Capitolo 25
.
Come ogni sera X stava tornando pigramente a casa.
Dopo un giorno di lavoro nei pochi cantieri di mastro Wren che erano ancora
aperti non era troppo stanco e gli piaceva fare due passi e guardarsi intorno,
guardare le case, pensare a come le avrebbe restaurate, rifatte, buttate giù e
ricostruite. . .
X al momento non aveva famiglia. Riteneva di essere troppo giovane, per
preoccuparsi di quello, e troppo impegnato nell'apprendere l'arte dell'architetto.
Lavorava sodo, e mastro Wren lo aveva in stima, e allora lui lavorava più sodo.
No, una famiglia sarebbe stata di impaccio. Per certe necessità bastavano le
puttane, ogni tanto. La famiglia sarebbe venuta dopo, quando fosse diventato
famoso. E, ovviamente e inevitabilmente, ricco.
All'angolo di Blackraven Alley gli parve di rivedere sfrecciare il solito bam-
bino di tre isolati prima. Probabilmente si sbagliava. Quei bambini parevano
tutti uguali, piccoli magri e coperti di stracci. E poi le strade erano piene di
bambini. Ce n'era anche un altro con dei denti sporgenti che pareva un topo,
che stava accoccolato per terrà e o guardava con occhi vuoti. Poveri ri�uti della
società. Non avevano alcuna speranza. Erano sopravvissuti alla peste per nien-
te, perchè sarebbero comunque �niti male, e presto. Lui invece no: sopravvivere
alla peste, che se ne era portati via tanti anche nel cantiere, era stato un altro
segno che lui era destinato alla grandezza.
Tirò dritto per Thames Street. Dopo un po' arrivo all'inizio di quel quartiere
sedicente tale che era Eastcheap. Lì il puzzo omnipresente di Londra cambiava
di tonalità, prendendo una nota dolciastra, dovuta alle frattaglie in decompo-
sizione. Dio che schifo di posto, veramente abominevole. Non si capacitava di
come si potesse essere giunti ad un simile degrado. Proprio in quella che stava
diventando la città più importante del mondo.
Le stesse vecchie case stavano lì da generazioni. Avevano visto la storia, di
certo erano lì al tempo della Morte Nera, quasi due secoli prima. E in quanto
fatte di legno non di qualità, e di malta ancora peggiore, erano storte, pericolanti
e marce. E lì miriadi di disgraziati si intestavano a vivere, in assenza di qualsiasi
forma di igiene, pigiati come sardine salate in un barile, e in mezzo ai topi.
Dipendesse da me � pensò X � saprei bene che fare. Guardò i muri con le
travi tarlate, e la paglia impastata con fango. Guardò i tetti, coperti da uno
spesso strato di canniccio di �ume, secco d'estate, mu�oso d'inverno. Basterebbe
una torcia e il vento giusto e sparirebbe tutto in cenere, muri, tetti, spazzatura e
topi. Probabilmente anche un bel po' di abitanti. Ma che ci si può fare, ogni cosa
ha il suo prezzo. E poi non sarebbe certo andati a star peggio, data la vita che
facevano, il Buon Dio si sarebbe preso cura di loro. E su quella distesa fumante
di ceneri che sarebbe rimasta, maestro Wren, e lui, il suo primo e brillante
aiutante, avrebbero saputo ricostruire una Londra splendida, con monumenti,
chiese, palazzi che avrebbero lasciato i Francesi a bocca aperta. E sarebbe anche
girati un bel po' di quattrini.
Era giunto a un crocicchio, davanti al negozio di fornaio, ormai chiuso data
l'ora tarda. Non c'era nessuno in vista. Si avvicino a un muretto e pisciò con
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sollievo, e anche con un senso di spregio. Quel quartiere era una latrina, e come
tale doveva essere usato.
F inito di orinare X si rassettò, si dette un'ultima occhiata intorno, e scosse
la testa sconsolatamente.
Si era fatto tardi. E lo aspettava una bella camminata, per tornare indietro,
anche senza andare oltre.
E magari, se a�rettava il passo, avrebbe fatto a tempo a trovare ancora
aperto quel locale di Thames Street, e a regalarsi una birra. Che indubbiamente
meritava.
Fece dietrofront, e si rimise in marcia.
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