NEWSLETTER olont riAmo con il t. ude
Carissimi amici,
Vi scriviamo per aggiornarvi sulle ultime novità avvenute al St.Jude. Il nostro Paolo è tornato in Italia a metà luglio e Fratel Elio è rientrato in Uganda a fine giugno dopo cinque mesi di vacanza.
Quest’estate abbiamo avuto 4 volontari al St.Jude: Andrea, Stefania, Andrea e Michele. In particolare si sono messi a disposizione per installare i nuovi com-puter dell’aula informatica, un progetto finanziato dalle associazioni Spagnolli Bazzoni e Byelo e che prevedeva l’acquisto dei PC, tavoli e sedie.
Nel mese di settembre torneranno a Gulu i volontari che si occuperanno di portare avanti il lavoro di decorazione della chiesa costruita da Elio. Fabio, Ismaele, Sergio e Stefano per un mese saranno ospiti di Fratel Elio e si dedicheranno a questo lavoro. In questa newsletter vogliamo raccontarvi anche il lavoro che è stato fatto da Paolo in questo ultimo anno conclusivo al St.Jude e, come sempre, le storie dei bambini che sono arrivati al St.Jude ma anche di coloro che sono potuti tornare a casa.
A maggio abbiamo presentato il libro “Diari di guerra e di pace” presso il co-mune di Predazzo. Oltre a Fratel Elio abbiamo invitato Suor Dorina Tadiello che ha portato la sua testimonianza. E’ stata una serata molto impegnativa e densa di fatti dolorosi ma anche di speranza per il futuro.
Vogliamo ringraziare le volontarie di Lavis che hanno preparato le frittelle di mele durante la “Fiemme Senz’Auto” il 10 giugno a Predazzo, Cristina, Alessio e Lucia che hanno organizzato il pranzo solidale a Maglio di Sopra lo stesso gior-no. Claudia, Jelena e Veronica che hanno partecipato alla manifestazione a Moena “Festa di Turchia” nei giorni 27,28 e 29 luglio e Sergio per aver ripropo-sto la mostra di Icone Sacre durante la settimana di ferragosto a Tesero. Grazie anche a Laura che è stata presente con i prodotti del progetto ArtStudio a Clausane, Bergamo e Lecco.
A giugno abbiamo provveduto a caricare un container di giochi raccolti pres-so la scuola media di Predazzo destinati al St.Jude. Un grazie a tutte le famiglie che hanno partecipato alla raccolta e ai professori che si sono impegnati ad organizzarla. I bambini saranno felicissimi!
Con le donazioni raccolte in questi primi sei mesi dell’anno abbiamo deciso, insieme a Fratel Elio, di coprire i costi per un dormitorio presso la tenuta agri-cola del St.Jude. Lì, durante le vacanze scolastiche, i ragazzi e le ragazze più grandi lavorano per contribuire al proprio sostentamento. Entro la fine dell’an-no vorremmo contribuire alle spese per un secondo dormitorio per permettere una separazione tra le ragazze e i ragazzi e aumentare i posti letto. Inoltre, ci siamo impegnati per i prossimi tre anni a pagare lo stipendio di una nuova educatrice che si occupa dei bambini nel dopo scuola. Dopo un periodo di af-fiancamento a Ewa, ragazza comboniana laica che ha trascorso 4 anni al St.Jude, ora sta portando avanti il lavoro in autonomia, Benvenuta Molly al St.Jude e buon lavaoro!
E come sempre, grazie di cuore a tutti voi che ci sostenete da vicino e da lon-tano e permettete ai nostri progetti di diventare realtà!
L’associazione VolontariAmo con il St.Jude
“ Quello che noi facciamo è solo una goccia nell’oceano, ma se non lo facessimo l’oceano avrebbe una goccia in meno.”
(Madre Teresa)
BENVENUTO RWOTDIT PAUL!
Paul è nato lo scorso 20 giugno ma solo pochi giorni dopo la sua nascita ha perso la sua
mamma a causa di una complicazione post parto. Paul è stato segnalato al St.Jude da un
dottore del distretto di Lamwo. Ora sta bene e vive insieme ad una mamma e ai suoi
nuovi fratelli.
BENVENUTO RWOTOMIYA!
Oggi, 13 agosto, Brother Elio è passato a tro-
varci e ci ha portato una sorpresa: un nuovo
amico. Si chiama Rwotomiya e ha appena
13 giorni! È arrivato in braccio alla nonna, av-
volto in una calda, candida coperta.
È nato prematuro e pesa solo 1,84 kg.
Purtroppo la mamma è gravemente malata
e non ha latte per nutrirlo.
Stella, la nostra infermiera, l’ha visitato: sta
bene, ha bisogno di vestiti caldi e cibo. Do-
vrà aumentare almeno di mezzo chilo per-
ché le infermiere possano vaccinarlo. Le
mamme del St. Jude lo hanno accolto insie-
me alla nonna e hanno dato loro latte in pol-
vere, un biberon e un posto dove dormire.
Rwotomiya starà al St. Jude Children’s Home
finchè non starà bene e potrà tornare dalla
sua famiglia.
ITORNO A CASA Lo scorso 1 giugno, gli assistenti sociali del
St.Jude, Jimmy e Ronald, hanno fatto visita
alla piccola Adongpiny Scovia Monica di 4 anni. Il 30 gennaio di quest’anno la
bambina è tornata a vivere con la propria
famiglia, con la nonna materna e lo zio,
nel villaggio di Pawacha Parish nel distretto
Lamwo. Scovia e i suoi due fratelli sono
orfani di madre mentre il padre non vive
più con loro.
Scovia frequenta la classe K1, presso la
scuola materna. La sua pagella del primo
trimestre è buona: sviluppo sociale-66%,
inglese-62%, concetto di salute-70%, ma-
tematica-60%, sviluppo linguistico-70% Le
è stata pagato il prezzo dell’uniforme che
le manca e le sono stati consegnati matite
e quaderni.
A casa oltre a Scovia c’erano anche i suoi
fratelli: Patient di 7 anni e Brenda di 10.
Il nonno dei tre bambini soffre di disturbi
mentali e non può lavorare e anche il pa-
dre non si occupa del loro mantenimento.
Per fortuna la nonna e lo zio sono deter-
minati a prendersi cura di loro.
La storia di Emmanuel è fatta di tasselli e di in-
trecci e anche un po' di coincidenze, come ogni
storia. E' una storia che mostra come ci debba
essere la volontà e la determinazione di più per-
sone per avere un lieto fine.
Emmanuel non ha neanche due anni, occhi gran-
di ed espressivi. Se lo vedi abbracciato alla schie-
na di sua zia Vicky ti pare uno di questi milioni di
bimbetti ugandesi stretti in fasce multicolore e
aggrappati al dorso di ogni donna qui.
Ma Emmanuel non è come gli altri. Forse alla
nascita non è riuscito subito a respirare oppure
la malaria lo ha colpito a pochi giorni di vita,
non è chiaro. Ciò che è chiaro è che ha un ritardo
nello sviluppo motorio e mentale.
E' un Ojok come dicono qui: qualcuno nato con
una diversità, una malformazione. Nato male, di-
storto. Diverso. E chi è diverso, si sa, fa paura. E'
Jacinta Amito a parlarmi di lui la prima volta; sono
al Lacor Hospital di Gulu, l'ospedale fondato or-
mai sessant'anni fa dal pediatra brianzolo Piero
Corti e sua moglie, la chirurga canadese Lucille
Teasdale. Jacinta ha saputo che sto andando a
Kalongo, a visitare l'ospedale fondato da Padre
Giuseppe Ambrosoli e vorrebbe che io trovassi il
piccolo Emmanuel e lo portassi a Gulu, al Saint
Jude di Brother Elio. Scoprirò presto il perché. Ja-
cinta è una midwife, un'ostetrica giunta al Lacor
Hospital per insegnare nella scuola per infermiere
e ostetriche che Piero e Lucille Corti hanno forte-
mente voluto fin dagli anni Settanta. Mi spiega
che Emmanuel vive con la mamma e la famiglia
materna in un villaggio non lontano dall'ospedale
di Kalongo e da cui lei stessa proviene. Il nome è
impronunciabile: Pakor Kenia Te Layugi Village.
Ma ancor più impronunciabile il fatto che la non-
na materna voglia liberarsi di Emmanuel. Fatico a
comprendere. In quella notte stellata, all'ombra
dell'imponente massiccio di Kalongo che sovrasta
l'ospedale di padre Ambrosoli, sarà Tokaro Robi-
na, l'ostetrica di turno, a spiegarmi.
La nonna di Emmanuel è convinta che, se il picco-
lo rimane con loro, sua figlia non potrà più avere
un bambino sano.
E' un'aberrante credenza diffusa, com'è diffusa e
aberrante la soluzione. La donna entra in un cor-
so d'acqua e mentre si immerge lentamente al-
lenta il nodo che stringe la pezza di tela con cui il
piccolo è assicurato alla sua schiena. Così, dolce-
mente, il bimbo scivola nelle acque da cui non
riuscirà più a riemergere. E la madre dirà che è
stato un incidente. Jacinta è in ansia, vuol fare in
fretta, mi chiede di proporre alla giovane donna
di lasciare a me il piccolo Emmanuel per portarlo
a Gulu dove l'orfanatrofio Saint Jude di Brother
Elio potrà accoglierlo, così come accoglie da anni
tanti bimbi abbandonati, orfani o con ritardi men-
tali o motori. Arrivata a Kalongo comincio a cer-
care la mamma di Emmanuel per convincerla a
portare Emmanuel in ospedale.
Emmanuel: finalmente a casa, al Saint Jude!
“È un Ojok come dicono qui: qual-cuno nato con una diversità, una
malformazione. Nato male, distorto. Diverso. E chi è diverso, si sa, fa
paura. “ “La nonna di Emmanuel è convinta che, se il piccolo rimane con loro, sua figlia non potrà più avere un
bambino sano. “
Mi aiutano la sorridente Francesca, giovane tori-
nese specializzanda in pediatria che sta trascor-
rendo qui tre mesi per conto dell'Università, l'o-
stetrica Tokaro Robina che cerca la mamma di
Emmanuel rinunciando alle sue ore di riposo do-
po il turno notturno; e poi ancora Rose Akidi, re-
sponsabile delle risorse umane, Sister Adee Pa-
ska, caposala della maternità e l'infermiere della
pediatria Alphonse, che si presterà per fare da
mediatore linguistico" e parlare con la mamma
del piccolo. Non voglio che pensi che un muzun-
gu, un bianco, voglia portarle via il bambino. Ja-
cinta, Robina, Paska, Rose, Brother Elio, Alphonse,
Francesca. Quante persone che prima si conosce-
vano a malapena si stringono intorno a questo
bambino!
Senza l'aiuto di tutti non sarà semplice portare
Emmanuel alla Consolation home, la struttura
che, all'interno dell'orfanatrofio Saint Jude di Gu-
lu, si occupa dei bambini diversamente abili ga-
rantendo loro assistenza e cure. Sì perché la
mamma di Emmanuel sembra accettare la solu-
zione: verrà lei stessa ad accompagnare il piccolo,
anche perché il padre vive a Gulu. Ma poi scom-
pare con la scusa di andare al villaggio a racco-
gliere le sue poche cose per il viaggio. Presi i cin-
quemila scellini ugandesi che le servono per pa-
gare il boda, la motocicletta taxi che qui costitui-
sce unico e diffusissimo mezzo di trasporto, la
donna si allontana con il bambino. Non tornerà in
tempo per rientrare con noi a Gulu. Perché? E'
stata trattenuta? Ha cambiato idea? O semplice-
mente ci ha messo molto più tempo del previsto?
So solo che dobbiamo partire, qui alle sette è già
buio ed è subito notte fonda. Non posso far
aspettare chi deve tornare a Gulu in serata; par-
tiamo dunque. Ho il cuore colmo di angoscia.
Che ne sarà del piccolo? Perché mai l'ho lasciato
andare via? Al Lacor Hospital mi aspetta Jacinta;
non ci diamo per vinte, insieme cerchiamo un'al-
ternativa. Capita abbastanza spesso che un'auto
percorra il tragitto tra Gulu e Kalongo: si tratta di
riuscire a ricontattare la mamma di Emmanuel
perché si faccia trovare nel posto giusto al mo-
mento giusto. Un'impresa. Che avrà però succes-
so. E' il papà di Emmanuel a prendere l'iniziativa,
forse rassicurato dal fatto che il suo piccolo sarà
accolto al Saint Jude. Pochi giorni dopo sarà lui a
portare all'ambulatorio di fisioterapia del Lacor
Hospital il bimbo, avvinghiato questa volta alla
schiena della zia Vicky che sorride intimidita e
non parla quando Brother Elio la interroga. Sarà
lei a rimanere al Saint Jude con Emmanuel e a
prendersene cura sotto la guida e la supervisione
della rete che è stata creata in quest'angolo del
Nord Uganda, con il tempo e l'aiuto di molti: a
sostenere Vicky ci saranno l'assistente sociale, l'in-
fermiera, le mamme delle case famiglia dell'orfa-
natrofio, la direttrice Josephine e tanti altri anco-
ra. Per la prima volta, nell'ambulatorio di fisiote-
rapia del Lacor Hospital, la dolce Margaret si
prende cura di Emmanuel; ci sarà tanto lavoro da
fare. Margaret e Beatrice, assistente fisioterapista
della Consolation Home, stileranno per lui un
programma di recupero. Ora, grazie al Sain Jude
e a tutti coloro che lo sostengono, questo bimbo
dagli occhi grandi ed espressivi ha un futuro. Il
suo nome, Emmanuel, non significa forse Dio è
con noi?
Daniela Condorelli,
Responsabile comunicazione
Fondazione Corti
I viaggi che vale la pena di fare ti portano inevi-
tabilmente, prima o poi, a dipendere dalla genti-
lezza degli sconosciuti, a metterti nelle mani di
persone che non hai mai visto, affidando loro la
tua vita... è stata la cosa migliore che potessi fa-
re… affidarmi a loro!
Mi chiamo Elisa, ho 26 anni e finalmente sono
riuscita a realizzare il mio sogno nel cassetto
grazie all’associazione Volontariamo con il St.
Jude. E’ stata la mia prima esperienza di volonta-
riato in un orfanotrofio, a 9.000 km di distanza,
un mix di emozioni travolgenti. Non è mancata
la paura prima di arrivare, paura di non sapere
cosa mi aspettava, e ansia di potermi innamora-
re troppo di quel posto e di quelle persone da
non voler più tornare. Credo proprio sia vero
che esiste il mal d’Africa.
Il St. Jude mi ha ospitata per tre settimane
tra gli occhioni felici e spensierati dei bam-
bini e il meraviglioso verde dell’Uganda.
Visto il poco tempo di permanenza, ho de-
ciso di vivermi ogni istante come meglio
potevo, di cercare di guardare il mondo
con gli occhi dei bambini del St. Jude, esse-
rini speciali, con sguardi che ti conquistano
il cuore e che ti fanno capire quanto im-
portante è il tempo e di quante cose su-
perflue siamo sommersi ogni giorno. All’i-
nizio sembrano timidi e ti scrutano da lon-
tano, ma in pochi istanti si fanno coraggio
e sono subito pronti a conoscerti e a per-
metterti di poterli coccolare e creare un
legame di amore/amicizia. Ognuno con le
sue particolarità, ognuno con il suo carat-
tere, ma una cosa li accumuna, la voglia di sorri-
dere sempre nonostante tutto. Le mie giornate si
dividevano tra dare una mano alla sarta Atim
che si occupa dell’art studio e che mi ha inse-
gnato tecniche e lavoretti curiosi, gioco e cocco-
le con i bambini, aiuto compiti alla toy room,
passeggiate con i bambini disabili, visite a villaggi
dove Paolo e il suo team costruiscono abitazioni
idonee per reintegrare i ragazzi disabili nei pro-
pri villaggi.
I bambini e tutte le persone che lavorano al St.
Jude sono una grande famiglia che ti accoglie a
braccia aperte e che ti insegna l’apprezzare le
piccole cose di ogni giorno.
Infine, ma non per questo meno importante, vo-
glio ringraziare tanto Paolo, un punto di riferi-
mento, un ragazzo dalle mille capacità che dà
cuore e anima a queste persone per rendergli la
vita più facile e serena e l’associazione Volonta-
riamo con il St. Jude che ha permesso che que-
sto fosse il mio miglior tempo speso.
Apwoyo Matek!
Elisa
Paolo ha fatto ritorno in Italia lo scorso 15 luglio. Dopo 5 anni al St.Jude, con periodi di pausa in Italia, ha concluso il suo lavoro.
Quest’anno, oltre alle case per i ragazzi disabili di cui abbiamo parlato nella scorsa newsletter, ha contribuito a realizzare altre opere per
migliorare la vivibilità al St.Jude. Tra queste:
→ sistemazione dell’area agricola per l’allevamento e sistemazione delle fosse biologiche,
→ separazione dell’area agricola e meccanica dagli spazi abitativi ed educativi,
→ manutenzione delle case (ampliamento delle cucine esterne, sostituzione delle batterie agli impianti solari, svuotamento delle fosse
biologiche, sistemazione del cancello di entrata al compound),
→ costruzione di nuove fosse biologiche,
→ realizzazione della sega circolare,
→ installazione di un nuovo generatore,
→ realizzazione di nuove strade per facilitare il movimento delle carrozzine.
AVORI TERMINATI
Vi ricordiamo che potete donare attraverso:
ASSOCIAZIONE VOLONTARIAMO CON IL ST.JUDE ONLUS
IBAN IT65 N 08184 35280 000 000 090144
Cassa Rurale di Fiemme
VolontariAmo con il St.Jude Via Fiamme Gialle, 55 - 38037 Predazzo (Tn)
5X1000 C.F. 91016810227
Per qualsiasi informazione scrivete a
Seguite storie, progetti e news
Sul sito www.volontariamostjude.it
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