Modulo 3
La gestione dei casi difficili e il superamentodelle barriere della comunicazione
Il settimo nano: l’ipocondriaco
� Il dolore e la paura, benché separati, interagiscono e collaborano con la costruzione della sensazione di pericolo dando vita all’esperienza dell’ipocondria e delle angosce ipocondriache
Per chi ha paura, tutto fruscia.
Sofocle
Il disturbo ipocondriaco
� Il disturbo ipocondriaco è determinato da un’errata interpretazione di alcune sensazioni, sintomi fisici o comportamenti individuali, che questo tipo di ansioso giudica anomali, e da cui trae la certezza di soffrire di una malattia più o meno grave, generalmente con un nome noto (cancro, AIDS ecc.)
Il rapporto tra l’ipocondriaco e il professionista sanitario: idealizzazione e svalutazione
� Il rapporto tra l’ipocondriaco e il professionista sanitario è sicuramente basato su processi di idealizzazione e svalutazione. Inizialmente il paziente sembra fidarsi ciecamente del medico, ripone in lui ogni speranza di guarigione, ma quando l’altro non conferma la malattia che si è autodiagnosticato lo svaluta, ritenendolo incompetente e poco comprensivo del suo malessere
Il rapporto tra l’ipocondriaco e il professionista sanitario: impotenza
� Questo atteggiamento contrastante non fa che suscitare nel medico irritazione, sentendosi offeso nella sua competenza professionale e anche impotente, perché non riesce a collocare i sintomi del paziente in una delle malattie da lui conosciute
Il rapporto tra l’ipocondriaco e il professionista sanitario:spirale comunicativa
� Più il medico cerca di convincere il paziente che sta bene e che le sue preoccupazioni sono infondate, più il paziente vorrà dimostrargli che la sua strada è sbagliata, innescando così un meccanismo senza fine in cui le due parti in causa non arriveranno a un punto di incontro
Il rapporto tra l’ipocondriaco e il professionista sanitario:che cosa fare
Il medico deve porsi di fronte a questo tipo di paziente con l’intento di aiutarlo a dismettere l’errata interpretazione dei sintomi:
� comunicandogli da che cosa non è affetto (ad es., “lei non ha problemi di cuore”)
� ricollocando in modo adeguato i sintomi che lui evidenzia (ad es., “il suo battito cardiaco è aumentato a causa dello stress; lei lo nota maggiormente perché ha una particolare sensibilità e attenzione ai segnali del suo corpo”)
I livelli minimi di comunicazione e relazione
� Consapevoli che il setting medico-paziente è di fatto un’eventualità che manifesta delle costanti e di conseguenza una tendenza ad attuarsi in modo ripetitivo (come dato fisiologico non necessariamente sfavorevole) dobbiamo però tenere presente che l’interazione medico-paziente richiede per essere efficace livelli di comunicazione minimi
Prima condizione necessaria non sufficiente
� Predisposizione di un setting adeguato. Concedendo al medico l’attenuante di entrare talvolta in contesti che presentano già, a livello strutturale, delle imposizioni (ad es., la disposizione dei mobili), l'ambito sul quale ogni professionista può (e deve) agire è:‒ gestione degli spazi in modo che tra professionista e paziente non si creino barriere
inaccessibili
Seconda condizione necessaria non sufficiente
� Accompagnare-accogliere il paziente in ogni passaggio della visita per non lasciarlo in una situazione di disorientamento (ad es., esplicitando il proprio comportamento, “adesso le chiederò qualche informazione poi potrà sdraiarsi sul lettino e procederemo con la visita”)
Terza condizione necessaria non sufficiente
� Allineare o far corrispondere ciò che si dice a ciò che si fa (ci riferiamo all'agire del medico, ad es., se il medico si alza e va verso il lettino farà corrispondere a questo suo movimento la verbalizzazione "venga che adesso la visito")
Quarta condizione necessaria non sufficiente
� Parlare con voce calma ma partecipe e chiara (la voce parla inevitabilmente della persona che si ha davanti, di quale sia il suo stato d’animo, l’essere o meno in un ruolo, le sue intenzioni, difficoltà, resistenze e il suo stato emotivo e affettivo di quel momento preciso)
Quinta condizione necessaria non sufficiente
� Tenere i tempi dell’eloquio in un range che permetta di creare e garantire un’atmosfera narrativa. Il medico deve permettere al paziente di parlare per un tempo sufficientemente lungo (al di là del contenuto) affinché entri in questo tipo di situazione
Sesta condizione necessaria non sufficiente
� Essere “pronto” (disposto e disponibile) a incontrare lo sguardo dell'altro. Sottolineiamo che questa disponibilità va mantenuta durante tutto l’incontro
Condizioni necessarie sufficienti
SpontaneitàAttenzione
Curiosità (interesse)
Equilibrio-autoregolazione
Consapevolezza
Le bad news
� Siamo in una situazione in cui dobbiamo comunicare al paziente un qualcosa di definitivo
Una cattiva notizia è qualunque notizia in gradodi modificare gravemente o negativamente la visione
del futuro da parte del paziente. Buckman
Le bad news: messaggio e messaggero
� Essendo la comunicazione di notizie negative un territorio comunque vincolato, il più grande punto di forza che può avere il medico è di permettere al paziente di distinguere tra messaggero e messaggio in modo che, anche se il messaggio è negativo, il messaggero possa essere visto come parte di un sistema supportivo
L’atteggiamento del paziente
Il medico dovrebbe riconoscere e tenere presente che l’atteggiamento di sfiducia e diffidenza del paziente:
� può essere per lui una necessità, al momento irrinunciabile, di badare a se stesso e di voler essere certo delle sue scelte e soprattutto contrastare il pericolo e forse la propria tendenza ad affidarsi alla cieca
� può anche rappresentare l’indizio della perdita di una pregressa speranza come pure della percezione, fondata o meno, di essere un malato inguaribile
Le risposte difensive del professionista sanitario: razionalizzazione ed evitamento
� Può capitare che il medico utilizzi l’atteggiamento sostanzialmente (ma superficialmente) ostile del paziente per evitare la sintonizzazione emotiva, difendendosi inconsciamente da un doloroso contagio emotivo e giustificando in tal modo a se stesso la sua risposta distaccata
� Tale modalità relazionale del clinico può essere considerata una forma di razionalizzazione ed evitamento (“va bene, se lei ha deciso così…!”)
La presa in carico – “prendersi cura”
� La comunicazione delle cattive notizie, attualmente, focalizza l’attenzione sul concetto di cura della persona, non della malattia
� La presa in carico:‒ punta al “prendersi cura” oltre che al curare, dal concetto di cure a quello di care
‒ è un processo e in quanto tale è caratterizzato da una successione di passaggi che devono essere seguiti secondo una corretta sequenza, principalmente al fine di stabilire il livello di consapevolezza del paziente, informarlo in accordo con i suoi bisogni, fornirgli supporto e sviluppare una strategia condivisa rispetto all’eventuale trattamento
S - Strategy summarynegoziare una strategia d’azione che tenga in considerazione le aspettative e i risultati raggiungibili. Lasciare spazio ad eventuali
domande. Riassumere. Verificare la comprensione. Concludere.
E – Emotions
facilitare l’espressione delle emozioni, in modo tale da comprendere la reazione emotiva e rispondervi in modo empatico
K – Knowledge
fornire le informazioni necessarie a comprendere la situazione clinica
I - Invitation
invitare il paziente ad esplicitare in che misura vuole essere informato rispetto alla diagnosi, alla prognosi e sui dettagli della malattia
P - Perception
capire il punto di vista del paziente circa la propria situazione (che idea si è fatto, cosa sa riguardo alla malattia)
S - Setting
Il processo di comunicazione di una cattiva notizia secondo il modello di Buckman (1992)
iniziare preparando il contesto e disponendosi all’ascolto
Risposte adattive e disadattive del paziente, secondo Buckman(1992):
� Ironia
� Negazione transitoria
� Rabbia senza oggetto/contro la malattia
� Pianto
� Paura
� Speranza realistica
� Pulsione sessuale
Adattive
� Colpa
� Negazione persistente
� Rabbia contro gli operatori sanitari
� Depressione
� Ansia generalizzata/attacchi di panico
� Speranza irrealistica
� Disperazione
� Manipolazione
Disadattive
Il caso “insolito”
� È un paziente che ha una discreta esperienza di medici, un discreto “curriculum” di evidenze cliniche e una buona aderenza a diverse diagnosi, ma nessuna netta corrispondenza!
� È un paziente che ha, di solito ma non sempre, un approccio possibilista alla sua sintomatologia, dovuto alla lunga convivenza con essa della quale si sente alla fine unico rappresentante
Dubitare di tutto o credere a tutto sono due soluzioni ugualmente comode che ci dispensano, l'una come l'altra, dal riflettere.
Jules Henri Poincaré
Il rapporto tra il caso “insolito” e il professionista sanitario:curiosità e frustrazione
� Questo paziente smuove nettamente la curiosità del clinico, in quanto le evidenze cliniche sono nette ma non classificate, ma la sua sintomatologia risveglia altrettanto una certa frustrazione, in quanto non rientra mai sino in fondo in nessuna diagnosi specifica
Il rapporto tra il caso “insolito” e il professionista sanitario:costanza e fiducia
� La sua patologia non mette in discussione l’abilità del medico, mette alla prova la sua costanza e forse (inconsciamente) la sua fiducia nella reale possibilità di arrivare a una diagnosi. Questo nella maggior parte dei casi lo porta a fingere di pensare che una diagnosi in effetti non ci sia
Il rapporto tra il caso “insolito” e il professionista sanitario:ricerca – qualità della mente
� Esiste un’alternativa, che in questo caso è premessa alla comunicazione, ed è riassunta e semplificata nelle parole che Francis Darwin ha usato per descrivere suo padre, Charles:
“[…] Egli aveva una qualità della mente che sembrava avvantaggiarlo in modo particolare ed estremo nel condurlo a
compiere nuove scoperte: era la capacità di non lasciare mai che una eccezione passasse inosservata.”
Letture consigliate
� Buckman R. Breaking Bad News: A Guide for Health Care Professionals. Baltimore: Johns Hopkins University Press, 1992:15.
Letture consigliate
Top Related