Meccanicismo e dinamismo:
“paradigmi”, “metafisiche influenti” o “metaparadigmi”?
1
I
Si racconta che Neurath, durante la lettura del trattato di Wittgenstein in una riunione del Wiener
Kreis interrompesse continuamente esclamando “metafisica!”. Al che alcuni proposero lui di
intervenire esclusivamente quando ciò che si leggeva non venisse reputato mera metafisica. Riporto
tale aneddoto solo per sintetizzare, ma in modo emblematico, l’atmosfera e la furia antimetafisica
della filosofia neopositivista tra le due guerre. Come le cose siano in seguito mutate, e
pesantemente, ci è riassunto da J. Watkins[1975]: “la controrivoluzione nei confronti della filosofia
della scienza dell’ empirismo logico pare aver trionfato: io ho l’ impressione che ormai esista un
ampio accordo sul fatto che le idee metafisiche sono importanti nella scienza così come lo è la
matematica[...] Io guardo a siffatto successo con soddisfazione.”1 Personalmente giudico tale
“controrivoluzione” tutt’altro che un semplice ritorno al passato. La reazione, pressochè immediata,
del giovane Popper [1934] all’atteggiamento antimetafisico della filosofia viennese ha dato vita, nei
decenni successivi ad un ripensamento generale e profondo dei rapporti tra fisica e metafisica e più
in generale tra scienza e filosofia. Le scuola falsificazionista, ortodossa o meno, è stata in grado di
riformulare il problema, di creare strumenti interpretativi nuovi, di attribuire significato e ruolo
specifico alla speculazione più propriamente metafisica. E’ stata creata una epistemologia nuova
nella misura in cui si è recuperato, relativizzandolo quel “presupposizionalismo” (Watkins) assoluto
kantiano espresso nella prefazione ai “Fondamenti metafisici della scienza naturale”: “la scienza
della natura, che meriti propriamente questo nome, presuppone in primo luogo la metafisica della
natura...”2
L’ occasione che il modulo ha personalmente offerto, è stata quella di poter fare ciò che prima non
avevo fatto: mettere “alla prova” strumenti e categorie interpretative apprese in precedenza ad un
meta-livello diciamo, calandole in un ambito specifico e ben delimitato, ovvero la nascita della
1 J.W.N. Watkins, Metaphisics and the Advancement of Science, in “British Journal for the Philosophy of Science”XXVI, 1975, p. 912 I. Kant, cit. in D.Antiseri, “Le ragioni della razionalità”, Rubettino, p. 122
2
teoria classica dell’ elettromagnetismo. La possibilità di scelta che è stata data unita alla necessaria
bevità di tale nota, mi ha convinto a trattare nel dettaglio opportuno solo i seguenti due aspetti:
1- considerazioni sui rapporti tra fisica e metafisica
2- la possibilità di considerare “metaparadigmatica” quella che classicamente è ritenuta una
teoria metafisica, riservando a questo attributo un insieme strutturato di asserti ad un livello
leggermente più alto.
Alcune discussioni con un collega specializzando (R. Ponzianelli) mi hanno indotto a riflettere su
una, a mio parere errata, sua attribuzione del termine kuhniano “paradigma” a quelle che nella
epistemologia contemporanea vengono definite “metafisiche influenti” e che io suggerisco invece di
considerare come “metaparadigmi”.
II
Una breve analisi del significato del termine “metafisica” nel linguaggio della contemporanea
filosofia della scienza si deve far risalire a Popper. Precisamente nella Logik del 1934 accanto al
grande recupero della speculazione metafisica come possibile genitrice di grandi teorie scientifiche,
si fa coincidere il metafisico con il non empiricamente confutabile. Si suggerisce poi che ciò che è
tale oggi, ossia metafisico in quanto non empiricamente confutabile, possa cambiare status e
diventare scientifico domani quando le condizioni dell’avanzamento della conoscenza permettano
confutazioni empiriche.
Tale linea di pensiero si è evoluta in un modo sufficientemente tracciabile. Già alla fine degli anni
’40, il termine “programmi di ricerca metafisici” sembra sia entrato nell’ uso corrente nelle lezioni
del filosofo austriaco. La traccia scritta è pero’ nell ‘”epilogo metafisico” del terzo volume del
“Postscript”3 ove l’ autore elenca una decina di teorie “metafisiche” e di alcune analizza l’influenza
3 K.R. Popper, Quantum thory and the schism in physics, from the postscript to the “Logic of scientific discovery”, Routledge, 200, p.159
3
su successivi sviluppi scientifici (per inciso, qui si trova una chiara e breve sintesi della teoria di
Kant-Boschovich, e alcune note sul dinamismo).
L’idea di Popper sembra essere, in sostanza, quella di considerare una teoria metafisica come non
ancora teoria fisica, ma comunque in grado di dirigere potentemente un programma di ricerca. Nel
citato Postscript appunto, si porta ad esempio come applicazione di tale proposta, la storia della
concezione atomstica, soprattutto da Cartesio in poi.
Tutta l ‘epistemologia post-popperiana si muoverà partendo da questa concezione. Kuhn mostra di
riprendere in toto tale visione quando afferma che gli assunti degli scienziati cartesiani erano
metafisici in quanto dicevano loro cosa l’universo contenesse e cosa no. E’ poi Watkins che
introduce il termine “metafisica influente” in senso strettamente popperiano, dopo tutto. Ora, per
costoro sembra imprescindibile attribuire ad una metafisica, l’ aspetto tipicamente “strutturale” di
una teoria fisica. Come per Kuhn appunto, una teoria metafisica ci deve dire a priori come il mondo
sia fatto e come no. Questo in senso “strutturale” appunto. Agassi ribadisce in pieno il concetto
quando afferma che una attuale teoria metafisica puo’ essere una teoria fisica del futuro. La forza
che una metafisica può avere nel condizionare un programma di ricerca, può essere enorme. Agassi
riporta a tal proposito la vicenda dell’ approccio di Faraday ad un tipo di ricerca anti-meccanicista.
Il celebre sperimentatore riconosceva appieno i risultati empirici del meccanicismo
(sostanzialmente della teoria di Newton), eppure proprio in virtù della propria metafisica lui
approcciò la sperimentazione con una metodologia essenzialmente anti-meccanicistica e anti-
corpuscolarista. Per Faraday non esistono azioni a distanza, poichè la forza è l’ entità primaria, non
la materia. Anche qui si noterà come l’ aspetto costitutivo sia quello che caratterizza una teoria
metafisica. La direzione che prende questa linea di pensiero è quella di un progressivo innalzamento
del ruolo e del rango che una metafisica assume nei confronti di un programma di ricerca. L’epilogo
in tal senso è costituito dal concetto di programma di ricerca scientifico di Lakatos. Di diretta, e
riconosciuta, derivazione popperiana, tale concetto ha una sua originalità proprio nei limiti del
nostro discorso. Lakatos correttamente critica l’ approccio di Popper alla metafisica come teoria
4
sintatticamente inconfutabile. In lui la demarcazione tra metafisica e fisica assume una rilevanza
pressochè nulla nel momento in cui un intero programma di ricerca è basato su un nucleo metafisico
reso inconfutabile da una decisione metodologica. Con Lakatos, in sostanza quello che per i
popperiani di stretta osservanza è “esterno, metafisica influente, qui diviene il “nucleo” interno” di
un programma”4. Paragonando tali affermazioni con tesi neopositiviste di appena quarant’anni
prima il contrasto non può non balzare agli occhi.
In sostanza la controrivoluzione di cui si accennava all’ inizio sembra compiuta.
III
La pervasività di tale capovolgimento è ed è stata tale, che tutta una terminologia piuttosto specifica
è stata adottata da discipline diverse per indicare aspetti e concetti loro propri e non sempre
riconducibili ai significati dei termini originari. Uno di tali termini è “paradigma”. Invero in modo
corretto, alcuni storiografi (ad esempio Hans Kung nel suo Cristianesimo)5 e sociologi hanno preso
tale termine modificandolo opportunamente per descrivere situazioni e strutture proprie della loro
disciplina. Ma si tratta a mio avviso di eccezioni.
Come accennavo in precedenza, alcune discussioni sugli argomenti del modulo, hanno portato un
collega specializzando a definire “paradigmi” in senso kuhniano i due approcci, meccanicistico e
dinamistico, alla ricerca, nel nascente campo dell’ elettromagnetismo. Tale attribuzione, che giudico
non corretta, può tuttavia basarsi legittimamente su alcuni aspetti concreti della concezione
kuhniana. Piu’ volte infatti l’ampio dibattito seguito all’apparire del libro di Kuhn ha mostrato le
molteplici sfumature e la sostanziale polisemia del termine “paradigma”. In questo senso una
“metafisica” influente come quella dinamista puo’ ben essere considerata un “paradigma” entro il
4 I.Lakatos, La storia della scienza e le sue ricostruzioni razionali, in Autori vari, Critica e crescita della conoscenza, Feltrinelli, p.3775 vd. ad esempio H. Kung, Cristianesimo, essenza e storia, BUR Saggi, p.69
5
quale Oersted e Faraday possono essersi mossi. Il meccanicismo poi di un Laplace puo’ avere
assolto la stessa funzione. Senonchè è mia convinzione che non in questi termini debba essere
compreso il significato “originario” del termine. Proprio Kuhn, nelle primissime pagine del suo
classico, abbozza una definizione sfuggente ma al contempo chiara del termine paradigma, quando
richiama alcuni classici quali l’ Almagesto di Tolomeo, i Principia e l’ Ottica di Newton, la
Chimica di Lavoisier ecc. Prima ancora cioè che ci si addentri in successivi raffinamenti del
concetto, l’ autore indica, quali paradigmi, vere e proprie teorie scientifiche, strutturate, compiute in
sè e aperte al contempo, in grado di suggerire sviluppi della ricerca nella stessa direzione. 6 In
sostanza, un paradigma verrebbe ad assumere il ruolo di teoria o al più di meta-teoria molto ben
strutturata, con basi metafisiche certo, ma per nulla limitata alla elencazione di generali anche se
precise visioni sul mondo e sui principi primi. In questo senso, una concezione come quella
dinamista (o meccanicista), non risulta pienamente sovrapponibile a tale significato. Una visione
cartesiana ad esempio, enuncia la mappa costitutiva dell’ universo in termini di “enti” e
comportamentenit puramente strutturali, e principi (un atto di moto originario) dai quali derivare
tutto il conosciuto. Un approccio dinamistico come quello di Faraday altresì ha lo stesso tipo di
struttura. Un enunciato sulla costituzione del mondo, che riasumo in “ tutto e’ forza “ e una euristica
positiva basata sul concetto di campo. Risulterebbe evidente ad analisi più approfondite come tali
costrutti non siano paradigmi scientifici nel senso piu’ stringente del termine richiamato sopra. La
mia tesi è tuttavia che essi non possano configurarsi neanche come sistemi puramente metafisici. Il
motivo essenziale è che un asserto del tipo” il mondo è costituito da atomi”, di meta-fisico non ha
assolutamente nulla. Non riesco ad immaginare proposizione con maggior contenuto fisico. Esiste e
resiste a mio avviso un forte residuo popperiano di inconfutabilità sintattica ed empirica come
criterio per definire il metafisico. La tesi che propongo è quella di considerare varie meta-teorie
come quella meccanicista o dinamista quali metaparadigmi. Un metaparadigma, in tal senso
esprime una visione del mondo strutturale, costitutiva appunto, basata su postulati di esistenza di
6 T. Kuhn, La struttura delle rivoluzioni scientifiche, Biblioteca Einaudi, 1999, p. 28
6
enti e relazione tra tali enti. In sostanza, il metaparadigma assume il ruolo di insieme di assiomi
(fisici) che presiedono alla intera condotta del programma di ricerca. Tale assunzione, può rendere
più lineare e congrua l’affermazione di Agassi secondo cui non esistono esperimenti cruciali in
“metafisica” ma che da confutazioni empiriche di risultati derivati da assunti ”metafisici” si puo’
risalire ad una “confutazione” della teoria “metafisica” che li ha generati.
E’ chiaro che un metaparadigma puo’ esistere senza e soprattutto prima di un paradigma
determinato. Il metaparadigma dinamista, nella versione di Faraday, esiste prima ed e’ a
fondamento del paradigma dell’ elettromagnetismo classico. Non solo, un metaparadigma puo’
essere a fondamento di una serie di teorie paradigmatiche più specifiche (teorie di campo,
interpretazioni di teorie ecc..). A tal proposito, una teoria metaparadigmatica come quella dinamista,
puo’ essere utile per interpretare la visione che della meccanica quantistica hanno avuto Einstein,
De Broglie, Schroedinger, Bohm (in realtà si tratterebbe di vedere anche quanto un approccio
determinista e causalista, realista e oggettivo renda meglio ragione degli sviluppi interpretativi
della MQ).
Ma dove si colloca allora secondo quanto propongo, il livello puramente “metafisico” dell’ attività
teorica? E’ mia opinione che tale livello sia quello che ospita i principi primi. Intendo con questo
termine indicare principi guida non esattamente descrittivi della struttura del reale, quanto
costitutivi delle relazioni del nostro modo di conoscerlo: kantianamente intesi come “categorie”
includo tra questi il principio di causalità, il principio di conservazione della materia-energia, il
determinismo e simili. Tali principi si vengono a collocare ad un livello superiore rispetto al
metaparadigma ed hanno un grado di inconfutabilità elevato (anche se non infinito): gli sviluppi
della Meccanica Quantistica negli anni ’30 avevano suggerito persino la possibilità di violazioni del
principio della conservazione dell’ energia (Bohr propose di considerare vero ciò solo in senso
statistico). E da allora la disputa sul determinismo e l’ oggettività del reale ha prodotto una fioritura
filosofica di primo livello. Ma appunto si tratta di questione, qui sì, puramente metafisiche, che si
7
collocano ad un meta-livello e che possono persino non interessare il fisico di professione in senso
stretto (un tipo di fisico purtroppo sempre più comune ...)
Lo schema che propongo è il seguente:
metafisica |
metaparadigma|
paradigma|
teoria scientifica particolare
La metafisica così concepita, ha tratti non dissimili ad una aspetto della concezione popperiana del
’34: dottrine metafisiche interpretabili come ipostatizzazioni di regole metodologiche7.
Nella disputa tra dinamicismo e meccanicismo nella nascita dell’ elettromagnetismo classico, io
vedo uno scontro tra metaparadigmi rivali ma sotto lo stesso quadro metafisico generale:
determinismo, principio di causalità, principi di conservazione.
Quindi non “metafisica influente”, ma “metaparadigma”.
Deve essere tuttavia chiaro che la distinzione sopra accennata non può non soffrire di schematismo
eccessivo. L’ effetto di feedback tra i livelli puo’ essere così forte che i confini tra un livello e
l’altro possono sfumare completamente.
Quello che ho voluto suggerire nello spazio di questa breve nota è soltanto un approccio
interpretativo piu’ diversificato e flessibile, in contrasto con l’ ormai invalsa consuetudine di
chiamare “paradigma” ogni insieme di conoscenze piu’ o meno strutturate.
BIBLIOGRAFIA
[1] J.W.N. Watkins, 1975 Metaphisics and the Advancement of Science, in “British Journal for the Philosophy of Science”XXVI, 1975, p. 91 I. Kant, cit. in D.Antiseri, “Le ragioni della razionalità”, Rubettino, p. 122
K.R. Popper, Quantum thory and the schism in physics, from the postscript to the “Logic of
scientific discovery”, Routledge, 200, p.159
[2] F. Santoianni, M. Striano, Modelli teorici e metodologici dell’ apprendimento, Ed. Laterza, 2003
7 K.R. Popper, Logica della scoperta scientifica, Einaudi 1970, p. 34
8
. I.Lakatos, La storia della scienza e le sue ricostruzioni razionali, in Autori vari, Critica e crescita della conoscenza, Feltrinelli, p.377
T. Kuhn, La struttura delle rivoluzioni scientifiche, Biblioteca Einaudi, 1999, p. 28
Michele Antenucci
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