Alfredo LA ROCCA jr. nasce a Roma, l8 Aprile del 1968. Viene alla luce nel Policlinico Agostino...

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Alfredo LA ROCCA jr. nasce

a Roma, l’8 Aprile del 1968.

Viene alla luce nel

Policlinico “Agostino Gemelli”,

della Università Cattolica,

dove anche il papa Giovanni

Paolo II è stato curato e

ricoverato varie volte.

(per un disegno strano del

destino, Alfredo nasce e

muore nello stesso ospedale!).

Sito web:

www.lascuoladialfredo.it

Il padre Giovanni (siciliano) è un valido avvocato, uomo d’affari. È proprietario e dirige a Roma, insieme con il figlio Dario (prima anche con Alfredo), un gruppo di Centri che si occupano della terapia e rieducazione del linguaggio e della parola, soprattutto per bambini.

La mamma Gina Maria Fioravanti (veneta) psicologa e psicoterapeuta, insegna al liceo Filosofia e Storia ed è incaricata all’insegnamento della Psicologia presso l’Università “Tor Vergata” di Roma.

Il fratello Dario nasce a Roma il 19 Ottobre 1972. E’ laureato in Ingegneria Gestionale e ha conseguito vari master di specializzazione.

Primo figlio amato e desiderato dai genitori e primo nipote, orgoglio dei nonni. Gli viene dato il nome del nonno paterno, come da buona tradizione siciliana.

Alfredo viene battezzato nella Basilicadi San Pietro a Roma, e i suoi padrini sono gli stessi nonni paterni.

Da piccolo è un

bambino vivace,

intelligente, sempre

attivo, sempre

curioso di scoprire

cose nuove.

Dimostra precocemente

di amare l’attività

sportiva. A tre anni già

sapeva andare in

bicicletta senza le rotelle

di supporto.

Quando aveva cinque anni circa, nasce il fratellino Dario.

Alfredo ne è felice. È orgoglioso di lui. Giocano sempre insieme, anche se, a volte il fratello più grande è prepotente e il piccolo subisce qualche angheria! Ciononostante i due fratelli crescono uniti e solidali tra loro e si vogliono molto bene.

In qualità di fratello maggiore assume il ruolo di protettore del più piccolo. “Chi farà del male a Dario, dovrà vedersela con me. Guai a chi lo tocca!” Diceva sempre mostrando i pugni. Dario ha sempre gioito di questo atteggiamento del fratello.

Si è spesso confrontato con lui per decisioni importanti.

Da adulti si consigliavano a vicenda, ma più frequentemente era Alfredo ad essere il grande sostegno di Dario, la sua guida.

Era amico di tutti, e tutti gli volevano bene … La maestra

diceva di lui che era un bimbo generoso. Se un amichetto gli chiedeva il dolce che stava mangiando lui, glielo cedeva volentieri.

A volte litigava con un suo compagno per contendersi lo stesso gioco, alla

fine, però gli diceva:

”Va bene, và, puoi giocarci tu.

Io giocherò dopo!”.

A cinque anni è già in piscina per imparare a nuotare.

Questa attività sarà da lui seguita con passione arrivando a conseguire tutti i brevetti di nuoto, compreso il brevetto di

Gioca a tennis, a pallone, frequenta una palestra di ju-do.

Alfredo è molto religioso. Ama andare a Messa, dai suoi “padri”, e ci tiene moltissimo essere accompagnato dai genitori. Quando veniva richiesta un’elemosina in chiesa o qualche contributo per i poveri lui mi diceva sempre: “Mamma, si tratta di bambini meno fortunati, devi essere generosa!”.

A sei anni inizia la scuola elementare al “San Leone Magno” a Roma – dai Padri Marianisti. Frequenta le elementari e le medie con discreto profitto.

Per strada non vi era mendicante a cui lui non

donasse qualcosa.

Se non aveva

soldini gli

regalava quello

che aveva,

anche il suo

“lecca lecca”!

A otto anni entra a far parte dei

della scuola “San Leone Magno”.

Dal grado di “Lupetto” in poi fa carriera e finisce per diventare uno dei piccoli “capi scout”.

A dieci anni già andava da solo, per il mare con il vento tra i capelli.

Contemporaneamente

imparava ad andare sul

Wind-surf e, spavaldamente,

si avventurava al largo con la sua tavola, perché

amava molto il sole e l’aria aperta!

A dieci anni fa la

Prima Comunione.

Si prepara in ritiro

per gli Esercizi

Spirituali nel suo

Istituto.

Intanto, io penso,

come da tradizione,

ad organizzare una

bella festa con molti

invitati.

Ma lui mi dice:

È la mia festa spirituale. È un evento della mia intimità religiosa. Voglio viverla solo con voi e basta!”.

Ho capito che aveva ragione. L’ho abbracciato commossa, perché ho dovuto riconoscere che, questa volta, lui aveva saputo essere un insegnante per me.

Durante il periodo dei “boy scout”, si dedicava, con

grande slancio a opere di solidarietà.

Aiutava a confezionare e spedire pacchi, in occasione di varie catastrofi avvenute in Italia (terremoti, frane, alluvioni).

Una volta costruì un

veliero in legno e lo

portò ai capi scout.

Fu talmente

apprezzato e

ammirato che, con

un atto di solidarietà

e d’accordo con lui,

il gruppo scout

decise di metterlo

all’asta.

A volte anche troppo

spericolato!

Amava anche la montagna. Era un ottimo sciatore.

Ha vinto diverse gare di discesa con gli sci e varie altre attività sportive.

Purtroppo, le lunghe marce fatte durante le gite con gli scout lo fanno affaticare. Non era normale per lui così attivo e dinamico! Infatti, una domenica, mentre montava una teda con i suoi compagni, sviene. Le visite mediche, e il responso cardiologico riscontrano una diagnosi di “Pervietà interatriale congenita con blocco di branca destra incompleto”. Più semplicemente ad Alfredo si mescolava il sangue venoso ed arterioso per una apertura al cuore che non doveva esserci. Si doveva provvedere immediatamente a rischio della vita. Quindi, a tredici anni, subì una operazione al cuore molto delicata.

Anzi, a sedici

anni andò a

Città del Mare (PA),

un villaggio turistico,

a fare

Alle superiori, però,

la sua esuberanza

non è gradita troppo

da alcuni insegnanti

severi e tradizionalisti

e, di conseguenza,

viene spesso

richiamato per

le sue battutine

ironiche e a volte

fuori posto.

È il periodo adolescenziale.

Alfredo lo vive intensamente in tutte le sfumature e contraddizioni di quella età critica.

Non è più

brillante come

prima.

Il profitto scolastico

scade e

comincia a

collezionare

insuccessi in

alcune materie.

È distratto, critica tutto e tutti,

entra in conflitto con i genitori…

Tuttavia, anche lui, giudiziosamente, si rende conto che non può continuare in quel modo. Accetta, quindi, la proposta del padre di

andare a studiare in collegio,collegio,

per essere il meno possibile distratto dagli amici e dai divertimenti.

A sedici anni parte per la Svizzera ovecontinuerà a studiare, al

Liceo Scientifico“Vilfredo Pareto”

di Losanna.

Comunque, terminerà l’ultimo anno di studi a Roma, La lontananza da casa è troppo pesante per lui.A ventiquattro anni si laurea in

Giurisprudenza presso la

Università di Camerino.

Conseguirà, poi, vari titoli di specializzazione.

Inizia una stretta collaborazione di lavoro con il padre che è proprietario dei vari Centri tra cui il Centro “Maicomedical” a Roma. Il padre è un manager di esperienza.

Ha una forte personalità

e non accetta cambiamenti

di gestione aziendale.

Il figlio, invece, con le sue

specializzazioni vorrebbe

rinnovare l’assetto delle

Società.

Vorrebbe apportare cambiamenti

sostanziali e soprattutto democratici.

Purtroppo, non riescono a comprendersi!

Il padre è risoluto e non ammette intromissioni.

Alfredo, invece,

mi spiegava:

“Ma è

nell’interesse

di quei poveri

bambini svantaggiati.

Che importa se noi guadagnamo di meno!”.

A ventisette anni conosce

Rosamaria,

una brava e

intelligente ragazza.

Entrambi sono

caratteri forti e volitivi.

I due si innamorano.

In questi ultimi dieci anni, si sostengono e si aiutano reciprocamente nelle varie

vicende trascorse.

A volte litigavano, ma poi ritornava

il sereno.

Rosamaria dice del marito: “Si litigava per

un puntiglio, per una sciocchezza…

tuttavia, sulle questioni importanti,

eravamo sempre profondamente uniti.

Alfredo è sempre stato la mia guida e

il mio sostegno!”.

A trentaquattro anni frequenta un Master al policlinico dell’Università Cattolica “Agostino Gemelli”.

Dopo averlo concluso positivamente, inizia una collaborazione con l’ospedale.

A trentaquattro anni festeggia in letizia e solennità, con la partecipazione di tutti i parenti venuti anche dalla Sicilia, i cento anni di

nonna Jolanda (nonna materna).

L’evento è allietato dalla Benedizione Apostolica del Santo Padre. Quello è stato l’ultimo evento sereno che abbiamo vissuto insieme!!!

Nel 2003 nasce una piccola preoccupazione. Mi dice che vuole sposarsi e intende farlo in fretta: Rosamaria aspetta un bambino! “E’ una benedizione, mamma” mi dice “Io amo i bambini e a mio figlio voglio dare la vita. Sarà la mia consolazione!”. Viene fatto tutto in fretta. Non c’è neanche il tempo di assaporare la notizia.

L’anno dopo, marzo 2004,

Alfredo accusa forti dolori al nervo sciatico.

Si ipotizza un’ernia del disco.

Viene sottoposto ad una

TAC, prima e ad una

Risonanza Magnetica poi…

I dolori si fanno acuti e viene convinto dai

colleghi di lavoro a ricoverarsi al policlinico

“Gemelli” dove nel frattempo lavorava.

Dall’iniziale reparto di

Ortopedia, viene trasferito al Reparto di

Oncologia Medica.

Gli viene diagnosticato un liposarcoma aderente al tratto sacrale della colonna con coinvolgimento del nervo sciatico.

Inizialmente si parla di tumore benigno …

Tutti noi famigliari restiamo attoniti ad una notizia così sconfortante.

Inizia un calvario terribile, con dolori e sofferenze atroci che si sono protratti fino alla fine!

Viene sottoposto a cicli sistematici di Radioterapia e

Chemioterapia con tutte le conseguenze nefaste:

debolezza, nausea, vomito, fragilità capillare, giramenti di

testa, sangue dal naso, perdita a chiazze di capelli…

Intanto i dolori si fanno comunque, sempre più forti. Subisce trattamenti antidolorifici per calmare i dolori fino ad arrivare … alla morfina!

Gli effetti secondari dei farmaci sono altrettanto insopportabili: insonnia, tremori, allucinazioni, crisi di pianto e depressive.

Il primario del reparto lascia intravedere la possibilità di un intervento chirurgico, ma non intende assumersi la responsabilità dell’evento.

Aveva aggiunto inoltre che, seppure fosse rimasto in vita, sarebbe stato mutilato per sempre.

“Potrebbe rischiare di morire sotto i ferri. morire sotto i ferri.

Ma nella migliore delle ipotesi si dovrebbe tagliare la gamba. tagliare la gamba.

È possibile, inoltre che le funzioni dell’ultimo tratto dell’intestinotratto dell’intestino

vengano compromesse

irrimediabilmente”. Aggiunse il medico, aumentando così la mia disperazione,

semmai fosse stato possibile!

Abbiamo consultato i migliori specialisti chirurghi oncologi di tutta Italia.

Nessuno di noi famigliari si voleva

arrendere.

Tutti dicevano che la malattia era grave.

Che si doveva fare presto …

e che le probabilità di sopravvivenza, anche mutilato, erano alquanto labili.

Non ci volevamo arrendere.

Un chirurgo oncologo, al Polo oncologico del

“Regina Elena” di Roma accettò di operarlo.

Vi erano molte incognite e la malattia era grave.

Noi sapevamo che si trattava di un tentativo

disperato, ma era pur sempre un tentativo.

Io gli feci osservare: “Alfredo, confida in Dio. Tu hai dato la vita a tua figlia, e lei ti sta dando il coraggio di andare avanti.

Lui non era sicuro di volersi operare, dati gli angoscianti interrogativi che gli avevano prospettato. Il giorno prima dell’operazione mi disse: “Ho deciso di operarmi perché devo vivere per mia figlia. Lei ha bisogno di suo padre”.

Io intendevo la vita terrena. Probabilmente il Signore voleva dargli la Pace e la Vita Eterna. Forse, Egli aveva altri progetti per lui… Chissà, forse in … Rwanda…

Tua figlia darà la vita a te!”.

A gennaio del 2004, Alfredo subisce

l’intervento.

Quattro primari, ciascuno nella rispettiva specializzazione, erano al tavolo operatorio.

La convalescenza è lunga e penosa. Alfredo è scioccato.

Gli erano stati asportati, oltre al nervo sciatico, altre innervazioni. Una grossa porzione di bacino era stata recisa.

Alfredo non riusciva a stare seduto. Inoltre, le funzioni fisiologiche erano compromesse.

Diciotto ore di operazione!!!

Non solo soffre ancora di lancinanti dolori, ma non riesce più a muovere la gamba destra, che, tuttavia, non era stata amputata.

Per avere un conforto e ritrovare il coraggio di andare avanti, un giorno mi recai da S.E. Monsignor Salvatore Boccaccio, Vescovo di Frosinone. Lui mi disse: “Mia cara Gina, noi non possiamo sapere perché capitano certe cose.

Ma sappi che tuo figlio è sicuramente prescelto, per un disegno del Signore.

Lui è benedetto da Dio per la sua sofferenza!”

Piansi tanto, ma non capii che cosa volesse dire.

Seguirono mesi di riabilitazione durante l’estate del 2004.

Tutti speravamo di essere usciti da quel tunnel terrificante, da quell’esperienza di morte che si chiama tumore.

Ma non era così. Ci illudevamo di poter avere ancora per tanti anni con noi il nostro Alfredo, anche mutilato, anche su di una sedia a rotelle.

Però vivo!Però vivo!

A settembre 2005, con la fede nel cuore e la speranza che le cose potessero gradatamente

migliorate, Alfredo si sottopone ad un

ulteriore controllo. L’ombra della morte

era già su di lui.

Il referto radiologico denuncia metastasi sparse su tutta la

colonna vertebrale. Il primario mi annuncia

sbrigativamente e freddamente che mio figlio aveva

pochi mesi di vita!

A Dicembre 2005, viene ricoverato al “Gemelli” perché le terapie radio-chemio lo devastano e subisce una emorragia interna. Gli impartiscono le ultime cure.

Poi annunciano che in quel reparto non possono fare più nulla e, dopo Natale, Alfredoviene dimesso. Trascorre gli ultimi giorni accudito con

amore da tutti i suoi cari!

La figliolina Rachele era sempre accanto al papà. Sapeva che il padre non stava bene, ma viveva il fatto serenamente. Gli diceva: “Papà stai tranquillo. Qui ci sono io a farti compagnia. Ti farò un massaggio piccolo, piccolo e vedrai che guarirai” .

Le metastasi continuavano a proliferare fuori e dentro il corpo. Era tutto deformato. Non vedeva più perché il male premeva contro il globo oculare tanto che sembrava che potesse schizzargli l’occhio di fuori, era pieno di masse tumorali, e non poteva nemmeno girarsi nel letto, non riusciva più ad articolare la parola, era quasi soffocato.

L’ultima sera della sua vita terrena eravamo intorno a lui a consolare le sue pene. La sua premurosa moglie, il suo padre eccezionale, il suo infaticabile fratello ed io, sua madre. Abbiamo tenuto le sue mani fra le nostre. Rachele, vedendoci, ha detto: “Anch’io voglio abbracciare il mio papà” Io l’ho presa in braccio e l’ho avvicinata a lui. Lei ha aggiunto: “Ecco, ora ti accarezzo anch’io. Vedrai, adesso ti sentirai meglio!”. Suo padre gli ha sussurrato: “Figlio mio, tu ora sei in un tunnel,

ma in fondo c’è la LUCE. LUCE. Vai. Coraggio. Non avere paura!” Lui ha sorriso, gli ha stretto la mano e si è addormentato per sempre …

Era il 28 Gennaio 2006.

E se noi lo meriteremo, tanto quanto

lo ha meritato Alfredo, un giorno,

saremo ancora insieme,

Lui è nella mia mente, nel mio cuore, con la mia anima. Il mio desiderio ora è di alleviare il dolore e la solitudine degli oppressi. Questo mi aiuta a pensare che Alfredo può vivere ancora.

Perché rivivrà nelle loro menti e nutrirà di bontà i loro cuori.

Solo ora posso capire le parole del Vescovo, la ragione ...

Forse questo era il misterioso disegno del Signore!

Cari fratelli, bisognosi della solidarietà umana,

non disperate mai.

Non prendete decisioni affrettate.

Abbiate fiducia nella Provvidenza!

Voi non capirete subito. Ma quando tutto sarà compiuto,

forse comprenderete, il Grane Disegno Divino.

La sofferenza è una maestra che

difficilmente spreca le sue lezioni !

Non potete sapere cosa ci sarà “dietro l’angolo”.

Soprattutto, la sofferenza fa comprendere meglio il dolore altrui. Ecco cosa c’è dietro l’angolo, per noi, uniti dalla sofferenza:

Alfredo, e noi tutti, potremmo essere quel raggio di speranza in un mondo migliore e più sereno.

Pace e bene agli uomini di buona volontà.

Questa è la strada da percorrere. Contribuiremo alla vita e alla salvezza di tanti

Versamento: Banca di Roma – Roma

Beneficiario: “Progetto Alfredo” – Banca di Roma

Conto corrente: 2188031ABI: 3002 ABI: 5005 CIN : RCausale: Bimbi del Rwanda