CI SIAMO! Abbiamo deciso di realizzare un nuovo giornale
on-line per gli iscritti della FP PIEMONTE, un
giornale che informi su quanto la nostra
categoria, in ambito regionale e nazionale,
mette in campo in un periodo così difficile per il
Pubblico Impiego.
Una fase difficile per il settore
pubblico in Italia e in Europa, un
attacco mai visto prima contro il
lavoro pubblico, imposto dalla
BCE e assunto, nei provvedimenti
legislativi, dai Governi di ogni
nazione.
Il Governo Berlusconi prese la decisione di
toglierci il Contratto Nazionale di Lavoro fino a
tutto il 2014, di ridurre il numero degli occupati
con il blocco del turn-over, di bloccare gli
avanzamenti e gli aumenti a livello aziendale.
Stiamo ora assistendo alla più grande
trasformazione e riorganizzazione dello Stato
sul territorio. Il tutto avviene senza un vero
confronto con i cittadini che sono i fruitori dei
servizi e con i lavoratori dipendenti.
Adesso entra di prepotenza anche la parola
“esuberi”, a descrivere una situazione che si
intende gestire attraverso una mobilità che non
prevede più, come succedeva in passato, il
passaggio da Ente a Ente, ma semplicemente il
licenziamento. Molti, a partire dal Ministro della
Funzione Pubblica, comunicano, attraverso i
giornali, i numeri di questi esuberi.
Il Governo Monti ha varato, il 25 novembre
scorso, l DPCM su quelli delle Funzioni Centrali
prevedendo una riduzione dei dipendenti nella
misura di 7.416 persone. E identica potrebbe
essere la situazione per gli Enti Locali.
In un momento di grande trasformazione delle Istituzioni
nazionali e locali, ci auguriamo che questo giornale possa essere uno strumento utile
Vogliamo esserci, in questa campagna
elettorale, per sottoporre all'attenzione del
mondo politico le nostre proposte per avere un
Paese diverso, un Paese rinnovato negli
assetti, che eroghi servizi di qualità sempre
crescente, che investa nella ricerca,
nell’innovazione e nel lavoro pubblico,
partendo da un nuovo piano occupazionale
che riqualifichi il personale, che riqualifichi il
welfare e che porti finalmente al rinnovo dei
contratti nazionali, ancora fermi dal 2009.
In un momento di grande trasformazione delle Istituzioni nazionali e locali, per rafforzare il bisogno e il desiderio di esserci, in un momento di crisi così terribile, per questi e gli altri motivi già detti, abbiamo pensato e ci auguriamo che questo giornale possa essere
uno strumento utile.
GIOVANNI ESPOSITO
Segretario Generale FP CGIL PIEMONTE
2
N. 0 – febbraio 2013 In attesa di autorizzazione richiesta al Tribunale di Torino in data 29/1/2013
Il primo numero di PubblicoeFuturo è nato dai pensieri e dalle penne di:
EMANUELA CELONA Giornalista
VINCENZO DILEO Segretario Reg.le Sanità
GIOVANNI ESPOSITO Segretario Generale Reg.le
ROBERTO GALASSO Segretario Reg.le Funzioni Centrali
DEBORAH LUGLI Redattore
SERGIO NEGRI Giornalista Direttore
MARA POLITI Segretaria Reg.le Sicurezza
GABRIELLA SEMERARO Segretaria Reg.le Terzo Settore
DONATELLA TURLETTI Segretaria Organizzativa
Le fotografie sono prodotte dalle compagne e dai compagni della categoria Tutte le altre immagini sono prelevate dal web nel rispetto delle normative vigenti
Grafica e impaginazione Deborah Lugli Prodotto in proprio Funzione Pubblica CGIL PIEMONTE 10152 Torino, Via Pedrotti, 5 Chiuso il 20 febbraio 2013
SOMMARIO
• Ci siamo! Giovanni Esposito
• Lo sguardo di Rossana a cura di Deborah Lugli 3
• Cota-Monferino allo sbando. Nel baratro la sanità piemontese Vincenzo Dileo 4
• L’imbarazzo della scelta Roberto Galasso 6
• Intervista a Cesare Damiano Sergio Negri 8
• Esonerati ma non troppo Donatella Turletti 10
• Dalla crisi si esce rafforzando il welfare Gabriella Semeraro 11
• Situazione comparto sicurezza e soccorso pubblico in Piemonte Mara Politi 13
• Una politica di “genere”: Monica Cerutti Emanuela Celona 15
• Spes ultima dea Deborah Lugli 17
• Taccuino 20
• Pubblico in rete 21
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Lo sguardo di Rossana
Apriamo il primo numero, e lo stesso faremo con i prossimi, con lo “sguardo” di Rossana Dettori, Segretaria Generale Nazionale FP CGIL, a mo’ di finestra aperta sul mondo del lavoro, della politica, dell’economia e della società che nelle prossime pagine verrà osservato dal punto di vista delle compagne e dei compagni che operano sul territorio regionale lavorando fiduciosi per un possibile cambiamento.
La Pubblica La Pubblica La Pubblica La Pubblica Amministrazione Amministrazione Amministrazione Amministrazione eeee la scure dei tagli. la scure dei tagli. la scure dei tagli. la scure dei tagli.
Di tale inaccettabile politica non sono tollerabili
neppure più i toni retorici.
Che il blocco del turnover sia il viatico per il
rilancio dello sviluppo e dell’occupazione, è
impossibile dirlo senza cadere nell’assurdo. La
Funzione Pubblica non si tira certo indietro di
fronte alla necessità di discutere di risorse e di
riorganizzazione della P.A. ma ancora il Governo
non ha dimostrato alcuna disponibilità alla
discussione e alla contrattazione.
Un vero peccato. Perchè l’ambito di discussione
sarebbe davvero ampio. Per ogni risorsa
necessaria a ribilanciare i conti, è possibile
ragionare ad esempio sulla riforma degli enti
locali, che non va rifiutata a priori. Per rilanciare
poi lo sviluppo e l’occupazione, la Funzione
Pubblica è disposta ad affrontare lo stretto nodo
delle assunzioni meritocratiche e trasparenti,
della ridefinizione di concorsi a livello regionale,
senza negare di fatto la necessità di
un’innovazione seria che si basi sulla valutazione
delle carenze e delle eccedenze struttura per
struttura. Infatti, non sempre, come appare, il
personale è in esubero: è necessario invece
considerare con attenzione i settori in cui le
carenze sono destinate poi a ricadere
pesantemente non solo sui numeri occupazionali,
ma anche direttamente sul patrimonio culturale,
artistico e storico di questo Paese. Urge poi
riaprire il pubblico impiego ai giovani meritevoli e
provvedere alla definizione dei contratti precari.
Investire, scommettere, osare proposte di riforma
coraggiose, fuori da qualunque retorica che in
tempi di campagna elettorale raggiunge livelli
insormontabili e insopportabili.
http://www.cgil.it/RassegnaStampa/articolo.aspx?ID=9951
... per non parlar di .. per non parlar di .. per non parlar di .. per non parlar di donne...donne...donne...donne...
Se si volesse poi considerare la questione del
lavoro femminile nella P.A. il quadro si aggrava
decisamente: valutando i numeri fino al 2011, in
due anni le donne impiegate nel pubblico sono
diminuite di 40.000 unità.
Esse, poi, rivestono ruoli dirigenziali per un
risicato 40%, a meno che non si voglia gioire di
un 60% che invece le vede precarie.
E ritornando alla retorica politica ed elettorale,
sarebbe interessante capire come si possa
sperare che le nostre donne possano votare per
le destre che sono riuscite, con una delle peggiori
leggi mai approvate, la 40 del febbraio 2004, a
dimostrare la propria integralista misoginia.
Come aspettarsi approvazione da una donna alla
quale non è riconosciuto nè il valore di
lavoratrice, nè quello di sostegno sociale e
materiale della famiglia e dei malati. Donna che
vede sgretolarsi lentamente ogni sostegno
pubblico, come i consultori e i centri antiviolenza,
paradossalmente grazie al sostegno di altre
donne sedute chissà perchè sugli scranni del
Parlamento. Donne che gareggiano per un posto
all’asilo nido, che sopportano drammi familiari
senza appoggio alcuno da parte di un sistema
che lentamente le emargina anche dal lavoro,
negando loro una flessibilità positiva come quella
del part-time. Donne che si trovano risucchiate in
un mondo che si sperava finito di volgari e becere
considerazioni rivolte esclusivamente al loro
corpo, annientandone la dignità, l’autonomia e la
libertà per le quali con tanta fatica hanno
combattuto finora, non potendo ragionevolmente
immaginare che un Paese moderno, europeo,
civile, potesse ricadere in un’arretratezza mentale
e civile di tale portata. http://senza-pubblico-sei-
solo.com.unita.it/politica/2013/02/13/perche-una-donna%E2%80%A6/
4
varate prima dal governo Berlusconi e poi da
quello Monti, per gran parte dai tagli al
personale (diminuzione in 21 mesi di oltre
2700 unità tra medici, infermieri, oss., ecc.
ecc.) e dalla riduzione dei servizi ai cittadini a
partire dai mancati ricoveri nelle strutture per
non autosufficienti, dal ritardato pagamento
alle strutture accreditate, alle cooperative
sociali, alle imprese a cui sono affidati gli
appalti. Grazie agli operatori della sanità si è
tenuto in piedi il sistema, nonostante
condizioni di lavoro sempre più difficili e una
continua svalutazione delle professionalità da
parte di chi dovrebbe, invece, tutelare il
proprio patrimonio umano.
L'istituzione, poi, delle Federazioni sanitarie è
servita solo ad aggravare ancora di più il
quadro economico della sanità piemontese.
Le Federazioni sanitarie sono un pastrocchio
legale, un ulteriore carrozzone ideato dalla
fervida mente manageriale dell'Ing. Monferino.
Infatti esse sono società di diritto privato ma,
per la sola funzione acquisti, sono assimilabili
a organismo di diritto pubblico
sovrapponendosi, così, a SCR (Società
Committenza Regionale – un altro carrozzone
regionale), che dovrebbe gestire anch'essa gli
Cota-Monferino allo sbando. Nel baratro la sanità piemontese
Sin dal suo insediamento come Assessore alla
sanità l'ingegner Monferino ha ripetutamente
affermato che avrebbe messo i conti della
sanità a posto ed eliminato gli sprechi
mantenendo inalterata la qualità e la quantità
dei servizi erogati ai cittadini piemontesi.
A distanza di quasi due anni possiamo
affermare, invece, che le scelte messe in
campo da questa Giunta Regionale non solo
non hanno raggiunto il loro obiettivo, ma
stanno mettendo in ginocchio lo stesso
sistema sanitario.
Le manovre finora intraprese dalla giunta Cota-
Monferino (con l'approvazione del Piano di
rientro economico e del nuovo piano Socio-
Sanitario e la messa in rete del sistema
ospedaliero) si sono rivelate strumenti di mero
intervento economico e di ingegneria
organizzativa, che non hanno saputo dare
risposta ai bisogni di salute dei cittadini
piemontesi. Certo è utile, necessario, mettere
in rete gli ospedali per tutelare al meglio la
salute dei cittadini ma non come sta facendo la
Giunta Cota-Monferino senza potenziare la
sanità nei territori, senza tenere conto di ciò
che funziona, in assenza di un reale
coinvolgimento dei cittadini a cominciare dai
sindaci titolari della tutela della loro salute,
delle associazioni professionali, delle parti
sociali.
La chiusura delle emodinamiche di Moncalieri,
Orbassano e dell'ospedale Valdese è un
esempio illuminante.
I risparmi di circa 200 milioni sbandierati come
risultato della propria iniziativa dalla giunta
Cota-Monferino non derivano dalla presunta e,
ad oggi, inattuata riorganizzazione del sistema
sanitario piemontese ma in parte dai tagli
lineari imposti dalle manovre economiche
5
acquisti e a Consip, (Centrale Nazionale per gli
acquisti per la pubblica amministrazione).
Ancora: le Federazioni non possono avere
dipendenti propri ma lavorano con dipendenti
pubblici “assegnati” dalle aziende sanitarie,
istituto sconosciuto dal punto di vista
contrattuale. Su di esse, ad oggi, abbiamo una
sola certezza: costano alla collettività
piemontese oltre tre milioni all'anno solo per
esistere e sei nuovi posti di manager
lautamente retribuiti. È falso, a tal proposito,
quanto sostenuto dalla Regione circa i vantati
14 milioni risparmiati con l’avvio della loro
attività. I risparmi derivano da tagli lineari
decisi da manovre economiche nazionali. In
ogni caso le economie di scala si sarebbero
potute ottenere continuando la strada, già
intrapresa dalle aziende sanitarie, con
l'indizione di bandi sovrazonali, individuandone
una come capofila.
Ancor più preoccupante, purtroppo, è l'istituzione
di due fondi immobiliari per risanare in parte
l'enorme debito regionale, in particolare quello
sanitario in cui far confluire la proprietà di tutto il
patrimonio delle aziende sanitarie piemontesi.
Il fondo immobiliare verrebbe affidato ad una
SGR (società gestione risparmio) che lo
metterebbe sul mercato cedendone una
quota pari al 33% a privati “etici”.
Il patrimonio comprende nosocomi,
poliambulatori e uffici ma anche le macchine
per la diagnosi, la gestione dei CUP e di tutti i
servizi collegati alla gestione del patrimonio.
Appare evidente che per monetizzare al
massimo e soddisfare le aspettative degli
investitori privati, si intende procedere alla
esternalizzazione di pezzi “core” del sistema
sanitario, senza curarsi dell’importanza
strategica che le strutture diagnostiche
rappresentano per le attività di degenza e cura
dei cittadini piemontesi.
Si va verso un servizio sanitario sempre più
privatizzato con minor qualità, costi maggiori
con perdita di posti di lavoro e di
professionalità. Il rischio concreto, in buona
sostanza, è la privatizzazione di fatto del
sistema sanitario regionale a cui la CGIL
dovrà opporre un fermo no e mobilitare i
cittadini in difesa di una sanità pubblica e
universale.
La tante manifestazioni, compresa quella di
Venerdì 15 febbraio 2013 a Torino, sono un
ulteriore passo in questa direzione.
Da molti anni, in Piemonte, non avveniva che
tutto il comparto sanitario (medici, infermieri,
dirigenti sanitari, tecnico-professionali
e amministrativi), fosse rappresentato
dai sindacati autonomi o confederali,
e fosse riunito tutto insieme a
protestare e a difendere il sistema
sanitario pubblico. Continuare su
questa strada è inevitabile.
L'istituzione delle Federazioni
sanitarie è servita solo ad aggravare
ancora di più il quadro economico
della sanità piemontese.
VINCENZO DILEO
6
L’imbarazzo della scelta
C’è l’imbarazzo della scelta. Proprio così, i tanti
provvedimenti governativi degli ultimi anni, non
ultimi quelli varati dal governo Monti, hanno
cercato in tutti i modi di ridisegnare gli spazi di
intervento del lavoro pubblico intervenendo sul
personale, come d’abitudine, e direttamente
sui servizi erogati alla cittadinanza (segno
concreto di una ritirata dei servizi pubblici di
cui ancora non si vuole cogliere la gravità).
La strada tracciata da Brunetta, con una
controriforma tanto inutile quanto dannosa, è
stata completata da alcuni provvedimenti
dell’attuale, dimissionario, governo.
Sono ormai firmati tre decreti, previsti dalle norme
sulla spending review, che prevedono i primi
7576 esuberi tra i dipendenti dei Ministeri, degli
Enti Pubblici non Economici e degli Enti Parco.
Non lasciarsi ingannare dai numeri (che
sembrano poca cosa), e dalle procedure che
si adotteranno per individuare gli esuberi, può
servire a comprendere fino in fondo qual è
in realtà lo scopo del governo. A colpi di leggi
e decreti (che vivono di vita propria, anche
esulando dallo stesso spirito delle leggi, a
volte) si stanno rideterminando quantità e
qualità dei servizi che la Pubblica
Amministrazione dovrebbe garantire. È
emblematico, da questo punto di vista, il
trattamento riservato dal governo all’INPS. Non
contento, senza un credibile “piano
industriale”, di aver operato l’unificazione in un
solo Ente di INPS INPDAP ed ENPALS, oggi, a
poco più di un anno dalla unificazione e senza
che nulla, o quasi, sia successo dal punto di
vista organizzativo, vengono determinati 3300
esuberi.
L’organico si assesterebbe, quindi, a poco più di
23000 unità (con il più alto rapporto europeo
addetti/cittadini). La cervellotica logica della
spending review, per cui, prescindendo dai
bisogni reali delle Amministrazioni (comunque
10% in meno di spesa per il comparto e 20% in
meno di dirigenti) e, non meno importante, dai
bisogni dei cittadini e dei territori, si operano
tagli lineari sulla base di caratteristiche
individuali dei dipendenti (pensionabilità, pre-
pensionabilità, mobilità volontaria, accesso al
part-time) comporterà, nel caso concreto
dell’INPS, una situazione difficilmente gestibile
in svariate regioni, a partire proprio dal Piemonte,
e in alcune linee di prodotto.
Questo perché la logica di taglio lineare non
opera distinzioni sulle prestazioni da erogare ma
tiene presente il solo dato dei dipendenti di cui
liberarsi.
In Piemonte l’INPS ha molti dipendenti anziani
(contributivamente e anagraficamente) e
quindi è stimabile che il 25% degli addetti
attuali entro il 2014 sarà collocato in
quiescenza. Personale non sostituibile
(spesso memoria storica di una materia, quella
previdenziale, alquanto complessa
e in continua evoluzione che non
potrà essere tramandata ad
alcuno) grazie al blocco del turn-
over e la cui perdita avrà serie
ripercussioni anche sul presidio
territoriale che l’Istituto ancora garantisce.
C’è il rischio, insomma, che una revisione della
spesa così congegnata faccia venire meno,
all’INPS quella prossimità al cittadino, già
compromessa da tempo, che è stata,
storicamente, garanzia di welfare attivo e
propositivo. L’INPS non è un esempio isolato. Il
ridisegno della PA passa sicuramente attraverso
lo strumento della spending review, ma si
afferma in maniera più strisciante con scelte
organizzative delle singole amministrazioni che,
spesso, travalicano le stesse aspettative
governative.
La politica dovrebbe seriamente cominciare ad interrogarsi sull’impoverimento della presenza diffusa dello Stato
7
ROBERTO GALASSO
Sintomatico di questo modo di operare è
quanto succede, ad esempio, all’INAIL e
all’Agenzia delle Entrate.
Riorganizzazione dopo riorganizzazione, il
decentramento attuato nel corso degli anni
sta cedendo il passo a un nuovo modello
organizzativo che tende a limitare la presenza
sul territorio. Le chiusure programmate, e in
alcuni casi già attivate, frutto anche del
sempre minore numero di dipendenti, stanno
riproponendo uno schema che prevede il
presidio territoriale più legato ai capoluoghi di
provincia e meno attento ai bisogni delle
periferie. La politica dovrebbe seriamente
cominciare a interrogarsi sull’impoverimento
della presenza diffusa dello Stato.
Riforme come quella chiamata “geografia
giudiziaria”, la spending review, la necessità
delle singole Amministrazioni di riconfigurarsi
anche con nuove modalità di interazione con i
cittadini, ci consegnano un paese in cui la P.A.
si ridimensiona sempre più mentre
intermediari sociali, più o meno ufficiali,
suppliscono al vuoto che si crea.
La buona politica, non quella interessata a fare
tabula rasa del welfare, dovrebbe fare proprio
un programma di rilancio e rafforzamento dei
servizi pubblici, interrompendo la spirale
perversa fatta di blocchi contrattuali e di turn
over, leggi di riduzioni lineari di spesa ed
interventi, rimettendo al centro del proprio
intervento i bisogni del cittadino e il suo
soddisfacimento.
Forse, così, sarà anche possibile ricostruire
quel rapporto di fiducia tra cittadini e Stato
(direi anche tra elettori ed eletti) che, negli
ultimi anni, è andato sempre più logorandosi
8
Intervista a Cesare Damiano A Cesare Damiano, candidato per il Partito Democratico capolista alla Camera dei deputati nella Circoscrizione Piemonte 1, abbiamo rivolto alcune domande sui prossimi impegni del Governo di centro--sinistra in caso di vittoria alle prossime elezioni del 24 e 25 febbraio. I Contratti del Pubblico Impiego non sono stati più rinnovati già da parecchi anni. Il primo a fermarne il rinnovo è stato il Governo Berlusconi–Tremonti nel 2010, che interrompe la contrattazione 2010-12, poi, il blocco, è proseguito con il Governo Monti fino al 2014. Quali sono le proposte del centro-sinistra in materia di contratti del Pubblico Impiego? La nostra priorità è far sviluppare il Paese.
Siamo in recessione e questa condizione causa
l’aumento della disoccupazione e, per un altro
verso, la riduzione del potere d’acquisto degli
stipendi e delle pensioni.
Noi dobbiamo, dunque, invertire questa rotta.
E come?
Uno dei modi per contribuire a uscire da questa
situazione è sicuramente quello di
incrementare il potere d’acquisto delle
famiglie. I casi sono due: il lavoro può essere
autonomo o dipendente e nel caso di lavoro
subordinato dobbiamo occuparci del rinnovo
dei contratti, pubblici e privati.
Se vogliamo occuparci di dipendenti pubblici
un Governo di centro-sinistra deve porsi
necessariamente una domanda: è ancora
possibile prolungare il blocco dei contratti fermi
ormai da quattro, cinque anni?
La risposta non può che essere negativa.
Accanto a questo impegno aggiungerei anche
l’annosa questione del blocco delle assunzioni.
Non si tratta certo di ripristinare
completamente il turnover ma è possibile
contrattare una quota, valutando le situazioni
che hanno una effettiva necessità; anche per
dare qualche risposta ai tanti vincitori di
concorsi (circa 70.000) che attendono di veder
risolta la loro situazione.
Si tratta insomma di riprendere la strada
abbandonata da Berlusconi e cancellata da
Monti che è quella della concertazione con le
parti sociali.
Si può decidere di destinare una quota al
recupero del potere d’acquisto delle famiglie
che sarà reperita dalla lotta alla corruzione e
all’evasione fiscale e contributiva, dalla
dismissione del patrimonio pubblico, dalla
riduzione dei costi della politica, dalla
tassazione delle rendite finanziarie e
speculative.
Lo Stato che si fa impresa e contribuisce ad alimentare un processo virtuoso che può favorire la ripresa ormai non più rinviabile. Lo Stato deve avere un suo ruolo. Lo Stato è
l’imprenditore del lavoro pubblico e l’erogatore
delle pensioni. La mia proposta prevede che,
appena insediati al governo del Paese, entro
l’anno, si cominci a sbloccare l’indicizzazione
delle pensioni che attualmente è ferma a tre
volte il minimo.
A proposito di pensioni qual è l’orientamento del centro-sinistra sulla riforma (si fa per dire) Monti-Fornero? Noi abbiamo sempre sostenuto che, una volta
al Governo, avremmo corretto la riforma delle
pensioni. La riforma Monti–Fornero, che
abbiamo già contribuito a correggere in itinere,
ci lascia, tuttavia, una pesante eredità.
Non c’è solo la questione della rivalutazione
ma, con la necessaria gradualità, dobbiamo
anche trovare le risorse per risolvere la questione
Orologio fluido alla prima esplosione Salvador Dalì 1954
9
dei cosiddetti “esodati” (il termine, peraltro, è
riduttivo perché comprende solo una tipologia
di lavoratori mentre ci sono anche quelli in
mobilità, quelli previsti da accordi stipulati
presso il Ministero del Lavoro, altri invece
stipulati a livello nazionale e aziendale che
abbiamo incluso tra coloro che avrebbero
avuto diritto alla pensione secondo le vecchie
regole e che invece si sono visti escludere dalla
riforma).
Per far fronte a queste esigenze si tratta di
agire alimentando, anno dopo anno, le risorse
che abbiamo istituito nella legge di stabilità.
Questo fondo deve rimanere aperto anche se
saranno utilizzate tutte le risorse per
permetterci di far fronte ai casi che mano a
mano si presenteranno. Non guardiamo ora al
2020 ma ai prossimi due anni.
In un recente dibattito, al quale hai partecipato, qualcuno ha fatto un’affermazione che io penso sia fondamentale per un Governo di centro-sinistra: “è necessario conciliare l’Umanesimo con l’Economia”. Qual è la tua opinione in proposito? In questa affermazione c’è la convinzione che
occorra riportare il dominio dell’economia sotto
la politica.
Il tema era già presente in una conferenza del
1942 ad Oxford nella quale si era cercato di
dare una risposta a un interrogativo del tempo:
la libertà è da intendersi come bene universale
di tutti gli individui o solo per qualcuno a cui è
concessa invece la libertà di fare soldi?
Io penso che non sia possibile declinare la
politica in economia politica che rivendichi la
libertà di far soldi a tutti i costi.
La politica non può non occuparsi delle
persone e, dunque, è indispensabile che in
essa sia introdotta una dose di umanesimo per
evitare che diventi indifferente alla sorte degli
uomini e delle donne ma ne favorisca il loro
necessario benessere.
SERGIO NEGRI
10
Esonerati ma non troppo
Tutti conoscono la lunga e difficile storia degli
esodati, ma quasi nessuno quella degli
esonerati. Queste lavoratrici e lavoratori che il
Ministro Brunetta nel 2009 volle incentivare
all’uscita dal lavoro per alleggerire le
Amministrazioni Pubbliche di costi del
personale, si trovano in una situazione identica
agli esodati, ma determinata dalla legge.
Mandati a casa con metà stipendio in attesa del
giorno del pensionamento, con tre manovre
pensionistiche in 2 anni, si troveranno entro poco
meno di un mese senza più il lavoro e con una
pensione che si allontana in media da sei mesi a
qualche anno.
In Piemonte sono 160 i dipendenti della Regione In Piemonte sono 160 i dipendenti della Regione In Piemonte sono 160 i dipendenti della Regione In Piemonte sono 160 i dipendenti della Regione
Piemonte e della SanitàPiemonte e della SanitàPiemonte e della SanitàPiemonte e della Sanità che hanno creduto di
poter essere considerati anch’essi
“salvaguardati” e di entrare nei contingenti
previsti dal Decreto Ministeriale del giugno 2012.
Invece il Ministero del Lavoro, “quel Ministero”
della Signora Fornero, emana una circolare per
spiegare l’applicazione della legge sulle nuove
pensioni, e scrive esplicitamente che tali
dipendenti pubblici non sono salvaguardati. Lo
sono invece i dipendenti di Ministeri, Enti Pubblici
non economici (INPS INPDAP INAIL ecc.) e
Agenzie Fiscali.
La motivazione è semplice: l’esonero per questi
lavoratori è stato emesso con Legge Regionale,
mentre il Decreto “salvaguardati” dà copertura
agli esoneri emessi con legge Statale.
In questo caso lo Stato disconosce la Legge
Regionale ed è come se disconoscesse
l’autonomia legislativa delle Regioni che invece
è sancita dalla Costituzione.
A casa con metà stipendio in attesa del giorno del pensionamento, ma il momento si allontana
In Piemonte i lavoratori fanno fronte comune.
Nei prossimi giorni si riuniranno in CGIL per
lanciare una class action, tramite ricorso
amministrativo, per opporsi al rigetto del
Ministero del Lavoro di tutte le domande di
salvaguardia inoltrate nell’autunno scorso.
In contemporanea anche nella Regione Veneto
parte la stessa iniziativa. L’insieme delle
Regioni coinvolte con a capo il Presidente
Errani sta facendo pressione sul Governo
perché cambi idea: in fin dei conti l’insieme
degli interessati non supera il numero di mille, e
ha scadenze dilazionate nel corso dei prossimi
cinque anni. Ben poca cosa sul bilancio
previdenziale. Anche i deputati PD Cesare Damiano
e Maria Luisa Gnecchi sono attivamente
coinvolti nel pressing
governativo, e ritengono
possibile reperire le risorse utili
all’interno delle somme già
stanziate per gli esodati.
La CGIL Funzione Pubblica ha
avviato una interlocuzione con la
Regione Piemonte, coinvolgendo anche le altre
sigle confederali. La Regione ha risposto il 13
febbraio con una delibera che estende il
periodo di esonero fino al raggiungimento dei
nuovi requisiti di pensionamento dei singoli
lavoratori e lavoratrici, in attesa di risposte dal
Ministero.
DONATELLA TURLETTI
The Pilgrim René Magritte 1966
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Dalla crisi si esce rafforzando il welfare
La crisi economica finanziaria e la
globalizzazione senza regole hanno aumentato
la forbice delle differenze economiche e sociali
tra cittadini, famiglie e giovani.
L'Italia, Paese crocevia di popoli e culture,
attraverso la propria Costituzione, si è sempre
contraddistinta in tutto il mondo per la
salvaguardia dei diritti universali di
cittadinanza. Purtroppo oggi si trova ad
affrontare una stagione nella quale l'assenza di
politiche a sostegno della ripresa economica e
dei redditi, nei confronti delle fasce più colpite
dalla crisi, l’ha allontanata dai Paesi più forti
d'Europa avvicinandola sempre più ai Paesi più
deboli.
Le politiche dei tagli indiscriminati sulla spesa
pubblica, inaugurate dall Governo Berlusconi e
continuate dal Governo Monti, dopo 4 anni
hanno disegnato un nuovo Paese
caratterizzato da un aumento della
disoccupazione e della Cassa integrazione.
A partire dal 2008 le risorse economiche
Nazionali afferenti alle Politiche Sociali sono
drasticamente diminuite diventando marginali
rispetto alle esigenze del sistema dei servizi
(negli ultimi 5 anni i tagli hanno raggiunto il
75% delle risorse pubbliche).
Ciò ha determinato la messa in discussione dello
Stato, dell'efficacia degli interventi pubblici e
l'incapacità ad aiutare le persone modificando,
attraverso la legge delega per la riforma fiscale
e assistenziale, la natura del welfare: non si
parla più di un sistema integrato di interventi
sociali rivolti a tutti, a carattere universale, ma
di servizi rivolti a soggetti autenticamente
bisognosi.
Il Fondo Nazionale per le Politiche Sociali ha
subito dal 2008 ad oggi una significativa
decurtazione passando dai 923,3 milioni di
euro a 69,95 milioni. Solo la recente legge di
stabilità ha destinato 300 milioni al Fondo. Il
Fondo nazionale per la non-autosufficienza, la
cui dotazione finanziaria nel 2010 era di 400
milioni di euro, è stato del tutto eliminato dal
Governo Berlusconi e solo nei giorni scorsi è
stato ripristinato dal Governo Monti con uno
stanziamento di 275 milioni di euro.
Ulteriori tagli di risorse sono state apportate al
Fondo per le politiche della famiglia (da 185,3
milioni a 31,99 milioni) e a
quello per le politiche giovanili
(da 94,1 milioni a 8,18 milioni).
Tutto ciò a livello decentrato ha
comportato la diminuzione
drastica dei trasferimenti alle
Regioni e, di conseguenza, agli Enti Locali
titolari delle funzioni amministrative degli
interventi sociali.
Il Piemonte, tra manovre finanziarie, spending
review, piano di rientro e mancati risparmi sta
vivendo una situazione drammatica; in tutto il
territorio si sta determinando una forte
diminuzione dei servizi alla persona,
l’allungamento delle liste di attesa e l’aumento
del ritardo dei pagamenti delle fatture a tutti i
fornitori di servizi.
Nel 2012 le imprese, dopo 12 mesi di ritardo
nei pagamenti da parte delle ASL, sono entrate
in forte crisi di liquidità; le banche negano loro
il credito e sono a rischio i salari delle
lavoratrici e dei lavoratori e la tenuta della
continuità delle prestazioni socio sanitarie alle
cittadine e ai cittadini.
C'è una forte responsabilità politica: la Giunta
regionale in questi mesi non è stata in grado di
A partire dal 2008 le risorse economiche nazionali afferenti alle Politiche Sociali sono drasticamente diminuite diventando marginali
12
trovare soluzioni sufficientemente adeguate
per dare risposte ai lavoratori e alle lavoratrici
del terzo settore privato e delle imprese in
appalto con le ASL.
Il 6 febbraio scorso le lavoratrici e i lavoratori
del Terzo settore privato (oltre 40.000 addetti)
e delle imprese in appalto hanno partecipato
numerosi al presidio organizzato da CGIL, CISL
UIL Funzione Pubblica e Commercio davanti
alla Prefettura. Educatori professionali,
Operatori di Assistenza, addette alle pulizie
presso le corsie degli ospedali, addette/i
mensa tutti insieme, con cartelli e striscioni, a
protestare per rivendicare il diritto al lavoro e al
salario.
Lavoratrici e lavoratori che prestano la loro
opera per salari che si attestano sui
1.100/1.200 euro al mese (tempo pieno) e
500/600 euro (part time).
Lavoratrici e lavoratori che operano nei servizi
essenziali di assistenza e che devono garantire
con il loro lavoro, ogni giorno, la tutela
dell'utenza.
All'incontro in Prefettura con le Organizzazioni
Sindacali e le Centrali cooperative il Direttore
Regionale alla Sanità Sergio Morgagni ha
abbozzato una proposta che noi riteniamo
insufficiente: la Regione verserà alle ASL
maggiormente in crisi (Torino e provincia,
Cuneo e Alessandria) delle quote economiche
aggiuntive prelevate dall'importo totale che
viene destinato alle ASL per il pagamento delle
fatture ai fornitori. È questa una proposta
inadeguata, utile solo a gestire l'emergenza di
questi primi mesi, che danneggerà le aziende
sanitarie che ad oggi si sono rese virtuose.
Manca un progetto politico di garanzia e
salvaguardia di questo settore.
È necessario che la politica si riappropri della
dialettica della solidarietà, partecipando alla
costruzione di nuovi diritti che siano alla base
di un nuovo sistema economico e sociale.
GABRIELLA SEMERARO
13
Situazione comparto sicurezza e soccorso pubblico in Piemonte Corpo forestale dello Stato – Polizia penitenziaria – Vigili del fuoco
Da qualche mese abbiamo costituito il
Coordinamento regionale FP CGIL Comparto
Sicurezza, con l’obiettivo di interagire e
coniugare i vari settori lavorativi del personale
operante nelle forze di polizia, al fine di
omogeneizzare, laddove possibile, il nostro
intervento costruendo linee comuni, pur
consapevoli che gli spazi di contrattazione di
secondo livello sono quanto mai ridotti.
Ci preme evidenziare la difficile situazione del
Comparto sul territorio piemontese, mettendo
in campo alcune proposte espresse dalla
Funzione Pubblica CGIL Piemonte.
Uno dei temi predominanti è
costituito dalla cronica carenza
degli organici. Il Corpo
Forestale dello Stato, la
Polizia Penitenziaria e i Vigili
del Fuoco in Piemonte risultano pesantemente
sotto organico, problema che, abbinato alla
sempre minore disponibilità di risorse
economiche e strumentali, determina un
drammatico impoverimento professionale del
comparto, che progressivamente si trova
nell’impossibilità di garantire appieno i servizi
alla cittadinanza. La proposta che da tempo
abbiamo mandato all’amministrazione
regionale e ai parlamentari piemontesi,
nell’illustrare il quadro complessivo con le
relative criticità, prospetta come unica
soluzione quella di assicurare il turn-over del
personale con la richiesta di avvicinamento del
numero degli addetti a quello previsto dalla
pianta organica, nonché operare un riequilibrio
regionale e nazionale. Il Piemonte, in questo
senso, è tra le regioni più penalizzate.
A nostro parere, si potrebbe raggiungere
tale obiettivo scegliendo di incrementare gli
organici attraverso l’assunzione di personale
mirata a superare le difficoltà specifiche
territoriali (vedi concorsi di livello nazionale che
rispondano però alle esigenze piemontesi).
Riteniamo altresì urgente ridefinire i tagli di
risorse economiche operati sul comparto,
ottimizzando e riducendo di conseguenza gli
sprechi e la conseguente dispersione di risorse
umane in attività poco affini ai compiti
istituzionali primari.
È quindi indispensabile avviare una fase di
pianificazione che, coinvolgendo le
rappresentanze dei lavoratori in maniera
vincolante, avvii il processo di unificazione dei
corpi di polizia, salvaguardando le singole
peculiarità e coordinandole in un’ottica di
trasparenza ed efficienza complessiva.
In quest’ambito, è necessario, secondo noi,
partire dalla consapevolezza che gli operatori
della Sicurezza sono lavoratori che devono
godere appieno di tutti i diritti sindacali. Si
tratta quindi di estendere a tutti gli operatori
del comparto, a partire da quelli della Polizia
Penitenziaria, il diritto di associazione e di
sciopero evitando così che le libertà sindacali
vengano compresse per quei corpi che oggi già
ne usufruiscono.
Abbiamo chiesto e ribadito una rivisitazione
della legge 226/2006, che attualmente
prevede che l’assunzione nelle carriere iniziali
nei corpi di polizia venga riservata in esclusiva
a personale militare in ferma breve o
prolungata. Tale metodo di assunzione
determina una discriminazione indiretta nei
confronti del personale femminile,
tradizionalmente meno propenso a prestare
servizio in corpi militari, e anche una
conseguente discriminazione diretta e
anticostituzionale nei confronti di tutti i cittadini
Anche gli operatori della Sicurezza sono lavoratori
ai quali estendere diritti pieni di sindacalizzazione
14
italiani, che si vedono negato il diritto di
partecipare a un concorso pubblico per
accedere a un pubblico impiego.
Il Coordinamento regionale Sicurezza FP CGIL
Piemonte a tutti i tavoli di confronto di secondo
livello ha evidenziato anche la problematica
dell’armonizzazione dei requisiti di accesso alla
pensione per il personale dei corpi di polizia e
dei vigili del fuoco, che non tiene
assolutamente in considerazione la specificità
e la peculiarità del lavoro svolto, con inevitabili
ricadute sulla qualità del servizi erogati qualora
si realizzasse la proposta.
Non ultima questione, di rilevante urgenza,
riguarda il blocco dei contratti economici fermi
per il comparto dal 2009 e con incerte
previsioni di sblocco a breve termine.
A fronte delle problematiche sopra esposte, il
Coordinamento Sicurezza FP CGIL Piemonte
auspica che i soggetti preposti si facciano
carico di soluzioni che diano risposte concrete
e quanto più possibile immediate a tutela del
personale operante e a garanzia degli
interventi diretti ad un tema così importante
qual è la Sicurezza.
MARA POLITI
15
Una politica di “genere”: Monica Cerutti Nata a Torino, 48 anni, mamma di una bimba di 12 anni, Monica Cerutti è capolista per SEL al Senato. L’abbiamo incontrata per conoscere i temi che porterà in Parlamento nel caso di una sua elezione. Monica tu sei stata – è la Cerutti che chiede subito di passare al “tu” – prima Consigliera di Circoscrizione a Torino, poi Consigliera in Comune e dal 2010 in Regione Piemonte. Quanto è importante per la carriera politica procedere per livelli?
Effettivamente il mio percorso è stato graduale,
a partire dai Comitati Prodi. Mi sono avvicinata
alla politica – come spesso accade – per
diffidenza nei partiti ma nella convinzione che i
meccanismi che non ci piacciono possono
essere cambiati soltanto “dall’interno” e non
rimanendone fuori.
Le competenze che si
acquisiscono nel fare
politica credo siano un
valore: ad esempio, è
importante conoscere
bene la macchina della Pubblica
Amministrazione per poterla amministrare e
cambiare, così come ritengo importante aprire
la politica alle persone della società civile che
si avvicinano attraverso i percorsi più disparati.
Nel mio caso, poi, c’è stato un fatto
contingente: nel 1994 nel mio quartiere,
Mirafiori, aveva vinto alle politiche Silvio
Berlusconi con Meluzzi contro Chiamparino.
Personalmente l’ho vissuto come uno smacco
per un quartiere così popolare e ho pensato
che ci fosse molto da lavorare e che la politica
potesse aver bisogno di me.
Tu sei molto attenta alle questioni di genere e alle politiche sociali. Perché li consideri così importanti?
Perché penso che le donne siano ancora
troppo poche in politica e che possano dare,
invece, un contributo “diverso”. Intendiamoci:
non dico che siano esseri “superiori” ma che
siano diverse dagli uomini, questo sì. Le donne
sono molto concrete e meno disposte a cedere
a certi “rituali” di partito. L’attenzione che
dedico al sociale nasce dal fatto che riguarda
la vita quotidiana: a tutti noi tocca affrontare –
prima o poi – questioni legate all’assistenza
agli anziani o a persone disabili. E per
affrontare situazioni familiari difficili occorre un
adeguato sostegno sociale.
Veniamo all’Ente Regione Piemonte. Ti sei schierata contro la privatizzazione dei beni regionali e l’istituzione del FIR (Fondo Immobiliare Regionale) e del FIS (Fondo Immobiliare Sanità). Perché? Non potrebbero essere una soluzione per coprire il buco della Sanità regionale?
Privatizzare beni pubblici è sempre una scelta
discutibile. Cosa si può risolvere, ad esempio,
privatizzando gli ospedali?
Non siamo – né io né il mio partito – contrari a
qualsiasi privatizzazione
per motivi ideologici ma
perché rappresenta una
politica di corto respiro.
Quando non ci sarà più
nulla da vendere, che si fa?
Una vera politica di risanamento passa
attraverso scelte che individuano priorità
chiare. E le priorità - per noi - sono la Sanità e il
Sociale. Ma non per tagliarli, come ha fatto
finora l’amministrazione Cota.
I tagli servono laddove ci sono sprechi. Ma
incidere sulla Sanità e sui Servizi sociali
significa creare disservizi e lavoratori
disoccupati.
Più disservizi come nel caso dell’ospedale Valdese di Torino?
Sull’ospedale Valdese vengono dichiarati 8 milioni
di euro di risparmio ma in realtà è stato affossato
un modello di cura che funzionava bene e che
era rivolto soprattutto alle donne. Tra l’altro, in
questo momento, l’unità sostitutiva del
Sant’Anna non è ancora attiva. Mi preoccupa che
in nome di presunti risparmi si dirottino persone
con problemi di salute sul privato “low cost”,
distruggendo quella che è la sanità pubblica.
16
È su temi come questi che è importante un
decisivo cambio di rotta a livello nazionale che
speriamo avvenga con le prossime elezioni.
Il sistema sanitario nazionale ha bisogno di
profonde revisioni ma non seguendo la logica
dei tagli che pesano sui cittadini e sul
personale che vi lavora. È riduttivo considerare
il nostro sistema sanitario “non economicamente
sostenibile”: affermazioni come questa non
danno lustro a personaggi come Monti. C’è stato un acceso dibattito in Consiglio regionale sul provvedimento della Spending review, soprattutto sul tema del personale dipendente che – almeno a quanto annunciato – potrebbe finire in esubero. C’è questo rischio? Prima di tagliare il personale, andrebbero
considerate altre questioni. Ad esempio, se n’è
parlato molto ma la Giunta Cota non ha fatto
granchè sulle consulenze.
Quante sono? Quanto costano?
E poi c’è da discutere sul
sistema regionale delle
partecipate, su Finpiemonte:
questo non per scatenare una
guerra tra lavoratori, ma per
ipotizzare una razionalizzazione.
E poi, quanti dipendenti regionali sono vicini
alla pensione? È un dato che meriterebbe un
ragionamento. Adottare, invece, un
atteggiamento terroristico minacciando liste di
proscrizione dei dipendenti – senza capire
peraltro chi ne sarebbe stato il compilatore – è
pericoloso a tal punto da generare scelte poco
oculate, come è successo al CSI dove le
persone messe in cassa integrazione non
conoscono i criteri per cui vi sono finite. Grazie
all’ostruzionismo delle forze di opposizione e
alla mobilitazione dei dipendenti, oggi la
Spending review regionale ha subito una
battuta d’arresto che può essere considerata
una vittoria.
Tu sostieni che le donne possano portare in politica più attenzione agli aspetti della vita quotidiana. Quali aspetti terrà più in considerazione Monica Cerutti se verrà eletta al Senato? Quelli di cui abbiamo parlato finora: i diritti
sociali, e quindi livelli essenziali di assistenza e
attenzione sull’efficienza e la qualità del
servizio sanitario. Ma anche il riconoscimento
dei diritti civili: dal matrimonio omossessuale a
tutti gli aspetti legati alla politica di genere e
alla laicità, come il diritto al testamento
biologico. A riguardo, basta pensare che oggi
una piccola percentuale dei medici si dichiara
non obiettore e su loro si concentrano tutte le
richieste di interruzione di gravidanza.
Con questi numeri è impossibile dare piena
applicazione alle Legge 194 che, invece,
riconosce l’autodeterminazione femminile in
caso di gravidanza.
Per fortuna il tema è tornato a essere
dibattutto grazie a un ricorso presentato dalla
CGIL alla Corte europea.
E poi, vorrei occuparmi dei diritti degli animali:
mi piacerebbe combattere la vivisezione, il
commercio illegale dei cuccioli… E mi
piacerebbe riuscire a legiferare sul circo. Non
potremmo avere circhi senza animali?
EMANUELA CELONA
È importante un decisivo cambio di rotta, a livello nazionale, che speriamo avvenga con le prossime elezioni
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Spes ultima dea
“E che cos'era se non il caso ad aver fatto di lui Amerigo Ormea un cittadino responsabile, un elettore cosciente, partecipe del potere democratico, di qua del tavolo del seggio, e non - di là del tavolo -, per esempio, quell'idiota che veniva avanti ridendo come se giocasse?”
(I. Calvino, La giornata di uno scrutatore)
1987, novembre, me lo ricordo ancora.
La prima cabina elettorale della mia vita per
me fu quella dei referendum sulla giustizia e
sul nucleare di ventisei anni fa. Vestita di tutto
punto, emozionatissima, sentivo l’importanza e
la gravità di quel mio primo gesto da cittadina
adulta e, mostrando i miei documenti al seggio,
percepivo la solennità di quello scambio tra me
e lo Stato: mi si chiedeva di partecipare, di
scegliere, forse financo di decidere.
Non era strano essersi vestiti a festa, non era
strano metter su quell’aria un po’ impostata e
comportarsi con un certo distacco e molta
educazione. Per la prima volta il mio Paese
voleva sapere quale fosse la MIA opinione, mi
proclamava titolare di un oneroso dovere e di
un sacro diritto.
Se è vero che odio gli indifferenti, è anche vero
che mal sopporto chi, non partecipando, si
lamenta delle regole del gioco. Chi, non
impegnandosi, rimpiange la sconfitta. Chi, non
rischiando, accusa altri della propria impotenza
e malasorte. Perché della sensazione che vissi
da diciannovenne, che quel gesto che stavo
per compiere avesse un enorme valore, non
solo per me stessa ma fosse gravato della
responsabilità di partecipare alle scelte di tutti,
non mi sono mai disfatta.
Ma non posso, ora che di anni ne ho più di
quaranta, domandarmi se non fosse più
semplice. Forse perché gli anni e l’esperienza
eran davvero pochi, ma forse anche perché la
mia generazione era figlia di quella nata
durante la guerra, e cresceva mentre nel
mondo si acclamavano la pace, si reclamavano
l’uguaglianza delle razze e i diritti delle donne,
esisteva la classe operaia e si parlava di
carceri, manicomi, casa e lavoro. Difficile adesso, dopo trent’anni, pensare che
quel fermento debba risorgere dalle proprie
ceneri, accettare che tanto impegno appaia
cancellato da oltre due decenni di politica di
malaffare.
Arduo immaginare che i ragazzi che oggi hanno
la mia età di allora, possano avvicinarsi alle
urne fieri della Costituzione che glielo
consente, impazienti di partecipare a un
appello che li inscrive nelle ultime righe
dell’elenco della società, privi di una scuola
adeguata, di un lavoro formativo, della
possibilità anche solo di immaginare
l’autonomia del futuro che i nostri genitori,
invece, ci consegnavano come certo, solido,
vicino.
La proposta politica attuale difficilmente può
apparir loro come un mezzo di partecipazione
fattiva nelle scelte del Paese. Non è difficile
immaginare che, nel bailamme di programmi
indefiniti, di promesse facili e mancate, di
casacche scambiate e rinnegate, di assenza
totale di riferimenti e progetti per quello che è il
loro mondo, dall’istruzione all’occupazione,
possano diventare indifferenti loro malgrado e
disimpegnati per desolazione.
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Anche a me, dopo l’87, toccarono i voti utili, e
poi quelli di “cuore”, e poi quelli di “testa”.
Anche io feci scelte che ebbero risultati non felici,
nel bene e nel male. Ma ancora mi capitò di
emozionarmi, ancora ebbi la fortuna di aspirare e
credere in qualcosa che ora, mentre affronto
insieme a loro l’ennesima scelta, affonda
fortemente le radici dei miei sogni e dei miei
principi nell’idea di una politica che a scuola mi
insegnarono essere “l’amministrazione della polis”,
la partecipazione di ognuno nello spazio di tutti.
Non è così che la vede quella decina di giovani
a cui ho chiesto un’opinione. Certo, campione
limitato e poco rappresentativo, ma forse poi
non molto se si considera che coloro i quali
hanno deciso di rispondermi appartengono a
una fascia di età che va dai 20 ai 35 anni, con
status lavorativi differenti per ognuno degli
intervistati: tra di loro vi è una giovane
imprenditrice, un ragazzo con un tempo
indeterminato fresco fresco dopo anni di rinnovi,
una collaboratrice a progetto, una disoccupata “a
singhiozzo” con contratti che più che atipici
chiamerei atroci, un giovane manager, una libera
professionista, addirittura un diciassettenne che
ci teneva proprio tanto a dire la sua.
Le condizioni economiche e il livello di
istruzione coprono tutte le fasce: stipendio
medio di 1200 euro, welfare familiare,
integrazioni a “spizzichi e mozzichi” e CUD da
40.000 euro. Lauree, di primo e secondo
grado, diploma superiore e, nel caso del
giovanotto, la tanto raccomandata ragioneria
ancora in corso.
Ho chiesto loro di non preoccuparsi di fornirmi
una tesi circostanziata sulla propria opinione
politica, ma ho presentato una serie di domande
brevi e chiare, tentando di fare il punto sulla
situazione delle ultime settimane di campagna
elettorale da girone dantesco.
Le risposte quindi hanno riguardato l’opinione
sulla Destra e sulla Sinistra, la prospettiva nel
caso di un’ascesa del centro-sinistra o
nell’eventuale ritorno di Berlusconi, che cosa li
abbia delusi della politica e cosa ancora si
aspettino da essa. Quale sia la loro
considerazione di Grillo, di Ingroia, e cosa
ritengano essere in generale la politica.
Purtroppo il quadro non è edificante.
Nella politica ritengono non avere un punto di
riferimento, né materiale, né concettuale, sia
nei principi guida, sia dai leader di partito o di
coalizione. Addirittura essa diventa, agli occhi
di alcuni, un’espressione di incostituzionalità,
perlomeno negli ultimi due decenni.
Interessante notare come il più giovane, il
ragazzo di 17 anni, tenga a sottolineare
l’inutilità, a suo parere, di un’innumerevole
quantità di liste, a fronte di un più utile e logico
bipartitismo.
Generalizzando, sono delusi dalla politica,
considerandola ormai priva di genuinità e di
umiltà e, soprattutto, poco “popolare”,
nell’accezione più nobile del termine: distante
dalle necessità e dalle istanze della gente.
Da essa alcuni di loro ammettono di non
aspettarsi più nulla, sebbene
in qualcuno rimanga la
speranza di poter ancora
esser stupito da un afflato di
vera passione e reale impegno.
Tutt i si augurano decisive
prese di posizione sulle tematiche cogenti e
auspicano decisi cambiamenti economici e
sociali che influiscano sulla vita reale della
cittadinanza.
Proprio per questo, buona parte ritiene più utile
un’alleanza, qualunque essa sia, purché
rappresentazione di una visione coesa che
conglobi le migliori proposte e le idee più
condivisibili di tutti i leader, da Bersani a Monti,
da Grillo a Casini.
Per tutti il reale rinnovamento dovrebbe fondarsi imprescindibilmente sulla volontà di rimettere lo Stato al servizio del cittadino
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Berlusconi non viene escluso da questo
immaginifico “gruppo”. Anche a lui alcuni
riconoscono un impegno che probabilmente
non ha ottenuto risultati utili solo a causa di
sbagli grossolani che avrebbe dovuto evitare.
Ma la propensione maggiore è a considerarlo
un “politico per necessità”, che ha messo lo
Stato al proprio servizio, e non viceversa e ha
attirato a sé le preferenze degli elettori che ne
condividevano le esigenze di tornaconto e
vantaggio personale.
Per contro, non ho trovato fortunatamente una
particolare avversione a un eventuale avvento
del centro-sinistra. Si ritiene, come detto, che
la vera rivoluzione non stia nella lista di Ingroia,
né in quella di Grillo, o in una Sinistra Ecologia
Libertà (che appare molto più limpida e
“fresca” ma totalmente ininfluente) ma
nell’unione che fa la forza.
Sebbene non sia quella di marxiana memoria,
è certamente una posizione interessante:
laddove la lista Ingroia viene recepita come
occasione di recupero di trasparenza e onestà,
il leader del Movimento 5 Stelle ritenuto
portatore di ideologie condivisibili ma espresse
con ambiguità e con la faciloneria
dell’aggregazione degli scontenti chiunque essi
siano e Mario Monti la fenice della Democrazia
Cristiana, a tutti loro e agli altri contendenti
verrebbe dato il beneficio d’inventario di una
coalizione allargata, priva di ottusità e
preconcetti.
Sostanzialmente per tutti il reale rinnovamento
degno della loro attenzione e partecipazione
dovrebbe fondarsi principalmente e
imprescindibilmente sulla volontà di rimettere
lo Stato al servizio del cittadino, e non
viceversa, con una ritrovata onestà e una
vicinanza oggettiva alle reali condizioni di vita
degli italiani. Benché non emergano preferenze
nette, la Sinistra e la Destra sembrino concetti
obsoleti e abusati, e vi sia una lieve indolenza
nel giustificare o ammettere mescolanze poco
omogenee, è senz’altro evidente il desiderio di
sentirsi Stato.
Chiunque debba sedere a Palazzo Chigi o a
Montecitorio, se non proprio di sogni si possa
parlare, sembra resistere la speranza di un
Governo trasparente, pulito, vicino.
La possibilità di ricominciare a sentirsi parte di
uno Stato rappresentante reale delle urgenze
dei cittadini e rispettoso del nobile incarico
affidatogli.
Uno Stato che non rinneghi le fondamenta di
democrazia, e le rafforzi con il lavoro.
Che riconosca il popolo sovrano, che rimuova
gli ostacoli che ne limitano la libertà e
l’uguaglianza e permetta di concorrere al
progresso materiale e spirituale della società
Uno Stato che, in questo inverno del 2013, sia
onorato di accogliere tra le sue braccia
democratiche milioni di cittadini che domenica
prossima, nonostante tutto, sentiranno ancora
un po’ di batticuore quando, varcando la soglia
del seggio vestiti di tutto punto, sentiranno che
anche stavolta, ancora una volta, “libertà è
partecipazione”.
DEBORAH LUGLI
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Taccuino
8 MARZO 2013
In modo inconsueto, tutte le donne del mondo,
hanno scelto il giorno di San Valentino per
danzare e “sollevarsi” cercando di cambiare il
proprio destino, contro la violenza, per
combattere i maltrattamenti fisici e psicologici,
le mutilazioni genitali, gli incesti e le schiavitù
sessuali. Il 14 febbraio ha voluto rappresentare
il riscatto universale contro il non rispetto,
contro le continue ingiustizie che donne e
bambine subiscono (e purtroppo subiranno
ancora) in tutto il pianeta.
Non solo in Italia, ma anche nel resto d’Europa,
in India, Afghanistan, Angola e negli Stati Uniti,
a passo di danza, un miliardo di donne di ogni
età ed estrazione sociale ha ballato nelle
strade contro questa VERGOGNA. Non a caso è
stato scelto il giorno “dell’amore”, macchiato
dall’ennesima storia di inaudita violenza
dell’atleta Pistorius contro la “sua amata”
compagna. Anche in Piemonte sono state
moltissime le donne che ballando si sono
strette tra loro. Il flash mob mondiale, per noi
promosso da “Se Non Ora Quando”, si è svolto
in contemporanea in altre 50 piazze d’Italia.
Ogni due, tre giorni, un uomo uccide una donna,
la uccide perché la considera una sua proprietà.
“...le donne vogliono rispetto,
l’amore con la violenza e le botte
non c’entra niente. Un uomo che ci
oltraggia e ci picchia non ci ama” ...e
noi, con tutta la nostra forza,
dobbiamo dire BASTA per tutte le
generazioni future.
Mara Politi
ROMA - 23 MARZO 2013
MANIFESTAZIONE NAZIONALE SANITÀ PUBBLICA E PRIVATA
TORINO - 26 MARZO 2013
ATTIVO DELEGATI FP PIEMONTE Partecipa ai lavori Rossana Dettori
TORINO - 28 MARZO 2013
CONVEGNO “SAVE THE DATE” PARCHI BELLA IMPRESA
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Il blog di Rossana Dettori http://senza-pubblico-sei-solo.com.unita.it/
Il sito web della Funzione Pubblica Piemonte http://www.piemonte.fp.cgil.it/index.asp
Il Sito della CGIL nazionale.... http://www.cgil.it/
...e quello della Funzione Pubblica nazionale http://www.fpcgil.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/1
Polizze Responsabilità civile per colpa grave http://www.fpcgil.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/22439
Corsi formazione ECM FAD http://www.fpcgil.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/24531
Ai seguenti link è possibile scaricare slides informative sui fondi previdenziali Perseo e Sirio http://www.piemonte.fp.cgil.it/upload/piemonte/SIRIO-pensioni-Completo%20new.pdf http://www.piemonte.fp.cgil.it/upload/piemonte/PERSEO-pensioni%20-CompletoNew.pdf
Dichiarazione di sostegno alla proposta d'iniziativa dei cittadini europei. http://www.fpcgil.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/22740
Pubblico in Rete
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