% in nuovi fabbri-
cati, la metà dei quali sono edifici di housing sociale, ovvero una serie di inter-
venti residenziali (500 alloggi nelle periferie di Cegni e Figino) ed urbanistici per
la popolazione meno abbiente. Fondazione Cariplo è stato il maggior azionista,
insieme al Comune, di questa attività, mettendo a disposizione dei terreni “a
valore simbolico”. Questo 51% di Milano però, proiettato verso i prossimi cin-
que anni, tenderà a diminuire a favore di un aumento di un dato riguardante
le ristrutturazioni, pari al 34%.Sono due i principali esempi di riqualificazione
che abbiamo seguito su Milano: il primo riguarda l’ex garage Traversi di Via Ba-
di DIEGO CARRON
Architetto e
Presidente Carron
Costruzioni
Generali
gutta, un’opera vincolata in centro storico a Milano e progettata dall’Architetto
Giuseppe De Min. Esempio di architettura razionalista, si tratta di uno dei primi
casi di riuso funzionale in ambito urbano centrale in ZTL. Un’ex autorimessa
che dopo un percorso di dieci anni è riuscita ad ottenere il consenso del Comune
e della Soprintendenza di Milano per la sua riqualificazione, data la particolare
importanza storica e artistica dello stabile. Senza un accordo tra il Comune, la
Soprintendenza ed altri enti, l’avviamento di un recupero funzionale e concreto
non sarebbe stato possibile.
Un altro intervento importante di riqualificazione urbana ha riguardato l’ex
Palazzo delle Poste a Piazza Cordusio, tra il Duomo di Milano e il Castello Sfor-
zesco, acquistato nel 2015 dal fondo Kryalos ed aperto al pubblico nel 2018
52 53 CIVILTÀ DI CANTIERE N. 04 | 2018N. 04 | 2018 CIVILTÀ DI CANTIERE
dove è stato effettuato un intervento di restauro, risanamento conservativo
e ri-funzionalizzazione a destinazione commerciale e terziario-direzionale. Fa
parte di un progetto molto ampio che riguarderà l’intera area di Piazza Cordu-
sio che, nei prossimi anni, sarà soggetta a numerose azioni di ristrutturazione
e riconversione.
Tutto ciò è possibile perché esistono degli incentivi e delle premialità urbanisti-
che, all’interno del Piano Urbanistico Territoriale milanese, che hanno orienta-
to l’amministrazione comunale a collaborare strettamente anche con altri sog-
getti privati. A questo si è aggiunta un’interpretazione estensiva, flessibile e
non restrittiva delle norme vigenti regionali da parte del Comune di Milano nel
processo decisionale rispetto al tema della localizzazione di una nuova grande
struttura di vendita nel tessuto storico centrale, finalizzata principalmente alla
rigenerazione urbana, all’ampliamento dell’attrattività locale e al contenimen-
to delle estese evasioni di spesa verso il territorio extraurbano milanese. È sta-
to promosso anche il recupero ai fini abitativi dei sottotetti esistenti al fine di
contenere il consumo di suolo e favorire la realizzazione di interventi per il con-
tenimento dei consumi energetici. Tutti interventi che danno la possibilità di
realizzare un grande piano di rilancio della città, un’azione fondamentale e uno
strumento per tutti coloro che hanno intenzione di recuperare un edificio o uno
stabile importante all’interno del centro storico, usufruendo della forte colla-
borazione tra privato e istituzioni quali la Soprintendenza, l’ente comunale e
la regione. Questo significa che quel 34% di recupero, se proiettato tra cinque
anni, sarà destinato ad aumentare. Prendendo in considerazione questo con-
testo, risulta importante interrogarsi su cosa si può realmente mettere in pra-
tica. Innanzitutto, bisogna avere il coraggio di affrontare l’ammodernamento
con logiche di efficienza ed efficacia; il pubblico (comuni, entri, soprintenden-
ze) ed il privato devono collaborare nel processo di rigenerazione del sistema
infrastrutturale; l’Italia deve dotarsi di strumenti idonei affinché il processo di
cambiamento sia effettivamente realizzabile. Inoltre risulta essenziale cam-
biare le destinazioni d’uso e adottare una cosiddetta “politica del fare”. Solo
innescando operazioni di rigenerazione urbana sarà possibile trasformare le
nostre città ponendo particolare attenzione agli edifici industriali dismessi
(capannoni), alle aree degradate e agli stabili non più conformi. L’Italia è un
Paese da rigenerare e, se l’obiettivo è modernizzarsi e rimanere al passo con i
processi di cambiamento, deve continuare ad investire sostituendo ciò che non
è più utile, adeguando quello che è inadeguato e avere rigore nei collaudi e nella
manutenzione. Soffriamo di un grave problema di sicurezza del territorio e il
tragico evento del crollo del Ponte Morandi di Genova, i terremoti e le alluvioni
ne sono esempi concreti. Purtroppo demolire e ricostruire rimangono oggi delle
azioni tabù e la conseguenza è che si hanno ancora delle infrastrutture e opere
civili con più di 70 anni. Questo non è sinonimo di sicurezza e di salvaguardia
per il nostro ambiente e, di sicuro, non è sinonimo di cambiamento.
In Veneto più consumo di suolo a favore dei servizi
Lo studio di Intesa Sanpaolo presenta una fotografia della regione che, grazie anche ad interventi di rigenerazione, sta migliorando e aumentan-do la presenza di servizi “avanzati” ad alta componente di conoscenza.
In occasione di Construction Conference è stato presentato uno studio
curato dalla Direzione Studi e Ricerche di Intesa Sanpaolo dal titolo “La
progressiva terziarizzazione dell’economia veneta: la trasformazione della
struttura economica del territorio e le sue ricadute sull’edilizia non resi-
denziale” da cui è emerso che il Veneto, con il 12,4% del suolo regionale oc-
cupato da edifici produttivi e residenziali, rappresenta la seconda regione
d’Italia per consumo di territorio dopo la Lombardia (13%). Se si escludono
le due province con una minore vocazione industriale (Rovigo e Belluno), le
rimanenti hanno percentuali di consumo superiori a quelle lombarde, con
valori che variano dal 13,3% di Vicenza al 19% di Padova. Vicenza è anche la
provincia con il suolo “consumato” maggiormente occupato da aree pro-
duttive (+21,6%), seguita da Verona con il 19,1% (la media regionale è del
18,4%). Tra il 2001 e il 2009 si è realizzato il sorpasso delle province venete
sulla Lombardia in fatto di concessioni edilizie e di sviluppo di metri cubi
per kmq (Veneto 8.000 m3/Kmq vs media Italia 4.600 m3/Kmq).
di EMANUELE
INCANTO
Stima del consumo di suolo a livello regionale, in percentuale sulla superficie territoriale (2017)
Fonte: dati ISPRA e Rapporto Confartigianato Veneto-Smart Land
54 55 CIVILTÀ DI CANTIERE N. 04 | 2018N. 04 | 2018 CIVILTÀ DI CANTIERE
Nel 2011, all’indomani della crisi del 2008, il sistema economico veneto mo-
stra di aver aumentato, anche se di poco, il numero delle unità locali rispetto
al 2001, con un incremento complessivo di circa l’1%. Questo dato è la sintesi
di un aumento del 10,5% delle unità locali nei servizi e di un contemporaneo
calo delle unità produttive nel manifatturiero, che hanno subito una riduzio-
ne del 20,3%. Nei capoluoghi di provincia queste dinamiche sono ancora più
accentuate, evidenziando più profondamente questa polarizzazione. Se sul
lato dei servizi non vi sono differenze rilevanti di crescita tra città capoluogo
e resto della provincia, nel manifatturiero il ridimensionamento osservato
nei capoluoghi è decisamente maggiore, superando di quasi 10 punti percen-
tuali quello registrato nel territorio rimanente.
Non solo più quantità ma più qualitàEmerge dunque una progressiva “terziarizzazione” dell’economia veneta
che, nel decennio in esame, ha portato a un crescente accentramento di ser-
vizi nei capoluoghi di provincia veneti. Non si è trattato solo di una crescita
quantitativa ma anche qualitativa dei servizi che sono nati nei centri urbani
maggiori. Secondo le rilevazioni Istat al 2015, le unità locali dei cosiddetti
servizi “avanzati” ad alta componente di conoscenza concentrati nei capo-
luoghi di provincia superano largamente l’incidenza sul resto del territorio:
a livello complessivo nei capoluoghi le unità locali di questi servizi sarebbero
quasi la metà del totale servizi, mentre nel resto del territorio arriverebbero
a poco meno di un terzo. La maggiore facilità di trovare servizi avanzati nei
capoluoghi veneti, insieme alla migliore accessibilità ai collegamenti con i prin-
cipali centri produttivi del Nord Ovest e dell’Emilia Romagna sono i fattori che
agevolano anche la nascita di nuove forme di imprenditorialità nei grandi centri
urbani. È questo il caso ad esempio delle startup innovative: Padova città è in
assoluto il territorio dove più alto è il numero delle startup innovative (155), con
una incidenza di startup su imprese presenti che è 4 volte quello registrato nei
restanti comuni della provincia. Nei grandi centri urbani veneti è dunque già in
atto una rigenerazione urbana, evidente dalla loro progressiva terziarizzazione
e, in particolare, dallo sviluppo di servizi avanzati. L’ulteriore recupero dei ca-
pannoni inutilizzati rappresenta una priorità per il Veneto, per le indubbie rica-
dute socio-economiche sulla regione. In questo ambito anche il rapido sviluppo
dell’e-commerce rappresenta una straordinaria opportunità di riqualificazione
urbana. “Il Veneto, con il 12,4% del territorio occupato da edifici produttivi e re-
sidenziali, rappresenta la seconda regione d’Italia per consumo di suolo dopo la
Lombardia. A fronte di un calo delle unità produttive nel manifatturiero, stia-
mo assistendo ad una progressiva “terziarizzazione” dell’economia veneta che
ha portato a un crescente accentramento di servizi nei capoluoghi di provincia,
dove è già in atto una rigenerazione urbana. – ha commentato Renzo Simo-
nato, direttore regionale Intesa Sanpaolo - La scommessa per lo sviluppo del
Veneto, all’interno della ripresa economica che in Europa si gioca nelle grandi
aree metropolitane, è quella di poter ottenere un “rango” metropolitano che lo
possa far competere nell’offerta di qualità e intensità di servizi, e quindi nel-
la capacità di attrarre nuove competenze e investimenti anche dall’esterno.
La nostra missione è quella di essere banca per l’economia reale al servizio
della crescita, che crede e investe nelle imprese e nelle famiglie. Nei primi
sei mesi di quest’anno Intesa Sanpaolo ha erogato a famiglie e imprese del
Triveneto circa 3,7 miliardi di euro.”
Numero di startup innovative per 1.000 unità locali
Fonte: elaborazioni ISP su dati Registro Imprese-camere di Commercio d’Italia al 3 settembre
2018; ASIA-ISTAT 2015
57 CIVILTÀ DI CANTIERE N. 04 | 2018
Costruire restituendo forza alla natura
Il progetto Ca’ delle Alzaie presentato all’edizione Saie 2018.
Ca’ delle Alzaie si configura come un progetto edilizio molto importante e
di alto valore in cui natura e materiali sostenibili e altamente tecnologici
convivono in maniera armoniosa stimolando la nascita di un nuovo processo
di recupero e rigenerazione urbana rappresentata da una forte sostenibilità
ambientale e il massimo del comfort all’interno e all’esterno dell’abitazione,
grazie alla microporosità dei laterizi ottenuta con l’applicazione di farine di
legno vergini e miscele di fibre vegetali.
di BEATRICE
CASELLA
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58 N. 04 | 2018 CIVILTÀ DI CANTIERE 59 CIVILTÀ DI CANTIERE N. 04 | 2018
Il piano nasce soprattutto per rigenerare un’ex area industriale, ormai di-
smessa, a ridosso del fiume Sile e a pochi passi da uno dei viali più impor-
tanti di Treviso, il Viale IV Novembre, che conduce direttamente al centro
della città. Risulta essere una zona fortemente caratterizzata dalla presen-
za di una fitta vegetazione ma, al tempo stesso, appariva come un inse-
diamento industriale del tutto trascurato, soggetto a degrado e con gravi
problemi di sicurezza e bonifica. L’elemento naturale è stato da subito preso
in considerazione per valorizzare il fabbricato, ponendo le singole abitazioni
in un contesto verde che si trova in un rapporto perfetto con il costruito, con-
nubio al giorno d’oggi sempre di più apprezzato e ricco di spunti progettuali.
Il progetto, condotto dalla Cazzaro Costruzioni, porta anche la firma dell’ar-
chistar autore del pluripremiato Bosco Verticale Stefano Boeri che continua
così la sua ricerca sulla “forestazione urbana” dichiarando che “al posto di
una fabbrica abbandonata, tre piccoli edifici sulla riva del fiume ospiteranno
sulle loro facciate 120 alberi e 400 arbusti che da soli saranno in grado di
produrre più di 2,7 tonnellate di ossigeno all’anno”. Si riuscirà a raggiungere
questo obiettivo cruciale grazie anche all’innovativa vernice attiva di Airli-
te in grado di purificare l’aria trasformando le pareti di case, uffici e scuole
in depuratori d’aria naturali alimentati attraverso l’energia solare. Si tratta
di vernici capaci di catturare lo sporco presente nell’aria, all’aperto o all’in-
terno di un edificio, depurandola dall’88,8% dell’inquinamento e che usata
all’interno degli edifici in cui viviamo contribuisce a renderli maggiormente
igienici e salutari.
Gli edifici saranno completamente a impatto zero e certificati NZEB, volti
quindi al massimo risparmio energetico grazie ad un isolamento termico du-
raturo ed efficiente, assicurato dalle soluzioni in laterizio di Wienerberger.
60 61 CIVILTÀ DI CANTIERE N. 04 | 2018N. 04 | 2018 CIVILTÀ DI CANTIERE
“Le strutture del modello Ca’ delle Alzaie sono in calcestruzzo armato e in
laterizi di alta qualità rettificato così da permettere un notevole incremento
in termini di performance termico del pacchetto muratura”, evidenzia Dario
Mantovanelli, responsabile Marketing di Wienerberger Italia.
Tutti gli appartamenti prevedono comodi spazi, un’attenta gestione della
luce naturale abbinata a privacy visiva, affacci diretti sul fiume e privacy acu-
stica che consentiranno di organizzare la superficie come delle vere e proprie
case singole in condominio. A completare il complesso, pensato come un
residence, saranno poi orti condominiali, un parco giochi, postazioni di alle-
namento outdoor e di bike sharing e una sala polifunzionale connessa. Ogni
garage sarà, inoltre, predisposto con una presa per la ricarica dell’auto elet-
trica e saranno a disposizione dei condomini due postazioni con colonnine
di ricarica rapida.
Ca’ delle Alzaie è stato illustrato al Saie, Salone internazionale dell’edilizia
e delle costruzioni di Bologna il 17 ottobre scorso, grazie ad una iniziativa di
Civiltà di Cantiere per iniziare a presentare modelli costruttivi di eccellen-
za. L’evento si è svolto seguendo un percorso che tenesse conto dei diversi
elementi caratterizzanti: dalla luce al suono, dalle tecniche ai materiali, da
chi ha curato i pavimenti a chi si è occupato degli infissi, dal riscaldamento
alle piastrelle. L’intento era quello di valorizzare il percorso di una impresa
veneta e di una filiera che mette a valore conoscenze, competenze, meto-
dologia e tecnologie per la costruzione di un’area residenziale che va oltre
gli obiettivi della sostenibilità per garantire un benessere totale all’interno e
all’esterno delle singole abitazioni. A testimonianza che costruire vuol dire
avere costantemente al centro le esigenze e la salute psichica e fisica di chi
vi andrà a vivere.
Ca’ delle Alzaie è una esperienza di rigenerazione urbana che, partendo da
un sito industriale collocato sulle rive di un fiume ha voluto creare un’oasi
di pace in cui abitare coniugando contatto con la natura, massimo confort,
sostenibilità e tecnologia avanzata, scegliendo alcune soluzioni eccellenti
dal punto di vista prestazionale e progettuale. Per Mauro Cazzaro, presiden-
te di Cazzaro Costruzioni, si è trattato di pensare a soluzioni ottimali, per
“realizzare qualcosa che fosse in linea con tre elementi chiave: benessere/
bellezza/salute. A livello di risparmio energetico abbiamo voluto usare le so-
luzioni migliori, in ottica sostenibile: involucri super, non solo solare termico
ma anche fotovoltaico e riciclo delle acque per l’irrigazione. Con costi che si
aggirano sui 2-300 euro anno, di cui 150 euro di riscaldamento e 150 euro di
manutenzione del verde. L’obiettivo finale del progetto era quello di azze-
rare i consumi e di aumentare il benessere. Ci siamo riusciti. Siamo riusciti
ad ottenere la massima luminosità senza il caldo d’estate riuscendo a man-
tenere tutto l’anno una temperatura costante tramite impianto radiante a
pavimento di qualità superiore.”
Un sogno di rigenerazione urbana natodalla cura dei luoghi
OPEN DREAM il progetto di Zanardo group che mette a sistema l’accessi-bilità infrastrutturale con le potenzialità degli spazi storici e le eccellenze del made in Italy.
È un sogno che parte da lontano quello che riguarda l’area ex-Pagnossin, alle
porte di Treviso. Lo avvertiamo muovendoci nell’intensità degli spazi produt-
tivi dismessi. Lo ascoltiamo nel suono ovattato dei nostri passi sulle pavimen-
tazioni industriali. Lo seguiamo lungo le zigrinature e gli avvallamenti degli
stampi in gesso, ordinatamente impilati negli scaffali di una delle tese.
Fondata nel 1919, la Pagnossin realizza mattoni e tegole in laterizio. Inizial-
mente lo stabilimento è formato da edifici semplici, disposti attorno al villino
riservato agli uffici: ci sono il forno a fuoco continuo, i mulini per la macina
delle materie prime e gli spazi per la modellazione degli impasti, la loro essic-
cazione e stoccaggio. Dal 1930 l’azienda comincia a produrre anche ceramica
d’uso, per concentrarsi definitivamente su questo settore nel secondo dopo-
guerra, quando l’area è oggetto di un cospicuo ampliamento.
La Pagnossin si specializza così nella produzione di ceramica, porta il colore
nelle nostre cucine, diventando con il tempo una manifattura rinomata, un
marchio d’eccellenza che collabora con artisti e designer. Negli anni Ottanta le
esportazioni raggiungono una settantina di stati esteri e alcuni pezzi trovano
esposizione nelle collezioni del Victoria & Albert Museum di Londra. La neces-
sità di nuovi spazi di lavoro, dovuta all’aumento della produzione ed all’uso di
macchinari voluminosi, determina il progressivo ampliamento dell’area pro-
duttiva, che arriva a coprire la superficie attuale di 100.000 metri quadrati, di
cui 42.000 occupati per circa l’80 % da edifici storici.
Nel 2007 la crisi globale costringe gli stabilimenti alla chiusura e a un destino
di abbandono, che si protrae fino all’acquisto da parte della Zanardo group,
impresa leader nella logistica. “La vita della ceramica si era fermata in un gior-
no qualunque – spiega Damaso Zanardo, il titolare - congelata in un attimo
come Pompei. Qui però non era stata preservata da uno strato di cenere, ma
ha vissuto tutte le vicissitudini di una procedura fallimentare e delle aste im-
mobiliari.” A stretto contatto con le opere di bonifica e rimozione delle mace-
rie, la semplice idea di demolire e ricostruire il sito viene sostituita da un so-
gno più ambizioso: la sua rigenerazione urbana. “Una volta entrato – racconta
Zanardo - ho affrontato la ristrutturazione che ha portato alla realizzazione
della Log-Os. Seguire ogni giorno il cantiere mi ha portato a vivere il luogo ed
di DAMASO
ZANARDO
Presidente
Zanardo SpA
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immergermi nell’atmosfera. Si è creato così un rapporto quotidiano con questi
edifici, sono venuto a contatto con i resti di un mondo fatto di attività, storie,
e persone, che mi ha spinto ad acquisire maggiore consapevolezza dei luoghi.”
È un bisogno di cura nato dall’intimo rapporto con il sito che orienta la Zanar-
do group verso una scelta di riuso del patrimonio esistente.
L’elaborazione di uno scenario di sviluppo e la sua attuazione sono però ope-
razioni lunghe e complesse, che richiedono fin da subito una rete di compe-
tenze multidisciplinari e una stretta collaborazione tra pubblico e privato. Per
questo motivo la società attiva un “tavolo delle idee” che include sia tecnici
sia esponenti del mondo economico, amministrativo e accademico, chiamati
ad analizzare insieme la situazione dell’area ex-Pagnossin per individuarne le
possibilità di riuso. Grazie ad alcune borse di studio assegnate dall’Università
IUAV di Venezia negli ambiti dell’architettura, comunicazione visiva e curatela
espositiva, si elabora così un articolato studio di riconversione.
Nasce OpenDream, un progetto urbano che mette a sistema l’accessibilità in-
frastrutturale con le potenzialità degli spazi storici e le eccellenze del made in
Italy, per dare forma ad un quartiere produttivo, commerciale, direzionale e
turistico di eccellenza nell’ambito dell’enogastronomia e dell’arte.
La sua collocazione prossima all’areoporto Canova di Treviso e alle principali
dorsali ciclabili rappresenta un enorme potenziale per ripensare l’area come
uno snodo intermodale e un hub per la mobilità sostenibile e il turismo lento.
Il progetto ridefinisce in particolare il tessuto connettivo e gli spazi di relazione
tra i manufatti storici. Gli spazi esterni coprono circa 60.000 metri quadrati e
includono cinque viali pedonali, tre piazze e due giardini. L’area di ingresso
dalla Noalese sarà convertita ad uffici, foresteria e bike point, mentre un se-
condo accesso da ovest condurrà ad un’ampia zona parcheggio, collegata alla
ciclabile Treviso-Ostiglia.
Il monumentale padiglione verniciatura, i nuovi mulini e le tese ospiteranno
laboratori commerciali e spazi espositivi multifunzione. Nello specifico la mo-
numentale aula voltata del padiglione verniciatura, libera da pilastri e avvolta
dalla luce diffusa dei lucernari, è uno spazio ideale per le grandi manifestazio-
ni congressuali o di intrattenimento. I nuovi mulini, due lunghi volumi paralleli
serviti da una caratteristica spina servente in cemento armato, saranno riuti-
lizzati invece per la progettazione ad alto contenuto di innovazione tecnolo-
gica, mentre le tese, una decina di padiglioni un tempo adibiti allo stoccaggio,
ospiteranno laboratori artigianali e commerciali.Il settore orientale dell’area
sarà dedicato all’enogastronomia. Il mercato coperto farà rivivere l’imponente
edificio articolato in tre campate ad arco ribassato, un tempo utilizzato per la
modellazione ed essicazione delle ceramiche. Nelle sue vicinanze sono pre-
visti inoltre un ristorante con accademia di cucina ed un caffè con affaccio
diretto sulla Noalese.
La storia della ex-Pagnossin, ora OpenDream, è emblematica nella sua ec-
cellenza. Affrontando una condizione di incuria e abbandono, comune a gran
parte del patrimonio costruito veneto, la vision imprenditoriale e l’intervento
multidisciplinare in sinergia con il pubblico stanno innescando la rigenera-
zione urbana. Ad oggi la Zanardo group si è presa cura dei luoghi attraverso
interventi di bonifica, di pulizia e attività di conservazione dei luoghi. Sono
stati rimossi i rifiuti, messi in sicurezza gli edifici storici, riparate le recinzioni,
migliorate le infrastrutture tecnologiche e ristrutturata la palazzina a uffici,
ripristinando i “fatti minimi” che articolano lo spazio, ma anche all’intercon-
nessione con il mondo, portando la fibra ottica all’interno dell’area. Accanto
ad un reparto per la logistica sanitaria, insediatosi nel 2016, l’area OpenDream
è già stata resa fruibile e utilizzata per alcuni eventi pilota. Nel contempo il
Comune di Treviso ha inserito il sito tra le zone strategiche per la pianificazio-
ne urbana della città. Valorizzando le sue potenzialità logistiche e architetto-
niche si intende restituire alla comunità un luogo identitario e più salubre, un
sogno ad occhi aperti chiamato “OpenDream”.
DA OLTRE 25 ANNILA CASA DEI PRODUTTORICHE RISPETTANO LE REGOLE
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