1
Introduzione
Il termine "deflusso minimo vitale" (DVM) è collegato alla considerazione di esigenzebiologiche. L'origine del problema è collegata ad altre esigenze.
Alterazione dei deflussi a causa di prelievi :
per irrigazione (Ticino)per canali navigabili (Ticino)per approvvigionamento (acquedotti romani)
Limitazioni ai prelievi di acqua:
in origine per riconoscimento di diritti esistentisoddisfacimento di esigenze igienicheesercizio della pesca
in seguito peresigenze ambientali
Due concetti diversi: deflusso minimo accettabile (si considerano tutte le esigenze) e deflussominimo vitale (si considerano soltanto le esigenze biologiche).
Fonti principali per gli appunti:Determination of Minimum Flows (Petts et al., 1996)Stream Habitat Analysis Using the Instream Flow Incremental Methodology (Bovee et al.,1998)Criteri di regolazione delle portate in alveo (Autorità di bacino del Po, 2002) e norme dellaRegione LombardiaSul deflusso minimo vitale (Giugni, 2008)
Il deflusso minimo accettabile(note tratte da Petts et al., 1996)
Il deflusso minimo accettabile può essere definito in termini diportatelivellivolumi
Finalità: protezione dei diritti esistenti, dell'igiene pubblica e dell'ambiente.
Diversi aspetti del problema: quantità dell'acquaqualità dell'acquamorfologia dell'alveo
Selezione degli obiettivi (soggettiva, ma necessaria):obiettivi naturalinavigazionequalità dell'acqua
Diversi obiettivi e strumenti per le diverse parti del fiume
nella parte alta: quantità dell'acqua(strumenti dell'idraulica)
nella parte bassa: qualità dell'acqua(strumenti dell'ingegneria sanitaria)
2
Il deflusso minimo vitale
Scopo del deflusso minimo vitale (DMV) è garantire la salvaguardiadelle caratteristiche fisiche (morfologiche, idrologiche, idrauliche)delle caratteristiche chimico-fisiche (qualità delle acque)delle biocenosi tipiche delle comunità naturali
Il deflusso minimo vitale è parte del deflusso minimo accettabile. I due concetti finiscono colconfondersi tra loro. Attraverso coefficienti correttivi la normativa italiana, che parla di deflussominimo vitale, tiene conto anche di esigenze non biologiche.
Situazioni possibili: portata sempre maggiore del DMV (il DMV è un uso prioritario)portata a volte inferiore al DMV (il DMV è un uso raccomandato)
Valutazione del DMV attraverso un approccio idrologicoun approccio biologico
Approccio idrologico: metodi con variabili morfologiche variabili idrologiche semplici (portata media caratteristica)variabili idrologiche e geomorfologiche (regressione)variabili statistiche (quantile della portata)
Approccio biologico: metodi sperimentali semplici (larghezza, contorno bagnato)sperimentali complessi (area disponibile ponderata)
Vantaggi dell'approccio biologico:considerazione dell'effetto sulle biocenosiuso di specie di riferimento all'apice della catena alimentare
Svantaggi dell'approccio biologico: costi elevati
Metodo del microhabitat: appartiene ai metodi sperimentali complessi.Definizione dimicrohabitat: area con profondità, velocità, substrato e copertura vegetale omogenee.Cella: caratterizzata dall'area e dai quattro parametri sopra detti.Obiettivo del metodo del microhabitat: determinazione dell'area utilizzabile dalla specie diriferimento in un certo stadio di vita.
Procedimento: scelta della specie itticaraccolta di datidefinizione delle curve di idoneità (suitability) sperimentali(in alternativa ricorso a letteratura: in Italia zone della trota, del barbo, della carpa e del cefalo)individuazione del deflusso minimo vitale
Punti deboli: assunzione di invariabilità dell'alveoapplicazione difficile nei tratti montaniimpossibilità, in certi casi, di utilizzare una specie ittica
Altri metodi: analisi della concentrazione di contaminanti (azoto, fosforo)legame tra deflussi e popolazioni di invertebratiHabitat Quality Index (HQI)(dipendenza della biomassa dalla portata)Pool Quality Index (PQI) (dipendenza della variabilità delle velocità superficiali in una sezione dalla portata)indicatori di alterazione idrologica (IHA, Indicators of Hydrologic Alterations):
veri e propri (es. della variabilità dei deflussi nei diversi mesi dell'anno)componenti ambientali (es. magre, piene)
3
Metodologia IFIM
Due contesti per il DMV: definizione di una normativa (standard-setting problems)ricerca di una soluzione negoziataLa metodologia IFIM serve nel secondo caso.
Diverse scale spaziali: macrohabitat : individuato da condizioni non biotichetre livelli: bacino
rete idrografica (due o più sottobacini) segmento (portata circa costante)
mesohabitat: pendenza, forma e struttura del canale uniformi(es. pozze, raschi)
microhabitat :celle
Regime dei deflussi, struttura del canale, regime termico e qualità dell'acqua si trattano a livellodi macrohabitat.La struttura dell'habitat si quantifica a livello di microhabitat ma si aggrega a livello dimesohabitat.
Normativa italiana
Il DMV è il deflusso minimo necessario per soddisfare le necessità dell'ambiente.L'argomento è di competenza delle autorità di bacino e delle regioni.
Normativa in vigore in Lombardia
Norme dell'autorità di bacino del Po
Allegato B alla deliberazione 7/2002 del Comitato Istituzionale dell'Autorità di bacino del Po.
Il DMV è definito come "il deflusso che in un corso d'acqua deve essere presente a valle dellecaptazioni idriche al fine di mantenere vitali le condizioni di funzionalità e qualità degliecosistemi interessati".
Le regole di calcolo e i criteri di applicazione si basano suun principio di sussidiarietàun principio di gradualità
L'applicazione del DMV riguarda in larga misura le concessioni esistenti.
Le autorità concedenti devono modificare i disciplinari di concessioneimponendo, con gradualità, i rilasci necessaridefinendo le regole di rilascioridefinendo le dotazioni idriche degli utentiimponendo la misurazione delle portate derivate
Il DMV consiste di una componente idrologica,che si applica a tutte le concessionieventuali fattori correttivi, definiti dalle regioni entro il 31/12/08, che
si applicano ai corsi d'acqua individuati entro il 31/12/03 dalle regioni
Per le nuove concessioni: imposizione del DMV contestualmente al rilascioPer le concessioni esistenti:adeguamento alla componente idrologica entro il 31/12/08
applicazione dei fattori correttivi entro il 31/12/16
4
Formula per il calcolo del DMV:
D = kqmedaSMZAT
Componente idrologica: D deflusso minimo vitale (l/s)k parametro sperimentaleqmeda portata specifica media annua (l/s km2)S area del bacino (km2)
Fattori correttivi: M parametro che tiene conto della morfologia dell'alveoZ uguale al massimo dei parametri N (caratteristiche naturali)
F (grado di fruizione)Q (qualità delle acque)
A parametro che tiene conto dell'interazione tra acque superficialie sotterranee
T parametro finalizzato alla modulazione del DMV nel tempo
Valori dei parametri:
qmeda si deriva da una lunga serie di osservazoniformule di regionalizzazionetrasferimento di datiosservazioni (almeno 5 anni) effettuate a una
stazione appositamente impiantataun'analisi idrologica avanzata
M uguale a 0,7-1,3N superiore o uguale a 1F superiore o uguale a 1Q superiore o uguale a 1A uguale a 0,5-1,5T può anche essere usato in alternativa a F e Q
Fiume Po a valle della confluenza con il Pellice: DMV definito solo a valle di 5 sezioni contraverse (es. Chivasso, Isola Serafini)
Norme della Regione Lombardia
Si tratta del DMV nelle Norme Tecniche di Attuazione (NTA) del Programma di Tutela e Usodelle Acque (PTUA) della Regione Lombardia.
art. 31 in alternativa alle modalità previste dall'allegato B, è possibile valutare eventuali studi e ricerche effettuati dal concessionario
art. 32 il coefficiente k è posto uguale a 0,1
art. 33 contiene i criteri di applicazione (es. possibilità di modulazione nel tempo, controllo degli effetti)
art. 34 modalità di applicazione (es. le date per l'imposizione della componente idrologica e dei fattori correttivi)
art. 35 esclusioni e deroghe
art. 36 applicazione di concerto con altre regioni per derivazioni di interesse interregionale
5
Altri documenti normativi:
Direttive per l'adeguamento delle derivazioni al rilascio del deflusso minimo vitale :contiene le direttive procedurali e tecniche ale autorità concedenti; in particolare contiene le metodologie per le applicazioni idrologiche.
Linee guida per l'avvio di sperimentazioni sul deflusso minimo vitale in tratti del reticoloidrico naturale regionale
Le derivazioni hanno posto il problema di salvaguardare in antico: - le utenze esistenti
- l’igiene
- l’esercizio della pesca oggi: - l’ambiente Deflusso minimo accettabile Definito in base agli obiettivi: naturalità del corso d’acqua navigazione qualità dell’acqua necessità degli utenti di valle … Deflusso minimo vitale (DMV) Italia: il DMV è destinato a salvaguardare
- le caratteristiche fisiche del corso d’acqua
- le caratteristiche chimico-fisiche dell’acqua
- le biocenosi Eventuali fattori correttivi e deroghe per tener conto anche di altri obiettivi
Con implicita ridefinizione del DMV due casi: portata sempre maggiore del DMV: il DMV rappresenta un uso prioritario dell’acqua portata a volte inferiore al DMV: il DMV rappresenta un uso raccomandato dell’acqua Possibile classificazione del DMV in base - all’approccio al problema (idrologico o biologico) - ai dati utilizzabili
- alla definizione (per esempio portata media, oppure portata con probabilità assegnata)
L’approccio biologico è di tipo sperimentale Si definisce di solito una specie ittica di riferimento Vantaggi:
- si tiene conto direttamente dell’effetto sull’habitat acquatico
- si usa una specie in cima alla catena alimentare
Metodo del microhabitat Microhabitat: cella caratterizzata da circa uniforme
profondità
velocità dell’acqua
substrato
copertura
L’insieme delle celle descrive l’ambiente che corrisponde a una certa portata A una certa portata corrisponde un’area utilizzabile dalla specie ittica di riferimento Studio sperimentale che dura almeno un anno Curve di idoneità (idoneità come funzione della profondità, oppure della velocità, oppure del substrato) corrispondenti a una certa fase di vita della specie di riferimento Curva che fornisce l’area disponibile ponderata (ADP) in funzione della portata DMV come frazione (di solito da 40% a 80%) della portata per cui è massima l’ADP In alternativa: DMV come portata corrispondente al breakpoint della curva (quando non c’è un massimo)
Altri metodi (approccio biologico) per definire il DMV: - determinazione della portata corrispondente alla
concentrazione di azoto (o fosforo) massima tollerabile - determinazione della portata che provoca uno squilibrio tra le
specie del benthos - habitat quality index (HQI): determinazione della relazione
tra biomassa salmonicola e portata
- pool quality index (PQI): determinazione della relazione tra scarto quadratico medio delle velocità superficiali per un certo tipo di sezione (pozze, raschi)
Metodo di analisi di tipo idrologico: indicators of hydrologic alteration (IHA) Metodologia IFIM (Instream Flow Incremental Methodology) Analisi a livello di macrohabitat, mesohabitat, microhabitat
Italia, Autorità di bacino del Po: regole per la determinazione del DMV Principi seguiti: sussidiarietà
gradualità DMV costituito da componente idrologica
fattori correttivi D = kqmedSZMAT D deflusso minimo vitale [ls-1] k parametro sperimentale (uguale a 0,1 in Lombardia) qmed portata media specifica [ls-1km-2] S area del bacino [km2] M parametro morfologico (uguale a 0,7-1,3) Z parametro che tiene conto delle caratteristiche naturali A parametro che tiene conto dell’interazione tra acque
superficiali e sotterranee (uguale a 0,5-1,5) T parametro che tiene conto della necessità di variare il DMV
nel tempo
Z è il maggiore tra tre parametri: N parametro che tiene conto del pregio naturalistico del corso
d’acqua (non minore di 1) F parametro che tiene conto della fruizione (non minore di 1) Q parametro che tiene conto delle esigenze di diluizione degli
scarichi (non minore di 1)
1
Il deflusso minimo vitale
Premessa
Le forme più antiche di utilizzazione dell'acqua che implicano una consistente alterazione dei
fiumi e dei corsi d'acqua in generale sono le derivazioni d'acqua per irrigazione e per
alimentazione di canali navigabili (come quelle che fin dal medioevo prelevano acqua dal Ticino)
e le derivazioni per l'approvvigionamento d'acqua degli agglomerati urbani (come quelle che
alimentavano gli acquedotti romani).
Con il passare del tempo la richiesta d'acqua è cresciuta e i diversi utenti si sono trovati in
concorrenza tra loro. Si è quindi presentata la necessità di una qualche forma di
regolamentazione, che in origine si è basata su due principi fondamentali: il riconoscimento dei
diritti delle utenze esistenti e la necessità di lasciare nei corsi d'acqua una portata sufficiente a
soddisfare le esigenze igieniche (attraverso la diluizione delle acque di scarico) e l'esercizio della
pesca.
Più tardi (nella seconda metà del Novecento) alle considerazioni economiche e igieniche si sono
aggiunte quelle ambientali.
Sono così nati i concetti di deflusso minimo accettabile (MAF, minimum acceptable flow) e di
deflusso minimo vitale (DMV).
I testi su cui sono in in gran parte basate le note che seguono sono Determination of Minimum
Flows (Petts et al., 1996), Stream Habitat Analysis Using the Instream Flow Incremental
Methodology (Bovee et al., 1998), Criteri di regolazione delle portate in alveo (Autorità di
bacino del Po, 2002) e fonti normative varie della Regione Lombardia, Sul deflusso minimo
vitale (Giugni, 2008).
Il deflusso minimo accettabile
Il deflusso minimo accettabile (Minimum Acceptable Flow, MAF) può essere definito in termini
di portata, di livello o di volume (Petts et al., 1996). Le finalità del deflusso minimo accettabile
sono di proteggere l'igiene pubblica, proteggere gli utenti legali esistenti e tener conto delle
necessità ambientali. La portata necessaria per conseguire le tre finalità, vista da un punto di
vista puramente tecnico (cioè senza tener conto dell'aspetto legale del problema), si può definire
portata-obiettivo (River Flow Objective, RFO ). Una portata-obiettivo si può elevare al rango di
deflusso minimo accettabile imposto per legge. (La distinzione tra i due concetti non è
2
puramente formale: il concetto di portata-obiettivo potrebbe essere adottato da un ente preposto
all'amministrazione delle acque anche in in assenza cioè di precisi obblighi di legge.)
L'istituzione di un deflusso minimo accettabile si basa su alcuni punti fondamentali.
Innanzi tutto si basa sulla sostenibilità, che si può definire come possibilità di uno "sviluppo che
soddisfa i bisogni del presente senza compromettere la capacità delle generazioni future di
soddisfare i propri bisogni" (World Commission on Environment and Development, 1987). Si
basa poi sull'equilibrio tra gli interessi di tutti gli utenti e sulla precauzione (imposta dai limiti
della conoscenza, sopra tutto con riguardo ai cambiamenti a lungo termine). Infine si basa sulla
pianificazione della gestione di bacino (cioè su un approccio integrato al problema della gestione
delle acque, finalizzato a prevenire i danni ambientali e a indirizzare le risorse dove sono
maggiormente richieste), e sulla definizione di una normativa (che comprende regole e
obiettivi).
La definizione di un deflusso minimo accettabile implica la specificazione dei punti di controllo e
dei metodi di misura, la possibilità di una diversa specificazione del deflusso per diversi punti,
diversi tempi e diverse condizioni (il controllo delle portate può implicare un insieme di norme
più complesso del rispetto di una semplice unica portata giornaliera) e la possibilità di una
revisione delle norme.
Nel definire il deflusso minimo accettabile occorre tener conto dei diversi aspetti del problema,
che si integrano necessariamente tra loro: quantità dell'acqua, qualità dell'acqua, morfologia
dell'alveo.
La selezione degli obiettivi è vitale, ma soggettiva. Per un fiume naturale, si scelgono obiettivi
naturali. Ma di fronte a influenze artificiali, altri obiettivi possono essere più appropriati: nel
tratto intermedio la navigazione, nella parte bassa la richiesta di ossigeno o la necessità di
garantire un certo intervallo di temperature (in altri termini, la qualità dell'acqua).
Gli obiettivi per soddisfare le necessità degli utenti di valle e per assicurare la diluizione delle
acque di scarico sono relativamente facili da definire. Gli obiettivi per soddisfare le necessità
dell'ambiente e la ricreazione sono più problematici. Le difficoltà maggiori si incontrano nel
definire le portate necessarie per salvaguardare le zone di pesca e le caratteristiche estetiche del
corso d'acqua.
La determinazione del deflusso minimo accettabile deve includere la determinazione delle portate
necessarie all'interno delle diverse parti del fiume. Allo scopo è necessario distinguere almeno
tra parte alta, parte intermedia, parte bassa ed estuario. [In Gran Bretagna, alla quale si riferisce
lo studi di Petts et al.(1996) i fiumi sboccano in mare con un estuario.] A ciascun tratto di fiume
3
si applicano portate-obiettivo diverse. Anche i metodi per determinare le portate-obiettivo sono
diversi: per i tratti della parte alta si usano gli strumenti dell'idraulica (perchè il problema più
importante è quello della quantità dell'acqua), mentre per i tratti della parte bassa e per l'estuario
si usano gli strumenti dell'ingegneria sanitaria (perchè il problema più importante è quello della
qualità dell'acqua).
La definizione del deflusso minimo accettabile implica la considerazione di molti aspetti tecnici e
legali.
Dove è possibile, è desiderabile sostituire i prelievi alle sorgenti con prelievi effettuati il più a
valle possibile, in modo da diminuire la lunghezza del tratto di fiume affetto dalla diminuzione di
portata.
Per la salvaguardia dell'ambiente, occorre risolvere diversi problemi. Per sostenere gli ambienti
umidi golenali, è necessario che le portate siano alte (in certi periodi almeno), così da mantenere
le caratteristiche morfologiche dell'alveo e favorire le migrazioni dei pesci. Negli estuari,
occorre che la portata sia sufficiente a contrastare l'intrusione salina, a soddisfare la richiesta di
ossigeno dovuta alla risospensione dei sedimenti e a contenere le variazioni della temperatura.
Occorre ricordare che il raggiungimento di un giusto equilibrio può essere reso difficile, o
addirittura impossibile, dai diritti esistenti. In alcuni casi per rispettare i diritti esistenti può
essere necessario prevedere deroghe per situazioni particolari.
Principio di base della definizione di una portata-obiettivo (e di un deflusso minimo accettabile)
è che "le influenze artificiali non cambino il regime delle portate in alcun modo che renda
insostenibile l'ecosistema obiettivo" (Petts et al., 1996). Occorre quindi definire sia l'obiettivo
ecologico sia il regime di portate ecologicamente accettabile.
Per soddisfare le necessità dell'ambiente, una pratica corrente consiste nel garantire una portata
minima (Petts et al., 1996). (Le esigenze dell'ambiente possono però imporre portate minime
diverse a seconda della stagione e delle circostanze, come si è già avuto modo di osservare.)
Il deflusso minimo vitale
Il concetto di deflusso minimo vitale è collegato, ma non identico, a quello di deflusso minimo
accettabile. In accordo con il decreto ministeriale 28 luglio 20041, il deflusso minimo vitale
1 Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio, Decreto 28 luglio 2004, Linee guida per la predisposizionedel bilancio idrico di bacino, comprensive dei criteri per il censimento delle utilizzazioni in atto e per ladefinizione del minimo deflusso vitale, di cui all'articolo 22, comma 4, del decreto legislativo 11 maggio 1999,n. 152.
4
(DMV) si può definire (Giugni, 2008) come la portata istantanea da valutare in ogni tronco del
corso d'acqua atta a garantire la salvaguardia
- delle caratteristiche fisiche (morfologiche, idrologiche, idrauliche) del corpo idrico,
- delle caratteristiche chimico-fisiche delle acque (cioè della loro qualità),
- delle biocenosi tipiche delle condizioni naturali.
Per raggiungere gli obiettivi di salvaguardia può essere opportuno definire un valore diverso del
DMV a seconda del periodo dell'anno (stagione o mese).
Le finalità del deflusso minimo vitale sono essenzialmente naturalistiche e - come dice il nome
stesso - legate in particolar modo al benessere delle comunità viventi naturali (biocenosi). Il
deflusso minimo vitale si può dunque vedere come una componente del deflusso minimo
accettabile, che, come si è visto, considera tutte le possibili esigenze, di cui quelle naturalistiche
sono solo una parte.
Le norme italiane in materia di regolamentazione dell'uso delle acque definiscono la portata
minima da garantire come deflusso minimo vitale, concetto che, come si è visto, nasce sopra
tutto dall'esigenza di salvaguardare le condizioni naturali del corso d'acqua. Attraverso correttivi
e deroghe, però, le norme tengono conto anche di altre importanti esigenze (come quelle
turistiche, o quelle igieniche, o ancora quelle di approvvigionamento d'acqua), come è del resto
necessario che sia. I concetti di deflusso minimo accettabile e deflusso minimo vitale finiscono
così con il confondersi tra loro.
In assenza di regolazione artificiale delle portate, sono possibili due situazioni diverse, a
seconda che la portata sia sempre superiore, oppure che sia per certi periodi inferiore al DMV
(Giugni, 2008). (La distinzione per la verità richiede che il concetto di DMV sia implicitamente
ridefinito, assegnando un ruolo primario alla prosperità delle comunità vegetali e animali e uno
secondario alla naturalità del corso d'acqua, alla quale certe condizioni estreme possono non
risultare estranee.) Nel primo caso il DMV rappresenta un uso prioritario dell'acqua, che la
gestione deve rispettare; nel secondo, invece, rappresenta un uso semplicemente raccomandato,
che può essere reso possibile solo con un'alterazione del regime naturale (per esempio, con la
regolazione delle portate per mezzo di un serbatoio artificiale).
Per la valutazione del DMV sono disponibili diversi metodi, che si possono classificare in due
gruppi (Giugni, 2008), a seconda del tipo di approccio al problema. Il primo gruppo è
caratterizzato da un approccio idrologico: il DMV è valutato in base a parametri geomorfologici e
idrologici. Il secondo gruppo è caratterizzato da un approccio idrobiologico: si ricercano le
condizioni ambientali idonee allo sviluppo di una o più specie rappresentative, mediante il
rilevamento sul posto di parametri caratteristici.
5
I metodi del primo gruppo si possono suddividere (Giugni, 2008) in
- metodi con variabili morfologiche, che determinano prima una portata specifica (per unità di
area del bacino) e quindi il DMV;
- metodi con variabili idrologiche semplici, che determinano il DMV a partire da una portata
media caratteristica (per esempio la portata media annuale, oppure la portata media mensile,
oppure la portata di tempo asciutto, oppure ancora la metà della portata di tempo asciutto);
- metodi con variabili idrologiche e geomorfologiche, che determinano il DMV per mezzo di
una formula di regressione, in cui le variabili indipendenti sono, appunto, idrologiche e
geomorfologiche;
- metodi con variabili statistiche, che identificano il DMV con il quantile di una portata di
magra opportunamente definita (per esempio la portata naturale con probabilità di
superamento del 95%, oppure il valor medio del minimo annuale della portata di sette giorni,
oppure ancora il valore della portata di sette giorni con tempo di ritorno di 10 anni).
La gamma dei diversi indici idrologici di uso corrente nel Regno Unito e negli Stati Uniti offre
ai decisori molte opzioni diverse (Petts e Maddock, 1994). A titolo di esempio riproduciamo qui
di seguito la tabella riportata da Petts et al. (1996), che elenca un insieme di indici di portata per
il fiume Babingley (Anglia, Regno Unito):
a) media della portata giornaliera naturale
(ottenuta con una simulazione numerica) (0,640 m3s-1)
b) 20% di a) (0,128 m3s-1)
c) 30% di a) (0,192 m3s-1)
d) media della portata (ottenuta con una simulazione numerica)
con probabilità di superamento uguale a 0,95 (0,246 m3s-1)
e) portata del mese di settembre (ottenuta con una simulazione numerica)
con probabilità di superamento uguale a 0,50 (0,420 m3s-1)
f) media della portata al 1° novembre (mese più asciutto) (0,330 m3s-1)
g) magra quinquennale al 1° novembre (0,300 m3s-1)
h) portata (misurata) con probabilità di superamento
uguale a 0,95 (0,160 m3s-1)
[Le portate a-g sono portate naturali simulate relative al periodo 1977-92 (Watts, 1994).]
I metodi del secondo gruppo, caratterizzato da un approccio biologico, adottano generalmente
come specie rappresentativa una specie ittica e si possono suddividere (Giugni, 2008) in
6
- metodi sperimentali semplici, che correlano la portata minima al contorno bagnato oppure
alla larghezza della sezione utile per lo sviluppo della specie considerata (e che quindi
individuano la portata ottimale come quella corrispondente al contorno bagnato, oppure alla
larghezza ottimale);
- metodi sperimentali complessi, che individuano la portata ottimale per lo sviluppo della
specie sulla base dell'area disponibile (AD) o dell'area disponibile ponderata (ADP) (alla
categoria appartiene il metodo dei microhabitat, che più avanti verrà brevemente illustrato).
L'approccio biologico presenta, rispetto a quello idrologico, due sostanziali vantaggi:
- la portata che costituisce il deflusso minimo vitale si determina tenendo direttamente conto
dell'effetto che le variazioni indotte sulle diverse caratteristiche della corrente dalla riduzione
della portata esercitano sull'habitat delle comunità acquatiche;
- la specie ittica che si assume come rappresentativa è collocata all'estremità superiore della
catena alimentare, e quindi riassume gli effetti della riduzione della portata sull'intera catena.
Presenta però lo svantaggio di un costo maggiore, perchè richiede numerose indagini di
campagna, condotte su un arco di tempo abbastanza lungo.
Il metodo del microhabitat è parte integrante della più generale metodologia IFIM (Instream
Flow Incremental Methodology) (Bovee et al., 1998), alla quale si accennerà brevemente nel
prossimo paragrafo.
Il microhabitat è costituito da un'area del corso d'acqua caratterizzata da condizioni omogenee di
altezza d'acqua, velocità, substrato (materiale di cui il letto è costituito) e copertura vegetale del
fondo (Bovee et al., 1998). L'area, necessariamente piccola, è detta cella, e costituisce
l'elemeno di base per il calcolo del DMV. Per ogni particolare portata, ciascuna cella è
caratterizzata da una particolare combinazione di area (al variare della portata una parte della cella
può restare all'asciutto) e di parametri caratteristici (profondità, velocità, substrato e copertura).
Il mosaico delle celle fornisce una descrizione dell'ambiente fluviale che corrisponde a ciascuna
portata. Il metodo del microhabitat si basa sulla determinazione, a partire dalla descrizione
dell'ambiente fluviale, dell'intera area utilizzabile dalla specie ittica di riferimento, in un certo
stadio di vita, per unità di lunghezza del corso d'acqua.
Il procedimento si può riassumere (assumendo il solo substrato come parametro descrittivo delle
caratteristiche del fondo) nel modo seguente (Giugni, 2008).
Innanzi tutto, sulla base delle principali caratteristiche biologiche del tratto fluviale considerato,
e dei risultati di indagini di campagna, si sceglie la specie ittica di riferimento. La scelta è operata
tenendo conto del pregio naturalistico della specie in sè, della sua sensibilità ai cambiamenti
determinati dalle variazioni di portata, della sua capacità di rappresentare, indirettamente, anche
le esigenze di altre specie (perchè si tratta di specie molto sensibile, oppure posta al vertice della
7
catena alimentare), della sua diffusione (che deve essere ampia), della sua importanza
economica.
Una volta individuata la specie di riferimento, si procede alla raccolta dei dati sull'utilizzazione
dei diversi tipi di microhabitat da parte della specie di riferimento. La raccolta delle informazioni
richiede un impegno di almeno un anno, perchè deve prendere in considerazione tutti gli stadi
vitali della specie. Può essere effettuata osservando direttamente gli individui nel loro ambiente,
oppure utilizzando diversi sistemi di monitoraggio (telecamere, strumenti di cattura come
elettrostorditore e nasse, etc.).
Le informazioni raccolte vengono utilizzate per costruire le così dette curve di idoneità, che
esprimono il grado di idoneità (espresso come numero compreso tra zero e uno) del
microhabitat a soddisfare le esigenze della specie considerata in funzione dei parametri utilizzati
per caratterizzarlo. Si possono così costruire curve che esprimono il grado di idoneità in
funzione della velocità dell'acqua, oppure della profondità, oppure ancora del tipo di substrato.
La velocità e la profondità si rappresentano naturalmente come variabili continue. Invece il tipo
di substrato si rappresenta per mezzo di una variabile discreta, vale a dire di un indice (uguale a
1 per i detriti vegetali e il materiale organico, 2 per le argille e il limo, 3 per il fango, 4 per la
sabbia, 5 per la ghiaia, 6 per le pietre e i ciottoli, 7 per i massi e 8 per il fondo roccioso) (Bovee,
1978). Dal momento che le esigenze della specie cambiano a seconda della fase vitale, si
costruiscono tre serie di curve di idoneità, una relativa al periodo di vita adulta, un'altra a quello
della riproduzione e un'altra ancora a quello della crescita del novellame (costituito dagli
individui giovani ma che già non sono più larve, a 2-3 mesi dalla schiusa delle uova). Le serie
diventano due se il secondo e il terzo periodo si considerano insieme.
La costruzione delle curve di idoneità implica la suddivisione (che viene decisa sul posto) di
ciascun tratto sperimentale di corso d'acqua in celle longitudinali, il più possibile omogenee al
proprio interno per caratteristiche idrauliche (velocità e altezza dell'acqua) e del substrato, nelle
quali si effettuano le osservazioni.
Quando non sono disponibili i dati necessari per costruire le curve di idoneità, occorre fare
riferimento a quelle costruite per altri corsi d'acqua. A questo proposito, vale la pena ricordare
che un tratto di un corso d'acqua italiano si può attribuire, a seconda delle comunità ittiche che
lo abitano, a una delle seguenti quattro regioni: regione della trota (parte alta dei corsi d'acqua,
caratterizzata da acqua fredda, sedimento in prevalenza ciottoloso o ancora più grossolano,
scarsa produzione primaria, vale a dire di composti organici dell'anidride carbonica); regione del
barbo (caratterizzata da acqua meno fredda, alveo più largo, sedimento in prevalenza ghiaioso e
discreta produzione primaria); regione della carpa (caratterizzata da sedimento in prevalenza
sabbioso, elevata produzione primaria e abbondante vegetazione riparia); foce (che comprende i
tratti di corso d'acqua prossimi alla foce e quelli interessati dai flussi di marea). In Italia si
assume come specie rappresentativa della prima regione la trota fario (Salmo trutta), della
8
seconda il barbo comune (Barbus plebeius), della terza la carpa comune (Cyprinus carpio) e
della quarta il cefalo comune (Mugil cephalus).
Una volta stabilite le curve di idoneità da usare, si procede alla costruzione delle curve che, per
ciascuna fase vitale della specie di riferimento, forniscono il legame tra la portata del corso
d'acqua e l'area utilizzabile dalla specie (area disponibile).
Per costruire la curva relativa a una certa fase vitale si suddivide ancora il corso d'acqua in
tronchi, e ciascun tronco in celle longitudinali omogenee per caratteristiche idrauliche e del
substrato. Fissato un certo valore della portata, per ciascuna cella si ricava dalle curve di
idoneità che si riferiscono alla fase vitale considerata il grado di idoneità corrispondente a
ciascuno dei parametri assunti a caratterizzare la corrente e il substrato. I singoli gradi di idoneità
si aggregano quindi tra loro a formare un grado di idoneità globale (generalmente costituito dal
loro prodotto). Quindi si calcola l'area disponibile ponderata (ADP, nella letteratura in inglese
WUA, Weighted Usable Area) come media pesata delle aree delle diverse celle, utilizzando
come peso di ciascuna cella il corrispondente grado di idoneità globale. Il calcolo si ripete per un
sufficiente numero di portate tra loro diverse, scelte opportunamente. Con i risultati ottenuti si
costruisce infine la curva, che fornisce l'ADP (che si assume come indice dell'area utilizzabile
dalla specie in quella particolare fase di vita) in funzione della portata. La curva generalmente
presenta un solo massimo, che corrisponde alla portata ottimale.
La curva che fornisce l'ADP in funzione della portata è la base per l'individuazione del deflusso
minimo vitale, che si individua come una frazione (generalmente compresa tra il 40% e l'80%,
ma anche uguale al 100%) della portata ottimale, quando la curva presenta un massimo. Quando
la curva non presenta un massimo, il deflusso minimo vitale si può individuare nel break point
della curva stessa, cioè nel punto che separa il campo di portate in cui l'ADP cresce più
velocemente da quello in cui cresce più lentamente. Il punto di separazione è scelto
convenzionalmente: poichè la curva cresce sempre più lentamente al crescere della portata, un
criterio di scelta è quello di farlo coincidere con il punto in cui la tangente della curva è uguale
alla pendenza del segmento che unisce l'origine con il punto che corrisponde alla portata più alta
considerata.
Il metodo qui sommariamente illustrato presenta diversi punti deboli; in particolare (Giugni,
2008):
- si fonda sul presupposto dell'invariabilità dell'alveo, il quale in realtà si adatta, in seguito agli
interventi di cui si vogliono valutare gli effetti, alle nuove condizioni di deflusso;
- può essere di incerta applicazione nelle aree montane, dove la definizione di celle con
caratteristiche omogenee è resa molto difficile dalla grande eterogeneità idraulica e
morfologica del corso d'acqua;
9
- non può utilizzare una specie ittica come specie di riferimento nei corsi d'acqua in cui la
presenza d'acqua nella stagione asciutta regolarmente si riduce a un livello infimo, o
addirittura si annulla.
Nei corsi d'acqua a regime torrentizio, quindi, può essere conveniente fare ricorso a qualche
metodo alternativo a quello illustrato.
Un metodo alternativo (Candela, 2006) si basa sull'analisi della concentrazione di un
contaminante (azoto, fosforo o entrambi). Attraverso una simulazione numerica, che comprende
l'uso di un modello idrologico e di uno della qualità delle acque, si determina la portata minima
che deve essere rilasciata nel torrente, affinchè la concentrazione del contaminante resti entro i
limiti previsti dalla normativa.
Altri metodi si basano sulla definizione del legame tra le variazioni stagionali dei deflussi e
quelle delle popolazioni dei macroinvertebrati bentonici (insetti, crostacei, gasteropodi) e
individuano il deflusso minimo vitale come quello al di sotto del quale si crea uno squilibrio nel
numero delle specie osservabili (le quali presentano una diversa sensibilità alla diminuzione
della concentrazione di ossigeno causata dalla diminuzione del deflusso) (Nasello, 2000; Casula
et al., 2006).
Un altro metodo che pone in relazione la portata con un indice biologico è quello dell'Habitat
Quality Index (HQI) (Binns, 1982), che esprime la biomassa salmonicola in funzione di una
serie di parametri ambientali, che a loro volta dipendono dalla portata.
Un metodo diverso, basato su un approccio idrologico, e che in particolare rivolge l'attenzione
ai parametri morfologici, è quello del Pool Quality Index (PQI) (Azzellino et al., 1996;
Azzellino, 1999; Azzellino e Vismara, 2001). Il metodo del PQI è proposto per le parti montane
dei corsi d'acqua, dove il metodo dei microhabitat è di applicazione difficile, e si basa sulla
considerazione che la varietà delle specie di macroinvertebrati che vivono in stretto contatto col
fondo (benthos), dalla quale la fauna ittica dipende, è tanto maggiore quanto più la velocità
superficiale varia da un punto all'altro della sezione considerata. Il metodo prende in
considerazione le zone con altezza d'acqua consistente e velocità ridotta, dette pozze (pools) e
quelle con altezza d'acqua molto ridotta e velocità consistente, dette raschi (riffles), e prevede la
costruzione di curve che, per i diversi tipi di sezione (pozze e pozze profonde; raschi e raschi
veloci) rappresentano la dipendenza dello scarto quadratico medio delle velocità superficiali dalla
portata, dalle quali si ricava una curva media, che si utilizza quindi per individuare il minimo
deflusso vitale, per esempio attraverso la ricerca del break point, come nel metodo del
microhabitat.
Tra i metodi basati su un approccio idrologico ha un particolare rilievo quello degli indicatori di
alterazione idrologica (Indicators of Hydrologic Alteration, IHA). Il metodo è, nella sua
essenza, un metodo di analisi della variabilità dei deflussi, e come tale si può utilizzare (Giugni,
10
2008) sia per caratterizzare il regime idrologico di un corso d'acqua, sia per quantificare le
variazioni delle condizioni idrologiche dovute alle attività dell'uomo o in generale a qualunque
altra causa, sia per stabilire relazioni tra condizioni idrologiche e risposte ecologiche. Si presta
dunque bene a formulare una definizione del DMV che comprenda la modulazione nel tempo dei
rilasci.
Il regime dei deflussi viene caratterizzato per mezzo di due insiemi (decisamente numerosi) di
parametri idrologici. Il primo insieme è costituito dagli indicatori di alterazione idrologica
(indicators of hydrologic alteration) veri e propri, che descrivono la variabilità dei deflussi nei
diversi mesi dell'anno, l'entità media delle portate nelle condizioni di deflusso estreme e il
numero dei giorni con portata nulla, la collocazione nell'arco dell'anno (timing) dei massimi e
dei minimi di portata, la frequenza e la durata dei periodi con portate superiori o inferiori a
soglie prefissate, l'entità delle variazioni di portata e la frequenza con cui la tendenza della
portata a crescere e quella a decrescere si succedono l'una all'altra. Il secondo insieme di
parametri è invece costituito dalla componenti ambientali del deflusso (environmental flow
components), parametri che caratterizzano le diverse condizioni di deflusso, vale a dire le magre
estreme (extreme low flows), le magre (low flows), le punte di portata senza esondazione (high
flow pulses), le piene ordinarie (small floods) e le piene straordinarie (large floods). Le diverse
condizioni di deflusso sono naturalmente definite in modo convenzionale: per esempio le magre
ordinarie sono quelle con portate la cui probabilità di non superamento è superiore a 0,10 e non
superiore a 0,50, le piene straordinarie sono quelle con un tempo di ritorno non inferiore a 10
anni.
La metodologia IFIM
Il problema dell'individuazione del DMV si può presentare in due contesti diversi. Il primo è
quello in cui occorre definire una portata al di sotto della quale nessuna derivazione è possibile
(standard-setting problem). Questo è comunemente il contesto in cui si definiscono norme
generali (come quelle in vigore nelle diverse parti d'Italia, per esempio), alle quali le
amministrazioni e gli utenti debbono adeguarsi. Il secondo contesto è quello di una
negoziazione, tra parti con interessi forti e diversi, che ha come oggetto uno specifico progetto
di sviluppo. Si tratta allora di un problema incrementale - dove il termine "incrementale" implica
la necessità di determinare che cosa accadrà alla variabile che interessa (per esempio l'habitat
acquatico) come risultato di una certa azione (Bovee et al., 1998). Le tecniche valide nel primo
contesto non sono valide nel secondo, in cui è necessario esplorare diverse alternative. La
definizione del deflusso minimo vitale come frazione della portata media annua, che permette di
determinare in modo semplice e rapido la portata che non può essere sottratta al corso d'acqua, è
11
tipicamente utilizzata nelle norme. L'individuazione della relazione tra area disponibile per la
specie di riferimento e portata, che permette di confrontare i risultati di diverse alternative
possibili, costituisce invece uno strumento essenziale nell'ambito di una negoziazione.
Una metodologia ampiamente diffusa negli Stati Uniti per confrontare tra loro diverse alternative
e raggiungere un compromesso tra le parti è quella indicata con la sigla IFIM (Instream Flow
Incremental Methodology) (Bovee et al., 1998).
La caratteristica della metodologia (che si basa in modo essenziale su un approccio biologico) è
di analizzare la variabilità dell'habitat nello spazio e nel tempo.
Nell'analisi i diversi problemi si risolvono a scale spaziali diverse.
La prima scala, la più ampia, è quella del macrohabitat. Il macrohabitat è definito come l'insieme
di condizioni non biotiche - come il regime dei deflussi, la morfologia del canale, il regime
termico, le proprietà chimiche, o altre caratteristiche - dalle quali dipende l'idoneità di un
segmento fluviale all'uso da parte degli organismi. Il macrohabitat comprende tre livelli diversi:
bacini idrografici, reti idrografiche (composte da due o più sottobacini) e segmenti (tratti di
corso d'acqua caratterizzati da una portata poco variabile dall'estremo di monte a quello di
valle).
La seconda scala è quella del mesohabitat. Il mesohabitat può comprendere parecchi
microhabitat, che hanno in comune la pendenza, la forma e la struttura del canale (la struttura è
un insieme di caratteristiche diverse, come la geologia e la morfologia dell'alveo, oppure la
copertura vegetale del fondo e delle sponde). La lunghezza di un particolare tipo di mesohabitat
è all'incirca uguale alla larghezza del canale. Esempi di mesohabitat sono le pozze (pools),
oppure i raschi (riffles).
La terza scala, la meno ampia, è quella del microhabitat. Il microhabitat è definito, come si è già
avuto modo di dire, come un'area localizzata del corso d'acqua con condizioni relativamente
omogenee di profondità, velocità, substrato e copertura del fondo.
Quattro importanti argomenti si considerano alla scala del macrohabitat: il regime dei deflussi, la
struttura del canale, il regime termico e la qualità dell'acqua.
La struttura dell'habitat si quantifica a livello di microhabitat, ma si aggrega a livello di
mesohabitat.
L'area disponibile per la specie di riferimento per unità di lunghezza del corso d'acqua si
fornisce in funzione della portata, come si è già avuto modo di vedere, nella forma di una curva
valida per un intero segmento fluviale.
Il metodo indicato come IFIM è applicato utilizzando un insieme di codici di calcolo, ciascuno
dei quali serve a risolvere un particolare tipo di problema (per esempio, la definizione del livello
e della velocità media dell'acqua per una certa portata). L'insieme dei modelli per la simulazione
del microhabitat è conosciuto come PHABSIM (Physical Habitat Simulation System) (Milhous
et al., 1989) (Waddle, 2001).
12
Cenni alla normativa italiana sul deflusso minimo vitale
La determinazione del deflusso minimo necessario per soddisfare le necessità dell'ambiente, che
prende il nome di deflusso minimo vitale (DMV), in Italia è affidata congiuntamente alle autorità
di bacino e alle regioni.
L'art. 3, comma 1, lettera i), della legge 183/891 include la tutela del deflusso minimo vitale
negli alvei tra le attività di pianificazione e programmazione dell'autorità di bacino. L'azione di
tutela deve garantire che l'insieme delle derivazioni non pregiudichi il deflusso minimo vitale.
L'art. 5 del decreto legislativo 275/19932 e l'art. 3, comma 3, della legge 36/943 ribadiscono il
concetto, affermando che le derivazioni devono essere regolate in modo da garantire il deflusso
necessario alla vita negli alvei e non danneggiare gli equilibri degli ecosistemi interessati. Anche
il decreto legislativo 152/994 (con le successive modificazioni), il decreto ministeriale 28 luglio
20045 e il decreto legislativo 152/20066, che recepisce la direttiva europea sulle acque 2000/60,
1 Legge 183/89 (Norme per il riassetto organizzativo e funzionale della difesa del suolo):" 3. (Le attività di pianificazione, di programmazione e di attuazione).1.Le attività di pianificazione, diprogrammazione e di attuazione degli interventi destinati a realizzare le finalità indicate all'art.1 curano inparticolare:...i) la razionale utilizzazione delle risorse idriche superficiali e profonde, con una efficiente rete idraulica, irrigua edidrica, garantendo, comunque, che l'insieme delle derivazioni non pregiudichi il minimo afflusso costante vitalenegli alvei sottesi, nonchè la polizia delle acque."
2 Decreto legislativo 275/1993, Art. 5 (Criteri nel rilascio di concessioni di derivazioni d'acqua):"...Il provvedimento di concessione tiene conto del minimo deflusso costante vitale da assicurare nei corsid'acqua..."
3 Legge 36/94 (Disposizioni in materia di risorse idriche) (nota anche come legge Galli):"3. (Equilibrio del bilancio idrico)...3. Nei bacini idrografici caratterizzati da consistenti prelievi o da trasferimenti, sia a valle che oltre la linea didispluvio, le derivazioni sono regolate in modo da garantire il livello di deflusso necessario alla vita negli alveisottesi e tale da non danneggiare gli equilibri degli ecosistemi interessati."
4 Decreto legislativo 152/99 (contenente disposizioni sulla tutela delle acque e sul recepimento di direttive CEE):"22. (Pianificazione del bilancio idrico)...5. Salvo quanto previsto al comma 6, tutte le derivazioni di acqua comunque in atto alla data di entrata in vigoredel presente decreto sono regolate dall'Autorità concedente mediante la previsione di rilasci volti a garantire ilminimo deflusso vitale nei corpi idrici come previsto dall'art. 3, comma 1, lettera i) della legge 18 maggio 1989,n. 183 e dell'art. 3, comma 3, della legge 5 gennaio 1994, n. 36, senza che ciò possa dar luogo allacorrispondenza di indennizzo da parte della Pubblica amministrazione, fatta salva la relativa riduzione del canonedemaniale di concessione."
5 Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio, Decreto 28 luglio 2004, Linee guida per la predisposizionedel bilancio idrico di bacino, comprensive dei criteri per il censimento delle utilizzazioni in atto e per ladefinizione del minimo deflusso vitale, di cui all'articolo 22, comma 4, del decreto leggislativo 11 maggio 1999,n. 152.
6 Decreto legislativo 152/2006 (Norme in materia ambientale), Art. 56 (attività di pianificazione, diprogrammazione e di attuazione):"1. Le attività di programmazione, di pianificazione e di attuazione degli interventi destinati a realizzare le finalitàdi cui all'articolo 53 riguardano ... in particolare:
13
ribadiscono la necessità di intervenire sulle derivazioni d'acqua per garantire il deflusso minimo
vitale negli alvei, che costituisce uno degli elementi che i piani di tutela devono considerare
nell'elaborazione delle misure volte ad assicurare l'equilibrio del bilancio idrico. Il decreto
ministeriale dà anche criteri e metodologie per la definizione del deflusso minimo vitale.
La normativa in vigore in Lombardia
Un esempio di normativa in materia di deflusso minimo vitale è quella vigente in Lombardia.
I principi su cui le norme si basano sono contenuti nella deliberazione n. 7/2002 del Comitato
Istituzionale dell'Autorità di bacino del Po, che riporta riporta i criteri di regolazione delle
portate in alveo, finalizzati alla quantificazione del deflusso minimo vitale (DVM) dei corsi
d'acqua del bacino padano e alla regolamentazione dei rilasci delle derivazioni da acque correnti
superficiali. In particolare, l'allegato B contiene la regola di calcolo del deflusso minimo vitale e
i criteri di applicazione della stessa da parte delle autorità (le regioni) preposte al rilascio delle
concessioni di derivazioni d'acqua.
La regola di calcolo e i criteri di applicazione si basano su un principio di sussidiarietà, in base
al quale l'autorità di bacino predispone uno schema unitario, di cui spetta alle regioni definire i
particolari, e su un principio di gradualità, in base al quale l'applicazione della normativa
avviene gradualmente, così da consentire l'adeguamento progressivo dei settori economici
coinvolti e la crescita del sistema di controllo.
L'applicazione del principio di sussidiarietà avviene nell'ambito dell'interazione, prevista dal
decreto legislativo 152/99, tra pianificazione di bacino e pianificazione regionale. (L'allegato B
prevede che le regioni adottino un proprio regolamento di attuazione entro il 31 dicembre 2003.
Più avanti si richiameranno le norme in materia di DMV emanate dalla Regione Lombardia.)
L'applicazione del principio di gradualità consente anche di perfezionare l'efficacia e la
precisione delle norme, in base a successivi approfondimenti e alla verifica degli effetti prodotti
dalla prima applicazione delle stesse. I termini temporali fissati sono congruenti con le scadenze
previste dal decreto legislativo 152/99 per il conseguimento degli obiettivi di risanamento.
Essendo molto alto, nel bacino del Po, il grado di sfruttamento delle acque, l'applicazione del
principio del deflusso minimo vitale riguarda in larga misura le concessioni esistenti. Per
conseguire gli obiettivi di salvaguardia dell'ecosistema acquatico e per garantire un'equa
...h) la razionale utilizzazione delle risorse idriche superficiali e profonde, con una efficiente rete idraulica, irrigua edidrica, garantendo, comunque, che l'insieme delle derivazioni non pregiudichi il minimo deflusso vitale neglialvei sottesi nonchè la polizia delle acque;..."
14
ripartizione degli oneri è necessario che le autorità preposte al rilascio delle concessioni di
derivazione d'acqua modifichino i disciplinari di concessione, e in particolare che
- impongano al concessionario, con la gradualità prevista dall'allegato B e specificata dai
successivi provvedimenti regionali, i rilasci necessari a garantire il deflusso minimo vitale in
alveo;
- definiscano regole operative di rilascio delle portate;
- ridefiniscano le dotazioni idriche di competenza di ciascun utente in funzione degli effettivi
fabbisogni;
- impongano al concessionario la misurazione delle portate derivate e la periodica
comunicazione all'autorità concedente dei valori istantanei delle portate derivate, sulla base di
quanto previsto dal comma 3 dell'art. 22 del decreto legislativo 152/99 e successive
modificazioni.
Il deflusso minimo vitale è definito, nell'allegato B, come "il deflusso che, in un corso d'acqua,
deve essere presente a valle delle captazioni idriche al fine di mantenere vitali le condizioni di
funzionalità e di qualità degli ecosistemi interessati". Sempre secondo l'allegato B, il deflusso
minimo vitale è composto da "una componente idrologica, stimata in base alle peculiarità del
regime idrologico, e da eventuali fattori correttivi che tengono conto delle caratteristiche
morfologiche dell'alveo del corso d'acqua, della naturalità e dei pregi naturalistici, della
destinazione funzionale e degli obiettivi di qualità definiti dalle Regioni nell'ambito dei piani di
tutela delle acque".
La componente idrologica si applica a tutte le concessioni. I fattori correttivi invece si applicano
solamente ai corsi d'acqua che sono stati espressamente individuati dalle regioni. (L'allegato B
prevede che le regioni individuino i corsi d'acqua o i tratti di corsi d'acqua ai quali applicare i
fattori correttivi entro il 31 dicembre 2003 e che definiscano i valori dei singoli fattori entro il 31
dicembre 2008.)
Per le nuove concessioni, il deflusso minimo vitale è imposto dall'autorità competente
contestualmente al rilascio della concessione. Per le concessioni già in atto,
- entro il 31 dicembre 2008 tutte le derivazioni dovranno essere adeguate in modo da garantire,
a valle delle captazioni, la componente idrologica del deflusso minimo vitale;
- entro il 31 dicembre 2016, la componente idrologica dovrà essere integrata con l'applicazione
dei fattori correttivi (dove necessario).
15
L'allegato B prevede anche che all'interno di aree particolari, individuate dalle regioni, l'autorità
competente al rilascio delle concessioni possa autorizzare i concessionari a ridurre, per periodi
limitati e definiti, le portate da rilasciare in alveo rispetto al valore del deflusso minimo vitale.
La regola di calcolo del deflusso minimo vitale si basa sulla determinazione della portata media
annua e dei fattori correttivi.
Il deflusso minimo vitale D in una determinata sezione di un corso d'acqua è calcolato con la
formula
D = kq medaSMZAT
dove
- D è il deflusso minimo vitale (in litri al secondo),
- k è un parametro sperimentale, determinato per singole aree idrografiche,
- qmeda è la portata specifica (per unità di superficie del bacino) media annua (in litri al secondo
per chilometro quadrato),
- S è l'area (in chilometri quadrati) del bacino sotteso dalla sezione,
- M è un parametro morfologico,
- Z è un parametro che tiene conto delle caratteristiche naturali, del grado di fruizione e della
qualità delle acque fluviali,
- A è un parametro che tiene conto dell'interazione tra acque superficiali e sotterranee,
- T è un parametro che tiene conto della necessità di modulare nel tempo il deflusso minimo
vitale.
Il prodotto kqmedaS è la componente idrologica del deflusso minimo vitale, che, come già detto,
deve essere definita per ogni derivazione. Gli altri parametri sono dei fattori di correzione che
tengono conto, dove necessario, delle particolari condizioni locali.
Il parametro M tiene conto della necessità di adeguare la componente idrologica del deflusso
minimo vitale alle particolari caratteristiche morfologiche dell'alveo e alle modalità di
scorrimento della corrente (in un corso d'acqua con pendenza costante e sezione circa
rettangolare la portata minima deve essere maggiore che in un torrente con alveo costituito da
una successione di bacini profondi, collegati da brevi tratti di corrente veloce).
Il parametro Z è definito a partire da tre altri parametri: N, che esprime la maggiorazione del
deflusso minimo vitale resa necessaria dalle condizioni di pregio naturalistico del corso d'acqua;
F, che esprime quella resa necessaria dal grado di fruizione (cioè dalla specifica destinazione
d'uso della risorsa idrica); Q, che rappresenta quella necessaria al raggiungimento degli obiettivi
16
di qualità previsti dalla pianificazione. Il valore del parametro Z coincide con il più elevato tra i
valori attribuiti ai tre parametri sopra detti.
Il parametro A tiene conto degli scambi idrici tra acque superficiali e sotterranee(acquiferi) (in
un corso d'acqua in cui una parte considerevole della portata rilasciata si infiltra nel subalveo il
deflusso minimo vitale deve essere maggiore che in corso d'acqua in cui, al contrario, alla
portata rilasciata si aggiunge l'apporto delle risorgenze in alveo).
Il parametro T tiene conto delle diverse necessità di acqua nei diversi periodi (tempi) (per
esempio nel periodo di riproduzione dei pesci le zone di frega non debbono andare in secca).
Spetta alle regioni definire le modalità di calcolo di qmeda, aggiornare la determinazione del
fattore k (sulla base di approfonditi studi svolti sui corsi d'acqua), individuare i corsi d'acqua (o
i tratti di corsi d'acqua) a cui si debbono applicare i parametri M, A, Z, T e assegnare i valori dei
parametri M, A, Z, T.
La parte dell'allegato B che riguarda la determinazione del coefficiente k, e che prevede la
suddivisione del territorio in un certo numero di aree, ciascuna delle quali contiene bacini tra
loro simili sotto l'aspetto del regime idrologico di magra, e l'assegnazione al parametro k di un
valore diverso a seconda dell'area in cui ricade il bacino, è ormai superata, e sostituita
dall'art. 32 del Programma di Tutela e Uso delle Acque (PTUA), di cui si dirà più avanti, che
stabilisce un valore di k uguale a 0,1 per tutti i corsi d'acqua.
La determinazione della portata specifica media annua naturale qmeda è facile e immediata,
quando nella sezione considerata si dispone di una serie sufficientemente lunga di osservazioni
della portata naturale. Il caso più comune, però, è che una tale serie di osservazioni non sia
disponibile. Per la stima di qmeda si devono allora considerare, a norma dell'allegato B, diverse
possibilità:
- uso di formule di regionalizzazione adatte alla dimensione del bacino idrografico in esame;
- trasferimento dei dati rilevati alle stazioni di misura esistenti, a condizione che la stazione di
misura utilizzata sia rappresentativa di quella di interesse e che i dati siano idonei a
rappresentare il regime idrologico naturale;
- impianto di un'apposita stazione di misura e acquisizione di almeno un quinquennio di
osservazioni (da ricondurre, eventualmente, alla situazione naturale);
- esecuzione di un'analisi idrologica avanzata, con il supporto di modelli idrologici e idraulici
adatti.
I valori del parametro morfologico M, che esprime l'attitudine dell'alveo a mantenere le portate
di deflusso in condizioni compatibili, dal punto di vista della distribuzione del flusso, con gli
obiettivi di conservazione dell'habitat naturale e di fruizione del corso d'acqua, sono compresi
17
tra 0,7 e 1,3. Il metodo adottato per determinare il valore di M deve prendere in considerazione
almeno le seguenti caratteristiche dell'alveo: pendenza, tipologia morfologica, presenza di pool
(piscine naturali), permeabilità del substrato.
I valori del parametro N devono essere non minori di uno. Devono essere maggiori di uno
almeno nei seguenti casi1:
- corsi d'acqua compresi nel territorio di parchi nazionali e riserve naturali statali e regionali;
- corsi d'acqua compresi nel territorio delle zone individuate dalla convenzione di Ramsar e da
alcune direttive CEE;
- corsi d'acqua non compresi nelle categorie precedenti, ma presentanti comunque un rilevante
interesse scientifico, naturalistico, ambientale e produttivo.
I valori del parametro F, che esprime le esigenze di maggior tutela per gli ambienti fluviali
oggetto di particolare fruizione turistico-sociale (compresa la balneazione), devono essere non
minori di uno.
I valori del parametro Q, che esprime le esigenze di diluizione degli inquinanti prodotti dalle
attività antropiche, devono essere non minori di uno. Devono essere maggiori di uno, quando
necessario per conseguire gli obiettivi di qualità.
I valori del parametro A, che tiene conto del contributo delle falde sotterranee nella formazione
del deflusso minimo vitale, sono compresi tra 0,5 e 1,5. Secondo l'allegato B è opportuno che
le analisi relative all'interazione delle acque superficiali con quelle sotterranee siano svolte
almeno per i tratti di alveo con substrato fortemente permeabile.
Il parametro T tiene conto del fatto che per raggiungere gli obiettivi di tutela dei singoli tratti di
un corso d'acqua può essere necessario variare i rilasci nell'arco dell'anno.
Gli obiettivi di tutela che possono comportare l'introduzione del parametro T sono innanzi tutto
la tutela dell'ittiofauna e delle biocenosi. Per la tutela dell'ittiofauna può essere necessario
aumentare i rilasci nei periodi della riproduzione e del primo ciclo vitale. I periodi variano, a
seconda del clima locale e delle specie ittiche presenti. Anche la tutela delle biocenosi in generale
può richiedere rilasci diversificati, perchè la costanza del regime idraulico può causare situazioni
di stress.
Il parametro T può essere utilizzato anche in alternativa ai parametri F e Q, quando la fruizione o
la necessità di diluire gli inquinanti siano limitate a certi periodi dell'anno (per esempio ai periodi
di consistente affluenza turistica).
1L'elenco originale dell'allegato B, qui riportato in forma riassuntiva, riprende quello dell'art. 10 del D.L. 152/99.
18
Lungo l'asta del Po (definita come il tratto del fiume a valle della confluenza con il torrente
Pellice), non vi sono secondo l'allegato B problemi di insufficienza delle portate defluenti, fatta
eccezione per alcune situazioni particolari. Il deflusso minimo vitale è quindi definito (come
portata minima istantanea) dall'allegato B soltanto a valle di cinque sezioni, dove si trovano
delle traverse (per esempio le sezioni di Chivasso, dove si trova la traversa del canale Cavour, e
quella di Isola Serafini, dove si trova una centrale idroelettrica).
In Lombardia, in attuazione dell'art. 44 del già citato Decreto Legislativo 152/1999 e dell'art.
45 della Legge Regionale 26/2003, è stato approvato con Delibera di Giunta 2244/2006, dopo il
parere di conformità dell'Autorità di bacino del Po, il Programma di Tutela e Uso delle Acque
(PTUA). Gli articoli del capo II (Il deflusso minimo vitale) del titolo III (Misure generali) delle
Norme Tecniche di Attuazione (NTA) del Programma di Tutela e Uso delle Acque trattano del
deflusso minimo vitale (DMV).
L'art. 31 ripete la definizione del DMV dell'Allegato B e dichiara che "il DMV costituisce
strumento fondamentale per il rilascio delle concessioni di derivazione e di scarico delle acque, e
contribuisce al conseguimento degli obiettivi di qualità ambientale e degli obiettivi di qualità per
specifica destinazione, di cui all'articolo 4 del d.lgs. 152/99". Prevede inoltre la possibilità per
l'autorità concedente di valutare, nel calcolo del DMV, in alternativa alle modalità previste
dall'allegato B, eventuali studi e ricerche effettuati dal concessionario. Infine prevede
l'emanazione, entro il 30 luglio 2006, di un Regolamento regionale per la determinazione e
l'applicazione dei fattori correttivi del DMV e di un Regolamento regionale per la
sperimentazione del DMV.
L'art. 32 stabilisce il valore del coefficiente k (uguale a 0,1 per tutti i corsi d'acqua), indica le
modalità con cui determinare la portata media annua e definisce i corsi d'acqua a cui applicare i
singoli fattori correttivi. Fornisce anche indicazioni sul modo di applicarli, e in particolare
stabilisce che i fattori correttivi si applicano entro il 31 dicembre 2015, secondo le indicazioni
del Regolamento per la determinazione e l'applicazione dei fattori correttivi del DMV, a
eccezione dei fattori N e Q (che per le nuove derivazioni si applicano dall'approvazione del
PTUA) e T (che si applica, dal 31 dicembre 2015, su tutte le derivazioni).
L'art. 33 stabilisce i criteri per l'applicazione del DMV (possibilità di prevedere compensazioni
tra le varie opere di presa di uno stesso impianto e di prevedere la concentrazione dei rilasci in
uno o più punti; garanzia di continuità dell'ecosistema fluviale; modulazione nel corso dell'anno
del DMV, al fine di conservare la variabilità dei deflussi; controllo degli effetti conseguiti e delle
eventuali necessità di modifica del DMV).
19
L'art. 34 stabilisce le modalità per l'applicazione del DMV, comprese le date (che dipendono
dallo stato della concessione considerata) a partire dalle quali si deve imporre il rilascio della
componente idrologica e quelle a partire dalle quali si devono applicare i fattori correttivi.
L'art. 35 prevede le esclusioni e le deroghe nell'applicazione del DMV.
L'art. 36 prevede infine che l'adeguamento delle opere di presa al rilascio del DMV avvenga,
per le derivazioni di interesse interregionale, di concerto con la regione o provincia autonoma
interessata.
Un altro documento, che costituisce parte integrante della deliberazione della Giunta Regionale
6232/2007, intitolato Direttive per l'adeguamento delle derivazioni al rilascio del deflusso
minimo vitale, contiene le direttive procedurali e tecniche alle autorità concedenti (le
amministrazioni provinciali per le piccole derivazioni e la Regione Lombardia per le grandi
derivazioni) per l'esercizio delle funzioni tecnico-amministrative in materia di utilizzazione delle
acque pubbliche per quanto concerne l'adeguamento delle utenze e delle relative concessioni di
derivazione al rilascio del DMV. Il documento in particolare contiene la metodologia per le
elaborazioni idrologiche. Prevede inoltre la predisposizione di linee guida per l'avvio di
sperimentazioni, che sono contenute nel successivo documento della Regione Lombardia,
approvato con decreto del direttore generale 9001/2008 e intitolato Linee guida per l'avvio di
sperimentazioni sul deflusso minimo vitale in tratti del reticolo idrico naturale regionale.
L'esposizione delle norme fatta fin qui, per quanto estremamente riassuntiva e incompleta, mette
comunque in luce la necessità per il tecnico di acquisire accuratamente la documentazione in
materia, che tra l'altro è facilmente soggetta a modifiche.
Bibliografia
Autorità di bacino del Po, 2002. Criteri di regolazione delle portate in alveo, Allegato B della
deliberazione n. 7/2002 del Comitato Istituzionale.
Bovee, K.D., Lamb, B.L., Bartholow, J.M., Stalnaker, C.B., Taylor, J., Henriksen, J.,
1998. Stream habitat analysis using the instream flow incremental methodology, U.S.
Geological Survey, Biological Resources Division Information and Technology Report
USGS/BRD-1998-0004, viii + 131 pp.
Giugni, M., 2008. "Sul deflusso minimo vitale", L'Acqua, n. 6 (relazione al Convegno
Nazionale "L'acqua in più e in meno", Caserta, 25-26 ottobre 2007).
20
Milhous, R.T., Updike, M.A., Schneider, D.M., 1989. Physical habitat simulation system
reference manual - version II, U:S. Fish and Wildlife Service Biological Report 89 (16),
Washington, D.C.
Petts, G., Crawford, C., Clarke, R., 1996. Determination of Minimum Flows, Marlow
(Buckinghamshire, Regno Unito), Foundation for Water Research, Environmental Research
and Management, University of Birmingham, R&D Note 449.
Petts, G.E., Maddock, I., 1994. "Flow allocation for in-river needs", P. Calow, G.E. Petts
(curatori), The rivers handbook: hydrological and ecological principles, vol. 2, Oxford,
Blackwell Scientific Publications
Waddle, T.J., 2001. PHABSIM for Windows: User's Manual and Exercises, On line
publication, Fort Collins, Co., U.S. Geological Survey.
World Commission on Environment and Development, UN, 1987. Our Common Future,
rapporto della commissione presieduta dal primo ministro norvegese Gro Harlem Bruntland,
noto come Bruntland Report, Oxford, Oxford University Press.
La distribuzione asintotica del minimo valore
Le funzioni di probabilità P(x) e P1(x) della distribuzione della variabile casuale x e del valoreminimo assunto da x in un campione di N elementi sono legate dalla relazione:
1 - P1(x) = [1 - P(x)]N.
Anche nel caso dei minimi valori si può ricercare la forma limite a cui tende P1(x) quando Ntende a infinito. Le leggi asintotiche del minimo valore sono di tre tipi. Il tipo dipende dal modoin cui la funzione di probabilità tende a zero.La distribuzione asintotica del terzo tipo, che è la più utile nelle applicazioni, corrisponde adistribuzioni con funzione di probabilità limitata inferiormente. La funzione di probabilità è
P(x) = 1 - exp
-
x - x0
u - x0
k.
La media e lo scarto quadratico medio della x sono forniti dalle relazioni
µ(x) = x0 + (u - x0)Γ
1 +
1k
,
σ(x) = (u - x0)
Γ
1 +
2k
- Γ2
1 +
1k
1/2 .
Se al limite inferiore x0 si assegna a priori il valore zero, le due espressioni sono sufficienti perstimare i parametri k e u. Se invece x0 è incognito, alle due relazioni occorre aggiungerne unaterza, nella quale compaia una terza grandezza stimabile dai dati. Poichè la stima del momentoµ3(x) è molto incerta, Gumbel ha proposto un metodo che si basa sull'utilizzazione del valoreminimo del campione.Il minimo valore x1 osservato in N anni è anch'esso una variabile casuale, con media µ(x1),legata a µ(x), σ(x), x0 e k dalle relazioni
µ(x) - µ(x1)
σ(x) = Γ
1 +
1k
Γ
1 +
2k
- Γ2
1 +
1k
-1/2
1 -
1
N 1 /k ,
x0 = µ(x1)N
1k - µ(x)
N
1k - 1
.
Per stimare x0, u e k, Gumbel ha proposto di adoperare queste due relazioni, insieme con quellache fornisce µ(x) in funzione dei tre parametri, e di assumere µ(x1) uguale al minimo valore x1
del campione di N osservazioni. Si ottiene così una stima di x0 che è sempre minore di x1.
DISTRIBUZIONE DEL MINIMO VALORE IN UN CAMPIONE DI DIMENSIONE N
1 - P1(x) = [1 - P(x)]N
DISTRIBUZIONE ASINTOTICA DEL MINIMO VALORE
P(x) = 1 - exp
-
x - x0
u - x0
k
µ(x) = x0 + (u - x0)Γ
1 +
1k
σ(x) = (u - x0)
Γ
1 +
2k
- Γ2
1 +
1k
1/2
µ(x) - µ(x1)
σ(x) = Γ
1 +
1k
Γ
1 +
2k
- Γ2
1 +
1k
-1/2
1 -
1
N 1 /k )
x0 = µ(x1)N
1k - µ(x)
N
1k - 1
Top Related