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_ LE IMMAGINI CHE ATTRAVERSANO IL MAGAZINE NON SONO
SEMPRE IN RELAZIONE CON GLI ARTICOLI.
In questo numero
IMMAGINIAMO IL FUTURO nel primo numero
della nostra rivista targata 2009. E non solo.
IMAGINEYOURFUTURE è il filo conduttore che ci
accompagnerà in tutte e quattro le stagioni dell’anno,
che celebra il centenario dell’avanguardia culturale
più originale del nostro Novecento. Abbiamo bisogno di
immaginarci uno schema ideale per un domani diverso.
Abbiamo bisogno di saper guardare a questo domani
con rinnovato slancio: ecco perchè, oggi più che mai,
l’istanza del Futurismo assume una particolare valenza
per la sua capacità di proporre la visione di un uomo
nuovo, fortemente proiettato verso un futuro inteso
come conquista.
Abbiamo bisogno d’energia nel nostro orizzonte
quotidiano. Ed abbiamo bisogno di allargarlo sempre
quest’orizzonte. Nelle proposte Brancaccio Uomo,
Donna, Emporio e Kids per il vostro look di primavera
2009 troverete colore, originalità, rinnovamento. Nel
poliedrico spazio di Brancaccio Ecostyle troverete idee,
sollecitazioni, linfa per l’immaginario. Nel calendario
di eventi primaverili della rassegna IMAGINEYOURFUTURE
parleremo infatti di STYLE: daremo spazio alle nuove
forme della pittura e della fotografia, strumenti
privilegiati della sperimentazione e poi ospiteremo
momenti di incontro a 360 gradi sulle tematiche della
moda e della comunicazione contemporanea. Del resto
dell’utopia futurista di trasformare il mondo, la moda
era uno strumento fondamentale, forse il sistema più
incisivo di penetrazione nel gusto contemporaneo. E se
il monito dei Futuristi è più che mai attuale: rompere
gli schemi, in un contesto nel quale l’omologazione è
sempre più massiva e pericolosa, la moda rappresenta
una delle ultime vere avanguardie in grado di compiere
questa rivoluzione e di infondere nuova linfa alla
creatività, all’entusiasmo, all’energia.
Questo il nostro piccolo contributo allo sforzo necessario
per uscire dalla stagnazione attuale, accettata con
passiva acquiescenza. E’ bello riprendere ad immaginare
il nostro futuro e farlo in maniere non conformiste,
capaci di travalicare i generi artistici e di immergersi
nelle infinite potenzialità del mondo contemporaneo:
Che DinaMItE i LibErI PeNSIerI !!!Bartolomeo Brancaccio
1 EditorialeIMMAGINIAMO IL FUTURO
3 L'AnniversarioBUON COMPLEANNO FUTURISMO!
5 ImagineyourartSEGNI DI CITTÀ IMMAGINARIE
7 Imagineyourphoto
NELLO SPAZIO INDEFINIBILE DEL CORPO
9 ImagineyourcommunicationUNIS@UND
11 Imagineyourstyle SEX AND THE CITY: IL SESSO, LA MODA,NEW YORK
13 ImagineyourfashionIL MONDO DELLA MODA ATTRAVERSO "IL DIAVOLO VESTE PRADA"
15 ImagineyourtrendMODA, CREATIVITÀ E WEB: UN MENAGE PER IL FUTURO
16 ImagineyourshopBRANCACCIO KIDS, LARGO AI PROTAGONISTI DEL FUTURO
19 ImagineyourfoodPIETRO RISPOLI, PAROLA D'ORDINE ECCELLENZA
20 ImagineyourcitySALERNO: L'URBANISTICA DEL NUOVO MILLENNIO
23 ImagineyoursportATTIVAZIONE GENETICA
25 InfoINDIRIZZI DEI NEGOZI BRANCACCIO
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_ LA QUARTA DI COPERTINA È ISPIRATA AL BOZZETTO DI
COPERTINA PER “VANITY FAIR” DI FORTUNATO DEPERO
1929/1930 - COLLAGE, CM 49 X 36,5
* mostre a cura di Marco Alfano* incontri a cura di Alfonso Amendola* coordinamento Vera Arabino
SABATO 21 MARZO ORE 19,30
SEGNI DI CITTÀ IMMAGINARIE
INAUGURAZIONE MOSTRA DI
GIANPAOLO LAMBIASE
SABATO 18 APRILE ORE 18,30
IL MONDO DELLA MODA ATTRAVERSO
“IL DIAVOLO VESTE PRADA”
INCONTRO CON FEDERICA REGA
MERCOLEDì 22 APRILE ORE 19,30
METAMORFOSI
INAUGURAZIONE MOSTRA DI FABIO MONETTI
SABATO 16 MAGGIO ORE 18,30
MODA, CREATIVITà E WEB:
UN MENAGE PER IL FUTURO
INCONTRO CON ALFONSO AMENDOLA
SABATO 28 MARZO ORE 18,30
SEX AND CITY
IL SESSO, LA MODA, NEW YORK
INCONTRO CON FRANCESCA RICCIO
STYLE PASSION FASHION&ACTION NEXTGENERATION
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PRIMAVERA
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.2009
GLI EVENTI AVRANNO LUOGO
ALL'ECOSTYLE BRANCACCIO
IN VIA PAPIO, 39 A SALERNO
IN COLLABORAZIONE CON
CON IL PATROCINIO DI
ASSESSORATO AL TURISMO
UNIS@UND WEB RADIODELL'UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI SALERNO
E CORSO DI LAUREA DISCIENZE DELLA COMUNICAZIONE
BRANCACCIO
Ecostyle
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Jo No Fui
Alice San Diego
Moncler
John Galliano
Hache
La Martina
Cavalli
Allegri
Santoni
L’ANNIVERSARIO
Buon Compleanno Futurismo!di Lucia Napoli
IL 20 FEBBRAIO 1909 “nasce” il movimento futurista
con la pubblicazione del Manifesto del Futurismo,
avvenuta sul prestigioso giornale “Le Figaro” di Parigi.
Il Manifesto è fortemente voluto da Filippo Tommaso
Marinetti, fondatore del movimento e suo esponente più
interessante.
A Salerno il 23 settembre del 1922 per iniziativa del
poeta, giornalista salernitano Mario Hyerace, si organizzò
la prima serata futurista, alla presenza dello stesso
Marinetti. «Anche se - come afferma Massimo Bignardi
nel volume Futurvesuvio 1910/1924. Aspetti del futurismo
in Campania, pubblicato nel 1992 - non possiamo parlare
in realtà di un vero e proprio futurismo salernitano»,
annoveriamo tra i futuristi due artisti della nostra
provincia: Alfredo Trimarco e Giuseppe Luigi Stabile,
compagni di scuola e di avventure artistiche.
Alfredo Trimarco (Polla 1900 - Scansano 1971),
personaggio di sicuro geniale, bizzarro e arguto, si
sperimenta come poeta, drammaturgo, giornalista,
scrittore e caricaturista. Nel 1937, con il suo amico e
compaesano Stabile, associati alla Galleria Colonna di
Roma, allestisce una originale mostra di caricature di
tutti gli artisti delle compagnie cinemato grafiche (della
C.I.N.F.S. italiana e della Metro Goldwin Mayer). Ugo
Piscopo, che gli dedica una voce nella Enciclopedia del
Futurismo, lo definisce un piacevole caricaturista che
con grazia ed insieme ferocia, dipinge e burla il genere
umano.
Giuseppe Luigi Stabile (Polla 1900-2004), architecnico,
come sosteneva l’amico Marinetti per distinguere
gli ingegni dotati di talento artistico dagli architetti
“laureati”, si fa notare per le sue capacità e la sua
eccentricità. Nella sua cittadina di Polla ha lasciato
tracce della sua genialità in ville e abitazioni, ma
principalmente nella progettazione della ardita fabbrica
di manufatti vari: mattonelle, portali, ingressi, detta il
«Cantiere». Fu forse grazie a questa ultima esperienza
che a Salerno, nel 1927, curò, non a caso proprio con
l’architetto D’Agostino, le rifiniture esterne di alcuni
importanti palazzi pubblici e privati, quali Palazzo
Barone, Palazzo Santoro e del Palazzo del Governo
dell’epoca (attuale sede della Provincia).
Se Stabile ha lasciato le sue tracce del nostro territorio
su alcuni edifici, Trimarco ha lasciato segni tangibili nel
patrimonio del Comune di Salerno: infatti consultando
l’inventario e sbirciando tra le carte d’archivio,
troviamo l’acquisto di due sue caricature nel 1936 da
parte dell’Amministrazione Comunale per una spesa
complessiva di lire 300. Le due caricature rappresentano
Adolf Hitler e un personaggio ancora non identificato,
ma che sembra facilmente essere una anticipazione di
quelle caricature cinematografiche, che il nostro artista
esporrà alla mostra di Roma l’anno seguente.
A CURA DELL'ARCHIVIO STORICO DEL COMUNE DI SALERNO
ALFREDO TRIMARCO, CARICATURA, C. 1936, COLLAGE SU CARTA; 34X24 CMSALERNO, ARCHIVIO STORICO DEL COMUNE © COMUNE DI SALERNO ALFREDO TRIMARCO, CARICATURA, C. 1936, COLLAGE SU CARTA; 34X24 CMSALERNO, ARCHIVIO STORICO DEL COMUNE © COMUNE DI SALERNO
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IMAGINEYOURART
Segni di città immaginariedi Marco Alfano
PAUL VALÉRY tracciò in Monsieur Teste, l’allegoria
dell’autocoscienza dell’uomo contemporaneo che,
avendo visto naufragare tutte le sue certezze, non più
in grado di dedurre il proprio fondamento dal cartesiano
cogito, ma ridotto a puro “occhio funzionale”, nel
momento della riflessione conclude: «io non sono; io
penso». Il personaggio “perfettamente impossibile”
creato dallo scrittore francese si rivela alla fine
quale finzione: vittima di un processo inarrestabile di
sfaldamento, egli è prigioniero della propria condizione
d’eterno osservatore agonizzante. Una posizione,
quella del signor Teste, che ritorna in ciascuno di
noi rivolgendo lo sguardo al monitor del computer:
un ‘occhio’ aperto su di una realtà immateriale che
riproduce le possibilità della visione, da cui la coscienza
però rimane esclusa, dato che tale realtà deriva ancora
da una finzione. Nell’ulteriore inganno, rappresentato
dallo schermo digitale, l’artista oggi non è più tenuto
alla verosimiglianza, ma può ‘fingere’, come accade
nella pittura, un possibile sguardo, e concedere alla
lacerata coscienza le immagini come se queste “fossero
possibili”, in uno spettro di irrealtà che si offre, infine,
quale proposta immaginativa.
Con tali pensieri sono tornato dunque a considerare la
successione delle opere che Gianpaolo Lambiase ha
scelto per questa mostra, dove ha trasferito immagini
riprodotte sullo schermo digitale, luogo dove il suo
‘sguardo’ ha rielaborato i disegni, derivati da impronte
lasciate su fogli dalla carta carbone; un disegno, quello
di Lambiase, scaturito dalla pratica dell’architettura,
ambito nel quale egli svolge da molti anni la sua attività.
Da tali remote tracce l’artista giunge a modulare uno
spazio nuovo che s’impone quale indagine ulteriore del
processo intuitivo con il quale ha compiuto la sua scelta
iniziale: manifestandosi tramite un ritmo, cioè una
sequenza, che non parte dall’effettiva tracciabilità di
un percorso che ha attuato nel suo segno grafico, bensì
proponendole configurazioni inattese.
In queste opere, la materialità corposa del colore
sottrae definitivamente le forme all’apparenza digitale;
un colore trasposto secondo una sorta di ‘frottage’
di derivazione surrealista, col quale l’artista giunge
a ‘figurare’ un cielo astratto, dilavato d’azzurro, o
l’intensità serale nell’aranciato, sconfinante nel rosso.
Un percorso tutto mentale, tra la memoria di cose viste
e uno spazio flessuoso, ancora inesplorato, dove gli
elementi modulari di partenza si moltiplicano, variando
di continuo, lasciando spesso intendere lo skyline di
una “città immaginaria”, che ricorda, nella profilatura
puntuta, quella tracciata sulle carte di Antonio Sant’Elia;
non tanto le riflessioni, e i progetti, che si rivelano
nel corso della prima militanza futurista dell’architetto
milanese, piuttosto ricordando quei disegni dell’estrema
fase creativa, segnata dalla folgorante visione della
Città Nuova. Si tratta di un’affinità che apre, tuttavia,
in questo discorso, la necessità di pensare il disegno
in quanto provocazione immaginativa, se questa
era l’autentica funzionalità progettuale del disegno
santeliano, non tanto finalizzato all’effettiva possibilità
di realizzazione, ma «profetica attuazione di progetto».
A queste considerazioni bisognerà quindi far riferimento
per intendere anche le immagini di Lambiase, che prova
a ridefinire l’architettura staccandola dalla superficie del
foglio, per elevarla a progetto improbabile, quale corpo
vivente, scoperta provocazione delle possibilità rivelate
dall’immaginazione.
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LA MOSTRA DI GIANPAOLO LAMBIASE
“SEGNI DI CITTÀ IMMAGINARIE” SI INAUGURA
SABATO 21 MARZO, ALLE ORE 19.30, NELLA CORNICE
DELL’ECOSTYLE BRANCACCIO DI VIA PAPIO 39 A SALERNO
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IMAGINEYOURPHOTO
Nello spazio indefinibile del corpodi Marco Alfano
IL PASSAGGIO DALLA FOTOGRAFIA analogica a quella digitale,
è stata senza dubbio una rivoluzione epocale, che sin
dagli anni Ottanta del secolo scorso, ha determinato un
nuovo modo d’intendere la fotografia, sia dal punto di
vista tecnico che da quello teorico. Il digitale, che ha
rivoluzionato i metodi e i mezzi per la riproduzione ed
elaborazione delle immagini fotografiche, «ha cambiato
– come ha svelato Ando Gilardi – la sostanza stessa del
fotografare per un ritorno all’origine alla vitalità delle
immagini non imbalsamate in un supporto, facendola
uscire dall’evanescenza delle camere oscure». Nel
dibattito sul rapporto tra creatività e tecnologia,
sembra tuttavia insanabile il contrasto tra i difensori
della tecnologia analogica, e gli entusiasti sostenitori
delle possibilità offerte dalla sfera del digitale, che
diviene campo di ricerca linguistica, a volte arrischiata,
nell’indagine sulle pure forme.
È quel che si può verificare nel lavoro creativo di Fabio
Monetti, che affianca alla professione di fotografo,
una ricerca necessaria alla crescita diversificata
dell’immaginazione, ove l’indefinibile “sfera” del
digitale si attesta in un territorio “immateriale” di
sperimentazione.
Nella serie di fotografie, che porta il titolo di
Metamorfosi, l’immagine del corpo si offre quale
spazio mentale dove muovere la fantasia, avvalendosi
LA MOSTRA DI FABIO MONETTI “METAMORFOSI”
SI INAUGURA MERCOLEDÌ 22 APRILE, ALLE ORE 19.30,
NELLA CORNICE DELL’ECOSTYLE BRANCACCIO
DI VIA PAPIO 39 A SALERNO
FABIO MONETTI, METAMORFOSI, 2008-2009,STAMPA FOTOGRAFICA A COLORI, CM 70X70 B
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d’una sintassi compositiva attenta a descrivere una
perentoria corporalità, ritratta più volte, e in molte sue
parti, con un’osservazione insistita. Solo in una fase
avanzata del lavoro, l’autore elabora un “montaggio”
digitale, descrivendo piuttosto al momento dello
scatto, quale condizione programmatica, sollecitazioni
visive che paiono scaturire dall’inquietudine. Monetti,
in pratica, mette “in scena” un nudo femminile nel
distorsivo riverbero della Lampada di Wood, che induce
deliberatamente sulle superfici inattesi scambi di forme;
la ripresa fotografica restringe quindi il suo punto di
osservazione, riducendo il corpo in frammenti separati,
che si rivelano quali spoglie “membra” dai colori
profondamente apprensivi, quasi “cose” investite di una
visione pop assorbita nella frequenza delle radiazioni
elettromagnetiche. Le particolarità corporali del modello
vivente, presentato quale perfetto oggetto “virtuale”
esaltato dal fondo scuro, appaiono al tempo stesso
inglobate in un gorgo dai colori multiformi.
È un processo che avvalendosi del frammento o, meglio,
del “dettaglio” fotografico, quale punto di partenza,
lascia affiorare percorsi ulteriori, visioni già prefigurate
dall’immaginazione dell’artista; si pensi, ad esempio,
nel tracciato dei segni cinetici luminosi, scaturente da
tempi di posa più lunghi, alle suggestioni che puntano
all’origine della modernità, cui l’autore pensa riferendosi
alle celebri fotografie di Gjon Mili che ritraggono Picasso
mentre è intento a disegnare nell’aria con la luce di una
pila tascabile.
Monetti crea immagini inattese e stranianti, evocanti
nelle loro enigmatiche soluzioni formali, sensazioni
interiori di surrealistica memoria, dove il processo
di trasfigurazione digitale mette in discussione la
specificità di fenomeni ritenuti finora estranei all’azione
conoscitiva dello sguardo.
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Fred Perry
Montecore
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IMAGINEYOURCOMMUNICATION
Unis@unddi Vera Arabino
CORRE SUL WEB la voce dell’Università di Salerno. E non
poteva che essere così per un ateneo che è stato tra
i primi in Italia ad istituire la facoltà di Scienze della
Comunicazione ed è oggi una realtà universitaria che si
distingue per effervescenza e capacità innovativa. Della
classe docente ma anche e soprattutto degli studenti,
visto il felice esito del miniconcorso con cui nel 2007
è stato scelto Unis@und come nome della web radio
d’ateneo. La chiocciolina più famosa di tutti i tempi sta
appunto a rimarcare che è merito del web se l’Unisa –
questa l’abbreviazione ufficiale dell’università di Salerno
su internet – propone ogni giorno il suo originale sound,
fatto di musica ovviamente, ma anche di informazione,
approfondimento, intrattenimento intelligente.
“Unis@und Webradio è un autentico laboratorio
creativo per gli studenti, i docenti e tutto il personale
universitario - spiega Francesco Colucci, responsabile
dell’ufficio stampa dell’ateneo e direttore della testata
giornalistica - Tutto è partito quando la nostra università
è stata selezionata per partecipare al progetto UnyOnAir
per la costituzione di un network di webradio. Gli
studenti hanno accolto l’iniziativa con entusiasmo ed è
stato messo su un folto team di volontari, diretti da un
gruppo di responsabili”. E così, con il coordinamento di
Massimo De Santo, professore ordinario di ingegneria e
dirigente del centro ICT di ateneo, il progetto UnisaOnAir
ha dato il via alla trasmissione sperimentale di Unis@
und Webradio a partire dal 10 agosto 2007, iniziando
la sua programmazione regolare il 10 settembre dello
stesso anno. Un mezzo di comunicazione vivo e creativo:
una finestra aperta sul mondo accademico ma che nel
contempo guarda oltre, affrontando le tematiche di
attualità e soprattutto dando spazio ai giovani, alle
loro voci appunto, al loro entusiasmo ma anche alle
ansie e problematiche. Sono di differente taglio, infatti,
i programmi proposti da Unis@und, affidati a tanto di
autori e brillanti speaker: non solo un’ampia scelta
musicale e la presentazione dell’attività universitaria,
in collaborazione con le Associazioni MusicAteneo e
Seventh Degree, ma anche la realizzazione di programmi
di informazione, in collaborazione con l’Ufficio stampa
e la Scuola di Giornalismo. Largo dunque a Buongiorno
Unis@und, che è l’allegra sveglia mattutina della web
radio e poi all’informazione con il radio giornale e la
rassegna stampa di E-Press. Da non perdere Uni_lab
ossia il laboratorio creativo per tutti gli studenti che
hanno voglia di sperimentare. E se la musica ha i suoi
contenitori d’eccezione con Pp - Personal Playlist, 50 S@
unds e Frappè, originali programmi tematici sono Pane &
Pallone, Da Bellavista a Zivago, Cinema On Air, Più Tre.
Intanto fervono i preparativi per il FRU, vale a dire
il Festival delle Radio Universitarie, che il campus
salernitano ospiterà il prossimo 21 e 22 maggio: “Si
tratta di un evento di rilievo nazionale che, promosso
dall’Associazione RAD.UNI, si è tenuto a Padova nel
2007 ed a Catania nel 2008, con l’obiettivo di costituire
un momento di confronto, dibattito e festa – spiega
Colucci – Ora è la volta del nostro ateneo che, attraverso
l’organizzazione curata dall’Ufficio Rapporti con la
Stampa e dal Centro ICT di Ateneo e dalle Associazione
RAD.UNI. ed Unis@und Web Radio, si prepara ad ospitare
l’edizione 2009 che si annuncia densa di appuntamenti
da non perdere”.
Una miscellanea di convegni e workshop sulle tematiche
più interessanti legate all’effervescente realtà delle
webradio universitarie ed in generale alla comunicazione,
accompagnate da una costellazione di eventi musicali,
dirette radiofoniche, spettacoli e concerti, che
mirerà al massimo coinvolgimento di tutte le realtà
universitarie italiane nella nascente comunità delle
emittenti: una realtà che, attraverso un uso efficace e
consapevole delle nuove tecnologie, ha già dimostrato
d’essere un potente strumento di comunicazione ed un
formidabile aggregatore delle realtà locali nello scenario
globalizzato.
http://www.webradio.unisa.it
"F.R.U." FESTIVAL DELLE RADIO UNIVERSITARIE
21/22 MAGGIO 2009
UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI SALERNO
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Rosso acceso per la borsa Moncler, garanzia di classe e qualità
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IMAGINEYOURSTYLE
Sex and the city: il Sesso, la Moda, New Yorkdi Francesca Riccio*
PUÒ UNA SERIE TELEVISIVA incentrata su amore, sesso,
moda ed egocentrismo femminile divenire un cult, una
sorta di “diktat” nel panorama mediatico? Un fenomeno
che ha influenzato il modo di vivere e sentire la moda, la
seduzione, il sesso da parte dell’universo femminile?
La serie televisiva Sex and the City basata sul romanzo
di Candace Bushnell e ideata da Darren Star si concentra
su tutto ciò che rappresenta oggi l’universo femminile.
Trasmessa per la prima volta dall’emittente televisiva
statunitense HBO nel 1998, focalizza il suo sguardo su
un modello di donna emancipata, non più relegata nella
sfera familiare ma professionalmente realizzata, in grado
di decidere autonomamente della propria vita, seguendo i
propri istinti, anche quelli sessuali.
Le protagoniste Carrie Bradshaw (interpretata da Sara
Jessica Parker), Miranda Hobbes (Cynthia Nixon),
Charlotte York (Christin Davis) ed infine Samantha
Jones (Kim Cattrall), svelano l’esistenza di una realtà
femminile che si avvicina, quasi si sostituisce, con
prepotenza e auto-esaltazione alla sfera maschile.
L’influenza di Sex and the City si è riversata inondando
principalmente il culto della moda. In quanto culto la
moda raccoglie intorno a sé schiere di adepti pronti
a sottomettersi alle sue leggi. Dettando le tendenze,
influenza il modo di vestire e quindi di essere di milioni
di persone. Era inevitabile che in una serie televisiva
dove l’epicentro della realtà è rappresentato da tutto ciò
che è “donna”, la moda non fosse risucchiata in questo
vortice.
Sex and the City“ è, per adesso, l’unica serie televisiva
che ha prestato così tanta attenzione alla moda. Il
modo di essere della donna si rispecchia e si manifesta
nell’abbigliamento e negli accessori che indossa. Carrie,
newyorkese eclettica e originale, con grande gusto e
disinvoltura riesce ad abbinare una pelliccia trendy con
un sandalo Manolo, oppure una camicia rosa-fucsia con
una cravatta dal taglio maschile.
Le più grandi ed influenti maisons di moda trovano nella
cornice del serial una vetrina televisiva più o meno
indiretta che garantisce loro una certa visibilità, una
pubblicità mediatica che garantisce loro una serie di
introiti, un paradiso televisivo del product placement
di lusso. Non è un caso se queste stesse maison
(Mercedes, Tiffany & Co., Jimmy Choo e Gucci) abbiano
sborsato circa 1 milione di dollari a testa affinché le loro
creazioni potessero comparire nel film ispirato alla serie.
Le protagoniste di Sex and the City, vestite in modo
impeccabile in ogni episodio, sono donne emancipate
che seguono la moda e “fanno moda”. È una moda
che si fa pagare quella di Sex and the City: il vestito
“Millefoglie” di Versace indossato nel penultimo episodio
da Carrie è costato 79.000 dollari; la collanina con il
nome “Carrie” ha dettato una nuova tendenza; la Eiffel
Bag di Tim Wood apparsa nella prima scena del film costa
450/2.750 dollari. Le scarpe Manolo Blahnik, sempre
citate nel corso degli episodi della serie, diventano
una sorta di “guru”, riuscendo a curare i momenti di
tristezza delle protagoniste, in particolare di Carrie.
Attraverso il lavoro della costumista Patricia Feild,
stilisti come Manolo Blahnick, Jimmy Choo, Fendi, Dior,
Prada, Chanel, Oscar de la Renta hanno accompagnato le
protagoniste nel susseguirsi delle puntate della serie e
del film. Il gusto di Patricia, o semplicemente il fatto che
ad indossarli fossero le protagoniste della serie, ha reso
alcuni accessori, come gli “stilettos” di Manolo Blahnik,
oggetto di desiderio per tutte le donne che fanno della
moda una ragion d’essere, un personale bigliettino da
visita. Il film è stato definito come il più “fashionable”
dai blockbuster del genere.
SABATO 28 MARZO, ORE 18.30SEX AND CITY: IL SESSO, LA MODA, NEW YORK
INCONTRO CON FRANCESCA RICCIO ALL'ECOSTYLE BRANCACCIO
DI VIA PAPIO 39 A SALERNO. L'INCONTRO SARÀ TRASMESSO IN
STREAMING SU http://www.webradio.unisa.it
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*ESPERTA DI MODA E COMUNICAZIONE
CURA DEI DETTAGLI E CLASSE
ASSOLUTA PER L’ABITO ISAIA
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IMAGINEYOURFASHION
Il mondo della Moda attraverso "Il Diavolo Veste Prada"di Federica Rega*
“IL SUO PROBLEMA non è essere o non essere, la moda
è contemporaneamente essere e non essere, si trova
sempre nello spartiacque tra passato e futuro e ci dà,
finché è fiorente, un senso del presente così forte da
superare in questo senso ogni altro fenomeno”. Lo
scriveva il filosofo e sociologo tedesco Georg Simmel,
nel 1911, nel suo breve saggio La moda. Già allora,
la domanda “che cos’è la moda?” ossessionava gli
studiosi del sociale.
Non sono più di una ventina i film di un certo rilievo che
si occupano di moda e nel 2006 esce sugli schermi di
tutto il mondo Il Diavolo Veste Prada tratto dall’omonimo
best-sellers di Lauren Weisberger e diretto da David
Frankel. Il film ci dà modo, almeno in piccola parte,
di capire la moda, di immedesimarsi in coloro che la
creano e vi lavorano, di rendersi conto di aspetti che
altrimenti non si conoscerebbero mai. In particolare
capiamo quanta importanza possa avere la stampa
sul fashion system. Un dato di fatto importante
e ormai stabile da tempo è che l’Italia si trova a
dipendere dall’editoria USA di/alla moda, negli ultimi
20 anni in particolare dai “capricci” del direttore di
‘Vogue America’, Anna Wintour (alla quale è ispirato
il personaggio di Miranda Priestley magistralmente
interpretata da Meryl Streep). Lavorare nel giornalismo di
moda è, dunque, una grande responsabilità, soprattutto
in Italia, dove l’industria del settore è una delle più
importanti.
Da un lato c’è la responsabilità economica perché ciò
che si mette nella rivista influenza ciò che la gente
compra, d’altro canto i consumatori vogliono ricevere
informazioni circa le cose migliori nel mercato e un aiuto
quando si tratta di scegliere.
“La moda è sicuramente arte – dice Silvio Betterelli – ma
prima ancora è comunicazione, ricerca, interpretazione
del domani. Uno stato di fatto. Una specie di scienza,
sicuramente un mestiere”.
Il cinematografo è uno dei media più efficaci per la
suggestione, proprio per questo è fortemente legato al
sistema moda e Il Diavolo veste Prada è dunque un film
che racconta la moda e allo stesso tempo ha dettato la
moda (grazie al perfetto lavoro della costumista Patricia
Field, detta the fashion visionary).
Il divismo, in particolare in passato, contribuisce
alla creazione di tendenze e ci sono personaggi che
diventano ispiratori di veri e propri stili di vita.
Ci sono divi che ancora oggi rappresentano
nell’immaginario collettivo, personaggi che prendiamo
da modello e che hanno davvero lasciato un segno nel
cinema e nella moda con il loro stile.
Ricordiamo James Dean che a distanza di mezzo secolo
è un’icona che la cultura giovanile incarna quasi
inconsapevolmente da tre generazioni, senza peraltro
perdere il suo fascino e la sua attualità.
O ancora Audrey Hepburn che è indiscutibilmente l’icona
di un gusto e di un’eleganza senza tempo e Marylin
Monroe simbolo prima ancora che attrice.
La direttrice-imperatrice, altera e spietata e l’art
director-omosessuale, devoto e sarcastico, le assistenti
sempre in carriera e sempre a dieta e gli stilisti
emergenti in attesa della consacrazione, beauty e hair-
stylist, i contributors e le top, il look e il total look,
il back stage, il cool, l’in, l’out, il fashion, il fashion
system, le fashion victimes… in parole povere: Il Diavolo
veste Prada. Ce n’è per tutti. Per chi disprezza i rituali
del mondo “fashion” e per chi di quel mondo vorrebbe
tanto farne parte. Il film esibisce l’universo della moda
in tutto il suo fascino, e non credo, che se ne siano
voluti nascondere i lati negativi. Grazie all’esperienza di
Andy (Anne Hathaway) la protagonista, giovane laureata
aspirante giornalista, saremo tutti meno cinici nel
giudicare la moda, perché avremmo constatato che è
il risultato della dedizione, del lavoro, della passione
e soprattutto dei sacrifici di coloro che sono disposti a
vendere la propria anima al “diavolo” pur di seguirla e
renderla perfetta.
SABATO 18 APRILE, ORE 18.30
IL MONDO DELLA MODA ATTRAVERSO "IL DIAVOLO VESTE PRADA"
INCONTRO CON FEDERICA REGA ALL'ECOSTYLE BRANCACCIO
DI VIA PAPIO 39 A SALERNO. L'INCONTRO SARÀ TRASMESSO
IN STREAMING SU http://www.webradio.unisa.it
*ESPERTA DI MODA E COMUNICAZIONE
EMPORIO
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BRANCACCIOEmporio
Polo in cotone La Martina, sporty chic per lui
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IMAGINEYOURTREND
Moda, Creatività e Web: un menage per il futurodi Alfonso Amendola
CONTORNI SFUMATI e avanzamento multimediale. Spazi
labili e potenti influenze di macrotrend. Territori
all’insegna dell’instabilità e momenti di immediato
aggiornamento. È dentro queste fluttuazioni che la
moda incontra il web, gli ulteriori spazi della creatività
e le nuove sfere del mercato. Uno spazio nel segno
dell’interattività che può consentire all’acquirente
di “visionare” il proprio capo d’abbigliamento. O
chiedere informazioni. E ancora consultare video,
fotografie e segnalazioni critiche o stroncature e
capire qual è l’ultima tendenza da seguire o da buttare
subito nel dimenticatoio. Ma anche – per chi non può
permetterselo- tenersi iperinformato sul mondo più
glamour della moda: sapendo tutto su sfilate o party o
anteprime o personaggi. Certo dietro questa evoluzione
della comunicazione del sistema moda al tempo di
internet ci sono i maggiori analyst del mercato di
quei consumatori appassionati delle grandi firme che
dedicano alla navigazione “modaiola” dai 30 minuti alle
5 ore al giorno (come si evince da uno studio voluto da
Microsoft: “Luxury Goods: Digital Advertising Research”).
E a partire da questi dati, vera ghiottoneria per qualsiasi
esperto di marketing, diverse iniziative hanno affrontato
quest’aspetto che miscela comunicazione creativa,
moda e nuove tecnologie. E vai con una densa sequela
di numerosi siti specializzati (vedere per credere), di
convegni di natura accademica (soprattutto nell’area
milanese) fino ad arrivare ad alcune pubblicazioni
settorializzate. Al momento il libro che ricopre il ruolo di
deciso punto di riferimento - per gli amanti del trittico
moda/creatività/web- è sicuramente Moda e Tecnologia
firmato da Marina Garzoni e Roberto Donà (stampato
per le edizioni Egea). Una ricchissima ricostruzione che
coglie l’attualità ma che con intelligente vigore guarda
alle migliori prospettive strategiche. Dall’utilizzo delle
più avanzate tecnologie alla discussione di tendenze e
sviluppi delle nuove imprenditorialità che orbitano tra
moda e web. Fino ad analizzare – come indicano i due
autori - "il nuovo approccio al mercato, la difesa del
brand e il tema della contraffazione, l’evoluzione del
retail e i nuovi modelli di comunicazione cercando di
prefigurare quello che sarà il prossimo futuro".
SABATO 16 MAGGIO, ORE 18.30
MODA, CREATIVITÀ E WEB: UN MENAGE PER IL FUTURO
INCONTRO CON ALFONSO AMENDOLA ALL'ECOSTYLE BRANCACCIO
DI VIA PAPIO 39 A SALERNO. L'INCONTRO SARÀ TRASMESSO IN
STREAMING SU http://www.webradio.unisa.it
Ciò che va sottolineato del trittico moda/creatività/
web (che ancora ha molti detrattori e facili accusatori)
è sicuramente il rafforzamento di un settore molto in
crisi da un punto di vista di economia mondiale -quello
dei generi di lusso- che nello spazio del mercato sul web
2.0 può trovare nuova linfa. Strategia basilare, quindi,
per chi saprà coglierlo questo sviluppo commerciale-
progettuale sempre più ampio. Insomma accanto
alla vetrina classica del proprio negozio/azienda
oggi rappresenta un vero incremento economico, la
bacheca su facebook (faccio un esempio sul social
network più diffuso) oppure il negozio virtuale on line,
senza dimenticare tutto quel mercato "emozionale"
e diffuso che è la nuova (sempre meno nuova, in
realtà) dimensione dell'e-commerce. Ma è soprattutto
con la nascita dei Temporary Shop dove lo snodo
web/creatività/moda sembra avere nuovo respiro di
diffusione. I Temporary Shop altro non sono che negozi
che aprono a tempo determinato (anche per pochissimi
giorni). Da qui l’altra definizione di Pop-Up Store (nel
rimando alla pubblicità su web che d'improvviso compare
e immediatamente può esser tolta). I Temporary Shop
(che possono appoggiarsi a spazi pre-esistenti o aprire
come spazi "mordi e fuggi") nascono in zone strategiche
di grande passeggio. E vivono all'insegna del consumo
immediato, della proposta più trendy e del lancio sul
mercato di un qualcosa di assolutamente nuovo (con
tanto di countdown sulla scadenza del negozio). Il tutto
rigorosamente pubblicizzato via internet. Ancora una
volta è soltanto nella contaminazione delle differenze
che si ottiene la novità. Ben venga, quindi, questo
menage a trois tra moda/creatività/web.
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Energie
MARCHI
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Brancaccio Kids, largo ai protagonisti del futurodi Angela Caso
LA MODA, si sa, non ha età e questo vale ancora di più
ai nostri giorni. L’attenzione degli stilisti non si rivolge
semplicemente all’uomo e alla donna, ma abbraccia
anche il bambino che diventerà l’acquirente del futuro.
Camicie, pantaloni, gilet, giubbotti, simpatici e colorati
accessori, vengono pensati a “misura di bambino”.
Davanti ad un gusto non ancora plasmato del tutto,
diviene fondamentale il consiglio del commerciante che
da semplice venditore diventa una persona di fiducia,
decisamente eccessive. In questo caso, spetta a noi
svolgere una funzione di filtro, operazione non sempre
facile. Le madri, infatti, sono molto esigenti: ricercano
qualcosa che sia bello ma anche comodo, funzionale ma
economico.
E per questa primavera, come pensi di soddisfare le loro
esigenze?
Innanzitutto, per questa stagione c’è una grande
voglia di colore. Torna ancora il viola in tutte le sue
sfumature, con l’unica differenza che non è più solo
un colore per le femminucce, come quest’inverno, ma
anche per i maschietti. Inoltre, per le bimbe tornano
i pantaloni a zampa e, visto anche il caldo che ha
caratterizzato la scorsa stagione estiva, si punta
molto su abiti freschi e scollati. Poi ci sono i capi
irrinunciabili, quelli che tornano sempre ogni stagione
e che i nostri clienti vogliono per forza avere nel
guardaroba. In primis, i capospalla ed i jeans che,
comunque, negli anni assumono delle caratteristiche
diverse. In seconda battuta, le felpe, anche se
possiamo registrare quest’anno un ritorno alla maglieria
che piace, soprattutto, ai più grandi che vogliono
vestire come i loro compagni adolescenti. Quest’ultimi
rappresentano un target sempre più esigente. Sono
molto attenti alle firme ed ai particolari. I maschietti più
delle femminucce. E poi amano vestire tutti uguali, una
sorta di omologazione che penso nasca dal desiderio di
sentirsi sicuri ed accettati all’interno del loro gruppo di
amici.
Si parla tanto e spesso di crisi economica, come vedi il
futuro di questo settore?
Il futuro è abbastanza oscuro, anche se è pur vero
che i bambini hanno necessità di cambiare spesso il
loro guardaroba, in quanto sono in continua crescita.
Tuttavia, sono convinta che noi commercianti dovremo
stare particolarmente attenti e puntare su un valido
discorso “qualità-prezzo”. Per fare questo, dovremo
metterci maggiormente nei panni delle persone che
acquistano e cercare di capire le loro reali necessità. In
questo caso, il mio discorso vale anche per gli stilisti
che, a volte, nelle loro collezioni perdono di vista quelle
che sono le esigenze degli acquirenti.
Restando in tema di futuro, come immagini la moda
bambino di qui a dieci anni?
La moda è sempre un ritorno, un cerchio dove tutto torna
anche se in chiave sempre nuova. Penso, che più che
sui modelli, il futuro vedrà delle novità nell’ambito dei
tessuti, perché la ricerca in tal senso fa dei passi da
gigante. L’attenzione sarà sempre più rivolta ai materiale
e da qui, credo, che nel futuro verranno le maggiori
sorprese.
Insomma, abbiamo capito che la vanità non ha età, così
come l’eleganza e la finezza, doti che non mancano a
Barbara quando si tratta di consigliare i suoi clienti,
piccoli e grandi.
Via Velia,30/3284122 SalernoTel. +39 089 23 67 00 [email protected]
in grado di captare le esigenze sia dei genitori che
dei pargoli. La famiglia Brancaccio, consapevole di
tutto questo, ha deciso di mettere a frutto la propria
competenza anche nel settore della moda bimbo. E’
nato, così, “Brancaccio kids”, un negozio dove il gusto
e lo stile si incontrano con la semplicità e la spontaneità
tipica dell’infanzia. A gestire il negozio è Barbara
Brancaccio, che non si tira indietro nel rispondere a
qualche domanda per poterne sapere di più.
Barbara, per prima cosa, quando nasce “Brancaccio
Kids”?
Questo negozio nasce nell’aprile del 2000, con lo scopo
di dare continuità alla nostra attività che si era sempre
dedicata al settore dell’uomo e a quello della donna. In
prima battuta, ci siamo rivolti alla fascia d’età che va
da 0 a 12 anni, poi, negli ultimi quattro anni, abbiamo
ampliato la nostra offerta fino ai sedici anni.
Che cosa ti ha spinto ad interessarti di questo
particolare settore?
Senza ombra di dubbio l’amore che provo per i bambini,
il piacere che sento nello stare in loro compagnia. Anche
se non è così facile, da una parte i piccoli non sono
sempre ben disposti a lasciarsi guidare, dall’altra le
madri si affidano totalmente a noi.
Allo stato attuale, come si caratterizza la moda bimbo?
Oggigiorno, la moda in questo settore segue a ruota
quella dell’adulto. Ormai, i maschietti vestono come
i loro papà e lo stesso discorso vale anche per le
femminucce, sempre più adulte nella scelta del loro
look. Diciamo che c’è una sorta di omologazione tra
le varie fasce d’età. L’unica cosa a cui bisogna stare
attenti è non cedere eccessivamente alle proposte
estrose che, di tanto in tanto, arrivano e che sono
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Pietro Rispoli, parola d’ordine eccellenzadi Angela Caso
PIETRO RISPOLI, un nome una garanzia per tutti coloro
che vogliono sedersi a tavola ed essere sicuri di
gustare dei piatti di prima qualità. Uno degli chef più
noti della provincia di Salerno arriva sulle nostre pagine
per aiutarci a capire quale sarà il futuro del settore
enogastronomico, soprattutto in un periodo di crisi
generalizzata. Ma prima di guardare avanti, è necessario
un salto nel passato per conoscere più da vicino questo
personaggio.
Signor Rispoli, la sua vocazione per la cucina è
un’eredità che le ha lasciato suo padre?
Quello che dice è esatto, per certi versi posso dire
di essere un figlio d’arte. Mio padre era uno dei più
importanti chef negli anni ‘50 e ‘60. Io l’ho seguito
anche se in tarda età. Infatti, prima mi sono laureato in
ingegneria e ho svolto la professione. Poi, circa venti
anni fa, ho deciso che dovevo coltivare la mia passione
per i fornelli.
In questo modo nasce “Il Cenacolo” nel cuore del centro
storico della nostra città. Sempre ben segnalato sulle
guide, il primo posto a Salerno dove è stato possibile
bere ed accompagnare la rinascita vitivinicola regionale
e nazionale. Qual è stato il segreto del suo successo?
Penso che sia stato quello di proporre ai miei clienti i
piatti che piacevano a me. Da questo punto di vista,
sono stato leggermente egoista ma credo che ogni cuoco
dovrebbe agire in questo modo. E poi, è importantissima
la qualità delle materie prime che vengono utilizzate per
cucinare i nostri piatti.
Dopo molti anni, la decisione di lasciare il centro storico
di Salerno e di scommettere sullo sviluppo del Parco
Regionale dei Monti Picentini. Nasce, così, “Masseria
della Nocciola”, una tipica struttura agricola costruita
alla fine dell’ottocento per un turismo rurale di qualità.
Da che cosa è stata dettata questa scelta?
Innanzitutto, ho fatto mio uno stile di vita slow. In
secondo luogo, qui abbiamo eccezionali materie
prime. Ci troviamo a due passi da Montevetrano e
dall’oleificio Nido. E’ una zona con un grande potenziale,
basti pensare al Festival del Cinema per ragazzi, alle
possibilità turistiche offerte da borghi come Terravecchia
e Sieti, In questo contesto, ho deciso di inserire la mia
cucina di territorio alleggerita e aggiornata a rimorchio delle stagioni e delle tendenze della tavola.La sua è quindi una cucina stagionale...Rigorosamente stagionale e rigorosamente a chilometri zero per quanto riguarda l’utilizzo delle materie prime.E cosa ha in mente, allora, per questa primavera?Sarà il trionfo degli ortaggi, come i piselli, le fave e gli asparagi. Ad esempio, ho in mente di inserire nel menù un filetto di triglia al rosmarino con zucchine croccanti e vellutata di piselli o un tortino di asparagi su un guazzetto di fave. Per quanto riguarda i vini, essendo io anche sommelier come mia moglie e mia figlia che lavorano con me, consiglierei sempre un Montevetrano, ma in generale i vini della nostra provincia sono tutti di altissima qualità.
Qual è, secondo lei, il futuro dell’enogastronomia?Visto il periodo di crisi, penso che questa sarà l’occasione per far emergere davvero l’eccellenza. Solo chi saprà puntare sui valori aggiunti che ci offre la terrà sarà realmente avvantaggiato. Da questo punto di vista, è come se il mercato ripartisse da zero.E, invece, il suo futuro personale?Per adesso lavoro tanto per uscire indenne da questa crisi. Poi, “mai dire mai”, forse qualche nuovo progetto potrà anche esserci.Insomma, Pietro Rispoli insegna che la passione calda e professionale per quello che si fa può portare a dei grandi risultati.
CONTATTI
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Giubbino ghiaccio Historic Research, comfort e raffinatezza
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OCCUPATIO/DISSIPATIO È L’ORIGINALE MOSTRA DELL’ARTISTA GIOVANNI BONANNO CHE È STATA ALLESTITA NELLA POLIEDRICA CORNICE DELL’ECOSTYLE BRANCACCIO DAL 16 FEBBRAIO AL 16 MARZO. DA SEMPRE INTERESSATO AL NATURALISMO INTEGRALE, AL PUBBLICO SALERNITANO L’ARTISTA D’ORIGINE SICILIANA MA DI FORMAZIONE COMASCA HA PROPOSTO SEDICI OPERE DELLA SUA ULTIMA PRODUZIONE, PER LE QUALI IL CRITICO SANDRO BONGIANI HA PARLATO DI “DIS-NATURE”. I SUOI LAVORI SONO INCENTRATI INFATTI SULLA PERDITA DELL’IDENTITÀ DELL’UOMO CONTEMPORANEO E QUELLO DI BONANNO SI CONFIGURA COME IL TENTATIVO DI DEFINIRE UNA VISIONE ALTERNATIVA, ATTRAVERSO UN MODELLO DI RAPPRESENTAZIONE IN CUI LE FATTEZZE ESTERIORI DEL VOLTO E DEL CORPO VENGONO OCCUPATE OSSESSIVAMENTE DA UNA MIRIADE DI FORMICHE DISEGNATE A CHINA DIRETTAMENTE SULLA FOTOGRAFIA DIGITALIZZATA. NE VENGONO FUORI COSÌ ESSERI PROFONDAMENTE MUTATI, SENZA UNA LORO CHIARA IDENTITÀ E LA FOTOGRAFIA NON HA PIÙ L’ANGUSTA DIMENSIONE DOCUMENTARIA DEL RITRATTO MA PIUTTOSTO L’IMMEDIATEZZA PROVOCATORIA CHE LA MANIPOLAZIONE GRAFICA SOVRACCARICA DI UNA QUOTA DI COMUNICAZIONE CHE FA LEVA SULL’IMMAGINAZIONE, CREANDO STATI D’ANIMO E SITUAZIONI EMOTIVE DA CORTOCIRCUITO, DESTABILIZZANTI DI UN ORDINE APPARENTEMENTE NORMALE.
GIOVANNI BONANNO
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pubblico come quella dell’ex Cementificio, su parte
della quale, è stato costruita una struttura alberghiera
progettata dall’architetto Nicola Pagliara. Il concorso per
la Stazione Marittima vinto dall’architetto anglo-iracheno
Zaha Hadid che andrà a completare ad ovest, insieme
al progetto di una grande piazza pensato dall’architetto
catalano Ricardo Bofill, l’AAPU del ‘Fronte del Mare’.
Infine il concorso per il Palazzetto dello Sport vinto
dall’architetto Tobia Scarpa che s’inserisce nell’area
del nuovo Stadio Arechi. Escludendo gli interventi per il
centro antico e quello di Ricardo Bofill, tutti gli altri sono
oggi in una fase avanzata di realizzazione. Iniziando
dall’intervento di Tobia Scarpa per una breve analisi, su
questi progetti, è bene evidenziare che esso si colloca
in un’area che assumerà un forte ruolo sotto il profilo
turistico e del tempo libero attraverso la realizzazione
di un porto turistico, di strutture alberghiere e ricettive,
centri residenziali e strutture ricreative come in
parte previste dalla proposta progettuale formulata
dall’architetto salernitano Maria Rosaria D’Ambrosi per la
Porta Est. Il Palazzetto dello Sport di Scarpa, s’inserisce
perfettamente in questo programma di riqualificazione
urbanistica dell’area, è un complesso architettonico
in cui sono previste diverse discipline sportive,
dall’atletica leggera al ciclismo indoor, dal basket alla
pallavolo e al pugilato per una superficie di 5200 mq,
rispetto ad un’area complessiva impegnata di 7500 mq.
La forma del palazzetto è caratterizzata essenzialmente
dalla sua copertura che s’ispira ad un grande tendone da
circo ed è composta da due cerchi inclinati a falde che
si intersecano verso l’alto. È un segno architettonico,
questo dei cerchi che si intersecano, che ritorna nella
memoria di Tobia Scarpa, forse un omaggio al padre Carlo
che lo ha più volte utilizzato sin da quando progetta
il negozio Gavina di Bologna (1961-63) o alle grandi
aperture della Tomba Brion vicino Treviso (1969) o ancora
nei dettagli di mobili come quelli realizzati per la Bernini,
nota industria del settore. Forse proprio per questi
rimandi all’opera del padre, il progetto di Tobia ci è più
vicino sul piano emotivo e culturale.
Il progetto per la Cittadella Giudiziaria vinto da David
Chipperfield, come già evidenziato, va a collocarsi
nell’ex-area dello scalo merci delle Ferrovie dello
Stato. In un’ampia area che costeggia la Luongoirno,
caratterizzata al suo intorno da una diffusa edilizia
abitativa realizzata a cavallo degli anni ’60-’70 di
un inesistente interesse architettonico. L’intervento
di Chipperfield con quello della Lungoirno hanno
determinato, sotto il profilo di una migliore qualità
urbana, il rilancio di un’area che fino a pochi anni
fa era del tutto marginale e separata dalla città. La
realizzazione ha previsto, oggi visibili, otto corpi di
fabbrica di diversa altezza e collegati longitudinalmente
da passaggi coperti; gli stessi edifici sono a corte e
caratterizzati da lunghe aperture sulle facciate che al
piano terra s’integrano con i passaggi coperti esterni,
divenendo esse stesse parte di questi.
La Stazione Marittima, che sta sorgendo nell’area del
Fronte del Mare, è un’architettura diafana, leggera, che
sembra svincolarsi dalle leggi gravitazionali, quasi da
far sostenere da un suo estimatore un parallelo con
l’arte di Chagall. Come è noto l’opera di Hadid rientra nel
panorama internazionale del linguaggio architettonico
detto hi-tech. La sua architettura si fa irruenta, le linee
oblique delle pareti di cristallo, dei volumi e l’ardita
copertura, generano un’idea di movimento fluttuante
e di instabilità, certamente sollecitata dalla presenza
del mare, dalle onde e dal paesaggio, fatto di forti
contrasti come quello salernitano. Certo l’architettura di
Hadid, percorre linguaggi decostruttivisti, ma che molto
devono alle avanguardie storiche, dal Costruttivismo al
Suprematismo e per molti versi al Dadaismo, sottolineato
anche dall’apparente disordine delle sue forme,
attraverso cui innesca un processo di fluidificazione
dello spazio che, come nel caso dell’opera salernitana,
favorisce una sua efficace sintonia con il mare
sottostante. Infine Ricardo Bofill firma l’intervento della
grande piazza, che si incontrerà dopo aver percorso
la riqualificazione urbana dell’area portuale, la Porta
Ovest, progettata da Massimo Pica Ciamarra. Quale
migliore segno architettonico per una città, quello della
piazza, dell’agorà, luogo d’incontro e dell’accoglienza
per eccellenza delle comunità. Una forte connotazione
questa della piazza, tanto da poter divenire essa stessa,
sono certo, il simbolo della nuova Salerno per il nuovo
millennio.
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Salerno: l’urbanistica del nuovo Millenniodi Antonio La Stella*
GLI INIZI DEGLI ANNI ’90, portano una maggiore consapevolezza sui limiti dell’urbanistica tradizionale a regolare la trasformazione della città. Trasformazioni resesi necessarie e imposte, non fosse altro, da nuove esigenze e nuovi bisogni che la società civile chiede. Inoltre, i tempi dell’urbanistica tradizionale, sulla scorta dell’esperienza passate, si erano dimostrati eccessivamente lunghi, e quindi, rendevano i piani inaffidabili come strumenti di programmazione del territorio a breve e a medio termine. Da queste considerazioni è maturata la convinzione nella nuova Amministrazione Comunale di avviare il rinnovamento urbano attraverso una nuova metodologia d’intervento, che agisse su due direttrici: la riqualificazione del tessuto urbano per mezzo d’interventi ‘puntuali’ e la redazione di un nuovo PRG. L’incarico pertanto a redigere il nuovo piano è dato all’architetto catalano Oriol Bohigas che, sulla scorta dell’esperienza
maturata per quasi un decennio come coordinatore e progettista delle trasformazioni urbane di Barcellona, propone con il Documento Programmatico presentato nel novembre ’94, la riqualificazione di sette aree urbane attraverso le AAPU (Aree di Attuazione Puntuale Urbanistica) successivamente ampliate ad undici; aree scelte, come Bohigas sottolinea nel documento perché “elementi generatori di un fenomeno di trasformazioni e rinnovamento del loro intorno”, ‘aree strategiche’ quindi, nel disegno dell’architetto catalano, la cui immediata riqualificazione è data come “prioritaria rispetto alla redazione definitiva e all’iter burocratico di approvazione del Piano Regolatore”. L’aspetto che rende questa proposta urbana innovativa, sta nella sua particolare lettura della città. La città tutta è centro.
Non deve esistere più la dicotomia tra centro e
periferia, si dovrà operare pertanto, a “qualificare
urbanisticamente gli spazi delle periferie e rendere
abitabili gli spazi già qualificati del centro”. I termini che
ricorreranno spesso saranno quindi monumentalizzare la
periferia ed igienizzare il centro.
È un modo d’intervenire questo, certamente più
stimolante sotto il profilo disciplinare, perché
abbandonando i vecchi modelli urbani di ‘zonizzazione’
e di ‘centri direzionali’, la città diviene un organismo
in cui si tenta a far coesistere le diversità, i conflitti
e i nuovi bisogni. Non è un caso se l’ubicazione della
nuova Cittadella Giudiziaria è stata prevista da Bohigas
in un’area centrale e mediana al resto della città;
ribaltando così le vecchie ipotesi di delocalizzazione
ad oriente proposte dai precedenti pianificatori. Sembra
che Bohigas ci suggerisca che i problemi urbani non
si risolvono sottraendo funzioni ma aggiungendo.
Frattanto e coerentemente a questa metodologia,
l’Amministrazione Comunale, realizza da un lato il
Parco del Mercatello e la ‘Lungoirno’, oggi in fase di
completamento, e dall’altro promuove alcuni concorsi
internazionali che hanno interessato il centro antico
e alcune aree interne al tessuto urbano della città
contemporanea. Nel centro antico, il concorso mira
a rifunzionalizzare quattro fabbriche monumentali gli
“Edifici-mondo” così chiamati da Bernardo Secchi,
presidente della commissione giudicatrice, concorso
vinto con l’assegnazione di tre premi ex-aequo ai
progetti di Manuel de Las Casas , di Antonio Menestiroli e
quello della giapponese Kazuyo Sejima.
Accanto ai progetti sopra elencati, il programma
urbanistico-architettonico concorsuale salernitano ha
incluso altri quattro concorsi, coinvolgendo aree interne
delle AAPU di Bohigas: il concorso per la Cittadella
Giudiziaria vinto dall’architetto inglese David Chipperfield
che va a collocarsi su di un’area, quella dell’ex scalo
merci delle Ferrovie, anch’essa acquisita al patrimonio
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ANCHE IN PRIMAVERA IL VIOLA
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Attivazione geneticadi Matteo Guida*
LA NUOVA FRONTIERA DELLA NUTRIGENOMICA
Trattasi della la scienza che si occupa di studiare come
attivare/disattivare i geni, attraverso la nutrizione,
per ottenere delle modifiche nelle funzioni e nella
composizione del nostro corpo… wow!
Nel corpo ci sono circa 70 trilioni di cellule. All’interno di
ogni cellula c’è un nucleo.
Nel nucleo ci sono 23 coppie di cromosomi che
determinano la persona.
Questi 46 cromosomi hanno 30.000 geni.
Ogni gene ha le istruzioni per sintetizzare una proteina o
un enzima e al suo interno, ogni singolo gene, contiene
il DNA.
Per capire meglio, se diciamo che il gene racchiude
dentro di sè le istruzioni possiamo dire che il gene
è il manuale per una determinata funzione, il DNA
rappresenta le parole con cui si scrivono le istruzioni del
manuale. Il “vocabolario” del DNA è composto da circa
700 parole
Le “lettere” che compongono le parole si chiamano
nucleotidi.
Quando si apportano delle modifiche attivando/
disattivando dei geni per oltre 6 mesi, si può ottenere
una riprogrammazione permanente dei geni… doppio wow!
È l’evoluzione della specie…
FACCIAMO DEGLI ESEMPI:
BONE-VDR (gene della densità ossea): si attiva con la
vitamina D e con il calcio
JOINT MMP-1 (gene relativo al liquido sinoviale - un
lubrificante naturale delle giunture): si attiva con il
collagene
HTRR (gene che regola l’omocisteina, che a sua volta
influenza il cuore: se è danneggiato, si possono avere
seri problemi): tale gene è controllato dal gene MTHFR,
il quale a sua volta non funziona bene se manca l’acido
folico (vitamina B12)
HPOE gene che aumenta la produzione di colesterolo
(meglio tenerlo spento): si disattiva con gli omega 3
In pratica il funzionamento del nostro corpo dipende
dal funzionamento dei geni. Il funzionamento dei geni
dipende dalle sostanze che assumiamo sia attraverso
il cibo che attraverso gli integratori e dei farmaci (da
assumere ovviamente quando è necessario un intervento
più massiccio per far fronte, ad esempio, ad una
patologia).
Però… c’è un però (e ti pareva): i geni si possono
danneggiare! E quando il DNA è danneggiato, questo può
non funzionare più bene e cominciano le patologie, i
problemi, l’invecchiamento.
Per capire se ci sono dei geni danneggiati si può fare
il SNP (single nucleotide polymorphing) o mappatura
genetica.
È possibile acquistare un kit per il test della mappatura
genetica su www.generlink.info a circa $650.
Esistono dei nutrienti che sono in grado di aiutare
la riparazione dei geni. Diciamo che un po’ tutti gli
antiossidanti (la vitamina C, il selenio, lo zinco, ecc)
aiutano a migliorare la salute dei geni, e migliorare la
salute dei geni, significa ritardarne il malfunzionamento.
Ritardare il malfunzionamento dei geni significa
mantenere inalterate le prestazioni dei geni il più a lungo
e quindi… non invecchiare!
IL FUTURO È…
Non basterà prendere peso, altezza e girovita per sapere
se stiamo in forma. Non basteranno le analisi del sangue
e urina né basteranno gli esami cardiovascolari né quelli
da sforzo, ma il futuro ci sarà la mappatura genetica!
Potremo sapere cosa funziona e cosa no, come fare a
migliorare le prestazioni, rallentare l’invecchiamento e
modificare i propri geni in modo da poter generare una
specie umana migliore della precedente.
Chissà se esiste il gene dell’intelligenza, della
saggezza, del buon senso, dell’educazione e della non-
violenza, del rispetto, dell’amore: li attiverei tutti!
*DIRETTORE SUPERSPORTGYM DI SALERNO
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