Download - INTERVISTA Evaporazione del padre, La egola testimonianze ... · etica di una possibilità di vivere, desiderare, fallire e ritrovarsi. L;al-leanza fra legge e desiderio, un tempo

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CULTURA 11Corriere degli ItalianiMercoledi 20 febbraio 2013

di Luca Bernasconi

I grandi ideali che hanno orientatola vita individuale e collettiva delpassato sono tramontati. Anche lafunzione ideale, normativa e sim-bolica del padre quale punto di ri-ferimento e garante di identità estabilità, è venuta meno. Nel saggio “Cosa resta del padre?”(Raffaello Cortina Editore, 2011) ilnoto psicoanalista lacaniano Mas-simo Recalcati ripensa la funzionepaterna nell’epoca della sua eclissi.Non più un padre Ideale, Legge oSimbolo, ma l’incarnazione singo-lare di una vita e la testimonianzaetica di una possibilità di vivere,desiderare, fallire e ritrovarsi. L’al-leanza fra legge e desiderio, untempo custodita e incarnata dallafunzione paterna, si è sgretolata,cedendo il passo al godimento im-mediato e compulsivo di oggetti,promosso dal discorso capitalista espacciato quale rimedio al male divivere. Ospite la settimana scorsa dell’ASRI(Associazione Svizzera per i Rap-porti Culturali ed Economici conl’Italia), il professor Recalcati hatenuto all’Università di Zurigo unaconferenza dal titolo “La promessadel desiderio e il tramonto del pa-dre”. Lo abbiamo incontrato permettere a fuoco alcuni aspetti legatialla tematica della evaporazionedel padre e dello smembramentodella famiglia tradizionale nell’epocaipermoderna.

L’Occidente capitalista – scrive in

“Ritratti del desiderio” (Raffaello

Cortina Editore, 2012) – ha prodotto

una nuova forma di schiavitù: l’uomo

senza inconscio e l’uomo senza de-

sideri. Quali ne sono i tratti salienti?

Come direbbe Pier Paolo Pasolini,si tratta di una sorta di mutazioneantropologica. L’uomo ipermodernoè un uomo schiavo di una nuovaforma di religione. Pasolini avevagiustamente sostenuto che il di-scorso capitalista ha reso possibileil passaggio dal monoteismo, co-stituito dalle società religiose cheentravano in un rapporto di suddi-tanza con Dio, ad un inaudito po-liteismo, fondato su una moltipli-cazione degli dei che si manifestanonelle forme di svariati oggetti digodimento. L’uomo senza inconscioe senza desideri è succube di questiidoli mascherati da oggetti e di di-pendenze patologiche – la droga,l’alcol, il cibo, il sesso, il computer– che diventano una specie di par-tner inumano. In questa nuova for-ma di schiavitù il soggetto si rap-porta con gli oggetti inumani pre-ferendoli all’incontro con l’altro ses-so, ovvero all’esperienza dell’amore.Tutte queste nuove patologie rap-presentano forme dell’antiamore,nel senso che il soggetto sceglieuna di quelle dipendenze per nonincontrare l’enigma perturbantedell’aleatorietà dell’amore. Benchésia un’esperienza estatica, l’amoreimplica sempre il rischio della per-dita, dell’abbandono e dello smar-rimento, a differenza di quanto in-vece accade nel rapporto con l’og-getto. Freud sosteneva infatti chel’unico matrimonio davvero feliceè quello con la bottiglia poiché l’og-getto non ci lascia mai.

Che cosa si può fare per ricostruire

un uomo che riconosca e viva i propri

desideri intesi come progettualità e

resistenza all’omologazione?

Uno degli equivoci fondamentalisu cui si regge la mutazione antro-pologica a cui accennavo, è quellodi ridurre il desiderio alla dimen-sione del capriccio. Se il desideriocorrispondesse esclusivamente altogliersi uno sfizio, esso sarebbeuna libertà senza alcuna responsa-

bilità. In ambito psicoanalitico iltermine ‘desiderio’ equivale percontro a ‘vocazione’ e dunque a unimpegno a rispondere alla chiamata.La domanda che ci dobbiamo porreè se siamo riusciti a rendere gene-rativo il nostro desiderio, a farlofruttificare, se abbiamo trasformatola nostra vita in qualcosa di pro-duttivo o se essa sia invece rimastasterile. La nostra epoca recide questorapporto fra desiderio e responsa-bilità, riducendo il desiderio a merocapriccio. Per contrastare questarestrizione, bisogna riabilitare l’ideadel desiderio inteso non tanto cometrasgressione della legge – il bam-bino con le labbra sporche di mar-mellata che viene rimproverato daigenitori – quanto come vocazioneche ci abita, che ha radici lontanenell’infanzia e rispetto alla qualesiamo chiamati a dare una risposta.Rispondere significa rischiare. Nelrapporto di paternità o in una rela-zione amorosa si è inevitabilmenteesposti a dei rischi, tra cui il falli-mento, i quali possono tuttaviacondurre a una vita autentica e fe-lice.

In un’epoca dominata dalla logica

utilitaristica e dal godimento imme-

diato, come agire per riappropriarsi

del desiderio e del senso di respon-

sabilità?

La crisi che sta attraversando l’Oc-cidente e che coinvolge tanto levite individuali quanto quella col-lettiva, è un sintomo fondamentaledella situazione disagevole nellaquale ci troviamo. Le possibili so-luzioni per poter uscire da questaimpasse si situano su due livelli.Sul piano indivuale entra in giocola psicoanalisi: l’esperienza analiticaprova infatti ad ascoltare, decifraree rispondere alla chiamata del de-siderio. Chi si rivolge all’analista lofa perché soffre. La sofferenza men-tale, che si manifesta in diverseforme, ha sempre un comune de-nominatore: si tratta di vite chenon seguono ciò che desiderano edi conseguenza vengono investitedalla malattia. La psicoanalisi di-venta allora per il soggetto una pos-sibilità di rendere più coerente lapropria esistenza con il proprio de-siderio, malgrado questa scelta com-porti tutta una serie di complica-zioni quali il non essere più consi-derato amabile agli occhi degli altri,il pagare un prezzo in termini disolitudine, l’essere in qualche misuradisadattati e via discorrendo. Ep-pure, più una vita collima con ilproprio desiderio inconscio, piùessa è ricca e generativa. È dunquenecessario concepire un nuovo egoi-smo psichico in senso positivo:

l’egoista non è chi persegue condeterminazione e rigore il propriodesiderio, ma è semmai chi vuoleche l’altro realizzi il proprio desi-derio. Sul versante della vita col-lettiva, proporrei invece, a titolo diesempio, di leggere il rapporto tralavoro e finanza come una relazionefra desiderio e godimento. La grandecrisi che ci ha travolti è dipesa dalfatto che la centralità del lavoro èstata sommersa dal potere sovrain-dividuale dei giochi finanziari. Re-stituire allora centralità al desiderioin termini collettivi significherebberestituire centralità all’impresa, alprogetto, alla realizzazione, e nonalla dimensione anonima, spettralee autoritaria della finanza che decidedei nostri destini.

Insieme ai grandi ideali che hanno

orientato la vita individuale e col-

lettiva in passato, è tramontata anche

la figura del padre. Quali ne sono le

principali cause e che cosa la sosti-

tuisce?

La perdita di autorità simbolica delpadre apre il Novecento con l’an-nuncio nietzschiano della morte diDio e ha il suo epilogo nel ’68 e nel’77. In altre parole significa chenessun padre ci potrà salvare, chela parola del pater familias, del pa-dre-padrone, del padre-papa nonpotrà metterci in salvo. Il ’68 e il’77 sancirono la contestazione deifigli contro i padri e la demolizione,a mio avviso giusta, della funzionedisciplinare, autoritaria e repressivadella paternità. Tuttavia, l’errore diquei movimenti fu quello di averimmaginato la possibilità di unavita che si autogeneri, che non passipiù attraverso il legame di debitocon il padre. Privarsi del padre nonè possibile, a meno di non servir-sene, come insegna Lacan: solo sesi accetta il debito con il padre,solo se ci si riconosce come figliopur in una relazione di conflittocon la paternità, sarà possibile se-pararsi dal padre. Oggi viviamouna nuova fase nella quale non hapiù senso pensare di restaurare lafunzione normativa, repressiva edisciplinare del pater familias. Sitratta allora di ripensare la paternitàin un altro modo che io definisco“dai piedi”, ovvero non a partiredall’autorità della tradizione, daltimore che suscitava la parola pa-terna, bensì dalla testimonianzadel padre. Il compito di un padre ècertamente ancora oggi quello diintrodurre la vita dei propri figli altrauma della legge del limite, maanche quello di donare al figliol’esperienza stessa del desiderio:un padre deve farsi testimone dicome si possa stare al mondo pur

non avendo l’ultima parola sul sensodella vita – come pretendeva il paterfamilias – e dando un significatoumano alla nostra presenza nelmondo. Credo che i giovani di oggisentano la necessità di incontrarequesta testimonianza, non neces-sariamente in famiglia, giacché ilpadre non è riducibile a una meraquestione biologica. C’è infatti pa-ternità laddove c’è riconoscimentosimbolico del valore della vita del-l’altro, effetto di formazione: adesempio nel rapporto di un ragazzocon gli insegnanti o con l’allenatoredi pugilato come racconta in modoesemplare il film di Clint Eastwood“Million Dollar Baby”.

La nostra epoca ha tuttavia prodotto

un effetto, a suo avviso gravissimo,

di simmetrizzazione generazionale.

Come ripristinare la differenza?

Per poter diventare adulti, bisognaessere dei figli. I figli hanno bisognodei genitori per diventare adulti.Ma per essere genitori, non si devepiù essere figli. Il maggiore pro-blema oggi è che molti genitorinon smettono di essere figli, creandouna confusione di funzioni che èsotto gli occhi di tutti: hanno glistessi gusti, parlano allo stessomodo, ascoltano la stessa musica,giocano con gli stessi giochi e ve-stono nella stessa maniera dei lorofigli. Ciò non significa non potersvolgere delle attività insieme, anzi,ma un tempo esse servivano a man-tenere viva questa differenza. I figlihanno un grande bisogno di adultiai quali appoggiarsi, ma spesso siritrovano ad avere genitori più an-gosciati di loro. La prima inquie-tudine è legata alla necessità deigenitori di sentirsi amati dai lorofigli e, perché ciò avvenga, è indi-spensabile dire sempre “Sì!”. In que-sto modo si elimina il conflitto che,se riconosciuto e assunto critica-mente, può diventare motore ditrasformazione e di crescita. L’altraloro angoscia riguarda il principiodi prestazione: l’insuccesso dei pro-pri figli viene tollerato sempre meno.Togliendo loro la possibilità del-l’esperienza del fallimento, li sipriva dell’incontro fondamentalecon la verità del proprio desiderio.Che cosa impedisce ai genitori di essere

adulti e di comportarsi come tali?

Credo vi siano diverse retoriche cheostacolano il bisogno di far esistereancora degli adulti. Fra queste figuraquella che io chiamo del dialogo,la quale porta a deresponsabilizzaregli adulti rispetto al loro ruolo.Nella carta stampata e nei talk-show domina oggi il culto della ne-cessità del dialogo tra le generazioni.Chiunque abbia un figlio adole-

INTERVISTA A colloquio con lo psicoanalista lacaniano e saggista di successo Massimo Recalcati

Evaporazione del padre,testimonianze del desiderio

scente, sa che è impossibile parlargli, comeben racconta il romanzo “Pastorale americana”di Philip Roth. In esso si coglie con una forzaunica l’impossibilità, a volte, di un autenticodialogo fra genitori e figli nell’adolescenza –aspetto tipico per quell’età. È allora più si-gnificativo che un genitore colga l’impossibilitàdel dialogo e che in essa sappia tenere la suaposizione, anche perché insistere a parlarsisignifica pure che alla fine nessuno prendeuna decisione. Finché i figli sono in un pro-cesso di formazione, tra i compiti degli adultivi è anche quello di mettere dei punti, dimettere un limite, anche al dialogo. Un’altraretorica che impedisce agli adulti di esseretali è quella relativa alla regola, ovvero l’ideache in una famiglia bastino delle regole certe,chiare e ben definite perché tutto funzionicome in un campo di concentramento. Questaretorica è ad esempio incarnata televisiva-mente dal reality “SOS tata”. In una famiglianella quale regna un totale disordine, arrivauna tata con un suo decalogo seguendo ilquale la casa si trasforma miracolosamentein un giardino alla francese tutto ordinato.Questo è soltanto un mito del nostro tempo,perché la regola senza desiderio non metteordine, al massimo può opprimere la vita. Ègiusto che in una famiglia vi siano delleregole – poche – ma è soprattutto indispen-sabile che vi circoli il lievito del desiderio,teso a prevenire il rischio di smarrimento ederive patologiche. A salvare la vita dei nostrifigli è la testimonianza di altre vite capaci disoddisfazione. Una vita adulta ricca e gene-rativa contagia quella dei figli: per poter farnascere in loro delle passioni, bisogna cheessi siano circondati da adulti appassionati.

Di che cosa è fatta la passione che anima il

suo lavoro e che si coglie anche tra le righe

dei suoi libri?

Per fare lo psicoanalista bisogna essere ap-passionati delle cause perse e soprattutto bi-sogna esserlo stato. Tutti noi abbiamo unaprima vocazione che abbiamo fallito. La miaera quella di diventare un poeta. Su quellasconfitta è germogliata la passione per l’attivitàche svolgo attualmente. Come diceva unpoeta, dai diamanti non nasce niente, è sem-mai dal letame che nascono i fiori. Non vi ènulla di più emozionante nel mio lavoro chevedere rispuntare il germoglio del desiderioin una causa persa.

Tirando le somme, quali sono gli aspetti co-

struttivi sullo sfondo della evaporazione del

padre?

La pars construens può essere sintetizzatain tre termini della psicoanalisi: atto, fede epromessa. Il primo racconta che la paternitàsi fonda su di un evento simbolico, ovveroquello del riconoscimento della vita altrui.Si tratta di un atto di adozione che trascendela paternità biologica – come nel caso sopra-citato del film di Clint Eastwood. La seconda parola si riferisce alla necessitàdi credere nella visione, nel sogno dell’altro:avere fede nel desiderio altrui, non nel suocapriccio. È questo l’aspetto che dà maggiorevalore ai figli e, in senso lato, alle nuove ge-nerazioni. In quanto all’ultima voce, proporreiun esempio personale. Quando a 18 annidecisi di abbandonare gli studi per dedicarmialla politica, mia madre vi si oppose ferma-mente, facendomi però una promessa: seavessi rinunciato al godimento immediato,accettando la legge del limite, e avessi sceltola via della cultura, mi si sarebbero apertinuovi mondi e avrei avuto un tipo di godi-mento più alto e più vivo. Così è stato perchéa posteriori quella promessa si è realizzata.

In alto: Bond of union di Cornelius Escher. Inbasso: lo psicanalista Massimo Recalcati.

La regolae il lievitodel desiderio