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La tesi? Un vero e proprio genere letterario, forse tra i più bizzarri. Noi gli diamo spazio. Segnalateci le vostre a [email protected]

di Rosalba Di Perna

Siamo in...TESI?Mezzi di in-comunicazio-

ne di massa e sottocul-tura. Sembra essere

questa l’istantanea del nostropaese e di questo tempo. Neparliamo con Giorgio Cingari,neolaureato in Scienze dell’E-ducazione e della Formazionecon una tesi dal titolo EdgarMorin: Teoria etica e implica-zioni pedagogiche.Quando ti sei laureato?«Il 30 luglio 2009. Quel giornoavevo la sensazione che non sa-rei mai stato pronto ad affron-tare la discussione. Poi invece,emozione a parte, è andato tut-to liscio».Con che voto?«Con 110 su 110. Era il tra-guardo che mi ero prefissatogià due anni prima. Infatti èiniziato in quel momento il miodifficile percorso, per far salirela media. Comunque anche latesi ha avuto un ruolo impor-tante».Quanto tempo hai impiegatoper la stesura e la pubblicazio-ne della tesi? «Devo dire che basta riusciread organizzarsi ed essere dis-posti a perdere 2-3 chiletti, e intre-quattro mesi si può vederenascere un’idea e confezionarlain un lavoro più che buono.Certo, tutto ciò dipende anchedal relatore».Chi è stato il relatore?

«Il professore Letterio Todaro.Lui mi è sempre stato accanto,dal punto di vista umano, nellescelte tecniche e di forma, siache le condividesse o meno: in-dice di grande impegno e pro-fessionalità. Un merito che og-gi è difficile riconoscere neigiovani ricercatori all’universi-tà».Rifaresti la tesi esattamente al-lo stesso modo?«Che domande, certo che sì!Anche la copertina in seta ros-sa e le scritte argentate».Perché una tesi su Edgar Mo-rin?«Perché credo che i suoi argo-menti etici, sganciati dalla mo-rale cristiana, siano il germe

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stemi e le volontà che invece diaffrontare la realtà complessarifuggono in scorciatoie. I re-spingimenti in mare ne sonoun chiaro esempio».Che cos’è il pensiero complesso? «Il pensiero complesso è unparadigma che si afferma co-me modello di riforma episte-mologica che invita all’incon-tro tra saperi e discipline, maprima di tutto è un nuovo mo-do di pensare, è una riformaetica e pedagogica. Tale rifor-ma pedagogica si sviluppa at-traverso un ripensamento dellediscipline, che dovrebbero esse-re studiate in maniera com-plessa e non riduzionista. Sipuò realisticamente pensare,

reale impegno antropologico eper una sfida intellettuale checomincia dentro la nostra testae che richiede uno sforzo, unsuperamento delle opinioni,delle logiche dualiste, e finan-che della nostra stessa cultu-ra».Cosa pensi dell’attuale situazio-ne culturale in Italia?«L’Italia è un paese che ha unenorme patrimonio artistico eculturale, che ci è stato tra-mandato negli anni e nei seco-li. A mio avviso tutto ciò non èadeguatamente valorizzato. Pernon parlare dei vari problemiche riguardano i tagli e lemorse a tutto ciò che concernela cultura e la produzione cul-

d’informazioni che riceviamo èinfinitamente più alta di quelleche poteva ricevere un uomomedio dell’età moderna. Infatti,proprio in quell’epoca nasceval’Encyclopédie, sicuramente dateste ben fatte ma anche benpiene». Da uno a dieci quanto sei im-pazzito sulla tua tesi? «Direi 6. A parte lo sforzo ini-ziale, sono riuscito a trovare ilgiusto equilibrio tra le mie ideee quelle di Morin, cosa che miha aiutato molto nella stesura.Non c’è cosa più brutta delledivergenze d’idee quando si de-ve scrivere di qualcuno… diquesti tempi i giornalisti nesanno qualcosa». Ui

di un nuovo modo di pensa-re, e quindi di un nuovomodo di agire chepermette di com-prendere noi stes-si attraverso lamessa in discussio-ne delle diverse identi-tà umane: storica, indivi-duale, sociale, per poi ri-scoprire la comune identitàumana e individuare la stradamaestra per la creazione diuna nuova comunità di desti-no planetaria. In parole po-vere, abbiamo davantiagli occhi un mondoglobale: le culture,le lingue, l’eco-nomia, il lavo-ro; e intantoabbiamo deisistemi dipensiero, dicultura, didiritto chenon sono ingrado di af-frontareminima-mente tut-to questo.Il veroproblemaquindinon è laglobaliz-zazione,ma i si-

attraverso questoparadigma, a

un mondo do-ve possono

coesiste-re, al di

là deifronti politici,diversità nel-l’omogeneità elibertà nella

democrazia. Tut-to questo passa

per un

turale, come scuola, università,cinema, informazione. Se poi cimettiamo le considerazioni sul-le fughe dei cervelli e sulle fru-strazioni dovute alle raccoman-dazioni, di culturale in Italia èrimasto ben poco. Certo è, chela trovata delle lauree triennaliha portato gravi problemi almondo universitario, ma haportato le masse all’università.Bene, io sono ottimista perchécredo in uno svecchiamentodelle classi dirigenti, oggi me-no pronte ad affrontare l’eradigitale, che resta l’ultimo ba-luardo per la costruzione diun’effettiva opinione personaleche sia il prodotto del plurali-

smo delle fonti e non il resi-duato di qualche informa-zione mal vestita e politi-camente scorretta».Meglio una testa benpiena o una testa benfatta?

«Se dovessi sceglie-re direi una testaben fatta. Questaconsiderazione deve

essere necessaria-mente ancorata altempo in cui vivia-mo, dove la quantità

La sfida intellettuale di MorinGiorgio Cingari laureato inScienze dell’Educazione e

della Formazione con la tesi“Edgar Morin: Teoria etica e

implicazioni pedagogiche”

Meglio una testa ben piena o una testa ben fatta?