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Roma, Piazza Venezia 5Tel. 06 688281

GIOVEDÌ 24 FEBBRAIO 2011 ANNO 136 - N. 46

Milano, Via Solferino 28 - Tel. 02 6339Servizio Clienti - Tel. 02 63797510

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Sfida Fassino-Gariglio

Ordine e affariL’esercitodei realpolitici

Lezioni

Nei dossierdi Verbanouna tracciadel delitto

Le cinquegiornatedi Bengasi

Torino e il votodei sospetti

Avetrana In cella fratello e nipote di Misseri: «Aiutarono a nascondere il corpo»

Ghisi, F. Monti, Perrone,Ravelli, Sconcerti pagg. 62-63

SE I RAGAZZISI RIBELLANOE DIFENDONOIL PIÙ DEBOLE

di Danilo Tainoa pagina 32

EGOISMI E PAURE

A ncora una svolta, l’ennesima, nel-le indagini sull’omicidio di Sa-

rah Scazzi, la quindicenne di Avetra-na uccisa il 26 agosto dello scorso an-no, per il quale, dopo una lunga seriedi confessioni e ritrattazioni, sono ac-cusati lo zio, Michele Misseri, e la cu-gina Sabrina. Ieri sono stati arrestatiil fratello e il nipote di Misseri: insie-me avrebbero aiutato «zio Michele» anascondere il corpo della giovane nelpozzo dove poi è stata ritrovata.

A PAGINA 25

I Classici del pensieroSchopenhauer e la felicità

Il reportage

La spiaggia ora è un cimitero. La Ue prepara sanzioni. Berlusconi: attenti al dopo

La Consulta della giusti-zia del Pdl punta sull’appro-vazione in tempi rapidi deiprovvedimenti sulle inter-cettazioni telefoniche e sulprocesso breve. Dopo lostop di Napolitano, il gover-no ha deciso di varare unnuovo decreto Milleproro-ghe e di porre la doppia fi-ducia alle Camere. Lavoro eoccupazione: manifestazio-ne delle donne del centro-destra il 5 marzo a Roma.

DA PAGINA 12 A PAGINA 19

Manifestazione delle donne del centrodestra

I l credo dell’apostolodella realpolitik prevede

un primo comandamento:stabilità. Un secondo:ordine. Un terzo: affari.Invece nella lista degliesclusi del real politicospicca al primo posto lademocrazia (degli altri),poi i diritti umani (deglialtri). Tenersi buonoGheddafi è da sempre lamissione del seguace dellarealpolitik mediterranea.

A PAGINA 9

Dopo 31 anni

di GIOVANNI BIANCONI

La storia

L e cinque giornate diBengasi anticipano e

preparano il propagarsidella sommossa a Tripoli.Il punto di non ritornoil 17 febbraio, quando fuevidente che la rivoluzionestava trionfando. Igiovani vogliono apparire,esserci, non vedono piùi reporter stranieri come«spie al servizio diAmerica e Israele»ma come alleati e amici.

A PAGINA 3

P iero (Fassino) contro Davide(Gariglio). Domenica Torino

sceglierà il candidato sindaco delPd, l’erede di Sergio Chiamparino.Il voto dei sospetti. A PAGINA 19

di GOFFREDO BUCCINIe GIUSI FASANO

L’Inter spreca troppoIl Bayern la beffa: 0-1

di PIERLUIGI BATTISTA

La rivolta avanza, a Gheddafi resta Tripoli

G razie a voi ragazzi diquella terza media di

Catanzaro che siete statipiù generosi, più civili,più veri uomini e veredonne della vostrapreside. Grazie per averdetto no a uscite, no agite, no a giornate diorientamento fuori sedese uno dei vostricompagni di classe avessedovuto, per ordinisuperiori, rimanere acasa: il compagno piùdebole, tra l’altro, con«sindrome di Down», nondunque una di quelledisabilità che implicanospostamenti problematici,carrozzina, incapacità dimuoversi e camminare.Non siete stati soltantoamici e fratelli per lui, maanche padri e madriperché l’avete protetto,l’avete difeso come solo imigliori genitori sannofare: senza molti discorsie con tranquilla, sicuradeterminazione.

CONTINUA A PAGINA 50A PAGINA 28 Cavalli

Offensiva del Pdlsulla giustiziaNuovo Milleproroghe

La Deutsche Banknelle ecotorri italiane

di GIAN ANTONIO STELLA

di LORENZO CREMONESI

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di MARCO IMARISIO

I silenzi su Sarah, due arresti per complicità

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Soldati e mercenari del regime richiamati nella capitale. Si moltiplicano le diserzioni. Anche Misurata in mano agli insorti

di ISABELLABOSSI FEDRIGOTTI

A PAGINA 27

Centinaia di fosse sono state scavate sul lungomare di Tripoli. Le foto sono state diffuse dal sito Onedayonearth

La rivolta in Libia avanza. Sul-la spiaggia di Tripoli si scavanofosse per le vittime. Gheddaficonserva la capitale, mentre an-che Misurata, dopo Bengasi eTobruk, è nelle mani dei ribelli.

I militari. Soldati e mercenarisono stati richiamati nella capi-tale. Le diserzioni si moltiplica-no. Due piloti si sono rifiutati dibombardare e hanno fatto preci-pitare un caccia.

Le vittime. Cifre diverse suimorti sono fornite dalla tv AlArabiya, dalle ong e da altri me-dia arabi. L’Unione europea in-tanto prepara sanzioni. Berlu-sconi: attenzione al dopo raìs.

DA PAGINA 2 A PAGINA 11

M a se si chiamas-sero Pedro o Jo-s é e f o s s e r obombardati da

un golpista sudamericano?Se si chiamassero Pak o Kooe fossero mitragliati da uncarnefice nordcoreano? Se sichiamassero Oja o Boris e fos-sero sgozzati da un nuovomacellaio cetniko? È il dub-bio che rode a vedere cometanti politici italiani guarda-no al massacro dei libici fa-cendosi una sola domanda: enoi? Certo, è ovvio che ci po-niamo il problema di cosasuccederà a casa nostra. Dipiù: è sacrosanto. Quanti di-sperati si rovescerebberocon i barconi sulle nostre co-ste se andasse tutto nel peg-giore dei modi? Come po-tremmo gestire un’ondatamigratoria mai vista? Riusci-remmo a essere insieme vigi-li guardiani di un filtro indi-spensabile e buoni samarita-ni al soccorso di una umani-tà sofferente? Cosa farebberogli altri europei? Accorrereb-bero a darci una mano oguarderebbero altrove la-sciandoci nelle peste?

Sono domande doverose.Imposte da questa specie diesplosione nucleare dagli esi-ti imprevedibili deflagrata apoche decine di chilometridai nostri confini. Lo studio-so Khaled Fouad Allam si èspinto a scrivere sul Sole 24Ore che la Libia potrebbe di-ventare, per la sua storia, peri suoi conflitti secolari, «l’Af-ghanistan del Mediterra-neo». Come potremmo nonstare in guardia? Come po-tremmo non essere preoccu-pati? Eppure questa non puòessere la sola, unica, esclusi-va nostra preoccupazione.Non può ruotare tutto osses-sivamente intorno a noi. Per-ché laggiù in Libia, sotto i no-stri occhi, a pochi minuti divolo dall’Italia, stiamo assi-stendo a un bagno di sangueche ci fermerebbe il fiato e cistrapperebbe grida di racca-

priccio se solo le vittime ditanta ferocia repressiva nonfossero arabi, berberi, islami-ci. Impastati tutti insieme, in-tegralisti e laici, cammellierie architetti, beduini saharia-ni e ragazzi cresciuti col Webche sognano solo la stessa li-bertà che hanno i ragazziolandesi o americani.

Abbiamo tra l’altro due re-sponsabilità in più. La primaè che quello che Ronald Rea-gan chiamava «il cane di Tri-poli» e oggi sta azzannandorabbioso i suoi stessi cittadi-ni, è stato fino a pochi giornifa riverito e adulato, con mi-nori o maggiori gradazioni dipiaggeria, da un po’ tutti i go-verni italiani. Convinti che «ivicini non si possono sceglie-re» e in fondo in fondo pernoi fosse meglio che l’Africapiù vicina fosse schiacciatasotto il tallone di un po’ di du-ci muscolosi piuttosto cheesposta ai brividi pericolosidella democrazia. La secondaè riassunta in un motivettosull’invasione della Libia del1911 il cui prologo risuona spa-valdo: «Sbalorditi i musulma-ni stavan tutti a naso ritto /ma d’un tratto a capofittobombe e fuoco gli arrivò / As-sediato e bombardato sia disopra che di sotto / il vil po-polo corrotto all’Italia s’inchi-nò». Ecco, un secolo esattodopo la brutale conquista diquello «scatolone di sabbia»,dopo decenni di disprezzoper quelle genti «inavvezze allavoro», dopo le foto dei no-stri plotoni d’esecuzione chefucilavano anche i ragazzini,dopo i campi di concentra-mento nel deserto della Sirtedove Angelo Del Boca ha di-mostrato che morirono deci-ne di migliaia di donne, vec-chi e bambini, abbiamo versoquei libici scesi nelle piazzeper liberarsi di un dittatorecapriccioso e feroce dei dove-ri in più. È giusto che ci preoc-cupiamo «anche» per noi.Ma non ci siamo solo noi.

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32 Cronache Giovedì 24 Febbraio 2011 Corriere della Sera

La carrieraMario Bellini èstato direttore diDomus dal 1986al ’91. Designere architetto, havinto 8 Compassid’Oro. Tra le sueopere, il Nuovoquartiere Portellodella Fiera diMilano e lariqualificazione(tuttora in atto)della Pinacotecadi Brera

Il progettoLe torri dellanuova sede dellaDeutsche Banksono alte 155metri, con 3 pianidi parcheggisotterranei.L’edificio è adalta sostenibilitàambientale: 74%di risparmiodell’acqua, 89%di riduzione delleemissioni di CO2.

Il 98% deimateriali rimossisono stati riciclati

L’interventoRiciclati i materiali rimossigarantendo un risparmioenergetico del 55 per cento

Via i muri, le ecotorri italianedella nuova Deutsche BankL’architetto Bellini trasforma i grattacieli degli anni ’70

DAL NOSTRO CORRISPONDENTE

BERLINO — Via i marmi bian-chi, via le boiserie: roba del Ven-tesimo secolo. Oggi la banca glo-bale deve essere trasparente,sembrare intelligente e funziona-re secondo criteri ecologici. Viadunque anche la pelle — le vetra-te esterne —, via i vecchi impian-ti elettrici e di riscaldamento,via i muri divisori e i soffitti cheimpedivano la visuale. Il risulta-to sarà presentato oggi a Franco-forte: la completa ristrutturazio-ne delle due famose torri dellaDeutsche Bank, da decenni tra isimboli forti dello skyline dellacapitale finanzia-ria della Germa-nia. La primagrande ristruttu-razione «verde»di un grattacie-lo, progettatadall ’architettoitaliano MarioBellini. Duecen-to milioni di eu-ro per rifare radi-calmente il quar-tier generale diuna delle maggiori banche delmondo.

«Della vecchia struttura sonorimasti solo i pilastri e gran par-te delle solette — dice Bellini —.Il resto è nuovo». L’eccezionalitàdelle Green Towers, in effetti,parte dalla scelta di mantenerele due torri-simbolo ma allo stes-so tempo di rifarle per quel cheriguarda l’uso che consentono el’immagine che emettono: uncorpo nuovo sul vecchio schele-tro. «I due edifici sono un’iconadella città — spiega l’architettomilanese —. Francoforte sareb-be risultata ferita se fossero statidemoliti: si trattava quindi diconservare e di fare un salto di

qualità». Bellini — che nel 2006si è aggiudicato il lavoro vincen-do un concorso internazionale,«procedimento non obbligato-rio per una banca privata ma in-telligente e politicamente corret-to» — ha dunque aperto le duetorri, le ha smontate e le ha rifat-te. Oggi sono di nuovo tra i sim-boli della città finanziaria mapiù belle, «hanno la pelle lumi-nescente» (l’esterno è sempre il-luminato, anche di giorno) e so-prattutto non sono più edificiostili, casseforti chiuse, ma sonoaperti alla città.

Il cuore della ristrutturazioneè la hall trasparente che collegaal livello del terreno le due torri.Aperta al pubblico, senza agentidi sicurezza alla porta (trasparen-te anch’essa, alta 14 metri) «è lacontinuazione della piazza ester-na che entra nella banca» diceBellini. Qui, una sfera di 16 me-

tri di diametro per 35 tonnellate,formata da 55 anelli in acciaio in-trecciati, vuole dare il senso delmovimento, della vitalità e dellaglobalità del network della ban-ca. Poi, un Art Café dove saran-no esposte le opere d’arte di pro-prietà della Deutsche Bank, unagalleria continua che sale di pia-no in piano con l’esposizione diopere di artisti emergenti, unanuova mensa, «open space ordi-nati» per lavorare, una finestraogni due che si apre. E gli inter-ni dei piani alti della torre A, do-ve stanno l’amministratore dele-gato Josef Ackermann e la dire-zione, realizzati in ferro nero tra-forato ondulato dall’azienda ita-liana Marzorati Ronchetti.

«Non abbiamo calcato la ma-no con il lusso ma con la bellez-za» precisa Bellini. E con unabuona dose di egualitarismo: ipiani del consiglio di ammini-

strazione più di rappresentanza,ma per il resto con poche diffe-renze di status, a cominciare dal-le sedie uguali per tutti, le ergo-nomiche disegnate per Vitra dal-lo stesso Bellini. Tutto molto te-desco: alta qualità media, «comenelle auto», e molta discrezione.

L’architetto racconta che l’edi-ficio, costruito alla fine degli An-ni Settanta, «era tutto un po’ vec-chio, sopravvissuto al cambia-mento della banca: occorreva unrinnovo vero, dello spirito». Inquello che si vede e nelle funzio-ni, anche perché trent’anni fal’impronta ecologica di un edifi-

cio non era in testa alle preoccu-pazioni dei committenti e deiprogettisti. Deutsche Bank e Bel-lini, dunque, hanno riciclato il98 per cento dei materiali rimos-si, hanno ottenuto un risparmiodi energia elettrica del 55 percento e di acqua del 43 per centorispetto ai consumi delle vec-chie torri: attraverso la riduzio-ne delle dispersioni, illuminazio-ni mirate e a alto rendimento, ve-tri molto isolati, centrali termi-che a basso consumo. Seguendole regole di certificazione per ilrisparmio energetico e il rispet-to dell’ambiente stabilite dal-l’americana Leed Platinum e dal-la tedesca Dgnb Gold.

Perché se le banche hannouna cattiva reputazione qualco-sa devono cambiare per farsi ap-prezzare.

Danilo Taino© RIPRODUZIONE RISERVATA

Cambia volto«L’Espresso»di Manfellotto

Chi è

ROMA — E’ il padre ditutti i media del gruppo,L’Espresso. «Per questoera giusto che sitornasse a far capire cheogni cosa è cominciatada qui, cinquantacinqueanni fa». Per questoBruno Manfellotto, chedirige L’Espresso dalluglio scorso, hapensato di fare unrilancio cominciandodalla prima lettera: dadomani la «E» incopertina (foto) tornaad essere maiuscola.«Quando si vuole fareun cambiamento, si sa,che la prima cosa dacambiare è il vestito»,dice Manfellotto

spiegando di averaffidato alle abili manidel grafico Joel Berg unrestyling della copertinache è verticalizzata, conun effetto visibile diapertura e accoglienza.Ma anche dentro dadomani cambiano lecose. Graficamente: cisaranno caratteri piùgrandi (e leggibili), titolipiù incisivi e ognisezione del giornaleverrà aperta daun’apposita copertina,così da esserevalorizzata. Novitàanche nei contenuti, conrubriche fresche distampa (tra queste«Legge e libertà» diMichele Ainis) e lasezione «Passioni».Ovvero una guidad’autore su tutti i piaceridel vivere affidata allefirme storiche d’autoredell’Espresso da NelloAjello a Enzo Golino, daMario Fortunato alcritico cinematograficoRoberto Escobar.

Al.Ar.© RIPRODUZIONE RISERVATA

Editoria

Francoforte Oggi la presentazione dei lavori di ristrutturazione che hanno «rigenerato» le due torri sede della Deutsche Bank

Il progetto Trasparenze,porta di 14 metri senzavigilantes e consumi ridotti