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idee arte eventi
€ 1,50 Rivista mensile a diffusione nazionale - anno V - num. 9 - Settembre 2009
Associazione di
Ricerca Culturale
e Artistica
Perle di romanico
Ager Tiburtinus
La Duchessa
24
fOrme
Il prestigioso appuntamento de “Le Grandi Mostre nei Sassi”, promosso dal Circolo La Scaletta insie-me al Comune di Matera e al MUSMA, continua nel 2009 con la retrospettiva dedicata a Dino Basaldel-la. La mostra, inaugurata il 27 giugno, aperta ino al 3 ottobre, è curata da Giuseppe Appella in col-laborazione con Giovanni Bianchi, Paolo Campiglio
e dello scrittore Cesare Milanese. Allestita da Alberto Zanmatti nel-le Chiese rupestri Madonna delle Virtù - S. Nicola dei Greci e nel-le Sale espositive del Musma, la retrospettiva approfondisce
le dinamiche artistiche di questi tre fratelli
tra i maggiori
Dino Basaldella
a Matera
di Fiorella Fiore
scultori italiani (Mirko, cui è stata dedicata una retrospettiva nel 2007 ed Afro) soffermandosi sul destino individuale del maggiore dei Basal-della. Nato a Udine il 26 aprile 1909, sin dalle prime opere manifesta la volontà di ricercare una nuo-va forma di espres-sione oltre la lezione del classico, a volte in una dimensione quasi caricaturale, evidente soprattutto nei ritratti (Autoritratto,
1930). Un’ascendenza di tipo impressionisti-
co si rivela negli effetti cromatici e luministici sul
modellato, ottenuti dalla maestria nella lavorazione
dei materiali, che sin da su-bito si rende palese non solo
nelle sculture, ma anche nei gioielli. La retrospettiva dedicata a Medardo Rosso a Roma, nel 1931, segna un nuovo percorso nella scultura di Dino, che avverte la necessità di dialogare con la scultura del passato in modo nuovo. Non interessano più i dettami della classicità, ma i modellati lineari e sintetici dell’arte arcaica greca ed egizia perchè fondamento di purez-za, lontano dal decoro e dall’orpello. Ecco allora che le forme si assottigliano, la massa alleggerita: inizia, cioè, una composta analisi degli equilibri di pieni e di vuoti e dei relativi giochi di luce. È questo pro-cesso che porta a quella che l’artista chiama “nuova
strutturazione del linguaggio”, tra il 1945 e il 1955: in un momento storico come questo, in cui il mondo intero cerca una ri-costruzione, l’artista cerca la sua risposta alle origini, nel segno primitivo. La materia viene scarniicata, il decoro annullato, resta il vuoto in una palese degenerazione plastica che diventa citazione picassiana. In sostanza, Dino modella lo spazio: taglia, scava, modella, salda i metalli, fa dia-logare in modo dialettico il vuoto e il pieno, l’oggetto e il suo spazio, oltre la mera rappresentazione, varcando i conini della sola scultura verso un contesto quasi architettonico. In questa ristrutturazione un ruolo preminente lo ha la scoperta del ferro quale personale strumen-to espressivo, ed è questo a portarlo negli anni Sessanta alla realizzazione del puro disegno,alla sintesi più spoglia ed efi-cace in quella che diventa a tutti gli ef-fetti scultura astratta, permettendogli anche di reinventare il bassorilievo, come nel Prometeo del 1956. Espone in Italia e negli USA, realizza diverse opere pubbliche, come il pannello per la Banca Nazionale del Lavoro di Milano, e continua l’attività di insegnamento, iniziata sin da giovane, arrivando all’Accademia di Brera. Negli ultimi anni della sua attività si concentra sulle possibilità espressive dell’ usura della materia, come nella Croce del 1967. Nel recupero dei tronconi di ferro, ri-iuto industriale, attraverso un collage neo-cubista, l’entità isica viene portata all’ori-gine, per poter raggiungere una nuova suggestione, arcana ed emblematica, che mira a costruire, come dice lo stes-so artista nel 1964, “un paesaggio spirituale anticipatore del mondo del futuro”. Morirà a Udine il 7 gennaio 1977.
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