1.Abstract
2. All’interno del presente articolo si cercherà di esporre,
seppur in forma parziale, i principali contributi teorici che
riguardano l’intervento terapeutico e riabilitativo
nell’ambito delle psicosi.
3. L’attenzione sarà rivolta, in particolare, a quella popo-
lazione di pazienti definita come giovani psicotici adulti.
“Con questo termine ci si riferisce a quella tipologia di pa-
zienti che, pur con diversi livelli di gravità, presentano un
esordio relativamente recente o un tipo di cronicità con po-
tenzialità evolutive; situazioni in cui le difese psicotiche non
si sono ancora cristallizzate e i legami simbiotici con la fami-
glia non sono così potenti da precludere un temporaneo di-
stacco, con i tempi richiesti dall’esperienza comunitaria” (M.
Vigorelli, 1998).
4. Lo scritto ruoterà intorno al concetto di Comunità Te-
rapeutica che è da considerarsi luogo elettivo per il tratta-
mento delle psicosi, all’interno del più ampio contesto della
psichiatria di comunità. La funzione curante in psichiatria
verrà approfondita attraverso differenti contributi teorici ed
esperienziali.
5. Per quanto riguarda la nozione di Riabilitazione, en-
trata a far parte del “discorso” psichiatrico da circa venti-
cinque anni a questa parte, e da molti considerata una sot-
todisciplina della Psichiatria, verranno esposti sinteticamen-
te alcuni dei principali modelli e tecniche. Un’attenzione
specifica verrà rivolta al concetto di riabilitazione psichiatri-
ca come ricostruzione del Sé, attraverso i contributi di D. W.
Winnicott e D. Stern.
Il Sapere Professionale
Periodico trimestrale dell’Associazione
Culturale delle Professioni Sanitarie (CAPS).
Direttore Editoriale: Ciro Balzano
Redazione: Ciro Balzano – Floriana Dimo –
Manuela Florida De Rosa – Antonio Busacca –
Giovanni di Tria – Franco Ardizzone –
Anna Dell’Annunziata – Paolo Dell’Aversana –
Domenico Calendano – Tommaso Sabato –
Concetta De Santis – Salvatore Galati –
Maria Cristina Mazzulla – Michela Solbiati.
Comitato scientifico: Ciro Balzano – Franco Ardiz-
zone – Floriana Dimo – Manuela Florida De Rosa
– Anna Dell’Annunziata – Antonio Busacca.
Progetto grafico: Giovanni di Tria.
Segreteria: Michela Rebuffi.
E-Mail: [email protected]
CAPS
Associazione Culturale delle Professioni Sanitarie
La direzione giusta
Ammantata di sole corro nella direzione giusta
la meta è ancora lontana e l’orizzonte chiaro
e non c’è niente di certo, se non la mia certezza
sarò solo energia fino alla fine del viaggio
i piedi sanno dove andare, la stanchezza è un ricordo
non so se arriverò, ma ora non mi importa
sento che questa è la direzione giusta.
Lettere Al Futuro
EDITORIALE
Gentili lettori
In questo numero vengono affrontati alcuni argomenti che per la loro specificità su-
scitano una notevole curiosità, necessaria e presupponete alla soddisfazione del bisogno
di conoscenza.
Il governo clinico è la “scienza” che si pone come fine il miglioramento continuo della
qualità dell’assistenza mediante il raggiungimento di elevati standard di prestazioni,
sempre ed ineluttabilmente, concertate con la creazione di un ambiente lavorativo che
favorisce l’espressione dell’eccellenza clinica.
L’Italia negli ultimi anni si è trasformata da paese emigrante in Stato che ospita ed
integra immigrati.
Ciò ha determinato l’acuirsi di fenomeni di integrazione che in uno studio, di seguito
pubblicato, ha monitorato il diabete nei soggetti immigrati pregnati della cultura del
paese di provenienza.
È noto a tutti che espletare la propria professione sulle 24 ore genera alcuni proble-
mi.
In una ricerca effettuata nell’ ospedale San Carlo si è voluto evidenziare che il lavoro
turnista determina degli squilibri, ancorché non significativi dal punto di vista patolo-
gico, nei valori pressori.
Sono stati studiati 44 Operatori Sanitari ( Medici e Infermieri ) che esercitano le loro
funzioni in Pronto Soccorso, nelle U.O di Chirurgia Generale e nelle U.O. di Medicina
Generale.
Lo studio, durato tre anni, ha utilizzato, come metodo di ricerca, la rilevazione della
pressione arteriosa nelle ventiquattro ore.
I risultati hanno dimostrato che in determinate situazioni , intrise dello stress lavo-
rativo correlato, l’Operatore Sanitario ha presentato particolari rialzi, in alcuni casi
vere e proprie puntate ipertensive, nei valori pressori.
In particolare i dati, così rilevati, dimostrano che esercitare la propria professione in
Pronto Soccorso, in Medicina e in Chirurgia e, naturalmente ed empiricamente, per
estensione in tutte le altre realtà operative e soprattutto nelle ore notturne, comporta
un’alterazione del ritmo circadiano.
Il Presidente
Ciro Balzano
Associazione Culturale delle Professioni Sanitarie
(CAPS)
Cultural association of the sanitary professions
Data Febbraio/Marzo 2012 Numero 4
Il Sapere Professionale
Associazione
Culturale
Delle
Professioni
Sanitarie
In questo
numero.
Ipertensione e
lavoro a turni
(analisi di uno
studio).
Il Governo
Clinico come
strumento per
la gestione del
cambiamento
in sanità.
Prendersi cu-
ra del pazien-
te diabetico:
la persona
immigrata.
Periodico
registrato presso il
Tribunale di
Milano
N°
301– 01/06/2011
Pagina 2 Il Sapere Professionale
Ipertensione e lavoro a turni. Analisi di uno studio
Responsabile del progetto: Ciro Balzano, coordinatore infermieristico U.O.C. Medicina Generale I,
Coordinatore del progetto: Antonio Busacca, coordinatore infermieristico U.O.C Chir. Gen. III A,
INTRODUZIONE In condizioni normali il nostro organismo svolge le
proprie attività durante il giorno, lasciando alla notte
le ore di meritato riposo. Tale condizione è legata ad
una alternanza durante le 24 ore di alcune funzioni
biologiche, (ritmi circadiani), come la temperatura
corporea, la concentrazione di ormoni, la pressione
arteriosa, la frequenza cardiaca, parametri che elevan-
dosi durante il giorno, creano la situazione migliore
per realizzare qualsiasi attività. Il lavoro a turni, e
soprattutto il notturno, costringe il soggetto ad altera-
re i ritmi circadiani, istaurando meccanismi di adatta-
mento e sottoponendo l’organismo ad un continuo
stress psico\fisico con possibili ripercussioni sulla sua
salute. Da numerosi studi, emerge che il lavoro a tur-
ni, è associato ad una aumentata frequenza di malat-
tie cardiovascolari quali, aritmia, ipertensione arterio-
sa ed in particolar modo ischemie cardiache. Nel lavo-
ro a turni a cui è sottoposto il personale infermieristi-
co e medico, infatti vi è l’incremento di alcuni ormoni
come le catecolamine, in forte aumento nelle situazio-
ni di stress, di paura o agitazione, e che quindi ci ri-
chiedono una rapida reazione. A questo punto si met-
tono in atto una serie di meccanismi di difesa, a cui
l’organismo reagisce fisiologicamente. Se però la con-
dizione di stress è prolungata nel tempo, può compor-
tare seri danni cardiovascolari. Spesso aumentano con
i turni altri fattori di rischio come il fumo, la scorretta
alimentazione, il consumo eccessivo di caffè, alcolici,
farmaci, che possono contribuire all’insorgenza di tali
patologie. La Pressione Arteriosa (PA) è un parame-
tro biologico variabile e in un soggetto sano il suo ran-
ge, durante il giorno e la notte può essere >30 mmHg,
ma alterazioni di pressione sono riscontrabili in situa-
zioni di stress psicofisico. L’esposizione allo stress am-
bientale, soprattutto se cronica, a lungo andare può
creare situazioni patologiche. A tal proposito si può
supporre che un lavoratore la cui pressione sia elevata
nella maggior parte delle 24 ore abbia una prognosi
peggiore rispetto al soggetto con elevazioni della pres-
sione occasionalmente.
SCOPO Obiettivo dello studio è verificare l’effetto dell’attività
lavorativa sui valori di PA nel personale sanitario abi-
tualmente sottoposto ad elevato stress professionale e
psicofisico, prendendo come campione tre uu.oo. (area
critica, area chirurgica, area medica) differenti sia dal
punto di vista delle risorse umane sia organizzative.
MATERIALI E METODI Sono stati studiati 44 soggetti (30 femmine e 14 ma-
schi) sani, con un’età media di 44,5 anni nei maschi e
di 38 anni nelle femmine, con anamnesi negativa per
patologia cerebrovascolare, vascolare periferica o co-
ronaropatie. Nel primo studio (2008) sono stati sele-
zionati su base volontaria 26 infermieri e 8 medici tra
internisti e chirurghi (graf.10), tutti in servizio presso
il Dipartimento Emergenza Urgenza/U.O.S. di Pronto
Soccorso dell’Azienda Ospedaliera San Carlo Borro-
meo di Milano. Tale u.o. ha un bacino d’utenza di cir-
ca 400.000 abitanti e circa 80.000 accessi\anno, oltre
ad essere collocato in prossimità di grossi raccordi au-
tostradali e strutture ricreative e sportive che quoti-
dianamente ospitano migliaia di persone. Nel secondo
studio (2011) sono stati selezionati 10 infermieri pro-
venienti da u.o.c. di Chirurgia Generale e Medicina
Generale con entrambi 32 posti letto (graf.11).
L’anzianità di servizio media dei lavoratori esaminati
è risultata di 7 anni per i medici e 9 anni per gli infer-
mieri, divisi per sesso: 6.4 anni per gli uomini e 3.4
anni per le donne. Tutto il campione esaminato ha
dato consenso informato allo studio e al trattamento
dei dati secondo la normativa vigente. Come previsto
dalla letteratura, sono stati identificati i fattori di ri-
schio cardiovascolari come la familiarità per iperten-
sione, l’uso di caffè e alcool, il fumo e l’indice di massa
corporea (bmi) (graf. 12,13,14). In entrambi gli studi il
monitoraggio della PA è stato effettuato per 24h con
misurazione continua, durante il turno lavorativo (sia
diurno sia notturno), sia durante la giornata non la-
vorativa, con una programmazione di registrazio-
ne di PA ogni 15 minuti durante il giorno e 30
minuti durante la notte.
RISULTATI Prendendo in considerazione tutti i soggetti studiati,
il monitoraggio della PA durante il servizio ha eviden-
ziato un aumento della PASistolica, PADiastolica e
PAMedia. Dividendo i soggetti studiati in due gruppi,
medici ed infermieri, i risultati mostrano che nei gior-
Pagina 11 Numero 4
malattia ed i rischi ad essa connessi intensificando la
comunicazione tra paziente e operatore e tra i vari
operatori. Occorre pertanto:
facilitare all’immigrato l’accesso al sistema sanitario
nazionale attraverso servizi di mediazione linguistica
adattare, ove possibile, i programmi di cura della per-
sona con diabete alle usanze dettate dalle tradizioni
culturali e religiose se non in contrasto con i diritti
dell’uomo. offrire corsi di educazione continua tenuti
da gruppi multidisciplinari in grado di effettuare una
comunicazione multilingue presso tutti gli ambienti di
vita e di lavoro. Partendo da questa premessa, appare
subito fondamentale conoscere l’alimentazione, le abi-
tudini di vita e le credenze religiose dei Paesi da cui
provengono i pazienti migranti affetti da diabete, te-
nendo conto che l’alimentazione si modifica nel paese
di arrivo a seconda della situazione economica, della
disponibilità di cibi tradizionali, ecc.; l’operatore sani-
tario ne trarrà vantaggio potendo più facilmente en-
trare in contatto con la persona malata cercando di
capire le sue specifiche caratteristiche e necessità sen-
za dare una scorretta interpretazione dei messaggi
derivanti da culture differenti. La difficoltà di comu-
nicazione diventa quindi un problema grave a cui si
può fare fronte acquisendo nuovi strumento di lavoro
quali traduzioni dei materiali informativi per la pre-
venzione e la cura e la presenza e l’utilizzo di mediato-
ri culturali. Il mediatore culturale è una figura profes-
sionale che svolge la funzione di collegamento tra sog-
getti autoctoni e soggetti etnici, proponendosi come
“ponte” per superare le difficoltà, sia di ordine buro-
cratico-strutturale che di ordine linguistico-culturale
che l’utente straniero incontra nell’accesso ai servizi;
deve saper facilitare il rapporto tra immigrato ed e-
quipe al fine di evitare distorsioni, incomprensioni ed
il perdurare di stereotipi e pregiudizi relativi sia alla
forma che al contenuto della comunicazione facilitan-
do il percorso di cura del paziente diabetico. Il suo
ruolo può rappresentare una risorsa indispensabile in
termini di facilitatore della comunicazione nonché della
relazione all’interno dell’interazione terapeutica. Alla luce
di quanto detto si può affermare che la completa integrazio-
ne sociale di questi cittadini assume le caratteristiche di una
sfida dove il confronto con persone di cultura, storia, e-
spressioni e percezioni di bisogni diversi dai nostri porterà a
continue trasformazioni dell’assistenza sanitaria.
penso metabolico e cardiocircolatorio.
E’ indispensabile educare i pazienti ed i caregiver
all’autocontrollo, alla conoscenza delle possibili com-
plicazioni ed al loro trattamento come è essenziale il
frequente controllo della glicemia soprattutto se in
trattamento insulinico. Il lungo intervallo tra i pasti e
l’alto apporto di carboidrati durante quello serale,
sono le cause delle variazioni glicemiche durante il
Ramadan. Si può consigliare di assumere un pasto
ricco di fibre che rilasciano gradualmente energia, be-
re molta acqua nelle ore di non digiuno, ridurre
l’apporto di cibi fritti, grassi e dolci mantenendo un
normale livello di attività fisica evitando esercizi trop-
po faticosi che potrebbero portare all’ipoglicemia.
Nella cultura cinese la cucina è una delle più antiche
al mondo, Fonda infatti le sue origini in un passato
storico e remoto, che la rende assolutamente affasci-
nante ed interessante, perché legata ad usi e costumi
di incredibile meraviglia; solitamente infatti le pietan-
ze che oggi conosciamo come tipiche e tradizionali del-
la Cina, venivano preparate per celebrare momenti ed
eventi religiosi e storici particolarmente importanti e
per questo si costituiscono come una vera e propria
sorta di identità nazionale che nel corso dei secoli ha
mantenuto la sua rilevanza ed il suo spirito. La base
della cucina cinese è sana; tuttavia l’elevato consumo
di riso raffinato, che in Cina rappresenta la fonte prin-
cipale di carboidrati, e il consumo di cibi fritti e sughi
con un elevata concentrazione di zuccheri aumenta
significativamente l’incidenza di sviluppare diabete di
tipo 2. Questo non implica tuttavia una rinuncia defi-
nitiva al riso. Senza modificare radicalmente le tradi-
zioni di un popolo così legato alla propria cultura si
può consigliare la sostituzione del riso bianco con riso
integrale. Il riso integrale per la sua presenza di fibra
coadiuva la digestione e riduce l'assorbimento di zuc-
cheri e grassi, come tutti i cibi integrali, che possono
essere assunti a cibi per diabetici proprio perchè più
salutari rispetto ai cibi raffinati, più ricchi di vitamine
e nutrienti. Inoltre il consumo di alimenti integrali
induce più facilmente il senso di sazietà, e quindi chi
lo mangia ne consuma naturalmente di meno. La pre-
venzione e la cura del diabete mellito e dei disagi ad
esso legati non possono fare a meno dell’attuazione di
una buona comunicazione con pazienti e famigliari o
caregiver al fine di rendere accettabile la realtà della
Pagina 10 Il Sapere Professionale
PRENDERSI CURA DEL PAZIENTE DIABETICO: LA PERSONA IMMIGRATA Viviana Iacolin, Coordinatore Infermieristico Medicina 1° (3°B)
Erika Sangalli, Infermiere Medicina 1° (P.S., ex 3°B)
Il diabete mellito é un disordine metabolico ad eziolo-
gia multipla che deriva sia da una carente secrezione
di insulina , sia dalla presenza di fattori che si oppon-
gono all’azione dell’insulina stessa. Il risultato è un
incremento della concentrazione ematica di glucosio
cioè l’iperglicemia. Il diabete di tipo 2 ha un carattere
solo economici e sociali, ma anche nutrizionali: le
giovani generazioni, costituite da figli di immigra-
ti nati o cresciuti in Italia, assorbono la cultura e
l'alimentazione di stampo occidentale, che si scon-
tra però con geni predisposti per un altro tipo di
cibo. Questo comporta un aumento esponenziale
sociale ormai molto diffuso dovuto allo stile di vita
attuale che in seguito al benessere economico è sempre
più sedentario ed ha favorito un’alimentazione ecces-
siva rispetto al reale fabbisogno energetico; si calcola
che il diabete passerà dai 30 milioni di casi del 1985 ai
370 milioni del 2030. L’educazione continua della per-
sona con diabete, dei caregiver e del contesto socio-
relazionale è uno strumento indispensabile per il suc-
cesso terapeutico, per prevenire e riconoscere eventua-
li complicanze e per raggiungere una piena autonomia
nella gestione quotidiana della malattia. L’approccio
tradizionale, modellato sulle malattie acute, non fun-
ziona con quelle croniche. Il comportamento prescrit-
tivo che lo caratterizza deve quindi cedere il passo a
una vera e propria alleanza terapeutica capace di ren-
dere il paziente un “decisore competente” nella gestio-
ne della propria salute. L’Italia ospita un numero
sempre maggiore di stranieri, provenienti da ogni luo-
go, da ogni background sociale; ognuno di essi porta
con sé la propria cultura, tradizione e uno stile di vita
completamente diverso dal nostro. I problemi di inte-
grazione degli immigrati nel nostro Paese non sono
dei casi di obesità e diabete di tipo 2 tra i bambini
e i ragazzi immigrati o figli di immigrati, soprat-
tutto tra quelli provenienti dal sud-est asiatico. E’
necessario effettuare una puntualizzazione su
quello che può essere definito il ruolo della religio-
ne o della propria cultura all’interno dei compor-
tamenti umani e definire le più adeguate strategie
di intervento ad esempio nel paziente diabetico
musulmano e asiatico che rappresentano la per-
centuale maggiore nel nostro paese. Durante il
periodo del Ramadan i musulmani osservanti sono
obbligati ad astenersi dall’assumere cibo o bevan-
de nell’arco di tempo che va dall’alba al tramonto.
I diabetici sarebbero esentati dal digiuno diurno
ma molti di loro scelgono di praticarlo ugualmente
correndo un concreto rischio di scompenso glicemi-
co. Per ridurre al minimo il rischio di complicazio-
ni durante questo mese tutti i pazienti dovrebbero
prepararsi per tempo: è di fondamentale impor-
tanza consigliare al paziente di sottoporsi ad una
visita medica due tre mesi prima durante la quale
si pone attenzione alle condizioni generali, al com-
Pagina 3 Il Sapere Professionale
ni di riposo i valori delle medie pressorie non sono si-
gnificativi e sono sostanzialmente sovrapponibili. Du-
rante il servizio lavorativo, invece, si rileva negli in-
fermieri un aumento della PAS di 6.5 mmHg (+5.1%),
della PAD di 7.1 mmHg (+8.4%), della PAM di 7.3
mmHg (+7.4%), mentre nei medici l’aumento della
PAS, PAD, PAM ha dato valori statisticamente non
significativi se confrontati con quelli del giorno di ri-
poso. Suddividendo ancora il campione esaminato in
uomini e donne, si rileva che durante la giornata di
riposo i valori della PAS, PAD e PAM sono inferiori
nelle donne rispettivamente di 7.7 mmHg, 6.4 mmHg
e 6.8 mmHg. I fattori di rischio esaminati mettono in
evidenza che circa il 60% del campione è un grosso
fumatore, oltre l’80% invece fa uso di caffè, mentre
solo il 44% del personale esaminato ha una familiarità
all’ipertensione (grafici 12,13,14).
Graf. 12
Graf. 13
Graf. 14
Il profilo pressorio medio orario nei valori sistolici e
diastolici evidenzia, durante il servizio la significativa
presenza di numerosi picchi pressori. Ancora più ele-
vato è il numero di picchi pressori registrati durante il
riposo; 63% per la PAS e 65% per la PAD: tutto que-
sto a conferma che lo stress durante il servizio può
avere effetti negativi anche nella fase di riposo. Nello
specifico vengono evidenziati alcuni dati, che a nostro
avviso sono particolarmente significativi. L’analisi
dei dati, evidenzia un aumento pressorio superiore
negli infermieri di ps, rispetto a medici e agli infermie-
ri delle 2 uoc, nei giorni lavorativi (graf.1).
Graf. 1
Sempre in ps durante il turno notturno i valori di
PA rilevati si sono dimostrati elevati nel 68% dei
casi, rispetto al personale infermieristico delle u.o.
(graf.2).
Diversamente nelle uu.oo. la fascia oraria che mette
in luce valori di PA elevati durante il servizio not-
turno, è quella tra le ore 3.30 e 7.30, legata eviden-
temente allo stress psicofisico accumulato e alle at-
tività che da quell’ ora in poi si svolgeranno
(vigilanza, terapia, prelievi, ecc.)
Graf. 3
Diversamente, come mostra il grafico 4, la PA è
alterata durante il giorno nelle due UU.OO. nella
fascia oraria 7.00-11.00, a dimostrazione che
l’attività professionale (accettazione pazienti, giro
letti, giro visita,terapia,ecc) influiscono sui parame-
tri vitali (graf.4).
Graf. 4
Il grafico 5 e 6 mettono in evidenza l’aterazione dei va-
lori pressori nelle sale di PS, con l’attività di Triage e
Rivalutazione che arrivano al 60%. Ciò dimostra quan-
to tali attività influiscono sui parametri per l’alta re-
sponsabilità che gli infermieri Triagisti hanno durante
l’accoglienza del paziente e la Rivalutazione. Lo stesso
accade durante il turno notturno con in più alterazioni
nel 31% dei casi nella sala Codici Rossi o Rianimazione.
Graf. 5
Seguono in maniera schematica quattro grafici, ovvia-
mente non rendono al 100% quello che è il lavoro svol-
to, ma nel contempo rendono un’idea del “Tutto”.
Pagina 4 Il Sapere Professionale
Pagina 9 Il Sapere Professionale
Conclusioni
I problemi, le difficoltà e le disfunzioni che vengono
quotidianamente affrontate all’interno di un sistema
organizzativo complesso quale l’Ospedale, l’ASL, nel
suo insieme, devono essere necessariamente analizzati
secondo precise logiche ed utilizzando strumenti ade-
guati. La prima analisi dovrà riguardare le finalità
che l’istituzione dovrà perseguire, i ruolo che i vari
operatori devono ricoprire e le “regole del gioco” che
gli individui dovranno rispettare. Pertanto, assimilare
un'organizzazione complessa come quella di un'azien-
da sanitaria o di un'unità operativa a un sistema è il
primo passo dell'analisi sistemica. L'approccio sistemi-
co applicato a realtà complesse agevola una visione
globale e ordinata dei fenomeni, aiuta a cogliere i nessi
esistenti fra gli elementi del sistema e tra il sistema e il
suo contesto. Tale approccio, inoltre, è particolarmen-
te vicino agli schemi di pensiero degli infermieri, abi-
tuati a una visione organica e complessiva del loro
campo d'azione. La difficile applicazione risiede nei
singoli lavoratori che nelle routines quotidiane si sen-
tono protetti e a loro agio; è naturale che tendano a
resistere a variazioni di queste routines. Le novità im-
plicano, prima di tutto, il dover perdere o abbandona-
re qualcosa che potrebbe essere molto personale ed
importante per il singolo. Bisogna sempre tener pre-
sente che i cambiamenti hanno comunque un impatto
su emozioni e stati psicologici personali. E' necessario
incoraggiare il personale a ricercare prospettive positi-
ve sul come interpretare ed accettare le novità appor-
tate, soprattutto in ambito sanitario. E' importante
fare in modo che si prenda coscienza dell'impatto dato
dal Legislatore sulle routines quotidiane. Lo stimolo
dato dal sapere, sicuramente può incidere in modo
positivo e sostanziale su quella che è la risposta data
dai lavoratori. Si nota che in molte aziende sanitarie si
respira la voglia di intraprendere la strada verso un
governo clinico, anche se, il timore di non conoscere
cosa questo cambiamento porti, sta frenando quello
che è un processo ormai avviato. Il governo clinico,
pertanto, rappresenta la parola chiave delle nuove
politiche sanitarie orientate alla promozione della
qualità delle prestazioni, mettendo al centro del siste-
ma il cittadino-utente.
Bibliografia
F. Bifulco, P. Chierchini, F. Forino., Il governo clinico ba-
sato sull’appropriatezza, in Dedalo, gestire i sistemi com-
plessi in sanità., Volume I, Numero 1/2003.
Loiudice Michele T., La gestione del cambiamento in sani-
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ratori sanitari., Centro Scientifico, 1997.
Eugenio Vignati, Paolo Bruno., Tecniche di management
sanitario. Strategia, organizzazione, programmazione, con-
trollo e miglioramento della qualità dei servizi per gestione
del cambiamento della sanità., Collana., Azienda moderna,
2004.
Paolo Giarrusso., “Giornale del Medico”., Anno XXIII, n.
23, 26 Novembre 2007.
Decreto 229/99 “Bindi”, articolo 1, comma 6 bis.
Siti internet:
www.cantieripa.it
www.governo.it
www.governoclinico.it
www.ministerosalute.it
Pagina 8 Il Sapere Professionale
La non-qualità genera infatti costi aggiuntivi, mentre
la qualità genera risparmi. Il conferimento del gover-
no clinico ai poteri e alla responsabilità del Capo Di-
partimento ha l'innegabile vantaggio di riportare la
decisione in capo ai medici, pur nel rispetto dei vincoli
di bilancio e quindi di ridurre l'atteggiamento econo-
micistico oggi ampiamente lamentato in sanità e do-
vuto al fatto che la decisione è nelle mani del potere
amministrativo. Peraltro sono proprio i risparmi pro-
vocati dalla correzione della non-qualità che danno
quegli spazi anche economici e consentono di ottenere
di più a costi minori. Il modello è analogo a quello
della Divisione industriale e quindi un tipico modello
aziendale, che elimina i pericoli del verticismo, so-
prattutto quando questo contrappone figure profes-
sionali tanto diverse quali l'amministrativo e il clini-
co.
cano di apportare sostanziali cambiamenti in ambito
sanitario.
la responsabilizzazione: porsi l'obiettivo di una
buona qualità dell'assistenza nei confronti del
sistema all'interno del quale si opera (il SSN e
suoi utenti), non come generico compito profes-
sionale del singolo operatore, ma come impegno
dei team nel loro insieme, attraverso la scelta
responsabile di sottoporsi a forme di controllo e
monitoraggio delle proprie prestazioni secondo
principi di valutazione professionalmente condi-
visi è il punto di partenza per il mantenimento e
perseguimento di una buona qualità dell'assi-
stenza.
la partecipazione: un processo di condivisione e
partecipazione attiva degli utenti all'attività dei
servizi corrisponde non solo a un generico diritto
del paziente, ma soprattutto ad una delle condi-
zioni necessarie per il raggiungimento degli o-
biettivi clinici desiderati. Partecipazione dell'u-
tenza significa, in concreto, avviare una politica
di comunicazione e informazione con il pubblico,
affinché migliori la consapevolezza rispetto a
quanto può ragionevolmente attendersi dagli
interventi sanitari disponibili e dalla tipologia di
offerta dei servizi; significa anche migliore comu-
nicazione con il paziente per una maggiore colla-
borazione con gli operatori, affinché adotti com-
portamenti pienamente funzionali al raggiungi-
mento dei desiderati obiettivi clinici; significa,
infine, mettere il paziente in grado di operare
delle scelte, laddove varie opzioni diagnostico-
terapeutiche siano possibili e il problema sia tro-
vare quella più adatta alle esigenze e alle prefe-
renze del singolo.
I vantaggi di un buon sistema di governo clinico sono
numerosi, sia in termini di indicatori di salute, sia in
termini economici. Si pensi solo ai vantaggi di evitare
le conseguenze della non-qualità, i cui costi in termini
di variabilità dei processi e di errori in medicina posso-
no secondo alcuni esperti aumentare del 30-40% i costi
del Dipartimento.
Pagina 5 Numero 4
DISCUSSIONE E CONCLUSIONI Come già noto in studi effettuati da altri autori, anche
la nostra esperienza ha confermato un aumento dei va-
lori pressori durante la giornata lavorativa rispetto alla
giornata di riposo. Tale variazione pressoria è partico-
larmente evidente nel gruppo di soggetti da noi esami-
nati nel primo studio (infermieri del pronto soccorso)
legato molto probabilmente al tipo di attività svolta, in
continuo stato di allerta, quasi sempre svolto in posizio-
ne eretta, di alta responsabilità, da eseguire con rapidità
ed alta professionalità, senza nessuna differenza di atti-
vità svolte tra il giorno e la notte.
La suddivisione dei soggetti in base al sesso evidenzia
una significativa elevazione pressoria, sistolica, dia-
stolica e media, nelle donne durante il servizio rispet-
to agli uomini (graf. 7,8,9). Concludendo possiamo
affermare che il lavoro a turni influisce sul profilo
pressorio dei lavoratori e può rappresentare un fatto-
re di rischio per l’insorgenza di malattie cardiovasco-
lari. I lavoratori, di entrambi i sessi, in età avanzata,
con un elevato numero di anni di servizio già svolto a
turni, devono essere costantemente monitorati, te-
nendo sempre in considerazione eventi sentinella, con
misure preventive ed eventuale allontanamento da
fonti di stress.
BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE Lavoro a turni, lavoro notturno e benessere. Malat-
tie cardiovascolari, 2008
Lavoro a turni e notturno. Organizzazione degli orari
e di lavoro e riflessi sulla salute. G. Costa, Edi-
zione SEE, 2003, Firenze
La qualità del lavoro in Italia. M. Curtarelli, L. Inca-
gli, C. Tagliavia, Isfol, 2004
Il lavoro notturno: scelta o necessità. Eurispes, 2003
Decreto legislativo 8 Aprile 2003, n. 66
Valori pressori a riposo e durante attività lavorativa
in personale sanitario normoteso di pronto soc-
corso. Linee guida in medicina d’urgenza. A cura
di A. Simoni, A. Pescini, S. Maccafeo, A. Rosa, I.
Genuini, G. Bertazzoni. 1996, Roma
Ringraziamenti
Direzione Medica di Presidio, nella persona del dott.
G. Perotti, dott. G. Negrini direttore SITRA, dott.
M. Biancardi, all’Infermiera del poliambulatorio Gal-
lo Giuseppina, per l’assistenza prestata per il posizio-
namento degli holter.
Dr. Angelo Colombo, dirigente medico U.O.C. Medici-
na Riabilitativa e il Dr. Paolo Calgaro, dirigente me-
dico U.O.C. Medicina d’Urgenza e Pronto Soccorso.
Un ringraziamento speciale va a tutto il personale
infermieristico e medico che, sensibile all’argomento,
ha permesso la realizzazione dello studio.
Azienda Ospedaliera San Carlo Borromeo - Milano
Pagina 6 Il Sapere Professionale
Il Governo Clinico come strumento per la gestione del cambiamento in sanità
di Tria Giovanni B. Coordinatore U.O. Pneumologia A.O. San Carlo Borromeo (MI)
Dopo una lunga fase storica in cui l’attenzione princi-
pale dei sistemi sanitari sembrava essere concentrata
principalmente sulla necessità di contenere i costi ope-
rando sugli assetti gestionali e organizzativi con
l’esplicito intento di recuperare margini di efficienza
operativa, si è fatta progressivamente strada in molti
contesti la consapevolezza che l’efficacia clinica delle
prestazioni e l’appropriatezza del loro utilizzo nella
pratica debbano rappresentare un interesse primario.
Si è visto, infatti, come fosse trascurata una dimensio-
ne assolutamente rilevante ed essenziale della qualità
dell’assistenza, vale a dire, la capacità dei servizi e de-
gli operatori di mantenere performance professionali
su standard accettabili in termini di risultati clinici
ottenuti e di appropriatezza nell’uso degli interventi.
Ed è per questo che si presta maggiore attenzione a
come realmente vengono assistiti i pazienti, attenzione
che nel mondo anglosassone viene definita “clinical
governance”, sottolineando, in questo modo,
l’importanza della funzione clinico-assistenziale
dell’attività dei servizi, e quindi delle diverse figure
professionali che ne sono responsabili direttamente.
La qualità non può essere promossa attraverso
l’applicazione di norme o sanzioni; può fondarsi solo su
un patto con i professionisti sanitari che li veda prota-
gonisti e responsabili delle azioni ma anche della defi-
nizione delle strategie e della valutazione dei risultati.
Ad esempio per l’infermiere l’ultimo decennio ha com-
portato l’affermazione di numerose novità che stanno
determinando, e sempre di più determineranno in futu-
ro, una grande evoluzione culturale e professionale:
questi cambiamenti, unitamente alla necessità di assi-
curare la continuità delle cure, la loro appropriatezza e
tempestività anche con apporti provenienti da profes-
sionalità e discipline molto diverse fra loro hanno con-
sentito di far nascere e diffondere anche in Italia espe-
rienze che portano l’infermiere ad assumere il ruolo di
co-protagonista. Infatti, insieme alla dirigenza medica
e alle altre professioni sanitarie, con un lavoro di equi-
pe si cerca di ottimizzare l’efficienza e l’efficacia dei
processi, ponendo le basi per un radicale cambiamento
in ambito sanitario.
Clinical Governance, apporto legislativo in Italia
Per usare le parole di due ricercatori inglesi, “la clinical
governance rappresenta il tentativo di coniugare uni-
versalità ed uguaglianza delle cure attraverso la co-
struzione di un sistema globale di qualità e responsabi-
lità che soddisfi contemporaneamente amministratori,
professionisti e soprattutto cittadini” (Scully-
Donaldson, BMJ 1998;317:61-65). Nelle cure primarie,
in particolare, la clinical governance è la capacità di
utilizzare tecniche e strumenti della pratica clinica per
garantire qualità delle cure e obiettivi sanitari nel ri-
spetto di compatibilità economiche predeterminate.
Elementi della clinical governance sono il risk
management, l’ECM, l’audit clinico, il perseguimento
dell’efficacia e dell’efficienza, la ricerca e lo sviluppo, la
condivisione delle prospettive tra i due livelli
dell’assistenza. A oggi soltanto due Regioni dimostra-
no di aver emanato leggi regionali che dettano linee di
sviluppo per la clinical governance: Emilia Romagna e
Toscana. Ma esperienze di governo clinico si riscontra-
no anche in Lombardia, Veneto, Sicilia.
Ad esempio il caso Emilia Romagna prende il via con
la Legge regionale 29/2004 che ha introdotto il Collegio
di Direzione e Governo Clinico nelle Aziende sanitarie e
prosegue con la Direttiva n. 86/2006 per l’adozione
dell’Atto aziendale. Mentre la regione Lombardia pro-
pone delle modifiche alla legge regionale 11 luglio
1997, n. 31 sulla promozione del governo clinico e della
logica meritocratica nelle politiche di gestione del per-
sonale del Servizio sanitario regionale. Questo allo sco-
po di trovare strumenti e procedure atti a soddisfare le
ricorrenti lamentele provenienti dalla classe medica,
secondo la quale, nelle aziende, vi sarebbe un eccessivo
potere del management rispetto alla componente sani-
taria, che configurerebbe l’ospedale essenzialmente
come impresa. Questi esempi che unitamente al
“Disegno di Legge sul governo clinico e per
l’ammodernamento del sistema sanitario”, annunciato
dal Ministro della Salute Livia Turco nelle audizioni
alla Commissione Affari sociali della Camera e alla
Commissione Igiene e sanità del Senato nel 2007, cer-
Pagina 7 Numero 4
Cos’è il governo clinico
Il governo clinico (Clinical Governance) può essere
definito come il contesto in cui i servizi sanitari si
rendono responsabili del miglioramento continuo
della qualità dell'assistenza e mantengono elevati
livelli di prestazioni creando un ambiente che favo-
risce l'espressione dell'eccellenza clinica nel limite
delle risorse disponibili. In buona sostanza, l'attua-
zione di politiche di governo clinico rappresenta un
obiettivo strategico finalizzato a creare maggiore
coerenza e trasparenza, a migliorare la qualità dei
servizi, a garantire alle istituzioni coinvolte un sup-
porto importante per definire priorità e operare scel-
te di allocazione delle risorse limitate. Il governo
clinico di un sistema sanitario, come strategia ge-
stionale, intende rendere ogni azione coerente e fina-
lizzata alla qualità dell'assistenza ed al suo migliora-
mento; vuole inoltre mettere in grado l'organizzazio-
ne di evolvere, sviluppando meccanismi di feedback
che le permettano di apprendere continuamente dal-
le proprie esperienze. Gli aspetti che dovrebbero ca-
ratterizzare il concetto di "governo della pratica cli-
nica" sono:
la condivisione multidisciplinare: il risultato
degli interventi e dei servizi sanitari è dato in
larga misura non tanto dall'abilità e capacità
tecnica dei singoli operatori, ma piuttosto dal-
la buona capacità operativa dei team, addetti
all'erogazione dei servizi. Per ottenere i risul-
tati desiderati, infatti, occorre che le capacità
tecnico-cliniche dei team siano adeguatamen-
te supportate da un ambiente organizzativo e
amministrativo funzionale al raggiungimento
degli obiettivi clinici dei servizi.
Il cambiamento
Il cambiamento: è un processo continuo che si basa
sul saggio uso delle risorse disponibili; si configura
mentre viene attuato; si basa sulla prefigurazione del
futuro e si attua con forte flessibilità di modelli; non
avviene tutto assieme ad un'ora stabilita; è basato
sulla partecipazione di tutti i soggetti e le componen-
ti coinvolte nella situazione e nel sistema di riferi-
mento. In una fase di cambiamento è importante
fornire alle persone facenti parte dell'azienda quante
più informazioni possibili il più presto possibile. Que-
sto per battere sul tempo voci o pettegolezzi che po-
trebbero contribuire a generare un'atmosfera negati-
va. E' importante permettere al personale di fare do-
mande e fornire risposte chiare e dirette. Questo
chiaramente non significa mettere in pubblico infor-
mazioni riservate, ma semplicemente comunicare a
livello generale le decisioni che l'azienda sta prenden-
do e che cosa si prevede per ciò che comporta il futu-
ro immediato, cioè il cercare di creare un'atmosfera
di apertura e comunicazione è importantissimo al
fine di stimolare la crescita di fiducia reciproca, evi-
tando eccessive preoccupazioni inerenti la loro vita e
il loro futuro. E' importante concedere al personale
un periodo di tempo ragionevole per abituarsi alla
perdita di quanto era ormai familiare e confortevole.
Dopo questo, è altrettanto importante far si che il
personale si concentri sulle innovazioni apportate. E'
necessario in questa fase stimolare un senso di entu-
siasmo e positività per facilitare un più rapido adat-
tamento alla nuova realtà che si sta formando. Un
modo di comunicare aperto aiuta a far sentire il per-
sonale partecipe e coinvolto attivamente nel cambia-
mento, anche in situazioni in cui il personale non
abbia in realtà un apporto diretto sugli elementi che
determinano il nuovo corso. Tutti noi tendiamo a
dare un supporto più entusiasta a idee e cambiamen-
ti nei quali ci sentiamo attivi e partecipi. Tutti gli
individui non sono di principio contrari al cambia-
mento, sono contrari al sentirsi il cambiamento im-
posto senza che sia richiesta una attiva partecipazio-
ne. In questo contesto anche il livello di soddisfazio-
ne e produttività del personale ne trae beneficio.
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