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TRE IDEE CHE CI HANNO SEDOTTO PROLOGO Questo libro indaga in modo critico tre idee potenzialmente ingannevoli. La prima credenza è che la maggior parte dei processi psicologici sia ampiamente generalizzabile, ossia applicabile su vasta scala. I quattro termini di uso comune che sono impiegati in modo talmente astratto da risultare quasi inutilizzabili sono paura, coscienza, intelligenza e carattere. Una seconda idea è il determinismo della prima infanzia, in virtù del quale si ritiene che alcune esperienze avvenute nei primi due anni di vita siano conservate per un tempo indefinito. Esistono tre motivi per cui continua ad esistere il determinismo:

1- crea l’illusione del meccanicismo 2- conferisce utilità alle prime azioni dei genitori 3- è in accordo con l’egualitarismo.

L’ultima idea fa riferimento al fatto che la maggior parte delle azioni umane è motivata dal desiderio del piacere sensoriale. CAPITOLO PRIMO L’ENTUSIASMO PER L’ASTRAZIONE Ciò che distingue il linguaggio scientifico della maggior parte dei discorsi comuni è l’uso delle parole per descrivere avvenimenti ipotetici, non percepiti direttamente ma miranti a spiegare quelli che invece sono oggetto di esperienza diretta. Spesso queste parole non precisano informazioni essenziali come il tipo di agente, la situazione in cui esso si trova, le fonti di prova usate per l’attribuzione, tutti fattori fondamentali per la comprensione. Questi scienziati si rifiutano tenacemente di sostituire la singola parola astratta con un insieme di termini connessi, ma specifici, che descrivono la natura in modo più fedelmente. A questo entusiasmo per l’astrazione si sono opposi Whitehead e Wittegestein i quali affermavano che ogni descrizione di un fenomeno dovrebbe riferirsi sia all’evento sia alle circostanze dell’osservazione. Questo capitolo prende in esame quattro concetti psicologici diffusi ma controversi che illustrano la tendenza alla sovra generalizzazione ambiziosa: paura; coscienza; intelligenza e carattere; ciascuna parola è un’astrazione dietro la quale si nascondono fenomeni diversi. Paura e ansia La maggior parte dei ricercatori che studiano l’ansia o la paura utilizza questionari standard o interviste per decidere quali soggetti sono ansiosi o paurosi. Un numero più esiguo domanda agli amici intimi o ai parenti di ciascun soggetto di valutare il livello di ansia di quella persona. Un gruppo ancora più ristretto misura la frequenza del battito cardiaco, la pressione sanguigna dei soggetti. Sfortunatamente queste tre fonti di dati raramente coincidono. Gli eventi storici hanno logorato l’antica distinzione tra paura e ansia. I due stati emotivi non differiscono solo per intensità e qualità, ma anche nel contenuto delle riflessioni riguardo al futuro. L’eliminazione della barriera semantica tra paura e ansia ha una storia complessa. La paura aveva maggiore risalto nell’Europa cristiana in epoca medievale, a causa della preoccupazione destata da Dio. Secondo una prospettiva moderna invece la paura limita la capacità d’amare. Dobbiamo essere grati a Freud per questa scoperta perché fu lui a distinguere la paura suscitata da un pericolo dall’ansia derivante dall’anticipazione di uno possibile e riconobbe in quest’ultima la causa di tutte le nevrosi. L’ansia per lui non era una emozione necessaria e chiunque poteva liberarsene. Dobbiamo invece a Darwin la scoperta che gli animali si comportano come se avessero paura ma non come se fossero ansiosi. Quindi la paura fu naturalizzata mentre l’ansia no. Con il comportamentismo invece la paura fu considerata come negativa ma naturale. Questa è più difficile da eliminare. Ancora oggi per gli psicologi e psichiatri l’ansia è considerata malsana e innaturale. Questa concezione però non può essere corretta. Nel corso del novecento altri fattori hanno contribuito a confondere i concetti di paura e ansia ad esempio i farmaci ansiolitici si sono dimostrati efficaci sia per le persone spaventate che quelle ansiose. Se la paura e l’ansia fossero due stati così diversi questi farmaci non

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dovrebbero funzionare in entrambi i casi. Sono stati condotti in laboratorio molti esperimenti sugli animali ad esempio è stata indagata una reazione di freezing (irrigidimento) nei topi e lo startle (sussulto del corpo) quest’ultimo è minore quando la scossa è maggiore questo perché in caso di scossa forte viene attenuato. La parola paura è stata usata in due accezioni diverse: per gli uomini è un’esperienza cosciente soggettiva; per gli scienziati è un costrutto ipotetico. Si possono riconoscere tre origini diverse della paura:

1- stimoli in grado di produrre una risposta in assenza di apprendimento 2- avvenimenti discrepanti 3- condizionamento classico

queste fanno riferimento a circuiti biologici diversi. Coscienza La recente profusione di scritti sulla coscienza è un motivo valido per scegliere questo termine come secondo esempio dei problemi conseguenti all’uso disinvolto delle parole nell’ambito della psicologia. Anche le la maggior parte di azioni pensieri e umori è il prodotto di processi che non raggiungano la coscienza, una delle funzioni di quest’ultima è di imporre un’interpretazione al flusso ininterrotto di informazioni che, alla fine, raggiungono la consapevolezza. Un solo termine non è in grado di cogliere i molteplici fenomeni che la parola coscienza riunisce insieme. Il fatto che pazienti con lesioni cerebrali riescano a distinguere diverse immagini quando affermano di non vedere niente conferisce un significato speciale all’essere consapevoli. Un secondo esempio ci viene dagli studi condotti su un adulto con lesioni cerebrali. Dennett afferma che la coscienza non sia collegata ad una unica parte del cervello ma dia piuttosto il risultato di un numero di circuiti cerebrali in competizione. Per Dennett il linguaggio è la competenza fondamentale che fornì il vantaggio biologico agli esseri umani ma anche la dote naturale cruciale per la coscienza. Edelman ha distinto tra la coscienza primaria, caratterizzata da una categorizzazione del presente contigua al confronto con il passato e una coscienza di ordine superiore che coinvolge il linguaggio. Gli eventi espressi con il termine coscienza dovrebbero dividersi in concetti con nomi diversi: consapevolezza sensoriale = consapevolezza di sensazioni presenti all’esterno e all’interno del corpo. Consapevolezza cognitiva = riflessione sulle proprie esperienze e pensieri. Può coinvolgere le immagini ma più spesso si basa sulle parole. Consapevolezza di controllo = consapevolezza della capacità di scegliere un particolare comportamento e il controllo delle azioni e emozioni. Consapevolezza delle caratteristiche del sé = consapevolezza di alcune categorie simboliche che applichiamo al sé. E’ probabile che queste quattro tipi di coscienza non si siano evolute simultaneamente. E’ possibile avere prove a sostegno dell’ipotesi che esistano diverse forme di coscienza. Infatti se le diverse forme di coscienza si basano su pattern neurochimici diversi è ragionevole sostenere che non c’è una sola coscienza, ma molte. Intelligenza Ogni società inventa parole nuove per descrivere la varietà delle doti naturali che per qualche ragione sono più apprezzate in un dato periodo. Non è dunque possibile stabilire una data certa per l’origine dell’idea di intelligenza come continuum. Le idee che l’intelligenza è ereditaria e può essere misurata oggettivamente sono attribuite a Galton che usò l’espressione <abilità generali> e non intelligenza. In società rurali la velocità con cui si apprendevano le abilità non era importante. Nel XIX secolo però l’industrializzazione creò un insieme di condizioni particolari: alcuni nuovi compiti richiedevano molta più abilità che in passato. Gli amministratori riconobbero la necessità di un’educazione formale destinata alla maggior parte dei bambini e questa mise in evidenza le differenze nelle capacità dei bambini. La società occidentale chiamò questa realtà intelligenza. I test di abilità generali ideati da Galton non predicevano il successo nella vita.

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Anche se quel fallimento avrebbe dovuto porre fine al concetto stesso di intelligenza esso non fu abbandonata perché la società aveva bisogno di un modo per spiegare il perché alcuni bambini erano più abili di altri. Binet si rese conto che i test di memoria, apprendimento e ragionamento, che si avvicinavano di più alle doti necessarie al successo scolastico sarebbero stati migliori predittori di difficoltà dell’apprendimento scolastico. E aveva ragione. I problemi che Binet mise a punto nel 1905 con Theodore Simon costituiscono l’origine del test di intelligenza moderno. Altri scienziati dopo di loro si occuparono del significato e l’origine dei fenomeni che venivano misurati attraverso i test di intelligenza. Due figure più importanti furono Spearman e Thurstone. Il primo credeva che una capacità unitaria di ragionamento fosse il nucleo dell’intelligenza. Il secondo invece sosteneva che gli individui si differenziavano secondo sette abilità distinte. Il descrittore intelligenza i trova di frequente in affermazioni che sono indifferenti all’età e al retroterra della persona o al presupposto probatorio dell’attribuzione. Il termine intelligenza, privo di specificazioni, è ingannevole perché consente ai lettori di imporre una serie di interpretazioni diverse alle affermazioni nelle quali è contenuto. Perché è così difficile eliminare la parola intelligenza? Due spiegazioni:

1- le famiglie differiscono nell’incoraggiare i figli all’apprendimento scolastico e i bambini che sono stati incoraggiati sin dall’inizio saranno molto più motivati a perseguire il successo negli studi.

2-Si riscontravano effetti genetici sull’abilità cognitiva generale. EPISTASI = interazione tra i geni dell’individuo. H (al quadrato) = grado di ereditarietà. L’ereditarietà è più alta quando c’è un’ampia quota di variabilità nelle caratteristiche di interesse. Se la variabilità è minima l’ereditarietà sarà per forza di cose bassa. Perciò l’ereditarietà del QI è alta quando il campione studiato contiene alcuni individui con punteggi molto alti e alcuni individui con punteggi molto bassi, mentre è bassa se tutti i soggetti hanno un punteggio di QI compreso tra 95 e 105. insiemi differenti di geni sono responsabili di diversi livelli di intelligenza. La maggior parte degli esiti in natura è influenzata dalle interazioni tra la biologia dell’animale e il contesto in cui vive. Il contesto di allevamento della prole ha un effetto notevole su tutti i comportamenti geneticamente influenzati. Tre esperimenti:

1- bambini fenilchuetonurici 2- figli di consumatrici di cocaina 3- figli di genitori con difficoltà economiche e poco istruiti.

Quando una persona si trova di fronte ad una parola familiare o nuova si crea uno stato cerebrale particolare. Gli scienziati hanno scoperto che la memoria non è una dote naturale unitaria, ma una varietà di processi psicologici distinti.un processo ri riferisce alla rievocazione cosciente di fatti chiamata memoria dichiarativa all’interno di questa c’è una distinzione importante tra il ricordo cosciente di fatti o avvenimenti isolati chiamata memoria semantica e il ricordo cosciente del luogo o del momento in cui il fato fu appreso o l’evento accadde memoria episodica. I circuiti neurali che mediano la memoria semantica e quella episodica sono diversi. Una seconda forma di memoria è la capacità di ricordare vecchie abitudini motorie chiamata memoria procedurale.

Un terzo tipo è detta memoria implicita. E’ importante infine la distinzione tra memoria a breve termine e memoria a lungo termine. Nella memoria a breve termine l’individuo deve ricordare l’informazione per un breve intervallo. La memoria a lungo termine si riferisce al ricordo di informazioni acquisite nel passato remoto. Il test di intelligenza valuta solo la memoria dichiarativa semantica relativa a fatti e non valuta la memoria episodica, implicita o procedurale. Anche il concetto di attenzione inizialmente è stato considerato come unitario. Se la memoria e l’attenzione, che sono entrambe componenti fondamentali dell’intelligenza devono essere scomposte in competenze separate allora il concetto di intelligenza non può essere un costrutto utile.

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La classe sociale dei genitori e il punteggio di QI dei bambini sono sempre correlati uno con l’altro e con il successo professionale della nostra società, e questi fattori interagiscono reciprocamente. La classe sociale del padre è un miglior predittore del futuro successo professionale del bambino rispetto al suo QI all’età di quattro anni. La mente umana è naturalmente portata a pensare che il mondo consista di diposizioni uniche di elementi stabili che costituiscono le essenze degli oggetti. Il concetto di intelligenza generale è di una semplicità estrema. Il numero di abilità cognitive umane include la percezione di svariate modalità, di processi di memoria distinti, immaginazione, inferenza, deduzione, valutazione e acquisizione di nuove conoscenze. Tutta questa straordinaria diversità è ignorata quando si crede all’esistenza di un’intelligenza generale. La descrizione <altamente intelligente>, sostiene Neisser, riflette il confronto tra una particolare persona e tutte le altre della stessa età e della stessa cultura, testate nella medesima epoca storica. David Wechsler = l’intelligenza di una persona deve essere compresa nel contesto di una particolare cultura. Carattere La credenza che i bambini ereditino fisiologie che influenzano lo sviluppo di particolari profili psicologici si fonda su tre osservazioni:

1- i fratelli cresciuti dai medesimi genitori, nella stessa casa e nello stesso quartiere, di solito sono diversi per motivazioni, stati d’animo e attitudini;

2- i gemelli identici, separati alla nascita e cresciuti in case diverse, si assomigliano fra loro molto più strettamente di quanto ci si potrebbe aspettare

3- correlazioni tra particolari qualità emotive e comportamentali da una parte, e caratteristiche fisiologiche dall’altra, sottintendono l’influenza di geni.

Vari esperimenti hanno dimostrato che i bambini hanno una neurochimica differente nelle strutture limbiche che mediano reazioni di evitamento delle novità. Questo porta a bambini con alta o bassa reattività. I primi sono bambini inibiti mentre i secondi no. I bambini piccoli ad alta reattività che non sono diventati coerentemente inibiti possono avere in sé un <potenziale> che li renderà timidi e apprensivi nell’adolescenza; la loro timidezza può essere cioè in remissione. Quando si assegnano descrittori di carattere è importante specificare l’età del bambino. Le prime parole scelte per denominare i fenomeni naturali sono sempre troppo generiche. I primi segni di sfaldamento della fiducia nella capacità delle parole di descrivere i fenomeni si manifestarono all’inizio del XVIII secolo quando gli studiosi di medicina si resero conto che tutte le affermazioni sono probabilistiche. Jeffrey Gray � SISTEMA DI ACCESSO COMPORTAMENTALE (BAS) = organizza le azioni dirette al raggiungimento di un evento desiderato. L’entusiasmo per gli attributi astratti deriva la sua forza da un assunto diffuso nella storia della filosofia occidentale, privilegiato anche da Russel, secondo il quale ciascun oggetto, e per inferenza ciascuna persona, può essere visto isolatamente come un’entità dotata di un insieme di proprietà essenziali che non è alterato dalle circostanze in cui l’oggetto, o la persona è osservato. Se desideriamo poter fare affermazioni più significative sul comportamento, dobbiamo specificare la classe di agente e il tipo di situazione in cui i processi psicologici hanno luogo. CAPITOLO SECONDO IL FASCINO DEL DETERMINISMO DELLA PRIMA INFANZIA Ogni società si interroga sulle cause delle variazione esistente fra i suoi membri. Sin dall’inizio del Settecento autori europei e americani hanno sostenuto che le abitudini acquisite attraverso gli avvenimenti della prima infanzia non possono essere cancellate. Geoffrey Gorer affermò che tutte le abitudini vengono stabilite attraverso ricompense e punizioni differenziali inoltre affermò l’influenza decisiva delle prime esperienze queste hanno importanza fondamentale. Michael Lamb e Marc Bornstein � gli eventi della prima infanzia sono importanti perché danno inizio a processi multipli di sviluppo. Attraverso lo studio della prima infanzia noi impariamo

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qualcosa sui processi e le esperienze che hanno conseguenze a lungo termine per lo sviluppo psicologico. Ogni esperienza produce un cambiamento fisico permanente in qualche punto del sistema nervoso centrale, e perciò le prime esperienze costituiscono l’impalcatura del pensiero e del comportamento futuro del bambino. Le prime esperienze hanno una priorità decisiva nel determinare la forma e la qualità della vita emotiva e mentale dell’adulto. Cervello neonato � metafora nastro vergine. Niles Eldredge e Stephen Gould affermarono che la comparsa di una nuova specie può avvenire in un arco di tempo relativamente breve. Le nuove scoperte della genetica mettono in dubbio anche il presupposto del determinismo della prima infanzia. Gli psicologi deterministi hanno assunto che ogni bacio, abbraccio, ninna nanna o rimprovero alterano il cervello del bambino in modi che ne influenzano il futuro. Ma se lievi cambiamenti nelle sinapsi sono privi di conseguenze funzionali, allora ogni sorriso che si rivolge al bambino non deve essere considerato come un deposito bancario che accumula dividendi psichici. L’idea dell’esistenza di un periodo critico ha un significato preciso negli animali (es. imprinting). Il concetto di periodi critici conquistò l’immaginazione di alcuni psicologi dello sviluppo, i quali postularono l’esistenza di tali periodi anche nello sviluppo umano. Marshall Klaus e John Kennell � affinchè lo sviluppo possa procedere normalmente, il legame madre-bambino deve attuarsi entro le prime ore critiche, successive alla nascita. Alcune dimostrazioni di plasticità nello sviluppo indussero gli psicologi a sostituire il concetto di periodo critico con quello meno rigido di periodo sensibile. Questa denominazione implica che, per ciascuna importante funzione umana, esiste un periodo ottimale durante il quale certe esperienze sono le più benefiche. L’idea dell’esistenza di un periodo sensibile ha un richiamo intuitivo ed è quasi impossibile da confutare. Il concetto di periodo critico sta tornando in uso nel settore dell’educazione. Esiste la necessità di un intervento di supporto prima che bambini provenienti da famiglie povere entrino a scuola, si dovrebbe persuadere le madri a adottare con regolarità le abitudini dei genitori della classe media. Questo non si può fare per tre motivi:

1- la vergogna e la colpa hanno perso gran parte del loro potere 2- le madri economicamente svantaggiate che si sentono oppresse dalla maggioranza della

società sono diventate arrabbiate 3- la decisione di indurre vergogna o senso di colpa implica il giudizio che le madri siano

moralmente incapaci. Un approccio molto più benevolo riconosce che le madri povere amano i loro bambini, ma ignorano le basi dello sviluppo umano. Per rendere più incisivo il messaggio, gli educatori hanno sfruttato l’attuale prestigio delle neuroscienze e hanno detto che i primi due anni di vita del bambino sono un periodo critico. L’istruzione e il reddito dei genitori, il luogo di residenza, i valori del gruppo di appartenenza e la qualità della scuola frequentata sono tra le più importanti determinanti della successiva riuscita scolastica. Il miglior predittore per comprendere se i bambini avranno problemi scolastici è la classe sociale delle famiglie. Il successo di ogni individuo o specie in un dato luogo dipende non solo dai suoi geni e dalle sue caratteristiche biologico-comportamentali, ma anche dalle capacità degli altri individui o specie, nella medesima nicchia ecologica, con cui il soggetto è in competizione. Attaccamento e incertezza L’attuale preoccupazione per l’attaccamento del bambino piccolo ai genitori richiede una salda fede nella concatenazione, nei periodi sensibili e nella significatività dei primi legami sociali. Né Montaigne, né Darwin si preoccupò di osservare che il legame emotivo con la madre riveste un significato speciale. Leon Battista Alberti credeva che l’esempio del comportamento paterno decidesse se il bambino sarebbe diventato un adulto virtuoso. John Robinson era certo che i bambini avessero molto più bisogno della severità che non dell’amore dei genitori; pertanto l’influenza paterna sui figli era assai più significativa di quella materna.

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La convinzione di Bowlby che l’attaccamento sicuro del bambino alla madre ne influenza la vita futura ha persuaso la mente e il cuore di genitori e psicologi. In parte l’entusiasmo crescente suscitato dalla teoria dell’attaccamento è stato una reazione comprensibile all’eccesso di crudeltà della Seconda guerra mondiale. L’intuizione creativa di Erik Erikson di sostituire la fase orale di Freud con uno stadio di fiducia, soddisfaceva questo desiderio di immaginare un bambino più umano. Bowlby ebbe la sensazione che l’angoscia della sua epoca storica derivasse dalla rottura dei legami familiari e sociali, e suppose che l’attaccamento sicuro del bambino ad un genitore lo proteggesse dalla paura e lo vaccinasse contro le difficoltà future. Uno dei temi atipici dei giorni nostri è la spiritualità. Una ragione del recente interesse verso la spiritualità è che la sua origine nell’intuizione è radicalmente diversa da quella razionale e sperimentale della scienza, e per questo genera emozione. Un secondo cambiamento storico che ha contribuito alla nuova curiosità per il volto spirituale dell’umanità è che molte scoperte nel campo della biologia molecolare e delle neuroscienze sembrano automatizzare i processi umani e derubarli da una parte di mistero su cui si basa il potere emozionale. La misurazione dell’attaccamento Il test di riferimento per misurare la qualità dell’attaccamento in bambini di uno-due anni, ovvero la strange situation è basato sulla presupposizione di Bowlby che la funzione principale di chi accudisce il bambino consiste nel ridurne la paura. In questa procedura la madre e il bambino entrano in una stanza di laboratorio. In seguito, la madre esce e rientra ripetutamente. Se il bambino manifesta leggeri segni di stress quando la madre se ne va, ma è facilmente rasserenato quando ella ritorna, si dice che è attaccato in modo sicuro. Ma se il bambino appare indifferente all’allontanamento della madre, e la ignora quando ritorna, o se manifesta segni di stress e non è facilmente rasserenato dal suo ritorno, allora si dice che è attaccato in modo insicuro. Ci sono diverse ragioni per dubitare di queste conclusioni. La prima è che la ricerca originaria che suggeriva una relazione tra la sensibilità materna e l’attaccamento sicuro era basata sull’osservazione di ventitre bambini dei quali solo sette erano classificati come attaccati in modo insicuro. Una seconda fonte di dubbio è che le classificazioni di attaccamento non sono molto stabili in intervalli di tempo brevi come sei mesi. Un terzo motivo è che tale asserzione è priva di ragionevolezza. Nell’originale ricerca di Mary Ainsworth, l’eccessiva irritabilità a casa era il miglior predittore di un attaccamento ansioso-ambivalente. Il comportamento non era tanto correlato alla sensibilità della madre ma al carattere del bambino. Vi sono dunque molte ragioni per dubitare della pretesa che il comportamento di un bambino di un anno nella strange situation colga adeguatamente la complessità della sua relazione emotiva con i genitori nel corso dei primi dodici mesi di vita. Questa conclusione lascia gli psicologici nella scomoda posizione di credere nell’utilità del concetto di attaccamento, ma di non avere un metofo per misurarlo. Alcuni psicologi si sono convinti che, con il tempo, la natura dell’attaccamento si trasformi in un insieme di credenze (working model) che può essere individuato domandando agli adulti di abbandonarsi ai propri ricordi della prima infanzia. Alcuni teorici dell’attaccamento ammettono che l’attaccamento più o meno sicuro a un anno di età può essere modificato dalle esperienze. La difficoltà di rifiutare il determinismo La mancanza di una visione comune tra medici, umanisti o scienziati per quanto riguarda i legami specifici tra una determinata qualità e particolari esperienze della prima infanzia rende impossibile sia rifiutare le affermazioni dei deterministi sia dimostrarne l’esattezza. Così gli psicologi restano nell’infelice posizione di dover sospettare che alcune parti di vita, senza però sapere con certezza quali aspetti di quel profilo sono più strettamente legati al passato. La prova più persuasiva a favore del determinismo della prima infanzia viene da esperimenti condotti su animali da laboratorio (es. i ratti).

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I tenaci difensori del determinismo della prima infanzia sostengono che una sequenza temporale di prodotti dello sviluppo, con probabilità transazionali relativamente alte fra gli stadi, conduce a una particolare risultato nell’adolescenza e nell’età adulta. L’assunzione è che tutte le strutture acquisite nel primo stadio influenzano le successive. Tuttavia in molte sequenze naturali, il primo stadio può essere modificato senza necessariamente cambiare il risultato finale. Nonostante le pochissime ricerche longitudinali che hanno seguito dei bambini dalla prima infanzia fino all’età adulta, i pochi ricercatori che hanno svolto questo tipo di lavoro non sono riusciti a trovare prove convincenti in favore del determinismo. Varie prove mettono in evidenza l’infondatezza del pessimismo sul futuro del bambino che abbia trascorso il primo anno di vita in un ambiente non proprio ottimale. Rutter � traumi sono reversibili. L’esperienza interpretata dal bambino Nessuno scienziato ha dimostrato che esperienze particolari avvenute nei primi due anni di vita producano un determinato effetto nell’età adulta, nemmeno in un quinto degli individui. I pochi predittori efficaci di psicopatologia adulta sono associati molto più strettamente alla biologia del bambino e all’appartenenza continuativa a una particolare classe sociale, piuttosto che a specifiche esperienze nei primi anni di vita. Nessuno mette in dubbio l’influenza delle esperienze neonatali; ciò che è controverso è la fissità di questi primi profili. I sostenitori della concatenazione credono che alcune di queste aspettative e reazioni emotive della prima infanzia non saranno né trasformate né eliminate dagli avvenimenti successivi. Questa affermazione è discutibile. Il più importante argomento contrario alla dottrina del determinismo della prima infanzia, sono influenzati in primo luogo dagli avvenimenti che sono diversi, o discrepanti, rispetto alla loro esperienza consueta, piuttosto che da particolari azioni degli adulti. Gli avvenimenti discrepanti diventano critici nel terzo e quarto anno, quando i bambini cominciano a interpretare le proprio esperienze. Il tentativo di capire in quale modo la mente umana venga cambiata dall’esperienza ha oscillato ciclicamente fra due posizioni. A un capo si colloca John Locke, che fece dell’esperienza sensoriale l’attore e della mente del bambino il registratore passivo degli eventi. All’altro capo si colloca Kant, che fece dell’individuo l’attore e degli avvenimenti un’esposizione passiva da cui la mente seleziona le caratteristiche su cui fissarsi. John Watson e Sigmund Freud presero il posto di Locke e Kant. Il comportamentista Watson ridusse la mente a un’entità quasi insignificante di fronte a un ambiente maestoso che imprimeva su di essa abitudini a cui si poteva opporre. Freud, come Kant credeva che la mente fosse un groviglio di desideri e paure. Ogni risposta genitoriale al bambino deve attraversare questa fitta giungla di pensieri e sentimenti, prima che le possa essere attribuito un significato. L’interpretazione del bambino, e non il fatto di avere frequentato l’asilo nido, è l’elemento di maggior peso nello sviluppo. Se gli effetti psicologici dell’esperienza sono contenuti nell’interpretazioni e non nell’esperienza in sé, avvenimenti particolari verificatesi nei primi due anni di vita non avranno conseguenze immutabili, perché i bambini piccoli non interpretano la propria esperienza. Le motivazioni principali di ogni individuo derivano dalle incertezze dei primi dodici anni di vita e non da quelle del primo anno o due. Nessuna esperienza è mai perduta, la mente trattiene, per un tempo indefinito, rappresentazioni fedeli di ciò che è stato percepito. L’ipotesi che l’interpretazione che il bambino dà dell’esperienza sia la chiave della formazione del carattere e della personalità è analoga alla convinzione di Whitehead che l’idea sottostante ciascun simbolo costituisca il fondamento della sua importanza. Anche se alcune delle reazioni emotive agli altri sperimentate dal bambino nella prima infanzia fossero conservate per una decina d’anni, coloro che credono al determinismo dell’infanzia dovrebbero coerentemente affermare che le esperienze successive non sono in grado di trasformare queste prime emozioni. Una posizione simile tuttavia è molto rara. Esistono quattro classi non aperte al cambiamento:

1- strutture logiche che consentono all’individuo di ragionare in modo coerente e individuare i punti deboli nel ragionamento altrui.

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2- Una seconda classe di rappresentazioni difficili da cambiare sono le associazioni semantiche, implicite o tacite, prevalenti fra la maggior parte dei membri di una cultura.

3- Un terzo tipo di struttura consiste nelle reazioni affettive al significato di particolari avvenimenti.

4- La quarta classe di rappresentazioni si riferisce alla conoscenza dei fatti del mondo, inclusi quelli che illustrano relazioni causa-effetto.

Le rappresentazioni acquisite nei primi due anni di vita sono quelle più vulnerabili al cambiamento, mentre quelle più resistenti al cambiamento sono acquisite dopo la conclusione della prima infanzia. Alcuni prodotti psicologici dei primi due anni di vita possono essere conservati, ma solo se l’ambiente sostiene quel comportamento, e non perché la reazione originaria sia destinata a rimanere immutabile. I fautori del determinismo della prima infanzia non riconoscono la giusta importanza degli avvenimenti della tarda infanzia e dell’adolescenza, molti dei quali sono correlati alla classe sociale. La classe sociale di una persona ne predice la probabilità di insuccesso scolastico, di criminalità violenta, di realizzazione personale professionale e di malattie fisiche e mentali. Le differenze nel comportamento tra adulti provenienti da due classi sociali diverse sono il prodotto degli ambienti di vita dei primi due anni. Tuttavia la dottrina del determinismo della prima infanzia ignora le numerose e profonde influenze che, dopo i due anni, intervengono nel profilo di adolescenti e giovani adulti. Ordine di nascita, identificazione ed epoca storica La posizione di nascita del bambino nella famiglia, soprattutto se il divario di età con il fratello precedente o successivo è inferiore ai quattro anni, influisce su un numero esiguo di caratteristiche psicologiche. La più importante è l’atteggiamento verso l’autorità legittima. All’interno di una famiglia il figlio maggiore è più disposto ad accettare i valori dei genitori. La validità dell’idea che l’identificazione con la classe sociale o gruppo etnico possa esercitare una rilevante influenza sullo sviluppo psicologico, dopo la prima infanzia, è basata su tre osservazioni:

1- i valori etici della maggior parte degli adolescenti sono molto più simili a quelli dei loro genitori e di altri adulti familiari sono scelti casualmente nella società

2- i bambini e gli adulti provano emozioni quando vengono a conoscenza delle esperienze di un’altra persona o gruppo con cui essi credono di condividere delle caratteristiche

3- l’intensità di queste emozioni vicarie è correlata alle caratteristiche delle qualità condivise.

L’identificazione della bambina con il proprio genere sessuale può avvenire su un piano creativo e simbolico. Il concetto di femminile dovrebbe essere semanticamente più vicino a quello di natura, rispetto all’idea di maschile. Questa deduzione è confermata da una ricerca condotta su bambini americani di sette anni. L’identificazione non è solo un credo cognitivo; essa richiede sia la credenza in caratteristiche condivise sia l’esperienza in emozioni vicarie. Ogni categoria che un individuo ritiene applicabile a sé non deve essere legate a un’emozione. La bambina di cinque anni non sperimenta un’emozione vicaria quando un’altra bambina viene lodata perché ancora non possiede la categoria astratta di <femmina>. Principi percezione umana:

1- la mente è attratta dalla differenza. 2- Elementi contigui o continui sembrano contribuire a definire un oggetto unitario.

I miti di famiglia possono aiutare i bambini a fronteggiare la paura, l’ansia, la vergogna o il senso di colpa. I miti diventano efficaci solo dopo i sei-sette anni di età, quando lo sviluppo consente al bambino di appezzarne il significato. Le conseguenze dell’ordine di nascita, dell’identificazione e dell’epoca storica, che influiscono profondamente su comportamenti e credenze, hanno poca o nulla importanza nei primi due anni di vita. Ma ciascuna di esse può produrre forti discontinuità nello sviluppo e trasformare le connessioni tra prima infanzia ed età adulta. È utile domandarsi perché l’idea del determinismo della prima infanzia resiste alle critiche:

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1- la principale ragione consiste nel potere che quest’idea ha di generare un sentimento di correttezza fondato sui nostri valori orali. 2- un secondo motivo è che esso ignora il peso dell’appartenenza alla classe sociale. 3- minimizza il ruolo del destino e questo è rassicurante. 4-è materialistico 5- le interpretazioni individuali che i bambini più grandi costruiscono sull’esperienza sono difficili da immaginare. Il tema comune che unisce le tre forze rappresentate dall’ordine di nascita, dall’identificazione con il gruppo etnico o la classe sociale e dell’epoca storica, è la disposizione a individuare e interpretare le discrepanze. Le società moderne sono affezionate al concetto di continuità. Il significato della continuità è che ogni stadio dello sviluppo porta con sé la maggior parte delle strutture disposizioni acquisite negli stadi precedenti. La classe sociale della famiglia di un bambino è il miglior predittore della professione che egli svolgerà da adulto e dei suoi tratti personali, rispetto al suo profilo psicologico all’età di due anni. Non significa che gli avvenimenti dei primi due anni di vita siano privi di effetti, ma soltanto che un bambino di due anni pauroso, sottomesso e teso, cresciuto in un ambiente incerto, può ancora cambiare se si verificano mutamenti positivi nella sua vita, e che un bambino di due anni allegro, attaccato in modo sicuro e sveglio, non è predetto dall’angoscia se la sua vita diventa difficile. CAPITOLO TERZO IL PRINCIPIO DI PIACERE Sono stati ipotizzati due stati psicologici nettamente distinti. Alcuni studiosi hanno sostenuto che l’intento primario è di ottenere una sensazione di piacere a livello cosciente, derivante da mutamenti che avvengono in una o più delle modalità sensoriali. Il secondo obiettivo,qualitativamente diverso, ha origine nel pensiero anziché nei sensi. Lo stato desiderato è una consonanza concettuale tra un’idea, ovvero uno standard, e l’azione scelta. Quando si verifica tale consonanza la persona prova momentaneamente una sensazione piacevole, perché il suo comportamento è in accordo con un criterio che ha categorizzato come buono. Lo stato creato dall’eccitazione dei sensi ha una qualità e una durata che nessuno confonderebbe con quella originata dal riconoscimento che un’azione, un pensiero o un sentimento particolare sono compatibili con una rappresentazione che la persona ha classificato come buona. Darwin� gli esseri umani sentono di dover seguire alcune linee di condotta indiscutibili e devono imparare che è “è loro interesse seguirle. Con interesse io non intendo alcun piacere calcolato ma la soddisfazione della mente”, la felicità consiste nel fare il bene e nell’essere perfetti. Le differenze tra i piaceri dell’esperienza sensoriale e quelli della consonanza con uno standard etico sono l’oggetto di un dibattito filosofico sempre attuale sui fondamenti delle credenze; fenomeno naturale, la giustificazione che si predilige fra tutte è la prova scientifica. Gli economisti credono che tutte le decisioni economiche sono basate sul desiderio di massimizzare la soddisfazione, lasciando alla collettività il difficile compito di capire i significati del termine soddisfazione. È un grave errore concettuale affermare che gli esseri umani sono spinti dall’unico desiderio di massimizzare il piacere. Nessuno stato biologico in sé definisce il piacere, perché esso è, in uktima analisi un giudizio. Le ricerche di laboratorio dimostrano che il significato del piacere è ambiguo persino negli animali. L’affermazione che il comportamento umano è spesso al servizio del raggiungimento di un senso di virtù è sostenuta dall’osservazione che bambini e adulti trascorrono una grande quantitàà di tempo a verificare la loro abilità. Il principio di continuità Non esiste una linea di demarcazione netta fra animali ed esseri umani, e perciò si era poco propensi ad attribuire ai secondi delle qualità che li avrebbero resi distinti. È possibile studiare gli animali per fare luce sulla condizione umana in base all’assunto che nessuna funzione psicologica umana era fortemente discontinua.

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La sensibilità umana per i cambiamenti nel viso e nella gestualità dell’altro può essere collocata lungo un continuum. La comparsa del senso morale La motivazione morale e le emozioni a essa associate peculiari della specie umana hanno ereditato dai nostri primati una sensibilità particolare per la voce, il volto e le azioni degli altri, cui si sono unite cinque capacità:

1- inferire i pensieri e i sentimenti degli altri 2- essere consapevoli di sé 3- applicare le categorie di buon e cattivo alla realtà esterna e al sé 4- riflettere sulle azioni passate 5- sapere che un particolare atto avrebbe potuto essere inibito.

La preoccupazione per ciò che è giusto e ciò che è sbagliato è una classificazione che i bambini imparano facilmente in virtù della natura del cervello umano, ma le azioni specifiche che sono considerate morali variano con le condizioni culturali, che si trovano al di furoi della portata del genoma. Identificazione, autostima e virtù Anche se vergogna e colpa sono emozioni biologicamente predisposte risultate dallo sviluppo evolutivo nel corso del tempo, c’è una notevole variazione, tra gli individui e le culture, nella frequenza e nell’intensità di questi stati. Il senso di colpa può anche essere intensificato dall’identificazione con il proprio gruppo sociale o familiare. Il concetto di autostima fu introdotto per spiegare la fiducia in se stessa di una persona nell’accostare e affrontare le sfide di ogni giorno. Il metodo più diffuso per misurare l’autostima è intervistare gli individui circa le loro qualità. Tono fisico e virtù Le qualità del tono fisico, che è influenzata da caratteristiche ereditarie innate, è un processo che può agire sul senso di virtù di una persona. 3 MASSIME���� formulare frasi complete (capitolo 1) Adottare una pluralità di metodi (capitolo 2) Prendere in considerazione le categorie (capitolo 3)