Tommaso beT - Studio d'Arte GR BET catalogo MOSTRA... · chitetture goticizzanti dalle cupe...
Transcript of Tommaso beT - Studio d'Arte GR BET catalogo MOSTRA... · chitetture goticizzanti dalle cupe...
Tommaso beTdistopie
a cura di
Studio d’Arte G.R., Sacilewww.studioartegr.com
Finito di stampare nel mese di Marzo 2012
presso le Grafiche De Bastiani - Godega di S. Urbano - TV
© Dario De Bastiani Editore, Vittorio Veneto 2012
ISBN 978-88-8466-255-2
Un particolare ringraziamento a:
Ugo Granzotto, Maria Lucia Fabio
Si ringraziano:
Famiglia Bet, Giulio Delfini, Vittorino Gava, Giorgione, Afro Graziani, Maria Antonietta Graziani, Mario Graziani, Fabio Ianna, Renzo Limana, Marco Mattioli, Simone Piccoli, Paolo Pin, Gianfranco Quaresimin
Fotografie:
Marina Castagna
Progetto grafico:
Ketty Gallucci
26 marzo - 3 maggio 2012
Casina Giustiniani - Via David Lubin, 4 - Villa Borghese - Roma
SalutoMario Graziani - Presidente L.I.Art
L’occasione di una scopertadi Giovanni Granzotto
Volti straziati, nuove icone popolaridi Alberto Pasini
Opere
Biografia
Studio d’Arte G.R., Sacilewww.studioartegr.com
Con grande piacere la L.I.Art, in collaborazione con la Fondazione Archivio Afro, apre il
programma di eventi 2012 con la mostra di Tommaso Bet, artista giovane ma che ha già ot-
tenuto importanti riconoscimenti sia in Italia che all’estero. E’ infatti nei progetti dell’associa-
zione, oltre a perseguire le finalità primarie di scambio e confronto fra gli artisti e di dialogo
attorno alle problematiche dell’arte, quello di far conoscere ad pubblico sempre più vasto,
non solo i maestri ormai “storicizzati ” ma anche quelli contemporanei che si evidenziano
per qualità e sensibilità. La scelta dell’artista friulano ci pare più che mai appropriata sia
perché in sintonia con gli obbiettivi di L.I.Art sia perché il suo stile, le tecniche adottate e la
poliedricità con cui si esprime appaiono il risultato di un modo di “lavorare” che affondando
le radici nel substrato storico delle esperienze artistiche del ‘900 riaffiora con vitalità del tutto
nuove e messaggi specificatamente contemporanei.
Nel nostro “piccolo” dunque continuiamo, come abbiamo sempre fatto, a “pungere ” i
fruitori attraverso eventi e incontri che oltre ad arricchire la conoscenza degli artisti ospitati,
siano occasioni di riflessione e confronto.
Mario GrazianiPresidente L.I.Art
Erano molti anni che le esperienze di un gio-
vane artista non catturavano la mia atten-
zione e la mia curiosità, e che non mi pro-
curavano emozioni forti; finché non sono
capitati sulla mia strada, complici le solle-
citazioni di mia figlia e del suo compagno, i
dipinti, le grandi tele di Tommaso Bet, ed è
subito, non saprei spiegarne bene il come e
nemmeno l’intensità, scoccata la scintilla.
Immediatamente mi sono reso conto, que-
sta almeno è la mia convinzione, di essere
di fronte ad un talento naturale, ad un po-
tenziale espressivo davvero speciale, ad un
urlo ancora rattenuto, ancora modulato,
temporaneamente un po’ soffocato, ma
già pronto ad uscire, ad esplodere in tutta
la sua violenza comunicatrice. Tommaso mi
è apparso come il nuovo Gerhard Richter,
un Richter giovanissimo e italiano, inevita-
bilmente segnato dalle impronte lasciate
dalla sua generazione nelle esplorazioni,
nelle scorribande, nelle avanzate e nelle fu-
ghe precipitose nella vastità delle praterie,
ma anche nelle angustie e nelle strozzature
di sentieri e dirupi: spesso senza mete, tal-
volta senza ritorno. Le tracce, cioè, di una
generazione confusa (probabilmente da
noi) e insicura, certamente molto influen-
zabile, dove però, talvolta, più di qualche
volta, affiorano con impeto, anche esplo-
dono, energie e volontà, riuscendo pure a
giungere a segno. Ecco, con Tommaso, ho
avvertito tutto questo: influenze, molte con-
taminazioni, utopia, forse velleitarismi; ma
anche una potenza dirompente nel voler
comunicare: un desiderio, un bisogno d’im-
magine così pregnante e diffuso da riuscire
a trasmettere all’immagine stessa una for-
L’OCCasiOnE Di una sCOPERta
Tommaso Bet compie il suo primo approc-
cio all’arte in termini professionali attraverso
l’incisione; tecnica dura, poco riconosciuta
dal mercato e molto impegnativa, che dif-
ficilmente lascia spazio ai seducenti incanti
tipici di altri processi artistici amati dai ne-
ofiti. Forte di una sicura padronanza tecni-
ca entra nell’“Associazione incisori veneti”
e partecipa a numerose manifestazioni
sull’argomento, come tema predilige ar-
chitetture goticizzanti dalle cupe caratte-
ristiche antropomorfe, come colore rigoro-
samente il bianco-nero, ed assume il tratto
crudo, deciso e profondo, tipico dell’arti-
giano che lavora a bulino.
Sul versante parallelo della pittura vanta
ancora una volta un’innata abilità per la
resa di ambienti e figure, risulta influenzato
dall’universo ammaliante del fumetto e del
cartone animato ma soprattutto dai toni
foschi e morbosi della cultura cyberpunk;
anche in questo caso costruzioni improba-
bili, un corpo umano trasformato ed ele-
menti iper-tecnologici fanno da sfondo ad
esercizi formali di grande personalità.
D’un tratto poi le due strade, finora percor-
se indipendentemente, tendono a eviden-
ziare punti in comune e ad unirsi idealmen-
te; ecco dunque che la profonda passione
per le tecniche della puntasecca e dell’ac-
quaforte trovano, per quanto possibile, ap-
plicazione nel più completo universo del
dipinto. L’artista agisce sulla tela togliendo
e non spargendo il colore con il pennello,
opera attraverso spatolate, graffiature e
rimozioni che rivelano la natura degli strati
di pittura sottostanti, così facendo identifi-
ca una figura che giunge rapidamente a
VOLti stRaziati, nuOVE iCOnE POPOLaRiza pulsante ed esplosiva. Ed anche se quei
sorprendenti “faccioni” a cui fa riferimento
Alberto Pasini nel testo in catalogo, sono
l’esempio più diretto ed esemplificativo
del suo colloquio, del suo confronto e del
suo scontro con la realtà, da lui necessaria-
mente stravolta e sfigurata, altrettanto, se
non di più, mi hanno stregato i suoi carnali
paesaggi, immersi, anzi quasi sommersi, da
un magmatico fiume carsico, da una eson-
dante, inarrestabile linfa vitale. Non voglio,
in questa occasione, ché ce ne saranno,
ne sono convinto, molte altre di occasioni
per parlare di Tommaso Bet, affrontare una
articolata disamina della sua pittura, peral-
tro solidamente sostenuta dalle impalcatu-
re di una grafica splendida, percorsa dai
venti e dai brividi del Nord Europa, ed ese-
guita con mestiere stupefacente; lasciamo
ad Alberto Pasini il compito stimolante di of-
frirci alcune chiavi di lettura per una pittura
così innovativa. Per ora mi accontento di
incalzare gli appassionati, invitandoli a con-
frontarsi con questo linguaggio: certo che
d’ora in poi accompagnerà i tragitti dell’ar-
te italiana per tutto il suo tempo.
Giovanni Granzotto
rifinire fin nei minimi dettagli partendo dal
quel magma indefinito e vivido del colo-
re originario. I soggetti indagati in questa
prima maturità di Bet si dividono principal-
mente in ritratti e paesaggi astratti, anche
se in quest’occasione ci soffermeremo solo
sui primi. Questi subiscono un brusco avvici-
namento alla filosofia dell’incisione, si fanno
infatti molto semplici e diretti, sono sempre
polarizzati intorno ad un solo campione
che catalizza su di sé tutta l’attenzione, al
punto tale da far svanire la necessità di
uno sfondo. Tali ritratti si concentrano qua-
si esclusivamente sul volto e prediligono
i grandi formati, in questo modo, anche
attraverso una tecnica dal segno brutale
e vicino a quello della grafica, è possibile
rendere persino i più piccoli particolari e le
più minuziose sfumature; il colore infine, pur
non riducendosi al bianco-nero, compren-
de una scala cromatica ridotta che gioca
con i toni del rosso, del grigio e con molta
moderazione del marrone e del blu, identi-
ficando sempre più specificamente i detta-
mi di questa produzione. Si viene a creare
paradossalmente una sorta di conflitto tra
il segno violento utilizzato per riempire la fi-
gura, che ha molti aspetti in comune con
la pittura “informale”, e quello più preciso e
delicato usato per definire realisticamente
il soggetto, questo contrasto però si risolve
inaspettatamente in un ricercato equilibrio
compositivo.
Ecco che questi “faccioni” guadagnano
prepotentemente una loro originale iden-
tità estetica che li rende immediatamente
riconoscibili: su uno sfondo grigio antracite
si stagliano ritratti di volti noti, o perlomeno
già visti, restituiti allo sguardo attraverso lar-
ghe spatolate e spesse campiture di colore
che insistono prevalentemente sulle sfu-
mature del rosso e del rosa acceso e il cui
incarnato è solcato e deteriorato al punto
da farlo somigliare ad un taglio di carne
sanguinolento; caratteristica che contrasta
volutamente con la perfetta e quasi foto-
grafica finitura di particolari come occhi o
capelli. I modelli scelti sono ricavati da fo-
tografie ritagliate da giornali, da pubblicità
o da foto scattate direttamente dall’ar-
tista. In alcuni casi il soggetto prescelto è
talmente noto da assumere le caratteristi-
che di “icona” e quindi da influenzare la
lettura dell’opera attraverso l’opinione che
la massa, o l’osservatore particolare, ha di
quel determinato personaggio, in altri inve-
ce la scelta è puramente visiva e si riduce
all’interesse grafico-estetico dei particolari
presenti in quella specifica immagine.
L’impatto suscitato nell’osservatore da
questa tipologia di ritratti è immediato e
intenso, ad un primo livello le opere risulta-
no di semplicissima lettura in quanto vicine
alla cultura quotidiana e perfettamente ri-
conoscibili: non sembra esserci nulla al di là
del grosso volto perfettamente definito che
perdipiù spesso persino riconosciamo. L’ef-
fetto può in alcuni casi risultare disturban-
te o eccessivamente morboso, ma anche
per questo l’attenzione dello spettatore è
garantita, e proprio tale aspetto deviante
dona all’opera nuovi accenti sociali che
la rendono ancor più seducente. Ossa de-
formate, sangue rappreso e carne tume-
fatta ridisegnano con grande originalità
profili attraenti ed eleganti facendoli fug-
gire dalla quotidiana banalità in cui sono
normalmente circoscritti, questi elementi
però non assumono le caratteristiche di
sofferenza o estenuazione cui sono tradi-
zionalmente legati ma infondono vigore e
vivacità ad una tipologia altrimenti con-
venzionale. La scala cromatica energica e
satura, insieme ad elementi velenosamen-
te snaturati, contribuisce a collocare l’in-
dividuo ritratto in una dimensione distante
dalla realtà, d’altra parte però la verosi-
miglianza nella resa e la riconoscibilità lo
riavvicinano prepotentemente a noi tra-
sformando la nostra percezione in un os-
simoro, analogamente a quanto avviene
nelle più semplici esecuzioni pubblicitarie.
A questo punto appare coerente azzar-
dare un paragone, seppur ovviamente
mediato, con la più rappresentativa e co-
nosciuta Pop Art americana. I “faccioni”
sono semplici da comprendere, sono rico-
noscibili, sono riconducibili ad una cultura
frivola, sono sgargianti, attirano facilmente
l’attenzione, sono tutti realizzati con stilemi
molto simili l’uno all’altro, sono collocabili
all’interno di una società consumistica che
basa la comunicazione principalmente su
pubblicità e riviste e, soprattutto, sono qual-
cosa di completamente diverso da quello
che sembrano ritrarre. Naturalmente però i
parametri sociali e culturali sono cambiati
dagli anni ’60, allora ecco sorgere le inevi-
tabili divergenze e i conseguenti termini di
ricontestualizzazione. La serialità e la pro-
duzione a modo di catena di montaggio
non hanno più ragione di essere conside-
rate arte innovativa in un contesto dove
tutto è seriale e impersonale, quindi una
riproduzione manuale, ma estremamente
realistica, salva l’opera dall’anonimato.
La colorazione improbabile e fuori profi-
lo e scala del soggetto non sono più una
demarcazione sufficiente a distanziare arte
da cartellone pubblicitario, i vistosi inter-
venti che Bet compie all’interno del profilo
del modello sono invece quantomai ricon-
ducibili a varie e condivise visioni artistiche
coeve, anche se deliberatamente decon-
testualizzate. L’atmosfera aerea, spensiera-
ta e anestetica in cui Warhol immergeva
le sue Marylin stupiva proprio per il senso di
banalità infuso nell’aura di un personaggio
che di certo non appariva come anonimo
o simile ad un pupazzo; oggi, all’opposto,
l’ordinario è sempre presente nella grafica:
per distanziare l’arte dalla cartellonistica
cittadina bisogna intervenire brutalmente,
bisogna ferire, turbare.
Altri aspetti secondari nell’estetica di que-
sta produzione trovano facilmente un pa-
rallelo nella Pop Art che và di certo ag-
giornato e adeguato ai tempi, ma non
ha senso continuare ad elencarli ora. La
fondamentale portata innovativa sul ver-
sante dell’oggetto (abbiamo già parlato
abbondantemente di quello visivo) si risol-
ve, non nella ricollocazione temporale di
una ormai abusata corrente artistica, ma
nella folgorante intuizione che conduce ad
un’indagine brillantemente creativa e origi-
nale di una società superficiale nella quale
la cultura popolare non possiede più alcun
aspetto artistico rappresentabile se non at-
traverso un violento shock.
alberto Pasini
French kiss - Monnalisa
2010 - tecnica mista su tela - cm 100x130
They call him priest
2011 - tecnica mista su tela - cm 60x40
Ricky tricker
2011 - tecnica mista su tela - cm 120x125
Gamera
2011 - tecnica mista su tela - cm 130x120
Germanizing
2011 - tecnica mista su tela - cm 120x130
Fallen god
2010 - acquaforte, acquatinta e puntasecca - mm 500x700
Struttura #6
2010 - acquaforte, acquatinta e puntasecca - mm 270 x 350
Heghel sucks
2011 - tecnica mista su tela - cm 110x180
Astroboy 2012
2011 - tecnica mista su tela - cm 140x140
Moonarchy
2011 - tecnica mista su tela - cm 130x120
Corporate me
2012 - tecnica mista su tela - cm 120 x 150
Senza titolo
2011 - acquaforte, acquatinta e puntasecca - mm 500x700
Shark
2011 - tecnica mista su tela - cm 100x80
King solomon’s temple
2011 - tecnica mista su tela - cm 125x135
Solomon’s temple
2009 - acquaforte, acquatinta e puntasecca - mm 300x450
Struttura 3° stato
2011 - acquaforte, acquatinta e puntasecca - mm 350x270
Senza titolo
2010 - tecnica mista su tela - cm 125x135
Tree of life
2011 - tecnica mista su tela - cm 125x135
Sabbath
2010 - tecnica mista su tela - cm 135x170
Baleniera
2008 - acquaforte, acquatinta e puntasecca - mm 500x700
Settima cattedrale
2011 - tecnica mista su tela - cm 125x135
Third reminescence
2008 - acquaforte, acquatinta e puntasecca - mm 480x530
Adonai
2011 - tecnica mista su tela - cm 110x120
Febah to Saturn
2009 - acquaforte, acquatinta e puntasecca - mm 500x700
Neo gothic reminescence
2008 - acquaforte, acquatinta e puntasecca - mm 530x480
tOMMasO BEt
cenni biografici:
Nel 2003 si diploma presso l’ISAVV, Istituto Statale d’Arte di Vittorio Ve-neto.Nel 2008 completa gli studi presso l’Accademia di Belle Arti di Venezia con una tesi intitolata: “Evocazione, il primato della calcografia, ana-lisi semiotica sulla stampa d’arte”.Opera nell’ambito dell’incisione, della pittura, scultura e dell’instal-lazione polimaterica. Conta numerose incursioni dell’ambiente della scenografia teatrale ed esperienze come curatore grafico di eventi legati alla realtà artistica e musicale dell’underground culturale vene-to. Vive e lavora a Londra.
2005 Venezia, “Stauros, la croce” Istituto studi ecumenici S. Bernardino
2006 Mestre, “La macchina tra il tempo e l’eterno” Chiodi Automobili Spazio Cultura
2008 Venezia, “SensationShow” Carnevale di Venezia per “K-Event”
Strà, “La metamorfosi del desiderio” Voltan Concept Store
Istanbul, “International printmaking Biennial of Istanbul”
2009 Venezia, Borsa di studio come collabo-ratore didattico alla cattedra di tecni-che dell’Incisione
Istanbul, “III International Printmaking Competition of Istanbul”
2010 Zurigo, “Da Venezia ad Horgen” Spazio Arte Esposito
esperienze artistiche ed esposizioni selezionate:
2010 Venezia, “Prove d’artisti” ex chiesetta di Santa Maria Ausiliatrice
Zurigo, “Von Venedig nach Zurich” Keller Galerie di Heidi Suter
Campobasso, “Biennale dell’Incisione di Campobasso 2010”
2011 Pordenone, presenza presso “Arte Por-denone”
Verona, partecipazione Premio Aletti presso “Art Verona”
2012 Cappella Maggiore - TV, “..per cono-scere tommaso bet, ritratti e paesaggi”
Galleria Comunale
-”… un immaginario architettonico impres-siona Tommaso Bet, che sbalordisce per la sincronia con cui riesce a far coesistere un esercito di segni a mezza via tra la scala e la torre…”
Sileno Salvagnini
- “… Le sue incisioni approdano nell’univer-so formale di B. Hoetger e di K. Krail, per poi
descrivere delle personalissime distopie archi-tettoniche che emergono da un buio clau-strofobico fatto di graffi …”
Chiara Massini
-“…Nella Babilonia postmoderna di Bet ritro-viamo gli spettri degli eventi che hanno se-gnato l’inizio di questo millennio.”
Karin Antoniucci
hanno detto di lui: