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L'ALCOL NELL'A RT EI cin cin letteraridalle bevute papaliai vini di GatsbyqTAGLIABUE A PAG. 20

Arte, CHE SBORNIA!I party di Gatsby, i vini papalie i perfidi astemi di BulgakovCAMILLA TAGLIABUE

stenersi astemi e/o timorati:papa Paolo III amava il vino aipasti, ma ancor di più per tam­ponarsi "gli occhi ogni matti­na et ancoper bagnarsi le partivirili". Nell'antica Roma, pa­tria della giurisprudenza, esi­steva invece "lo jus osculi, cioèil diritto del marito di baciarela moglie per controllare chel'alito non sapesse d'alcol: pe­na il divorzio, se non la mor­te ". Qualche secolo dopo,Brunelleschi si fece costruireun chioschetto sull'i m p a l c a­tura della costruenda cupoladel Duomo di Firenze: nonpoteva permettersi che gli o­perai interrompessero il la­voro per scendere a bere ungoccetto.

CHE SBRONZA, L'A RT E : la sto­ria, il costume e finanche la re­ligione sono imbevuti di eta­nolo; ce lo ricordano MassimoScardigli e Roberto Sbarattoin Sorsi. Come farsi una cultu­ra alcolica (Interlinea), unfrizzantino pamphlet nato dauno spettacolo teatrale: i dueautori –uno storico e un attoree musicista –ci guidano in unbreve excursus tra le epoche ele muse, ciondolando tra tra­gedie greche e fumetti, musicae letteratura, in compagnia diubriaconi e astemi, così stig­matizzati da Bulgakov: "Qual ­cosa di poco di buono si na­sconde negli uomini che evi­tano il vino... O sono grave­mente ammalati, oppure o­diano in segreto il prossimo".Mefistofele ne sa una più deldiavolo se è vero che i grandicattivoni –vedi Hitler e Mus­

Robespierre, che mandò al pa­tibolo Luigi XVI. Ma il re era ilre: si presentò alla ghigliottinabrillo.Mentre Hemingway ci

rammenta che il whisky va de­gustato con ghiaccio, Melvilleci mette in guardia sulle cat­tive compagnie alcoliche: icolleghi. Sostiene Montaigne,invece, che "per essere buonibevitori non bisogna avere unpalato troppo delicato"."Bere, assieme alla paura

dell'avvenire, è un segno di­stintivo dell'uomo" ( B r i l­lat­Savarin): la civiltà è natacon la coltivazione dell'uva einfatti, "ovunque arrivarono,le legioni romane piantaronoviti". Le prime furono innesta­te 8.000 anni fa, tra Caucaso eTurchia, proprio ai piedidell'Ararat su cui si arenò Noècon l'arca: messo piede a terra,il patriarca si concesse subitoun brindisi. Per i babilonesi,

stenersi astemi e/o timorati:papa Paolo III amava il vino aipasti, ma ancor di più per tam­ponarsi "gli occhi ogni matti­na et ancoper bagnarsi le partivirili". Nell'antica Roma, pa­tria della giurisprudenza, esi­steva invece "lo jus osculi, cioèil diritto del marito di baciarela moglie per controllare chel'alito non sapesse d'alcol: pe­na il divorzio, se non la mor­te ". Qualche secolo dopo,Brunelleschi si fece costruireun chioschetto sull'i m p a l c a­tura della costruenda cupoladel Duomo di Firenze: nonpoteva permettersi che gli o­perai interrompessero il la­voro per scendere a bere ungoccetto.

CHE SBRONZA, L'A RT E : la sto­ria, il costume e finanche la re­ligione sono imbevuti di eta­nolo; ce lo ricordano MassimoScardigli e Roberto Sbarattoin Sorsi. Come farsi una cultu­ra alcolica (Interlinea), unfrizzantino pamphlet nato dauno spettacolo teatrale: i dueautori –uno storico e un attoree musicista –ci guidano in unbreve excursus tra le epoche ele muse, ciondolando tra tra­gedie greche e fumetti, musicae letteratura, in compagnia diubriaconi e astemi, così stig­matizzati da Bulgakov: "Qual ­cosa di poco di buono si na­sconde negli uomini che evi­tano il vino... O sono grave­mente ammalati, oppure o­diano in segreto il prossimo".Mefistofele ne sa una più deldiavolo se è vero che i grandicattivoni –vedi Hitler e Mus­solini – erano astemi, comepure il principe del Terrore,Robespierre, che mandò al pa­tibolo Luigi XVI. Ma il re era ilre: si presentò alla ghigliottinabrillo.Mentre Hemingway ci

rammenta che il whisky va de­gustato con ghiaccio, Melvilleci mette in guardia sulle cat­tive compagnie alcoliche: icolleghi. Sostiene Montaigne,invece, che "per essere buonibevitori non bisogna avere unpalato troppo delicato"."Bere, assieme alla paura

dell'avvenire, è un segno di­stintivo dell'uomo" ( B r i l­lat­Savarin): la civiltà è natacon la coltivazione dell'uva einfatti, "ovunque arrivarono,le legioni romane piantaronoviti". Le prime furono innesta­te 8.000 anni fa, tra Caucaso eTurchia, proprio ai piedidell'Ararat su cui si arenò Noècon l'arca: messo piede a terra,il patriarca si concesse subitoun brindisi. Per i babilonesi,

stenersi astemi e/o timorati:papa Paolo III amava il vino aipasti, ma ancor di più per tam­ponarsi "gli occhi ogni matti­na et ancoper bagnarsi le partivirili". Nell'antica Roma, pa­tria della giurisprudenza, esi­steva invece "lo jus osculi, cioèil diritto del marito di baciarela moglie per controllare chel'alito non sapesse d'alcol: pe­na il divorzio, se non la mor­te ". Qualche secolo dopo,Brunelleschi si fece costruireun chioschetto sull'i m p a l c a­tura della costruenda cupoladel Duomo di Firenze: nonpoteva permettersi che gli o­perai interrompessero il la­voro per scendere a bere ungoccetto.

CHE SBRONZA, L'A RT E : la sto­ria, il costume e finanche la re­ligione sono imbevuti di eta­nolo; ce lo ricordano MassimoScardigli e Roberto Sbarattoin Sorsi. Come farsi una cultu­ra alcolica (Interlinea), unfrizzantino pamphlet nato dauno spettacolo teatrale: i dueautori –uno storico e un attoree musicista –ci guidano in unbreve excursus tra le epoche ele muse, ciondolando tra tra­gedie greche e fumetti, musicae letteratura, in compagnia diubriaconi e astemi, così stig­matizzati da Bulgakov: "Qual ­cosa di poco di buono si na­sconde negli uomini che evi­tano il vino... O sono grave­mente ammalati, oppure o­diano in segreto il prossimo".Mefistofele ne sa una più deldiavolo se è vero che i grandicattivoni –vedi Hitler e Mus­solini – erano astemi, comepure il principe del Terrore,Robespierre, che mandò al pa­tibolo Luigi XVI. Ma il re era ilre: si presentò alla ghigliottinabrillo.Mentre Hemingway ci

rammenta che il whisky va de­gustato con ghiaccio, Melvilleci mette in guardia sulle cat­tive compagnie alcoliche: icolleghi. Sostiene Montaigne,invece, che "per essere buonibevitori non bisogna avere unpalato troppo delicato"."Bere, assieme alla paura

dell'avvenire, è un segno di­stintivo dell'uomo" ( B r i l­lat­Savarin): la civiltà è natacon la coltivazione dell'uva einfatti, "ovunque arrivarono,le legioni romane piantaronoviti". Le prime furono innesta­te 8.000 anni fa, tra Caucaso eTurchia, proprio ai piedidell'Ararat su cui si arenò Noècon l'arca: messo piede a terra,il patriarca si concesse subitoun brindisi. Per i babilonesi,

viceversa, non fu un uomo ascoprire la malia dell'alcol, mauna donna che stava tentandoil suicidio: diventò un'alcoliz ­zata, ma si salvò. Pare. Gli E­gizi erano maniaci delle eti­chette (provenienza, anno,proprietario, cantiniere...); igreci avevano il culto di Eneo–donde l'enologia – e le loroIliadi e Odissee traboccavanodi sbevazzoni. Ad Atene e din­torni il vino era quasi un "far ­maco", spacciato senza ricettanei simposi e nei riti orgiastici,alias vinalie e baccanali per iromani. Durante i festini –spiffera il pettegolo Giovenale– "le donne fra sesso e boccanon facevano nessuna diffe­renza". Indispensabile perciò,in quei party da basso impero,era l'advorsitor,"lo schiavo ri­morchiatore, incaricato di ri­portare il padrone a casa dopola sbornia". Nella sola Pompeisi contavano 200 osterie e ilraffinato Catullo, quando noncantava l'amore, discettava disbronze: "E tu vai dove ti pa­re,/ acqua, peste del vino"! Glifaceva eco il collega Quinto O­razio Flacco, per brevità chia­mato Orazio: "Nessuna poesiascritta da bevitori d'acqua puòpiacere o vivere a lungo".Il poeta, per definizione del

maestro Baudelaire, ha un"cuore sitibondo", arrivando acontagiare, con la sua smania

renza". Indispensabile perciò,in quei party da basso impero,era l'advorsitor,"lo schiavo ri­morchiatore, incaricato di ri­portare il padrone a casa dopola sbornia". Nella sola Pompeisi contavano 200 osterie e ilraffinato Catullo, quando noncantava l'amore, discettava disbronze: "E tu vai dove ti pa­re,/ acqua, peste del vino"! Glifaceva eco il collega Quinto O­razio Flacco, per brevità chia­mato Orazio: "Nessuna poesiascritta da bevitori d'acqua puòpiacere o vivere a lungo".Il poeta, per definizione del

maestro Baudelaire, ha un"cuore sitibondo", arrivando acontagiare, con la sua smania

etilica, gli stessi personaggi difinzione, come il Gulliver diSwift, il Capitan Fracassa diGautier, il Gatsby di Fitzge­rald, Wolfe e Marlowe, Mai­gret e Montalbano. Le opere, iversi, i peana per l'alcol e altreciucche – seguono lussuria esonno –imperlano tutta la sto­ria della letteratura: da Loren­zo il Magnifico a Neruda, daFo a Engels, da De Amicis aManzoni, da Goldoni a Wilde,che riuscì a sfornare uno deisuoi muriatici aforismi persi­no in fin di vita, con un bicchie­re di champagne in mano:"Ahimè, sto morendo al di so­pra delle mie possibilità".

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IL FATTO QUOTIDIANODate: 18.02.2020 Page: 1,20Size: 633 cm2 AVE: € 53172.00Publishing: 83562Circulation: 51181Readers: 371000

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"S SI

B ere,assiemealla pauradel l 'av ve­n i re ,è un segnod i s t i n t i vodel l 'uomoANTHELME

B R I L L AT­SAVA R I N

Nessunapoesiasc rittada bevitorid'acquapuò piacereo viverea lungo

Q U I N TOORAZIOF L ACCO

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