* US13146 E giocavano alla guerra presentazione

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Questo libro non vuol essere né un atto d'accusa né una confessione. Esso non è che il tentativo di raffigurare una generazione la quale

- anche se sfuggì alle granate - venne distrutta dalla guerra« E.M.REMARQUE»

………ancora incapaci di affrontarela vita.

Le cause della prima guerra mondiale sonotristemente note, cominciò essenzialmentecome una guerra europea tra la Tripliceintesa (Francia, Gran Bretagna e Russia) daun lato e i cosiddetti Imperi centrali(Germania e Austria-Ungheria) dall'altro.Più significativo fu l'ingresso in guerradegli USA nel 1917.

«Ma non si comprende ancoraperché un’intera generazione è statasedotta dal mito della «guerra».

"I lampioni si stanno spegnendo su tuttal'Europa", afferma Edward Grey, ministrodegli esteri della Gran Bretagna, mentreosservava le luci di Whiteliall, la notte incui il suo paese entrò in guerra contro laGermania nel 1914. "Nel corso della nostravita non le vedremo più accese". E’un’affermazione che testimonia laconsapevolezza dei contemporanei dellatragicità dell’evento.

La Grande Guerra rappresenta un punto dirottura nello scorrere della civiltà occidentale erappresenta anche un modo nuovo di concepireil conflitto tra stati.Si possono individuare quattro elementiindicativi di questo mutamento:1 – Mobilitazione totale2 – Tecnica e la tecnologia si dimostranodeterminanti per la vittoria militare. Molto dipiù dell'abilità strategica o del coraggio deicombattenti3 – Lo stato interviene pesantemente con tuttol'apparato industriale e con la possibilità dipianificare l'intera fase di produzione edistribuzione della ricchezza4 – Controllo dell'opinione pubblica e il ruolodella propaganda diventano fattori decisivi perla conduzione della guerra.

Il convinto o quantomeno manifesto consensodelle popolazioni viene ottenuto attraverso lapropaganda e la complessiva mobilitazionedella società.Le scuole, le istituzioni, i quotidiani e i giornaliillustrati divulgano le ragioni del conflitto,mentre, anche per chi non sa leggere, manifesti,e cartoline illustrate rendono popolari i volti deigovernanti e dei capi militari, così come iprincipali luoghi, fronti e battaglie del conflitto.

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Una delle tecniche di propaganda che si rivelòpiù efficace è l’utilizzo della demonizzazionedel nemico. Infatti la resistenza psicologica allaguerra è così consistente che tutte le guerredevono apparire come un conflitto di difesacontro un aggressore “rude, crudele,minaccioso, pericoloso e assassino”.

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L’operaio, simbolo dell’industria bellica, il soldatoe il marinaio, simboli dell’esercito e della marina,vengono raffigurati insieme abbracciati con passodeciso verso la vittoria finale.

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La Madonnina del Duomo di Milano cheviene arruolata come algida Volontaria nelmassacro degli altri popoli cristiani, mentreil papa Benedetto XV chiede, per la primavolta, di evitare una guerra, "inutile strage"tra correligionari.

L'austriaco come una sorta di adunco, gigantesco trollnordico, combattuto dall'eroico fante a colpi di scureda guerra. Anche il vestito verde della fanteria italianaha un qualcosa di medioevaleggiante, quasi unrimando a Robin Hood e ai suoi arcieri, mito caro delresto ai romantici risorgimentali.

Il terreno per il coinvolgimento ideologico emorale dell’infanzia nel nuovo conflitto èpreparato. Si inizia con il culto del Risorgimento esi passa con la rivendicazione dei diritti naturalidella nazione (in particolare l’annessione deiterritori di Trento e Trieste) fino a giungere allalegittimazione della guerra.

Ecco Skizzo (uno dei personaggi più noti di queglianni) che imbraccia il tricolore, compare sullacopertina del Corriere dei Piccoli il 23 agosto.

Diverse immagini rappresentavano i fanciulliintenti a dormire nel proprio lettino mentresognavano di partecipare ad azioni eroiche sulfronte oppure abbracciati ai propri soldatini.

Anche i giocattoli e i giochi di gruppocambiarono. Nei negozi non si trovavano piùorsacchiotti ma imitazioni di mortai, di grossicannoni da assedio e di fucili. Anche il piccoloEttore Bulligan ricorda come "avevo fatto amiciziacon i bambini delle case vicino e giocavo con essi,naturalmente alla guerra, e avevo l'elmetto, legiberne e la maschera antigas, mi mancava, peròun fucile" (Giacomo Viola, "Storie della ritiratanel Friuli della Grande Guerra, Gaspari, Udine,1998, p. 23). La Grande Guerra aveva coinvoltoproprio tutti.

E’ nato il mito dell’eroe, il soldato, cheassalta e combatte, impugna armi. Ecombatte per difendere «la Patria».

Ma la realtà è diversa! La vita sitrasforma in un inferno in quei lunghicorridoi, profondi poco meno di duemetri, le trincee. Comparvero da subitoanche sul fronte italiano, in pianura,sull'altopiano carsico e in alta montagna,in mezzo alla neve.

«La storia insegna, ma non ha scolari» èquesta la sintesi della nostra ricerca.Siamo convinti di sapere tutto sullastoria, eppure abbiamo scoperto che essanon è solo preparata da capi di stato o dagenerali, ma è «una cultura» che sidiffonde tra la gente comune e cominciacome un gioco: il gioco dei ragazzi chefanno i militari nei mondi virtuali.

Nei mondi virtuali si combatte senzachiedersi perché, si spara a un nemicocome se fosse tutto solo un gioco, non c'èmai spazio per una riflessione sulleatrocità della guerra, per raccontare cheun conflitto ha molte altre vittime ...

Ricordando le vittime di tante guerre e ibambini-soldato dei moderni conflitti,siamo convinte che «un gioco non è maisolo un gioco, perché spesso puòtrasformarsi in un corpo a corpo con ildestino»