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ENELCOME COSTRUIREUNA UTILITY DIGITALE,INNOVATIVA E SOSTENIBILEIntervista a Francesco StaraceAmministratore Delegatoe Carlo Bozzoli DirettoreDella Funzione Global InformationAnd Communication Technology
IN QUESTO NUMERO• Nuove agende per Cio e Ceo
• Algoritmi, i pilastri del mondo digitale
• Aumentare l’innovazione. Il caso FCA
• Innovare in digitale per promuovere il valore aziendale
• Una strategia bimodale a sostegno dell’agilità
• Orientarsi nel percorso di trasformazione digitale
• I trend che trasformeranno lavoro e comunità
• Idee e organizzazione al centro dei big data
• Verso la piattaforma digitale
12 novembre-dicembre 2015
È questa l’Enel del futuro, disegnatada Francesco Starace, che trovanel cambiamento dell’organizzazione dell’IT uno dei fattori abilitanti per raggiungere nuovi importanti obiettivi. Un compito portato avanti con energiaa 360° da Carlo Bozzoli nei confrontidi colleghi, partner e fornitori
FRANCESCO STARACE
CARLO BOZZOLI
novembre-dicembre 2015 13
INTERVISTA DI COPERTINA A CURA DI RUGGERO VOTA
COME COSTRUIREUNA UTILITY DIGITALE,INNOVATIVAE SOSTENIBILE
Da tempo Enel non è più una società che opera solo in Italia, il Gruppo oggi è presente in oltre 30 Paesi dove ge-
stisce oltre 61 milioni di clienti, produce energia attraverso una capacità installata netta di 89 GW, di cui oltre 10
GW da fonti rinnovabili a testimonianza del crescente impegno nel settore e distribuisce elettricità e gas su una rete di
circa 1,9 milioni di chilometri.
Nel 2014 questo importante operatore globale, ha raccolto ricavi per 75,7 miliardi di euro, ha iniziato un percorso di
trasformazione per diventare una utility digitale, innovativa nei suoi servizi e sostenibile nel suo modo di essere. Una
rivoluzione profonda ispirata e guidata da Francesco Starace, Amministratore Delegato di Enel dal maggio 2014, e
guidata, nello snodo fondamentale dell’IT, da Carlo Bozzoli, dal luglio dello stesso anno Direttore della Funzione Global
Information and Communication Technology.
Un percorso articolato e complesso che ha coinvolto l’IT in una serie di importanti cambiamenti. I due manager ci
raccontano questo viaggio di trasformazione, i progetti e gli obiettivi che si concretizzeranno a iniziare dal 2016 e che
fanno leva su capacità non comuni di immaginare con concretezza il futuro.
Qual è lo scenario che spinge Enel in modo così deciso verso il digitale?
Francesco Starace. Stiamo assistendo a una grande trasformazione dovuta allo sviluppo impetuoso della tecnologia,
che impatta non solo sulle nostre ‘macchine’, che sono il mezzo con il quale riusciamo a compiere il nostro lavoro,
ma anche sui nostri clienti, che sono la ragione per la quale esistiamo. Grazie a questa evoluzione abbiamo molte
opportunità da cogliere, correlate con la capacità di innovare e trasformare. Possiamo ridefinire i nostri schemi, usare
la creatività delle nostre persone, ispirare i clienti, identificare le opportunità attraverso i dati e ripensare in tal senso i
modelli di business.
Che ruolo ha la tecnologia in Enel in questa importante fase di cambiamento?
F.S. La tecnologia ha il ruolo strategico di dare supporto alle aziende per promuovere una cultura dell’innovazione e
per rendere ogni impresa più agile e più competitiva. In questa era di trasformazione, l’ICT ha acquisito oltre a questi
compiti anche il ruolo di abilitatore digitale, traducendo le opportunità che derivano dalla digitalizzazione del business
e della società in valore per l’azienda, promuovendo la tecnologia e accompagnando il management verso il digitale.
Oggi le tecnologie digitali non si limitano ad automatizzare i processi, ma aprono nuove strade e nuovi modi di fare
business. Quindi, la capacità di ripensare l’IT sfruttando i trend emergenti è un cambiamento strategico che si rende
necessario per supportare l’adozione di nuovi modelli di business vincenti.
di servizio. Il nostro primo impegno è stato quello di
radicare nei colleghi la convinzione che ogni servizio
che realizziamo è basato su soluzioni e tecnologie delle
quali siamo noi dell’IT i primi utilizzatori, oserei dire ‘ac-
quirenti’ di quanto proponiamo. Questo è quello che
la squadra IT di Enel, 2.200 persone in tutto il mondo,
deve rapidamente imparare a fare. Un elemento impre-
scindibile della nostra nuova missione.
Come si marca la differenza tra il concetto di ‘col-
lega’ da quello di ‘fornitore’?
C.B. - Il nostro obiettivo è costruire una nuova ‘intimacy
con le linee di business’, ovvero una proximity basata
su fiducia, proattività, responsabilità, credibilità e capa-
cità di innovare. Dobbiamo esser capaci di trasmettere
il nostro valore aggiunto come leva strategica per il per-
seguimento degli obiettivi aziendali.
In poche parole potrei dire che il fornitore nell’offerta del
servizio non pone la stessa attenzione alle esigenze reali
come può fare un collega che condivide ogni giorno le
spinte evolutive e conosce profondamente i processi
aziendali. Se non fossimo convinti del grande valore
aggiunto che possiamo apportare, non avremmo de-
ciso di mantenere una struttura di IT globale interna al
Gruppo.
Che tipo di interventi ha messo in atto per dare con-
cretezza a questa missione?
Abbiamo definito una strategia focalizzata su sei pilastri,
tutti di uguale importanza. Il primo riguarda la raziona-
lizzazione del portfolio applicativo e l’omogeneizzazione
delle tecnologie per ridurre i costi di gestione, conte-
nere la dispersione del know-how e abilitare la trasfor-
mazione delle operation. Il secondo pilastro prevede,
relativamente all’infrastruttura, la realizzazione di un mo-
dello ibrido che si apre alle soluzioni Cloud, nelle diverse
configurazioni (Iaas, Paas, Saas), che ci consentirà di
trasformare progressivamente le operation in una ‘com-
modity’, con canoni prevedibili e negoziabili. Di pari
passo a una trasformazione così complessa cambia ov-
viamente anche la modalità di selezione e ingaggio dei
fornitori IT, attraverso l’adozione di un nuovo modello di
sourcing per abilitare nuovi paradigmi di cooperazione
e sviluppo. Altro punto fondamentale riguarda Innova-
tion&Digital, che per noi significa sostanzialmente aprirci
all’innovazione che viene da ‘fuori’ ed al tempo stesso
declinare le grandi opportunità derivanti dalla digitalizza-
zione per trasformare i processi esistenti oppure esplo-
rare nuovi modelli di business.
Abbiamo ridefinito il catalogo servizi e i processi di
workplace management, ossia dei servizi alla persona,
attraverso l’adozione delle best practice di mercato fa-
Qual è oggi dunque la missione dell’IT all’interno
di Enel?
Carlo Bozzoli. La nostra nuova missione è abilitare l’a-
zienda, tramite le opportunità offerte dal digitale e la
diffusione di una nuova cultura dell’innovazione, all’ado-
zione di nuovi modelli di business vincenti. L’IT di Enel
contribuisce quindi in modo rilevante all’attuazione della
strategia aziendale. È allo stesso tempo leva e driver del
cambiamento: non ci poniamo come fornitori di servizi
ma lavoriamo per comprendere e anticipare le esigenze
delle linee di business. Le persone dell’IT adesso lavo-
rano fianco a fianco con i colleghi del business, attiva-
mente coinvolti nella costruzione di nuove opportunità
e nuovi modelli, non erogano solo sevizi a ‘clienti in-
terni’. È un ribaltamento culturale di grande portata che
cambia completamente lo schema del nostro modello
Chi è Francesco Starace
Francesco Starace è Amministratore Delegato di Enel dal mag-
gio 2014. Starace è entrato a far parte del Gruppo Enel nel
2000, ha ricoperto varie posizioni manageriali di primo piano,
tra cui quella di Direttore dell’Area di Business Power e di Di-
rettore della Divisione Mercato. Inoltre, dal 2008 al 2014 è stato
Amministratore Delegato e direttore generale di Enel Green
Power, società del Gruppo dedicata alla generazione di ener-
gia da fonti rinnovabili e tra i principali protagonisti del settore
a livello globale. Ha iniziato la sua carriera nella gestione della
costruzione di impianti di generazione elettrica, inizialmente nel
gruppo General Electric, poi in ABB Group e successivamente
in Alstom Power Corporation, come responsabile delle ven-
dite globali per la Divisione turbine a gas, e ha una consolidata
esperienza professionale a livello internazionale.
A maggio del 2015 è stato nominato nel consiglio di ammini-
strazione del Global Compact delle Nazioni Unite. Inoltre, da
giugno 2014 è anche membro dell’Advisory Board dell’iniziativa
Sustainable Energy 4 All delle Nazioni Unite.
ENEL: COME COSTRUIRE UNA UTILITY DIGITALE, INNOVATIVA E SOSTENIBILE
14 novembre-dicembre 2015
cendo anche leva sull’employee self empowerment.
Infine, il pilastro chiave rappresentato dalle nostre per-
sone: stiamo investendo in programmi per la valoriz-
zazione e l’accrescimento delle competenze digitali
presenti in azienda. Riteniamo che sia importante prima
di guardare ‘fuori’, mobilizzare tutte le energie capacità
e competenze già presenti all’interno.
In che modo razionalizzate il portafoglio applicativo
e ottimizzate le tecnologie?
Oggi ci troviamo a gestire una situazione in cui, per
ragioni storiche dovute principalmente alla forte cre-
scita del gruppo attraverso acquisizioni successive, la
frammentazione delle applicazioni produce inefficienze
e oneri di gestione non più giustificabili. Può infatti
capitare che il medesimo processo di business, sia
supportato da soluzioni tecnologiche e applicative di-
somogenee, nei diversi Paesi in cui operiamo. Pertanto
ci siamo dati come obiettivo la riduzione drastica del
parco applicativo nei prossimi anni.
Il programma è già in corso, siamo partiti da una base di
oltre 1.800 applicazioni, e ci siamo dati l’obiettivo entro
il 2019 di ridurre del 40% la base installata. Che significa
dismettere oltre 700 applicazioni. In parallelo, abbiamo
avviato alcuni programmi di convergenza tecnologica e
architetturale con il duplice obiettivo di omogeneizzare
a livello globale le soluzioni applicative a parità di pro-
cesso e di ridurre il numero di tecnologie di riferimento.
Il CRM (Customer Relationship Management), ad
esempio, è uno dei progetti su cui stiamo investendo
per razionalizzare il Front-Office adottando soluzioni
cloud-based. Basti pensare che oggi disponiamo di
almeno 5 soluzioni CRM tra loro differenti per operare
nei diversi segmenti di mercato (power, gas, servizi a
valore aggiunto, mercato libero o tutelato) oppure se ci
riferiamo alle diverse aree geografiche in cui siamo pre-
senti. Con architettura variegate che vanno dalla solu-
zione on-premise all’outsourcing fino al BPO (Business
Process Outsourcing). La strategia è convergere nel
giro di un paio di anni verso un’unica piattaforma cloud,
con roll-out progressivi nei diversi Paesi a partire dal
2016. Le opportunità da cogliere sono molteplici: sem-
plificazione delle architetture e del layer di integrazione,
maggior efficienza, riduzione del TCO (Total Cost of
Ownership), riduzione time to market, concentrazione e
focalizzazione del know how.
Come cambia il mix tra applicazioni custom e
package di mercato?
È un tema centrale sul quale abbiamo definito una
strategia molto chiara. Ci rivolgeremo al ‘make’ solo
quando non troveremo sul mercato soluzioni ‘cloud
ready to adopt’, adeguate alle nostre esigenze e in
grado di generare il valore aggiunto atteso.
Se riconosciamo nel package di mercato standard una
‘best practice’, vuol dire che dobbiamo avere la forza
di modificare i nostri processi e il nostro modo di lavo-
rare; questo è uno ‘spazio’ importante che la nuova
ICT deve imparare a occupare interpretando al meglio
l’interazione con le linee di business. È fondamentale
ridurre al minimo le personalizzazioni dei package. Que-
sto ‘modus operandi’, in passato, ha contribuito a far
lievitare in modo non più sostenibile il TCO delle nostre
soluzioni informatiche. La prima preoccupazione, nella
strategia ‘buy’, deve essere quella di capire quale sia la
percentuale di copertura standard dei requisiti, il livello
di customizzazione richiesto e soprattutto se siano o
meno necessarie personalizzazioni profonde che pos-
sono vanificare nel tempo il potenziale vantaggio com-
petitivo offerto dalla soluzione standard.
In mancanza di queste condizioni minime e non nego-
ziabili ci rivolgiamo all’approccio ‘make’ adottando una
metodologia agile di sviluppo; una scelta che impatta
fortemente anche sulla strategia di sourcing e service
model. La motivazione alla base di questa strategia
è molto semplice: se vogliamo trasformare le nostre
operation verso un modello che prevede la progressiva
adozione del cloud dobbiamo prima ridefinire l’architet-
tura delle applicazioni.
Approfondisca allora il tema della trasformazione
delle operation...
Il Gruppo Enel integra due storie diverse: Enel ed En-
desa. Si tratta di due realtà con un percorso di inter-
nazionalizzazione importante e modelli di gestione
dell’IT differenti. Enel ha tradizionalmente optato per un
forte controllo dello sviluppo SW, pur con importanti
contributi esterni, integrato dalla gestione diretta delle
applicazioni con data center di proprietà. Endesa, in-
vece, grazie anche alla diversa struttura del mercato
iberico dei servizi aveva scelto molti anni prima la strada
dell’outsourcing.
Mentre ci si dibatteva al nostro interno su vantaggi e
svantaggi dei due modelli, il mondo dell’energia e della
tecnologia cambiava profondamente tanto che i due
sistemi di riferimento sono diventati sempre più inade-
guati. Da questa semplice evidenza, e dall’esigenza di
convergere verso un unico modello di gestione, è nata
la spinta per prendere in seria considerazione una terza
via: l’hybrid cloud.
In che modo intendete implementare il modello
cloud nell’IT di Enel?
Per diverse ragioni, interne ed esterne, non siamo an-
novembre-dicembre 2015 15
cora pronti ad adottare un modello full cloud; ciò non ci
ha però impedito di avviare il percorso di trasformazione
che comporta l’iniziale adozione di un modello ibrido,
escludendo dalla migrazione al cloud le applicazioni
che attualmente supportano i processi core e mission
critical. A diciotto mesi dal mio arrivo, abbiamo già mi-
grato oltre 200 applicazioni in cloud, dai big elephants
al miscellaneous. In Italia, nell’area delle operation, go-
diamo di una solida infrastruttura tecnologica e di oltre
200 professionisti in grado di gestire questa transizione
epocale.
Sposare un modello ibrido ha significato mettere in-
sieme le competenze complementari già presenti in Ita-
lia e in Spagna, sviluppare nuove competenze, ridefinire
l’organizzazione per predisporci a operare anche come
broker di servizi tecnologici e infrastrutturali.
Entro la fine del 2016 disporremo di una componente
cloud piuttosto significativa, oltre il 50% della nostra
mappa applicativa globale e tutti gli ambienti di svi-
luppo, collaudo e integrazione, performance & volume
test saranno nella nuvola, e avremo completato la
prima fase del riposizionamento delle nostre opera-
tion. Ne frattempo il cloud sarà divenuto più maturo,
avremo ridefinito gran parte delle architetture applica-
tive e saremo pronti a gestire tutto il lifecycle nel nuovo
paradigma. Questa scelta ovviamente si riflette anche
all’esterno e richiede la definizione di una nuova strate-
gia di sourcing.
Spieghi questo punto con un esempio.
Dobbiamo trasformare le logiche di acquisto da ‘pro-
dotti’ a servizi. Questo ci consentirà di semplificare la
catena di acquisto, di ridurre la complessità di gestione
e soprattutto di disporre di interlocutori responsabilizzati
end-to-end sul servizio. Oggi tutto l’onere conseguente
all’integrazione di più prodotti, necessari per erogare
un servizio, quali: l’architettura hardware, la piattaforma
software, l’application development, le operation, la
business continuity e il disaster recovery ricade su di
noi e vede il coinvolgimento di diversi interlocutori lungo
la catena. Applicheremo questo approccio alle piatta-
forme chiave della nostra architettura applicativa (non
più di 4-5 che sole coprono oltre il 50% delle esigenze).
Faccio un esempio concreto relativo ai nostri sistemi di
billing – utilizzati per la fatturazione dei servizi destinati
a oltre 61 milioni di clienti finali in tutto il mondo – che
sono basati sulla piattaforma SAP-ISU, dove abbiamo
trasformato la relazione che fino a ieri era limitata all’ac-
quisto di licenze software e servizi professionali in una
partnership.
Oggi siamo direttamente coinvolti nella roadmap di evo-
luzione del loro prodotto al fine di mantenere l’adozione
del package a livelli quasi standard (solo customizza-
zione e limitatissime personalizzazioni) ed eroghiamo il
servizio in modalità Cloud PaaS (Platform as a Service)
dai loro data center europei. In questo modello il partner
diviene quindi responsabile end-to-end del servizio, o
di gran parte di esso, è responsabile dell’infrastruttura,
degli aggiornamenti software di piattaforma (fixing e
release management), dei servizi di BC (Business Con-
tinuity) e DR (Disaster Recovery), mentre noi gestiamo
tutti i servizi di application management e monitoraggio
E2E (end to end). Proponiamo quindi un’alleanza win-
win, nella quale il prodotto evolve tenendo in considera-
zione le nostre specificità ed esigenze e il vendor rilascia
nuove funzionalità standard, che arricchiscono la suite
di prodotto, delle quali siamo i ‘first adopter’. Inoltre,
il vendor è responsabilizzato a doppio filo perché è
ENEL: COME COSTRUIRE UNA UTILITY DIGITALE, INNOVATIVA E SOSTENIBILE
16 novembre-dicembre 2015
Chi è Carlo Bozzoli
Carlo Bozzoli è stato nominato Direttore della Funzione Global
Information and Communication Technology di Enel nel luglio
del 2014. Ha iniziato il suo percorso professionale in Enel nel
1984, presso la Centrale termoelettrica di Turbigo e successi-
vamente in Direzione Centrale fino al 1999, dove si è occupato
prevalentemente di progetti di business process reengineering.
Dal 2000 al 2009 ha ricoperto diversi ruoli nella Direzione ICT,
dove ha guidato la prima introduzione della tecnologia SAP in
Enel, il progetto Contatore Elettronico, la Pianificazione IT, la
funzione Strategie, Performance & Quality Management. Da ul-
timo, è stato responsabile delle funzioni di Demand and Delivery
per le Divisioni Infrastrutture e Reti e Generazione & Energy
Management.
Prima di assumere l’attuale posizione è stato Responsabile
della Funzione Commerciale della Divisione Infrastrutture e Reti
Italia per le attività di metering, bilancio energia, rapporti con i
trader, connessione clienti e produttori, fatturazione, credito,
qualità commerciale e customer care.
chiamato a gestire direttamente la sua piattaforma nel
suo cloud, monitorato attraverso KPI (Key Performance
Indicator) e SLA (Service Level Agreement) che ci con-
sentono maggior controllo e l’attivazione di un processo
di continuo benchmarking con il mercato.
Proprio da questa prima esperienza è nato il nuovo
modello di relazione e ingaggio di alcuni grandi player:
modello che stiamo estendendo a tutti coloro che
hanno manifestato effettiva disponibilità a trasformare
il rapporto con noi partecipando attivamente alla nostra
trasformazione.
Qual è il messaggio che avete dato ai fornitori a
proposito delle strategie di sourcing?
Per la prima volta nell’aprile del 2015 abbiamo organiz-
zato presso la nostra sede un “ICT Vendor Day” al quale
abbiamo invitato gli oltre 300 fornitori a livello globale
qualificati al nostro albo nei diversi comparti: hardware,
software, telecomunicazioni e servizi professionali. L’in-
contro aveva l’obiettivo di illustrare a tutto il settore,
senza filtri e discriminazioni, i pilastri della nostra strate-
gia, il piano dei fabbisogni, i progetti di trasformazione e
il contributo atteso dai terzi che collaborano quotidiana-
mente con noi. Abbiamo apertamente illustrato le traiet-
torie di evoluzione tecnologica e di trasformazione che
intendiamo perseguire sia in termini di adozione sia per
quanto riguarda le prossime dismissioni. In conclusione,
li abbiamo invitati a riflettere sul loro principale problema
del momento: ossia il disporre di un contratto già attivo
con noi che non deve farli sentire appagati perché fuori
dalla porta ci sono migliaia di soggetti che premono –
con altrettanta competenza, idee, proposizioni innova-
tive, capitali, etc. – per entrare in questa stanza.
Per essere vincenti nei primi due pilastri, dobbiamo
cambiare profondamente il modello di ingaggio lungo
tutte la fasi della catena: dallo scouting, selection, eva-
luation, awarding, engagement, execution fino al rating.
Le nuove gare che abbiamo lanciato nel 2015 sono
state già assegnate con criteri nuovi. La relazione con
i fornitori deve cambiare di pari passo con l’evoluzione
del rapporto tra ICT e Business Line. Stiamo dedicando
molte energie a questo aspetto di vitale importanza e
anche nel 2016 ripeteremo l’iniziativa per mantenere l’e-
cosistema esterno costantemente allineato e informato.
Cosa deve cambiare nell’interlocuzione con i forni-
tori a proposito del tema innovazione?
Troppo spesso, tutte le volte che vogliamo sapere
cosa bolle in pentola nei laboratori di un nostro forni-
tore, dobbiamo andare oltreoceano per toccare con
mano quello che i nostri interlocutori abituali non sono
in grado di raccontarci.
Non c’è più spazio per politiche commerciali ‘mordi e
fuggi’ di breve periodo che non portano vantaggi sul
piano strategico e di ampio respiro. Chiediamo invece
capacità di interpretare la nostra strategia di trasforma-
zione e disponibilità a co-investire.
Il nuovo sourcing model si basa sul consolidamento di
una partnership tra ICT e fornitori, tesa a valorizzare la
loro effettiva capacità di proporre innovazione. I fornitori
non sono più semplici esecutori di task o fornitori di
tecnologie, ma devono saper dare stimoli che possano
influenzare positivamente il nostro processo di trasfor-
mazione digitale. Siamo disponibili e aperti a mettere
alla prova tutti quelli che dimostrino capacità di inno-
vare, di proporre idee, di farci vedere le cose in modo
diverso. Non è più il momento delle rendite di posizione.
In una risposta precedente ha detto che le gare di
quest’anno sono state assegnate con criteri nuovi.
Può illustrarceli?
Abbiamo cambiato i criteri di valutazione tecnico-eco-
nomica, il criterio di assegnazione degli ambiti e dei lotti
di fornitura, la durata dei contratti, la modalità di utilizzo
delle componenti base e opzionali.
Le gare sono assegnate sempre a due player; criterio
novembre-dicembre 2015 17
che vale anche per i lotti all’interno di gare molto grandi
su scala globale. Entrambi gli assegnatari devono aver
dimostrato la capacità operativa di saper svolgere il
100% del perimetro di gara, ma sanno fin dal principio
che gliene verrà assegnato solo una quota (dal 30% al
60% max) sulla base delle valutazioni tecnico-economi-
che ottenute relativamente ai task già noti e specificati
all’avvio dell’iter. È raro che a inizio gara si sappia tutto
quello che succederà nel corso della durata contrat-
tuale e pertanto le esigenze emergenti saranno messe
in competizione di volta in volta tra i due player.
Scioglieremo le opzioni solo se la performance relativa
ai task della componente base si sarà mantenuta al di
sopra di un certo rating prefissato; come se fosse una
sorta di premio che consente di estendere la relazione
con Enel. Se il fornitore non avrà operato in modo ade-
guato alla scadenza del contratto base si procede al
rilancio di una nuova gara a cui il fornitore non verrà
invitato. Insomma un cambiamento radicale.
Cosa cambia quindi invece dal punto di vista del
meccanismo di selezione?
Non facciamo più valutazioni solo sulla carta. Inte-
griamo le offerte attraverso ‘reference visit’ per toccare
con mano progetti di successo che il fornitore ha rea-
lizzato, parlando direttamente con i suoi clienti. Ma il
cambiamento sostanziale riguarda il meccanismo di
valutazione delle risorse e della qualità media del team.
Effettuiamo una verifica diretta su un campione casuale
pari al 20% delle figure professionali richieste in fase di
gara a ciascun fornitore. La valutazione tecnica delle
competenze e delle capacità possedute viene quindi
elaborata in base alla qualità delle risposte pervenute.
Altro elemento non secondario riguarda il meccanismo
di selezione delle start-up, che deve necessariamente
basarsi su altri criteri. Siamo prima interessati a com-
prendere il potenziale, la qualità dell’azienda e del team
e solo successivamente discutiamo delle tariffe.
Questa metodologia nuova verso i fornitori oltre
alla ricerca di una migliore relazione e di una com-
pleta trasparenza, che obiettivi vuol raggiungere dal
punto di vista economico, e non solo?
Sono convinto che operando così riusciremo a ottenere
migliori livelli di servizio a costi ottimali. Inoltre, rendiamo
più flessibile il parco fornitori, totalmente allineato con
la nostra strategia e calato nel nostro ecosistema. In
sintesi, significa scegliere dei partner e non dei sem-
plici fornitori che, grazie al meccanismo di selezione
descritto, potranno spaziare dalla start-up alla grande
multinazionale. L’ecosistema delle start-up sta diven-
tando sempre più importante nella nostra strategia di
sourcing, perché contribuisce a flessibilizzare l’apporto
esterno, ad aumentare la competizione con i grandi
player tradizionali che in passato si sono adagiati sulle
loro rendite di posizione e ad arricchire l’offerta con so-
luzioni innovative. Oggi c’è un grande potenziale al di
fuori dell’azienda che dobbiamo esser capaci di cat-
turare. È arrivato il momento di cambiare la mentalità
del passato dove il ‘not invented here’ era lo strumento
prevalente per pregiudicare ogni contaminazione con
l’esterno. Dobbiamo aprirci rapidamente e l’Open In-
novation è la chiave. Siamo fortemente attivi attraverso
tutti i principali Osservatori sull’Innovazione europei e
non solo. Nella seconda metà del 2014 è stata istituita
in azienda la figura del Chief Innovation&Sustainability
Officer, a diretto riporto del CEO e in stretta relazione
con le linee di business attraverso un modello che ha
ENEL: COME COSTRUIRE UNA UTILITY DIGITALE, INNOVATIVA E SOSTENIBILE
18 novembre-dicembre 2015
previsto l’istituzione degli Innovation Manager all’interno
delle linee di business, compresa la direzione ICT, ma
a doppio riporto. Guardiamo all’innovazione sosteni-
bile – Innovability – coerentemente con la strategia del
gruppo focalizzata sulle energie rinnovabili e le tecnolo-
gie digitali come nessuna altra utility a livello mondiale
ha mai fatto. Un impegno recentemente testimoniato
anche da Bloomberg che ci posiziona, unica utility, al
quinto posto tra le 50 aziende in grado di cambiare il
mondo. Siamo inoltre tra le sole 10 società italiane pre-
senti nel Dow Jones Sustainability Index.
Come si riesce ad abilitare il cambiamento quando
questo è guidato da un top manager che ha
trent’anni di carriera alle spalle in questa azienda?
Nella mia lunga carriera in Enel ho ricoperto diverse re-
sponsabilità sia nell’informatica che nel business. Nei
15 anni trascorsi nella Produzione e sei in Distribuzione,
molte volte mi sono fatto la domanda: ma l’IT mi sta ve-
ramente dando tutto quello che mi serve? Molto spesso
le mie attese non sono state totalmente soddisfatte. Il
cambiamento è un fattore che dipende molto dalla pas-
sione di chi lo propone e poi lo guida mettendosi in
prima linea. Credo che quando una persona - che ha
alle spalle una lunga esperienza di business - si trovi
dalla parte dell’IT ha una grande opportunità nelle sue
mani, come effettivamente oggi capita a me.
Molto dell’entusiasmo e dell’energia che stiamo po-
nendo nei progetti di cambiamento, deriva anche dal
fatto che oggi queste cose sono possibili. Al vertice del
gruppo Enel, oggi non a caso c’è una persona – l’in-
gegner Francesco Starace – che ha un foot print indu-
striale e che considera l’IT una leva importante per la
costruzione dell’architrave su cui fondare la utility digi-
tale del futuro, innovativa e sostenibile. Anche la dispo-
nibilità di tecnologie che solo dieci o quindici anni fa non
erano immaginabili come il boom delle energie rinnova-
bili, la mobilità elettrica, gli smartphone e i tablet, i so-
cial, il cloud, i big data e gli analytics, la digitalizzazione,
per citarne alcune, rendono più semplice impostare e
attuare una strategia di cambiamento. Oggi le rigidità
provengono dal nostro interno e su queste dobbiamo
intervenire prima di tutto con un cambiamento culturale.
Abbiamo davanti a noi una grande opportunità che se
non saremo capaci di cogliere qualcun altro lo farà. L’i-
dea che non si è pronti è un alibi che non ci permette di
abbandonare la propria zona di comfort.
Il nodo è quello delle competenze, al quale l’azienda
certamente non si sottrae, ma anche l’atteggiamento
orientato al ‘bring your own learning’ è sempre più im-
prescindibile. Un professionista che vuole portare valore
aggiunto in uno scenario generale di cambiamento tec-
nologico del mercato deve mantenersi costantemente
al passo con i tempi e aggiornato sulle novità. Ciascuno
di noi deve interpretare al meglio quello che vuole es-
sere professionalmente e poi anche l’azienda farà la sua
parte, adeguando i percorsi di formazione e definendo
percorsi di sviluppo professionale. Per questo motivo
abbiamo realizzato il programma di ‘Digital Readiness’.
Ho condiviso ‘porta a porta’ questi concetti con tutti
i 2.200 professionisti dell’IT e con moltissimi manager
delle aree di business, incontrandoli personalmente: in
sei mesi sono stato in 25 città di 10 Paesi.
Programma di ‘Digital Readiness’. Ci racconti bene
di cosa si tratta?
Sul tema digitale abbiamo 3 concetti che sono prioritari
nella nostra agenda. ‘Think and act digital’: proponiamo
novembre-dicembre 2015 19
ENEL: COME COSTRUIRE UNA UTILITY DIGITALE, INNOVATIVA E SOSTENIBILE
20 novembre-dicembre 2015
servizi digitali ai nostri colleghi in modo diverso da quello
che abbiamo fatto finora, arricchendoli di servizi a va-
lore aggiunto. Pensare e agire digitale vuol dire riuscire
con la tecnologia digitale a rendere più efficace il nostro
modo di lavorare quotidiano e creare nuovi modelli di
business.
‘Talk digital’: proponiamo nuovi strumenti, una nuova in-
tranet, internet, social al passo con i tempi. Cambiamo il
modo di lavorare in modo più agevole, cerchiamo nuovi
modi di comunicare in azienda.
‘Be digital’: abbiamo sinora detto che la tecnologia è
pronta, ma le persone? Mi riferisco alla capacità dei
nostri colleghi di essere ambasciatori digitali all’interno
delle loro aree.
È un percorso che va agito in due direzioni, top down
e bottom up. Non possiamo pensare di mettere in atto
una strategia digitale concentrandoci solo sulla tecnolo-
gia. È banale dire che le persone devono essere al cen-
tro di questo importante processo di innovazione. Meno
banale è mettere concretamente in campo un’attività
che ha coinvolto, fino a oggi, alcune migliaia di persone
in Italia e in Spagna e che in poco tempo coinvolgerà
tutti i Paesi in cui siamo presenti: circa 70mila persone.
Digital Transformation vuol dire realizzare servizi digi-
tali, senza modificare il modello di business. Lo step
successivo è la Digital Revolution, capire cioè se pos-
siamo implementare, grazie all’utilizzo delle tecnologie
digitali, nuovi modelli di business che ci consentano di
essere competitivi su mercati vecchi e nuovi. Vista la
portata della sfida abbiamo deciso di lanciare un ‘digital
assessment’. Il nostro obiettivo consiste nell’identificare
i ‘Digital Champion’ in tutte le aree aziendali, comprese
quelle operative e di business, che oggi non cono-
sciamo e che presto saranno coinvolti nei progetti digi-
tali. Nel primo pilota abbiamo già identificato oltre 150
digital champion e facendo le debite proporzione c’è un
potenziale enorme. Una grande quantità di energia in-
terna da liberare. Si tratta di un approccio coerente con
la visione di In e Open Innovation che oltre a guardare
fuori coinvolge anche le potenzialità interne.
Come farete nel tempo a mantenere coinvolti i digi-
tal champion che avete già identificato e quelli che
scoprirete in seguito?
È nostra intenzione coinvolgere i digital champion su
due fronti ben distinti. Il primo riguarda i progetti ICT che
richiederanno sempre più un approccio ‘agile’ con forte
coinvolgimento delle linee di business per tutta la loro
durata. Dobbiamo trasformare rapidamente la nostra
‘software factory’ abbandonando la metodologia wa-
terfall per abbracciare l’approccio prototipale iterativo.
Ossia da logica di prodotto a logica di servizio. E per fare
questo servono competenze e persone capaci di agire
quotidianamente immersi in un hackathon semi-perma-
nente. Il secondo è un programma di reverse mento-
ring. Le nuove tecnologie mutano il modo di gestire i
servizi, progettare, produrre, organizzare, comunicare,
promuovere. Soltanto un buon livello di integrazione e
di skill digitali permettono l’implementazione delle nuove
tecnologie che determina un cambiamento nel ‘modus
operandi’. I nativi digitali aiutano i senior, tipicamente
con una lunga esperienza lavorativa, a familiarizzare con
la tecnologia confrontandosi su diversi topic.
Tutto questo che riflessi avrà sul cliente di Enel?
Il Digitale è un elemento che ormai fa parte della vita
quotidiana, cosi come i temi social, che le aziende
stanno utilizzando in maniera massiva per realizzare
quella che è una relazione più stretta con i clienti e
mettere a valore le informazioni di cui dispongono. Le
aziende devono confrontarsi con questa nuova realtà
‘disruptive’. Oggi i nostri competitor non sono più solo
le aziende produttrici e distributrici di energia elettrica,
la rivoluzione digitale porta con se nuovi competitor. Di-
gital player come Google o Amazon stanno entrando in
maniera prepotente nel mercato dell’energia. Ci entrano
con la potenza del digitale, arrivano con nuovi servizi e
modalità che noi sino ad ora non abbiamo sviluppato,
capaci di raggiungere i propri clienti in modo semplice e
diretto. Chi vincerà questa sfida? Chi saprà farsi trovare
pronto a offrire elementi nuovi con servizi sempre più
innovativi ed in grado di disintermediare la complessità.
Abbiamo la necessità di affiancare ai servizi tradizionali
nuovi servizi a valore aggiunto per i nostri 62 milioni di
clienti. Il successo richiede agilità, voglia di sperimen-
tare, adattarsi, collaborare, i vincitori non fanno le cose
in modo diverso, fanno le cose diverse.
novembre-dicembre 2015 21
Basti pensare che oggi Enel è una realtà ben diversa
dall’azienda che era in passato: il 55% delle attività è
all’estero e non produce, distribuisce e vende sola-
mente energia elettrica. Pensiamo per esempio alla co-
struzione delle rete a banda ultralarga che fino a pochi
mesi fa non faceva parte del nostro business. Abbiamo
incubato una delle più grandi aziende al modo di produ-
zione di energia da fonti rinnovabili: Enel Green Power.
Un’azienda che sta portando energia, democrazia,
sviluppo sociale ed economico con progetti innovativi
di generazione distribuita o microgrid in molti Paesi
emergenti dove è impensabile proporre paradigmi di
sviluppo energetico tradizionali oggi non più sostenibili
dal punto di vista economico e ambientale. Nei mercati
maturi, siamo già alla seconda generazione dei Conta-
tori Elettronici, che inizieremo a installare a partire da
metà del 2016, sostituendo dopo 15 anni quelli di prima
generazione e grazie ai quali potremo proporre nuovi
servizi per abilitare l’efficienza energetica e il consumo
consapevole. Si tratta di un’ eccellenza tutta italiana che
stiamo esportando nel mondo.
Cosa sarà Enel nel 2020 e di conseguenza cosa di-
venterà l’IT dell’azienda?
Enel sarà un’azienda digitale, innovativa e sostenibile,
dove l’IT come lo conosciamo oggi non ci sarà più, ma
sarà sostituita da un Broker di Servizi. I solution center
specializzati sui processi e sistemi di business, come
le rinnovabili, il trading, la gestione delle reti di distribu-
zione, i mercati, saranno totalmente integrati nelle aree
di business. L’information technology è destinata a fon-
dersi con le operation grazie all’Internet of Everything.
L’IT sarà quindi una linea di business perché intima-
mente legata al servizio che abilita. Inoltre, non si oc-
cuperà solo di tecnologia, il cloud è una complessità
da gestire anche a livello legale e normativo e i player
che entreranno in gioco saranno molto diversi da quelli
di oggi. La capacità di cambiare, innovare e rinnovarsi
farà la differenza. Il nostro obiettivo è quello di costru-
ire una ‘learning organization’. Non basterà più essere
creativi, a fare la differenza saranno/sono tre ingredienti
tutti insieme: creatività (tante idee) + appeal (interesse/
maturità) + execution (accelerazione e velocità nell’e-
secuzione).
Ci troviamo ora nella fase cruciale dell’execution, dove
un’ottima strategia eseguita male non ci porta nessun
vantaggio. La strategia fa parte delle cose necessarie, si
coniuga con gli obiettivi di gruppo, non avrebbe senso
una strategia ICT svincolata dal contesto complessivo.
Poi c’è il mondo del possibile, ci sono le persone, con
la loro proattività, creatività e passione. Tutti sono chia-
mati a contribuire. Per questo dico che avremo sem-
pre più bisogno di persone che hanno voglia di uscire
dalla zona di comfort, che sappiano prendere rischi,
perché dietro ogni potenziale rischio si nascondono
anche grandi opportunità. Abbiamo bisogno di conta-
minazione e che le idee circolino liberamente. Quindi
cominciamo con il realizzare il necessario, poi ciò che è
possibile e all’improvviso ci sorprenderemo a fare l’im-
possibile. Proprio da questa prima esperienza è nato il
nuovo modello di relazione e interlocuzione con i forni-
tori: modello che stiamo estendendo ad altri player che
hanno le medesime caratteristiche.
Abbiamo di fronte a noi, nelle nostre mani, una grande
occasione di fare le cose in un altro modo. Sono sicuro
che sapremo coglierla.
Non si può non notare come oggi l’IT di Enel stia
facendo anche un importante lavoro di comunica-
zione. Se lo aspettava?
È assolutamente vero, lo sforzo di comunicazione che
oggi facciamo è enorme, sia al nostro interno sia verso
l’esterno. In genere le comunità IT sono sempre molto
chiuse, c’è molta resistenza a scambiare informazioni,
ma ormai non c’è più nessun vantaggio competitivo
nel mantenere questo atteggiamento. Molti CIO di
aziende italiane non hanno fatto esperienze ‘contami-
nanti’ anche solo nelle aree di business della propria
azienda e per diversi motivi l’atteggiamento prevalente
è quello di rimanere nel proprio alveo per la maggior
parte della propria vita professionale. Penso che anche
questo modo di essere sia destinato a essere travolto
dalla trasformazione e dalla rivoluzione digitale. La co-
municazione rappresenta quindi l’elemento essenziale
per mettersi in gioco e per condividere la concretezza
di quello che si vuole ottenere. È una strada obbligata.
Dico sempre a chi lavora con me: dobbiamo avere
l’ambizione di costruire insieme un moto al luogo collet-
tivo fuori dal comune. Ovvero costruiamo insieme ogni
giorno qualcosa in cui crediamo che va al di là delle
nostre necessità di oggi; dobbiamo pensare alle gene-
razioni future, a chi verrà dopo. Solo in questo modo
chi verrà dopo di noi potrà trovare come dotazione un
patrimonio per provare a migliorarlo ulteriormente.
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