lliinnaaffffeerrrraabbiilleeANTOLOGIA DI RACCONTI
a cura di
GIUSEPPE CARRIERIe MICHELE MARCON
Postfazione diPAOLO GIOVANNETTI
Milano2007
GIOVANI SCRITTORI IULM
Per la presente edizione 2007 Arcipelago edizioni
Via Carlo DAdda 2120143 Milano
Prima edizione dicembre 2007
ISBN 978-88-7695-370-5
Ristampe:7 6 5 4 3 2 1 02011 2010 2009 2008 2007
vietata la riproduzione, anche parziale, con qualsiasi mezzo effettuata, compresa lafotocopia, anche ad uso interno o didattico, non autorizzata.
Questo libro pubblicato con il contributo dell I.S.U. IULM
Linafferrabile
GLENDA MANZILa musa ispiratrice . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 7
MICHELE MARCONMidriasi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 25
HULDA FEDERICA ORRLa chiave di vetro . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 47
DANILO POTENZAD.M.P. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 69
PAOLA TONETTILinafferrabile . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 85
DIMITRI SQUACCIO28-12-1956 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 99
MARCELLO UBERTONELa morte di Martino . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 109
GIUSEPPE CARRIERILarrivo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 121
Postfazione di PAOLO GIOVANNETTI . . . . . . . . . . 133
Linafferrabile
Glenda Manzi
La musa ispiratrice
Era maggio, il mese che preferisco. Laria diventa tie-
pida e si riempie di un profumo dolcissimo e inconfon-
dibile che mi stordisce e mi fa venire voglia di sorride-
re, esattamente come quando assaporo lodore della
pelle di un uomo che mi piace. In quel maggio non cera
nessun uomo a farmi quelleffetto e, anzi, ero cos felice
di essere tornata single dopo due anni di un fidanzamen-
to tormentato che mi bastava la primavera per sentirmi
bene. Certo, i sensi di colpa per aver detto a Stefano che
non lo amavo pi tornavano a farmi visita regolarmente,
ma iniziavo a ricordare quanto fosse piacevole la liber-
t: nessun peso di unaltra vita sulle mie spalle, decisio-
ni prese solo con me stessa e nessuna furiosa discussio-
ne per via di un mio ennesimo, repentino, cambiamento
dopinione. Libera di pensare una cosa e di farne invece
altre due diverse, senza dare spiegazioni che il pi delle
volte nemmeno io sapevo trovare. Ero tornata in me,
dicevano gli amici. Dovevo essermi trasformata in una
donna insoddisfatta e musona durante il tratto di vita tra-
scorso accanto a Stefano, perch mai come in quel mese
di maggio ero stata ricoperta di entusiastici commenti
sulla mia solarit e sulla mia ritrovata, contagiosa alle-
gria.
Forse anche Massimo fu colpito dalla mia voglia di
vivere. La sera che ci incontrammo ero piuttosto ubria-
ca. Volevo celebrare la primavera, la mia primavera, e
Sofia, la mia compagna di disavventure, sbronze, viaggi
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LINAFFERRABILE
e di una vita, mi aveva proposto di andare con lei nel
parco sulle mura della citt. Anche l si celebrava larri-
vo della bella stagione, con latmosfera rarefatta ed ele-
gante che solo un concerto jazz illuminato da candele e
del buon vino sanno creare. Questo mi bastava, perch
non ero alla ricerca. Di niente e di nessuno. E siccome in
amore, o gi di l, non vero che chi cerca trova, fu tra
un sorso di buon rosso e le note di un sax che per caso
mi avvicinai a Massimo. Ebbene s, fui io ad andare da
lui. Se non altro, perch la serata era piacevolmente
arricchita dalle esposizioni di giovani artisti e io, vittima
compiacente di un sortilegio che mi ipnotizza sempre di
fronte a tutto ci che racchiude bellezza, trovavo che le
lampade e i quadri che Massimo aveva creato fossero
davvero belli. Tuttavia, devo confessare che il suo sguar-
do perennemente stupito lo era anche di pi. Non aveva
parlato ancora ma, certe volte, non servono parole per
capire se un uomo chimicamente quello che fa per me.
Farfalle nello stomaco e incapacit di distogliere i miei
occhi da lui. Erano mesi che nessuno mi faceva quellef-
fetto. La mia insicurezza cronica che, di fronte a un
uomo che mi piace, mi fa diventare insolitamente timida
e impacciata, fu cancellata quella notte dagli ormai innu-
merevoli bicchieri di vino: potei cos evitare la solita tra-
fila di pensieri annienta-naturalezza che in genere vanno
dal tentativo di decifrare se anche luomo in questione
attratto da me almeno quanto io lo sono da lui, fino alla
necessit di avere al mio fianco Sofia, come supporto in
caso limbarazzo prenda il sopravvento. Per fortuna il
vino mi aiut ad essere brillante, anche perch Sofia
lavevo persa da un pezzo, e lultima volta che lavevo
vista mi pareva ammiccasse a un biondino.
Massimo, invece, era moro, come piace a me. Aveva
la carnagione olivastra, i capelli neri e gli occhi nerissi-
mi, il fisico asciutto e scolpito e la bocca pi sensuale
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che avessi mai visto. E no, non era un idiota. Ventisette
anni, artista, attore in una compagnia teatrale, leggeva
Shakespeare e scriveva poesie, ascoltava Paolo Conte e
praticava lo zen, viaggiava moltissimo e sapeva anche
cucinare. Per un attimo pensai di aver trovato chi cerca-
vo da una vita. Ma non ero cos ingenua e mi costrinsi a
pensare che, molto probabilmente, cera un trucco da
qualche parte. Dovevo solo ricordarmene. Ma questo
pensiero non dur che pochi secondi e Sofia, passeg-
giando con la sua nuova conquista tra le bancarelle degli
artisti ordinatamente allineate sul sentiero esterno del
parco, mi ritrov seduta sulle ginocchia di Massimo. Ci
bast uno sguardo per capirci e scoppiare in una risata
etilica; mi salut con un bacio e una scintilla negli occhi,
mentre si allontanava un po barcollante sostenuta dal
suo biondino. La nostra amicizia era fatta di taciti accor-
di, che affondavano le loro radici nel totale rispetto delle
nostre libert. Questo ci teneva unite.
Ci che mi piaceva di Massimo era la sua capacit di
mettermi a mio agio, con lui mi sentivo libera di essere
me stessa. Cos, complici il vino e lincoscienza dei miei
ventun anni, accettai di farmi riaccompagnare a casa.
Dopo la storia con Stefano avevo deciso di stare sola,
rifiutando cortesemente appuntamenti e inviti a cena,
forse perch in fondo al cuore nutrivo ancora sentimen-
ti di religioso rispetto verso le ceneri del nostro amore
andato in frantumi, e non volevo profanarlo con qualche
notte di sesso senza importanza. Ma erano passati quat-
tro mesi ormai, e di fronte a Massimo e alla sua bocca
rossa decisi che il tempo necessario per elaborare il mio
lutto era trascorso. Pi lo guardavo e pi desideravo che
la sua voce, il suo corpo e il suo odore mi ricordassero
lemozione del primo bacio, del primo contatto con
unaltra pelle che non fosse quella familiare e conosciu-
ta di Stefano.
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LINAFFERRABILE
Quella sera non prov nemmeno a sfiorarmi le labbra
con un bacio. Ero contenta, ecco finalmente un genti-
luomo, pensai. Mi accarezz dolcemente i capelli e mi
disse di sentirsi empaticamente vicino alla mia essen-
za. Voleva che ci rivedessimo, io ero daccordo? Oh s,
certo che s. Gli lasciai il mio numero di telefono e con
un sorriso ebete stampato sulle labbra mi congedai da lui
dicendo che avrei aspettato una sua chiamata. Non
dovetti aspettare molto, dato che la mattina dopo mi
chiam per augurarmi una splendida giornata e invitar-
mi a uno spettacolo teatrale di strada che metteva in
scena Don Chisciotte. Lo spettacolo era allestito in unpaese di periferia e per comodit proposi di passarlo a
prendere, dato che ero io ad abitare nella parte opposta
della citt. Il mio senso pratico e lassoluta mancanza di
rispetto nei confronti di tutte quelle regole secondo cui
luomo che deve passare a prendere la donna, dovettero
destabilizzarlo un pochino, perch mi sembr perplesso.
Ma si arrese di fronte alla mia insistenza, constatando
che, in effetti, sarebbe stato pi comodo cos.
Ero agitata. In fondo era da molto tempo che non mi
capitava un primo appuntamento. Parcheggiai sotto casa
sua e scesi dalla macchina, pensando che fosse pi cari-
no aspettarlo fuori anzich al volante. Mi accesi automa-
ticamente una sigaretta, riflesso incondizionato dei
momenti dattesa, e quando lo vidi avvicinarsi da lonta-
no cercai di sfoderare il migliore dei miei sorrisi. Mi
sembr che nascondesse qualcosa dietro la schiena ma
non ci badai, pensando a uno dei soliti scherzi della mia
lieve miopia. Invece, dopo avermi soffiato un bacio
appena percettibile sulla fronte, Massimo port avanti il
braccio che davvero teneva nascosto, e mi offr una ger-
bera gialla. Senza che mi fosse dato il tempo per replica-
re o balbettare una qualsiasi frase di circostanza, aggiun-
se al suo regalo anche un cd di Fabrizio De Andr, che
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estrasse dalla tasca dei jeans con un gesto teatrale.
Qualsiasi donna normale avrebbe gioito, me ne rendo
conto. A me, invece, si gel il sangue. Mio Dio, un fiore
e un cd al primo appuntamento. Mi vergognai a lungo
per la mia reazione, ma confesso che provai repulsione.
Avevo sempre creduto di desiderare un uomo attento e
premuroso, ma ora che ce lavevo di fronte stavo per sen-
tirmi male. Non saprei dire perch, ma nella mia testa
quel gesto si associ immediatamente a unequazione
insopportabile: tenerezza pi dolcezza diviso fragilit
uguale zero passione. Esattamente il contrario di quello
che sognavo io, reduce da un fidanzamento scivolato
nella routine a cui avevo posto fine proprio perch non
sopportavo di vivere senza ardore. Ma era presto per eti-
chettare Massimo, e allontanai i miei cattivi pensieri fan-
tasticando sul momento in cui mi avrebbe dimostrato di
essere luomo selvaggiamente passionale che speravo
fosse. Forse si trattava del famoso pugno di ferro in
guanto di velluto. Lo ringraziai nel modo pi spontaneo
che riuscii a inscenare e montammo in macchina. Lo
spettacolo si rivel un mezzo disastro, una sorta di reci-
ta da scuola elementare con attori improbabili e sceno-
grafia assente. Eravamo seduti a terra in una piazza
minuscola e il cerchio che noi spettatori formavamo deli-
mitava lo spazio in cui gli pseudoattori dovevano muo-
versi. Massimo sembrava entusiasta e io non me la sen-
tii di esprimere il mio disappunto, almeno fino a quando
un pollo senza vita sfugg di mano a Don Chisciotte per
finire sulla mia testa. Gli bast il mio sguardo per capire
che non impazzivo di gioia. Lo spettacolo, fortunatamen-
te, fin piuttosto presto e cos pensai che avremmo potu-
to stare insieme ancora un po. Non avevamo parlato
quasi, se non durante il tragitto in macchina e invece io
volevo scoprirlo, conoscerlo, capirlo e forse, inconscia-
mente, volevo dargli la possibilit di dimostrarmi al pi
presto che poteva anche essere un uomo forte e deciso,
oltre che un artista dallanimo sensibile e delicato.
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LINAFFERRABILE
La nostra una cittadina meravigliosa e la parte alta
della citt, con i suoi borghi medievali e le antiche mura,
nelle notti primaverili dal cielo limpido e stellato si tra-
sforma nello scenario perfetto per un incontro romanti-
co. O almeno era quello che credevo io. Massimo non
sembr pensarla cos, visto che inizi ad accampare
scuse e giustificazioni per evitare lincontro ravvicinato
che io invece speravo. Disse che si sentiva molto stanco,
aveva bisogno di dormire e lindomani lo avrebbe aspet-
tato una levataccia. Accidenti, non era nemmeno scocca-
ta la mezzanotte, e quello era il nostro primo appunta-
mento! Avevo commesso qualche piccolo errore senza
rendermene conto, non cera altra spiegazione, perch
nessun uomo davvero interessato a una donna avrebbe
insistito per essere riaccompagnato a casa, nemmeno se
il giorno dopo avesse dovuto iniziare un nuovo incarico
come Presidente degli Stati Uniti! Ci rimasi molto male.
Soprattutto, ero delusa. Mi aspettavo da Massimo un
turbinio di emozioni, morivo dalla voglia di baciarlo e
pretendevo di suscitare in lui lo stesso ardore. Ero cari-
na, spiritosa ed esuberante. Le mie origini partenopee
erano inconfondibili e con il tempo avevo imparato ad
amare le forme prorompenti che tanto avevo odiato nel-
ladolescenza. Avevo scoperto che, anche senza voler
essere sensuale, le mie curve mi facevano apparire agli
occhi degli uomini prepotentemente sensuale, e non era
certo la tenerezza il primo sentimento che ispiravo nelle
loro fantasie. Io, il simbolo della femminilit, non ero
riuscita a impedire a Massimo di preoccuparsi per la sua
stanchezza, e guidavo in silenzio lungo la strada per casa
sua. Accostai vicino al suo portone e spensi il motore. In
fondo, speravo ancora che almeno un bacio della buona-
notte me lo concedesse. Cosa cera di male nel desidera-
re di essere baciata da un uomo che mi scatenava tempe-
ste ormonali? Lui riusciva a farmi sentire in colpa per
quel desiderio. Ma un bacio me lo concesse. Lento e
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delicato. Perch quella meravigliosa cicatrice a forma di
stella che porto in mezzo alla fronte, secondo lui, anda-
va baciata solo in quel modo. Gli sorrisi teneramente
ma, a dire il vero, avrei voluto frantumargli un oggetto
contundente sulla sua di fronte. Stava mortificando la
mia femminilit e mi stava in qualche modo rifiutando;
provai un misto di rabbia e vergogna, immaginando
quanto dovetti sembrargli patetica nei miei tentativi di
sedurlo. Ero troppo impetuosa, troppo impaziente? O
forse Massimo voleva evitare di passare per il Don
Giovanni di turno e mi avrebbe baciata al nostro succes-
sivo appuntamento? Ma ci sarebbe stato un altro appun-
tamento? Non lo sapevo, Massimo aveva detto soltanto
Ci sentiamo, tesoro lasciandomi sola alle prese con
un dubbio amletico. Cosa avevo sbagliato?
Io, in effetti, niente. E ne ebbi la conferma la sera
dopo, e quella successiva ancora, e per tutta la settima-
na che segu, perch Massimo insisteva nel non volermi
baciare. Una lunga disquisizione con Sofia, di fronte a
due birre gelate, mi port a chiedermi se davvero vole-
vo ostinarmi a uscire con uno che era molto bravo a
inviarmi romantiche poesie via sms ma che evitava
accuratamente di restare solo con me in situazioni che
avrebbero portato qualsiasi uomo dotato di un giusto
dosaggio di testosterone a cedere di fronte alle mie invi-
tanti scollature e ai miei eloquenti sguardi appassionati.
Effettivamente no, non era proprio quello che desidera-
vo, ma ormai si trattava di una sfida, tra me e la mia
voglia di sentirmi seduttrice. Quella sera Massimo, che
in compenso era molto abile nellinventarsi nuovi meto-
di per sfuggirmi, invitandomi a mostre darte, proiezio-
ni di documentari e soporifere conferenze sulla medita-
zione, aveva organizzato una cena molto particolare la
cui natura rest una sorpresa fino allultimo. Invit
anche Paolo, il suo grande amico, e Sofia, che nel frat-
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LINAFFERRABILE
tempo aveva gi archiviato il suo biondino per via di una
prestazione poco soddisfacente. In ogni caso, replicai io
di fronte alle sue lamentele, lei almeno aveva avuto
modo di verificare le prestazioni del malcapitato, ribat-
tezzato dal nostro diabolico sarcasmo velociraptor.
Quella sera odiai Massimo con tutte le mie forze. Pi
mi sfuggiva, pi lo desideravo e pi lo desideravo, pi
mi costringevo a fingere di amare cose che odiavo, come
seguirlo in quel percorso impervio e faticoso nel folto
del bosco alla ricerca di un luogo adatto per la nostra
cena bucolica, sedermi tra le erbacce infestate da insetti
mostruosi che si infilivano nei miei pantaloni, resistere
due ore alla fame mentre lui cuoceva la carne che vole-
va farmi assaggiare e, soprattutto, guardare la sua bocca
quando io non potevo averla. Mi buttai sullunica cosa
buona della serata, il vino che Sofia aveva portato e che
si era tracannata per sopportare meglio i maldestri
approcci di Paolo. Alla fine della serata ero piuttosto
ubriaca, ma fu unottima scusa per aggrapparmi a lui
mentre cercavamo di tornare alla macchina senza farci
troppo male. Non ricordo come, n perch, ma allim-
provviso lo baciai. Non sulla fronte, n delicatamente.
Con passione e con violenza, mi presi quello che vole-
vo. Non avevo mai baciato un uomo per prima, non me
ne avevano mai dato il tempo. Fu una bella sensazione.
Di rivincita, pi che altro. Sofia e Paolo erano distanti e
Massimo, stupendomi non poco, lasci cadere le coper-
te e tutto quello che reggeva nelle mani per ricambiare
con un bacio ancora pi appassionato. Finalmente.
Allora la sua era timidezza, o timore di essere rifiutato.
Non importava pi, qualsiasi cosa fosse laveva supera-
ta, e io tirai un sospiro di sollievo. Non solo arte, non
solo poesie e astratti pensieri, ma anche sensualit e pas-
sione. Era perfetto. O almeno, cos credevo io.
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Il mattino dopo, al risveglio, mi sembr di essermi
levata un peso dallo stomaco. Mi sentivo di nuovo effi-
cacemente seduttiva e il timore di aver perso il mio
fascino ammaliatore era svanito. Quello che restava era
il desiderio di avere Massimo. Avevo avuto un bacio
vero, ma ancora non mi bastava perch i suoi occhi, il
profumo della sua pelle, la sua bocca e i muscoli nervo-
si della sua schiena, risvegliavano la parte pi sanguigna
di me, che non poteva nutrirsi soltanto di dolci poesie e
fiori di campo. Tuttavia, dovetti accontentarmi di questo
ancora per un p. Io e Massimo facevamo insieme tan-
tissime cose ma soprattutto, parlavamo: dei libri che
avevamo amato e delle canzoni che ci avevano fatto
venire i brividi, delle persone che avevamo incontrato e
che ci avevano cambiato per sempre e delle atmosfere
che avevamo respirato. Ma non parlavamo mai di quel-
lo che cera tra noi. Si pu stare in una citt per mesi, ma
non si pu dire di averla conosciuta davvero se non si
sono conosciute le persone che la abitano, i loro modi di
dire e le loro abitudini. Allo stesso modo, io conoscevo
molti particolari della vita di Massimo, immaginavo nei
dettagli alcuni volti importanti della sua esistenza e
interpretavo il suo punto di vista sulla vita attraverso le
opere che creava, ma non sentivo di averlo conosciuto
davvero. Mi mancava lamore con lui. Massimo, invece,
riusciva senza mai parlare a farmene una colpa. Come se
fosse sbagliato desiderare un contatto fisico che andasse
oltre una carezza, sapeva interrompere ogni bacio dura-
to troppo a lungo con labilit di un prestigiatore,
lasciandomi ogni volta con le labbra protese mentre lui
era gi a distanza di sicurezza.
Una notte, trascorsa come tutte le altre, senza mai
una minima variazione sul tema, tornai a casa e decisi
che non era pi il caso di continuare in quel limbo. Gli
scrissi un sms: Voglio fare lamore con te. Era da
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GLENDA MANZI LA MUSA ISPIRATRICE
idioti non parlarne, e da ragazzina scriverglielo. Ma
quello che feci. Restai in attesa di una risposta che non
arriv, finch, stremata, mi addormentai. Il risveglio fu
traumatico. Non sapevo se piangere o ridere. Optai per
la risata, perch a piangere aveva gi pensato Massimo.
Il suo sms, non lo dimenticher mai, recitava: Stamane
ho letto il tuo messaggio, e ho pianto. Passai la matti-
nata a cercare anche un solo motivo per cui un uomo
sano di mente avrebbe potuto piangere di fronte alla
mia dichiarazione. Non lo trovai, perch non esiste, e
non potei evitare di chiamare Sofia a rapporto.
Passammo il pomeriggio a ridere di gusto, immaginan-
do quello che Massimo avrebbe fatto, o pianto, di fron-
te ad una mia concreta e audace manifestazione di inte-
resse sessuale nei suoi confronti. Mi sentii in colpa per
la mia mancanza di sensibilit di fronte a quello che per
Massimo doveva essere un problema, ma nemmeno lui
si era molto preoccupato di urtare e mortificare la mia
femminilit e le mie sanissime esigenze. Senza bisogno
di parole, anche Sofia aveva capito che Massimo non
era affatto la persona per me, e sapeva che non lo avrei
pi frequentato. Ma non sono cos mostruosamente
insensibile e, quando la sera stessa mi chiam, accettai
di andare a trovarlo. Al telefono non aveva accennato al
nostro scambio di messaggi ma ero decisa a parlarglie-
ne e a metterci una pietra sopra. Gi, perch non avevo
minimamente considerato leventualit che Massimo
mi travolgesse di passione. Era un uomo pieno di sor-
prese e, come quella sera nel bosco, riusc a stupirmi
nuovamente. Suonai il campanello del suo appartamen-
to e quando apr la porta non mi diede nemmeno il
tempo di salutarlo, perch mi mise un dito sulla bocca,
mi tir dolcemente per un braccio e mi fece entrare. La
stanza era illuminata soltanto da candele, la finestra
spalancata su un cielo stellato e latmosfera riscaldata
da un meraviglioso swing. Mi fece segno di non parla-
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LINAFFERRABILE
re, ma tanto io non sarei stata in grado di farlo per lo
stupore, mi trascin nella sua camera da letto e, immer-
si nel buio, con una spinta leggera ma decisa mi fece
cadere sul letto. Non ci potevo credere, proprio nel
momento in cui avevo deciso di dire basta, proprio
dopo il suo sms ammazza-libido che mi aveva fatta
ridere a crepapelle, Massimo si era trasformato in un
sensualissimo uomo autoritario. Forse era dissociato.
Ma giunti a quel punto, che poteva importare? Mi bast
un secondo per dimenticare la sua versione Poeta Dalla
Lacrima Facile e immaginare quello che avrebbe fatto
di l a poco, investendomi con limpeto che da tempo
cercavo di scovare in lui. Chiusi gli occhi e restai in
attesa. Anche lui, evidentemente, perch mi risvegli
dalle mie fantasie con una frase inaspettata.
Non vedi?
Ehmcosa?
Ma le stellinesul soffitto, guarda bene. che si
caricano con la luce e non ho avuto molto tempo per
tenere la lampada accesa, sei arrivata cos presto.
La gerbera, il cd, le poesie, le lacrime, cosa potevano
essere paragonate alle stelline luminose appiccicate sul
soffitto? Se avessi potuto sarei corsa in bagno a vomita-
re. Invece, restai impietrita sul letto. Non riuscii ad arti-
colare nessun suono, nemmeno un insulto. Forse
Massimo pens che il mio silenzio rappresentasse stupo-
re e che il sorrisino isterico che mi si era dipinto sul
volto significasse tenerezza e non istinto omicida, per-
ch mi guard con dolcezza e aggiunse candidamente:
Cosa facciamo?
Non saprei, se vuoi giochiamo a carte. Idiota! Mi
alzai di scatto, e mi precipitai in cucina alla ricerca di
qualsiasi cosa potesse ubriacarmi. Cosa avrei potuto dir-
gli? Apri bene le orecchie, caro poeta dei miei sensua-
li sandali primaverili indossati inutilmente per loccasio-
ne: io credo che non sia pi il caso di vedersi, perch tu
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hai qualcosa che non funziona dalla vita in gi e io sono
piuttosto disgustata dalla tua completa assenza di virili-
t?! Forse avrei dovuto farlo, ma ero cos incredula
che non mi usc una parola di bocca. Mi raggiunse in
cucina e pens bene di brindare insieme a me, senza
sapere che io brindavo alla fine di quegli incontri a bas-
sissimo contenuto erotico. Non parlammo delle stelline
e nemmeno della nostra storia, mai iniziata davvero, ma
per me ormai finita. Finimmo per ubriacarci sul serio, e
senza quasi rendermene conto, mi ritrovai a baciarlo sul
suo divano. Che confusione, accidenti. Ero arrabbiata,
risentita, un po disgustata ma comunque attratta da lui.
Mi sfuggiva, lasciava che io lo inseguissi fino a illuder-
mi di averlo trovato, per poi scappare nuovamente e tor-
nare ad essere lartista dallanimo nobile che io iniziavo
a detestare. Forse era questo gioco a tenermi ancora l.
Restammo pi di mezzora sdraiati sul suo divano a
baciarci, senza che lui mi sfiorasse con un dito.
Massimo stabil una specie di nuovo record, nel senso
che soltanto lui riusc a baciarmi per quasi unora senza
avvertire il minimo desiderio di accarezzare il mio seno,
invidia di tutte le mie amiche e oggetto di culto della
gran parte degli uomini che avevo incontrato. Come la
sera in cui lo baciai per la prima volta, fui colta da un
raptus e mi sfilai la maglietta, fissandolo con imperti-
nenza. Volevo sfidarlo, provocarlo e vedere fino a dove
non sarebbe arrivato. Si sent sfidato, in effetti, e stizzi-
to rispose al mio gesto dicendomi che avrebbe potuto
farlo lui. S, ma quando? Rimasi in silenzio e mi misi a
sedere. Aveva vinto lui, mi aveva completamente disar-
mata. Con Massimo avevo abusato di tutte le frasi, di
tutti gli sguardi e di tutti i gesti che non avevo mai avuto
bisogno di usare per spingere un uomo a fare lamore
con me. Mi arrendevo, ma come potevo restare seria di
fronte a una situazione cos paradossale? Lo guardai e
mi venne da ridere. Era una risata liberatoria, una sorta
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LINAFFERRABILE
di ammissione della mia sconfitta, deponevo lascia di
guerra e mettevo fine a quellassurda sfida con me stes-
sa. Perch costringere quel poveretto a fare qualcosa che
non gli andava solo per dare una sferzata di energia alla
mia autostima e avere la conferma che potevo sedurre
un uomo? Gli feci una carezza e, pensando ad alta voce,
gli dissi che lo trovavo bello. Era forse lunica volta da
quando lo conoscevo che non parlavo della bellezza del
suo viso e mi soffermavo invece a pensare alla sua dol-
cezza, con gli occhi di una donna che non aveva pi
alcuna mira espansionistica su di lui. Ma Massimo riu-
sc a rovinare anche quel momento, rispondendo al mio
complimento che, invece, non richiedeva alcuna replica.
Scrutandomi attentamente, mi disse:
Anche tu sei bella.
Stavo per ringraziarlo, ma intuii dalla sua espressio-
ne che voleva aggiungere qualcosa, e aspettai.
Anzi, no, non bella
No, tu non sei bella
Mi trattenni dal fargli male fisicamente solo perch
ero troppo curiosa di sentire il resto.
Tu sei affascinante, intrigante, sensuale, ma non sei
bella. Dai, diciamocelo
Inizi a osservarmi con uno sguardo clinico e talmen-
te freddo da farmi pensare di essere di fronte al mio die-
tologo e mi ricordai improvvisamente di essere mezza
svestita. Continu, e capii che stava puntando alle mie
maniglie dellamore.
Insomma hai un viso molto bello, questo s,
ma non hai propriamente un fisico come dire da
mannequin.
Cercai di contare fino a dieci e di respirare molto
profondamente ma non riuscii ad arrivare a cinque
senza vomitargli in faccia tutta la mia rabbia. Ma come
si permetteva di insultarmi, dopo che lui non era nem-
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GLENDA MANZI LA MUSA ISPIRATRICE
meno stato capace di levarmi la maglietta? Gli dissi che
mi ispirava la stessa virilit di un bambino in fasce, che
nessun uomo normale sulla faccia della terra avrebbe
pianto di fronte al messaggio di una donna che voleva
fare lamore con lui e, per finire, se proprio voleva
saperlo, secondo me era omosessuale ma ancora non lo
sapeva! Probabilmente lavevo sempre sospettato, ma
solo mentre glielo dissi riuscii a concretizzare quel pen-
siero.
Massimo non disse nulla. Si alz lentamente e usc in
terrazza. Io mi ricomposi, mi infilai la maglietta e,
improvvisamente, mi resi conto di quello che avevo
detto. Iniziavo a sentire lodore di una figuraccia memo-
rabile: come avevo potuto essere cos presuntuosa?
Unicamente preoccupata di ricevere le conferme di cui
la femme fatale che cera in me aveva un disperato biso-
gno, avevo perso di vista tutto il resto. Lidea che
Massimo non fosse abbastanza attratto da me non mi
aveva nemmeno sfiorata. Certo era che i suoi baci, le sue
poesie e i messaggi che scriveva, non mi avevano aiuta-
ta a leggere nel suo comportamento una scarsa attrazio-
ne nei miei confronti. Raccolsi tutte le mie forze per
tenere a bada il mio orgoglio e, sospirando, mi avvicinai
lentamente a lui. Non mi guardava nemmeno e pass
circa un minuto prima che mi decidessi a parlare. Stavo
per farlo, ma Massimo si volt di scatto per mostrarmi
con fierezza le lacrime che gli avevo provocato, deciso
a farmi sentire in colpa per le mie parole. Era un truc-
chetto orribile, che avevo usato anche io con Stefano,
provando disgusto per me stessa. Non ci cascai, e seppur
dispiaciuta, raccolsi le mie cose e me ne andai.
Naturalmente, nessuno dei due cerc pi laltro.
Era di nuovo maggio e io, dopo unestate e un inver-
no trascorsi permettendo a uomini molto passionali di
ricostruire limmagine della donna seduttiva e fascino-
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LINAFFERRABILE
sa che Massimo aveva sgretolato, ero di nuovo single.
E di nuovo, nella nostra citt si festeggiava nel parco
larrivo della primavera. A Massimo pensavo ormai sol-
tanto quando le mie amiche, su richiesta quasi fossi un
cantastorie, mi pregavano di divertirle con la storiella
del ragazzo dalle stelline sul soffitto. Ma quella sera,
entrando nel parco, non potei evitare di portare alla
mente la notte in cui lo conobbi, e la prima cosa che feci
fu di sperare che nessuna esposizione di giovani artisti
allietasse la serata. Ovviamente, i sentieri del parco
erano costellati di bancarelle. Stavo ancora cercando di
capire che cosa avrei fatto nel caso avessi incontrato
Massimo, quando sentii una voce vagamente familiare
urlare il mio nome. Rimasi paralizzata per qualche
secondo e poi decisi di voltarmi. Certo, era Massimo.
Mi avvicinai con cautela, temendo che avrebbe fracas-
sato la tela che reggeva tra le mani sulla mia testolina;
al contrario, mi invest con un abbraccio caloroso,
dimostrando tutta la gioia che provava nel rivedermi,
mentre io restai impalata e rigida come una statua di
marmo con le braccia lungo i fianchi. Cercai di liberar-
mi da quella stretta imbarazzante e gli chiesi come gli
andavano le cose. Mi rispose che era felice e che dove-
va assolutamente presentarmi una persona. Avevo gi
capito, e mi venne voglia di fuggire a gambe levate
come in preda a un attacco di panico. La sua fidanzata
no, per favore. Avevo retto al suo rifiuto, okay, ma non
potevo resistere anche allumiliazione di conoscere la
donna che baciava, toccava e rendeva felice. In un
secondo materializzai limmagine della fortunata nel
mio cervello: senza dubbio alta, bionda, magrissima e
con poco seno. Non ebbi il tempo di fuggire perch
Massimo mi stava gi trascinando per mano verso la
sua bancarella.
Ritrovarmi completamente nuda in mezzo a San Siro
durante un derby sarebbe stato meno imbarazzante:
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GLENDA MANZI LA MUSA ISPIRATRICE
Giulia, ti presento Francesco. Francesco, lei la
musa ispiratrice di cui ti ho parlato.
Mi trattenni dal dirgli che, in verit, io avrei voluto
ispirargli ben altro.
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LINAFFERRABILE
Postfazione
Questi racconti sono stati scritti da studenti, laurean-di e neolaureati del corso di laurea detto specialisticoo magistrale (il 2 che viene dopo il 3, per intenderci)in Televisione, cinema e produzione multimedialedellUniversit Iulm di Milano. Il progetto nasce daunidea del curatore, Giuseppe Carrieri, che anche ilpi giovane del gruppo, mentre il sottoscritto ha selezio-nato i testi pervenuti. Il che vuole tra laltro dire, temo,che se la qualit delle opere raccolte non vi convince,una quota non del tutto trascurabile della colpa di meche faccio di mestiere il professore e dovrei avere inse-gnato qualcosa a chi qui scrive.
Comunque, quale che sia lopinione del cortese letto-re, sono convinto che ne valesse la pena: Linafferrabilecon ogni evidenza ha qualcosa da dire, da indirizzaresulle strade del letterario. N si tratta solo di un apportogenerazionale. In effetti, non so quanti dallesternodel mondo accademico si sarebbero aspettati raccontitanto ben architettati, simmetrici e ornati di procedimen-ti, e anzi talvolta imputabili di artificiosit, di unecces-siva voglia di stupire. Le etichette valgono quel che val-gono, certo, e i tecnicismi tutti amano sbeffeggiarli: maqui davvero troviamo anacronie e anisocronie forzate(sino a suggerire la reversibilit del tempo), effetti dimetalessi (il racconto autoconsapevole, in altri termini,la mise en abyme), deformazioni dei piani narrativi eparecchi altri accidenti della specularit letteraria (altre
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camere oscure, dico) in vario modo riconducibili aunidea di narrazione problematica. Non a caso, leopere che costituiscono uneccezione per lo meno appa-rente sono le due estreme, la prima e lultima: ma il lororealismo declinato in prima persona non privo didisincanto e di doppi fondi ironici.
Certo, la spiegazione pi scontata quella che attri-buisce certi esiti al tipo di frequentazione con il mondodel rcit portato avanti dai nostri autori anche e magarisoprattutto in ambito professionale: quello, dico, dellasceneggiatura cinematografica e della produzione televi-siva. Chi muove i primi passi in un campo tecnicamen-te complesso, dominato dal massimo della ruviditcostruttiva, portato quasi istintivamente a enfatizzare igiochi di suture e snodi, la calibratura di percorsi narra-tivi che non necessariamente si chiudono su se stessi conunillusione di compiutezza naturale, se non naturali-stica. Leffetto, quando con gli effetti si gioca, forsemeglio che si veda.
Non so, magari qualcuno fra gli scriventi un po hadavvero sentito questebbrezza, ha desiderato frastorna-re il proprio lettore con la magia di una partitura verba-le esibita. Ma io sono convinto che le cose siano anda-te in modo leggermente diverso. Il punto che scrivere,oggi, unoperazione nientaffatto ovvia e naturale, anzilo sicuramente meno del filmare, del suonare (o misce-lare) musica, del dipingere. Proprio la facilit con cui sipu portare a termine una cosa chiamata racconto, e lafacilit con cui si pu essere pubblicati, invitano a esco-gitare forme che rispecchino un massimo di consapevo-lezza, di distanza e proprio di straniamento. Oggi, cidicono questi esordienti, si comincia a essere scrittorisoprattutto oltre. Oltre le norme e aspettative pi diffu-se, oltre lesperienza immediata e la banalit linearedella tranche de vie: e poco importa - ma molti di lorolo impareranno dopo - se i gesti che appaiono pi sciol-
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ti sono in realt i pi studiati. (E poco importa ancheperch un discorso da me fatto sin troppe volte, e chequi viene in pieno confermato se oggi una ricerca let-teraria autentica spesso nasce dallibridazione dei lin-guaggi anche mediatici, e se insomma la letteratura vivesempre pi, e per fortuna, di televisione cinemaInternet...)
Non per caso, si lavorato allinsegna dellinafferra-bile. Non, attenzione, dellindicibile: semmai dellasirena del tempo (come diceva un grande poeta delNovecento italiano), della possibilit di ghermire laltro,di inseguire ci che c ma ci sfugge. Letteratura, sensodella vita, ma anche lei/lui, il sesso, la diversit: dominala consapevolezza di stare in un mondo in cui molto sgu-scia via, ci pianta in asso prima ancora di averlo incon-trato. Per afferrarlo, per provarci almeno, necessarioattrezzarsi facendo la scelta meno risaputa, seguendo ilcammino pi tortuoso.
E tanto ci basti: almeno per cominciare.
Paolo Giovannetti
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