Dal Progetto d’intesa tra Palazzo Mirto e la Direzione Didattica “Francesco Ferrara” di Palermo
per “Laboratori di Sicilia” realizzato con il contributo
dell’Assessorato Beni Culturali e Ambientali della Regione Sicilia
Le Lucerne Antropomorfe di Palazzo Mirto
20 Maggio 2010, ore 17.00 - Palazzo Mirto
Classi 3B e 3C della Scuola Ferrara
Anno scolastico “2009/10
Museo Regionale Di Palazzo Mirto Via Merlo,2 Palermo
premessa
Questo lavoro nasce all’interno di un progetto realizzato dalla scuola “Francesco Ferrara”
e il Museo Palazzo Mirto, allo scopo di rendere fruibili i beni culturali del territorio, di
riempire di significato i luoghi, gli edifici e gli elementi artistici in cui gli alunni cittadini
sono immersi, consentendo loro di riappropiarsene in modo consapevole attraverso la
lettura e la rivisitazione dei diversi elementi come testimonianze di vita vissuta. Tutte le
classi della scuola, a partire dall’infanzia, hanno visitato il palazzo come il contesto di
vita del “piccolo principe “ Bernardo . dalle letture in biblioteca delle favole di La
Fontaine, all’osservazione dei miti rappresentati , a quella dei piccoli oggetti, come i
ventagli , le porcellane o le lucerne antropomorfe. Da questo ne scaturivano attività di
approfondimento storico culturale di cui questo lavoro costituisce valida testimonianza.
Alla fine del progetto tutti gli alunni, come “piccoli principi” hanno dedicato una intera
giornata ad accompagnare genitori e visitatori “dalle scuderie alla fontana … tra le
meraviglie del palazzo.”
In questo lavoro sulle lucerne antropomorfe, i bambini , dall’osservazione dell’oggetto
sono stati avviati a una ricerca storica sulla ceramica, e in particolare su quella siciliana,
nonché all’approfondimento culturale e antropologico sulla funzione che questi oggetti
hanno assunto nelle diverse epoche e culture. Ma, non fruitori passivi, ma attivi
rielaboratori di conoscenze, hanno disegnato, elaborato tabelle, costruito testi e
“impersonato le lucerne” con costumi (di carta) abilmente confezionati dalle insegnanti,
il cui coinvolgimento e la cui “passione” costituisce elemento indispensabile di “contagio”
agli alunni coinvolti..
Il lavoro, condotto dalle Insegnanti Maria Troia e Vincenza Vitella ro, si è avvalso anche
del contributo dei colleghi Delia Di Marco , Vincenzo Amato e Laura D’Amato per la
cura del testo poetico. La presente rielaborazione del lavoro cartaceo è stata realizzata
dall’Ins. Milena Di Marco.
LA CERAMICA
La rivoluzione del Neolitico permise che alcune persone potessero
dedicare molto del loro tempo alla produzione di oggetti di
artigianato.
L’attività artigiana caratteristica del periodo è proprio quella della
ceramica .
L’uso della ceramica si sviluppò ovunque con grande rapidità.
La materia prima, l’argilla è diffusissima in natura, è facile da
depurare, impastare, modellare.
Permette di ottenere oggetti durevoli nel tempo, resistenti al fuoco,
impermeabili all’acqua, ottimi per la conservazione e il trasporto.
I primi oggetti erano modellati a mano e asciugati al sole.
In seguito vennero cotti direttamente sul fuoco e infine in
forni a legna, dove la temperatura venne tenuta altissima e
costante per tempi lunghi.
Le forme più antiche copiavano quelle di legno, cuoio, pietre.
Le decorazioni furono ottenute inizialmente per impressione
sull’argilla fresca di unghie, margini di conchiglie, punzoni, cordicelle.
Studiando e classificando la ceramica, gli storici ricavarono notizie
sulle diverse culture che si erano avvicendate nel luogo dov’è stata
ritrovata, sulle loro usanze e conoscenze, sulle relazioni e gli scambi
che hanno avuto con altre popolazioni.
In Sicilia le ceramiche più antiche sono state ritrovate nella zona di
Sciacca durante l’ultima parte del neolitico durante le età dei metalli
si erano via via diffusi diversi tipi di ceramica impressa, dipinta,
incisa, di diverse forme e dimensioni che vengono chiamati col nome
della località di provenienza.
LA SICILIA CULLA DELLA
CERAMICA
Prima ancora della colonizzazione greca, i
Sicani e i Siculi produssero vasellame prima plasmato a mano
libera, poi forgiato a tornio successivamente impreziosito con
decorazioni a graffito e dipinti.
La Sicilia, per la sua posizione geografica, è stata sempre oggetto
di conquista da parte delle più importanti civiltà, qui, infatti,
hanno lasciato la loro impronta: i Fenici, i Greci, i Cartaginesi, i
Romani, i Bizantini, gli Arabi, i Normanni, gli Svevi, gli Spagnoli e i
Francesi. In particolare i Greci sfrutteranno la ricchezza del
sottosuolo della collina argillosa di Caltagirone.
Il primo vasellame ritrovato della colonizzazione greca è
caratterizzato da una ricchissima decorazione impressa a
stampiglia o a incisione, rivelata da incrostazioni di materia
biancastra. L'influenza della civiltà greca fa nascere in Sicilia la
produzione di vasellame dipinto nero-lucido, e più tardi anche di
ceramiche rosse lustrate.
Nonostante i ceramisti siciliani siano stati influenzati dalle varie
dominazioni, hanno sempre evidenziato nell'arte della ceramica la
loro sicilianità perché gli elementi creatori di queste opere
artistiche, vale a dire la terra, l'acqua e il fuoco sono gli stessi
elementi presenti nella storia e nella cultura d'ogni siciliano.
Ma la Sicilia accoglie anche gli influssi derivanti dall'Occidente,
infatti, dello stesso periodo è la presenza di vasi dallo stile
iberico del “bicchiere campaniforme” sul finire dell'età neolitica.
Durante i due secoli di dominazione musulmana, la Sicilia assimila
le nuove tecniche portate dagli Arabi e vale a dire quella dell'
invetriatura piombifera , per la quale la ceramica sicula ne
guadagna in bellezza.
L'influenza musulmana fu talmente importante in Sicilia che
rimase presente con i motivi decorativi e le tecniche usate anche
durante le dominazioni successive.
Nella seconda metà del XIV sec., con l'affermarsi della
dominazione spagnola, si ha un leggero mutamento tecnico e
stilistico e si introducono nuovi colori, come il blu accanto al
giallo, al verde e al manganese.
Nel tardo ‘500 e i primi del ‘600 la ceramica siciliana imbocca lo
stile della rinascenza italiana, il quale penetrato in Sicilia nel
periodo del suo pieno sviluppo, vi si protrae per tutto il ‘600.
L'influsso rinascimentale si avverte a Palermo, Messina e
Siracusa.
Le industrie locali del periodo, imitano le maioliche di
Venezia e Faenza, le prime ad essere conosciute
nell'isola. In questo periodo s'impose, su tutta l'isola,
la produzione palermitana, con i bellissimi vasi ovali
che si rifanno ai vasi siculo–musulmani.
Una caratteristica interessante da sottolineare è il collo dei vasi
ovali palermitani che risulta più largo all'innesto con la pancia, che
all'apertura della bocca, mentre nei vasi faentini è generalmente
viceversa.
Durante il ‘600 e nel primo ‘700, s'inserisce anche
la produzione ceramica di una piccola cittadina in
provincia di Agrigento: Burgio, che coltivò l'arte
della maiolica. Verso la fine del XVI sec., una
colonia di ceramisti catalani si stabilì a Burgio,
impiantandovi fabbriche di maiolica che ben presto
contesero il predominio della ceramica di Sciacca a
quel tempo assai fiorente. Burgio assunse ben presto notevole
importanza mantenendola nel XVII e soprattutto nel XVIII sec.
La produzione di Burgio somiglia molto a quella palermitana, infatti,
si ripetono i medesimi motivi decorativi, come il medaglione a due
segmenti e il tergo a trofei, ma i colori sono più foschi a causa
degli smalti meno brillanti. I colori predominanti delle maioliche di
Burgio sono il verde, l'azzurro–grigio, la terra di Siena e il giallo.
Un posto particolare nella storia della ceramica siciliana del ‘600 e
del ‘700 occupa la cittadina di Caltagirone. Qui, in questo periodo si
producono: alberelli, “ quartare ”, anfore, vasi a forma di civetta,
bracieri, scaldini, lucerne di ogni genere a forma umana con costumi
vari, vasi decorativi, pigne, carciofi verdi per terrazze e balconi,
mattonelle.
Il colore che domina nel ‘600 è l'azzurro cinerino, mentre
nel ‘700 l'azzurro carico sino ad arrivare al blu.
I motivi predominanti sono le penne di pavone, decori
vegetali, mentre il tardo ‘700 è caratterizzato dalla
decorazione a rilievo. Di notevole interesse
artistico risultano le deliziose plastiche calatine,
infatti, Caltagirone ebbe dei plasticatori di
eccezionale valore.
L‘800 vede in Sicilia il diffondersi di ceramisti che
si dedicano alla modellatura di figurine in argilla.
Tra i prodotti siciliani di questo periodo, non possiamo
tralasciare le famose lucerne a figura umana prese
come modello dal mondo popolare e spesso raffigurati
in chiave ironica. Le lucerne siciliane si differenziano
nei soggetti a seconda dei luoghi di produzione. In
terracotta è anche il vasto repertorio di statuette
raffiguranti personaggi del presepe, delle arti e dei
mestieri siciliani: il pescatore, il panettiere, il carrettiere, il
fabbro, ecc. Ogni figura rappresenta un'epoca, un costume, una
condizione sociale. Questi oggetti hanno la finezza e la ricercatezza
di particolari da piccoli capolavori.
Accanto alla produzione di lucerne antropomorfe e di statuette,
nel corso dell‘800, si ebbe una notevole produzione di ceramica
funzionale proveniente da diversi paesi siciliani come Collesano,
Patti, S. Stefano, Caltanissetta, Terrasini. All'inizio del sec. XX,
l'artigianato siciliano subisce una grave crisi e delle antiche
fornaci del passato oggi rimangono attive soltanto quelle di
Caltagirone, Sciacca e S. Stefano di Camastra.
1 ceramica di Caltagirone ceramica di Santo Stefano di Camastra
LE LUCERNE
Veni la notti veni lu scuru
ognunu si scanta un si senti sicuru
sicura la notte sicuro lu scuro
una lucerna ni duna ristoru.
Focu chi scoppia focu chi adduma
focu chi all’omini porta calura.
Terra che è matri di tutti ‘i creatura
terra unni crisci tutta ‘a natura.
E selu focu s’incontra cu la terra
la terra si coci
e addiventa lucerna.
Le lucerne, fino a quando l’olio costituì il principale
combustibile per far luce nelle abitazioni, furono
comuni e indispensabili oggetti casalinghi: di
bronzo o di rame su alto piede, nelle case signorili,
di ceramica o più spesso di terracotta nelle case
povere.
Nelle campagne, poi, l’uso delle lucerne ad olio si protrasse a
lungo nonostante la comparsa del lume a petrolio e scomparve con
l’avvento della luce elettrica.
La forma più diffusa e antica delle lucerne in terracotta era
quella di una piccola vaschetta circolare con il beccuccio all’orlo.
In età greca la forma si modificò: la lucerna aveva un serbatoio
piatto e circolare che tendeva a chiudersi, talvolta con un manico
laterale e un beccuccio con un foro per lo stoppino, separato dal
foro per l’alimentazione del serbatoio.
Da questo tipo si svilupparono forme diverse, tutte prodotte al
tornio, diffuse in età ellenistica e romana.
Oltre alla funzione domestica, le lucerne avevano anche un uso
ben augurante, religioso, votivo e funerario.
Nel Medioevo avvenne un’altra grande trasformazione: alla
vaschetta fu applicato un alto supporto, anch’esso ricavato al
tornio; ciò consentiva di tenere ben sollevata la fiammella e, al
tempo stesso dava posto nel fusto ad un’agevole presa, per mezzo
di un manico per il trasporto da un punto all’altro della casa.
Tale struttura rimase invariata nel tempo, soprattutto nelle
fabbriche della Sicilia occidentale, quali Palermo, Sciacca e
Trapani.
Struttura assai diversa ebbero le lucerne in maiolica del '500
nella Sicilia orientale, particolarmente nelle fabbriche di
Caltagirone.
La figurina-lucerna nacque dalla trasformazione della lucerna
medievale, rialzata su un alto piede e con un accenno di un paio
d’occhi dipinti sui risvolti del beccuccio della vaschetta.
Grazie al talento dei ceramisti, che hanno impreziosito le eleganti
figure femminili, fu reso possibile l’uso della ceramica nelle
abitazioni signorili, materiale fino a quel momento ritenuto
povero quindi poco accetto.
Le figurine-lucerne del '500 in maiolica rappresentavano
esclusivamente nobildonne in posa da matrona, con un braccio al
fianco e l’altro alla cintura, riccamente decorate da collane e
diademi; nel loro corpo era immerso uno stoppino (lucignolo) che
usciva esternamente da dietro il diadema frontale.
Questo tipo di lucerna poteva fare luce a lungo, ma c’erano degli
inconvenienti a causa del peso, che rendeva difficile lo
spostamento; inoltre era problematica e fastidiosa
l’alimentazione della lucerna, che avveniva attraverso lo stesso
foro da cui passava lo stoppino.
Fu nel '700 che si superarono alcune difficoltà, grazie a delle
modifiche che resero più agevole lo spostamento e più economico
l’uso.
Infatti,fu eliminato il pesante serbatoio,fu usata la testa della
figurina per contenere l’olio, fu creato alla base un bordo
rialzato, per l’eventuale raccolta d’olio eccedente. Inoltre,
furono creati altri soggetti, oltre alle damine, comparvero
gentiluomini, monaci, preti, briganti e soldati ma anche personaggi
storici e soggetti tratti da scene di vita quotidiana.
L’uso di queste lucerne con soggetti diversi si diffuse in tutta la
Sicilia e grazie alla varietà degli smalti colorati entrarono nelle
nobili case e nei salotti, sostituendo spesso le lucerne di metallo
che si presentavano monotone e poco decorate.
Inoltre, la presenza di più lucerne, con la stessa altezza (25 cm
circa) ma di soggetto diverso e colori vari, costituiva una festa
negli ambienti signorili ma anche nelle modeste abitazioni.
L’uso di queste lucerne con svariati soggetti, si diffuse in tutta
l’isola soprattutto a Collesano dove furono decorate in maniera
monocroma: verde ramina o manganese,e forse per tale motivo
non ebbero la stessa diffusione di quelle di Caltagirone.
Nel corso del '800 la produzione delle lucerne divenne più
fiorente, soprattutto grazie all’artigianato calatino.
L’artista originario di Caltagirone più richiesto di quel periodo fu
Giacomo Failla. È difficile conoscere oggi l'intera serie dei
soggetti delle figurine-lucerne prodotte dall'artigianato calatino.
La più ricercata lucerna antropomorfa era ed è
la damina con ventaglio, con veste a campana
ricca di merletti. La maggiore caratteristica è il
vivace uso di diversi colori, che ne fanno
l’emblema della produzione calatina ancora oggi.
È forse per questo che , pur avendo perduto la
sua funzione pratica, se ne fa ancora larga
richiesta, ed i maestri ceramisti di Caltagirone
la includono fra i principali oggetti del loro
repertorio produttivo.
COSTRUZIONE DI UNA LUCERNA
ANTROPOMORFA
Per la costruzione delle lucerne, il ceramista utilizzava la base e il
fusto di una piccola lucerna ad olio.
Prima di tutto modellava la creta, per ottenere la forma di
campana per la parte inferiore.
Dopo con un altro pezzo di creta modellava il busto e le spalle,
per poi attaccarvi la testina.
Infine, modellava il vestito e le altre parti della lucerna.
Poi l’oggetto era lasciato sopra una base di legno per una
quindicina di giorni per essiccare.
Dopo veniva infornato a 1000 gradi, smaltato con il bianco, grazie
alla pratica dell’immersione e dipinto con smalti colorati, sciolti
nell’acqua.
Infine l’oggetto veniva infornato una seconda volta.
LE LUCERNE ANTROPOMORFE E I DIVERSI SOGGETTI
Le lucerne siciliane con figura umana sono di certo l’esempio più
particolare della produzione di ceramica popolare dell’ottocento
siciliano.
La loro funzione è sempre legata ad una visione religiosa.
I ceramisti popolari ritraggono soggetti del loro tempo, tratti
dalla vita borghese e popolare.
I personaggi che diventano soggetti delle lucerne sono dame e
donne del popolo, pastori, gendarmi, briganti…
Altre volte i soggetti erano tratti dalla mitologia.
I “LUMERI DI PALAZZO MIRTU”
“Collezione posta al secondo piano dell’edificio che,, pur contenendo ambienti
destinati ad un uso sociale, ma per una più ristretta cerchia di amici, era riservato
alla vita privata della famiglia. In esso sono ubicati la camera da letto dei principi, la
sala da pranzo, due biblioteche ed una sequenza di studi e salotti che presentano
analoghi elementi decorativi del piano nobile.”
IL PASTORE
Nome Lucerna antropomorfa
“ Pastore con agnellini”
Materiale Ceramica
Luogo di
provenienza
Caltagirone
Datazione Seconda metà del secolo XVIII
Descrizione
dell’oggetto
Statuetta con base circolare,
cava all’interno, dotata di
vaschetta di olio sul capo e con ai
lati due beccucci comunicanti per
gli stoppini
Funzione Illuminazione notturna
Scaramantica
Rappresentazione
dell’oggetto
Pastore raffigurato con
agnellino tra le mani
Indossa dei pantaloni ed
una giacca con gilet
I colori sono: giallo paglino,
blu cobalto, verde
manganese e bianco
maiolicato.
Veni lu tempu di la primavera
E lu pasturi di li so agnidduzzi si prea
Li porta m’brazza comi picciriddi
Lu pasturi chi di notti dormi sutta a li stiddi
LA DAMA
Nome Lucerna antropomorfa
“ Dama ”
Materiale Ceramica
Luogo di provenienza Caltagirone
Datazione Seconda metà del secolo XVIII
Descrizione dell’oggetto Statuetta con base circolare,
cava all’interno, dotata di
vaschetta di olio sul capo e con ai
lati due beccucci comunicanti per
gli stoppini
Funzione Illuminazione notturna
Scaramantica
Rappresentazione
dell’oggetto
La dama raffigurata indossa
un vestito composto da un
corpetto aderente e gonna a
tre balze. Sul capo porta un
cappello con nastri fermati al
centro con un bottone. La mano
sx regge un ventaglio, mentre
la dx è appoggiata sul ventre
I colori sono: giallo paglino, blu
cobalto, verde, celeste e
manganese su bianco
maiolicato.
Ecco la bella dama
bella di faccia, cu l’abiti eleganti
porta la luci a tutti quanti
E la notti vi fa n’sunnari sonni belli
E nun vi fa scantare
SUONATRICE DI CETRA
.
Nome Lucerna antropomorfa
“ Suonatrice di cetra”
Materiale Ceramica
Luogo di
provenienza
Caltagirone
Datazione Seconda metà del secolo
XVIII
Descrizione
dell’oggetto
Statuetta con base
circolare, cava
all’interno, dotata di
vaschetta di olio sul
capo e con ai lati due
beccucci comunicanti
per gli stoppini
Funzione Illuminazione notturna
Scaramantica
Rappresentazione
dell’oggetto
Donna raffigurata
con una cetra in mano
Indossa un vestito
composto da un
corpetto con un
collettone annodato
sul petto, formato da
un bottone e gonna
pieghettata.
I colori sono: giallo
paglino, blu cobalto,
verde, manganese su
bianco maiolicato.
La cetra la sunavano l’antichi
E io la sonu pi li megghiu amici
La sono n’cumpagnia di l’autri strumenti
La sono pi fari curaggio a la genti
SUONATRICE DI CHITARRA
Nome Lucerna antropomorfa
“ Suonatrice di chitarra”
Materiale Ceramica
Luogo di
provenienza
Caltagirone
Datazione Seconda metà del secolo
XVIII
Descrizione
dell’oggetto
Statuetta con base
circolare, cava all’interno,
dotata di vaschetta di olio
sul capo e con ai lati due
beccucci comunicanti per gli
stoppini
Funzione Illuminazione notturna
Scaramantica
Rappresentazione
dell’oggetto
Donna raffiguratacon una
chitarra in mano
Indossa un vestito composto
da un corpetto aderente e
gonna sbuffante a tre
balze. Sul capo porta
un’acconciatura con falde
ricadenti sulle spalle.
I colori sono: giallo paglino,
verde, blu cobalto e
manganese su bianco
maiolicato.
La chitarra sona sona
N’ta la notti una musica nova
È una fimmina chi sona
È chista è veru una cosa nova.
IL FRATE
Nome Lucerna antropomorfa
“ Frate”
Materiale Ceramica
Luogo di provenienza Caltagirone
Datazione Seconda metà del secolo
XVIII
Descrizione dell’oggetto Statuetta con base
circolare, cava all’interno,
dotata di vaschetta di olio
sul capo e con ai lati due
beccucci comunicanti per gli
stoppini
Funzione
Illuminazione notturna
Scaramantica
Rappresentazione
dell’oggetto
Frate raffigurato con saio
stretto in vita da un
cordone, da cui pende un
rosario
Nella mano destra porta
un libro
I colori sono: giallo
paglino, verde manganese.
Giro pi li campagne e li paisi
cercu di purtarivi anticchia di luci.
La luci chi veni di lu Signuruzzu
la luci vi la portu casa pi casa
n’canciu di un pezzo di pani
e un bicchireddu di vinu
DAMA CON OCARINA
Nome Lucerna antropomorfa
“ Dama con ocarina”
Materiale Ceramica
Luogo di provenienza Caltagirone
Datazione Seconda metà del secolo
XVIII
Descrizione
dell’oggetto
Statuetta con base
circolare, cava all’interno,
dotata di vaschetta di olio
sul capo e con ai lati due
beccucci comunicanti per gli
stoppini
Funzione Illuminazione notturna
Scaramantica
Rappresentazione
dell’oggetto
La dama raffigurata
indossa un vestito
composto da un corpetto
arricchito da un colletto
con fiocco giallo e gonna
a tre balze. Sul capo
porta un’acconciatura con
due falde ricadenti
dietro le spalle. La dama
tiene tra le mani
un’ocarina.
I colori sono: giallo
paglino, celeste e
manganese su bianco
maiolicato.
E arrivu puru iu chi sono l’ocarina
La sono pi ralligrari la bella cumpagnia
Facemu festa, facemu festa
Ca la notti passa cchiu lesta
SUONATRICE DI TAMBURELLO
Nome Lucerna antropomorfa
“ Suonatrice di
tamburello”
Materiale Ceramica
Luogo di provenienza Caltagirone
Datazione Seconda metà del secolo
XVIII
Descrizione dell’oggetto Statuetta con base
circolare, cava all’interno,
dotata di vaschetta di olio
sul capo e con ai lati due
beccucci comunicanti per gli
stoppini
Funzione
Illuminazione notturna
Scaramantica
Rappresentazione
dell’oggetto
Dama suonatrice,
raffigurata con un
tamburello nella mano
destra
Indossa un abito con
“rouches” sulle maniche e
un fazzoletto annodato al
collo.
I colori sono: giallo
paglino, verde manganese,
bianco maiolicato.
Portu la festa e l’allegria
cantati e ballati
ballati cu mia la tarantella
cantati e ballati
fimmini schetti e maritati
Picchì la notti vinìa
e tuttu u munnu scumparìa
nun c’erano neon e lamparini
ma sulu cannili, torci e lumini.
E la notti era assai duci
si c’eranu lucerni a purtari luci,
luci chi alluntana spirdi e diavuluni
chi turmentanu cu li so furcuni.
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