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Indice
Introduzione.............................................................................................7
1. Premesse alla sperimentazione ..........................................................9
1.1 Il contesto, gli obiettivi, il metodo del progetto Equal
GE.L.S.O. .............................................................................................9
1.2 Le fasi di sviluppo: ricerca, sperimentazione, modellizzazione
.............................................................................................................13
1.3 Il passaggio dai risultati della ricerca alla fase di
sperimentazione ................................................................................18
2. La sperimentazione ...........................................................................28
2.1 Le azioni nelle organizzazioni...................................................36
2.1.1 L’Azienda Provinciale per i Servizi Sanitari ................38
2.1.2 La Provincia Autonoma di Trento...............................43
2.1.3 Il Comune di Rovereto ..................................................49
2.1.4 La Federazione Trentina della Cooperazione.............53
2.2 Le attività comuni alle quattro organizzazioni .......................57
2.3 Le azioni di sensibilizzazione e promozione ..........................60
2.3.1 La campagna per incentivare il congedo dei padri.....60
2.3.2 L’analisi dei costi di non parità .....................................62
2.3.3 I seminari pubblici ..........................................................66
2.3.4 Altre azioni.......................................................................68
3. Considerazioni finali .........................................................................71
3.1 Dalla cultura al metodo e ritorno .............................................71
3.2 Considerazioni sui risultati dell’intervento..............................76
Bibliografia ............................. Errore. Il segnalibro non è definito.
7
Introduzione
Il progetto Equal GELSO, GEnere, Lavoro e Segregazione
Occupazionale, si è posto l’obiettivo di affrontare il problema
dell’asimmetria nei percorsi professionali e di carriera di uomini e
donne integrando la prospettiva di genere con quella della ricerca-
azione. Ciò ha dato vita ad un percorso condiviso di analisi del
fenomeno e di successiva implementazione di azioni sperimentali
volte al cambiamento degli assetti e delle culture organizzative. Si è
dunque cercato di agire soprattutto su quelle dimensioni che
continuano a definire percorsi differenziati ed asimmetrici per uomini
e donne e sulle pratiche che caratterizzano l’agire quotidiano
all’interno delle organizzazioni, ovvero sulla dimensione sociale e su
quella culturale (Poggio 2006).
Non è forse inutile ricordare che, con il concetto di prospettiva di
genere, abbiamo inteso porre l’attenzione sull’insieme di pratiche che
tendono ad attribuire differenti attitudini ed ambiti di competenza ad
uomini e donne. In questa ottica, il genere non è qualcosa di innato e
naturale, ma è un costrutto sociale che uomini e donne producono e
riproducono attraverso le loro interazioni in tutti i luoghi dell’agire.
Questo avviene ovviamente anche nei contesti lavorativi e, di
conseguenza, qualsiasi intervento che voglia incidere e modificare
l’ordine esistente ne dovrebbe tenere conto. Ed è con questa
prospettiva sottesa che sono state sviluppate tutta le attività previste
da GELSO
La complessità del fenomeno affrontato, ovvero la segregazione
verticale di genere in alcune delle principali realtà del mercato del
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lavoro locale, richiedeva l’attuazione di una strategia articolata su
diversi piani di intervento ed azione. La prospettiva della ricerca-
azione ha adeguatamente risposto a questa esigenza: prevedendo il
coinvolgimento dei beneficiari in ognuna delle diverse fasi del
processo individuate, si è favorito un continuo confronto e
coinvolgimento dei referenti delle organizzazioni coinvolte. Questo
ha permesso di creare azioni sinergiche e maggiormente aderenti e
rispondenti alle peculiarità delle diverse realtà organizzative. In
prospettiva, questo dovrebbe potersi tradurre in maggiori chance in
termini di cambiamenti organizzativi e dei relativi sistemi culturali di
riferimento.
Le pagine che seguono sono dedicate ad illustrare quanto realizzato
nella fase di sperimentazione cercando di evidenziare il passaggio dai
risultati della ricerca all’individuazione degli ambiti di intervento e,
quindi, delle azioni da attivare, mettendo in luce gli accorgimenti e le
strategie operative adottate.
Nel fare ciò ripercorreremo inizialmente gli elementi significativi e
distintivi del percorso progettuale e di ricerca, che hanno permesso di
concretizzare la fase di sperimentazione nelle sue varie articolazioni,
per passare poi alla descrizione di questo momento centrale e
fondamentale del progetto.
L’obiettivo ultimo è di offrire un quadro completo, seppur sintetico,
dell’esperienza pluriennale del progetto Equal GELSO.
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1. Premesse alla sperimentazione
1.1 Il contesto, gli obiettivi, il metodo del progetto Equal
GE.L.S.O.
È un dato noto che gli ultimi decenni sono stati caratterizzati sia a
livello locale che nazionale da un consistente aumento della presenza
delle donne nel mercato del lavoro, così come è condiviso da molti e
molte che tale presenza è caratterizzata da alcune significative
peculiarità o, per meglio dire, problematicità. Queste ultime sembrano
attenuarsi a fatica, malgrado il ruolo lavorativo sempre più attivo della
componente femminile, sia a seguito di una cambiata visione delle
prospettive di vita e lavorative delle giovani generazioni di donne, sia
per un diverso accento posto dalle istituzioni di governo, soprattutto
sovranazionali, sul contributo femminile allo sviluppo del benessere
economico e sociale1. In questo quadro si innesta con forza il tema
fondamentale della segregazione lavorativa di genere nella sua duplice
declinazione di: segregazione orizzontale e verticale. La prima sottolinea
l’esistenza di aree professionali a dominanza maschile e di aree a
dominanza femminile; la seconda evidenzia la presenza di un’ineguale
1 Pensiamo in particolar modo al ruolo significativo svolto dalla UE nel sottolineare agli Stati membri l’importanza di una politica di sviluppo delle pari opportunità e dell’equità di genere. Tra gli obiettivi prioritari di azione della UE nei prossimi anni ci sono: 1) una pari indipendenza economica per le donne e gli uomini; 2) l’equilibrio tra attività professionale e vita privata; 3) la pari rappresentanza nel processo decisionale; 4) l’eradicazione di tutte le forme di violenza fondate sul genere; 5) l’eliminazione di stereotipi sessisti; 6) la promozione della parità tra i generi nelle politiche esterne e di sviluppo.
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distribuzione tra i sessi al crescere del livello di professionalità,
responsabilità e remunerazione della posizione, anche in quei contesti,
come la pubblica amministrazione e il comparto sanitario, che
presentano un chiaro processo di femminilizzazione. Questo
fenomeno rappresenta un problema non soltanto in termini di equità
sociale, ma ha implicazioni negative in termini di costi sociali ed
organizzativi, dal momento che comporta una notevole perdita di
risorse umane. Le ragioni di questa esclusione e le soluzioni per
superarla sono al centro dell’azione del progetto GELSO (Poggio
2006) che ha affrontato il problema delle difficoltà legate al
consolidamento delle posizioni professionali. Ciò è stato fatto a
partire da una accurata ed articolata attività di ricerca che ha teso a
metterne in luce le connotazioni strutturali e culturali, e che ha
costituito il patrimonio di conoscenze da condividere con i referenti
delle organizzazioni coinvolte. A partire da tali conoscenze si è poi
lavorato sulla formulazione di un ventaglio di proposte di azioni
sperimentali volte a favorire un cambiamento a livello di sistema nella
direzione del superamento perlomeno di alcuni ostacoli e stereotipi
che alimentano il problema della segregazione verticale. Sono state tre
le direzioni in cui il progetto ha cercato di intervenire: (a) favorire un
processo di ridefinizione dei percorsi di carriera finalizzato a ridurre le
asimmetrie di genere; (b) promuovere modelli innovativi per la
conciliazione tra vita lavorativa e vita personale, volti a ridefinire le
aspettative di ruoli familiare e professionale di uomini e donne2; (c)
2 I percorsi professionali femminili sono spesso influenzati, oltre che dai
11
rivedere modalità di implementazione di modelli di lavoro “atipici”
orientati alla flessibilità3 (Poggio 2006).
Tutto ciò si è tradotto nella formulazione di una strategia di
intervento che ha preso in considerazione quattro diversi ambiti
d’azione che, peraltro, presentano aree di sovrapposizione ed
interazione e che risultano essere strategici rispetto all’obiettivo di
possibilità di prevedere ed implementare azioni su questo asse di
intervento ridurre le cause alla base delle situazioni identificate come
problematiche in termini di segregazione occupazionale ed asimmetrie
di genere. Tali ambiti sono:
a) empowerment (interventi formativi mirati a consolidare le competenze,
le motivazioni, ma soprattutto a favorire la definizione di strategie per
lo sviluppo professionale della componente femminile).
b) Promozione di politiche di conciliazione e di pratiche di
condivisione (promozione di politiche aziendali di conciliazione
meccanismi organizzativi, culturali e di potere, dall’influenza della sfera privato-familiare, ed in particolare dalla mancanza di equilibrio nella distribuzione dei carichi non lavorativi tra uomini e donne all’interno del nucleo familiare. Interpretare il concetto di conciliazione come attuazione di misure volte a favorire la possibilità per le donne di far coesistere l’impegno privato con quello lavorativo non fa che perpetuare, ed anzi rafforzare, il modello tradizionale di attribuzione dei ruoli maschili e femminili rispetto alla sfera pubblica e a quella privata. Nella progettazione ed attuazione delle attività proposte da GELSO si è sempre cercato, da una parte, di non sostenere richieste che andassero in questa direzione e, dall’altra, di proporre azioni ed iniziative che evidenziassero le asimmetrie di genere e i costi sociali, culturali, organizzativi ad esse connessi. 3 In sintesi, i tre assi di intervento, caratterizzati da rilevanti sovrapposizioni ed intrecci, lungo i quali si è mosso il progetto sono stati: i modelli di strutturazione e valutazione delle carriere; le modalità e le azioni di conciliazione e le ambiguità in esse implicite; l’introduzione di modelli contrattuali ed organizzativi all’insegna della flessibilità e del precariato (modelli che coinvolgono in misura prioritaria la componente femminile).
12
mirate non soltanto a supportare la componente femminile, ma
soprattutto a ridefinire le aspettative di ruolo – familiare e
professionale – relative ad uomini e donne).
c) Ridefinizione dei modelli di valutazione delle carriere e promozione
di modelli di gestione organizzativa in un’ottica di genere (interventi
consulenziali e formativi destinati in particolare a management e
responsabili delle risorse umane mirati a sviluppare una maggiore
consapevolezza rispetto alle questioni di genere e ai costi organizzativi
della non parità).
d) Sensibilizzazione culturale (azioni di sensibilizzazione mirate a
combattere pregiudizi e stereotipi che sfavoriscono la componente
femminile e a favorire un cambiamento dei modelli culturali di genere
dominanti dentro e fuori dalle organizzazioni) (Poggio 2006).
Dato il profondo radicamento e la complessa articolazione di un
fenomeno quale la segregazione di genere, è implicita nel progetto la
consapevolezza che un reale processo di cambiamento organizzativo
può avere un’effettiva prospettiva di realizzazione e successo solo nel
medio-lungo periodo, ovvero in un tempo decisamente superiore
all’arco temporale in cui si è sviluppata l’attività prevista di GELSO. Il
progetto ha tuttavia posto le condizioni per l’avvio di un processo, da
un lato, di ridefinizione delle culture di genere attualmente dominanti
all’interno delle organizzazione e, dall’altro, di potenziamento della
componente femminile riducendo l’attuale gap in termini di
opportunità di sviluppo (Poggio 2006). Saranno gli sviluppi futuri del
percorso intrapreso e la capacità delle organizzazioni di far propri gli
strumenti e le metodologie di intervento sperimentate che daranno
13
nel tempo l’idea della consistenza del cambiamento nei processi e
nelle pratiche delle organizzazioni coinvolte.
In questa prospettiva, è stato importante che il progetto, iniziato nel
luglio 2005 e concluso alla fine del 2007, si sia sviluppato in un’ottica
di “ricerca-azione”, prevedendo il coinvolgimento diretto delle
organizzazioni attraverso i e le loro referenti istituzionali, in ognuna
delle diverse fasi del processo. Il continuo confronto ha permesso di
strutturare interventi “personalizzati” e maggiormente aderenti alle
realtà e specificità aziendali. Allo stesso tempo, anche attraverso una
azione formativa specifica, si è cercato di attivare un gruppo di lavoro
composto da referenti di progetto e referenti dei partner di
sperimentazione, con il duplice obiettivo di garantire la creazione di
una équipe con compiti di facilitazione nell’ambito delle diverse azioni
progettuali e di formare e motivare un gruppo di persone che
potenzialmente possano continuare a stimolare il confronto e le
azioni degli attori organizzativi dopo la conclusione di questo
progetto.
1.2 Le fasi di sviluppo: ricerca, sperimentazione,
modellizzazione
Il progetto GELSO è stato articolato in tre macrofasi, in parte
intrecciate e sovrapposte: ricerca, sperimentazione e modellizzazione.
Nelle attività di analisi e di sperimentazione sono stati coinvolti alcuni
dei più significativi comparti lavorativi provinciali, vale a dire il settore
della pubblica amministrazione (Provincia Autonoma di Trento e
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Comune di Rovereto), della sanità (Azienda Provinciale per i Servizi
Sanitari) e quello della cooperazione (Federazione Trentina della
Cooperazione). La fase di modelizzazione, di cui questo quaderno è
uno dei prodotti, ha avuto lo scopo di verificare e sistematizzare gli
esiti delle azioni sperimentate nelle precedenti fasi dell’intervento
progettuale, al fine di favorire l’impatto e la diffusione dei risultati in
una prospettiva di mainstreaming (Poggio 2006).
Durante la fase di ricerca sono state realizzate varie azioni volte a
comprendere l’articolazione del fenomeno della segregazione
occupazionale di genere nel territorio provinciale ed in particolare
nelle quattro organizzazioni individuate quali partner di
sperimentazione. Inizialmente sono state realizzate alcune azioni
preliminari quali l’analisi della letteratura su carriere e genere e la
mappatura di buone prassi su de-segregazione e conciliazione, alle
quali sono seguite le indagini su campo. Nello specifico:
Analisi secondaria dei dati delle organizzazioni relativi alla presenza e
alla distribuzione di uomini e donne nelle organizzazioni; alla
segregazione orizzontale e verticale. I risultati hanno
evidenziato che la crescente presenza femminile non si traduce
in una più elevata rappresentanza nelle posizioni dirigenziali. Le
disparità sono già evidenti nei primi passi della carriera e si
consolidano successivamente e il legame tra anzianità di servizio
e avanzamento di qualifica vale maggiormente per gli uomini.
Ed è stata confermata la sovrarappresentazione femminile
nell’utilizzo del part time cui fa da controparte un ridotto utilizzo
dei congedi parentali da parte degli uomini.
15
Interviste a testimoni privilegiati (rappresentanti sindacali e dei
servizi personale). Dall’analisi sono emerse riflessioni
interessanti sui modelli di selezione per la dirigenza e sulle
difficoltà per le donne di accedere a tali posizioni;
sull’incompatibilità tra lavoro part time, svolto in grande
prevalenza dalla componente femminile, ed accesso a ruoli
dirigenziali; sulla sovrarappresentazione femminile nei contratti
a tempo determinato, utilizzati soprattutto per sostituzioni ed
inserimento, con le evidenti conseguenze sulla costruzione delle
carriere lavorative. In sintesi, queste interviste hanno permesso
di ricostruire il quadro aziendale generale che è poi stato utile
sia per individuare i profili delle partecipanti ai focus gruop
previsti in una fase successiva della ricerca, sia per definire la
traccia generale dei temi pertinenti allo svolgimento degli stessi
(Piazza, 2007).
Interviste narrative su percorsi di carriera attraverso le quali è stato
possibile trarre alcune conclusioni riconducibili ad un quadro
più ampio di riflessione sul tema della conciliazione e delle
traiettorie di vita pubbliche e private, che in essa trovano una
possibile causa di intersezione, sia sul versante pubblico (che
coinvolge istituzioni ed aziende) sia su quello privato
(organizzazione e divisione dei ruoli e dei compiti di cura)
(Cozza, 2007).
Questionari su culture organizzative e cittadinanza di genere, dai quali è
emersa una chiara linea di tendenza che indica che la cultura del
coinvolgimento, in quanto esprime una logica di governo
16
organizzativo orientata alla valorizzazione delle persone, sembra
essere una condizione indispensabile per la realizzazione di
politiche attente alla cittadinanza di genere e, in particolare,
attente a valorizzare le differenze di genere come risorse
essenziali per il rafforzamento delle potenzialità organizzative
(Bolognini e Gherardi 2007).
Focus group con testimoni privilegiati allo scopo di identificare i
problemi percepiti come prioritari e le possibili soluzioni.
Obiettivo di questa azione è stato quello di fornire un quadro
delle policy di gestione del personale nelle situazioni aziendali
individuate come campo di azione del progetto GELSO (Piazza
2007). I risultati di questa azione hanno contribuito
significativamente a definire in modo più puntuale gli ambiti di
intervento, che avevano iniziato ad essere delineati già con le
fasi precedenti della ricerca, e le relative strategie attuative.
La macrofase di sperimentazione, che di fatto ha avuto inizio già nel
corso dell’attività di ricerca, si è inizialmente rivolta all’individuazione
degli ambiti di sperimentazione e alla formazione dei consulenti
esterni e dei tutor interni. A questa fase preparatoria è seguita
l’implementazione delle azioni predisposte che si sono articolate
lungo tre direttrici principali: formazione ed approfondimenti di tipo
seminariale; accompagnamenti consulenziali; attività di
sensibilizzazione al cambiamento culturale/simbolico. Nello specifico
le azioni implementate si riferiscono a (Poggio 2006):
Percorsi formativi quali il corso per tutor e facilitatori del
progetto; il corso per i Comitati Pari Opportunità; le attività
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formative per favorire la crescita professionale e lo sviluppo
organizzativo in un’ottica di genere.
Workshop per manager e dirigenti sulla gestione del personale in
un’ottica di genere.
Workshop per rappresentanti e delegati sindacali su
contrattazione e misure di conciliazione.
Attivazione di tavoli di lavoro con rappresentanze aziendali e
sindacali per incentivare l'introduzione di misure in materia di
conciliazione ed equità di genere nei contratti.
Consulenza organizzativa per l'implementazione di politiche di
genere, di conciliazione, di flessibilizzazione degli orari., di
analisi dei sistemi di valutazione
Attivazione di tavoli di lavoro sui costi di non parità.
Campagna promozionale per favorire l'utilizzo del congedo
parentale da parte dei padri.
Infine, con l’ultima macrofase, la modellizzazione, ci si è posti
l’obiettivo di tradurre in documenti accessibili e divulgabili i resoconti
delle azioni realizzate, traendone riflessioni e modelli, allo scopo di
favorire l’impatto e la diffusione dei risultati in una prospettiva di
mainstreaming. La collana I Quaderni di GELSO è “il contenitore” e lo
strumento attraverso il quale è stato raccolto e divulgato
sostanzialmente tutto quanto prodotto dal progetto.
18
1.3 Il passaggio dai risultati della ricerca alla fase di
sperimentazione4
Come anticipato la fase di ricerca è stata particolarmente corposa ed
articolata, articolandosi in una pluralità di indagini sia di tipo
quantitativo che qualitativo nonché di approcci metodologici diversi.
Le difficoltà maggiori incontrate sono state rilevate soprattutto nella
fase iniziale dell’attività di ricerca rispetto all’analisi secondaria dei dati
che aveva l’obiettivo, da una parte, di cogliere una prima immagine
statica della situazione di fatto delle organizzazioni indagate, sia
rispetto alla presenza e alla distribuzione di uomini e donne al loro
interno, sia ad una ricostruzione dei percorsi di carriera maschili e
femminili e, dall’altra, di rilevare la presenza e le caratteristiche di
lavoratori e lavoratrici con contratti e modalità lavorative flessibili,
allo scopo di definirne, poi, le prospettive di sviluppo, in particolare
per la componente femminile. Nella fase di raccolta delle
informazioni è stato particolarmente oneroso l’accesso alle banche
dati esistenti che, peraltro, hanno evidenziato una forte disomogeneità
nella raccolta dei dati, nonché la presenza di diverse carenze in merito
ad informazioni utili ad un’analisi di genere più approfondita e
4 Questo paragrafo ripropone parte delle riflessioni contenute nel paper predisposto per la partecipazione al Convegno “L’isola che non c’è pratiche di genere nella pubblica amministrazione”, organizzato a Trento il 25 ottobre 2007 a conclusione del progetto Equal GELSO.
19
dettagliata5. Praticamente impossibile è stato poi delineare un quadro
esaustivo dei rapporti di lavoro atipici, sia per la mancanza di un
sistema centralizzato di gestione di queste collaborazioni, sia per
l’opacità che le organizzazioni presentano di fronte a questo tipo di
informazioni. Ciò ha limitato fin da subito e in modo sostanziale le
possibilità di intervento diretto rispetto ad uno dei tre assi d’azione
del progetto GELSO, quello rivolto a rivedere le modalità di
implementazione di modelli di lavoro “atipici” orientati alla flessibilità.
Trattandosi di un ambito che il progetto individuava come innovativo
e particolarmente significativo, sia perché ancora poco indagato
rispetto all’incidenza che può avere sulla segregazione di genere,
orizzontale e verticale, sia perché sono ancora poche, se non
inesistenti, le policy aziendali che contemplano tra i beneficiari anche i
lavoratori e le lavoratrici con contratti di lavoro flessibile, sono state
tuttavia individuate azioni di ricerca alternativa6 (Murgia 2007).
Ad ogni modo, le analisi sulle banche dati fornite dagli enti coinvolti
hanno confermato la presenza di una posizione di svantaggio delle
donne nel mercato del lavoro: anche nei contesti in cui la presenza
femminile è paritaria se non superiore a quella maschile, come nel
caso dell’APSS, la componente femminile risulta proporzionalmente
meno presente nelle qualifiche più elevate o a cui tradizionalmente si
5 Le maggiori carenze informative sono state riscontrate soprattutto in merito allo stato civile, alla presenza di figli e al percorso professionale all’interno dell’organizzazione (Degasperi, Podestà 2006) 6 In particolare sono state condotte 30 interviste narrative con donne e uomini che lavorano
nella Pubblica Amministrazione e due focus group con testimoni privilegiati.
20
associano maggior prestigio e reddito, come i ruoli dirigenziali nel
lavoro dipendente 7 . È apparsa evidente la tendenza ad una
discriminazione femminile già nel momento iniziale della carriera e
che successivamente continua e si intensifica nel corso del percorso
lavorativo stesso. Laddove le informazioni hanno permesso di
appurarlo, infatti, è emerso che anche nel momento dell’assunzione
gli uomini sono impiegati con qualifiche più elevate rispetto alle
donne, spesso anche direttamente con incarichi direttivi. La
componente maschile, inoltre, una volta assunta all’interno di un ente,
vede avanzare la propria qualifica in relazione diretta con l’anzianità di
servizio. Per gli uomini questo legame risulta naturale in quanto
collegato all’esperienza che un soggetto acquisisce durante la sua
carriera professionale ed in virtù della fedeltà all’istituzione dimostrata.
Non sembra invece essere così per le donne: nell’ente provincia e nel
comune di Rovereto si registra perfino un trend rovesciato che vede la
proporzione di donne impiegate con qualifiche di minore rilievo
aumentare al crescere dell’anzianità di servizio. Naturalmente i dati
aggregati non consentono di entrare nel dettaglio delle singole
esperienze e disgiungere ad una spiegazione chiara del fenomeno,
tuttavia lasciano trasparire una condizione di difficoltà per le donne
nell’intraprendere un percorso lavorativo “standard” che associ ad un
maggior numero di anni di servizio anche una qualifica adeguata
all’esperienza acquisita (Degasperi, Podestà 2006).
7 La percentuale di donne tra i direttori o dirigenti non supera il 35% presso l’Azienda Sanitaria, è pari a circa il 20% nella Provincia Autonoma e nel comune di Rovereto (Degasperi, Podestà 2006).
21
Infine, i dati hanno rilevato l’aumento del numero di contratti di
lavoro a tempo parziale e confermato che essi rimangono uno
“strumento” di conciliazione tra lavoro e responsabilità familiari
utilizzato in modo quasi esclusivo dalla componente femminile.
Questa tipologia contrattuale presenta tuttavia alcuni aspetti di
criticità. Infatti, se da un lato potrebbe essere una soluzione per
avvicinare al mondo del lavoro anche persone che altrimenti ne
sarebbero escluse, a causa dell’impossibilità di lavorare a tempo pieno,
è altrettanto vero che l’occupazione part time mal si concilia con la
possibilità di assumere nell’organizzazione di riferimento qualifiche
elevate o ruoli direttivi (Degasperi, Podestà 2006).
In sintesi, già con la sola analisi statica delle caratteristiche delle nostre
tre organizzazioni, è stato possibile evidenziare la presenza di una
discriminazione tra i sessi sia nelle chance di raggiungere posizioni
dirigenziali, sia nelle possibilità di essere soggetti ad uno o più
passaggi di carriera. Le donne, infatti, sperimentano una maggiore
difficoltà rispetto agli uomini ad occupare le posizioni di vertice dei
tre enti analizzati e presentano un minor numero di passaggi di
carriera rispetto alla controparte maschile. Il tentativo di indagare
l’origine di questa posizione di svantaggio femminile ha messo in luce
che, per lo meno nell’ente provincia e nell’Azienda Sanitaria 8 , sia
dovuta non tanto al fatto che le donne si trovano spesso a dover
gestire una doppia presenza tra ambito lavorativo e familiare, quanto
8 Questi sono gli unici due enti tra quelli indagati per i quali le informazioni in possesso consentivano di trarre qualche indicazione a riguardo (Degasperi, Podestà, 2006).
22
al fatto che le organizzazioni stesse, indipendentemente dalle
peculiarità individuali, tendono a preferire gli uomini nei ruoli di
responsabilità (Degasperi, Podestà 2006). Ciò confermerebbe la
rilevanza degli stereotipi di genere nei contesti organizzativi.
L’attribuzione socialmente condivisa ai due sessi di determinate
caratteristiche sociali ed individuali spinge a riconoscere quasi
automaticamente a uomini e donne queste specificità e soprattutto
spinge uomini e donne a metterle in atto. D’altra parte va ricordato
che uno degli stereotipi più radicati rispetto alle carriere professionali
è la convinzione che i tratti di successo del comportamento
manageriale sono rinvenibili nelle caratteristiche tipiche della
mascolinità (Murgia, 2006).
Le indagini quantitative e qualitative successive hanno confermato
quanto già affermato ed arricchito le conoscenze rispetto alle
caratteristiche delle tre organizzazioni, permettendo di definire gli
ambiti di intervento per la successiva fase di sperimentazione. Benché
ovviamente in ogni organizzazione siano rintracciabili delle specifiche
peculiarità, è stato tuttavia possibile identificare alcuni elementi
“comuni” sui quali è stato costruito ed articolato il piano d’intervento.
Uno dei punti emersi riguarda la cultura organizzativa presente nei
diversi enti considerati che, seppur con qualche variazione, è ancora
caratterizzata da un approccio tradizionale nella gestione delle
differenze di genere e risente di un subtesto più ampio, alla base della
divisione dei ruoli sociali fra uomo e donna. Da questo fondamentale
vincolo culturale si sviluppa, all’interno di ciascuna organizzazione,
una concezione di genere stereotipata e retorica, paradossale, che da un
23
lato attribuisce – secondo una logica dicotomica di contrapposizione
fra il maschile e il femminile – specifiche capacità alle donne, ma
dall’altro giustifica ad esempio la loro pressoché totale assenza nelle
posizioni apicali o in quelle che per merito spetterebbero comunque
loro (Cozza 2007).
Un altro elemento è la mancanza di una cultura di conciliazione
condivisa all’interno delle organizzazioni che non sia basata sul
vecchio patto (perverso) tra donne e Pubblica Amministrazione di
scambio tra “privilegi” che riconoscono il “diritto” delle donne a
sostenere tutto il peso delle responsabilità familiari e la mancanza di
riconoscimento delle competenze e delle professionalità (Piazza 2006).
Abbiamo cercato di mettere in discussione tale circolo vizioso
coinvolgendo e stimolando la riflessione di dirigenti, manager e gestori
delle risorse umane9 attraverso momenti formativi (workshop) volti ad
affrontare eventi significativi come la maternità e il part time nella loro
dimensione di risorse da gestire “al meglio” e non come emergenze
organizzative da tamponare. La proposta è stata quindi quella della
gestione e valorizzazione delle diversità. In questa logica sono da
leggere anche i tavoli di lavoro sui costi di non parità, che hanno
avuto l’obiettivo di evidenziare quanto possa incidere
economicamente nel bilancio economico e sociale di un’azienda non
attuare politiche di conciliazione e di valorizzazione della diversità. Al
9 Ad una cultura organizzativa discriminante possono contribuire in maniera decisiva innanzitutto i vertici aziendali. Dalla scelta delle strategie dell’Alta Direzione, o Top Management, deriva l’influenza sulle dinamiche interne e sulla cultura organizzativa e difficilmente è possibile mettere in atto una politica di pari opportunità concreta ed efficace senza l’input dirigenziale (Cozza 2007).
24
contempo, sono stati proposti anche percorsi formativi per favorire la
crescita professionale e lo sviluppo organizzativo in un’ottica di
genere. È opportuno sottolineare che in generale tutte le attività
implementate sono state rivolte indistintamente a uomini e donne, in
accordo con l’idea che per un reale cambiamento organizzativo non
sia sufficiente “attrezzare le donne” o “favorirne l’accesso”, ma è
necessario intervenire pure sulla cultura e le pratiche organizzative,
scardinando gli stereotipi di genere. Questo è possibile se il processo
considera entrambe le componenti, maschile e femminile, e
soprattutto se coinvolge i livelli dirigenziali e manageriali.
Sempre in merito al cambiamento organizzativo un punto rilevante
individuato è stata la necessità di lavorare per interrompere una sorta
di circolo vizioso rappresentato dal persistere del perno
presenza/riconoscimento nel sistema premiante (ne sono esempi
l’impossibilità di accedere alle posizioni organizzative o alle funzioni
semi-apicali per chi fa un part time anche molto lungo 10 o
l’impossibilità di accedere alle clausole migliorative della legge 53/00
previste dai contratti collettivi provinciali). Anche questo tema è stato
affrontato nell’attività seminariale proposta a direttori e dirigenti ma
anche ai sindacati e ai partecipanti ai tavoli della concertazione di PAT
e APSS (rappresentanti aziendali, sindacali e agenzia di contrattazione).
A tali attività, in particolare per uno degli enti coinvolti, è stato
10 Spicca la relazione di causa-effetto tra part time e inaccessibilità a posizioni sovraordinate, condizione che tocca in massima parte la forza lavoro femminile ed è determinata dalla presenza di un modello organizzativo ostile o incapace di gestire soluzioni di lavoro a tempo parziale. Solitamente il part-time segna pesantemente la carriera lavorativa (Cozza 2007).
25
accostato un intervento consulenziale sul sistema di valutazione
utilizzato in un’ottica di genere.
È emerso poi forte il bisogno/desiderio di implementare “buone
prassi” di conciliazione. In tutti i casi è stata sottolineata la necessità di
formazione e accompagnamento al rientro dalla maternità/paternità; i
possibili ritocchi delle flessibilità di orario, il sostegno alla costituzione
di nidi aziendali, la possibile introduzione di benefit supplementari, la
rivisitazione dell’istituto del part time, ecc. Rispetto alle tematiche
evidenziate sono stati proposti soprattutto interventi di
accompagnamento consulenziale. Lavorando sempre con l’obiettivo
di un coinvolgimento attivo e partecipe dei soggetti destinatari,
assieme ai referenti degli enti partner di sperimentazione sono state
individuate le priorità e/o gli ambiti di interevento per loro di
maggiore interesse, cercando di “utilizzare” al meglio gli spazi resi
disponibili anche in quei contesti organizzativi risultati meno attenti o
propensi ad accogliere pratiche organizzative innovative attente alla
dimensione di genere. Ad ogni modo, l’evidente importanza della
dimensione temporale nella conciliazione tra vita lavorativa e vita
personale è stata riscontrata in tutti e tre gli enti che, con modalità ed
obiettivi in parte diversi, hanno voluto affrontare sia nei termini di
ridefinizione dell’istituto del part time sia di promozione di politiche di
flessibilità e personalizzazione degli orari. È forse opportuno
ricordare che la questione “tempo” dovrebbe contemplare anche una
dimensione di sistema che comprenda anche il coordinamento con i
tempi della città e che metta in campo un complesso di politiche in
grado di offrire risposte articolate e flessibili, capaci di rispondere ad
26
esigenze che si differenziano a seconda della vita lavorativa e di
relazione che le persone attraversano (Cozza 2007).
A questa ultima questione è collegata anche la scarsa condivisione del
lavoro di cura tra uomini e donne all’interno delle famiglie. Il tema
della condivisione è fondamentale rispetto alla conciliazione perché
questa diventi finalmente un argomento che riguarda sia gli uomini
che le donne11. Come è già stato sottolineato, ancora oggi per molti(e)
la conciliazione riguarda la “naturale” necessità tutta femminile di
armonizzare tempi di lavoro e di vita, impegno professionale e di
gestione della famiglia, con tutte le conseguenze negative che ciò
comporta in termini di accesso al mercato del lavoro, permanenza
nello stesso e possibilità di progressioni professionali e di carriera.
Una condivisione paritaria dei carichi familiari da parte dei partner,
con i conseguenti cambiamenti dei modelli maschili di partecipazione
al mondo del lavoro, contribuirebbe a ridurre le disparità di
opportunità lavorative e di carriera tra uomini e donne. Una delle
azioni realizzate in questa direzione è stata una campagna
promozionale locale di sensibilizzazione e informazione per favorire
l’utilizzo del congedo parentale da parte dei padri. Attraverso la
11 Mentre le lavoratrici che sono state intervistate percepiscono la conciliazione come un possibile ed oggettivo ostacolo all’avanzamento di carriera (verticale), generando a volte pure il desiderio di una “carriera a gambero”; nella progettualità dei loro colleghi manca una significativa considerazione del tema della conciliazione, a meno che la condizione familiare o della partner non implichi un coinvolgimento più diretto ed un diverso posizionamento. Sono piuttosto rari i casi in cui gli uomini intervistati si riferiscono alla maternità della partner e alla nascita dei figli come a punti di svolta nella propria storia. Ed anche questi pochi esempi tendono a confermare comunque una diffusa e tradizionale concezione della maternità, della cura e della relativa divisione dei ruoli. (Cozza 2007, pp. 35, 40-41).
27
campagna si è inteso ricordare ai padri (e alle madri) che esiste la
possibilità di scegliere, e alle organizzazioni lavorative (da cui spesso
provengono le principali resistenze) che questa possibilità va rispettata.
Tutto ciò nell’ottica della ridefinizione dell'attuale cultura del lavoro,
che considera prioritaria la quantità di tempo passata sul luogo di
lavoro e che, anche per questo, continua a generare evidenti
asimmetrie nelle opportunità e nei vissuti di donne e uomini12.
È stata poi confermata la presenza di pregiudizi, stereotipi e modelli
che vedono ancora il tempo di lavoro, la fedeltà all’azienda e la
disponibilità totale come modelli prevalenti e non ancora intaccati di
strong players (Piazza 2006). Il rendere palesi stereotipi, pregiudizi e
caratteristiche di modelli culturali organizzativi basati sull’egemonia
maschile, è stato un obiettivo trasversale a tutte le azioni proposte e
coerente con l’approccio teorico e metodologico pregnante l’attività
progettuale. Infine un elemento registrato come punto di debolezza
nell’analisi dei casi è la scarsa visibilità dei Comitati Pari Opportunità e
la percezione che non abbiano “peso” e/o incidenza nel sistema
organizzativo attraverso quanto gli è riconosciuto come possibilità di
agire ed intervenire. Su questo versante è stata proposto un percorso
formativo ad hoc che però ha evidenziato alcuni problemi di
partecipazione, che crediamo in una certa misura connessi agli
elementi di debolezza evidenziati.
12 La campagna ha inteso proporre ai padri un modello di patto sociale di genere “attrattivo”, uno stile di vita innovativo e moderno che aumenta la qualità della vita, combinando il messaggio con una serie di azioni mirate alla promozione del cambiamento nelle organizzazioni.
28
2. La sperimentazione
Le diverse attività di ricerca condotte all’interno delle organizzazioni
hanno consentito di delineare le dimensioni del fenomeno e di
identificarne le principali cause e soprattutto le possibili soluzioni.
Attraverso un processo di pianificazione condivisa con gli enti sono
stati quindi previsti una serie di azioni ed interventi sperimentali.
Prima di addentrarci nella descrizione di come si è articolato e
sviluppato il progetto GELSO, è forse opportuno fare alcune
considerazioni sul processo che ha portato alla definizione delle
attività di sperimentazione.
Il primo step è consistito nel determinare uno schema di riferimento
che riprendeva e sistematizzava il quadro degli interventi possibili ed
auspicabili emersi ed esplicitati nelle varie fasi di ricerca.
Sostanzialmente erano state definite tre macrotipologie di azioni da
implementare: attività formative d’aula; workshop/seminari e
mentorship/percorsi di accompagnamento consulenziale.
Lo schema predisposto è stato condiviso con gli enti, partner di
secondo livello, sede di sperimentazione, ed insieme sono state
identificate e definite le priorità d’azione.
Gli interventi hanno riguardato prevalentemente la promozione di
modelli di carriera attenti alla valorizzazione delle differenze, sia per
quanto riguarda i sistemi di valutazioni sia in merito al riconoscimento
delle potenzialità e delle peculiarità di lavoratrici e lavoratori, e alle
pratiche di conciliazione trasversali alla componente femminile e
maschile, con particolare attenzione a quest’ultima.
Come è già stato esplicitato, l’attenzione all’ottica di genere e in
29
particolare alle dimensioni sociali e culturali che continuano a definire
percorsi differenziati e asimmetrici per uomini e donne (Poggio 2006)
è stato il filo conduttore che ha guidato il progetto GELSO in tutte le
sue articolazioni. Obiettivo specifico di uno dei segmenti della ricerca
prima, e della sperimentazione poi, è stato quello di fornire in
particolare un quadro delle policy di gestione del personale nelle
diverse situazioni aziendali individuate come campo di azione del
progetto, ponendo attenzione ai risvolti negativi, anche in termini di
costi, che possono produrre politiche aziendali che non operino una
valorizzazione del capitale umano in termini non discriminativi e
segregativi rispetto al genere. Non considerare la presenza della
componente femminile, non utilizzando strumenti e metodologie atti
alla piena inclusione e valorizzazione delle donne, si traduce in un
errore anche in termini di costi, oggi presi in considerazione anche da
parte degli economisti e definiti costi di non parità13.
D’altra parte, se è noto e condiviso che la presenza delle donne nel
mondo del lavoro è diventata importante sia a livello numerico che
qualitativo, e che questo può essere ancora più marcato nel caso di
organizzazioni dove si rileva un costante aumento di personale
femminile, quando non una sua netta preponderanza, come è il caso
dell’APSS per quanto riguarda i nostri ambiti di sperimentazione14,
allora è decisamente contraddittorio sia il loro insufficiente
riconoscimento nei luoghi decisionali, sia lo spreco del loro “talento”
13 Ricordiamo che al tema dei costi di non parità è dedicato un numero specifico della Collana dei Quaderni di GELSO. 14 Ricordiamo che in APSS la percentuale di personale femminile è del 67,8%.
30
(Rosti 2005). È difficile immaginare che oggi, a fronte di una sempre
maggiore richiesta, anche in ambito pubblico, di una adeguata ed
accresciuta qualità dei servizi/prodotti offerti in un clima di forte
competizione e ristrettezze economiche, un’organizzazione possa
continuare a permettersi di non “utilizzare” parte delle proprie risorse,
anche se formate e qualificate, non investendo ad esempio su chi è in
part time o rimane assente per periodi più o meno lunghi, in genere
donne, perpetuando culture organizzative, politiche di organizzazione
e gestione del lavoro, sistemi premianti e di valutazione che
favoriscono le “caratteristiche” maschili. Pensiamo ad esempio, nei
sistemi premianti e di valutazione, al valore attribuito alla presenza sul
luogo di lavoro, letta come indice di affidabilità e fedeltà all’azienda15,
indipendentemente dalla misurazione della sua necessità effettiva, a
volte ben più valorizzata della capacità di raggiungere gli obiettivi
gestendo al meglio il tempo a disposizione.
Realizzare un modello di mainstreaming di genere all’interno delle
organizzazioni è allora un’operazione di cambiamento dei processi
molto complessa che richiede un sistema virtuoso che arrivi a fare
delle pari opportunità una prassi e non un’eccezione (Corsi 2007).
15 Marcella Chiesi, nell’affrontare il problema della gestione della maternità nei contesti lavorativi, ben evidenzia come il doversi allontanare per periodi di tempo , come nel caso della maternità, dal lavoro condizioni lo sviluppo professionale e di carriera delle dipendenti. Questo succede indipendentemente dal fatto che la singola lavoratrice lo possa fare basandosi su “credenze diffuse” edificate su assunti non messi in discussione (stereotipi di genere). Chiesi scrive, riferendosi ad una esperienza consulenziale: “…Il management tendeva a dare valutazioni più positive alle collaboratrici rispetto ai collaboratori, ma a supportare maggiormente la carriera di questi ultimi in quanto percepiti come più affidabili e “continui” nel tempo, dove l’inaffidabilità femminile era legata alla maternità” (Chiesi 2002, pp. 74-75).
31
Quando parliamo di valorizzazione delle risorse femminili non
intendiamo solo una risposta al perseguimento di obiettivi di
uguaglianza, per quanto questi siano fondamentali, ma vogliamo
sottolineare la sua importanza come una delle leve principali per la
valorizzazione del capitale umano. In accordo con questa
impostazione, il tentativo di GELSO è stato quello di proporre
interventi ed azioni che potessero essere in prospettiva parte
integrante di un processo di cambiamento e riorganizzazione più
generale delle politiche di gestione del personale 16 . Perché ciò si
verificasse appariva fondamentale il coinvolgimento del management e
dei vertici aziendali, assieme al superamento dell’opinione ancora
diffusa che i beneficiari naturali siano solo le donne.
Se partiamo da queste considerazione, diventa più palese l’importanza
data dal progetto GELSO all’utilizzo di un’ottica di genere quale
presupposto significativo per una programmazione capace di superare
le discriminazioni di genere nei percorsi professionali e per
l’attivazione di un processo orientato al genere17, a partire da un’analisi
di genere dell’organizzazione, attraverso la quale è possibile
individuare i punti di forza da un lato, ma anche disparità e squilibri
dall’altro. Questo è ciò che è stato fatto con la macrofase di ricerca
che ha previsto l’utilizzo di una pluralità di strumenti di indagine, in
16 Se le azioni positive rimangono qualcosa di a sé stante rispetto all’agire organizzativo, difficilmente porteranno ad un cambiamento del contesto organizzativo che tenderà a rimanere invariato. 17 Un’analisi di questo tipo favorisce una lettura della cultura e dei processi organizzativi di un’azienda, evidenziandone i livelli di consapevolezza, l’attuazione delle pari opportunità, le possibili aree di intervento e miglioramento.
32
particolar modo qualitativi, allo scopo di andare al di là del puro dato
statistico e coinvolgere uomini e donne presenti in tutte le posizioni
lavorative previste, con particolare attenzione al management, quale
centro decisore delle politiche aziendali.
Nel progettare le azioni specifiche, l’attenzione è stata posta su alcune
questioni cruciali che hanno poi rappresentato altrettanti punti di
forza nella realizzazione delle attività e che hanno confermato la
tenuta progettuale. Innanzitutto, ci si è mossi a partire dalla
consapevolezza, già esplicitata, che modelli di carriera e pratiche di
conciliazione possono risultare inefficaci o addirittura
controproducenti se portati avanti senza mettere in discussione i
modelli di genere e le pratiche organizzative dominanti e senza un
previo lavoro di sensibilizzazione e di coinvolgimento dei diversi
soggetti coinvolti con particolare attenzione a chi svolge a vario titoli
ruoli decisionali Uno dei punti di forza della sperimentazione, così
come del progetto nel complesso, è stato infatti la capacità di cogliere
e di creare le opportunità di confronto e coinvolgimento di questi
soggetti, che di fatto determinano le politiche organizzative e di
gestione del personale, e del sindacato che dovrebbe interpretare,
promuovere e sostenere bisogni ed aspettative di lavoratori e
lavoratrici. Ciò si è esplicitato anche attraverso attività di
sensibilizzazione, formazione e coinvolgimento delle diverse parti
sociali volte ad esplicitare ed evidenziare le leve che possono favorire
un cambiamento dei sistemi organizzativi in un’ottica di
valorizzazione delle differenze nella gestione delle risorse umane.
Contemporaneamente si è sempre cercato di optare per azioni rivolte
33
in via prioritaria agli attori organizzativi e alla componente maschile
evitando di proporre un mero supporto alla componente femminile,
ed optando per una logica di ridefinizione delle aspettative di genere e
delle culture organizzative.
Mentre, sul piano della ridefinizione dei modelli organizzativi,
l’attenzione è stata posta sulla gestione dei processi, sull’introduzione
di criteri di valutazione che spostano l’attenzione dalla presenza
temporale alla capacità di raggiungere gli obiettivi assegnati.
Esempio significativo di quanto detto è riscontrabile:
- nelle giornate di confronto organizzate per i partecipanti ai Tavoli
della concertazione di APSS e PAT;
- nei workshop per dirigenti e direttori dell’Azienda Provinciale per i
Servizi Sanitari e della Provincia Autonoma di Trento; per i direttori e
responsabili di filiale della Cassa Rurale di Aldeno e Cadine e per i
sindacalisti delle organizzazioni rappresentate nei quattro contesti
aziendali considerati;
- negli interventi consulenziali, soprattutto quando hanno riguardato
direttamente l’organizzazione del lavoro e la gestione delle risorse
umane. Ad esempio rispetto alla flessibilità e alla personalizzazione
degli orari, all’analisi dei sistemi di valutazione interna con attenzione
all’impatto di genere e a come superare eventuali discriminazioni in tal
senso;
- nell’adozione di misure di conciliazione indirizzate in particolar
modo ai padri, come ad esempio i tre giorni di congedo obbligatorio,
primo caso in Italia, per i neo papà della Cassa Rurale di Aldeno e
Cadine;
34
- nella campagna di sensibilizzazione sui congedi parentali per i padri.
- nei tavoli sui costi di non parità.
Uno degli elementi qualificanti del progetto è stato senza dubbio lo
sforzo di intervenire in maniera integrata, coinvolgendo nelle diverse
azioni una pluralità di attori del territorio ed evitando in particolare il
rischio, spesso presente in questo tipo di interventi progettuali, di
concentrarsi in particolare sulla componente femminile (riproducendo
lo stereotipo che si tratti di una problematica femminile e non di una
questione organizzativa). In altri termini abbiamo cercato di evitare di
riprodurre la convinzione, più o meno latente in molte iniziative che
si rivolgono solo alle donne, che il problema siano loro (e che quindi
sia sufficiente motivarle o potenziarle per superarlo). Per contro,
l’atteggiamento è stato di chi opera con e dentro le organizzazioni,
cercando di incidere sulla cultura (ad esempio incentivando l’utilizzo
del congedo parentale da parte dei padri), sui modelli organizzativi
(riorganizzazione dei tempi, della gestione del part time, dei sistemi di
valutazione, di azioni per facilitare il rientro da periodi di congedo),
ma anche sul più ampio contesto sociale (mappando e pubblicizzando
i servizi di cura estivi per i figli, realizzando una campagna
promozionale sull’utilizzo dei congedi parentali da parte dei padri,
quantificando i costi di non parità, ovvero i costi che le aziende
affrontano quando non sviluppano politiche di genere e di
conciliazione). Abbiamo cercato di lavorare con tutti gli attori
organizzativi, mobilitando in particolare livelli manageriali e sindacati,
ma anche i comitati pari opportunità e i soggetti collocati in posizioni
diverse, nella convinzione che per affrontare questo tipo di problemi
35
sia necessario intervenire su più fronti (Poggio 2007).
A conclusione del percorso progettuale è stato poi chiesto a manager e
rappresentanti sindacali di prendere in carico le istanze promosse dal
progetto, affinché la spinta di innovazione promossa dal progetto non
si esaurisca con la sua chiusura formale 18 . Dal momento che il
cambiamento richiesto è soprattutto di natura culturale, è importante
che la responsabilità di portare avanti il cammino intrapreso sia
condivisa da tutti gli attori organizzativi ed implichi una costante
attenzione alle pratiche lavorative della quotidianità, perché è spesso
attraverso di esse che le asimmetrie possono essere riprodotte o,
viceversa, scardinate (Poggio 2007).
Se dovessimo fare un bilancio finale di quanto realizzato non
potrebbe essere che positivo. Questo vale sia per i molti risultati
ottenuti, ma in particolar modo perché il progetto sembra aver
rappresentato un volano per l’attivazione di nuove ed ulteriori
iniziative all’interno delle diverse organizzazioni coinvolte. Ci risulta
infatti che tutti gli enti coinvolti nella sperimentazione hanno già
previsto alcune azioni o progetti da sviluppare nel prossimo futuro
che si possono ricollegare all’esperienza di GELSO e a quanto
sviluppato attraverso le attività proposte. E questo ci permette di
ipotizzare ed augurarci che la spinta propositiva attivata da GELSO
non si fermerà con la sua chiusura ufficiale. Tuttavia il lavoro non
sempre è stato facile e non poche sono state le resistenze incontrate,
18 Ciò è avvenuto in forma pubblica con il convegno organizzato a Trento io 26 ottobre 2007 dal titolo “Equal GELSO: innovare le pratiche di genere nelle organizzazioni”.
36
ma ciò che ha qualificato e sostenuto il processo è stata la volontà e
l’impegno con cui tutte le persone coinvolte hanno caparbiamente
costruito relazioni, ideato azioni, individuato strumenti, gestito
processi, tessuto rapporti, soverchiato “inconvenienti”.
Di seguito saranno presentate nel dettaglio le azioni attivate all’interno
della fase di sperimentazione del progetto GELSO sia per quanto
riguarda le quattro organizzazioni coinvolte, sia rispetto agli interventi
rivolti più in generale a tutti i soggetti interessati ad affrontare i temi
proposti con particolare attenzione, naturalmente, agli enti pubblici e
privati, ai sindacati, ai referenti istituzionali19.
2.1 Le azioni nelle organizzazioni
La macrofase di sperimentazione iniziata nell’autunno 2006 avrebbe
dovuto concludersi nei mesi di giugno/luglio 2007, in realtà gli ultimi
interventi sono stati realizzati nel dicembre 2007. Ciò è avvenuto per
una molteplicità di fattori, alcuni sicuramente di tipo organizzativo,
legati sostanzialmente alle disponibilità temporali dei soggetti
coinvolti, come la non sempre facile concordanza tra le agende delle
persone da convocare agli incontri, e alle farraginosità burocratiche
che contraddistinguono le attività progettuali a finanziamento
19 È forse opportuno specificare che in questo contesto non saranno approfondite le metodologie adottate in quanto, sia al la formazione sia alle attività consulenziali più consistenti saranno dedicati due numeri specifici della Collana dei Quaderni di GELSO.
37
pubblico20. Ma soprattutto il ritardo rispetto ai tempi previsti è stato
dovuto all’ampliamento del ventaglio di azioni previste. Infatti,
rispetto alla programmazione iniziale delle attività da realizzare, le
quattro organizzazioni territoriali aderenti alla sperimentazione hanno
in più occasioni chiesto ai referenti del progetto di verificare la
possibilità sia di una maggiore implementazione delle attività già in
corso, sia di progettare e realizzare nuovi interventi di supporto alle
organizzazioni rispetto alle questioni individuate come prioritarie e/o
significative. Ciò ci ha portato a prolungare il periodo della
sperimentazione fino alla conclusione del progetto.
Dai primi risultati del processo di valutazione, emerge che tutte le
azioni si sono concluse positivamente. Tra i fattori che hanno favorito
la riuscita del progetto c’è sicuramente la “validità” dell’approccio
utilizzato che ha avuto nella compartecipazione uno dei suoi punti di
forza. Il coinvolgimento diretto e costante dei referenti degli enti
partner e la condivisione di tutto il processo ha sicuramente richiesto
un maggiore impiego di energie e tempo sia da parte dei realizzatori
che da quella degli sperimentatori, ma ha permesso di incidere in
modo più significativo sui processi organizzativi creando maggiori
possibilità di riuscire nella promozione di un cambiamento
organizzativo e culturale. La partecipazione attiva ha probabilmente
aiutato gli enti ad individuare con ulteriore chiarezza le opportunità
20 L’elevato carico di procedure amministrativo-burocratiche e un orientamento molto più orientato al controllo che al supporto che contraddistinguono le esperienze progettuali cofinanziate dal Fondo Sociale Europeo, spesso limitandone l’operatività e soprattutto la propensione all’innovazione, dovrebbero rappresentare un oggetto di riflessione per i servizi preposti.
38
offerte dal progetto, che è diventato così a tutti gli effetti una fucina di
sperimentazione.
2.1.1 L’Azienda Provinciale per i Servizi Sanitari
All’interno dell’Azienda Provinciale per i Servizi Sanitari (APSS), il
confronto con i Comitati Pari Opportunità (CPO) e con il Servizio
gestione risorse umane ha portato ad un piano di lavoro
particolarmente ricco ed articolato. Questa positiva collaborazione è
stata favorita da una coincidenza di obiettivi da perseguire. In
particolare, i CPO aziendali costituiti nel 2004 avevano individuato tra
i temi e le attività da affrontare, la creazione di una cultura
organizzativa aziendale condivisa sui problemi delle pari opportunità e
di genere; la definizione di un database per la lettura
dell’organizzazione della Azienda sanitaria in un’ottica di genere;
l’individuazione di azioni positive per conciliare la propria vita con il
lavoro; la ricerca di modalità per promuovere la carriera delle donne;
la comunicazione. Inoltre, in APSS nel 2006 è stato costituito un
gruppo di lavoro sulla problematica degli orari di lavoro in base ad un
progetto sulla flessibilizzazione dell’orario del lavoro presentato dai
CPO al Dirigente generale e condiviso dalla direzione strategica.
Questo gruppo aveva l’obiettivo di individuare delle proposte per
politiche e strategie aziendali tese a facilitare l’armonizzazione tra vita
personale e vita lavorativa. Ed in particolare, la volontà era di
individuare gli strumenti di flessibilità dell’orario di lavoro che
potessero rendere più agevole conciliare la presenza al lavoro con i
propri impegni personali. È ancora una volta evidente la
39
corrispondenza tra le priorità aziendali e le finalità del nostro progetto.
Gli obiettivi comuni condivisi dopo il percorso di definizione delle
azioni da implementare sono sintetizzabili nei seguenti punti:
facilitare l’equilibrio tra responsabilità familiari e professionali;
valorizzare la risorsa femminile nei contesti organizzativi, al fine
del raggiungimento della parità dei generi;
diffondere la cultura delle pari opportunità e delle politiche di
genere.
Tutti temi che di fatto sono stati affrontati all’interno delle attività
realizzate in collaborazione con GELSO.
Entrando un po’ più nello specifico, la collaborazione si è sviluppata
lungo due principali direttrici. La prima riguarda gli interventi di
formazione ed empowerment, mirati in particolare a fornire a figure
dirigenziali, rappresentanti sindacali e organismi di parità degli
strumenti per affrontare con consapevolezza ed efficacia la gestione
delle differenze, mettendo in luce come le ragioni che motivano
l’esigenza di attivare politiche di genere all’interno delle organizzazioni,
rispondano non solo a criteri di equità, ma anche di efficacia ed
efficienza per le stesse organizzazioni (Poggio 2007). In particolare
sono stati organizzati un workshop (Il sistema di conciliazione: un vantaggio
per l’azienda) rivolto a dirigenti e direttori ed un intervento seminariale
di sensibilizzazione per i referenti organizzativi e sindacali dei tavoli di
concertazione (La valorizzazione delle differenze di genere nell’Azienda
Provinciale per i Servizi Sanitari: il ruolo forte delle Parti Sociali). Questi
momenti di approfondimento sulla gestione delle risorse umane in
un’ottica di genere, sulla valorizzazione delle differenze, su politiche
40
di conciliazione rivolte ad entrambi i generi; sul rapporto tra
contrattazione e conciliazione hanno permesso da una parte di
mettere attorno allo stesso tavolo le parti sociali per discutere
“anticipatamente” rispetto al momento del confronto contrattuale su
temi che non sempre hanno spazio adeguato nella contrattazione.
Dall’altro hanno suggerito scenari organizzativi più attenti alle
dinamiche e alle trappole di genere.
Per quanto riguarda la formazione in aula, l’APSS ha partecipato ad
entrambi i corsi trasversali a tutte le organizzazioni, ovvero quello
rivolto a tutor e facilitatori di progetto e quello per i Comitati pari
opportunità aziendali. Un percorso specifico, Costruire strategie di
carriera: laboratorio per lo sviluppo di competenze di genere nell’organizzazione, è
invece stato organizzato per lavoratori e lavoratrici che potevano
ambire a migliorare la loro posizione professionale, anche attraverso
passaggi di carriera. A partire dall’approfondimento sulla cultura di
genere all’interno dell’organizzazione e dalla riflessione sulle storie
professionali ed i percorsi di carriera vissuti, i/le partecipanti hanno
potuto elaborare strategie individuali di crescita professionale
conciliabili con gli obiettivi di sviluppo organizzativo.
La seconda linea di intervento attuata nell’Azienda sanitaria ha
riguardato la consulenza organizzativa finalizzata alla promozione di
modelli innovativi per la conciliazione tra vita lavorativa e vita
personale, alla rilettura del sistema di valutazione ponendo attenzione
alle dinamiche di genere, alla ridefinizione dei modelli organizzativi e
delle condizioni contrattuali. L’APSS è forse l’organizzazione che più
ha colto l’opportunità di lavorare in un’ottica di sistema integrato di
41
azioni, affrontando tre questioni fondamentali per un reale
cambiamento organizzativo. Insieme abbiamo infatti lavorato sulla
flessibilità oraria, sulla gestione dei dati organizzativi, sull’esigenza di
rivedere i modelli di valutazione delle carriere in un’ottica non
discriminante per la componente femminile.
La predisposizione di una banca dati che contempli anche delle
variabili di genere permette alle organizzazioni di dotarsi di un drive
cognitivo che, attraverso una lettura periodica e sistematizzata delle
informazioni disponibili sul personale, è in grado di agire quale
strumento di lettura in un’ottica di genere, focalizzata a rilevare le
criticità, i punti di forza, di debolezza e le opportunità presenti in
un’organizzazione pur complessa a livello gestionale (Corsi 2007).
La personalizzazione degli orari va inserita nel quadro più ampio delle
strategie aziendali e delle fasi di riorganizzazione interna. Questo
processo può innescare una maggiore attenzione alle persone, al
confronto tra responsabili e persone, allo scambio comunicativo e
informativo. All’interno di questo framework generale si collocano i
principali scopi della personalizzazione degli orari in APSS: favorire
una evoluzione della cultura manageriale fornendo ai singoli
responsabili un ruolo attivo sia nell’ascolto/scambio con le persone
sia nella individuazione delle microsoluzioni organizzative e gestionali
atte a consentire la personalizzazione dell’orario richiesta; promuovere
un maggior coinvolgimento delle persone attraverso l’assunzione di
responsabilità nei confronti della conciliazione vita lavoro e la
conseguente propositività per risolvere in modo attivo le criticità della
conciliazione (Storti 2007a). Con personalizzazione si intende la
42
realizzazione di una convergenza tra persona e responsabile: essa
affronta non solo il fabbisogno individuale, ma anche l’organizzazione
del lavoro locale, dell’ufficio o del reparto e quindi le modifiche
flessibili che tale micro-organizzazione deve darsi in modo decentrato
per consentire la flessibilizzazione, traendone a livello organizzativo
benefici di miglioramento della risposta al cliente. La formula ideata,
da sperimentare per realizzare la personalizzazione dell’orario, è quella
di uno scambio a due tra responsabile e persona incaricati dagli altri
attori, Direzione del personale, Comitato pari opportunità di trovare
la soluzione ad hoc per l’ufficio e per la persona. Si tratta di operare
uno scambio sui generis non basato sulla rivendicazione di diritti e o su
rapporti di forza sindacali, ma sulla ricerca comune delle migliori
convenienze e sinergie temporali per quel particolare ufficio e per
quella persona in quel momento con un approccio tipo problem solving
(Storti 2007b).
Infine, l’attenzione è stata posta sulla lettura di genere del sistema di
valutazione adottato in APSS, sia per quanto riguarda la valutazione
della Dirigenza sia per quella del personale del comparto. L’obiettivo
è stato quello di suggerire interventi collegati all’ottimizzazione della
valutazione per ampliare la visione della gestione delle risorse umane
orientata alla valorizzazione delle differenze di genere. Assegnando
alla differenza di genere il valore di trasversalità tra le differenze
presenti nelle organizzazioni, è possibile raggiungere il grado di
eccellenza auspicato dai più avanzati modelli di management: non solo
perché il suo mancato riconoscimento è motivo di conflitti
organizzativi – taciti ed espressi – ma, ancor più, perché esso non
43
permette il più ampio utilizzo del potenziale cognitivo ed emotivo che
ogni donna e ogni uomo porta nello svolgimento del proprio lavoro.
Conseguenza, questa, che ha dirette e gravi ripercussioni sul
patrimonio reale e simbolico dell’impresa (Chiesi, Musolesi 2007).
2.1.2 La Provincia Autonoma di Trento
Per quanto riguarda la Provincia Autonoma di Trento (PAT), i
referenti per il progetto GELSO sono stati il Comitato Pari
Opportunità, l’Ufficio per le Politiche di Pari Opportunità ed il
Servizio per il Personale. Nello specifico, la collaborazione con il
Servizio per il personale è stata particolarmente fruttuosa nella fase di
sperimentazione permettendo di realizzare, così come con l’APSS, un
piano di lavoro articolato ed interessante. Ciò è stato possibile, ancora
una volta, per l’attenzione e la capacità da parte della dirigenza del
Servizio di cogliere l’importanza dell’introduzione di politiche di
genere nel contesto organizzativo al fine di rispondere sia alle richieste
di lavoratori e lavoratrici, sia alle necessità di miglioramento e di
cambiamento nella gestione e valorizzazione delle risorse umane, per
meglio perseguire gli obiettivi dell’organizzazione soprattutto nei
termini di aumento della qualità dei servizi offerti. Il Servizio, infatti,
aveva già portato avanti alcune politiche specifiche per quanto
riguarda le possibilità di conciliazione tra tempi di lavoro e tempi
personali e la gestione delle assenze di lungo periodo soprattutto in
merito alla fase di reinserimento nel contesto lavorativo.
Nelle attività di sperimentazione programmate con la PAT ampio
spazio è stato dato alla formazione che ha coinvolto sostanzialmente
44
tutti i livelli organizzativi. Oltre ai due percorsi trasversali, rivolti ai
Comitati Pari Opportunità e a tutor e facilitatori del progetto, sono
stati attivati alcuni percorsi formativi volti a favorire la crescita
professionale e lo sviluppo organizzativo in un ottica di genere. Gli
interventi hanno presentato una duplice finalità: da una parte, favorire
l’acquisizione di competenze, capacità e strumenti utili allo sviluppo
delle potenzialità individuali in un’ottica di genere; dall’altra,
accrescere gli strumenti di lettura della realtà/cultura organizzativa di
appartenenza con attenzione alle dinamiche di genere e alla
costruzione delle stesse (Poggio 2006).
In particolare, sulla base delle esigenze e degli interessi emersi nel
corso della fase di ricerca, per la PAT sono state progettate e
realizzate due edizioni del corso Sviluppo di competenze manageriali in una
prospettiva di genere, rivolte al personale della categoria D e D superiore.
A partire dall’analisi del contesto organizzativo attraverso
l’acquisizione di strumenti conoscitivi ed interpretativi per la lettura, la
comprensione e la gestione delle dinamiche di genere all’interno delle
organizzazioni lavorative, il corso ha inteso supportare l’evoluzione
delle persone, in una prospettiva di empowerment individuale, che
tenesse conto da una parte delle ricadute, in termini di miglioramento,
sull’organizzazione aziendale e sulla partecipazione attiva alla vita
organizzativa, e dall’altra favorisse lo sviluppo di nuova progettualità
nei percorsi di carriera ed implementasse le competenze manageriali e
di gestione delle risorse umane.
È stato realizzato, inoltre, il corso Contesti organizzativi e differenze di
genere, al quale hanno partecipato solo lavoratrici, di tutte le qualifiche.
45
È stata l’unica attività organizzata all’interno di GELSO che ha visto
la presenza della sola componente femminile. Il percorso è stato
progettato in base ad uno specifico bisogno espresso
dall’organizzazione che rilevava una domanda in questa direzione da
parte delle dipendenti, in continuità con attività simili che erano state
programmate in anni precedenti e poi non riattivate. La proposta è
stata quella di sviluppare competenze di lettura del contesto
organizzativo con particolare riferimento ad un’ottica culturale di
genere, di comprensione dei processi organizzativi e delle
configurazioni relazionali e di potere, di comunicazione interpersonale
(Poggio 2006).
A dirigenti e direttori sono stati poi riservati due workshop (L’equità di
genere e la conciliazione tra vita lavorativa e vita personale: strumenti ed
esperienze di gestione delle risorse umane) sulla gestione e la valorizzazione
delle risorse umane e sulla costruzione di percorsi di carriera non
discriminanti. In questi workshop sono stati proposti alcuni strumenti
conoscitivi ed interpretativi rispetto alle questioni di genere, attraverso
l’analisi di proposte ed esempi innovativi di gestione del personale
mirati a favorire l'equità di genere e la conciliazione tra vita lavorativa
e vita personale.
È stato inoltre realizzato un workshop di approfondimento (La
valorizzazione delle differenze di genere in Provincia di Trento: il ruolo forte delle
parti sociali) rivolto ai componenti dei tavoli di contrattazione, ovvero
sindacati, APRAN21 e rappresentanti del Servizio per il personale. Il
21 Si tratta dell’Agenzia Provinciale per la Rappresentanza Negoziale
46
workshop è stato interpretato come un tavolo di lavoro attorno al quale
le rappresentanze aziendali, l’agenzia di contrattazione per la PAT e le
parti sindacali hanno iniziato ad analizzare la possibilità e
l’opportunità di introdurre misure in materia di conciliazione ed
equità di genere nei contratti.
È già stato accennato al fatto che soprattutto nell’ambito dell’ente
provincia, l’attività formativa ha avuto un impatto particolarmente
significativo tanto da concretizzarsi con la richiesta di ulteriori
interventi di approfondimento. Tale domanda di supporto è stata
accolta attraverso l’organizzazione di tre workshop tematici realizzati
nell’autunno del 2007 che hanno coinvolto direttori e dirigenti
dell’ente Provincia e rappresentanti sindacali. Questi incontri sono
stati organizzati come laboratori nei quali i/le partecipanti si sono
confrontati operativamente con metodi e tecniche attraverso la
mediazione di una professionista che ha funto da facilitatrice.
Per quanto riguarda le consulenze, dal confronto con i referenti
interni, è emerse l’importanza di focalizzare l’attenzione
sull’opportunità di rivedere l’istituto del part time e sull’iniziare un
percorso di sensibilizzazione, e possibilmente di successivo intervento,
alle problematiche connesse al reinserimento in organizzazione dei
dipendenti e delle dipendenti che per diversi motivi devono assentarsi
a lungo dal posto di lavoro.
L’intervento più cospicuo ha riguardato la revisione dell’istituto del
part time. È stato attivato un tavolo di lavoro tra referenti
dell’organizzazione e rappresentanti sindacali che ha lavorato con
l’obiettivo ritrovare soluzioni operative da proporre poi al tavolo della
47
concertazione decentrata. L’esigenza di mettere in discussione la
vigente disciplina n materia di orario ridotto del lavoro è nata dalla
presa d’atto che esistevano alcune contraddizioni interne nella sua
interpretazione operativa che ne complicavano l’applicazione con
svantaggi sia per l’ente sia per i lavoratori e le lavoratrici. Obiettivi di
questo intervento sono stati: inserire in prospettiva il part time in un
contesto di orari flessibili dove si possano combinare soluzioni
personalizzate che permettano di dare risposte efficaci alle esigenze
organizzative e dei dipendenti; dare certezza sulla sua applicazione;
ampliare la gamma degli orari ridotti; contenere la riduzione del
monte ore lavorate nella Provincia pur estendendolo.
In particolare, è stata posta l’attenzione nel promuovere un maggior
coinvolgimento delle persone attraverso l’assunzione di responsabilità
nei confronti della conciliazione vita-lavoro e la conseguente
propositività per risolvere in modo attivo le criticità della
conciliazione. Come è stato evidenziato negli incontri consulenziali,
questo approccio sottolinea l’importanza di inserire un processo di
attenzione alla soddisfazione del cliente interno al fine di motivare a
migliorare la soddisfazione del cliente esterno, in linea con le
sperimentazioni più avanzate secondo le quali esiste un nesso forte tra
employee satisfaction e customer satisfaction.
Per quanto riguarda il secondo intervento consulenziale, il Servizio
per il personale aveva già in agenda un progetto che aveva definito
“Buon rientro” con il quale intendeva porre l’attenzione su alcune
problematiche riscontrate in fase di reinserimento nel posto di lavoro
di lavoratori, ma soprattutto lavoratrici dopo lunghi periodi di assenza
48
lavorativa per diverse motivazioni22. Attraverso l’accompagnamento
dei consulenti di GELSO sono stati approfonditi i fattori che in
alcune situazioni possono essere causa di svantaggio o inefficienza per
il personale che rientra in servizio dopo un periodo di
allontanamento 23 e di seguito individuate alcune buone pratiche
attivabili al fine di superare disagi e problematiche registrate.
A questo intervento è seguita una nota del Servizio per il Personale
nella quale i/le direttori/trici e i/le dirigenti venivano invitati a
considerare tale problema e contemporaneamente erano suggerite
alcune attenzioni da rivolgere nei confronti di lavoratori/trici che
rientrassero dopo periodi di assenza, senza nessun particolare
impegno economico né eccessivo impiego di tempo24.
L’obiettivo che si presumeva di poter raggiungere attraverso tali
accorgimenti era quello di contribuire a superare disagi che talvolta
incidono in maniera condizionante sulla buona riuscita dei compiti
affidati. La prospettiva era di ottenere ricadute positive sia per i/le
dipendenti da reinserire in organico sia per la struttura di assegnazione.
In realtà questo intervento ha conosciuto non poche resistenze. Tanto
22 In particolare si tratta di congedi di maternità e/o parentali; congedi per malattia; altre forme di congedo previste dalla normativa, aspettativa, permesso (mandato politico, studio, assistenza ai familiari, riabilitazione…); altre fattispecie quali, per esempio, la riassunzione in servizio, part-time verticale, e così via. 23 In particolare, sono riconducibili a cambiamenti: nell’organizzazione del personale; a livello normativo o istituzionale, specie se comportanti revisioni della materia lavorativa; nelle modalità di svolgimento del lavoro; organizzativo temporali (orario, servizio mensa, permessi ferie, ecc.); logistici; informatici. 24 Suggerimenti, peraltro, utilizzabili anche nei confronti del personale neo assunto, rispetto al quale si rilevava spesso la mancanza di formazione o scarsa conoscenza dell’ambiente lavorativo.
49
più che a seguito di un articolo apparso sulla stampa locale che
riportava la notizia con una non corretta informazione sui contenuti e
gli obiettivi dell’informativa, si è aperto un dibattito centrato su un life
motiv classico per la stampa trentina che, con argomentazioni spesso
stereotipate, ha riacceso la polemica sui benefici dei lavoratori
provinciali.
2.1.3 Il Comune di Rovereto
Il nostro interlocutore principale per il comune di Rovereto è stato il
Comitato Pari Opportunità (CPO) attraverso la sua Presidente e parte
dei componenti 25 . La collaborazione con il comune è stata
condizionata dal cambio di legislatura nel periodo che ha preceduto
l’attivazione del progetto in quanto ha implicato, pur nella conferma
dell’impegno preso, la necessità di ricostruire la partnership con
interlocutori che non avevano partecipato e condiviso l’ideazione e la
costruzione dell’impianto progettuale, con tutte le difficoltà intuibili
rispetto alla mediazione su modalità e tempi di accesso; alla
ridefinizione delle motivazioni a partecipare e degli obiettivi da
perseguire, e così via.
Tutto ciò ha ovviamente comportato un ritardo sui momenti previsti
di condivisione del processo e di definizione delle azioni di
sperimentazione che ha influito sui tempi e le modalità di
realizzazione delle azioni. Più deboli sono state peraltro le relazioni
25 Il Comitato costituito nel gennaio 2006, è composto da 6 donne, di cui 5 dipendenti e la consigliera delegata alle pari opportunità, e 2 uomini.
50
con i vertici comunali data la farraginosità del processo/percorso e le
conseguenti ripercussioni sulla tipologia e le caratteristiche degli
interventi pianificati. Tuttavia, date le premesse, le valutazioni sulla
riuscita delle azioni implementate e sulla collaborazione tra partner,
referenti di progetto e referenti istituzionali risultano essere positive,
come emerge sia dalle considerazioni di chi all’interno del comune ha
partecipato alla sperimentazione, sia rispetto a quanto rilevato da
parte degli enti partner di progetto.
Con il comune di Rovereto abbiamo lavorato soprattutto in ambito
consulenziale, mentre la partecipazione alle attività formative ha visto
coinvolti solo i membri del CPO. Infatti, questi ultimi, per la maggior
parte alla prima esperienza, hanno da subito manifestato l’interesse a
ricercare opportunità per approfondire conoscenze e competenze in
materia di pari opportunità ed hanno quindi accolto con favore la
proposta del nostro team di un corso di formazione per componenti
dei Comitati. All’iniziale adesione della maggioranza dei membri del
CPO non è poi seguita una partecipazione compatta, tuttavia questa
opportunità di interagire assieme ha permesso di consolidare la
collaborazione e definire al meglio il piano degli interventi
consulenziali. Infatti, già all’interno del percorso formativo è iniziato il
percorso di accompagnato del Comitato verso la costruzione e la
formalizzazione del piano delle “Azioni positive” 26 , non ancora
26 Il percorso formativo per i Comitati Pari Opportunità prevedeva una parte di laboratorio durante il quale corsisti e corsiste si sono cimentati nella realizzazione di un progetto da implementare all’interno del comitato di appartenenza. Le due persone del Comitato del comune di Rovereto che hanno partecipato al corso
51
predisposto e portato a termine successivamente con l’affiancamento
di un consulente. Nel Piano delle azioni positive, successivamente
presentato ed accolto dagli organi comunali, sono stati recepiti quali
obiettivi generali dei punti focali nella prospettiva di un cambiamento
organizzativo attento alla dimensione del genere. A fianco della
volontà di “favorire le politiche di conciliazione tra responsabilità
familiari e professionali, attraverso azioni che prendano in
considerazioni sistematicamente le differenze, le condizioni e le
esigenze di donne e uomini all’interno dell’organizzazione, ponendo al
centro l’attenzione alla persona e contemperando le esigenze dell’Ente
con quelle dei dipendenti e delle dipendenti, dei cittadini e delle
cittadine”, si ribadisce la volontà di “sviluppare criteri di
valorizzazione delle differenze di genere all’interno
dell’organizzazione del lavoro, attraverso la formazione e la
conoscenza delle potenzialità e delle professionalità presenti
all’interno dell’Amministrazione” nonché di “aumentare la
consapevolezza che leggere i fenomeni con l'ottica di genere è
conveniente e strategico per la pianificazione e lo sviluppo delle
risorse umane dell'ente, ma anche per la qualità dei servizi erogati in
un’ottica di cambiamento e miglioramento”27.
hanno optato per lavorare sul piano delle azioni positive individuando nel supporto messo a disposizione attraverso la presenza di formatori esperti in aula un’occasione da cogliere per cimentarsi in un campo ritenuto difficoltoso per la poca esperienza pregressa su ruolo e funzioni e possibilità di azione dei CPO. 27 Comitato Pari Opportunità del Comune di Rovereto, Piano delle Azioni Positive 2006-2010.
52
L’intervento consulenziale più incisivo ha tuttavia riguardato la
revisione della disciplina della trasformazione del rapporto di lavoro
da tempo pieno a tempo parziale. Su questo tema infatti, il Comitato
era stato chiamato in causa direttamente dalle dipendenti che
nell’autunno del 2006 si erano viste escluse dalla possibilità di ridurre
l’orario di lavoro. Era la prima volta che nel comune di Rovereto si
rivelava necessaria una graduatoria per l’accettazione delle richieste e,
quindi, la successiva esclusione di chi non rientrava in posizione utile
per accedere al part time. Tale situazione ha messo in rilievo l’esigenza
di rivedere la disciplina in oggetto e gli stessi organi politici hanno
valutato per la prima volta l’opportunità di un coinvolgimento diretto
del CPO. La Giunta comunale ha concordato con il Comitato la
necessità di rivedere una disciplina probabilmente in parte superata.
È in questo contesto che si è concretizzato il contributo di GELSO
che ha sostenuto il percorso proponendo un tavolo di lavoro che ha
visto rappresentati oltre al Comitato, l’Amministrazione e il sindacato.
Il supporto esterno ha favorito la creazione di una disponibilità al
dialogo tra le parti e di una fattiva collaborazione tra dirigenti,
rappresentanti sindacali e membri del CPO delegati a partecipare. La
consulenza si è articolata attraverso un’approfondita indagine sulla
situazione del personale comunale e sulle esigenze di trasformazione
di rapporto di lavoro ad orario ridotto. Lo studio presentato ai ed alle
componenti del tavolo di lavoro e il metodo di lavoro proposto, con
la condivisione partecipata delle conclusioni, frutto anche di un
indagine qualitativa sul campo che ha coinvolto una pluralità di
soggetti “chiave”, ha contribuito a creare un ottimo clima
53
collaborativo, apprezzato sia all’interno della struttura che dagli organi
politici chiamati alle scelte. L’intervento di collaborazione esterna è
risultato molto positivo anche perché ha saputo dare tempi e
scadenze che hanno consentito al tavolo di lavoro di arrivare alla
predisposizione e all’approvazione della nuova regolamentazione del
part time in tempo utile per la presentazione delle domande per il 2008.
Infine, la collaborazione con il team di Gelso si è concretizzata nel
sostegno all’analisi e alla valutazione dei risultati di un questionario
proposto dal CPO ai lavoratori e alle lavoratrici del comune per
rilevare criticità, problemi, aspettative su cui poi impostare l’attività e
l’impegno del Comitato. Oltre a fornire una lettura dei dati, la cui
sintesi è stata poi presentata ai/lle dipendenti, sono state proposte
indicazioni e suggerimenti per l'elaborazione guidata di un successivo
monitoraggio, previsto a metà mandato, che possa cogliere con
maggiore accuratezza le dinamiche e le problematiche di genere che si
possono presentare all’interno dell’ente comunale.
2.1.4 La Federazione Trentina della Cooperazione
La Federazione Trentina della Cooperazione è stata l’organizzazione
che meno ha visto coinvolti i vertici gestionali ed infatti le azioni più
significative a livello di cambiamento organizzativo sono state fatte
con una delle realtà della costellazione delle cooperative e delle casse
rurali che aderiscono alla Federazione, ovvero la Cassa rurale di
Aldeno e Cadine. Con la Federazione Trentina della Cooperazione
invece si è lavorato con due realtà in un certo senso “nascenti”:
l’Associazione Donne in cooperazione e l’Associazione Giovani
54
cooperatori Trentini.
L’accompagnamento consulenziale all’Associazione Donne in
Cooperazione ha avuto l’obiettivo di sostenere le socie nel definire le
proposte di lavoro e le linee strategiche per il futuro, per creare un
gruppo sempre più coeso, con relazioni interne forti e stabili, con
metodologie di comunicazione e informazione flessibili. Si è lavorato
sui possibili sviluppi che l’associazione può avere, considerando le
opportunità di cambiamento, i punti di forza e di debolezza, e come
cercare di migliorarli, e gli obiettivi percorribili, a partire da quelli a
breve termine. L’accompagnamento si è sviluppato attraverso
laboratori tematici nei quali si è lavorato per piccoli gruppi. Questa
scelta metodologica è stata motivata dall’obiettivo di coinvolgere in
modo più consapevole e partecipativo le socie alla vita
dell’organizzazione associativa. Essendo una realtà relativamente
nuova, appare ancora forte la necessità di concentrarsi sul
rafforzamento interno, di consolidare la propria identità come
associazione, di conoscenza reciproca, di collaborazioni su singoli
progetti. È interessante, nell’ottica del cambiamento organizzativo, la
volontà dell’associazione di operare nella direzione del rafforzamento
della presenza femminile nei luoghi decisionali della Federazione con
una pluralità di iniziative che vanno dalla formazione, alla creazione di
una banca dati con i curricula delle donne “competenti” per ricoprire
ruoli decisionali e di potere.
Il lavoro impostato con l’Associazione Giovani Cooperatori Trentini
è stato di accompagnamento nella fase di cambiamento istituzionale
che stava attraversando, a partire dalla revisione dello statuto,
55
ponendo attenzione a leggerlo attraverso la lente dell’ottica di genere.
Anche in questo caso la modalità operativa di lavoro è stata quella del
laboratorio e del lavoro per piccoli gruppi.
La collaborazione con la Federazione si è anche articolata attraverso
la partecipazione ad alcune delle attività formative proposte da
GELSO. Oltre alla frequenza ai due corsi trasversali, rivolti ai
Comitati Pari Opportunità e a tutor e facilitatori di progetto, la
Federazione si è attivata nella realizzazione di uno dei corsi formativi
di sviluppo delle competenze manageriali in una prospettiva di genere,
che come è già stato detto è stato progettato al fine di offrire
strumenti conoscitivi ed interpretativi per la lettura, l’analisi e la
gestione delle dinamiche di genere all’interno delle organizzazioni
lavorative; supportare l’evoluzione delle persone, in una prospettiva di
empowerment individuale, che tenga conto anche del miglioramento
dell’organizzazione aziendale e della partecipazione attiva alla vita
organizzativa; sviluppare nuova progettualità nei percorsi di carriera;
implementare competenze manageriali e di gestione delle risorse
umane.
Come anticipato, più incisiva per quanto riguarda il coinvolgimento
dei vertici decisionali è stata la collaborazione con la Cassa Rurale di
Aldeno e Cadine. Le attività implementate hanno infatti coinvolto
responsabili di filiale, Aree e Servizi, il Responsabile della gestione
risorse umane e il Direttore generale, ai quali è stato rivolto un
workshop sulla gestione delle risorse umane ponendo attenzione alla
valorizzazione delle differenze (Managing Diversity: Strategie e strumenti
gestionali per il management di Organizzazioni evolute). Con la Cassa rurale si
56
è poi impostato da una parte un percorso consulenziale individuale
sul tema “Sistemi di Gestione delle differenze di genere e part-time in
Cassa Rurale di Aldeno e Cadine BCC” rivolto al Responsabile della
gestione delle risorse umane, nel quale sono stati approfonditi alcuni
dei temi affrontati nel workshop e soprattutto si è lavorato a partire
dalla realtà e dalle esigenze contingenti dell’istituto di credito.
Dall’altra si è proceduto con un intervento di supporto nella
valutazione e nella realizzazione dell’introduzione del congedo
obbligatorio per i padri alla nascita dei figli. Questo ultimo intervento
ha visto partecipi in un primo momento il Presidente, il Direttore
generale ed il Responsabile della gestione delle risorse umane; il
percorso è stato poi condiviso con il Consiglio d’amministrazione
della Cassa rurale che ha accolto la proposta di tramutare i due giorni
lavorativi di permesso retribuito alla nascita dei figli28, in tre giorni
lavorativi di congedo obbligatorio. La volontà intrinseca a tale
decisione è stata quella di evidenziare l’attenzione che l’organizzazione
in questione manifesta rispetto al ruolo di condivisione e
compartecipazione che il padre dovrebbe ricoprire nella cura dei figli.
Il congedo obbligatorio per i padri, che ci risulta essere in Italia la
prima esperienza, seppur di valenza prevalentemente simbolica29, di
questo tipo, ha una doppia valenza: rappresenta la proiezione di un
nuovo modello di paternità capace di riconoscersi non solo nel tempo
28 Previsti dall’articolo 20 del Contratto Integrativo di Secondo Livello delle Casse Rurali. 29 Simbolica perché prevede un periodo di congedo limitato soprattutto se confrontato a quanto legiferato in altri contesti nazionali europei.
57
di lavoro, ma anche in quello dedicato ai figli e alla famiglia, e
propone una declinazione “congrua” del concetto di conciliazione
rivolgendo l’attenzione ai veri assenti nel rapporto di conciliazione tra
lavoro e vita famigliare, i padri. Come è stato sottolineato in
precedenza, molte iniziative di conciliazione hanno avuto, ed hanno,
la tendenza a concentrarsi soprattutto sulle donne. Riconoscendo alle
sole donne la necessità di attrezzarsi per gestire i diversi ambiti di
presenza (famiglia e lavoro) si ripropone un modello tradizionale di
divisione dei ruoli e dei compiti che tende a sottolineare che la
gestione dei figli e della casa (il privato) è di fatto di esclusiva
pertinenza femminile. Riteniamo, quindi, particolarmente interessante
e positivo il risultato raggiunto con questa azione e ci auguriamo
possa essere un esempio ed uno sprone per altre realtà aziendali.
2.2 Le attività comuni alle quattro organizzazioni
Nella pianificazione delle attività di sperimentazione alcune azioni
sono state progettate congiuntamente per tutte le quattro
organizzazioni; altre sono state pensate per un “pubblico” più
trasversale, coniugando gli obiettivi informativi/formativi con quelli
propri del mainstreaming .
In parte è già stato accennato al corso formativo per tutor e facilitatori
di progetto e a quello per i Comitati pari opportunità.
Il primo è stato strategico ai fini del collegamento tra organizzatori e
gestori delle attività di sperimentazione, ma anche per quelle di ricerca
e modellizzazione, e referenti istituzionali degli enti sede di
58
sperimentazione per un duplice motivo. Il percorso ha avuto, da una
parte, i facilitatori, un ruolo che è stato importante non solo per
l’implementazione delle azioni individuate da Gelso, ma anche per
formare e motivare un gruppo di persone che potesse continuare a
stimolare il confronto e le azioni degli attori organizzativi dopo la
conclusione di questo progetto (Poggio 2006). Rivolto alle persone
che i partner di progetto e i partner di rete hanno individuato al loro
interno per questi ruoli, ha permesso di formare e consolidare un
gruppo di lavoro che ha portato avanti in modo coordinato le diverse
azioni progettuali, facilitando i processi comunicativi ed organizzativi.
Infatti è stato veicolo per la creazione di un linguaggio e un background
di conoscenze comuni, allo scopo di meglio interloquire e gestire
l’organizzazione delle iniziative, rafforzando le capacità di intervento
delle persone coinvolte, per ottimizzare tempi, risorse ed efficacia
delle azioni implementate.
Il secondo è stato progettato e realizzato per migliorare la visibilità e
l’efficacia delle azioni dei Comitati pari opportunità e per fornire
strumenti di lettura, in una prospettiva di genere, dei contesti
organizzativi in cui essi operano. Obiettivo del corso era supportare i
CPO, fornendo loro conoscenze, competenze ed abilità atte ad
intervenire rispetto ad alcune dimensioni individuate come critiche,
soprattutto per quanto riguarda la comunicazione vista come capacità
di dar visibilità al comitato sia verso l’interno che l’esterno
dell’organizzazione. Ad esempio per quanto riguarda la creazione di
sinergie propositive, di momenti di reciproco confronto, di
coordinamento con gli altri CPO su temi comuni. L’attenzione è stata
59
poi posta in modo significativo sul rafforzamento delle capacità di
intervento, per ottimizzare tempi, risorse ed efficacia delle azioni
implementate, anche in base alla definizione di un’agenda con le
priorità d’intervento e le strategie di azione.
Nella logica, poi, di coinvolgere ed interloquire con tutti i soggetti che
concretamente agiscono nelle organizzazioni, non poteva non
mancare un’azione rivolta esplicitamente ed esclusivamente al
sindacato. Come abbiamo visto precedentemente, rappresentanti e
referenti sindacali sono stati attivamente coinvolti nelle
sperimentazioni, soprattutto per quanto riguarda i tavoli di lavoro sul
part time e la flessibilizzazione degli orari. Abbiamo tuttavia ritenuto
importante programmare un workshop di approfondimento per
dirigenti e referenti sindacali30 trasversalmente per tutte le maggiori
organizzazioni sindacali presenti nelle organizzazioni partner di
sperimentazione. Il focus è stato posto sul ruolo attivo, propositivo e
propulsivo che il sindacato può assumere nella contrattazione,
rispetto all’attenzione alle discriminazioni di genere e alle misure di
conciliazione, superando le resistenze ad aderire ad una forma diversa
dalle forme ordinarie di contrattazione, quale il timore di intaccare i
modelli universalistici di difesa dei diritti e di approdare a derive
personalistiche.
Questo workshop è stato pensato in continuità con quelli realizzati per
dirigenti, manager e componenti tavoli di concertazione. Tutte queste
30 Il titolo del workshop era: “La legge 53 nelle aziende e nelle organizzazioni di lavoro. Le resistenze delle aziende, la farraginosità delle procedure, il ruolo del sindacato come elemento propulsivo della legge: nodi critici”.
60
iniziative hanno permesso di offrire a tutti i soggetti che partecipano a
vario titolo ai diversi processi decisionali una serie di stimoli e
strumenti utili per modificare i modelli culturali di genere nelle
organizzazioni, rappresentando una importante occasione di scambio
e confronto, al di là delle specifiche appartenenze, anzi mostrando
come su questo tipo di tematiche sia possibile trovare delle
convergenze trasversali.
2.3 Le azioni di sensibilizzazione e promozione
Accanto agli interventi diretti in modo più specifico alle
organizzazioni coinvolte, abbiamo poi proposto, ampliando il campo
d’azione, l’implementazione di azioni di sensibilizzazione e
promozione volte a favorire un cambiamento dei modelli culturali di
genere dominanti, come la promozione dell’utilizzo dei congedi
parentali da parte dei padri, la presentazione di esperienze esemplari
di conciliazione aziendale e l’analisi dei costi di non parità.
2.3.1 La campagna per incentivare il congedo dei padri
La campagna informativa e di sensibilizzazione sull’utilizzo dei
congedi parentali da parte dei padri, previsti dalla legge 53 del 2000,
ha avuto l’obiettivo di promuovere e diffondere, attraverso strategie
di comunicazione pubblica, modelli innovativi di conciliazione
famiglia/lavoro, rivolti in particolare alla componente meno attiva su
questo versante, quella maschile. La campagna, realizzata sul territorio
trentino, è nata dalla consapevolezza che la segregazione verticale di
61
genere nel mercato del lavoro anche sul territorio locale risente sia
della divisione asimmetrica dei ruoli all’interno delle famiglie, sia del
permanere di stereotipi di genere nei contesti lavorativi rispetto alle
competenze e alle responsabilità di donne e uomini (Poggio 2006).
Per tale ragione risulta particolarmente importante mettere in atto
azioni di sensibilizzazione in grado di influenzare i modelli culturali
alla base di tali fenomeni. La scelta di focalizzare l’attenzione su
quanto previsto dalla legge 53 è motivata dalla rilevazione della
conoscenza ancora poco diffusa sul territorio, oltre al limitato utilizzo,
delle opportunità che offre per i padri. Attraverso la campagna si è
inteso ricordare a padri e madri, ma soprattutto ai primi, che esiste la
possibilità di scegliere e alle organizzazioni lavorative (da cui spesso
provengono le principali resistenze) che questa possibilità va rispettata.
Tutto ciò nell’ottica della ridefinizione dell'attuale cultura del lavoro,
che considera prioritaria la quantità di tempo passata sul luogo di
lavoro e che, anche per questo, continua a generare evidenti
asimmetrie nelle opportunità e nei vissuti di donne e uomini.
L’attenzione alla tematizzazione sulla condivisione attraverso
campagne medianiche è stata in genere trascurata in Italia. La
campagna in questione ha inteso proporre ai padri un modello di
patto sociale di genere “attrattivo”, uno stile di vita innovativo e
moderno che aumenta la qualità della vita. Le numerose richieste di
informazioni da parte di padri (e madri) durante la prima e la seconda
fase della campagna, e il dibattito suscitato sulla stampa locale, fanno
presupporre che i mezzi comunicativi utilizzati siano stati efficaci. La
pianificazione di due fasi distanti nel tempo ha risposto all’esigenza
62
delle campagne cosiddette “educative” di essere iterate per creare
dibattito critico e quindi un comportamento attivo.
Il tema è stato poi oggetto di approfondimento in molti contesti
durante la realizzazione delle azioni di sperimentazione del progetto.
In prospettiva, questa attività di sensibilizzazione potrebbe essere
portata avanti dalle organizzazioni coinvolte nella fase di
sperimentazione attraverso i canali informativi a loro disposizione o
presa in carico dalla pubblica amministrazione dato il contenuto di
valore sociale. Inoltre, essendo il tema della campagna di interesse
trasversale a tutto il contesto nazionale, potrebbe poi essere
efficacemente ed opportunamente riproposta in luoghi e situazioni
diversi.
2.3.2 L’analisi dei costi di non parità
Una delle iniziative più innovative attivate all’interno di GELSO è
stato sicuramente il tavolo di lavoro sull’analisi dei costi di non parità.
Questa azione si è proposta di individuare degli indicatori atti a
quantificare come la mancata introduzione di politiche di genere e di
misure di conciliazione adeguate possa tradursi in costi effettivi per le
aziende31.
Il gruppo di lavoro sui costi di non parità ha inteso indicare con tale
termine l’insieme dei costi diretti ed indiretti che le organizzazioni si
31 Si pensi ad esempio alla non valorizzazione di risorse umane formate e qualificate, ma anche agli effetti di una mancata motivazione del personale, come la disaffezione rispetto al proprio lavoro e all’organizzazione, che può essere visto come una sorta di “dimissioni interiori”.
63
assumono ogni volta che attuano azioni non paritarie nei confronti
dell’appartenenza di genere dei propri collaboratori. Una adeguata
misurazione dei costi effettivi, diretti ed indiretti, consente di
quantificare la “perdita” di competitività e di reddito nell’attuare nelle
organizzazioni politiche del personale non paritarie e discriminanti.
Nello specifico questa azione intendeva enfatizzare il ruolo delle
organizzazioni come attori che riproducono le asimmetrie di genere.
Inoltre si è cercato di spostare l’interesse dal piano delle performance,
affrontato e presente come dibattito in letteratura, al piano dell’analisi
dei costi, in parte ancora trascurato come aspetto analitico, così da
rendere ancora più esplicita l’irrazionalità (dal punto di vista del conto
economico) delle scelte che penalizzano la presenza femminile nelle
organizzazioni. L’analisi condotta mostra in effetti che un
investimento non paritario tra personale femminile e maschile implica
un aumento dei costi aziendali.
L’attività svolta si è avvalsa di una ricerca sul campo che ha seguito
due percorsi di analisi. Il primo si è concentrato sulla letteratura sui
gap salariali e sulla ricognizione degli indicatori che possono
permettere di individuare le azioni organizzative non paritarie. Il
secondo ha riguardato un lavoro di simulazione e di quantificazione
attraverso stime e approssimazioni del modello funzionale, come
strumento operativo da proporre in particolar modo alle imprese e al
mondo datoriale in generale. L’obiettivo è di rendere evidente,
toccando leve a cui le aziende possono risultare più sensibili, il
maggiore costo che deriva dalla gestione non paritaria di uomini e
donne nelle organizzazioni.
64
I risultati raggiunti dovrebbero aiutare ad incidere, dunque, su due
livelli, uno culturale ed uno tecnico. Sul piano culturale si interviene
con elaborazioni di testi, strumenti divulgativi e concettualizzazioni in
grado di esplorare la dinamica complessiva dei luoghi comuni e delle
rappresentazioni sociali di uomini e donne quando sono oggetto di
offerte di impiego e di compenso nelle organizzazioni. Sul piano
tecnico dovrebbe essere possibile per le organizzazioni, o per chi è
chiamato a valutare le politiche aziendali implementate, visualizzare
concretamente le azioni e le procedure che generano costi per le
aziende quando operano in queste asimmetrie. Le simulazioni,
accompagnate da grafici e immagini esplicative, da cifre osservate e
stimate, ricavate da aziende coinvolte nella fase di sperimentazione,
evidenziano gli effetti dei comportamenti non paritari nelle
organizzazioni e quantificano l’entità dei maggiori oneri per le stesse
in relazione alla maggiore o minore intensità delle scelte non paritarie.
In particolare, il lavoro di sperimentazione e simulazione si
caratterizza come uno studio esplorativo multidisciplinare che da un
lato individua le azioni rilevanti che le organizzazioni mettono in atto
nelle loro attività quotidiane di gestione del personale maschile e
femminile, dall’altro quantifica un set di indicatori condivisi che
permette di mettere in luce i costi che l’organizzazione si assume
quando applica politiche di investimento solo al maschile, quando
crea le condizioni perché le donne prendano congedi lunghi o nel
passaggio al part time.
A partire da queste considerazioni è stato costituito un panel ristretto
di professionisti che, coordinati da vari esperti di politiche di genere e
65
di analisi organizzativa, ha realizzato un processo di riconoscimento
del valore economico delle azioni e dei costi di non parità diretti ed
indiretti che le organizzazioni si assumono. Questo gruppo ha
successivamente discusso e descritto attraverso analisi di bilancio e
interviste in aziende di settori ed ampiezza diverse, gli indicatori
selezionati e ha provato a verificare alcuni effetti di simulazione.
I risultati sono stati poi discussi e approfonditi con diversi esperti in
materie economiche e in gestione aziendale al fine di una loro
validazione e successivamente pubblicati in un quaderno della collana
“i Quaderni di GELSO” e in una piccola guida inviata alle aziende.
È forse utile sottolineare che la riflessione intorno ai costi di non
parità è strettamente connessa con una attenzione alla cultura di
genere e alle pratiche di costruzione delle differenze di genere nelle
aziende. Si è osservato che il “femminile” quando si manifesta come
specificità operativa è molto apprezzato, ma se necessita di
“appoggiarsi” ai servizi di cura o se semplicemente chiede maggiori
risorse di flessibilità per l’orario di impiego, scattano dinamiche di
auto ed etero esclusione dalla vita aziendale. La ricerca ha permesso di
capire che lo spazio aziendale riproduce sistematicamente le
differenze di genere a partire proprio dal tempo dedicato per legge al
congedo di maternità che è vissuto come asimmetrico “diritto-
svantaggio” di sola pertinenza femminile. Questo avviene anche in
presenza di ruoli per cui le organizzazioni cercano esclusivamente
donne. Ad esempio, i servizi interni sono posti regolarmente in mano
alle donne per la loro rappresentazione sociale di soggetti precisi negli
obiettivi ed attenti alle relazioni, mentre quelli esterni sono quasi
66
esclusivo appannaggio degli uomini per la loro ampia disponibilità di
tempo (amministrazione vs. commerciale). Questo significa un
diverso contatto con la clientela e un diverso sostegno delle performance
aziendali e contribuisce al riconoscimento asimmetrico di premi
aziendali, benefit, ore straordinarie e possibilità di mobilità
interorganizzativa.
Insistere sui costi mette in evidenza queste dinamiche e rende
esplicito il potenziale non utilizzato del femminile e la sovrastima del
maschile (che ad esempio attraverso il mancato utilizzo dei congedi di
paternità penalizza il femminile nella disponibilità e flessibilità di
tempo, ragione che invece rende preferibile l’impiego degli uomini nei
ruoli chiave delle organizzazioni per la sostanziale assenza di vincoli).
La simulazione, pur rappresentando un primo tentativo che necessita
di ulteriori approfondimenti, conferma questo quadro, ma soprattutto
conferma che la gestione asimmetrica del personale genera maggiori
costi di personale per l’azienda nell’ordine di alcuni punti percentuali.
Inoltre la simulazione condotta permette di evidenziare come le prime
organizzazioni che invertiranno la rotta di queste asimmetrie si
aggiudicheranno un vantaggio competitivo nel mercato delle risorse
umane.
2.3.3 I seminari pubblici
La fase di sperimentazione ha previsto anche degli interventi rivolti ad
un target più ampio, coinvolgendo contesti organizzativi e di impresa
diversi da quelli già coinvolti nel progetto. Oltre alle diverse occasioni
di presentazione pubblica degli esiti raggiunti, è stato organizzato un
67
ciclo di seminari dal titolo “La conciliazione che funziona: esperienze
di successo e di miglioramento della qualità del lavoro”, in cui sono
state presentate le esperienze di aziende presenti sul territorio
nazionale che hanno attuato interventi organizzativi in grado di
combinare l’efficienza aziendale con le opportunità di conciliazione
per i lavoratori. Le aziende coinvolte nel ciclo di seminari sono state:
Gruppo Hera Imola-Faenza, ZF Padova spa, Coop Adriatica . Queste
esperienze concrete di successo hanno evidenziato come gli interventi
di innovazione organizzativa abbiano avuto risultati nettamente
superiori ai costi e alle difficoltà organizzative affrontate. In termini di
risultati economici aziendali conseguiti, nei vari incontri sono stati
riportati la riduzione dell’assenteismo; la puntualità nella elargizione
del servizio/prodotto; la crescita delle vendite; il miglioramento della
qualità; la crescita delle professionalità; la riduzione dei costi di
produzione; la crescita dei margini di redditività. Se riprendiamo il
discorso dei costi di non parità, possiamo dire che le azienda ospitate
rappresentano, in modo diverso, esempi di come attuare politiche di
conciliazione 32 possa tradursi in opportunità di crescita e
miglioramento aziendale maggiori dei costi sostenuti per la loro
attuazione e gestione.
Le attività rivolte all’esterno si sono concluse con un seminario
dedicato all’approfondimento sulle azioni positive per la tutela delle
lavoratrici atipiche anche della pubblica amministrazione33. Abbiamo
32 Anche in contesti lavorativi a forte presenza maschile come nel caso della ZF. 33 I materiali del seminario dal titolo “Azioni Positive per la tutela delle lavoratrici
68
ritenuto importante dedicare a questo tema un seminario di
approfondimento per le rilevanti implicazioni che la diffusione delle
forme di lavoro atipico ha sui percorsi professionali e di carriera delle
giovani generazioni ed in particolare delle giovani donne che sono
maggiormente colpite34.
2.3.4 Altre azioni
Per concludere la panoramica sul ventaglio di azioni che hanno
“animato” la macrofase di sperimentazione, è interessante evidenziare
come nell’ambito del progetto sia stato possibile attivare anche una
serie di sinergie con altri soggetti presenti sul territorio e con attività
progettuali già in essere o avviate nel corso della durata del progetto.
In particolare, in collaborazione con l’Assessorato alle Politiche
Sociali della Provincia Autonoma di Trento - Servizio politiche sociali
e abitative, con l’Assessorato all’Emigrazione, Solidarietà
internazionale, Sport e Pari Opportunità – con il Comitato Pari
Opportunità della Provincia Autonoma di Trento e con il Forum
Trentino delle Associazioni per la Famiglia, è stata realizzata una
“Guida ai servizi estivi offerti alla famiglia sul territorio provinciale di
Trento”. La guida ha risposto ad un bisogno oggettivo registrato dalle
stesse indagini di GELSO che riguarda le difficoltà per le famiglie con
atipiche anche della pubblica amministrazione: aspirazione, diritto o privilegio?”, così come tutti quelli degli altri seminari sono disponibili sul sito del progetto (www.unitn.it/gelso). 34 Al lavoro atipico è inoltre dedicato il Quaderno n. 11 della Collana dei Quaderni di GELSO.
69
figli di trovare soluzioni per la loro custodia soprattutto nei periodi
estivi, ovvero nei periodo in cui scuole e servizi per l’infanzia sono
chiusi. Questo spesso si traduce con la richiesta di congedi non
retribuiti in particolar modo da parte delle madri per questi motivi di
cura, con le evidenti ripercussioni sia dal punto di vista organizzativo
sia da quello professionale/lavorativo per i/le singoli/e dipendenti. La
Guida, che il Servizio politiche sociali e abitative della Provincia
Autonoma di Trento si è impegnato ad aggiornare annualmente, cerca
di dare una risposta, seppur parziale, a tale situazione raccogliendo
tutte le opportunità ricreative presenti sul territorio provinciale in
estate, fornendo alle famiglie un supporto nell’individuare strutture ed
attività più adatte ad accogliere i loro figli nella logica di favorire la
conciliazione tra impegni professionali e familiari.
In accordo con il Comitato Pari Opportunità della Provincia
Autonoma di Trento è stata poi attivata un’altra azione sinergica che
ha visto l’accompagnamento di GELSO nella predisposizione e
realizzazione di un questionario, rivolto a tutti/e i/le dipendenti
provinciali per raccogliere in maniera sistematica i problemi di
conciliazione di lavoratori e lavoratrici a causa dei carichi di cura cui
devono far fronte. Oltre ai figli, la rilevazione ha riguardato le
difficoltà di conciliazione connesse alla cura di persone anziane o con
handicap. I risultati sono stati presentati al CPO e saranno utilizzati da
questo ultimo nell’individuazione e programmazione delle attività da
implementare.
Inoltre è stata attivata una collaborazione con il progetto Socrates –
Gruntvig 2 “PLESES - Parental Leave Experiences & Skills for Enterprises
70
and Society” per sviluppare moduli formativi per le aziende e per i padri
per favorire l’utilizzo dei congedi parentali da parte della componente
maschile che ha permesso un interessante scambio di esperienze e di
modalità lavorative che si è tradotto anche in successive progettazioni
su questi temi.
Infine la collaborazione con il Master in Politiche di Genere
dell’Università di Trento ha consentito di sviluppare alcune azioni
portate avanti nell’ambito dei percorsi di stage, con la supervisione dei
membri dell’équipe del progetto. In particolar modo è stata presentato
un progetto al Ministero della famiglia per accedere ai finanziamento
previsti dall’art. 9 della legge 53 del 2000 che prevede una
sperimentazione in Azienda Sanitaria di personalizzazione degli orari
e di telelavoro.
71
3. Considerazioni finali
In queste pagine è stata raccontata l’esperienza di GELSO cercando di
evidenziare come si è sviluppato il progetto partendo dall’attività di
ricerca e dai risultati emersi, delineando il successivo passaggio alla
progettazione delle azioni di sperimentazione, per giungere poi alla
descrizione di quanto implementato nella macrofase di
sperimentazione. Di seguito sono proposte alcune riflessioni su come
realizzare interventi capaci di superare le disuguaglianze di genere
all’interno delle organizzazioni, per procedere poi con la sintesi di
alcuni dei fattori che hanno favorito i buoni risultati raggiunti dalle
azioni implementate da GELSO, anche sulla base degli esiti emersi
dalla valutazione.
3.1 Dalla cultura al metodo e ritorno
L’esperienza di GELSO ha confermato e consolidato alcune
considerazioni che erano state alla base dell’attività di progettazione.
Negli ultimi anni la teoria organizzativa ha spostato progressivamente
il focus dell’analisi dalle strutture alle culture e alle pratiche. E’ risultato
sempre più evidente che per affrontare il problema della segregazione
di genere non è sufficiente togliere formalmente le barriere perché le
cose cambino, ma bisogna intervenire sulla cultura organizzativa
cercando di comprendere come essa viene creata e riprodotta nella
72
quotidianità 35 . Se, infatti, il genere è costruito quotidianamente
attraverso le pratiche discorsive ed organizzative (cose dette/non
dette; aspettative di ruolo, ecc.), per produrre mutamento è necessario
proporre interventi mirati che incidano proprio su questi aspetti. Tra
le strategie che possono risultare più efficaci troviamo in particolare:
l’integrazione dell’eguaglianza negli obiettivi strategici aziendali, la
valutazione delle performance manageriali rispetto agli obiettivi di
eguaglianza raggiunti; la sensibilizzazione e formazione a lavoratori e
lavoratrici sulle potenziali barriere allo sviluppo dell’eguaglianza
(discriminazioni, pregiudizi, stereotipi); il monitoraggio attraverso
analisi di clima e ricerche sulla soddisfazione delle persone; la
predisposizione di manuali e/o codici di condotta per il management ai
diversi livelli; la pubblicizzazione e la visibilità dell’impegno attraverso
iniziative interne ed esterne.
L’esperienza di GELSO ha permesso di coltivare e potenziare le
ambizioni di cambiamento culturale già presenti nelle realtà coinvolte,
se non altro rispetto alla sensibilità e lungimiranza di alcune persone
(o gruppi di persone) che da tempo avevano colto la necessità di
valorizzare le capacità e le potenzialità di lavoratrici e lavoratori e di
dare risposta alle loro esigenze di equilibrare la dimensione lavorativa
con quella individuale/familiare, a favore di una sempre più diffusa
cittadinanza di genere (Bolognini, Gherardi 2007).
D’altra parte, già da tempo all’interno degli enti pubblici ha iniziato a
35 Il passaggio per il mainstreaming di genere è da open doors (sono le affermative action, il garantire l’accesso) attraverso open minds (valuig diversità,ovvero il riconoscere e il dare valore alla differenza) fino a open system (managing diversity) (Chiesi, Musolesi, 2007).
73
diffondersi una sorta di imperativo a sviluppare le risorse umane e ad
una gestione organizzativa più attenta a qualità ed efficienza. Si
comincia dunque a riconoscere che un’organizzazione, come d’altra
parte anche un’intera società, che non riconosce, non premia, non
sviluppa una parte consistente (in alcuni casi la maggior parte) del
potenziale professionale esistente è un’organizzazione destinata al
fallimento. Adottare questo punto di vista significa andare ad
analizzare, e possibilmente trasformare, i cardini dell’organizzazione: il
sistema premiante, le carriere, la formazione, il sistema di
conciliazione (tempi, orari, flessibilità favorevole, servizi, benefit, ecc.),
non facendone campi separati, ma sottolineando invece che sono
strettamente interconnessi (Zingarelli 2007).
Tutto ciò evidenzia che la realizzazione di interventi di eguaglianza di
genere richiede un approccio che si muova nella direzione di una
gestione innovativa delle risorse umane e porta a porre attenzione al
fatto che i progetti, per avere un effettivo impatto di cambiamento
sulla realtà organizzativa, vanno integrati nelle strategie aziendali,
soprattutto per quanto riguarda quelle di cambiamento organizzativo,
altrimenti è altamente elevato il rischio che rimangano fini a se stessi.
È per questo motivo che è importante che i vertici siano coinvolti e
condividano quanto si deve mettere in atto. In termini operativi,
risulta essere importante: compiere un’accurata analisi/diagnosi
dell’esistente, chiarificare obiettivi e piano di cambiamento attraverso
il coinvolgimento degli attori chiave, in modo che sia possibile
costruire un’ampia partnership sugli obiettivi da realizzare.
Operare sulla cultura e sui comportamenti organizzativi è possibile se
74
le azioni sono accompagnate da un appropriato monitoraggio della
loro implementazione in modo da favorire l’apprendimento
organizzativo. Questo può e dovrebbe essere fatto con indagini di
tipo quantitativo e qualitativo. Le prime permettono un’analisi statica
e strutturale della situazione, di definire le dimensioni di alcuni
fenomeni, e così via, attraverso la raccolta e l’analisi dei dati
occupazionali (disaggregati per sesso); le seconde consentono di
investigare la struttura organizzativa, le strategie, le politiche e le
prassi dell’organizzazione attraverso il coinvolgimento dei soggetti
individuati come “attori chiave” o testimoni privilegiati nel contesto
di riferimento.
Alla luce di quanto detto e dell’esperienza concreta, il percorso
intrapreso con GELSO dovrebbe aver permesso alle organizzazioni
coinvolte di individuare gli eventuali ambiti di intervento e strategie
che, al di là degli obiettivi specifici portanti avanti attraverso questo
progetto, vadano nella direzione di sviluppare nuove progettualità e
strategie volte a:
riequilibrare la presenza di uomini e donne nelle posizioni di
vertice;
introdurre nei modelli formali di valutazione delle competenze
indicatori di genere che considerino eventuali svantaggi
collegabili alle specificità dei ruoli maschili e femminili
porre maggiore attenzione nella contrattazione al fine di creare
meccanismi più equi in un’ottica di genere
porre maggiore attenzione nella contrattazione e
nell’organizzazione di politiche di conciliazione.
75
In generale si può sostenere che il progetto ha aiutato le
organizzazioni (a) ad evidenziare problemi e barriere; (b) ad
individuare le condizioni che assicurano una prospettiva di lungo
termine agli interventi in tema di eguaglianza di genere; (c) a
sviluppare strumenti e metodi per sostenere gli attori sociali ad
operare in un’ottica di lungo termine. Ciò in base a quattro
dimensioni dell’analisi che possiamo mutuare da Olgiati36:
I fattori che motivano (e influenzano) le organizzazioni a
realizzare interventi nel campo dell’eguaglianza. Questi possono
essere interni (la cultura d’impresa e il sistema di valori; approcci
innovativi alla gestione delle risorse umane; le relazioni sindacali
partecipative a livello di impresa) o esterni (il quadro istituzionale;
la contrattazione nazionale; i cambiamenti del mercato del lavoro
e del mercato dei prodotti/servizi).
I contenuti che si riferiscono ad ambiti significativi dell’agire
organizzativo quali: il reclutamento e la selezione; lo sviluppo
professionale; l’organizzazione del lavoro; il contesto culturale.
Il processo di intervento che consiste nell’analisi/diagnosi e
definizione degli obiettivi; nella progettazione e pianificazione;
nell’integrazione dell’eguaglianza nella gestione delle risorse
umane; nel coinvolgimento e mobilitazione degli attori;
nell’investimento di risorse; nel monitoraggio.
36 Quanto di seguito riportato è ripreso dai materiali predisposti da Etta Olgiati per l’intervento al seminario L’eguaglianza di genere nelle organizzazioni, del 1 ottobre 2005, realizzato all’interno del Master in politiche di genere, dell’Università degli studi di Trento.
76
I risultati che dovrebbero tradursi in risultati positivi per le
organizzazioni e le lavoratrici e i lavoratori. Per le organizzazioni,
in quanto cambia la percezione del valore del lavoro femminile;
diminuisce il fenomeno del turn-over e migliora la soddisfazione;
migliora l’immagine dell’azienda; diminuisce la posticipazione del
rientro dalla maternità. Per le lavoratrici, perché aumenta il
numero delle donne professionalizzate ed in posizioni
manageriali; aumenta il numero della donne presenti in
aree/lavori non tradizionali; garantisce una maggiore flessibilità e
il miglioramento dell’equilibrio tra vita lavorativa e vita privata; le
donne diventano maggiormente proattive nella gestione dello
sviluppo professionale. Tra i beneficiari inserirei pure i lavoratori
perché anche loro potrebbero finalmente avere l’opportunità di
migliorare l’equilibrio tra vita lavorativa e vita privata; potrebbero
trovare nuove motivazioni e stimoli dal confronto con stili
lavorativi e di leadership innovativi.
3.2 Considerazioni sui risultati dell’intervento
Molti degli elementi che hanno permesso di realizzare con successo il
progetto Equal GELSO sono già stati esplicitati nelle pagine
precedenti, ma forse è utile richiamarli brevemente e in modo più
sistematico. Di questi fattori possiamo dare una lettura a più livelli: di
metodo, di processo, di risultato.
Per quanto riguarda gli aspetti legati al metodo e all’organizzazione
del lavoro, un fattore di successo è stato sicuramente la costituzione
77
di un Tavolo di coordinamento, composto da un referente per ogni
partner di progetto. Il Tavolo si è riunito con cadenza settimanale,
svolgendo un importante lavoro di pianificazione e coordinamento
delle attività da implementare ed ha presieduto tutti i processi in
essere monitorandone l’andamento.
A questo va aggiunto l’impegno dei referenti delle quattro
organizzazioni che hanno partecipato alla sperimentazione e,
naturalmente, come è stato sottolineato in più riprese il lavoro
prezioso svolto da tutor e facilitatori di progetto. Importante è stato
anche il supporto dei partner di secondo livello che non hanno
lesinato impegno e partecipazione alle iniziative di GELSO con
contributi personali ed osservazioni puntuali. Il quid in più forse è
stato dato dalla condivisione da parte di tutti e tutte degli obiettivi e
delle motivazioni del progetto. È inoltre già stata ampiamente
sottolineata la positività di aver adottato l’approccio della ricerca-
azione che ha implicato la costante compartecipazione alle vari fasi
del progetto di tutti i soggetti coinvolti.
Se entriamo nel merito dei processi attivati, non va dimenticata
l’importanza di favorire il coinvolgimento di management e vertici
aziendali nei processi di promozione del cambiamento, così come
quello dei sindacati. Sono state positive le esperienze dei tavoli di
lavoro quale metodo di lavoro attraverso il confronto e la
condivisione del processo e dei risultati. È stato possibile ed
importante mettere allo stesso tavolo le parti sociali per affrontare
temi che non sempre hanno spazio adeguato nella contrattazione.
Un altro elemento significativo è sicuramente che il progetto si è
78
rivolto sia agli uomini che alle donne, superando un’impostazione che
vede spesso come uniche destinatarie delle politiche di conciliazione
le donne, finendo con il riprodurre l’impostazione tradizionale della
divisione dei ruoli. Tutte le azioni di GELSO sono state pensate per
uomini e donne, ed alcune in particolare sono state rivolte alla sola
componente maschile, soprattutto in merito alla partecipazione dei
padri alla partecipazione attiva della vita dei figli. Proprio in questa
prospettiva è interessante il risultato raggiunto dalla Cassa Rurale di
Aldeno e Cadine con la formalizzazione del congedo obbligatorio per
i padri.
Per quanto concerne infine i risultati, molti sono già stati evidenziati,
tuttavia ci pare che l’esito più significativo sia quello che ci consente
di affermare che i processi di cambiamento avviati non si concludono
con la chiusura del progetto, ma verranno portati avanti attraverso
ulteriori azioni ed iniziative già attivate dalle diverse organizzazioni
coinvolte direttamente o indirettamente dall’iniziativa progettuale.
79
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