18 N. 10 - Marzo 2005 - Menta e Rosmarino

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IIII llll CCCCoooorrrrooooPPPPRRRREEEEAAAALLLLPPPPIIIICosì racconta Don Luigi sulla pub-

blicazione in occasione del de-cennale di fondazione:

“... A sera, in casa, si cenava verso le ot-to, per cui, dopo il gioco, potevo dare spazioalla mia fantasia ripopolando il bosco deipersonaggi fiabeschi a me più cari, al can-to degli uccelli che dall’alto dei castani sa-lutavano gli ultimi raggi del sole e al suonodelle campane che, a tratti, dalla valle del-l’Adda diffondevano i rintocchi dell’Ave Ma-ria. Erano le campane della mia Chiesa,appena dietro la collina, su a S. Marcellino;erano quelle del Santuario che si dondola-vano dolcemente a poche decine di metridal mio gregge sparso nel bosco dietro l’ab-side; erano i rintocchi gravi e solenni delcampanone di Villa D’Adda o, quando ilvento soffiava da scirocco, quelle altrettan-to armoniose di Robbiate e di Calusco.

Mentre il bosco si infittiva rapidamente diombre, tutti al trotto verso casa, sperandoin qualche ritardo dal lavoro di mio padreper la cena, altrimenti, da parte di mammaIda erano guai.

Pensate che a trent’anni da quella datasia io mutato?

Tranne i suoi capelli bianchi, nemmenomia madre è cambiata! Ancora brontolaquando a notte mi attardo al pianoforte otra fogli di musica ed ha pur ragione nellamisura di tanti anni fa, quando mi soffer-mavo nel bosco per attendere che tutti icampanili della valle recitassero le loro me-lodiose Ave Maria.

Qui nel piccolo centro di S. Andrea, hoincontrato un gruppo di persone che mi hapermesso di rivivere queste esperienze e que-sti sentimenti legati alla musica, alla natu-ra, alla montagna e così, in breve tempo, èsorto il Coro Prealpi, riscoprendo in altri ciòche non posso più dire solo mio, ma ciò cheappartiene a tutti noi. Sono così nati non icanti di Don Luigi Colnaghi, ma i canti delCoro Prealpi di cui mi ritengo, più che Di-rettore, umile strumento espressivo.”

Il Coro Prealpi nasce nel settembredel 1965 dalla straordinaria passione edinamismo dell’allora Vicario Don Lui-gi Colnaghi. A S. Andrea esisteva già unacorale parrocchiale, in maggioranzafemminile, diretta da Giuseppe Ma-sciocchi e Giancarlo Del Vitto all’orga-no, ma Don Luigi rivoluzionò tutto. Egliriuscì in brevissimo tempo a riunire e acontagiare col proprio entusiasmo, ungruppo di appassionati della montagnae del canto corale, allo scopo di coltiva-re e promuovere il folk alpino. Comin-ciò l’afflusso di uomini e il coro crebberapidamente; si iniziò a partecipare aconcorsi, serate, feste. La gente, i gior-nali locali parlavano con meraviglia diquesta corale un po’ atipica, e intanto

fioccavano gli inviti da tutto il circon-dario.

Già nel dicembre del 1967 usciva un45 giri (il cosiddetto “discobolo”) con 4canti “La Valcuvia”, “O ce biel”, “Al cian-te il gial”, “Sul ponte di Perati”. Secondaesperienza discografica nel luglio del1969 con una incisione a 33 giri “I can-ti della Valcuvia” e parallelamente lapubblicazione dal titolo “La Valcuvia e isuoi canti”. Sul disco trovano spazio 6canti, composti e musicati da Don Lui-gi, particolarmente intrisi di sentimen-ti e di significato, come “La Valcuvia”,“Preghiera a la Madunina dul Brinsc”, “Al-legria Valcuviana”, “La Pierina de Cabiéi”,“La funivia dul Lac Magiur” e “A la modadi muntagnuun”.

Per Don Luigi il coro se da una parteera un grosso impegno, dall’altra è sem-pre stato valvola di sfogo per la sua gran-

de passione, la musica. Egli amava inmodo particolare la fisarmonica e l’or-gano, con i quali riusciva ad incantareper ore.

All’inizio le prove si svolgevano neilocali dell’asilo, ospiti delle suore. Perun certo tempo, come ricorda la Ma-riuccia, si andò poi dal “Fortunin”, alcaffè della stazione, dove dopo le proveDon Luigi spesso intratteneva con la suafisarmonica, dando anche occasione perballare. Quando fu sistemato il centrogiovanile, il coro si spostò in un localeattiguo all’attuale sede.

Alle prove si andava con entusiasmo,era un divertimento, una festa, un’oc-casione per uscire, conoscere, divertirsi,stare insieme. Questo aspetto, per queitempi, suscitò un certo scandalo, ma fuun fattore fondamentale, un ottimo col-lante per cementare il gruppo. Alla ba-se di tutto c’era la convinzione che seda una parte il coro richiede impegnoe sacrificio, dall’altra è espressione di

una realtà culturale che nasce dalla gen-te e ha un grande valore sociale.

Nel 1970 l’iniziale compagine a vocimiste riprese una più classica imposta-zione a sole voci maschili, facendo ameno delle donne, che comunque sierano già ridotte di numero. Si tentò disostituire le voci più alte, soprani e con-tralti, inserendo dei giovani, ma senzatroppo successo. Anche dal Coro VociBianche, dove sono passati centinaia diragazzi, non c'è mai stata quella natu-rale crescita verso la corale maggiore.

Non si è mai cercata la perfezione as-soluta, prioritario era lo spirito, il pia-cere di stare assieme, il gusto di coin-volgere l’ascoltatore; Don Luigi non fe-ce mai selezione, non mandò mai vianessuno, egli cercava l’amicizia e l’ar-monia. Si è vero, era un po’ burbero, machi lo conosceva bene, sapeva che era ilsuo modo di fare, un minuto dopo lasfuriata era tutto dimenticato. Non erail classico direttore, era soprattutto unamico, sempre disponibile, semprepronto a dividere tutto quello che ave-va o gli regalavano; per S. Luigi, il 21 giu-gno, offriva immancabilmente il pran-zo a tutti i coristi.

Egli dirigeva sempre senza spartito,aveva tutte le parti in mente, e poi eraabilissimo ad adattarsi alle situazionisfavorevoli, ad esempio se c’era vento ese il locale era troppo caldo.

In quegli anni, successivamente al Co-ro Prealpi, come molti desiderano sot-tolineare, nacquero altre corali, alcuneforse anche tecnicamente più valide, mala vivacità, il coinvolgimento di DonLuigi erano unici. L’esibizione era soloun momento della giornata; prima edopo, c’era la festa, sia per i coristi, masoprattutto per la gente.

Era consuetudine dopo le prove, apatto di rimettere tutto in ordine, infi-larsi in cucina ad affettare salame o aprovare qualche grappa speciale, sem-pre tra i rimbrotti della madre “Don Lui-gi ste fe incamò ...”, “Sto facendo il pro-gramma della settimana ...” poteva ri-spondere lui.

Suggerisce qualcuno che per i coristibere un bicchierino è fisiologico, è sem-plicemente una conseguenza dell’atti-vità che si svolge, non si può cantar be-ne con la gola asciutta, e se poi al postodell’acqua c’è un buon vino, tanto me-glio!

Una vera bandiera per il Coro Prealpiè Alfredo Arcani, presente sin dal primogiorno e attivo ancora oggi, dopo 40 an-ni. Egli tra l’altro ha ideato il distintivodella corale, che realizza ancora pa-zientemente a mano. Ricorda le nume-rosissime uscite, i concerti, in provinciao fuori, e anche all’estero, in Svizzera eGermania, ad esempio a Massa, in Ma-

remma, a S. Zenone degli Ezzelini, a Im-bersago, il paese natale di Don Luigi, alsantuario della Madonna della Corna-busa, all’isola d’Elba, a Lindau e tantialtri. Mi racconta alcuni episodi parti-colarmente significativi, ad esempio diquella volta che accompagnarono DonLuigi, con grande soddisfazione da par-te sua, sul ghiacciaio del Rosa per posa-re in una nicchia una Madonnina inmarmo a perenne ricordo della scom-parsa degli alpinisti Terzaghi e DallaChiesa, e dove egli scoprì la famosa val-le dei camosci. In quell’occasione, mu-sicando una poesia di un poeta dialet-tale ossolano, scrisse “Morti sulla mon-tagna”, in onore di Gildo Burginer, gui-da alpina morta sul Monte Rosa e il cuicorpo non è ancora stato ritrovato. Neuscì una delle più belle canzoni che ab-bia mai fatto e invidiata un po’ da tuttii cori.

Altro episodio toccante fu quando nel1972 a Bocca di Magra cantarono “Si-gnore delle Cime” per la vedova delcommissario Calabresi, da poco assas-sinato.

Grazie all’amicizia con il cappellanomilitare degli alpini di Varese, Monsi-gnor Pigionatti, erano spesso invitati al-le varie iniziative, feste, commemora-zioni degli alpini, ad esempio quandoci fu l’inaugurazione delle nuove TreCroci realizzate in calcestruzzo, al cul-mine dell’omonimo monte, sacrario deicaduti di tutte le guerre; in quell'occa-sione compose appunto il canto “Le TreCroci”.

Tanti sono stati i progetti realizzati daDon Luigi, ma uno che gli stava parti-colarmente a cuore, si è concretizzatosolo in parte. Voleva costruire una chie-setta-sacrario con una “Campana dei di-

spersi” nei pressi della stazione di arri-vo della funivia di Laveno e lì vicino unrifugio, come sede montana del CoroPrealpi. La campana con i suoi rintocchiavrebbe dovuto ricordare tutte le sere icaduti e i dispersi di tutte le guerre.Verrà, come noto, realizzata poi a S. An-drea.

Ci sono stati periodi alterni di alti ebassi, ma è importante che nell’annodel quarantesimo di fondazione, il co-ro sia vivo più che mai, e che sotto lanuova guida del Maestro Paroni prose-gua con la passione e l’impegno di sem-pre.

Concludo con una curiosità fattaminotare dalla Zanon: il Coro Prealpi na-sce praticamente alla festa di S. Barto-lomeo del 1965 e per Don Luigi termi-nerà nella medesima occasione di 38anni dopo, abbracciato alla sua amatafisarmonica.

Marco De Maddalena

18 N. 10 - Marzo 2005

Don Luigi Colnaghi e il “Coro Prealpi”.

Don Luigi Colnaghi e il “Coro Prealpi”.