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A cura di Michele Bana
Guida al reddito d’impresa e Irap:
novità 2012 e principali aspetti operativi
Il presente intervento si propone l’obiettivo di illustrare – con una sorta di riepilogo, precise
esemplificazioni e casi concreti - l’effetto sulla dichiarazione dei redditi e dell’IRAP delle
principali novità normative entrate in vigore nel corso del periodo d’imposta 2012: i)
spese ordinarie di manutenzione; ii) canoni di leasing; iii) perdite su crediti e delle sopravvenienze
attive da riduzione dei debiti. Peraltro, ci si soffermerà sull’analisi di alcune delle principali variazioni
in aumento, riconducibili ai più significativi componenti di reddito, quali plusvalenze, sopravvenienze
attive, proventi immobiliari, valutazione delle rimanenze, compensi amministratori, interessi passivi,
imposte, costi relative ai beni a deducibilità limitata, svalutazioni, minusvalenze, ammortamenti,
spese di rappresentanza, manutenzioni e riparazioni. Ampio spazio verrà dedicato, inoltre, a quelle
società di capitali e persone interessate dall’applicazione dell’art. 110, co. 7, del Tuir, che
sono tenute ad operare, in sede di determinazione del reddito d’impresa, le variazioni in
aumento e diminuzione del risultato economico dell’esercizio 2012, al fine di tenere conto
delle differenze, rispetto al valore normale, dei prezzi praticati nell’ambito dei gruppi internazionali. Si
procederà, infine, ad analizzare le principali novità ai fini della determinazione della base
imponibile IRAP con particolare riferimento ai soggetti Ires, agli imprenditori individuali
e le società di persone in contabilità ordinaria che hanno esercitato la relativa opzione
(art. 5-bis, co. 2, del D.Lgs n. 446/1997).
N. 166
del 07.06.2013
Le Daily News
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L’art. 3, co. 16-quater, del D.L. n. 16/2012 ha modificato l’art. 102, co. 6, del
Tuir, abrogando la seguente formulazione: “per i beni ceduti, nonché per
quelli acquisiti nel corso dell’esercizio, compresi quelli costruiti o fatti
costruire, la deduzione spetta in proporzione alla durata del possesso ed è
commisurata, per il cessionario, al costo di acquisizione”. In altri termini, la
disciplina reddito d’impresa è stata resa maggiormente coerente con quella prevista –
relativamente alle spese di ammodernamento, ristrutturazione e manutenzione di beni
immobili utilizzati nell’esercizio di arti e professioni, fermi restando i diversi principi, di
competenza e cassa, su cui si fonda la determinazione del corrispondente imponibile
fiscale – per i lavoratori autonomi, contenuta nell’art. 54, co. 2, del D.P.R. n. 917/1986,
secondo cui tali spese:
se, per le proprie caratteristiche, non sono imputabili ad incremento del costo dei
beni ai quali si riferiscono, sono deducibili, nel periodo d’imposta del sostenimento,
nel limite del 5% del costo complessivo di tutti i beni materiali ammortizzabili,
risultante – all’inizio del periodo d’imposta – dal registro di cui all’art. 19 del D.P.R.
29 settembre 1973, n. 600;
l’eventuale eccedenza di tali costi, fiscalmente irrilevante nell’esercizio del
pagamento, è comunque deducibile, in quote costanti, nei successivi cinque periodi
d’imposta.
Art. 102, co. 6 del Tuir
ante D.L. n. 16/2012
Art. 102, co. 6, del Tuir
post D.L. n. 16/2012
Art. 54, co. 2, del Tuir
Le spese di manutenzione,
riparazione
ammodernamento e
trasformazione, che dal
bilancio non risultino
imputate ad incremento
del costo dei beni ai quali
si riferiscono, sono
deducibili nel limite del 5
per cento del costo
complessivo di tutti i beni
materiali ammortizzabili
quale risulta all’inizio
dell’esercizio dal registro
dei beni ammortizzabili;
per le imprese di nuova
costituzione il limite
percentuale si calcola, per
il primo esercizio, sul
costo complessivo quale
Le spese di manutenzione,
riparazione
ammodernamento e
trasformazione, che dal
bilancio non risultino
imputate ad incremento
del costo dei beni ai quali
si riferiscono, sono
deducibili nel limite del 5
per cento del costo
complessivo di tutti i beni
materiali ammortizzabili
quale risulta all’inizio
dell’esercizio dal registro
dei beni ammortizzabili;
per le imprese di nuova
costituzione il limite
percentuale si calcola, per
il primo esercizio, sul
costo complessivo quale
Le spese relative
all’ammodernamento, alla
ristrutturazione e alla
manutenzione di immobili
utilizzati nell’esercizio di
arti e professioni, che per
le loro caratteristiche non
sono imputabili ad
incremento del costo dei
beni ai quali si riferiscono,
sono deducibili, nel
periodo d’imposta di
sostenimento, nel limite
del 5 per cento del costo
complessivo di tutti i beni
materiali ammortizzabili,
quale risulta all’inizio del
periodo d’imposta dal
registro di cui all’articolo
19 del decreto del
Novità spesedi
manutenzionee riparazione
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risulta alla fine
dell’esercizio; per i beni
ceduti nel corso
dell’esercizio la deduzione
spetta in proporzione alla
durata del possesso ed è
commisurata, per il
cessionario, al costo di
acquisizione. L’eccedenza
è deducibile per quote
costanti nei cinque esercizi
successivi.
risulta alla fine
dell’esercizio; [abrogato]
L’eccedenza è deducibile
per quote costanti nei
cinque esercizi successivi.
presidente della
Repubblica 29 settembre
1973, n. 600, e successive
modificazioni; l’eccedenza
è deducibile in quote
costanti nei cinque periodi
d’imposta successivi.
La novità normativa in parola, efficace a partire dal periodo d’imposta in corso
al 29 aprile 2012 (data di entrata in vigore della Legge 26 aprile 2012, n. 44, di
conversione, con modificazioni, del Decreto semplificazioni tributarie), comporta che le
spese di manutenzione, riparazione, ammodernamento e trasformazione –
non imputate, in bilancio, ad incremento del costo dei beni ai quali si
riferiscono – divengono deducibili nel limite del 5,00% del costo complessivo
di tutti i beni materiali risultanti dal registro dei cespiti ammortizzabili
all’inizio dell’esercizio, senza considerare le operazioni di acquisto e cessione
successivamente intervenute: in altre parole, il costo dei cespiti alienati nel corso
del periodo d’imposta rileva, comunque, integralmente ai fini del calcolo del plafond, dal
quale risulta, invece, esclusa la spese sostenuta per l’acquisizione di nuovi beni
strumentali.
Costo beni materiali
ammortizzabili
Plafond
ante D.L. n. 16/2012
(previgente)
Plafond
post D.L. n. 16/2012
(vigente)
Al 1° gennaio 2012: euro
100.000
euro 100.000 Euro 100.000
Ceduti il 30 giugno 2012:
euro 18.000
– euro 18.000*6/12 =
euro 9.000
Acquistati il 31 agosto 2012:
euro 18.000
+ euro 18.000*4/12 =
euro 6.000
Base di calcolo del plafond di
deducibilità delle spese
euro 97.000 Euro 100.000
Spese di manutenzione e
riparazione deducibili
euro 4.850 Euro 5.000
Esempio:effetti della
novitàintrodotta dal
Decretosemplificazioni
tributarie
4
nell’esercizio di competenza
Sul punto, si rammenta altresì che:
in sede di determinazione del costo complessivo dei beni materiali ammortizzabili
all’inizio del periodo d’imposta, devono essere considerati anche tutti i cespiti, iscritti
nel relativo registro, completamente ammortizzati;
i beni a deducibilità limitata rilevano esclusivamente per la parte di costo fiscalmente
riconosciuta. Si pensi, ad esempio, ai cespiti ad uso promiscuo, come le autovetture
di cui all’art. 164, co. 1, lett. b), del D.P.R. n. 917/1986 il cui costo – per la parte
non eccedente euro 18.075,99 – deve essere assunto per il solo 40%, anche ai fini
del calcolo del plafond in commento: oppure ai telefoni cellulari, fiscalmente rilevanti
per l’80% del proprio costo, a norma dell’art. 102, co. 9 del Tuir;
i cespiti acquisiti mediante un contratto di locazione finanziaria concorrono alla
determinazione della base di calcolo della predetta percentuale forfetaria, se – in
conformità delle corrette regole di rilevazione, previste dai principi contabili di
riferimento – risultano iscritti nell’attivo patrimoniale e, conseguentemente, nel
registro dei beni ammortizzabili all’inizio dell’esercizio (C.M. 27 giugno 2011, n. 29/E,
paragrafo 1.3). In altri termini, il costo di tali beni non rileva ai fini del calcolo del
predetto plafond, sino a quando il cespite oggetto del contratto di locazione
finanziaria non è stato riscattato; sono esclusi dal computo del “costo complessivo
dei beni materiali ammortizzabili” i terreni, gli elementi immateriali (avviamento,
marchi, brevetti, ecc.) e gli oneri pluriennali (costi di impianto ed ampliamento,
ricerca, sviluppo e pubblicità), nonché i cespiti non strumentali all’esercizio
dell’attività d’impresa, come gli immobili-patrimonio, e quelli relativi a beni per i quali
il contribuente eroga dei compensi periodici per la manutenzione prevista
contrattualmente e, quindi, deducibili nell’esercizio di competenza.
Costo complessivo dei beni al 1° gennaio 2012: euro 150.000 (di cui euro 50.000
interessati da contratti di manutenzione periodica)
Cespiti ceduti il 12 marzo 2012: euro 10.000
Beni acquistati il 4 aprile 2012: euro 30.000
Spese di manutenzione ordinaria imputate a conto economico dell’esercizio 2012:
euro 15.000 (di cui euro 8.000 relative a compensi per contratti di manutenzione
periodica)
Base di calcolo del plafond del 5%: euro 150.000 – euro 50.000 = euro 100.000
Spese di manutenzione e riparazione da assoggettare al test di cui all’art. 102, co. 6,
del Tuir: euro 15.000 – euro 8.000 = euro 7.000
Quota deducibile nel periodo d’imposta 2012: 5,00%*euro 100.000 = euro 5.000
Importo deducibile per quote costanti nel quinquennio successivo: (euro 7.000 – euro
5
5.000)/5 = euro 400
Periodo d’imposta Quota deducibile Variazione in
dichiarazione
2012 5.000 + 2.000
2013 400 – 400
2014 400 – 400
2015 400 – 400
2016 400 – 400
2017 400 – 400
7.000 0
2012 5.000 + 2.000
Qualora i beni materiali indicati nel registro dei beni ammortizzabili comprendano anche
degli immobili, è altresì necessario verificare se gli stessi hanno formato oggetto di
rivalutazione, a norma dell’art. 15, co. 16 e ss., del D.L. 29 novembre 2008, n. 185. Al
ricorrere di tale ipotesi, si potranno avere effetti differenziati ai fini della deducibilità
delle relative spese di manutenzione e riparazione, ammodernamento e trasformazione,
a seconda della tipologia di rivalutazione effettuata nel bilancio dell’esercizio successivo
a quello in corso al 31 dicembre 2007:
esclusivamente civilistica, per una mera esposizione nello stato patrimoniale di un
miglior grado di capitalizzazione dell’impresa, con l’effetto che – in sede di
determinazione del plafond del 5% deducibile – deve essere utilizzato, nella base di
calcolo dello stesso, il costo fiscale di tutti i beni materiali ammortizzabili, a nulla
rilevando la rivalutazione effettuata;
fiscale ad effetti differiti al quinto d’imposta successivo a quello in cui è stata
eseguita l’iscrizione dei maggiori valori, con riferimento alla deducibilità degli
ammortamenti e delle predette spese di manutenzione e riparazione, trasformazione
ed ammodernamento (C.M. 13 marzo 2009, n. 8/E, paragrafo 2.3). In altri termini,
fino al periodo d’imposta 2012, incluso, il coefficiente forfetario di deducibilità del
5% deve essere determinato assumendo, con riferimento agli immobili, il costo
ante-rivalutazione iscritta nel bilancio 2008: diversamente, a partire dall’inizio del
quinto periodo d’imposta successivo (1° gennaio 2013, per i contribuenti avente
l’esercizio coincidente con l’anno solare), il predetto plafond considererà, in relazione
ai fabbricati, il costo rivalutato, consentendo, pertanto, all’impresa di poter
beneficiare di un maggior riconoscimento fiscale, nel periodo d’imposta di
6
competenza, delle spese di manutenzione e riparazione, ammodernamento
trasformazione.
Costo complessivo dei beni materiali ammortizzabili iscritti nel bilancio 2011: euro
1.500.000 di cui euro 700.000 relativi ad un fabbricato del costo storico di euro
400.000 rivalutato nel bilancio 2008 per euro 300.000.
Costo fiscale dei beni materiali ammortizzabili al 1° gennaio 2012: euro 1.200.000
Costo fiscale dei beni materiali ammortizzabili oggetto di contratti di manutenzione
periodica: euro 200.000
Costo fiscale da assoggettare al coefficiente forfettario del 5% (periodo d’imposta
2012): euro 1.500.000 – euro 300.000 – euro 200.000 = euro 1.000.000
Spese di manutenzione e riparazione, ammodernamento e trasformazione deducibili
nel 2012: euro 1.000.000*5% = euro 50.000
Costo fiscale dei beni materiali ammortizzabili al 1° gennaio 2013: euro 1.500.000
Costo fiscale da assoggettare al coefficiente forfettario del 5% (periodo d’imposta
2013):
euro 1.500.000 – euro 200.000 = euro 1.300.000
Spese di manutenzione e riparazione, ammodernamento e trasformazione deducibili
nel 2013: euro 1.300.000*5% = euro 65.000
Costi Periodo
d’imposta
2012
Periodo
d’imposta
2013
Costo complessivo civilistico 1.500.000 1.500.000
Rivalutazione immobili fiscalmente
irrilevante
– 300.000
Costo fiscale dei beni materiali
ammortizzabili oggetto di contratti di
manutenzione periodica
– 200.000 – 200.000
Base imponibile del coefficiente del 5% 1.000.000 1.300.000
Plafond di spese di manutenzione e
riparazione, ammodernamento e
trasformazione deducibili nel periodo
d’imposta
50.000 65.000
Rimane, inoltre, confermato il principio in base al quale, nel caso dell’impresa di
nuova costituzione, il predetto plafond è determinato, nel primo esercizio,
7
sulla base del costo complessivo dei beni materiali risultante al termine di
tale periodo d’imposta: con l’effetto che tale dato risulta già completamente
depurato, senza alcun ragguaglio, delle cessioni effettuate nel corso dell’esercizio,
mentre gli acquisti finiscono per rilevare integralmente a prescindere dalla data di
esecuzione dell’operazione.
L’eventuale eccedenza rispetto alla predetta soglia del 5,00% è comunque deducibile, in
quote costanti, nei successivi cinque periodi d’imposta, a prescindere dalla sorte del
bene, che nel frattempo può formare oggetto di realizzo (R.M. 20 settembre 1980, n.
9/826).
L’art. 4-bis del D.L. 2 marzo 2012, n. 16 ha modificato la disciplina
riguardante la deducibilità – sia dal reddito di lavoro autonomo (art. 54, co. 2
del D.P.R. n. 917/1986) che d’impresa (art. 102, co. 7, del Tuir) – dei canoni di
locazione finanziaria, stabilendo che la rilevanza fiscale non è più subordinata
alla durata minima del contratto di leasing. In altri termini, tali componenti
negativi restano deducibili in base al previgente criterio di competenza
fiscale, a prescindere dal periodo di efficacia civilistica dell’atto.
In primo luogo, è stato modificato il co. 2 dell’art. 54 del D.P.R. n. 917/1986, nei
seguenti termini (art. 4-bis, co. 1, lett. a), del D.L. n. 16/2012):
al terzo periodo, la formulazione “a condizione che la durata del contratto non sia” è
stata sostituita da “per un periodo non”;
la medesima rettifica è stata operata al successivo quinto periodo.
Art. 54, co. 2, del Tuir ante D.L. n.
16/2012
Art. 54, co. 2, del Tuir post D.L. n.
16/2012
[…] La deduzione dei canoni di locazione
finanziaria dei beni strumentali è
ammessa a condizione che la durata del
contratto non sia inferiore alla metà del
periodo di ammortamento
corrispondente al coefficiente stabilito
nel predetto decreto e comunque con un
minimo di otto anni ed un massimo di
quindici se lo stesso ha per oggetto beni
immobili […] Per i beni di cui all’articolo
164, comma 1, lettera b), la deducibilità
dei canoni di locazione finanziaria è
ammessa a condizione che la durata del
contratto non sia inferiore al periodo di
[…] La deduzione dei canoni di locazione
finanziaria dei beni strumentali è
ammessa per un periodo non inferiore alla
metà del periodo di ammortamento
corrispondente al coefficiente stabilito nel
predetto decreto e comunque con un
minimo di otto anni ed un massimo di
quindici se lo stesso ha per oggetto beni
immobili […]
Per i beni di cui all’articolo 164, comma 1,
lettera b), la deducibilità dei canoni di
locazione finanziaria è ammessa per un
periodo non inferiore al periodo di
ammortamento corrispondente al
Novità leasing
8
ammortamento corrispondente al
coefficiente stabilito a norma del primo
periodo.
I canoni di locazione finanziaria dei beni
strumentali sono deducibili nel periodo
d’imposta in cui maturano.
coefficiente stabilito a norma del primo
periodo.
I canoni di locazione finanziaria dei beni
strumentali sono deducibili nel periodo
d’imposta in cui maturano.
Ciò significa che, a partire dal 29 aprile 2012 (data di entrata in vigore della Legge
26 aprile 2012, n. 44, di conversione, con modificazioni, del D.L. n. 16/2012), è
possibile stipulare un contratto di locazione finanziaria di durata inferiore al
periodo di deducibilità fiscale, conservando il riconoscimento tributario dei
canoni secondo i previgenti criteri quantitativi.
Ad esempio, nel caso delle autovetture, soggette ad un’aliquota di ammortamento
fiscale del 25%, diviene prospettabile la sottoscrizione di un atto di leasing della durata
di soli due anni, ancorchè – ai fini della determinazione del reddito di lavoro autonomo –
i canoni siano deducibili nel maggior periodo fiscale di 4 anni. In altri termini, la novità
produce effetti soprattutto sotto il profilo finanziario, consentendo all’utilizzatore – a
fronte del maggior pagamento di quote capitale su base annua – di ridurre il costo per
interessi, riguardante soltanto un biennio, e non il quadriennio che, prima dell’entrata in
vigore della Legge n. 44/2012, rappresentava una condizione inderogabile di deducibilità
dei canoni di locazione finanziaria.
Per quanto riguarda le altre tipologie di beni strumentali, la rilevanza fiscale rimane
ammessa per un periodo non inferiore alla metà del periodo di ammortamento fiscale,
con un minimo di 8 anni ad un massimo di 15 anni nel caso di leasing immobiliare,
divenendo, però, possibile stipulare il relativo contratto di locazione finanziaria per un
periodo non compreso in tale intervallo. Ad esempio, è ammissibile la sottoscrizione di
un atto di leasing di un impianto avente durata triennale, ancorchè i relativi canoni – in
base all’aliquota di ammortamento fiscale, si supponga il 12,5% – siano deducibili in un
periodo minimo di 4 anni, ovvero non inferiore alla metà di quello tributario.
Per quanto concerne, invece, i titolari di reddito d’impresa, la disciplina dei leasing è
stata sostanzialmente riscritta, ad opera dell’art. 4-bis, co. 1, lett. b), del D.L. n.
16/2012, che ha riformulato l’art. 102, co. 7, del Tuir:
confermando il principio di cui al primo periodo, riguardante l’impresa concedente,
che imputa a conto economico i relativi canoni di locazione finanziaria, e “deduce
quote di ammortamento determinate in ciascun esercizio nella misura risultante dal
relativo piano di ammortamento finanziario”;
stabilendo, al secondo periodo, per l’impresa utilizzatrice – che iscrive i costi
periodici del leasing nella voce B)8) dello schema di cui all’art. 2425 c.c. –
l’irrilevanza fiscale della durata contrattualmente prevista, ed il riconoscimento
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tributario della quota capitale dei canoni nei limiti derivanti dai previgenti criteri
quantitativi: per un periodo non inferiore ai due terzi del periodo di ammortamento
fiscale desumibile dal D.M. 31 dicembre 1988, in relazione all’attività esercitata.
Salvo che il bene oggetto del contratto di leasing rientri in una delle seguenti
categorie: immobili: se l’applicazione di tale regola conduce ad un risultato inferiore
ad 11 anni oppure superiore a 18 anni, “la deduzione è ammessa per un periodo,
rispettivamente, non inferiore a undici anni ovvero pari almeno a diciotto anni”. In
altri termini, nel caso di un contratto di leasing immobiliare, stipulato per una durata
di 10 anni, l’impresa utilizzatrice – atteso che il fabbricato è soggetto ad un’aliquota
di ammortamento fiscale del 3% – può dedurre la quota capitale dei canoni in un
orizzonte temporale non inferiore ai 18 anni, indipendentemente dalla circostanza
che la durata contrattuale sia di soli 10 anni. Diversamente, se l’atto di leasing è
sottoscritto per una durata di 20 anni, le quote capitale dei canoni saranno dedotte
in base agli importi contrattuali, in quanto coerenti con il periodo di ammortamento
fiscale di cui all’art. 102, co. 7, del Tuir;
cespiti di cui all’art. 164, co. 1, lett. b), del Tuir: la deducibilità dei canoni di
locazione finanziaria è ammessa per un periodo di ammortamento corrispondente al
coefficiente di cui la predetto Decreto Ministeriale. Analogamente a quanto illustrato
con riferimento al reddito di lavoro autonomo, è, pertanto, prospettabile la
stipulazione – a partire dal 29 aprile 2012 – di un contratto biennale di leasing di
un’autovettura, che consente, però, di dedurre i relativi canoni nel maggior periodo
fiscale di ammortamento di 4 anni (aliquota del 25% di cui al D.M. 31 dicembre
1988): in altri termini, nei due anni di validità giuridica dell’atto di locazione
finanziaria, i canoni imputati alla voce B)8) del conto economico risulteranno
eccedenti l’importo ammesso fiscalmente, rendendo necessaria, per la differenza,
una corrispondente variazione in aumento, in sede di predisposizione della
dichiarazione dei redditi. Ciò potrebbe, inoltre, comportare l’esigenza di rilevare le
corrispondenti imposte anticipate, in presenza dei requisiti indicati dal principio
contabile Oic 25, ovvero la ragionevole certezza di conseguire – nei periodi
d’imposta in cui i maggiori canoni civilistici saranno deducibili (terzo e quarto anno
del periodo di ammortamento fiscale del bene) – redditi imponibili futuri
sufficientemente capienti rispetto a tali costi che si andranno ad imputare in
diminuzione.
Art. 102, co. 7, del Tuir ante D.L. n.
16/2012
Art. 102, co. 7, del Tuir post D.L. n.
16/2012
[…] Per l’impresa utilizzatrice che imputa
a conto economico i canoni di locazione
finanziaria, la deduzione è ammessa a
condizione che la durata del contratto
non sia inferiore ai due terzi del periodo
[…] Per l’impresa utilizzatrice che imputa
a conto economico i canoni di locazione
finanziaria, a prescindere dalla durata
contrattuale prevista, la deduzione è
ammessa per un periodo non inferiore ai
10
di ammortamento corrispondente al
coefficiente stabilito a norma del comma
2, in relazione all’attività esercitata
dall’impresa stessa; in caso di immobili,
qualora l’applicazione della regola di cui
al periodo precedente determini un
risultato inferiore a undici anni ovvero
superiore a diciotto anni, la deduzione è
ammessa se la durata del contratto non
è, rispettivamente, inferiore a undici anni
ovvero pari almeno a diciotto anni. Per
beni di cui all’articolo 164, comma 1,
lettera b), la deducibilità dei canoni di
locazione finanziaria è ammessa a
condizione che la durata del contratto
non sia inferiore al periodo di
ammortamento corrispondente al
coefficiente stabilito a norma del comma
2.
due terzi del periodo di ammortamento
corrispondente al coefficiente stabilito a
norma del comma 2, in relazione
all’attività esercitata dall’impresa stessa;
in caso di immobili, qualora l’applicazione
della regola di cui al periodo precedente
determini un risultato inferiore a undici
anni ovvero superiore a diciotto anni, la
deduzione è ammessa per un periodo,
rispettivamente, non inferiore a undici
anni ovvero pari almeno a diciotto anni.
Per beni di cui all’articolo 164, comma 1,
lettera b), la deducibilità dei canoni di
locazione finanziaria è ammessa per un
periodo non inferiore al periodo di
ammortamento corrispondente al
coefficiente stabilito a norma del comma
2.
La nuova formulazione dell’art. 102, co. 7, del Tuir conferma altresì, all’ultimo
periodo, che “la quota di interessi impliciti desunta dal contratto è soggetta
alle regole dell’articolo 96”.
A questo proposito, si rammenta che l’Agenzia delle Entrate riconosce – per mere
esigenze di semplificazione, alle imprese che non redigono il bilancio in base ai principi
contabili internazionali – la possibilità di utilizzare, ai fini dell’individuazione della quota
finanziaria dei canoni di leasing, l’alternativo criterio forfetario di cui all’art. 1 del D.M.
24 aprile 1998 (C.M. 21 aprile 2009, n. 19/E): in altri termini, è possibile determinare la
quota interessi, rientrante nell’ambito di operatività del regime di limitazione della
deducibilità di cui all’art. 96 del Tuir, come differenza tra i canoni di leasing di
competenza – così come imputati a conto economico – e la quota capitale degli stessi,
calcolata suddividendo il costo fiscale del bene in capo al concedente per il numero di
giorni di durata contrattuale, e moltiplicando il risultato per i giorni di competenza
dell’esercizio.
Sul punto, si rammenta che – a norma dell’art. 36, co. 7 e 7-bis, del D.L. 4 luglio 2006,
n. 223 – non rileva il costo relativo all’area su cui insiste il fabbricato, o di cui ne
costituisce pertinenza: con l’effetto che, in caso di mancata autonoma iscrizione in
bilancio del valore del terreno (a seguito dell’originario acquisto), si deve applicare il
coefficiente forfetario di scorporo del 20,00% (o, nel caso di fabbricati industriali, del
30,00%).
11
In data 10 maggio 2012, la Alfa s.r.l. ha stipulato un contratto di leasing immobiliare,
avente una durata di 10 anni, per un costo complessivo di euro 1.890.000.
Si supponga che il bene in locazione finanziaria sia qualificabile come “industriale”, ed
il canone annuo di euro 189.000 rilevi fiscalmente per soli euro 105.000 (deduzione
ammessa in un periodo minimo di 18 anni), di cui euro 5.000 a titolo di interessi.
Periodo
d’imposta
Canoni
imputati a
conto
economico
Canoni
fiscalmente
rilevanti (A)
Quota
interessi
impliciti ex
art. 96 del
Tuir (B)
Quota
terreno
indeducibile
C= (A-
B)*30%
2012 189.000 105.000 5.000 30.000
2013 189.000 105.000 5.000 30.000
2014 189.000 105.000 5.000 30.000
2015 189.000 105.000 5.000 30.000
2016 189.000 105.000 5.000 30.000
2017 189.000 105.000 5.000 30.000
2018 189.000 105.000 5.000 30.000
2019 189.000 105.000 5.000 30.000
2020 189.000 105.000 5.000 30.000
2021 189.000 105.000 5.000 30.000
2022 105.000 5.000 30.000
2023 105.000 5.000 30.000
2024 105.000 5.000 30.000
2025 105.000 5.000 30.000
2026 105.000 5.000 30.000
2027 105.000 5.000 30.000
2028 105.000 5.000 30.000
2029 105.000 5.000 30.000
1.890.000 1.890.000 90.000 540.000
In data 15 maggio 2012, la Beta s.p.a. ha stipulato un contratto di leasing
immobiliare, avente una durata di 20 anni, per un costo complessivo di euro
Esempio:durata
contrattualeinferiore alperiodo di
ammortamento fiscale
Esempio:durata
contrattualesuperiore al
periodo diammortamento
fiscale
12
1.890.000.
Si supponga che il bene in locazione finanziaria sia qualificabile come “industriale”: il
canone annuo di euro 94.500 (per un periodo civilistico di 20 anni) – essendo
coerente con quello ammesso dall’art. 102, co. 7, del Tuir (almeno 18 anni) – rileva
fiscalmente in forma integrale, al netto della quota interessi (euro 4.500), nonché
della quota ascrivibile al terreno sul quale insiste.
Periodo
d’imposta
Canoni
imputati a
conto
economico
Canoni
fiscalmente
rilevanti (A)
Quota
interessi
impliciti ex
art. 96 del
Tuir (B)
Quota
terreno
indeducibile
C= (A-
B)*30%
2012 94.500 94.500 4.500 27.000
2013 94.500 94.500 4.500 27.000
2014 94.500 94.500 4.500 27.000
2015 94.500 94.500 4.500 27.000
2016 94.500 94.500 4.500 27.000
2017 94.500 94.500 4.500 27.000
2018 94.500 94.500 4.500 27.000
2019 94.500 94.500 4.500 27.000
2020 94.500 94.500 4.500 27.000
2021 94.500 94.500 4.500 27.000
2022 94.500 94.500 4.500 27.000
2023 94.500 94.500 4.500 27.000
2024 94.500 94.500 4.500 27.000
2025 94.500 94.500 4.500 27.000
2026 94.500 94.500 4.500 27.000
2027 94.500 94.500 4.500 27.000
2028 94.500 94.500 4.500 27.000
2029 94.500 94.500 4.500 27.000
2030 94.500 94.500 4.500 27.000
2031 94.500 94.500 4.500 27.000
1.890.000 1.890.000 90.000 540.000
Il riferimento all’art. 96 del D.P.R. n. 917/1986 – operato dall’art. 102, co. 7, del Tuir –
comporta che gli interessi passivi impliciti dei canoni di leasing partecipano,
unitamente a tutti gli altri oneri finanziari, al procedimento di verifica della loro rilevanza
tributaria, ai fini della determinazione del reddito imponibile Ire. Gli interessi passivi ed
oneri assimilati – diversi da quelli compresi nel costo dei beni di cui all’art. 110, co. 1,
lett. a), del Tuir, imputati ad incremento del costo delle rimanenze finali (R.M. n.
13
3/DPF/2008), oppure soggetti a discipline speciali (ad esempio, artt. 90 e 164 del Tuir)
– sono, infatti, deducibili secondo due specifiche regole:
integralmente, sino a concorrenza degli interessi attivi e proventi assimilati;
parzialmente, per l’eccedenza, nel limite del 30% del Risultato Operativo Lordo della
gestione caratteristica (ROL), individuato sulla base della differenza A) – B) del
conto economico civilistico, ovvero tra il valore ed i costi della produzione, senza
considerare i canoni di locazione finanziaria dei beni strumentali, gli ammortamenti
delle immobilizzazioni materiali ed immateriali. La parte di interessi passivi che non
dovesse, eventualmente, trovare capienza in tale soglia è indeducibile nel periodo
d’imposta di competenza, ma comunque riportabile al successivo esercizio e, quindi,
deducibile, qualora il 30% del ROL di tale anno sia successivamente capiente.
I criteri di deducibilità delle perdite su crediti, da adottare in sede di
determinazione del reddito d’impresa, sono individuati dall’art. 101, co. 5, del D.P.R. n.
917/1986, recentemente sostituito dall’art. 33, co. 5, del D.L. n. 83/2012. La
disposizione stabilisce che tali costi rappresentano un componente negativo di reddito
se, alternativamente:
risultano da elementi certi e precisi;
il debitore è assoggettato ad una procedura concorsuale o – come previsto dal
Decreto Crescita – ha concluso un accordo di ristrutturazione dei debiti omologato ai
sensi dell’art. 182-bis del R.D. 16 marzo 1942, n. 267.
La perdita su crediti nei confronti di un debitore non assoggettato a procedura
concorsuale, né che ha concluso un accordo di ristrutturazione dei debiti omologato, è
deducibile dal reddito d’impresa, come anticipato, soltanto se risulta da elementi certi e
precisi, ovvero è preventivamente dimostrata la certa e definitiva sussistenza della
stessa.
La soddisfazione del requisito della certa esistenza della perdita deve essere intesa in
termini di probabilità di emersione della stessa: sul punto, l’Agenzia delle Entrate ritiene
che la deduzione dal reddito d’impresa deve intendersi ammessa quando la perdita su
crediti diviene definitiva, escludendo dunque ogni elemento valutativo e presuntivo
(C.M. 10 maggio 2002, n. 39/E, par. 3).
Il carattere permanente dell’irrecuperabilità può, tuttavia, essere desunto sulla base di
alcune significative circostanze, quali, ad esempio:
il protesto dei titoli di credito utilizzati dal debitore quale forma di adempimento
(cambiali, assegni bancari, ecc.);
l’infruttuoso esito delle azioni esecutive individuali. L’Amministrazione finanziaria
ritiene, tuttavia, che una mera situazione di temporanea illiquidità, ancorchè seguita
da un atto di pignoramento infruttuoso, non sia sufficiente a legittimare la
deduzione, anche soltanto parziale, del credito non incassato (R.M. 23 gennaio
2009, n. 16/E). L’Agenzia delle Entrate propende, infatti, per la necessità di una più
Novità perditesu crediti
Elementi certie precisi
14
complessa ed articolata valutazione della situazione giuridica della specifica partita
creditoria e del singolo debitore cui quest’ultima è riferita”. Diversamente, la
giurisprudenza della Suprema Corte riconosce, ai fini della deducibilità delle perdite
su crediti, la rilevanza – in quanto sintomatiche dell’esistenza di elementi certi e
precisi – delle note del legale mediante le quali viene consigliato al cliente di
rinunciare al recupero del credito (Cass. 16 marzo 2001, n. 3862), e delle procedure
esecutive non andate a buon fine (Cass. 3 agosto 2005, n. 16330);
l’impossibilità di notificare gli atti giudiziari (decreti ingiuntivi ed atti di precetto),
ovvero di eseguire i pignoramenti;
la sopravvenuta irreperibilità del debitore, ovvero la dichiarazione resa dallo stesso
in merito alla propria incapacità ad adempiere;
l’oggettiva convenienza a rinunciare al credito, avvalorata dall’accertata
insussistenza, in capo al debitore, di beni mobili ed immobili soggetti ad annotazione
presso i pubblici registri.
La perdita deducibile deve essere analiticamente comprovata dal contribuente (art.
2697 c.c.), sulla base di un’effettiva documentazione del mancato realizzo e del
carattere definitivo dell’insoddisfazione del credito (R.M. 6 agosto 1975, n. 9/124).
La dimostrazione della certezza e precisione della perdita deve essere fornita, con
ogni mezzo di prova utilizzabile nel processo tributario (Cass. 20 novembre 2001, n.
14568), mediante più elementi – non essendone sufficiente uno solo – gravi, precisi
e concordanti, coerentemente con i principi generali in materia di presunzioni
semplici (art. 2729 c.c.).
La giurisprudenza di merito ritiene che l’assenza di specifiche indicazioni, sia nella
normativa che nelle interpretazioni ministeriali di riferimento, determini la necessità di
documentare la certezza e precisione della perdita sulla base di una procedura
rigorosa (Commissione Tributaria Regionale del Piemonte, Sez. XXXIII, 1 ottobre
2007, n. 30). È, pertanto, necessario esperire tutte le azioni di recupero che l’importo
del credito e la localizzazione del debitore rendono economicamente convenienti:
quanto maggiore risulta l’ammontare della pretesa, tanto più incisivi devono essere i
tentativi di esazione (atto di precetto, ingiunzioni di pagamento e pignoramenti, sino
al deposito dell’istanza per la dichiarazione di fallimento).
Nel caso di crediti commerciali di modesto importo, la deduzione della perdita di
competenza del periodo d’imposta può, tuttavia, prescindere dalla ricerca di rigorose
prove formali: la lieve entità della pretesa può, infatti, indurre l’impresa a non
intraprendere azioni di recupero, obiettivamente antieconomiche, che comporterebbero
Deroghe alcriterio
generale:prima novità
del D.L.n.83/2012
OSSERVA
15
il sostenimento di ulteriori oneri, come storicamente sostenuto dall’Agenzia delle Entrate
(R.M. 6 agosto 1976, n. 9/124), e ribadito nella risposta all’interrogazione parlamentare
n. 5-00570 del 5 novembre 2008.
Tale orientamento è stato recepito anche dal legislatore, che – con l’art. 33, co. 5, del
Decreto Crescita, come anticipato – ha sostituito integralmente l’art. 101, co. 5, del Tuir:
in particolare, è stato confermato il principio generale di rilevanza fiscale delle perdite
risultanti da “elementi certi e precisi”, stabilendo altresì che questi ultimi sussistono, in
ogni caso, “quando il credito sia di modesta entità e sia decorso un periodo di sei mesi
dalla scadenza di pagamento del credito”. In altri termini, è previsto che, al ricorrere di
tale ipotesi, l’esistenza della perdita su crediti è automaticamente dimostrata e, quindi,
deducibile dal reddito d’impresa, senza la necessità di fornire ulteriori prove. Al fine di
accedere a tale beneficio, è, quindi, necessario che il credito da cui è derivata la perdita
soddisfi, congiuntamente, due condizioni:
il termine di scadenza del proprio pagamento è decorso, alla data di chiusura
dell’esercizio, da almeno sei mesi. Non essendo stabilite espresse eccezioni, tale
beneficio dovrebbe ritenersi applicabile anche ai crediti rispetto ai quali il termine di
sei mesi dalla scadenza era già decorso alla data di entrata in vigore del novellato
art. 101, co. 5, del Tuir, così come meglio identificata nel paragrafo conclusivo del
presente contributo;
è di modesta entità, ovvero non supera il seguente importo nominale (non contabile,
né fiscale):
euro 5.000,00 per le imprese di più rilevante dimensione, individuate a norma
dell’art. 27, co. 10, del D.L. 29 novembre 2008, n. 185;
euro 2.500,00 negli altri casi.
A questo proposito, si rammenta che per “imprese di più rilevante dimensione” si
intendono quelle che conseguono un volume d’affari o ricavi non inferiori ad 100 milioni
di euro1.
Il superamento o meno del predetto limite del volume d’affari o dei ricavi deve essere
verificato sulla base dei criteri definiti dal precedente provvedimento direttoriale n.
54291/2009, in virtù dei quali deve essere assunto, come parametro di riferimento, il
valore più elevato tra i seguenti dati indicati nelle dichiarazioni fiscali:
1 Il provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate del 20 dicembre 2010, n. 181850 ha fissato talesoglia – a decorrere dal 1° gennaio 2011 – nel maggior importo di 150 milioni di euro, ma la suddetta normadi riferimento prevede la riduzione, ad opera di un atto dell’Amministrazione finanziaria, di tale limite a 100milioni di euro entro il 31 dicembre 2011, così come precisato nel provvedimento direttoriale del 6 aprile2009, n. 54291. La mancata emanazione del formale atto di riduzione del limite a 100 milioni di euro non è,tuttavia, ritenuta idonea ad escludere l’operatività della predetta soglia: in senso conforme, si vedano anchela C.M. 31 maggio 2012, n. 18/E (par. 2.1), e le istruzioni alla compilazione del modello Unico 2012 – Societàdi Capitali (pagina 13).
16
i ricavi derivanti dalla cessione di beni e delle prestazioni di servizi alla cui
produzione o al cui scambio è diretta l’attività d’impresa, oppure dalla vendita di
materie prime e sussidiarie, di semilavorati ed altri beni mobili – esclusi quelli
strumentali – acquistati o prodotti per essere impiegati nella produzione (art. 85, co.
1, lett. a) e b), del D.P.R. n. 917/1986);
il volume d’affari determinato a norma dell’art. 20 del D.P.R. n. 633/1972.
Nel caso in cui il periodo d’imposta non coincida con l’anno solare, come parametro
di riferimento dei ricavi o del volume d’affari deve essere assunto il valore più
elevato tra i dati indicati nel modello Unico ed il volume d’affari dichiarato per l’anno
precedente a quello di chiusura dell’esercizio stesso: in relazione ai periodi d’imposta
per i quali non sono scaduti i termini di presentazione delle relative dichiarazioni
fiscali, e fino al 90° giorno successivo agli stessi, si deve tenere conto dei dati
indicati nell’ultima trasmessa.
Per quanto concerne, invece, la verifica del superamento o meno del limite di euro
2.500 (o, nel caso delle imprese di grandi dimensioni, euro 5.000), si pone un dubbio
interpretativo con riferimento al caso di una pluralità di crediti, nei confronti del
medesimo soggetto, di importo inferiore alle predette soglie, ma cumulativamente
eccedenti. Sul punto, una parte autorevole della dottrina ritiene che, stando alla
formulazione letterale della disposizione, si dovrebbe considerare il singolo credito: tale
interpretazione, in attesa di uno specifico chiarimento da parte dell’Agenzia delle
Entrate, potrebbe ritenersi condivisibile, a condizione che i diversi crediti non derivino
dal medesimo rapporto giuridico, oppure possano essere legalmente tutelati secondo
differenti procedure di recupero. Diversamente, potrebbe sostenersi una soluzione più
semplice per l’impresa, ma meno conveniente, ovvero considerare cumulativamente i
crediti scaduti – alla data di chiusura dell’esercizio – da almeno sei mesi.
Il novellato art. 101, co. 5, del D.P.R. n. 917/1986 contempla anche altre due ipotesi
di automatica sussistenza degli elementi certi e precisi:
la prescrizione del diritto alla riscossione, attribuendo, quindi, rilevanza alle
corrispondenti disposizioni civilistiche, ed in particolare al termine ordinario di 10
anni (art. 2946 c.c.). Sono, tuttavia, previste delle eccezioni, richiedenti il decorso –
dal giorno in cui è sorto il diritto di credito (art. 2935 c.c.), oppure, più
semplicemente, da quello di scadenza indicato in fattura – di un minor periodo:
gli interessi e, in generale, tutto quanto deve essere pagato periodicamente su
base annuale, oppure in tempi più brevi (art. 2948, co. 1, n. 4), c.c.): 5 anni;
le indennità spettanti per la cessazione dei rapporti di lavoro (art. 2948, co. 1, n.
5), c.c.): 5 anni;
i diritti derivanti da rapporti sociali (art. 2949, co. 1, c.c.): 5 anni;
il diritto del mediatore al pagamento della provvigione (art. 2950 c.c.): 1 anno;
Altre derogheal criteriogenerale
17
i diritti derivanti dal contratto di trasporto o spedizione (art. 2951, co. 1, c.c.): 1
anno, elevato a 18 mesi nel caso di trasporto iniziato o terminato fuori
dall’Europa (art. 2951, co. 2, c.c.);
i premi assicurativi (art. 2952 c.c.);
la cancellazione dei crediti in bilancio, operata in dipendenza di eventi estintivi,
da parte delle imprese che redigono il bilancio in base ai principi contabili
internazionali di cui al Regolamento (CE) n. 1606/2002. È il caso, ad esempio,
delle rettifiche di valore operate in ossequio allo standard Ias 39, per effetto della
scadenza dei diritti contrattuali sui flussi finanziari derivanti dal credito.
Analogamente, dovrebbero rilevare:
le cessioni pro soluto;
le transazioni;
le conversioni del credito in partecipazioni al capitale del debitore;
le rinunce;
le prescrizioni.
Al di fuori di tali nuove forme di presunzione, è necessario applicare il principio
generale degli “elementi certi e precisi”, salvo che il debitore sia assoggettato ad una
procedura concorsuale, oppure abbia concluso un accordo di ristrutturazione dei
debiti omologato, come meglio illustrato nel prosieguo.
Il regime di deducibilità delineato dall’art. 101, co. 5, primo periodo, del Tuir non opera
alcuna distinzione in base alla localizzazione del debitore: ricorrono, pertanto, i criteri di
cui sopra, ovvero la circostanza che la perdita sia provata da elementi certi e precisi. A
questo proposito, si segnala che – ad avviso dell’Amministrazione finanziaria, come
riportato nella citata C.M. n. 39/E/2002 (par. 3) – deve essere dimostrato il carattere
definitivo del suddetto componente negativo di reddito, “conformemente agli strumenti
giuridici previsti nello Stato del debitore, ove non si possa ricorrere alle dichiarazioni di
insolvenza dei debitori stranieri emesse dalla Sace (Istituto per i servizi assicurativi del
Commercio Estero)”. Queste ultime attestazioni non vengono, invece, considerate
necessarie dalla giurisprudenza della Suprema Corte, secondo la quale è sufficiente che
le perdite su crediti risultino documentate esclusivamente, come prescritto dal
legislatore, da elementi certi e precisi (Cass. 19 novembre 2007, n. 23863, e 16 marzo
2001, n. 3862).
Non è, in ogni caso, ammessa la deduzione delle perdite su crediti derivanti da
operazioni intercorse con imprese residenti, ovvero localizzate, in Stati o territori non
Perdite sucrediti esteri
OSSERVA
18
appartenenti all’Unione europea aventi regimi fiscali privilegiati, individuati dal D.M. 23
gennaio 2002: lo stabilisce la formulazione dell’art. 110, co. 10, del D.P.R. n. 917/1986
precedente alla sostituzione operata dall’art. 1, co. 83, lett. h), della Legge n. 244/2007
la cui entrata in vigore è rinviata al periodo d’imposta successivo all’emanazione del
Decreto Ministeriale di cui all’art. 168-bis del Tuir, non ancora intervenuta.
Alla luce della formulazione letterale dell’art. 101, co. 5, primo periodo, del D.P.R. n.
917/1986, la perdita su crediti fiscalmente rilevante deve essere dedotta, in ossequio al
principio di competenza, nell’esercizio in cui risultano verificati i corrispondenti elementi
di certezza e precisione (Cass. 3 agosto 2005, n. 16330). Qualora la perdita derivi da
un’operazione di cessione, il periodo di competenza della corrispondente deduzione deve
essere individuato sulla base di un criterio formalistico, attribuendo rilevanza alla
stipulazione del contratto di trasferimento della titolarità del diritto di credito (R.M. 16
maggio 2007, n. 100/E). L’orientamento dell’Agenzia delle Entrate è, pertanto, coerente
con il principio di competenza di cui all’art. 109, co. 1, del D.P.R. n. 917/1986, secondo
il quale i costi sono riconosciuti nell’esercizio in cui risultano verificate le condizioni di
certezza dell’esistenza ed obiettiva determinabilità.
L’art. 101, co. 5, del Tuir stabilisce, come anticipato, che, ai fini delle deducibilità della
perdita su crediti, non devono essere provati gli elementi di certezza e precisione se, a
carico del debitore, è stata aperta una procedura concorsuale, oppure – ed è questa
l’ulteriore novità introdotta dal D.L. n. 83/2012 – costui ha concluso un accordo di
ristrutturazione dei debiti omologato ai sensi dell’art. 182-bis del R.D. n. 267/1942. Tale
disposizione, contenuta nel periodo del co. 5 dell’art. 101 del Tuir, distingue, pertanto,
gli accordi di ristrutturazione dei debiti dalle procedure concorsuali: in altri termini, la
novellata norma conferma l’orientamento ormai consolidato dell’Agenzia delle Entrate,
secondo cui alle perdite su crediti derivanti da un accordo di ristrutturazione dei debiti,
omologato ai sensi dell’art. 182-bis L.F. non è applicabile, in linea di principio, la
previsione di deducibilità immediata contenuta nell’art. 101, co. 5, secondo periodo, del
Tuir riservata alle procedure concorsuali (CC.MM. 13 marzo 2009, n. 8/E, par. 4.2. e 3
agosto 2010, n. 42/E, par. 4.1.).
Il principio in parola appare, tuttavia, contraddetto dal successivo secondo periodo della
medesima norma, introdotto in sede di conversione del D.L. n. 83/2012, in virtù del
quale – ai fini dell’applicazione dell’art. 101, co. 5, del D.P.R. n. 917/1986 – il debitore si
considera assoggettato a procedura concorsuale, e la corrispondente perdita su crediti
assume rilevanza fiscale (senza dover applicare il principio generale degli “elementi certi
e precisi”), dalla data di uno dei seguenti atti:
sentenza dichiarativa di fallimento;
decreto di ammissione al concordato preventivo;
decreto di omologazione dell’accordo di ristrutturazione dei debiti;
provvedimento che ordina la liquidazione coatta amministrativa;
Periodo dideducibilità
Perdite sucrediti
concorsualidopo il D.L.n.83/2012
19
decreto che dispone la procedura di amministrazione straordinaria delle grandi
imprese in crisi.
Conseguentemente, a differenza di quanto affermato nel primo periodo della medesima
disposizione, l’accordo di ristrutturazione dei debiti omologato viene di fatto incluso tra
le procedure concorsuali. Sul punto, si riscontra, inoltre, un primo dubbio interpretativo
rappresentato dal riferimento alla “data del decreto del tribunale di omologazione
dell’accordo”, che dovrebbe intendersi quella di emanazione, da parte della competente
autorità giudiziaria, del relativo provvedimento. La soluzione adottata dal legislatore
diverge, pertanto, con quanto sinora sostenuto dall’Amministrazione finanziaria, che ha
sempre accordato rilevanza al momento in cui il decreto di omologazione non è più
impugnabile (C.M. 3 agosto 2010, n. 42/E, par. 4.1.), in modo da poter considerare,
inequivocabilmente, la certezza e precisione della perdita di cui al principio generale
dell’art. 101, co. 5, del Tuir.
Si consideri altresì che la predetta novità normativa, ancorchè espressamente dettata
nell’ambito del reddito d’impresa, potrebbe essere destinata ad esplicare i propri effetti
anche ai fini dell’imposta sul valore aggiunto, e precisamente con riguardo alla disciplina
dell’emissione, a cura del creditore, della nota di variazione Iva: l’art. 26, co. 2, del
D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 subordina, infatti, il diritto alla redazione del documento
rettificativo – e, quindi, al conseguente esercizio della detrazione del corrispondente
tributo – alla “infruttuosità della procedura concorsuale”. Tale requisito aveva, infatti,
sinora impedito l’applicazione della predetta disposizione proprio a causa della
formulazione dell’art. 101, co. 5, del Tuir, che non contemplava, tra le procedure
concorsuali, l’accordo di ristrutturazione dei debiti: con l’effetto che il creditore poteva
comunque emettere la nota di variazione, ma a norma del successivo co. 3, trattandosi
di una sopravvenuta intesa tra le parti, con il rischio, però, di non riuscire a recuperare
la relativa Iva, qualora – come spesso accade in presenza di rapporti con un debitore in
Sentenzadichiarativadifallimento
LE PERDITE CONCORUSUALI: IL MOMENTO DI APERTURA RILEVANTE
Decreto diammissionealconcordatopreventivo
Provvedimentoordinante laliquidazionecoattaamministrativa
Decretodisponentel’amministrazionestraordinariadelle grandiimprese in crisi
Decreto diomologazionedell’accordo diristrutturazione dei debiti
20
stato di crisi – il documento non fosse stato emesso entro un anno dell’effettuazione
dell’operazione oggetto di rettifica.
Si osservi pure che l’art. 101, co. 5, del Tuir – nonostante la novellata formulazione –
continua ad ignorare la fattispecie della perdita maturata su un credito vantato nei
confronti di un debitore residente al di fuori del territorio dello Stato, assoggettato ad
una procedura concorsuale estera. Sul punto, l’Agenzia delle Entrate ha avuto modo di
precisare che il riconoscimento della deducibilità della stessa è subordinato ad una
specifica condizione, ovvero il rilascio di una dichiarazione dell’autorità giurisdizionale
estera, che dichiari lo stato di insolvenza del debitore (C.M. n. 39/E/2002), nell’ambito di
una procedura concorsuale assimilabile a quelle nazionali indicate nell’art. 101, co. 5, del
D.P.R. n. 917/1986. Non è, pertanto, deducibile la perdita derivante da un credito
vantato nei confronti di un debitore estero, assoggettato ad una procedura concorsuale
corrispondente all’abrogata – nell’ordinamento giuridico italiano – amministrazione
controllata2.
L’orientamento dell’Amministrazione finanziaria non appare, tuttavia, condiviso dalla
Corte di Cassazione, che ritiene, invece, sufficiente la documentazione dei requisiti di
certezza e precisione della perdita, senza la necessità che il creditore dimostri di essersi
attivato per ottenere tale attestazione (Cass. n. 23863/2007). L’accertamento
dell’insolvenza del debitore estero non rappresenta, pertanto, un elemento costitutivo
del diritto alla deduzione: “ai fini di stabilire la certezza della perdita non può certo
pretendersi la declaratoria di insolvenza del debitore dovendosi, piuttosto, avere
riguardo all’esistenza di convenzioni internazionali vincolanti anche lo stato del
debitore”, idonee a perseguire quest’ultimo nell’adempimento delle proprie obbligazioni.
L’art. 101, co. 5, secondo periodo, D.P.R. n. 917/1986 riconosce la rilevanza fiscale delle
perdite su crediti a partire dalla data di apertura della procedura concorsuale, senza,
tuttavia, considerare i diversi momenti successivi – sino alla chiusura del relativo iter –
in cui è possibile individuare, con ragionevole oggettività, la parte di credito
effettivamente non più recuperabile. A questo proposito, la Suprema Corte attribuisce
assoluta preferenza per il principio generale di cui all’art. 109, co. 1, Tuir, secondo il
quale i componenti negativi di reddito di cui – nell’esercizio di competenza – non sia
ancora certa l’esistenza, o determinabile in modo obiettivo l’ammontare, concorrono alla
formazione dell’imponibile fiscale nel periodo in cui si verificano tali condizioni (Cass. 4
settembre 2002, n. 12831). La giurisprudenza in parola sostiene, pertanto, che non vi
2 È il caso, ad esempio, dell’istituto della ristrutturazione e riorganizzazione societaria denominata “Chapter11”, prevista dal sistema statunitense, nell’ambito del Federal Bankruptcy Code. Il piano formulato daldebitore americano può, infatti, prevedere l’integrale soddisfazione di tutte le passività, impedendo alcreditore italiano di dedurre per intero l’eventuale svalutazione della propria pretesa. L’omologazionegiudiziale della suddetta proposta permette, invece, al creditore nazionale di acquisire un primo elemento inmerito alla certa esistenza ed alla precisa determinabilità della perdita.
Periodo dideducibilità
delle perditeconcorsuali
21
sia ragione di escludere aprioristicamente la possibilità che l’apprezzamento delle
suddette circostanze consenta di individuare i requisiti di certezza e determinabilità della
perdita, con riguardo ad un esercizio diverso da quello nel corso del quale la procedura
concorsuale si è aperta: una posizione differente è, invece, assunta dall’Agenzia delle
Entrate, che propende per l’esclusiva ed integrale deducibilità nel periodo d’imposta di
apertura della procedura concorsuale, precludendo il riconoscimento di qualsiasi diversa
valutazione operata dal contribuente.
In altri termini, la Corte di Cassazione ritiene – analogamente al prevalente
orientamento dottrinale, fondato sull’evoluzione della normativa fiscale, improntata ad
una maggiore aderenza ai criteri civilistici – che il contenuto letterale della disposizione
in commento “disponendo la deducibilità dei crediti nell’anno di apertura della procedura
concorsuale, non ne impone perciò la deduzione, e non offre una base all’assunto che
essa dovrebbe aver luogo indefettibilmente in quell’esercizio”.
L’orientamento della Corte di Cassazione risulta, quindi, coerente con l’incerto sviluppo
della fase liquidatoria della procedura concorsuale, che condiziona la puntuale
recuperabilità del credito, subordinata all’andamento di molteplici variabili. Con l’effetto
che non appare, pertanto, ragionevole escludere, a priori, la possibilità di accertare, in
un periodo d’imposta differente da quello di apertura della procedura concorsuale, i
requisiti di certezza e determinabilità della perdita. Fermo restando il divieto di scegliere,
arbitrariamente, il periodo d’imposta in cui dedurre tale componente negativo di reddito,
prescindendo dall’osservanza dell’inderogabile principio di competenza (Cass. n.
16330/2005).
Ad analoghe conclusioni è, successivamente, giunta anche l’Associazione dei Dottori
Commercialisti di Milano, secondo la quale le perdite su crediti concorsuali sono
deducibili nell’esercizio in cui si manifestano e sono iscritte in bilancio, in base al
prudente apprezzamento degli amministratori, potendo avvenire nel periodo di apertura
della procedura oppure, anche parzialmente, in uno successivo (Norma di
comportamento 19 novembre 2008, n. 172).
La data di avvio dell’iter rappresenta, dunque, esclusivamente il momento di presumibile
sussistenza della perdita, la cui determinazione, fiscalmente rilevante, deve essere
operata in ossequio ai principi civilistici.
L’individuazione del periodo d’imposta, secondo i suddetti criteri, consegue l’effetto di
attribuire rilevanza fiscale alle valutazioni civilistiche dell’impresa, fondate sulla stima del
valore presumibile di realizzo (Circolare Assonime 23 dicembre 2005, n. 69, pag. 38). La
previsione in parola deve, tuttavia, essere periodicamente aggiornata, coerentemente
con l’evoluzione della procedura concorsuale alla quale è stato assoggettato il debitore.
Determinazione della perdita
concorsualededucibile
22
In sede di predisposizione del progetto di bilancio, relativo all’anno in cui è dichiarato il
fallimento del debitore, il creditore è tenuto ad individuare l’importo ragionevolmente
ancora recuperabile, sulla base dei dati della consistenza dell’attivo e dello stato passivo
esecutivo della procedura, se già disponibili, nonché delle ulteriori informazioni rese dal
curatore, ovvero delle notizie comunque raccolte.
Il valore in parola dovrà, poi, essere adeguato nei successivi periodi amministrativi, in
base ai risultati della liquidazione fallimentare, e degli eventuali scostamenti rispetto ai
presupposti di stima assunti in sede di chiusura del precedente esercizio. A questo
proposito, un determinante ausilio può essere fornito dal rapporto riepilogativo
semestrale di cui all’art. 33, ultimo co., del R.D. n. 267/1942, che il curatore deve
depositare presso il registro delle imprese, unitamente agli estratti conto bancari del
periodo ed alle osservazioni del comitato dei creditori.
La particolare complessità della procedura ascrivibile ai circoscritti termini
dell’omologazione (art. 181 del R.D. n. 267/1942), nonché alle modalità liquidatorie
definite dal tribunale, impone un tempestivo monitoraggio dell’evoluzione del
concordato preventivo.
Una prima valutazione di recuperabilità del credito deve essere operata in sede di
ammissione alla procedura, facendo affidamento sulla proposta formulata dal debitore,
contenente l’indicazione della percentuale di soddisfazione offerta ai creditori, suddivisi
in classi omogenee per posizione giuridica ed interessi economici. Ai fini
dell’individuazione dell’importo della presumibile perdita, può rivelarsi utile l’analisi della
relazione del professionista di cui all’art. 161, co. 3, della Legge Fallimentare, designato
dal debitore, tenuto ad attestare la veridicità dei dati aziendali e, soprattutto, la
fattibilità del piano concordatario, con la precisazione dei relativi profili di criticità.
L’importo così determinato deve, poi, essere riscontrato alla luce della relazione del
commissario giudiziale (art. 172, co. 1, L.F.), predisposta alcuni mesi dopo l’apertura
della procedura, con lo specifico obiettivo di informare i creditori in merito alla concreta
realizzabilità della proposta concordataria, nonché alla convenienza rispetto alle altre
alternative concretamente praticabili, sovente rappresentate dalla dichiarazione di
fallimento.
Una terza verifica deve essere effettuata a seguito dell’omologazione del concordato
preventivo – salvo che il tribunale disponga la revoca del procedimento e, previo
accertamento dello stato di insolvenza, la contestuale emanazione della sentenza
dichiarativa di fallimento – determinante l’apertura della liquidazione giudiziale, sulla
base della presumibile percentuale di soddisfazione desumibile dal decreto di
omologazione del tribunale.
Concordatopreventivo
Fallimento
23
L’avvio di tale fase esecutiva comporta, inoltre, la necessità di un sistematico
aggiornamento della suddetta stima di recuperabilità del credito, tenuto conto delle
risultanze evidenziate nella relazione periodica del liquidatore giudiziale, dei pagamenti
parziali ricevuti e delle prospettive di conclusione dell’iter di realizzazione dell’attivo
concordatario, funzionale all’esecuzione della ripartizione finale e, quindi, dell’estinzione
del credito residuo iscritto in contabilità.
Sotto il profilo operativo, si ritiene opportuno stimare l’importo recuperabile dei crediti in
funzione dell’evoluzione dell’accordo di ristrutturazione, mediante l’adozione di una
metodologia analoga a quella prospettata per il concordato preventivo. In particolare,
una prima verifica di realizzabilità residua del credito dovrebbe essere operata – stante
la formulazione del novellato art. 101, co. 5, del D.P.R. n. 917/1986 – a seguito
dell’emanazione, da parte del tribunale competente, del decreto di omologazione
dell’accordo di ristrutturazione dei debiti. Tale nuova previsione normativa dovrebbe,
pertanto, considerare superata la prassi dell’Agenzia delle Entrate, che aveva sinora
attribuito esclusiva rilevanza fiscale – in mancanza di una specifica disposizione di
riferimento – al successivo momento del passaggio in giudicato del predetto
provvedimento giudiziale, in quanto maggiormente coerente con la ratio dell’art. 101,
co. 5, del Tuir dell’epoca, ovvero la sussistenza degli elementi certi e precisi.
L’importo così individuato potrà, poi, formare oggetto di ulteriori rettifiche e, quindi, di
perdite su crediti per effetto di eventuali scostamenti emersi in sede di fase esecutiva e
dei pagamenti parziali ricevuti, sino alla completa estinzione del residuo valore contabile
del credito.
Nel caso in cui, a seguito dell’omologazione dell’accordo di ristrutturazione, non si
verifichi il corretto adempimento dello stesso, e tale circostanza sia accertata in un
periodo d’imposta successivo a quello di deduzione della perdita, il creditore è tenuto a
rilevare un componente positivo del reddito imponibile. Salvo che, alla chiusura
dell’esercizio, sia già intervenuta la dichiarazione di fallimento del debitore, ovvero
l’ammissione dello stesso al concordato preventivo, rendendo necessaria l’applicazione
dei criteri in precedenza delineati.
Il Decreto Crescita non contiene una specifica disposizione diretta ad individuare il
periodo d’imposta a partire dal quale è applicabile il novellato art. 101, co. 5, del D.P.R.
n. 917/1986. È, pertanto, necessario, in primo luogo, fare riferimento alla norma
generale contenuta nell’art. 70 del D.L. n. 83/2012, secondo cui il “il presente decreto
entra in vigore il giorno stesso della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica Italiana”: sul punto, si osservi che le novità fiscali in commento hanno
formato oggetto di modifica in sede di conversione, con l’effetto che dovrebbero
ritenersi applicabili a partire dal periodo d’imposta in corso al 12 agosto 2012, data di
entrata in vigore della Legge n. 134/2012. A questo proposito, si rammenta altresì il
Accordo diristrutturazione
dei debiti
Efficacia dellenuove
disposizioni
24
principio generale contenuto nell’art. 3, co. 1, della Legge 27 luglio 2012, n. 212 (c.d.
Statuto del Contribuente), secondo cui le modifiche introdotte, in relazione ai tributi
periodici, sono applicabili soltanto a partire dal periodo d’imposta successivo a quello in
corso alla data di entrata in vigore delle disposizioni che le prevedono. Con l’effetto che,
nel caso di contribuenti aventi l’esercizio coincidente con l’anno solare, il novellato art.
101, co. 5, del Tuir sarebbe applicabile soltanto a partire dal 1° gennaio 2013. Si
consideri, inoltre, che quando il legislatore ha inteso derogare allo Statuto del
Contribuente lo ha fatto espressamente – ai sensi dell’art. 1, co. 1, dello stesso – ed in
forma specifica, come in occasione della parziale revisione dell’art. 84 del Tuir (art. 23,
co. 9 del D.L. 6 luglio 2011, n. 98), pur in presenza di circostanze che non hanno
necessariamente comportato un beneficio in capo al contribuente, oppure in sede di
modifica della disciplina Ires delle spese di manutenzione e riparazione di cui all’art. 102,
co. 6, del Tuir (art. 3, co. 16-quater del D.L. 2 marzo 2012, n. 16, inserito in sede di
conversione dalla Legge 26 aprile 2012, n. 44).
In senso contrario, ovvero a favore dell’efficacia immediata, potrebbe, tuttavia, deporre
la ratio dell’art. 3 della Legge n. 212/2000, che intende esclusivamente tutelare il
contribuente innanzi all’introduzione di norme maggiormente onerose (Circolare
Assonime 22 dicembre 2011, n. 33).
Nel caso di specie, peraltro, tale rischio non sussiste, in quanto le modifiche apportate
dal D.L. n. 83/2012 – come evidenziato nella relazione tecnica allo stesso – sono
favorevoli al soggetto passivo: si osservi, ad esempio, che diverse perdite su crediti di
importo modesto divengono automaticamente deducibili dal reddito d’impresa, senza
dover dimostrare la sussistenza degli elementi certi e precisi delle stesse.
In altri termini, sia l’intenzione del legislatore che quella dell’art. 3 della Legge n.
212/2000 – diretto a tutelare il contribuente da immediati aggravi d’imposta, non
riscontrabile nell’ipotesi in esame – e dell’art. 33 del D.L. n. 83/2012 (teso ad agevolare
la soluzione della crisi d’impresa) dovrebbero far propendere per un’applicazione
istantanea del novellato art. 101, co. 5, del D.P.R. n. 917/1986, già nel periodo
d’imposta in corso al 12 agosto 2012, data di entrata in vigore della Legge di
conversione del Decreto Crescita, ovvero nel 2012 per i contribuenti aventi l’esercizio
coincidente con l’anno solare.
Il Decreto Crescita ha riformulato l’art. 88, co. 4, del D.P.R. n. 917/1986, introducendo
un’importante novità di materia di riduzione delle passività dell’impresa: in caso di
accordo di ristrutturazione dei debiti omologato, o di piano attestato di risanamento
pubblicato presso il registro delle imprese, non costituisce sopravvenienza attiva la parte
che eccede le perdite fiscali, pregresse e di periodo, di cui all’art. 84 del Tuir. Rimane,
invece, confermata la totale esclusione da imposizione per tali componenti positivi,
qualora emergenti in sede di concordato preventivo o fallimentare.
Novitàsopravvenienze
attive dariduzione dei
debiti
25
L’art. 33, co. 4, del D.L. 22 giugno 2012, n. 83 ha sostituito integralmente l’art. 88, co.
4, del Tuir, per effetto del quale non concorrono alla formazione del reddito, in quanto
non considerati sopravvenienze attive:
i versamenti in denaro o in natura a fondo perduto o in conto capitale ricevuti dalle
società di capitali, cooperative, di mutua assicurazioni e dagli enti commerciali –
residenti nel territorio dello Stato (art. 73, co. 1, lett. a) e b), del Tuir – ed effettuati
dai proprio o soci o detentori di strumenti finanziari similari alle azioni);
la rinuncia dei soci (o detentori di strumenti finanziari similari alle azioni) ai crediti
vantati nei confronti di una società di cui al punto precedente. A questo proposito, si
segnala, tuttavia, che nel caso in cui il socio rivesta anche la qualità di
amministratore della partecipata, e la rinuncia riguardi il credito maturato per effetto
dell’esercizio delle proprie funzioni di gestione (compenso e Tfm, soggetti al
principio di cassa), si configura, tuttavia, la fattispecie del c.d. incasso giuridico in
capo al disponente la remissione e, quindi, il sorgere del presupposto impositivo nei
confronti costui (C.M. 27 maggio 1994, n. 73/E, par. 3.20);
La rinuncia ai crediti ed i finanziamenti a fondo perduto o in conto capitale
sostanzialmente configurano apporti integrativi del patrimonio sociale e di
conseguenza devono essere portati in aumento del costo della partecipazione (art.
101, co. 7 del Tuir).
i versamenti in denaro o in natura effettuati a fondo perduto o in conto capitale
alla società dai soggetti detentori di strumenti finanziari similari alle azioni, ovvero
quelli la cui remunerazione è costituita totalmente dalla partecipazione ai risultati
economici, da parte della società emittente o di altre società appartenenti al
gruppo, dell’affare in relazione al quale i titoli e gli strumenti finanziari sono stati
emessi;
la riduzione dei debiti dell’impresa a seguito di concordato preventivo o
fallimentare;
la riduzione dei debiti dell’impresa per effetto della partecipazione alle perdite da
parte dell’associato in partecipazione.
La vera novità normativa è, tuttavia, contenuta nella parte conclusiva dell’art. 88, co.
4, del Tuir, in cui è stabilito che in caso di accordo di ristrutturazione dei debiti
omologato (art. 182-bis del R.D. 16 marzo 1942, n. 267), o piano attestato di
risanamento pubblicato presso il registro delle imprese (art. 67, co. 3, lett. d), L.F.),
“la riduzione dei debiti dell’impresa non costituisce sopravvenienza attiva per la parte
che eccede le perdite, pregresse e di periodo di cui all’articolo 84”. In altri termini,
Novità deldecretocrescita
OSSERVA
26
non è consentito al debitore beneficiare sia della non imponibilità integrale di tale
componente positivo che dell’utilizzo delle perdite, pregresse e di periodo, riportabili.
Il contenuto letterale del novellato art. 88, co. 4, del D.P.R. n. 917/1986 pone, tuttavia,
alcuni dubbi interpretativi, riconducibili, in primo luogo alla tecnica utilizzata dal
legislatore, ovvero qualificare le sopravvenienze attive non eccedenti come i “proventi
esenti” di cui al co. 1, terzo periodo, dell’art. 84 del Tuir. In altri termini, le perdite fiscali
non sono sostanzialmente utilizzabili sino a concorrenza dell’importo delle
sopravvenienze attive da riduzione dei debiti.
L’imposizione delle sopravvenienze attive da riduzione dei debiti, nel limite delle
perdite fiscali utilizzabili, appare, peraltro, incoerente – oltre che con la disciplina del
concordato preventivo – con la ratio della modifica della disciplina delle perdite (art.
23, co. 9, del D.L. 6 luglio 2011, n. 98), fondata sulla necessità delle imprese di
superare la crisi senza decadere dal diritto di utilizzazione del perdite prodotte
(relazione illustrativa al Decreto).
Si consideri, inoltre, che il limite delle perdite fiscali contenuto nel novellato art. 88, co.
4, del Tuir non riguarda soltanto le eccedenze pregresse, ma anche quella di periodo, la
quale, a propria volta, è influenzata dal trattamento delle sopravvenienze attive da
riduzione dei debiti. Sul punto, nel silenzio della norma, ed in attesa di chiarimenti
dell’Agenzia delle Entrate, una prima possibile soluzione potrebbe essere rappresentata
dall’applicazione di un principio analogo a quello adottato dalla stessa Amministrazione
Finanziaria, per individuare l’utile d’esercizio nell’ambito del patrimonio netto costituente
il limite massimo della variazione in aumento rilevante ai fini Ace (art. 11 del D.M. 14
marzo 2012). Il provvedimento direttoriale 18 maggio 2012, n. 65721 aveva, infatti,
stabilito la necessità di determinare il risultato economico d’esercizio “teorico”, senza
considerare l’applicazione dell’Ace. Attesa l’analogia del meccanismo introdotto dal
legislatore, potrebbe essere invocabile il medesimo principio, considerando – oltre alle
eccedenze pregresse – la perdita fiscale di periodo “teorica”, ovvero senza applicare il
nuovo regime di non imponibilità delle sopravvenienze attive.
Una soluzione alternativa, sostenuta dalla dottrina prevalente, potrebbe, invece,
comportare l’individuazione dell’eventuale esistenza della perdita “teorica” di periodo,
considerando anche la variazione in diminuzione “figurativa” ascrivibile all’intero importo
della sopravvenienza attiva da riduzione dei debiti dell’impresa.
Profili critici
OSSERVA
Vincoloquantitativo
27
Sopravvenienza attiva da riduzione dei debiti dell’impresa: euro 350.000.
Ipotesi 1 Ipotesi 2 Ipotesi 3
Reddito d’impresa (ante variazione
in diminuzione sopravvenienze
attive)
500.000 100.000 -50.000
Sopravvenienze attive da
riduzione dei debiti
350.000 350.000 350.000
Perdita “teorica” di periodo 0 -250.000 -400.000
Sopravvenienze attive imponibili 0 250.000 350.000
Sopravvenienze attive “detassate” 350.000 100.000 0
Variazione in diminuzione -350.000 -100.000 0
Reddito d’impresa o perdita 150.000 0 -50.000
Si riscontra altresì l’oggettiva criticità del generico richiamo alle perdite disciplinate
dall’art. 84 del Tuir, e non alle loro modalità di utilizzo, senza considerare che una
parte di tali eccedenze è soggetta al vincolo quantitativo dell’80,00% del reddito
imponibile. In altri termini, le sopravvenienze attive sono imponibili sulla base
dell’importo integrale delle perdite riportabili, sebbene soltanto una parte delle stesse
sarà poi scomputabile dal reddito fiscale del periodo d’imposta.
A ciò si aggiunga che il piano attestato di risanamento e l’accordo di ristrutturazione dei
debiti può essere formulato da imprese (individuali, s.n.c. e s.a.s.) diverse dai
contribuenti Ires, le quali – nel caso di realizzo di sopravvenienze attive contabili –
applicano l’art. 88, co. 4, del D.P.R. n. 917/1986, ma non sono soggette alla disciplina
delle eccedenze pregresse riportabili prevista dall’art. 84 del Tuir, salvo il caso di quelle
prodotte in un momento in cui il debitore era costituito in forma di società di capitali e si
è, poi, trasformato in s.n.c. o s.a.s. (rigo RF55, colonne 1 e 2, del Modello Unico –
Società di Persone). In altri termini, la società di persone potrebbe non disporre di
perdite di cui all’art. 84 del Tuir, con l’effetto che beneficerebbe dell’integrale esclusione
da imposizione delle sopravvenienze attive da riduzione dei debiti, ed i soci utilizzare le
perdite riportabili dalla stessa attribuite loro in base al principio di trasparenza.
Debitori esclusidall’art.84 del
Tuir
OSSERVA
28
Reddito d’impresa 2012: euro 500.000 comprendente sopravvenienze attive da
riduzione dei debiti (euro 700.000).
Perdite pregresse soggette al vincolo dell’80,00% del reddito imponibile: euro
400.000.
Disciplina
ante D.L. n.
83/2012
Novellato
art. 88, co.
4, del Tuir
Concordato
preventivo
Reddito d’impresa (ante variazione
in diminuzione sopravvenienze
attive)
500.000 500.000 500.000
Sopravvenienze attive da
riduzione dei debiti
700.000 700.000 700.000
Perdita di periodo 0 -200.000
(“teorica”)
-200.000
(effettiva)
Perdite pregresse -400.000 -400.000 -400.000
Sopravvenienze attive imponibili 700.000 600.000 0
Variazione in diminuzione 0 -100.000 -700.000
Reddito d’impresa o perdita 500.000 400.000 -200.000
Scomputo perdite (80,00%) -400.000 -320.000 0
Perdite residue riportabili 0 -80.000 -600.000
Alla luce di quanto sopra riportato, appare altresì evidente che il legislatore non ha
risolto il problema di fondo: la persistente preferibilità fiscale del concordato preventivo,
al quale è accordata l’integrale esclusione da imposizione diretta delle plusvalenze da
cessione dei beni (art. 86, co. 5, del D.P.R. n. 917/1986) e delle sopravvenienze attive
da riduzioni dei debiti, nonché l’utilizzo delle perdite pregresse secondo le regole
ordinarie dell’art. 84 del Tuir. Atteso che le imprese giungono alla soluzione della crisi
dopo aver accumulato ingenti perdite fiscali riportabili, il beneficio introdotto dal D.L. n.
83/2012 rischia, infatti, di risultare particolarmente limitato, con palesi ripercussioni
anche sulla soddisfazione dei creditori, rispetto all’alternativa ipotesi del concordato
preventivo.
Al fine di favorire la diffusione almeno dell’accordo di ristrutturazione dei debiti,
Immutataconvenienza
del concordatopreventivo
OSSERVA
29
sarebbe stato opportuno equipararne la disciplina fiscale a quella del concordato
preventivo, attraverso l’integrale esclusione da imposizione delle sopravvenienze
attive da riduzione dei debiti (e delle plusvalenze da cessione dei beni), oppure
introducendo il limite delle perdite anche per gli effetti reddituali dello stralcio delle
passività del concordato preventivo.
Si consideri, infine, che – in virtù del principio della continuità aziendale, che ha ispirato
l’intervento del D.L. n. 83/2012, in materia di crisi d’impresa – non è stata, invece,
apportata alcuna modifica all’art. 86, co. 5, del Tuir, che continua a prevedere la totale
irrilevanza fiscale delle cessioni di beni eseguite nell’ambito del solo concordato
preventivo. Conseguentemente, nel caso di un piano attestato di risanamento o di un
accordo di ristrutturazione dei debiti comportante – anche in ipotesi di soluzioni
conservative o dilatorie, non necessariamente liquidatorie – l’alienazione di beni
d’impresa, l’operazione può dare luogo al realizzo di plusvalenze imponibili (o
minusvalenze deducibili): qualora si verifichi l’ipotesi plusvalente, spesso riscontrabile in
presenza di cespiti caratterizzati da un avanzato stato di ammortamento fiscale,
l’operazione può determinare l’emersione di un rilevante costo fiscale, che sottrae
risorse alla soddisfazione dei creditori.
Utile d’esercizio 2012: euro 100.000 comprendente plusvalenze da cessione dei beni
(euro 20.000) e sopravvenienze attive da riduzione dei debiti (euro 60.000).
Perdite pregresse illimitatamente riportabili: euro 35.000.
Disciplina
ante D.L. n.
83/2012
Novellato
art. 88, co.
4, del Tuir
Concordato
preventivo
Utile d’esercizio 100.000 100.000 100.000
Plusvalenze da cessione dei beni imponibili imponibili - 20.000
Sopravvenienze attive da
riduzione dei debiti
imponibili -25.000
(imponibili
sino
all’importo
delle perdite)
-60.000
Reddito d’impresa lordo 100.000 75.000 20.000
Scomputo perdite pregresse -35.000 -35.000 -20.000
Reddito d’impresa netto 65.000 40.000 0
Ires di competenza 17.875 11.000 0
Perdite riportabili 0 0 -15.000
30
Il Decreto Crescita non contiene una specifica disposizione diretta ad individuare il
periodo d’imposta a partire dal quale è applicabile il novellato art. 88, co. 4, del D.P.R.
n. 917/1986. È, pertanto, necessario fare riferimento al principio generale contenuto
nell’art. 3, co. 1, della Legge 27 luglio 2012, n. 212 (c.d. Statuto del Contribuente),
secondo cui le modifiche introdotte, in relazione ai tributi periodici, sono applicabili
soltanto a partire dal periodo d’imposta successivo a quello in corso alla data di entrata
in vigore delle disposizioni che le prevedono. Con l’effetto che, nel caso di contribuenti
aventi l’esercizio coincidente con l’anno solare, i novellati artt. 88, co. 4, del Tuir
sarebbero applicabili soltanto a partire dal 1° gennaio 2013. Si consideri, inoltre, che
quando il legislatore ha inteso derogare allo Statuto del Contribuente lo ha fatto
espressamente – ai sensi dell’art. 1, co. 1, dello stesso – come in occasione della
parziale revisione dell’art. 84 del Tuir (art. 23, co. 9 del D.L. 6 luglio 2011, n. 98), pur in
presenza di circostanze che non hanno necessariamente comportato un beneficio in
capo al contribuente, oppure in sede di modifica della disciplina Ires delle spese di
manutenzione e riparazione di cui all’art. 102, co. 6, del Tuir (art. 3, co. 16-quater del
D.L. 2 marzo 2012, n. 16, inserito in sede di conversione dalla Legge 26 aprile 2012, n.
44).
In senso contrario, ovvero a favore dell’efficacia immediata, potrebbe, tuttavia,
deporre la ratio dell’art. 3 della Legge n. 212/2000, che intende esclusivamente
tutelare il contribuente innanzi all’introduzione di norme maggiormente onerose
(Circolare Assonime 22 dicembre 2011, n. 33). Nel caso di specie, peraltro, tale
rischio non sussiste, in quanto le modifiche apportate dal D.L. n. 83/2012 – come
evidenziato nella relazione tecnica allo stesso – sono favorevoli al soggetto passivo: in
particolare, la nuova formulazione dell’art. 88, co. 4, del D.P.R. n. 917/1986 consente
di escludere dal reddito fiscale Ires almeno una parte delle sopravvenienze attive
derivanti dalla riduzione dei debiti dell’impresa, nell’ambito di un accordo di
ristrutturazione dei debiti o di un piano attestato di risanamento (iscritto presso il
registro delle imprese), sinora integralmente assoggettate ad imposizione, in quanto
non generatesi in sede di concordato fallimentare o preventivo.
Alla luce di quanto sopra riportato, si dovrebbe ritenere che le nuove disposizioni fiscali
trovino applicazione esclusivamente a partire dal prossimo periodo d’imposta. Sotto il
profilo, sostanziale, nonché logico-sistematico e di semplificazione operativa (principi
richiamati, in tema di perdite di cui all’art. 84 del Tuir, anche dalla C.M. 6 dicembre
2011, n. 53/E, par. 1.7), si dovrebbe, però, giungere ad una diversa conclusione: la
ratio del legislatore, sia quello dell’art. 3 della Legge n. 212/2000 – diretto a tutelare il
Effetti dellanovità
normativa
OSSERVA
31
contribuente da immediati aggravi d’imposta, non riscontrabile nell’ipotesi in esame –
che quello del D.L. n. 83/2012 (teso ad agevolare la soluzione della crisi d’impresa),
dovrebbe, infatti, far propendere per un’applicazione istantanea del novellato art. 88,
co. 4, del D.P.R. n. 917/1986, già nel periodo d’imposta in corso all’entrata in vigore di
quest’ultimo provvedimento.
Non è stato, invece, modificato il D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, che continua, quindi,
a non trattare espressamente il caso delle sopravvenienze attive derivanti dalla
decurtazione delle passività del debitore. Nel caso delle società di capitali, che derivano
dal bilancio d’esercizio la base imponibile del tributo regionale (art. 5 del predetto
Decreto), è, pertanto, necessario fare affidamento sui principi generali del tributo
regionale, e precisamente a quello di correlazione. Conseguentemente, le
sopravvenienze attive da riduzione dei debiti – iscritte nella voce E)20) del conto
economico, ovvero al di fuori del valore e dei costi della produzione – devono essere
considerate imponibili, in sede di determinazione del valore della produzione netta, nella
misura in cui il costo che aveva originato la passività – senza computare, quindi,
l’importo della stessa ascrivibile all’Iva detraibile, autonomamente recuperabile mediante
la facoltativa emissione della nota di variazione (art. 26, co. 2 e 3, del D.P.R. 26 ottobre
1972, n. 633) – è stato dedotto, in un passato esercizio, dalla base imponibile Irap del
debitore. Ad esempio, nel caso di riduzione dei debiti commerciali, maturati per effetto
di costi d’acquisto di beni o per servizi (voci B)6) e B)7) del conto economico) dedotti
dal valore della produzione netta, la corrispondente sopravvenienza attiva deve ritenersi
imponibile.
Il medesimo principio induce, pertanto, a ritenere esclusa la rilevanza del componente
positivo originatosi a causa della falcidia di una passività finanziaria, in quanto non
proveniente da un componente negativo dedotto in un precedente periodo d’imposta,
salvo che si tratti di un credito derivante da un’operazione di leasing. In tale ipotesi, la
sopravvenienza attiva rileva, infatti, parzialmente, in misura pari al costo
corrispondente alla riduzione della passività – senza considerare l’Iva detraibile (voce
B)8) del conto economico civilistico) – dedotto dalla base imponibile Irap di un
passato esercizio: non deve, quindi, essere computata la parte riferibile alla quota
finanziaria del canone di leasing, poiché irrilevante.
Non influisce, pertanto, la circostanza che la predetta falcidia concordataria produca, in
capo al creditore, una perdita indeducibile ai fini Irap, generando una sorta di
asimmetria impositiva, ritenuta ammissibile anche da recente giurisprudenza di
Immutatadisciplina IRAP
OSSERVA
32
legittimità. Sul punto, si veda, ad esempio, la sentenza n. 17603 del 28 luglio 2010,
emanata dalla Corte di Cassazione, in accoglimento della tesi dell’Agenzia delle Entrate,
secondo cui:
il fatto che il legislatore abbia voluto escludere, dalla base imponibile Irap, l’inci-
denza delle perdite su crediti “non implica di certo una correlativa esenzione della
sopravvenienza in capo all’altra società”. È, infatti, innegabile, a parere dell’Am-
ministrazione Finanziaria, che “la remissione (ancorchè parziale) di un debito
comporta un arricchimento del soggetto che ne beneficia ed un incremento del suo
patrimonio netto”;
in nessun caso è invocabile la fattispecie della doppia imposizione, esclusa dall’in-
sussistenza del requisito dell’identità del presupposto, “in quanto vi è invece un ar-
ricchimento della società debitrice ed un impoverimento di quella creditrice”. A ciò si
aggiunga che, come precisato dall’Agenzia delle Entrate, “il provento era stato
tassato al momento della produzione del valore aggiunto, mentre con la perdita sul
credito si è solo limitata la possibilità di una riduzione della base imponibile Irap”.
Nel caso di imprenditore individuale o società di persone, opera, invece, un regime di
assoluta irrilevanza fiscale, in quanto i componenti positivi della base imponibile Irap
non comprendono le sopravvenienze, così come le plusvalenze, essendo circoscritti ai
seguenti elementi (art. 5-bis, co. 1, del D.Lgs. n. 446/1997):
ricavi di cui all’art. 85, co. 1, lett. a), b), f) e g), del Tuir;
variazione delle rimanenze di beni, opere e servizi in corso di esecuzione di cui agli
artt. 92 e 93 del predetto D.P.R. n. 917/1986.
I soggetti passivi Ires determinano il reddito d’impresa del periodo d’imposta 2012 sulla
base del risultato economico emergente dal bilancio d’esercizio, apportando le rettifiche
richieste dall’applicazione delle disposizioni tributarie contenute nel Tuir, che
quantificano, quindi, un imponibile (o una perdita) fiscale divergente da quanto
riscontrato sotto il profilo civilistico. Il presente contributo si propone, pertanto, di
esaminare alcune delle principali variazioni in aumento, riconducibili ai più significativi
componenti di reddito, quali plusvalenze, sopravvenienze attive, proventi immobiliari,
valutazione delle rimanenze, compensi amministratori, interessi passivi, imposte, costi
relative ai beni a deducibilità limitata, svalutazioni, minusvalenze, ammortamenti, spese
di rappresentanza, manutenzioni e riparazioni.
Le rettifiche incrementative del risultato civilistico d’esercizio, funzionali all’individuazione
del reddito d’impresa, devono essere esposte nel quadro RF, e riguardano
prevalentemente i seguenti aspetti:
la rateizzazione di plusvalenze e sopravvenienze attive (RF7), dei contributi e delle
liberalità (RF8);
Riduzione deidebiti dei
soggetti Irpef
Variazioni inaumento del
quadro RF delModello Unico
2013 –Società di
Capitali
33
i proventi imponibili (RF11) ed i costi indeducibili relativi agli immobili “patrimonio”
(RF12);
il maggior valore fiscale, rispetto a quello civilistico, delle rimanenze di beni fungibili,
commesse e titoli iscritti nell’attivo circolante (RF14);
i compensi spettanti agli amministratori, ma non ancora corrisposti (RF15);
gli interessi passivi indeducibili (RF16);
le imposte indeducibili o non pagate (RF17);
le spese per mezzi di trasporto indeducibili ai sensi dell’art. 164 del Tuir (RF19);
le svalutazioni e minusvalenze patrimoniali, sopravvenienze passive e perdite non
deducibili (RF20);
le minusvalenze relative a partecipazioni esenti (RF21);
le spese di somministrazione alimenti e bevande, e di rappresentanza (RF24);
i costi di manutenzione, riparazione, ammodernamento e trasformazione (RF25);
le svalutazioni e gli accantonamenti indeducibili (RF26);
le perdite da valutazione in cambi (RF29);
gli oneri derivanti da operazioni intercorse con soggetti domiciliati in Stati o territori
a fiscalità privilegiata (RF30);
le variazioni in aumento diverse dalle precedenti (RF32). Ad esempio, quelle relative
ai seguenti componenti reddituali:
i dividendi, di competenza civilistica di un precedente esercizio, percepiti nel
corso del periodo d’imposta;
le spese “eccedenti” sostenute dai lavoratori dipendenti per trasferte al di fuori
del territorio comunale;
le plusvalenze e sopravvenienze fiscali superiori a quanto imputato a conto
economico;
la differenza tra il valore normale delle cessioni di beni e prestazioni di servizi ed
il transfer pricing contabilizzato;
la maggior plusvalenza fiscale rispetto a quella contabile derivante dal realizzo
dei beni rivalutati nel bilancio d’esercizio 2008;
gli utilizzi della riserva in sospensione d’imposta, costituita mediante
accantonamento di utili per l’esecuzione del programma di rete, per finalità
diverse dalla copertura delle perdite, oppure il venir meno dell’adesione al
network prima della scadenza naturale del relativo contratto (art. 42, co. 2-
quater, del D.L. 31 maggio 2010, n. 78);
i costi riguardanti i beni concessi dall’impresa ai soci, per un corrispettivo
inferiore al valore di mercato del diritto di godimento, indeducibili dal reddito
d’impresa, a norma dell’art. 2, co. 36-quaterdecies, del D.L. 13 agosto 2011, n.
138;
i canoni di locazione finanziaria indeducibili ai sensi dell’art. 102, co. 7, del Tuir,
derivanti dai contratti stipulati dal 29 aprile 2012, i quali possono beneficiare
della rilevanza fiscale, anche se aventi durata contrattuale inferiore a quella
minima fiscale. Al ricorrere di tale ipotesi, la quota capitale imputata a conto
34
economico è superiore a quella fiscalmente ammessa: l’eccedenza rappresenta,
quindi, un costo temporaneamente indeducibile, recuperabile in futuro, dopo
l’esaurimento della durata contrattuale.
L’art. 86, co. 4, del D.P.R. n. 917/1986 stabilisce che le plusvalenze patrimoniali
realizzate a norma del precedente co. 1 – mediante cessione a titolo oneroso o
risarcimento, anche in forma assicurativa, per la perdita o il danneggiamento di beni –
possono concorrere alla formazione del reddito imponibile secondo due criteri
alternativi:
per l’intero ammontare, nel periodo d’imposta di competenza;
in quote costanti, nel predetto esercizio nei successivi, non oltre un quarto, se il
cespite plusvalente è stato posseduto per almeno tre anni (dodici mesi, nel caso
delle società sportive professionistiche), considerando come data iniziale quella di
cui all’art. 109 del Tuir, previa apposita opzione da manifestare in dichiarazione dei
redditi. In mancanza, opera, infatti, la presunzione della partecipazione al reddito
Ires nell’anno fiscale di realizzo di tale componente positivo.
Sul punto, si rammenta che, qualora la cessione plusvalente riguardi beni
originariamente acquisti mediante un contratto di leasing, rileva – ai fini del computo
del predetto triennio – la data di stipulazione della locazione finanziaria, e non quella
di riscatto del bene (R.M. 17 dicembre 2007, n. 379/E).
Analogamente, nel caso di bene pervenuto per effetto di un’operazione di fusione,
rileva la precedente data di acquisto in capo alla società fusa od incorporata (C.M. 10
aprile 1991, n. 9/9/388): mentre, nell’ipotesi di plusvalenza da cessione dell’azienda,
deve essere considerata la data di costituzione od acquisizione dell’impresa (C.M. 19
dicembre 1997, n. 320/E). Se tali attività sono rappresentate da immobilizzazioni
finanziarie, diverse da quelle idonee a beneficiare del regime della participation
exemption di cui all’art. 87 del Tuir, il predetto requisito temporale deve risultare
soddisfatto con riferimento agli ultimi tre bilanci d’esercizio.
Conseguentemente, nel caso di plusvalenze realizzate che soddisfano i citati
presupposti, il contribuente può avvalersi della facoltà di rateizzazione delle stesse,
assolvendo i seguenti adempimenti:
esercitare l’opzione nella dichiarazione del periodo d’imposta di conseguimento delle
plusvalenze, compilando l’apposita sezione “Plusvalenze e sopravvenienze attive”
(colonna 1 dei righi RF66 e RF67);
Plusvalenzepatrimoniali e
sopravvenienzeattive
imponibili
OSSERVA
35
operare una variazione in diminuzione nel rigo RF34, per l’intero ammontare delle
plusvalenze di competenza civilistica dell’esercizio 2012;
effettuare una variazione in aumento nel rigo RF7, colonna 1, per la quota di
plusvalenza di cui al punto precedente imponibile nel periodo d’imposta 2012, che
concorre, poi, alla formazione dell’importo della successiva colonna 2, unitamente
alle quote oggetto di rateizzazione in precedenti periodi d’imposta.
Analogo trattamento è previsto, con riferimento alle sopravvenienze attive costituite
dalle indennità di cui all’art. 86, co. 1, lett. b), del D.P.R. n. 917/1986 – riguardanti il
risarcimento, anche in forma assicurativa, per la perdita od il danneggiamento dei beni –
conseguite per un importo eccedente l’ammontare che ha concorso a formare il reddito
in precedenti esercizi, che devono essere indicate nella colonna 2 dei righi RF7 e RF34,
comprensive dell’importo esposto nella precedente colonna 1, nonché della colonna 2
dei righi RF66 e RF67.
In data 1° gennaio 2012, la società Alfa s.r.l. ha ceduto un impianto strumentale
all’attività dell’impresa, conseguendo una plusvalenza contabile e fiscale di euro
10.000. Atteso che il bene era stato originariamente acquistato nell’anno 2007, il
contribuente si avvale – a norma dell’art. 86, co. 4, del Tuir – della facoltà di
rateizzare tale componente positivo, in cinque quote costanti, assolvendo i seguenti
adempimenti:
esercizio dell’opzione per la rateizzazione
effettuazione di una variazione in diminuzione per l’intero importo della plusvalenza;
esecuzione di una variazione in aumento per la quota costante di plusvalenza di cui al
rigo RF67, colonna 1, da assoggettare ad imposizione nel Modello Unico 2013 –
Società di Capitali
10.0002.000
10.000 10.000
2.000 2.000
36
Le medesime considerazioni devono, inoltre, ritenersi valide con riferimento ai
proventi in denaro o in natura conseguiti a titolo di contributo o liberalità di cui all’art.
88, co. 3, lett. b), del Tuir (con espressa esclusione di quelli indicati nell’art. 85, co. 1,
lett. g) e h), del D.P.R. n. 917/1986): tali componenti positivi costituiscono, infatti,
anch’essi sopravvenienze attive, richiedendo, pertanto, la compilazione degli analoghi
righi RF68, RF69, RF35 e RF8.
Nel caso in cui il periodo d’imposta 2012 sia stato altresì caratterizzato dalla cessione di
un immobile rivalutato in base all’art. 15, co. 16 e ss., del D.L. 29 novembre 2008, n.
185, la plusvalenza fiscale – determinata come differenza tra il corrispettivo di cessione
ed il costo fiscale non ammortizzato e, quindi, ante-rivalutazione, stante l’irrilevanza dei
maggiori valori iscritti almeno sino al 31 dicembre 2013 – è superiore a quella contabile,
calcolata considerando, in diminuzione, il maggior costo rivalutato. Tale eccedenza
fiscale, rispetto a quella civilistica, comporta, pertanto, la necessità di apportare, in
primo luogo, una variazione in aumento nel rigo RF32, utilizzando il codice 19. Qualora,
poi, il contribuente intenda avvalersi – nel rispetto del predetto requisito del possesso
triennale – della rateizzazione della plusvalenza, dovrà esercitare la relativa opzione in
dichiarazione, nonché apportare una variazione in diminuzione (rigo RF34, colonna 1),
per l’intero ammontare, ed una in aumento, nel rigo RF7, colonna 1, relativamente alla
quota costante della stessa, da far concorrere alla determinazione del reddito Ires del
periodo d’imposta 2012.
L’art. 2425-bis, co. 4, c.c. stabilisce che la plusvalenza derivante dall’operazione di
cessione di un bene, e contestuale stipulazione di un contratto di locazione finanziaria a
beneficio del venditore, non è di esclusiva ed integrale competenza del periodo
amministrativo di realizzo, ma deve, invece, essere ripartita in base alla durata del
contratto di leasing. Con l’effetto che la plusvalenza imputata al conto economico
civilistico dell’esercizio di conseguimento è inferiore a quella fiscalmente imponibile:
l’Agenzia delle Entrate considera, infatti, autonomamente la fattispecie realizzativa da
quella di stipulazione dell’atto di locazione finanziaria, rendendo, pertanto, necessario
operare una duplice variazione:
in aumento, pari all’ammontare della plusvalenza fiscale, nel rigo RF32, utilizzando,
nella colonna 1, il codice residuale “99”;
in diminuzione, per la plusvalenza contabile imputata al conto economico civilistico
per competenza, pro-quota, in base alla durata del contratto di leasing (rigo RF54,
utilizzando anche in questo caso, nella colonna 1, il codice residuale “99”).
Fermo restando che, nel caso di cessione di un bene posseduto per almeno tre anni, il
contribuente conserva il diritto alla rateizzazione della suddetta plusvalenza, a norma
dell’art. 86, co. 4, del Tuir.
Plusvalenze suimmobilirivalutati
Plusvalenze dalease - back
37
Riprendendo i dati precedenti della Alfa s.r.l., si ipotizzi che la cessione sia effettuata
nei confronti di una società di leasing, con contestuale stipulazione di un contratto di
locazione finanziaria, avente una durata di 8 anni. Conseguentemente, al conto
economico dell’esercizio 2012 è stata imputata parzialmente la plusvalenza realizzata,
pari ad euro 1.250, ovvero l’importo di competenza civilistico, ottenuto come
suddivisione dell’ammontare complessivo (euro 10.000) per l’intero periodo di
efficacia dell’atto di leasing. Sotto il profilo Ires, nel caso di rateizzazione rileva il
maggior importo di euro 2.000, quale quota costante della plusvalenza fiscalmente
ripartita in cinque periodi d’imposta.
In sede di dichiarazione dei redditi, devono, quindi, essere compilati i seguenti righi
del modello Unico 2013 – Società di Capitali:
RF32, colonne 1 (codice “99”) e 2, per l’intero importo della plusvalenza fiscale.
RF54, colonna 1 (codice “99”) e 2, per la plusvalenza imputata a conto economico;
RF66, colonna 1, e RF67, colonna 1, per l’opzione della rateizzazione;
RF7, colonne 1 e 2, per l’imposizione della quota costante di plusvalenza fiscale;
RF34, colonne 1 e 2, per l’ammontare complessivo della plusvalenza rateizzata.
9 10.000
9 1.250
10.000
2.000
2.000 2.000
10.000 10.000
38
L’art. 88, co. 5, del D.P.R. n. 917/1986 stabilisce che l’alienante dell’atto di locazione
finanziaria realizza una sopravvenienza attiva pari al valore normale (art. 9 del Tuir).
L’Agenzia delle Entrate ha, poi, chiarito che tale ammontare deve essere assunto al
netto dei seguenti importi:
quote capitale residue e prezzo di riscatto, attualizzati alla data del subentro, poiché
trattasi di importi trasferiti all’acquirente (C.M. 3 maggio 1996, n. 108/E, par. 6.11);
quote capitale indeducibili dei canoni pagati dal cedente, nel caso di leasing
immobiliare, in quanto riferite al terreno sul quale insiste i fabbricato o di cui ne
costituisce pertinenza, ai sensi dell’art. 36, co. 7-bis, del D.L. 4 luglio 2006, n. 223
(C.M. 21 giugno 2011, n. 28/E, par. 9.1).
Qualora il valore normale così determinato sia superiore al corrispettivo di cessione del
contratto di leasing, la differenza deve essere esposta nel rigo RF32, tra le ”Altre
variazioni in aumento”, utilizzando – nella colonna 1 – il codice 13. Diversamente,
nell’ipotesi di prezzo di alienazione già eccedente, non deve essere operata alcuna
variazione in diminuzione, in quanto l’art. 88, co. 5, del Tuir si limita ad individuare un
valore fiscale minimo, peraltro coerentemente con il principio di derivazione del reddito
d’impresa dal bilancio d’esercizio (art. 83 del D.P.R. n. 917/1986).
L’art. 90 del Tuir stabilisce che:
i redditi degli immobili, siti nel territorio dello Stato, che non costituiscono beni
strumentali per l’esercizio dell’impresa, né alla cui produzione o al cui scambio è
diretta l’attività della stessa, concorrono a formare la base imponibile Ires secondo il
reddito medio ordinario risultante dall’applicazione delle disposizioni di cui al Capo II
del Titolo I del D.P.R. n. 917/1986. L’operatività di tale criterio è, tuttavia, esclusa
nel caso in cui l’immobile sia affittato, ed il reddito medio così ottenuto è inferiore al
canone risultante dal contratto di locazione ridotto – sino ad un massimo del
15,00% dello stesso – dell’importo delle spese documentate sostenute ed
effettivamente rimaste a carico per la realizzazione degli interventi di cui all’art. 3,
co. 1, lett. a), del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380: al ricorrere di quest’ultima ipotesi,
partecipa alla formazione del reddito tale canone di locazione al netto della predetta
riduzione;
le spese e gli altri componenti negativi relativi agli immobili patrimonio non sono
ammessi in deduzione (in quanto già considerati nella determinazione della rendita
catastale), compresi gli interessi passivi di funzionamento, ma non quelli di
finanziamento, sostenuti per l’acquisizione (art. 1, co. 35, della Legge 24 dicembre
2007, n. 244) o la costruzione di tali fabbricati (C.M. 21 aprile 2009, n. 19/E, par.
2.2.5.), che sono, quindi, soggetti alla disciplina di limitazione della deducibilità degli
oneri finanziari di cui all’art. 96 del Tuir.
Cessione delcontratto di
leasing
Proventi e costidegli immobili
“patrimonio”
39
Conseguentemente, in sede di predisposizione della dichiarazione dei redditi, il
contribuente deve apportare le seguenti variazioni:
in aumento, con riferimento al reddito determinato a norma dell’art. 90, co. 1, del
Tuir, (rigo RF11, al netto della suddetta deduzione, ove prevista) ed ai costi
indeducibili imputati a conto economico (rigo RF12);
in diminuzione, per l’importo degli eventuali canoni contabilizzati (rigo RF39).
Canone di locazione 2012 dell’immobile patrimonio: euro 20.000
Spese di manutenzione ordinaria: euro 4.000
Variazioni in aumento:
Variazioni in diminuzione:
Nel rigo RF14, deve essere indicata l’eccedenza di valore tributario, rispetto a quanto
imputato a conto economico, delle rimanenze di beni fungibili, commesse e titoli iscritti
nell’attivo circolante. È il caso, ad esempio, del magazzino finale di beni fungibili iscritto
al valore di mercato, inferiore a quello normale medio dell’ultimo mese dell’esercizio
(art. 92, co. 5, del D.P.R. n. 917/1986), oppure dei lavori in corso su ordinazione
valutati in bilancio al criterio del costo, non riconosciuto dalla disciplina fiscale, che
ammette, invece, esclusivamente quella operata sulla base dei corrispettivi pattuiti (art.
93, co. 2, del Tuir).
Esistenze iniziali al 1° gennaio 2012: euro 90.000
Quantità di rimanenze finali: 10.000 unità
Costo unitario: euro 14
Valore di mercato unitario al 31 dicembre 2012: euro 10,00
Rimanenze finali al 31 dicembre 2012:
10.000*euro 10 = euro 100.000
Variazione imputata alla voce A)2) del conto economico: euro 10.000
17.000
4.000
20.000
Maggior valorefiscale delle
rimanenze
Esempio:rimanenze finalidi prodotti finiti
40
Valore normale medio del mese di dicembre 2012: euro 12
Valore minimo fiscale delle rimanenze finali: 10.000*euro 12 = euro 120.000
Maggior valore fiscale (rigo RF14): 10.000* (euro 12 – euro 10) = euro 20.000
Conseguentemente, in sede di predisposizione del Modello Unico 2013 – Società di
Capitali, deve essere apportata una variazione in aumento di euro 20.000
Corrispettivo contrattuale: euro 1.000.000
Esistenze iniziali: zero (lavori iniziati nell’anno 2012)
Costi di commessa sostenuti nell’esercizio 2012: euro 140.000
Costi totali di commessa stimati: euro 700.000
Valutazione della commessa nel bilancio 2012 (criterio del costo): euro 140.000
Percentuale di completamento al 31 dicembre 2012 (metodo del “cost to cost”):
euro 140.000/euro 700.000 = 20,00%
Valutazione fiscale della commessa (criterio dei corrispettivi pattuiti):
20,00%*euro 1.000.000 =euro 200.000
Maggior valore fiscale non imputato a conto economico:
euro 200.000 – euro 140.000 = euro 60.000
Il contribuente è, pertanto, tenuto ad effettuare, nella dichiarazione dei redditi, una
variazione in aumento di euro 60.000.
L’art. 95, co. 5, del Tuir riconosce la deducibilità dei compensi dovuti, dall’impresa, alle
persone fisiche componenti dell’organo di gestione in base al principio di cassa, ovvero
nel periodo d’imposta del loro sostenimento. Con l’effetto che le somme maturate a tale
titolo nell’esercizio 2012, e non ancora corrisposte alla chiusura dello stesso,
determinano la necessità di operare una corrispondente variazione in aumento, pari al
costo imputato a conto economico e temporaneamente indeducibile, nel rigo RF15.
L’applicazione del predetto principio comporta, inoltre, l’insorgere del diritto ad
effettuare una variazione in diminuzione, utilizzando il rigo RF40, con riferimento ai
20.000
60.000
Esempio:rimanenze
finali dicommessa
ultrannuale
Compensispettanti agli
amministratorie non pagati
41
compensi maturati nei precedenti esercizi, e pagati soltanto nell’anno 2012 – se
l’amministratore è un lavoratore autonomo, ad esempio, un dottore commercialista –
ovvero entro il 12 gennaio 2013 (c.d. principio di cassa allargata), qualora il rapporto
instaurato con l’amministratore sia di collaborazione coordinata e continuativa.
Nell’esercizio 2012, il dott. Roberto Verdi, con riferimento al proprio incarico di
amministratore della Alfa s.r.l., ha maturato un compenso di euro 15.000, ed incassato
quello riconosciutogli in relazione all’opera prestata nel corso del periodo
amministrativo 2011 (euro 10.000).
In sede di predisposizione del Modello Unico 2013 – Società di Capitali, la Alfa s.r.l.
deve compilare i seguenti righi:
RF15, per il compenso maturato nel periodo d’imposta 2012, e non ancora corrisposto
(euro 15.000);
RF40, per il compenso del 2011, pagato nel corso dell’anno 2012 (euro 10.000).
Il criterio impositivo di cassa non opera, invece, se l’amministratore è una società, la
quale è soggetta al principio di competenza (R.M. 4 maggio 2006, n. 56/E): in altri
termini, non è applicabile l’art. 95, co. 5, del Tuir, con l’effetto che i compensi in
parola divengono già deducibili nell’esercizio della loro maturazione (norma di
comportamento Aidc n. 182/2011), a prescindere dal momento del loro effettivo
pagamento, senza richiedere, quindi, la necessità di effettuare una variazione in
aumento nell’esercizio di imputazione a conto economico.
L’art 96 del Tuir stabilisce che gli interessi passivi ed oneri finanziari sono deducibili:
integralmente, sino a concorrenza degli interessi attivi e proventi assimilati;
15.000
10.000
OSSERVA
Interessipassivi
indeducibili
42
l’eccedenza, rispetto all’importo di cui al punto precedente, nel limite del 30,00% del
risultato operativo lordo della gestione caratteristica (ROL), determinato come
differenza tra il valore ed i costi della produzione del conto economico di cui all’art.
2425 c.c., senza considerare gli ammortamenti delle immobilizzazioni materiali ed
immateriali, nonché i canoni di leasing dei beni strumentali. L’eventuale eccedenza
di interessi passivi, emergente dopo avere utilizzato integralmente il plafond
disponibile di ROL, è indeducibile nel periodo d’imposta di competenza, ma
comunque riportabile nei successivi, senza limiti di tempo: tali oneri finanziari
potranno, pertanto, divenire deducibili nell’esercizio in cui troveranno capienza nel
ROL complessivo (di periodo e riportato, nel caso di interessi passivi pregressi
integralmente dedotti).
Gli interessi passivi indeducibili, imputati al conto economico dell’esercizio 2012, devono
essere indicati nel rigo RF16.
Nella colonna 1, deve essere esposto l’importo indeducibile ai sensi dell’art. 96 del Tuir,
così come risultante dalla differenza tra due componenti del “Prospetto interessi passivi
non deducibili”:
l’eccedenza degli interessi passivi, rispetto al 30,00% del ROL (rigo RF121, colonna
3), pari alla differenza tra gli oneri finanziari (di competenza e riportati) eccedenti gli
interessi attivi e quelli che hanno trovato capienza nel predetto plafond;
gli interessi passivi indeducibili in precedenti periodi d’imposta (rigo RF118, colonna
2).
Nel rigo RF16, colonna 2, devono essere indicati gli interessi passivi della precedente
colonna 1, unitamente a quelli espressamente esclusi dalla disciplina di cui all’art. 96 del
Tuir, in quanto indeducibili, quali, ad esempio:
gli interessi di mora non ancora corrisposti, poiché rilevanti soltanto in base al
principio di cassa (art. 109, co. 7, del Tuir);
gli interessi dovuti dai soggetti che liquidano trimestralmente l’Iva, indeducibili ai
sensi dell’art. 66, co. 11, del D.L. 30 agosto 1993, n. 331.
43
Interessi passivi 2012: euro 50.000
Interessi passivi indeducibili 2011: euro 35.000
Interessi attivi 2012: euro 20.000
Risultato operativo lordo della gestione caratteristica: euro 90.000
Gli oneri finanziari eccedenti gli interessi attivi (euro 65.000 di cui euro 30.000 del
2012) sono deducibili nel limite di euro 27.000: in altre parole, non è stato possibile
dedurre, neppure parzialmente, gli interessi passivi riportati dal 2011, in quanto quelli
del 2012 non hanno trovato completa capienza nel 30,00% del ROL, essendone
residuati euro 3.000. Conseguentemente, deve essere operata una variazione in
aumento per tale importo, compilando il rigo RF16, colonna 1: non rileva, quindi,
l’ammontare degli interessi indeducibili pregressi riportati nel 2012, e rimasti
fiscalmente irrilevanti.
Interessi passivi 2012: euro 50.000
Interessi passivi indeducibili 2011: euro 35.000
Interessi attivi 2012: euro 20.000
Risultato operativo lordo della gestione caratteristica: - euro 10.000
3.000
50.000 35.000 20.000 20.000 65.000
90.000 27.000
38.000
50.000 35.000 20.000 20.000 65.000
0 0
65.000
Esempio: ROLnegativo
44
In presenza di un ROL negativo, devo essere riportato un valore nullo nella colonna 2
del rigo RF119 (e, conseguentemente, anche nella successiva colonna 3), che
determina l’integrale indeducibilità degli oneri finanziari di periodo, oltre a quelli
pregressi, eccedenti gli interessi attivi. Con l’effetto che deve essere operata una
variazione in aumento, nel rigo RF16, colonna 1, indicando i soli oneri finanziari
dell’esercizio 2012, ad eccezione di quelli dedotti (euro 20.000).
In tale parte del Modello Unico 2013 – Società di Capitali, devono essere indicate le
imposte indeducibili e quelle deducibili per le quali non è stato effettuato il pagamento
(art. 99, co. 1, del Tuir), compresa l’Irap, ancorchè fiscalmente rilevante:
nel rigo RF17, deve, infatti, essere indicato l’intero importo del tributo regionale
imputato a conto economico;
nel rigo RF54, è, poi, possibile beneficiare – utilizzando il codice 12 – della
deduzione del 10% dell’Irap pagata nel 2012 (saldo 2011 e acconti 2012), purchè
non eccedente quella di competenza ed il contribuente, in tali periodi d’imposta,
qualora il contribuente abbia sostenuto oneri finanziari eccedenti i proventi della
medesima natura (art. 6 del D.L. 29 novembre 2008, n. 185). Il codice 33 deve,
invece essere utilizzato per usufruire della deduzione integrale dell’Irap relativa al
costo del personale dipendente ed assimilato, al netto delle deduzioni, a norma
dell’art. 2 del D.L. 6 dicembre 2011, n. 201.
Nel rigo RF19, deve essere indicato l’ammontare indeducibile delle spese e degli altri
componenti negativi relativi ai mezzi di trasporto a motore utilizzati dall’impresa, in
applicazione dei criteri stabiliti dall’art. 164 del D.P.R. n. 917/1986. A questo proposito,
si rammenta che la disposizione – nella versione applicabile al Modello Unico 2013 –
riconosce la rilevanza fiscale di tali costi, nei seguenti termini:
integrale, nel caso di veicoli adibiti ad uso pubblico od utilizzati esclusivamente come
strumentali all’attività dell’impresa, ovvero senza i quali l’attività aziendale non può
essere esercitata, come nel caso delle società di noleggio (C.M. 13 febbraio 1997, n.
37/E);
90%, nell’ipotesi di veicoli concessi in uso promiscuo ai dipendenti, per la maggior
parte del periodo d’imposta, a nulla rilevando che tale utilizzo sia avvenuto in modo
continuativo, né che il mezzo sia stato impiegato da un solo lavoratore dipendente
(C.M. 10 febbraio 1998, n. 48/E). Ad esempio, questo requisito deve ritenersi
rispettato se il medesimo veicolo risulta utilizzato dal dipendente sig. Roberto Verdi
30.000
Imposteindeducibili
Spese permezzi di
trasporto adeducibilità
limitata
45
dal 1° gennaio 2012 al 10 giugno 2012 e, poi, dal sig. Mario Rossi, dal 31 agosto
2012 al 31 dicembre 2012;
Il predetto coefficiente di deducibilità è ridotto al 70%, a partire dal periodo d’imposta
successivo a quello in corso al 18 luglio 2012 (art. 4, co. 72 e 73, della Legge 28
giugno 2012, n. 92), ovvero dal 2013 per i contribuenti aventi l’esercizio coincidente
con l’anno solare.
40% (oppure 80%, se trattasi di agenti e rappresentanti di commercio), negli altri
casi. A tale fine, non rileva la parte del costo di acquisto eccedente l’importo di euro
18.075,99 per le autovetture e gli autocaravan – elevato ad euro 25.822,84 con
riferimento agli agenti ed ai rappresentati di commercio – ed euro 4.131,66 per i
motocicli ed euro 2.065,83 per i ciclomotori: tali limiti devono, inoltre, essere
considerati anche ai fini delle deducibilità dei canoni di locazione finanziaria di
competenza. Diversamente, nell’ipotesi di locazione operativa e noleggio, le soglie
sono fissate, rispettivamente in euro 3.615,20 per le autovetture ed i caravan, euro
774,69 per i motocicli ed euro 413,17 per i ciclomotori.
Il predetto coefficiente di deducibilità del 40% è ridotto al 20%, a partire dal periodo
d’imposta successivo a quello in corso al 18 luglio 2012 (artt. 4, co. 72 e 73, della
Legge 28 giugno 2012, n. 92, e 1, co. 501, della Legge 24 dicembre 2012, n. 228),
ovvero dal 2013 per i contribuenti aventi l’esercizio coincidente con l’anno solare.
Nel caso di autovettura concessa in uso agli amministratori, è deducibile in capo alla
società l’intero ammontare dei costi sostenuti, sino a concorrenza degli fringe benefit
tassato in capo all’amministratore, a norma dell’art 95 del D.P.R. n. 917/1986:
l’eventuale eccedenza di componenti negativi afferenti il veicolo è deducibile nel limite
del 40% (20% dal 2013), tenendo altresì conto dei predetti limiti massimi di costo
stabiliti dall’art. 164, co. 1, lett. b), del Tuir (C.M. 19 gennaio 2007, n. 1/E).
Costo storico dell’autovettura acquistata il 15 febbraio 2011: euro 30.000 (compresa
OSSERVA
OSSERVA
Esempio:deducibilità del
costo diacquisto
dell’autovettura
46
l’Iva indetraibile)
Costo fiscale dell’autovettura: euro 18.075,99
Aliquota di ammortamento di cui al D.M. 31 dicembre 1988: 25%
Quota di ammortamento imputata al conto economico dell’esercizio 2012:
25%*euro 30.000 = euro 7.500
Quota di ammortamento ammessa in deduzione nel periodo d’imposta 2012:
25%*euro 18.075,99*40% = euro 1.807,60
Quota di ammortamento indeducibile nel 2012: euro 7.500 – euro 1.807,60 = euro
5.692,40
Nel corso del periodo d’imposta, la Alfa s.r.l. ha sostenuto i seguenti costi relativi alle
autovetture di cui all’art. 164, co. 1, lett. b), del Tuir:
assicurazione: euro 10.000
carburanti e lubrificanti: euro 30.000
spese di manutenzione: 10.000
Questi costi (euro 50.000 complessivi), in quanto sostenuti per beni a deducibilità
limitata, rilevano esclusivamente per il 40% del loro ammontare (euro 20.000): il
restante importo di euro 30.000 costituisce un costo definitivamente indeducibile, e
come tale da riprendere a tassazione, operando una variazione in aumento nel
modello Unico 2013 – Società di Capitali.
Nel rigo RF20, colonna 2, devono essere indicate:
le svalutazioni delle partecipazioni, immobilizzate e non, imputate a conto
economico, fiscalmente irrilevanti a norma degli artt. 94 e 101 del D.P.R. n.
917/1986, nonché le minusvalenze patrimoniali, sopravvenienze passive e perdite
diverse da quelle deducibili ai sensi dell’art. 101 del Tuir, da indicarsi anche in
colonna 1;
nel caso di omessa, infedele od incompleta comunicazione all’Agenzia delle Entrate,
le minusvalenze e differenze negative di ammontare superiore ad euro 50.000 di cui
all’art. 5-quinquies, co. 3, del D.L. 30 settembre 2005, n. 203 – realizzate per effetto
di operazioni su azioni o titoli negoziati in mercati regolamentati italiani od estere –
30.000
5.692
Esempio: spesedi
funzionamentodell’autovettura
Svalutazioni,minusvalenzepatrimoniali,
sopravvenienzee perdite
indeducibili
47
e di quelle di importo complessivo superiore ad euro 5.000.000, derivanti da cessioni
di partecipazioni costituenti immobilizzazioni finanziarie di cui all’art. 1, co. 4, del
D.L. 24 settembre 2002, n. 209, diverse da quelle aventi i requisiti per la
participation exemption di cui all’art. 87 del Tuir. Sul punto, si rammenta, tuttavia,
che – per effetto dell’entrata in vigore dell’art. 11, co. 1-3, del D.L. 2 marzo 2012, n.
16 – non è più prevista la c.d. sanzione impropria dell’indeducibilità dal reddito
d’impresa, bensì quella pecuniaria del 10%, da un minimo di euro 500 ad un
massimo di euro 50.000.
Nel rigo RF21, deve essere indicato l’importo delle minusvalenze realizzate per effetto
della cessione delle partecipazioni soggette al regime di cui all’art. 87 del Tuir,
integralmente indeducibili, sebbene le plusvalenze della medesima natura subiscano una
parziale imposizione, nella misura del 5%, e non una totale esenzione. A questo
proposito, si rammenta che le azioni o quote che rientrano in tale disciplina sono quelle
che soddisfano, congiuntamente, i seguenti requisiti:
l’ininterrotto possesso, da parte dell’alienante, dal primo giorno del dodicesimo mese
precedente a quello dell’avvenuta cessione, considerando cedute per prime le azioni
o quote acquisite in data più recente;
la classificazione della partecipazione alienata nella categoria delle immobilizzazioni
finanziarie, nel primo bilancio del cedente chiuso durante il periodo di possesso;
la residenza fiscale della società partecipata in uno Stato o territorio diverso da quelli
a regime fiscale privilegiato oppure, alternativamente, l’avvenuta dimostrazione –
tramite l’esercizio del diritto di interpello – che dalle partecipazioni non sia stato
conseguito, sin dall’inizio del periodo di possesso, l’effetto di localizzare i redditi in
Stati o territori in cui sono sottoposti a regimi fiscali privilegiati;
l’esercizio, ad opera della partecipata, di un’impresa commerciale di cui all’art. 55 del
Tuir.
Nel medesimo rigo, devono essere altresì indicate:
le minusvalenze realizzate imputate al conto economico relative alla cessione di
strumenti finanziari similari alle azioni di cui all’art. 44 del Tuir e dei contratti di
associazione in partecipazione e di cointeressenza, allorché sia previsto un apporto
di capitale o misto, ove sussistano i requisiti di esenzione;
la differenza negativa imputata al conto economico tra le somme o il valore normale
dei beni ricevuti dal socio a titolo di ripartizione del capitale e delle riserve di capitale
nelle ipotesi di recesso o esclusione del socio, riscatto delle azioni, riduzione del
capitale per esuberanza ovvero liquidazione anche concorsuale di società ed enti e il
costo della partecipazione, avente i requisiti di esenzione.
Minusvalenzesu
partecipazioniesenti
48
La società Alfa s.r.l. ha realizzato una minusvalenza di euro 10.000, per effetto della
cessione di una partecipazione rientrante nel regime della partecipation exemption, in
quanto munita di tutti i requisiti previsti dall’art. 87 del Tuir: tale componente
negativo è, pertanto, integralmente indeducibile dal reddito d’impresa, comportando
la necessità di effettuare, in sede di dichiarazione dei redditi, una variazione in
aumento per il corrispondente importo.
Nel rigo RF22, colonna 1, devono essere indicati gli ammortamenti fiscalmente irrilevanti
– in base agli art. 102, 102-bis e 103 del D.P.R. n. 917/1986 e, quindi, nella misura
massima individuata dal D.M. 31 dicembre 2008, in funzione dell’attività esercitata
dall’impresa – concorrenti anche alla sommatoria di colonna 3, unitamente agli
ammortamenti indeducibili a norma dell’art. 104 del Tuir.
Le principali problematiche potrebbero riguardare i seguenti aspetti:
fabbricati strumentali, con riferimento alla parte eventualmente riferibile al terreno,
nonché ad eventuali rivalutazioni effettuate prive di riconoscimento tributario;
beni entrati in funzione nel periodo d’imposta;
avviamento e marchi d’impresa.
Il principio contabile nazionale Oic 16 (par. D.XI), punto 7.) stabilisce che, qualora il
valore del fabbricato incorpori anche quello del terreno sul quale insiste, l’importo
ascrivibile alle suddette aree deve essere scorporato – ai fini della determinazione della
quota di ammortamento di competenza dell’esercizio – sulla base di un adeguato
processo di stima. È il caso, ad esempio, dell’area sulla quale venga successivamente
costruito, anche in economia, il fabbricato strumentale all’attività, ovvero si proceda
all’acquisizione di un unico compendio immobiliare, comprensivo del terreno, sulla base
di un corrispettivo unico ed indiviso (Circolare Assonime 23 dicembre 2005, n. 69, par.
6.2.).
Nella Guida operativa per la transizione ai principi contabili internazionali Ias/Ifrs
(ottobre 2005), è stato chiarito che lo scorporo del valore del terreno non deve essere
operato con riferimento a tutte le singole unità facenti parte di un più ampio compendio
immobiliare (appartamenti, uffici, ecc.), ma esclusivamente ai fabbricati cielo-terra.
10.000
Ammortamentiinducibili
Ammortamentoindeducibile dei
fabbricatistrumentali
49
Sul punto, si rammenta che questi ultimi sono intesi come i beni che occupano tutto
lo spazio edificabile con un’unica unità immobiliare, come nel caso di un capannone
industriale (C.M. 16 febbraio 2007, n. 11/E, par. 9.3.). La ratio della suddetta
limitazione è individuabile nella circostanza che vi possono essere porzioni di edifici i
cui proprietari non vantino anche il possesso di un terreno sottostante e, quindi, non
assoggettabili all’obbligo di scorporo.
Tale distinzione non è, tuttavia, prevista dal legislatore fiscale, il quale ritiene applicabili
le disposizioni di cui all’art. 36, co. 7, D.L. n. 223/2006 anche agli immobili diversi da
quelli cielo-terra (C.M. 19 gennaio 2007, n. 1/E, par. 7.2): pertanto, qualora il terreno
non risulti separatamente iscritto nel bilancio d’esercizio, relativo all’anno di acquisizione
del fabbricato, dovrà essere applicato il criterio forfetario del 30% con riferimento agli
immobili industriali, e del 20% negli altri casi.
Alla luce dei suddetti principi, si possono verificare dei disallineamenti civilistico-fiscali,
costituiti da costi definitivamente indeducibili, rendendo necessario effettuare una
variazione in aumento in sede di dichiarazione dei redditi: è il caso, ad esempio,
dell’imputazione a conto economico di quote di ammortamento calcolate sul costo
complessivo del fabbricato industriale – e, quindi, senza, scorporare il valore riferimento
all’area sottostante – a causa di un mero errore contabile, oppure in quanto trattasi di
immobile diverso da “cielo-terra”, entrambi comportamenti non riconosciuti
dall’Amministrazione Finanziaria.
Costo complessivo del fabbricato industriale (comprensivo del valore del terreno):
euro 1.000.000
Valore riferibile al terreno: 30%*euro 1.000.000 = euro 300.000
Costo riferibile al solo fabbricato industriale:
euro 1.000.000 – euro 300.000 = euro 700.000
Aliquota di ammortamento di cui al D.M. 31 dicembre 1988: 3%
Quota di ammortamento imputata al conto economico dell’esercizio 2012:
3%*euro 1.000.000 = euro 30.000
Quota di ammortamento ammessa in deduzione:
3%*euro 700.000 = euro 21.000
Quota di ammortamento indeducibile (rigo RF22, colonna 1):
euro 30.000 – euro 21.000 = euro 9.000
OSSERVA
Esempio:ammortamenti
riferibili allaquota “terreno”
50
Un’altra possibile ipotesi di variazione in aumento riconducibile all’ammortamento dei
fabbricati riguarda le imprese che, nel bilancio d’esercizio successivo a quello in corso al
31 dicembre 2007, hanno rivalutato gli immobili, ai soli fini civilistici, oppure con effetti
fiscali differiti – sotto il profilo degli ammortamenti – al quinto periodo d’imposta
successivo, ovvero dal 2013, nel caso dei contribuenti avente l’esercizio coincidente con
l’anno solare (art. 15, co. 16 e ss., del D.L. 29 novembre 2008, n. 185). In entrambe le
ipotesi, l’impresa ha imputato a conto economico la quota di ammortamento calcolata
sul costo rivalutato e, pertanto, superiore rispetto a quella ammessa fiscalmente, che si
basa, invece, sul costo fiscale, ovvero quello ante-rivalutazione: l’eccedenza della quota
di ammortamento civilistico, rispetto a quella rilevante nel periodo d’imposta 2012,
rappresenta un costo indeducibile, che comporta la necessità di operare una variazione
in aumento per il corrispondente importo.
Costo fiscale del fabbricato industriale: euro 1.000.000 (al netto del valore del
terreno)
Costo rivalutato del bene: euro 1.200.000 (al netto del valore del terreno)
Aliquota di ammortamento di cui al D.M. 31 dicembre 1988: 3%
Quota di ammortamento imputata al conto economico dell’esercizio 2012:
3%*euro 1.200.000 = euro 36.000
Quota di ammortamento ammessa in deduzione:
3%*euro 1.000.000 = euro 30.000
Quota di ammortamento indeducibile (rigo RF22, colonna 1):
euro 36.000 – euro 30.000 = euro 6.000
L’art. 102, co. 1 e 2, del Tuir stabilisce che le quote di ammortamento dei beni materiali
strumentali per l’esercizio dell’impresa sono deducibili a partire dall’esercizio di entrata in
funzione del bene, in misura non superiore a quella risultante dall’applicazione dei
coefficienti di cui al D.M. 31 dicembre 1988, che – in occasione del primo periodo
d’imposta – sono ridotti della metà.
9.000
6.000
Ammortamentodei beni entrati in
funzione nelperiodo d’imposta
51
Impianto acquistato il 28 dicembre 2011, ed entrato in funzione il 1° gennaio 2012
Costo fiscale del bene: euro 20.000
Aliquota di ammortamento di cui al D.M. 31 dicembre 1988: 12%
Quota di ammortamento imputata al conto economico dell’esercizio 2012:
12%*euro 20.000 = euro 2.400
Quota di ammortamento ammessa in deduzione nel periodo d’imposta 2012:
12%*50%* euro 20.000 = euro 1.200
Quota di ammortamento indeducibile nel 2012: euro 2.400 – euro 1.200 = euro 1.200
L’art. 103, co. 1 e 2, del Tuir stabilisce che le quote di ammortamento dell’avviamento
iscritto nell’attivo del bilancio e dei marchi d’impresa sono deducibili in misura non
superiore ad un diciottesimo: ciò può, pertanto, creare un disallineamento con la
disciplina civilistica, in quanto, ad esempio, nel caso dell’avviamento è contemplato
l’ammortamento civilistico nel minor periodo di 5 anni e, quindi, sulla base di un’aliquota
di ammortamento del 20%. Lo scostamento in parola richiede, quindi, l’operazione di
una variazione in aumento, in sede di predisposizione del Modello Unico 2013 – Società
di Capitali.
Costo dell’avviamento iscritto in bilancio: euro 50.000
Aliquota di ammortamento civilistico: 20%
Quota di ammortamento imputato al conto economico dell’esercizio 2012:
20%*euro 50.000 = euro 10.000
Quota di ammortamento ammessa in deduzione: 1/18*euro 50.000 = euro 2.777,78
Quota di ammortamento indeducibile nel periodo d’imposta 2012:
euro 10.000 – euro 2.777,78 = euro 7.222,22
Nel rigo RF24 devono essere esposti gli importi ascrivibili alle seguenti causali:
1.200
7.222
Spese dirappresentanza,per ristoranti ed
alberghi
Ammortamentoindeducibile diavviamento e
marchid’impresa
52
spese relative a prestazioni alberghiere, somministrazioni di alimenti e bevande,
diverse da quelle di cui all’art. 95, co. 3, del D.P.R. n. 917/1986 (costi di vitto ed
alloggio sostenuti da lavoratori dipendenti e collaboratori coordinati e continuativi, in
occasione di trasferte effettuate al di fuori del territorio comunale), incluse quelle
qualificabili come spese di rappresentanza (colonna 1);
spese di rappresentanza (colonna 2), differenti da quelle già indicate in colonna 1;
la sommatoria degli oneri indicati in colonna 1 e 2, incrementata dell’ammontare
deducibile dei costi non capitalizzabili per effetto dei principi contabili internazionali,
fiscalmente rilevanti in quote costanti nel periodo d’imposta del sostenimento e nei
successivi quattro (colonna 3).
Tra le variazioni in diminuzione, e precisamente nel rigo RF43, devono essere esposti gli
importi ascrivibili alle seguenti causali:
i costi alberghieri e di ristorazione di cui all’art. 109, co. 5, del D.P.R. n. 917/1986
(diverse da quelle di cui all’art. 95, co. 3, del Tuir) qualificabili come spese di
rappresentanza, limitatamente alla quota deducibile, ovvero per il 75,00% del loro
ammontare (colonna 1);
le spese di rappresentanza deducibili ai sensi dell’art. 108, co. 2, del Tuir (colonna
2), comprese quelle indicate in colonna 1, fiscalmente rilevanti per l’ammontare
individuato a norma dell’art. 1, co. 2, del D.M. 19 novembre 2008;
Le predette spese, da indicare anche in colonna 3, non sono deducibili nel periodo
d’imposta di sostenimento se non rispondenti ai requisiti di inerenza e congruità
stabiliti dal D.M. 19 novembre 2008: tale provvedimento prevede che, al co. 3 dell’art.
1, le spese di rappresentanza sostenute dalle imprese di nuova costituzione, in periodi
d’imposta anteriori a quello di conseguimento dei primi ricavi, possono essere dedotte
in tale esercizio posteriore e nel successivo. Al ricorrere di tale ipotesi, è necessario
riportare nella colonna 2 del rigo RF43 anche le spese di rappresentanza sostenute
nei periodi d’imposta precedenti, non dedotte nei predetti esercizi (ed evidenziate nel
rigo RS101 del Modello Unico 2012 – Società di Capitali), qualora siano fiscalmente
rilevanti nell’anno tributario 2012, nei limiti fissati dal citato art. 1, co. 3, del D.M. 19
novembre 2008.
l’importo di colonna 2, unitamente alle spese relative a prestazioni alberghiere,
somministrazione di alimenti e bevande non qualificabili come spese di
OSSERVA
53
rappresentanza, diverse da quelle di cui all’art. 95, co. 3, del D.P.R. n. 917/1986,
per la quota deducibile ai sensi dell’art. 109, co. 5, del Tuir (colonna 3).
Nel rigo RS101 devono, invece, essere esposte le spese di rappresentanza sostenute
dalle imprese di nuova costituzione – comprese quelle alberghiere e di ristorazione
qualificabili come tali, assunte per il 75,00% del loro ammontare – non deducibili nel
periodo d’imposta per l’assenza dei primi ricavi3, ivi incluse quelle pagate in precedenti
esercizi.
Tale rigo deve essere compilato nel caso in cui l’impresa sia stata costituita:
nell’esercizio 2012, ed alla chiusura dello stesso non risulta aver ancora conseguito i
primi ricavi: devono essere riportate tutte le spese di rappresentanza sostenute
nell’anno, comprese quelle alberghiere e di ristorazione qualificabili come tali;
in un periodo amministrativo precedente, e nel 2012 sono stati realizzati i primi
ricavi: devono essere indicate le spese di rappresentanza di precedenti esercizi che
non hanno trovato capienza nel limite di deducibilità di cui al D.M. 19 novembre
2008, ivi inclusi i costi di vitto ed alloggio della medesima natura, potendo
comunque assumere rilevanza nel successivo periodo d’imposta, ma non oltre.
Nel rigo RF25, deve essere indicato l’ammontare di tali costi eccedente l’importo
rilevante nell’esercizio di competenza, determinato ai sensi dell’art. 102, co. 6, del Tuir:
questa somma è comunque deducibile, in quote costanti, nei successivi cinque periodi
d’imposta, anche nel caso di cessione del bene a cui si riferiscono (R.M. 20 settembre
1980, n. 9/826). La disposizione è stata recentemente novellata dall’art. 3, co. 16-
quater, del D.L. 2 marzo 2012, n. 16, con effetto a partire dal periodo d’imposta in corso
al 29 aprile 2012, ovvero dal Modello Unico 2013 per i contribuenti aventi l’esercizio
coincidente con l’anno solare. La norma modificativa ha abrogato il c.d. ragguaglio al
periodo di possesso per i beni acquisti o ceduti in corso d’anno: conseguentemente, le
spese di manutenzione, riparazione, ammodernamento e trasformazione – non
imputate, in bilancio, ad incremento del costo dei beni ai quali si riferiscono – divengono
deducibili nel limite del 5,00% del costo complessivo di tutti i beni materiali risultanti dal
registro dei cespiti ammortizzabili all’inizio del periodo d’imposta. Conseguentemente, il
costo dei cespiti alienati nel corso del 2012 rileva, comunque, integralmente ai fini del
3 Ai sensi dell’art. 1, co. 3, del D.M. 19 novembre 2008, le spese di rappresentanza sostenute dalle impresedi costituzione, nei periodi d’imposta precedenti a quello in cui sono conseguiti i primi ricavi, possono essereportate in deduzione dal reddito dello stesso periodo e di quello successivo, se e nella misura in cui tali costisiano inferiori all’importo deducibile.
Spese dimanutenzione
e riparazione
54
calcolo del plafond, dal quale risulta, invece, esclusa la spesa sostenuta per
l’acquisizione di nuovi beni strumentali.
Costo beni materiali ammortizzabili Plafond
ante D.L.
n. 16/2012
Plafond
post D.L.
n. 16/2012
Al 1° gennaio 2012: euro 1.000.000 euro 1.000.000 euro 1.000.000
Ceduti il 30 giugno 2012: euro 180.000 – euro 180.000*6/12
= euro 90.000
Acquistati il 31 agosto 2012: euro
180.000
+ euro 180.000*4/12
= euro 60.000
Base di calcolo del plafond di
deducibilità delle spese
euro 970.000 euro 1.000.000
Spese di manutenzione e riparazioni
deducibili nell’esercizio di competenza
euro 48.500 euro 50.000
In sede di determinazione del costo complessivo dei beni materiali ammortizzabili
all’inizio del periodo d’imposta, devono essere considerati anche tutti i cespiti, iscritti nel
relativo registro, completamente ammortizzati.
I beni a deducibilità limitata rilevano esclusivamente per la parte di costo riconosciuta
fiscalmente. Si pensi, ad esempio, ai cespiti ad uso promiscuo, come le autovetture di
cui all’art. 164, co. 1, lett. b), del D.P.R. n. 917/1986 il cui costo – per la parte non
eccedente euro 18.075,99 – deve essere assunto per il solo 40%, anche ai fini del
calcolo del plafond in commento: oppure ai telefoni cellulari, fiscalmente rilevanti per
l’80% del proprio costo, a norma dell’art. 102, co. 9 del Tuir.
Sono esclusi dal computo del “costo complessivo dei beni materiali ammortizzabili” i
terreni, gli elementi immateriali (avviamento, marchi, brevetti, ecc.) e gli oneri
pluriennali (costi di impianto ed ampliamento, ricerca, sviluppo e pubblicità), nonché i
cespiti non strumentali all’esercizio dell’attività d’impresa, come gli immobili-
patrimonio, e quelli relativi a beni per i quali il contribuente eroga dei compensi
periodici per la manutenzione prevista contrattualmente e, quindi, deducibili
nell’esercizio di competenza.
OSSERVA
55
Costo complessivo dei beni al 1° gennaio 2012: euro 1.500.000 (di cui euro 500.000
interessati da contratti di manutenzione periodica)
Spese di manutenzione ordinaria imputate a conto economico dell’esercizio 2012: euro
150.000 (di cui euro 80.000 relativi a compensi per contratti di manutenzione
periodica)
Spese di manutenzione e riparazione da assoggettare al test di cui all’art. 102, co. 6,
del Tuir: euro 150.000 – euro 80.000 = euro 70.000
Base di calcolo del plafond del 5%: euro 1.500.000 – euro 500.000 = euro 1.000.000
Quota deducibile nel periodo d’imposta 2012: 5,00%*euro 1.000.000 = euro 50.000
Spese di manutenzione e riparazione indeducibili nel periodo d’imposta 2012:
euro 70.000 – euro 50.000 = euro 20.000
Importo deducibile per quote costanti nel quinquennio successivo:
(euro 70.000 – euro 50.000)/5 =euro 4.000
Periodo d’imposta Quota deducibile Variazione in
dichiarazione
2012 50.000 + 20.000
2013 4.000 – 4.000
2014 4.000 – 4.000
2015 4.000 – 4.000
2016 4.000 – 4.000
2017 4.000 – 4.000
70.000 0
Qualora i beni materiali indicabili nel registro dei beni ammortizzabili comprendano
anche degli immobili, è altresì necessario verificare se gli stessi hanno formato oggetto
di rivalutazione, a norma dell’art. 15, co. 16 e ss., del D.L. 29 novembre 2008, n.185. Al
ricorrere di tale ipotesi, si potranno avere effetti futuri differenziati ai fini della
deducibilità delle relative spese di manutenzione e riparazione, ammodernamento e
trasformazione, a seconda della tipologia di rivalutazione effettuata nel bilancio
dell’esercizio successivo a quello in corso al 31 dicembre 2007:
esclusivamente civilistica, per una mera esposizione nello stato patrimoniale di un
miglior grado di capitalizzazione dell’impresa, con l’effetto che – in sede di
20.000
56
determinazione del plafond del 5% deducibile, deve essere utilizzato, nella base di
calcolo dello stesso, il costo fiscale di tutti i beni materiali ammortizzabili, a nulla
rilevando la rivalutazione effettuata;
fiscale ad effetti differiti al quinto d’imposta successivo a quello in cui è stata
eseguita l’iscrizione dei maggiori valori, con riferimento alla deducibilità degli
ammortamenti e delle predette spese di manutenzione e riparazione, trasformazione
ed ammodernamento (C.M. 13 marzo 2009, n. 8/E, par. 2.3). In altri termini, fino al
periodo d’imposta 2012, incluso, il coefficiente forfetario di deducibilità del 5% deve
essere determinato – come nell’ipotesi meramente civilistica di cui al punto
precedente – assumendo, con riferimento agli immobili, il costo ante-rivalutazione
iscritta nel bilancio 2008. Diversamente, a partire dall’inizio del quinto periodo
d’imposta successivo (1° gennaio 2013, per i contribuenti avente l’esercizio
coincidente con l’anno solare), il predetto plafond considererà, in relazione ai
fabbricati, il costo rivalutato, consentendo, pertanto, all’impresa di poter beneficiare
di un maggior riconoscimento fiscale, nel periodo d’imposta di competenza, delle
spese di manutenzione e riparazione, ammodernamento trasformazione.
Costo complessivo dei beni materiali ammortizzabili iscritti in bilancio al 31 dicembre
2011: euro 1.500.000 di cui euro 700.000 relativi ad un fabbricato del costo storico di
euro 400.000 rivalutato nel bilancio 2008 per euro 300.000.
Costo fiscale dei beni materiali ammortizzabili al 1° gennaio 2012: euro 1.200.000
Costo fiscale dei beni materiali ammortizzabili oggetto di contratti di manutenzione
periodica: euro 200.000
Costo fiscale da assoggettare al coefficiente forfettario del 5% (periodo d’imposta
2012): euro 1.500.000 – euro 300.000 – euro 200.000 = euro 1.000.000
Spese di manutenzione e riparazione, ammodernamento e trasformazione deducibili
nel 2012: euro 1.000.000*5% = euro 50.000
Costo fiscale dei beni materiali ammortizzabili al 1° gennaio 2013: euro 1.500.000
Costo fiscale da assoggettare al coefficiente forfettario del 5% (periodo d’imposta
2013):
euro 1.500.000 – euro 200.000 = euro 1.300.000
Spese di manutenzione e riparazione, ammodernamento e trasformazione deducibili
nel 2013: euro 1.300.000*5% = euro 65.000
Costi Periodo d’imposta
2012
Periodo d’imposta
2013
Costo complessivo
civilistico
1.500.000 1.500.000
Rivalutazione immobili – 300.000
57
fiscalmente irrilevante
Costo fiscale dei beni
materiali ammortizzabili
oggetto di contratti di
manutenzione periodica
– 200.000 – 200.000
Base di calcolo del
coefficiente del 5%
1.000.000 1.300.000
Plafond di spese di
manutenzione e
riparazione,
ammodernamento e
trasformazione deducibili
nel periodo d’imposta
50.000 65.000
Nel caso di imprese di nuova costituzione, il predetto plafond è determinato, nel primo
esercizio, sulla base del costo complessivo dei beni materiali risultante al termine di tale
periodo d’imposta: con l’effetto che tale dato risulta già completamente depurato, senza
alcun ragguaglio, delle cessioni effettuate nel corso dell’esercizio, mentre gli acquisti
finiscono per rilevare integralmente a prescindere dalla data di esecuzione
dell’operazione.
Nel rigo RF26, colonna 2, deve essere indicato l’ammontare degli accantonamenti
imputati alla voce B)10)d) del conto economico in relazione alle perdite presunte di
inesigibilità dei crediti, operati sulla base dei criteri civilistici, in misura superiore allo
0,50% del valore nominale complessivo dei crediti – non coperti da garanzia
assicurativa, e derivanti dalla cessione di beni-merce e prestazioni di servizi di cui all’art.
85 del Tuir – oppure in misura tale da determinare un fondo svalutazione eccedente il
5% del valore complessivo dei crediti.
L’art. 2426, n. 8-bis, c.c. stabilisce che le attività e passività, a breve termine, in valuta
estera, devono essere valutare al tasso di cambio, imputando le corrispondenti
differenze alla voce C)17-bis) del conto economico: ai fini fiscali tali scostamenti sono
fiscalmente irrilevanti, a norma dell’art. 110, co. 3, del Tuir, in quanto componenti
reddituali non ancora realizzati (salva l’ipotesi eccezionale della copertura del rischio di
cambio). Conseguentemente, nel caso delle perdite su cambi, aventi natura meramente
estimativa, deve essere operata una variazione in aumento, nel rigo RF29: gli utili su
cambi da valutazione danno, invece, luogo ad una variazione in diminuzione, da indicare
Accantonamentiper svalutazione
crediti
Differenze sucambi
58
nel rigo RF51. Tali righi devono, inoltre, essere compilati se, nel periodo d’imposta 2012,
sono stati rispettivamente realizzati utili e perdite su cambi, che non hanno concorso,
poiché irrilevanti, alla formazione del reddito imponibile negli esercizi in cui hanno
formato oggetto di una mera valutazione al tasso di cambio di chiusura.
L’art. 96 del Tuir stabilisce che gli oneri finanziari, diversi da quelli compresi nel costo
fiscale dei beni, sono deducibili in ciascun periodo d’imposta, fino a concorrenza degli
interessi attivi e dei proventi finanziari. L’eccedenza è deducibile nel limite del 30,00%
del risultato operativo della gestione caratteristica (ROL), determinato secondo le
risultanze del conto economico civilistico di cui all’art. 2425 c.c., ovvero come
differenza tra il valore ed i costi della produzione, senza, però, considerare i canoni di
locazione finanziaria dei beni strumentali, nonché le quote di ammortamento delle
immobilizzazioni immateriali e materiali. La parte di interessi passivi che dovesse,
eventualmente, residuare – rispetto al predetto plafond – è fiscalmente irrilevante nel
periodo d’imposta di competenza, ma comunque riportabile nel successivo e, quindi,
deducibile, fermo restando il vincolo del 30,00% del ROL: in altri termini, tale quota di
interessi passivi è riconosciuta, ai fini Ires, nell’anno in cui non determina,
congiuntamente agli oneri finanziari di competenza dell’esercizio, il superamento della
citata soglia.
La determinazione degli interessi passivi deducibili dal reddito d’impresa deve, infine,
essere rappresentata nell’apposito prospetto del quadro RF del Modello Unico 2013 –
Società di Capitali.
Gli interessi passivi ed oneri finanziari assimilati – diversi da quelli compresi nel costo dei
beni ai sensi dell’art. 110, co. 1, lett. a), del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 197 –
eccedenti quelli attivi ed i proventi della medesima natura sono deducibili dal reddito
d’impresa dei soggetti Ires, nel limite del 30,00% del risultato operativo lordo della
gestione caratteristica. La normativa di riferimento, rappresentata dall’art. 96 del Tuir,
applicabile al periodo d’imposta 2012 è rimasta formalmente immutata rispetto al
precedente esercizio.
Il presente contributo si propone, pertanto, di delineare i principali profili fiscali
funzionali alla corretta rappresentazione nel Modello Unico 2013 – Società di Capitali.
L’art. 96 del Tuir opera nei confronti dei soggetti Ires, individuati dal precedente art. 73,
co. 1, del D.P.R. n. 917/1986:
s.p.a., s.a.p.a. e s.r.l.;
società cooperative, di muta assicurazione e consortili;
enti pubblici e privati diversi dalle società e trust con attività commerciale esclusiva o
prevalente;
società ed enti di ogni tipo, compresi i trust, non residenti in Italia, relativamente
alle attività esercitate nel territorio dello Stato mediante stabile organizzazione;
i consorzi, come altresì precisato nella R.M. 3 luglio 2008, n. 268/E.
Interessipassivi,
deducibilitàIres e Modello
Unico 2013
Presuppostosoggettivo
59
Sul punto, si segnala l’orientamento del Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti
e degli Esperti Contabili, secondo cui l’art. 96 del Tuir è altresì applicabile alle holding
industriali iscritte nella sezione speciale di cui all’art. 113 del D.Lgs. 1 settembre 1993,
n. 385, ovvero che svolgono attività finanziaria, ma non nei confronti del pubblico
(Documento di Studio, Oneri finanziari per bilancio 2009 e successivi. Procedura per la
determinazione dell’ammontare deducibile, luglio 2010).
Il regime tributario in commento non trova, invece, applicazione nei confronti dei
seguenti contribuenti (art. 96, co. 5, del Tuir):
le banche e gli altri intermediari finanziari di cui all’art. 1 del D.Lgs. 27 gennaio
1992, n. 87, ad eccezione delle società che esercitano, in via esclusiva o prevalente,
l’attività di assunzione di partecipazioni in società esercenti attività diverse da quelle
creditizia e finanziaria;
le società di gestione, disciplinate dalla Legge 23 marzo 1983, n. 77;
le imprese di assicurazione;
le società capogruppo di aggregazioni bancarie ed assicurative;
le società consortili per l’esecuzione di lavori pubblici;
le società di progetto;
le società costituite per la realizzazione e l’esercizio di interporti;
le società il cui capitale è sottoscritto prevalentemente da enti pubblici che
costruiscono e gestiscono impianti per la fornitura di acque, energia,
teleriscaldamento e per impianti per lo smaltimento e la depurazione.
Gli enti pubblici in parola, la cui partecipazione deve essere diretta e soddisfare il
requisito civilistico del controllo (art. 2359 c.c.), sono individuati sulla base dell’art. 1,
co. 2, del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165. In particolare, devono ritenersi tali lo Stato,
le regioni, le province, i comuni, le comunità montane e loro consorzi e associazioni,
le aziende e amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, gli istituti e scuole
di ogni ordine e grado, le istituzioni educative e universitarie, le Camere di
commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni, gli enti pubblici non
economici nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, aziende ed enti del servizio
sanitario nazionale, l’Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche
amministrazioni (ARAN) e le Agenzie di cui al decreto legislativo 30 luglio 1999, n.
OSSERVA
OSSERVA
60
300, nonché le amministrazioni della Camera dei Deputati, del Senato, della Corte
Costituzionale, della Presidenza della Repubblica e gli organi legislativi delle regioni a
statuto speciale.
I soggetti non indicati nell’elenco degli esclusi, pur svolgendo attività assimilabili agli
stessi, sono comunque soggetti alla disciplina limitativa di cui all’art. 96, co. 1-4, del
D.P.R. n. 917/1986 (R.M. n. 268/E/2008).
Le holding direttamente controllate da enti pubblici, che possiedono delle società
operative nei settori delle suddette utilities, applicano l’art. 96 del Tuir, così come le
proprie controllate operative in quanto non possiedono, infatti, entrambi i requisiti
indicati dalla norma:
le holding sono partecipate prevalentemente da enti pubblici, ma non esercitano le
attività specifiche;
le società operative esercitano le attività specifiche, ma non sono possedute
prevalentemente da enti pubblici.
In termini generali, ai fini dell’applicazione dell’art. 96 del D.P.R. n. 917/1986, rilevano
gli interessi passivi e attivi, nonché gli oneri ed i proventi ad essi assimilati, derivanti da:
contratti di mutuo;
contratti di locazione finanziaria, purchè sia previsto il diritto di riscatto del bene che
ne costituisce oggetto (R.M. 12 agosto 2003, n. 175/E);
emissione di obbligazioni e titoli similari;
ogni altro rapporto avente una causa finanziaria.
Rientrano altresì, nella tipologia dei proventi ed oneri considerati, ogni e qualunque
interesse (od onere ad esso assimilato) collegato alla messa a disposizione di una
provvista di denaro, titoli od altri beni fungibili per i quali sussiste l’obbligo di
restituzione ed in relazione ai quali è prevista una specifica remunerazione (C.M. 21
aprile 2009, n. 19/E, paragrafo 2.2). I successivi documenti dell’Amministrazione
Finanziaria dimostrano, inoltre, che la “causa finanziaria” costituisce la regola
generale da applicare per risolvere i casi dubbi (C.M. n. 38/E/2010).
Il predetto documento di studio del CNDCEC riporta un’elencazione esemplificativa degli
interessi attivi e proventi assimilati di cui all’art. 96 del Tuir, desunta dal Documento
Interpretativo 1 dell’Oic 12 e dagli orientamenti dell’Agenzia delle Entrate4:
4 L’Agenzia delle Entrate attribuisce rilevanza a qualunque componente “che presenti un contenutoeconomico sostanziale assimilabile ad un interesse passivo od attivo”, affermando dunque, per la
Interessirilevanti
OSSERVA
Interessi attivi eproventi
assimilati
61
interessi attivi su rapporti di conto corrente bancario, anche in valuta;
interessi attivi derivanti da rapporti di natura commerciale, indipendentemente dalla
loro esplicitazione nelle scritture contabili (C.M. n. 19/E/2009, par. 2.2.1): sono,
invece, ritenuti esclusi quelli moratori, anche se passivi, per il ritardato pagamento
di debiti pecuniari, in quanto costituiscono una forma di indennizzo per i danni
derivanti dall’inadempimento di un’obbligazione pecuniaria, e non il corrispettivo di
un servizio finanziario volontariamente reso (C.M. n. 19/E/2009, par. 2.2);
interessi attivi da operazioni in strumenti derivati di copertura del rischio di
oscillazione del tasso d’interesse;
interessi attivi derivanti da rapporti di finanziamento infragruppo;
sconti finanziari attivi per pagamento “pronta cassa”;
interessi attivi maturati su crediti per rimborso imposte;
interessi attivi derivanti da sottoscrizione di prestiti obbligazionari e strumenti
finanziari non partecipativi in genere;
interessi maturati su titoli a reddito fisso (CCT, BTP, ecc.) e titoli senza cedole (zero
coupon), compresi gli interessi impliciti ed il premio di sottoscrizione;
interessi attivi su depositi cauzionali, relativi a contratti aventi una causa finanziaria,
e non commerciale (C.M. n. 38/E/2010);
interessi attivi su prestiti a dipendenti, se derivanti dalla messa a disposizione di una
provvista di denaro, per la quale sussiste l’obbligo di restituzione, ed è prevista una
specifica remunerazione (C.M. n. 19/E/2009, par. 2.2);
componenti derivanti dalle operazioni di pronti contro termine su titoli;
aggi su prestiti concessi;
interessi attivi su erogazioni anticipate del trattamento di fine rapporto di lavoro
subordinato;
contributi in conto interessi.
È, tuttavia, opportuno che le risultanze del documento Oic siano coerenti con le
previsioni della normativa fiscale, con particolare riferimento alla qualificazione
reddituale della componente considerata (Circolare Assonime n. 46/2009, par. 4.3).
Ai fini dell’applicazione dell’art. 96 del Tuir, devono essere altresì considerati gli interessi
attivi derivanti da crediti vantati nei confronti della Pubblica Amministrazione,
determinati in base al Tasso Ufficiale di Riferimento aumentato di un punto. Tali
interessi attivi “virtuali”, ricollegabili al ritardato pagamento dei corrispettivi da parte
determinazione dell’ambito oggettivo di applicazione dell’art. 96 del Tuir, un principio di prevalenza dellasostanza economica sulla forma giuridica.
OSSERVA
62
dell’ente pubblico, devono essere calcolati a partire dal 1° giorno dell'esercizio ovvero,
se posteriore, dal giorno successivo a quello previsto per il pagamento, e fino all'ultimo
giorno del periodo amministrativo, oppure se anteriore, fino alla data di incasso del
corrispettivo.
Analogamente agli interessi attivi ed ai proventi finanziari, il documento di studio del
CNDCEC riporta un’elencazione esemplificativa degli interessi passivi ed oneri finanziari
assimilati di cui all’art. 96 del Tuir, desunta dal Documento Interpretativo 1 dell’Oic 12 e
dagli orientamenti dell’Agenzia delle Entrate:
interessi passivi su rapporti di conto corrente bancario, anche in valuta;
interessi passivi da operazioni in strumenti derivati di copertura dal rischio di
oscillazione del tasso d’interesse, in quanto costituenti un’integrazione, con segno
positivo o negativo, dell’interesse derivante dall’operazione coperta (C.M. n.
19/E/2009);
Al contrario, sono esclusi dal regime in esame i componenti positivi e negativi (sia di
natura valutativa sia che da realizzo) attinenti ai derivati aventi carattere speculativo,
nonché quelli relativi ai derivati di copertura del fair value delle attività e passività di
bilancio, oppure dei rischi di cambio, ove si aderisca alla tesi della irrilevanza, ai fini in
esame, delle perdite e degli utili su cambi (Circolare Assonime 18 novembre 2009, n.
46, par. 4.3.).
interessi passivi derivanti da rapporti di finanziamenti infragruppo;
interessi passivi maturati sulla dilazione volontaria del pagamento di imposte;
interessi passivi su depositi cauzionali, riguardanti i contratti aventi una causa
finanziaria;
oneri connessi ad operazioni di pronti contro termine su titoli aventi funzione di
raccolta. Gli interessi maturati sulle attività oggetto dell’operazione nel periodo di
durata del contratto sono esclusi dall’applicazione dell’art. 96 del Tuir, ferma
restando l’applicazione dell’art. 89, co. 6, del D.P.R. n. 917/1986, secondo il quale
gli interessi maturati concorrono a formare il reddito del cessionario. Rileva, invece,
ai fini del regime di limitazione della deducibilità degli interessi passivi, la differenza
tra il prezzo a pronti e quello a termine (C.M. n. 19/E/2009, par. 2.2),
disaggi di emissione e premi di rimborso dei titoli di debito;
interessi passivi su contratti di mutuo, e quota finanziaria dei canoni di leasing.
Quest’ultima è desumibile dal contratto, come prescritto dalla disciplina Irap (art. 5,
co. 3, del D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446), oppure applicando i criteri di cui all’art.
Interessi passivied oneri
assimilati
OSSERVA
63
1 del D.M. 24 aprile 1998 (C.M. n. 19/E/2009). In quest’ultimo caso, riconosciuto –
per esigenze di semplificazione – alle imprese che non adottano i principi contabili
internazionali, la quota capitale è determinata sulla base del costo in capo al
concedente, suddiviso per il numero di giorni di durata del contratto, moltiplicato per
quelli di competenza dell’esercizio;
interessi passivi derivanti da rapporti con soggetti domiciliati in Stati o territori a
fiscalità privilegiata, qualora sussistano le condizioni di cui all’art. 110, co. 11, del
D.P.R. n. 917/1986;
interessi passivi relativi a finanziamenti contratti per l’acquisizione o la costruzione di
immobili-patrimonio o merce;
interessi passivi su finanziamenti soci;
interessi e sconti passivi su finanziamenti ottenuti da banche o da altre istituzioni
finanziarie;
interessi passivi da factoring pro soluto/pro solvendo;
commissioni per mancato utilizzo di linee di credito;
oneri vari relativi all’emissione di un prestito obbligazionario;
commissioni passive su finanziamento e per fideiussioni, o altre garanzie rilasciate
da terzi;
spese e commissioni di factoring relative all’anticipata disponibilità finanziaria del
credito smobilizzato;
oneri derivanti da sconto di crediti;
interessi passivi relativi ai finanziamenti concessi per la realizzazione di lavori su
commessa non imputati a incremento del costo.
Conseguentemente, devono ritenersi escluse dall’operatività dell’art. 96 del Tuir le
componenti imputabili – secondo i corretti principi contabili – alla voce B)7) del conto
economico, riguardanti i costi per servizi forniti da banche e imprese finanziarie:
noleggio di cassette di sicurezza;
servizi di pagamento di utenze;
costi per la custodia di titoli;
commissioni per le fidejussioni non finalizzate all’ottenimento di finanziamenti;
spese e commissioni di factoring di natura diversa da quella finanziaria;
spese per la valutazione di immobili, ai fini della concessione un mutuo;
spese di istruttoria di mutui e finanziamenti;
spese per la disposizione di bonifici, utilizzo di bancomat e effettuazione di Home
Banking.
OSSERVA
64
Ad integrazione di quanto rappresentato nel documento del CNDCEC, si riportano alcune
esclusioni espressamente riconosciute dall’Amministrazione Finanziaria:
interessi passivi indeducibili in via assoluta:
in applicazione delle disposizioni sul transfer pricing (art. 110, co. 7, del Tuir);
derivanti da operazioni intercorse con soggetti residenti in Stati o territori a fiscalità
privilegiata (art. 110, co. 10, del Tuir);
su obbligazioni e titoli similari, nella misura in cui il rendimento effettivo dei titoli, al
momento dell’emissione, ecceda le soglie di cui all’art. 26, co. 1, del D.P.R. 29
settembre 1973, n. 600, rilevanti anche per la misura della ritenuta da operare sugli
interessi stessi (art. 3, co. 115, della Legge n. 549/1995);
versamenti trimestrali dell’Iva (art. 66, co. 11, del D.L. n. 331/93);
interessi passivi deducibili, anche solo parzialmente, dal reddito d’impresa:
relativi all’acquisto di automezzi, come peraltro confermato anche dall’Agenzia delle
Entrate (C.M. 18 giugno 2008, n. 47/E, par. 5.3), essendo soggetti alle disposizioni
speciali di cui all’art. 164 del Tuir;
imputati ad incremento del costo delle rimanenze di beni, in ossequio ai corretti
principi contabili (R.M. 14 febbraio 2008, n. 3/DPF, e C.M. 21 aprile 2009, n. 19/E,
paragrafo 2.2.4);
Sul punto, si rileva, tuttavia, che la capitalizzazione degli oneri finanziari è ammessa in
casi eccezionali, così come chiarito dall’ Oic 13, par. D.III.m). In sede di
determinazione del costo delle rimanenze, sono generalmente esclusi5 gli interessi
passivi, salvo quelli derivanti da un finanziamento contratto a fronte di specifici beni
che richiedono un processo produttivo prolungato, il cui completamento può
comportare il decorso di alcuni anni, prima che il prodotto divenga collocabile sul
mercato e, quindi, commercializzabile.
Può essere, il caso, ad esempio, del brandy, che necessita di un pluriennale periodo di
invecchiamento, oppure dei salumi e formaggi, soggetti alla fase della stagionatura.
Al ricorrere della suddetta ipotesi, è possibile imputare al costo gli oneri finanziari
realmente sostenuti, limitatamente al periodo di produzione, a condizione che
l’importo complessivo risultante dalla capitalizzazione non ecceda il valore netto di
realizzo, e se ne fornisca adeguata indicazione nella nota integrativa (art. 2427, co. 1,
5 Il criterio generale dell’esclusione della capitalizzabilità è fondato, principalmente, sulla natura di costoricorrente rivestita dagli interessi passivi. Si consideri, inoltre, che la parte di oneri sostenuta per finanziare ilmagazzino potrebbe rivelarsi di difficile individuazione e, quindi, fonte del rischio di valutazioni meramentearbitrarie.
OSSERVA
65
n. 7, c.c.).
imputati ad incremento del costo delle commesse ultrannuali (C.M. n. 19/E/2009,
par. 2.2.4);
A questo proposito, si osservi che, nel caso di valutazione secondo il criterio della
percentuale di completamento, gli interessi passivi sono imputabili ad incremento del
valore delle rimanenze nei casi in cui si applichi il metodo cost to cost, e gli aspetti
finanziari costituiscano un elemento determinante ai fini della valutazione della
redditività della commessa, rendendo necessaria la considerazione degli oneri e dei
proventi finanziari come costi e ricavi di commessa, purché l’impresa disponga di un
adeguato sistema amministrativo, e tale impostazione sia seguita per tutte le
commesse dell’impresa, o almeno per quelle che presentano caratteristiche tali da
generare rilevanti squilibri nei flussi finanziari.
Secondo l’Oic 23, la rilevazione degli oneri finanziari netti quali costi di commessa non
trova giustificazione in sede di applicazione del metodo delle misurazioni fisiche.
da debiti commerciali, espliciti e non, oppure su depositi cauzionali riferibili ad
operazioni della medesima natura (C.M. n. 38/E/2010);
gli interessi passivi sostenuti dalle società immobiliari di gestione6, relativi a
finanziamenti garantiti da ipoteca su immobili acquistati7 o costruiti, destinati alla
locazione, se soddisfano le seguenti condizioni (C.M. n. 19/E/2009):
si riferiscono a finanziamenti ipotecari, contratti anche prima dell’esercizio 2008;
gli immobili oggetto dell’ipoteca sono destinati a locazione, anche soltanto
potenzialmente, come desumibile dalla documentazione societaria, quali delibere
e contratti preparatori.
In occasione della Diretta Map del 28 maggio 2009, l’Agenzia delle Entrate aveva,
inoltre, riconosciuto la deducibilità degli sconti finanziari concessi, per pronta cassa, ai
clienti.
6 Si tratta delle imprese il cui valore del patrimonio, a costi correnti, è prevalentemente costituito da beniimmobili diversi da quelli “merce” (alla cui produzione o al cui scambio è diretta l’attività d’impresa) e daquelli utilizzati direttamente nello svolgimento dell’attività (R.M. 9 novembre 2007, n. 323/E).7 La deducibilità integrale ricorre anche nel caso in cui l’immobile sia detenuto in leasing, in virtùdell’equiparazione alla fattispecie di acquisto diretto (CC.MM. 22 luglio 2009, n. 37/E, e 17 ottobre 2001, n.90/E, RR.MM. 17 dicembre 2007, n. 379/E, 25 febbraio 2005, n. 27/E, 10 maggio 2004, n. 69/E, 23 febbraio2004, n. 19/E e 17 ottobre 2001, n. 90/E).
OSSERVA
66
Natura
dell’onere
finanziario
Importo
bilancio
Importo
indeducibile
Importo
deducibile
Importo
soggetto
all’art. 96
del Tuir
conti correnti
passivi
40.000,00 40.000,00 40.000,00
credito
bancario8
120.000,00 120.000,00 80.000,00
acquisto
autocarri
60.000,00 60.000,00
acquisto
autovetture
100.000,00 60.000,00 40.000,00
leasing di altri
beni
180.000,00 180.000,00 180.000,00
immobili-
patrimonio
215.000,00 35.000,00
(funzionamento)
180.000,00
(acquisto)
180.000,00
(acquisto)
servizi bancari 35.000,00 35.000,00
TOTALE 750.000,00 95.000,00 655.000,00 480.000,00
Conseguentemente, gli oneri finanziari imputati a conto economico (euro 750.000,00)
sono soggetti a discipline differenti:
definitiva indeducibilità: euro 95.000,00 (interessi di funzionamento degli
immobili-patrimonio ed il 60,00% di quelli relativi al finanziamento dell’acquisto
delle autovetture ad uso promiscuo);
rilevanza fiscale, in quanto compresi nel costo dei beni, ma esclusi
dall’applicazione dell’art. 96 del Tuir: euro 40.000,00 (oneri finanziari
capitalizzati);
deducibilità in base alle disposizioni speciali sui veicoli di cui all’art. 164 del Tuir:
euro 100.000,00;
integrale deducibilità, poiché rappresentanti costi per servizi, e non interessi
passivi: euro 35.000,00 (oneri bancari).
rientranti nell’ambito di operatività del regime di limitazione della deducibilità, di
cui una parte costituente, senza condizioni, un componente negativo del reddito
d’impresa, nel limite degli interessi attivi e proventi assimilati: euro 480.000,00.
8 È stato ipotizzato che gli oneri derivanti dai finanziamenti includano interessi passivi capitalizzabili adincremento del costo dei beni, in misura pari ad euro 40.000,00.
67
Ai fini della determinazione della reddito d’impresa, gli interessi passivi – imputati al
conto economico dell’esercizio – rilevanti, ovvero diversi da quelli esclusi, devono
essere, in primo luogo, posti a confronto con gli interessi attivi di competenza: il minore
dei due importi costituisce, infatti, l’ammontare degli oneri finanziari integralmente
deducibili.
L’eventuale eccedenza di interessi passivi ed oneri assimilati, rispetto a quelli attivi ed ai
proventi finanziari, è deducibile nel limite del 30,00% del Risultato Operativo Lordo della
gestione caratteristica (ROL), determinato come differenza tra il valore ed i costi della
produzione riportati nel conto economico civilistico di cui all’art 2425 c.c.9, ad eccezione
delle seguenti componenti (art. 96, co. 2, del D.P.R. n. 917/1986):
B)8): costi per godimento beni di terzi, limitatamente ai canoni di locazione
finanziaria dei beni strumentali;
B)10)a): ammortamento delle immobilizzazioni immateriali;
B)10)b): ammortamento delle immobilizzazioni materiali.
Qualora gli interessi passivi eccedano il 30,00% del ROL, è possibile avvalersi
dell’ulteriore novità normativa efficace dal periodo d’imposta 2010, ovvero il riporto della
differenza ad incremento di quello dei successivi periodi d’imposta, senza alcun limite
temporale.
Tale facoltà è, naturalmente, preclusa nel caso in cui l’eccedenza derivi dalla mancata
deducibilità di una parte degli interessi passivi. Il Reddito Operativo Lordo della
gestione caratteristica dell’esercizio oppure di periodi precedenti, utilizzabile ma non
utilizzato, pur in presenza di interessi passivi netti dell’anno di riferimento o di passati,
non è più, quindi, riportabile a nuovo, così come gli interessi passivi netti che
avrebbero dovuto essere dedotti in relazione a tale ROL.
In altri termini, il contribuente tenuto all’applicazione della disciplina dell’art. 96 del Tuir
non può riportare in avanti, con riferimento al medesimo periodo d’imposta, eccedenze
di ROL inutilizzato e di interessi passivi netti indeducibili.
9 La medesima modalità di determinazione del ROL di cui all’art. 96, co. 2, del Tuir deve essere adottataanche dalle holding industriali di cui all’art. 113 del D.Lgs. 1 settembre 1993, n. 385, sebbene generalmenteassuma valori nulli: sul punto, l’Agenzia delle Entrate ha espressamente chiarito che le società in parola sonotenute anch’esse ad applicare le modalità indicate dall’art. 96, co. 2, del Tuir, senza considerare i principiaffermati nelle RR.MM. 29 ottobre 2002, n. 337/E, e 10 aprile 2008, n. 143/E ai limitati fini del test di vitalitàrichiesto, ai sensi dell’articolo 172, co. 7, del Tuir, per la riportabilità delle perdite nelle operazioni di fusione(C.M. n. 19/E/2009, par. 2.3). Le imprese che redigono il bilancio in base ai principi contabili internazionalidevono, pertanto, assumere le corrispondenti voci di conto economico.
Deducibilità inbase al ROL
OSSERVA
68
Il riporto dell’eccedenza di ROL è, pertanto, consentito soltanto nelle seguenti ipotesi:
assenza di interessi passivi netti di periodo o pregressi da compensare;
importo degli interessi passivi netti di periodo, o pregressi, inferiore alla disponibilità
di ROL (dell’esercizio di riferimento o, se del caso, riveniente da annualità
pregresse).
In entrambe le ipotesi, l’eccedenza di ROL riportata dovrà, comunque, essere utilizzata
in compensazione alla prima occasione utile, ossia nel primo esercizio in cui si
manifesterà un’eccedenza degli interessi passivi di periodo rispetto a quelli attivi.
Nel caso in cui l’impresa abbia integralmente utilizzato, ai fini della deducibilità, il
30,00% del ROL e residuino ancora interessi passivi, questi saranno fiscalmente
irrilevanti nel periodo d’imposta 2012, ma riportabili nei successivi esercizi – a norma
dell’art. 96, co. 4, del Tuir – e, quindi, deducibili, fermo restando il vincolo del 30,00%
del ROL: in altri termini, tale quota di interessi passivi è riconosciuta, ai fini Ires,
nell’anno in cui non determina, congiuntamente agli oneri finanziari di competenza
dell’esercizio, il superamento della citata soglia.
L’applicazione della norma è stata, tuttavia, sostanzialmente rivista dall’Agenzia delle
Entrate, ammettendo la possibilità di dedurre gli interessi passivi riportati sulla base
dell’eventuale eccedenza di periodo degli interessi attivi, in deroga alla criterio
obbligatorio del 30,00% del ROL (C.M. n. 38/E/2010, par. 1.4). In altri termini, se gli
interessi attivi imputati (colonna 3 del rigo RF118 del Modello Unico 2013) a conto
economico eccedono quelli passivi di competenza (colonna 1 del medesimo rigo), la
differenza può essere utilizzata per dedurre gli oneri finanziari pregressi (colonna 2 del
predetto rigo), che sono, quindi, sottratti al regime di limitazione della deducibilità.
A seguito dell’individuazione degli interessi deducibili dal reddito imponibile Ires,
l’impresa è in grado di compilare l’apposita sezione del quadro RF, funzionale alla
determinazione delle quota rilevante e, conseguentemente, delle variazioni fiscali, in
aumento o diminuzione da apportare. Ai fini di una migliore comprensione della relativa
operatività di quanto sopra esposto, si riportano alcuni utili esempi.
Interessi passivi 2012: euro 60.000,00
Interessi passivi indeducibili 2011: euro 35.000,00
Interessi attivi: euro 20.000,00
Risultato operativo lordo della gestione caratteristica: - euro 120.000,00
Riporto degliinteressi
passiviindeducibili
Modello Unico2013
Esempio: ROLnegativo e
riporto degliinteressi passivi
indeducibili
69
In presenza di un ROL negativo, deve essere riportato un valore nullo nella colonna 2
del rigo RF119, che determina l’integrale indeducibilità degli oneri finanziari di
periodo, oltre a quelli pregressi, eccedenti gli interessi attivi. Conseguentemente, deve
essere effettuata una variazione in aumento, nel rigo RF16, colonna 1, indicando i soli
oneri finanziari dell’esercizio 2012, ad eccezione di quelli dedotti (euro 60.000 – euro
20.000 = euro 40.000).
Esempio: deduzione degli interessi passivi riportati
Interessi passivi 2012: euro 60.000,00
Interessi passivi indeducibili 2011: euro 35.000,00
Interessi attivi: euro 20.000,00
Risultato operativo lordo della gestione caratteristica: euro 240.000,00
Nel rigo RF118, sono stati riportati l’ammontare degli interessi passivi del periodo
d’imposta (colonna 1) e quelli pregressi (colonna 2), nonché l’importo degli interessi
attivi, compresi quelli impliciti di natura commerciale e quelli virtuali relativi a rapporti
con la Pubblica Amministrazione (colonna 3). Gli interessi attivi in parola (euro
20.000,00) sono, poi, stati posti a confronto con la sommatoria dei predetti oneri
finanziari (euro 95.000,00): il minore dei due importi (euro 20.000,00) rappresenta la
quota di interessi integralmente deducibili. La differenza (euro 75.000,00) è stata,
invece, assoggettata al test del 30,00% del ROL, pari ad euro 72.000,00 che
identifica, quindi, il limite massimo di rilevanza fiscale nel 2012 (rigo RF119, colonna
3): con l’effetto che residuano ancora interessi passivi indeducibili per euro 3.000,00
60.000 35.000 20.000 20.000 75.00024.000 72.000
3.000
60.000 35.000 20.000 20.000 75.0000 0
75.000
40.000
70
riportabili nel periodo d’imposta 2013 (rigo RF121, colonna 3). In altri termini, nel
reddito d’impresa è stato possibile includere anche, quale componente negativo, la
quota di euro 32.000,00 degli interessi passivi indeducibili nel 2011, e riportati nel
2012. Tale circostanza, riguardando un importo pregresso e non compreso nel
risultato civilistico di conto economico di periodo (righi RF4 o RF5), richiede, pertanto,
una specifica annotazione tra le variazioni in diminuzione, compilando il rigo RF54,
con l’indicazione del codice “13”.
Interessi passivi 2012: euro 60.000,00
Interessi passivi indeducibili 2011: euro 35.000,00
Interessi attivi: euro 20.000,00
Risultato operativo lordo della gestione caratteristica: euro 120.000,00
In presenza di un ROL dimezzato (euro 120.000,00 anziché euro 240.000,00) rispetto
all’esempio precedente, gli oneri finanziari eccedenti gli interessi attivi (euro
75.000,00 di cui 40.000,00 del 2012) sono deducibili nel limite di euro 36.000,00: in
altre parole, non è stato possibile dedurre, neppure parzialmente, gli interessi passivi
riportati dal 2011, in quanto quelli del 2012 non hanno trovato completa capienza nel
30,00% del ROL, essendone residuati euro 1.000,00. Conseguentemente, deve essere
operata una variazione in aumento per tale importo, compilando il rigo RF16, colonna
1: non rileva, quindi, l’ammontare degli interessi indeducibili pregressi riportati nel
2012, e rimasti fiscalmente irrilevanti.
60.000 35.000 20.000 20.000 75.000
120.000 36.000
39.000
1.000
1 32.000
Esempio:indeducibilitàdegli interessi
passivi riportati
71
Interessi passivi 2012: euro 60.000,00
Interessi passivi indeducibili 2011: euro 35.000,00
Interessi attivi: euro 80.000,00
Risultato operativo lordo della gestione caratteristica: euro 120.000,00
Alla luce dell’orientamento dell’Agenzia delle Entrate, e contrariamente a quanto
previsto dal co. 4 dell’art. 96 del Tuir, il rigo RF118 è stato compilato secondo le
seguenti modalità:
colonna 1: interessi passivi di competenza (euro 60.000,00);
colonna 2: interessi passivi pregressi riportati (euro 35.000,00);
colonna 3: interessi attivi dell’esercizio 2012 (euro 80.000,00);
colonna 4: ammontare degli interessi integralmente deducibili, fino a concorrenza
degli interessi attivi, e dunque il minore importo tra la sommatoria di colonna 1 e
2 (euro 95.000,00) e l’ammontare di colonna 3 (euro 80.000,00);
colonna 5: oneri finanziari netti (euro 15.000,00) ovvero quelli di competenza e
pregressi (euro 95.000,00) eccedenti gli interessi attivi (euro 80.000,00), da
assoggettare al test del 30,00% del ROL (rigo RF119, colonna 3). Quest’ultimo è
risultato pari ad euro 36.000,00 consentendo, quindi, di dedurre integralmente gli
interessi passivi netti (euro 15.000,00) e riportare al 2013 la quota inutilizzata del
risultato operativo lordo della gestione caratteristica (euro 21.000,00).
L’integrale deduzione degli interessi passivi comporta, infine, la compilazione del rigo
RF54, tra le variazioni in diminuzione del reddito d’impresa, con riferimento agli
interessi passivi del 2011, riportati, e dedotti nel 2012 (euro 35.000,00).
35.0001
60.000 80.00080.000 15.000
120.000 36.000
21.000
35.000
Esempio:interessi attivi
eccedenti ededuzioni di
quelli passiviriportati
72
Si segnala, infine, l’orientamento dell’Agenzia delle Entrate, con riferimento ad una
fattispecie non espressamente disciplinata dalla normativa vigente, o quanto meno in
maniera inequivocabile, ovvero il riporto degli interessi passivi deducibili maturati nel
caso di fusione o scissione di società partecipanti al consolidato fiscale nazionale, senza
che ciò determini l’interruzione dell’imposizione di gruppo. La problematica interessa,
infatti, due disposizioni, che stabiliscono criteri differenti:
l’art. 96, co. 7, del Tuir stabilisce che l’eccedenza di interessi passivi indeducibili può
essere riportata anche ad abbattimento del reddito complessivo del gruppo a cui
partecipi l’impresa che ha prodotto tali oneri finanziari (artt. 117-129 del D.P.R. n.
917/1986), purché le altre società appartenenti alla fiscal unit presentino – per il
medesimo periodo d’imposta – un ROL capiente non integralmente utilizzato,
comprese le eccedenze riportate, ad eccezione di quelle formatesi prima dell’accesso
al consolidato nazionale;
l’art. 172, co. 7, del Tuir dispone che ai pregressi interessi passivi indeducibili di cui
al precedente art. 96, co. 4, del D.P.R. 917/1986 si applicano le medesime
disposizioni previste per il riporto delle perdite fiscali prodotte dalle società
partecipanti alla fusione, ovvero alla scissione, in virtù del richiamo operato dall’art.
173, co. 10, del Tuir.
L’Agenzia delle Entrate ha sostenuto, con la R.M. n. 42/E del 12 aprile 2011, la
prevalenza di queste ultime norme, che contemplano l’applicabilità della disciplina
antielusiva di cui all’art. 37-bis del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, ed impongono il
rispetto di alcuni vincoli di natura quantitativa, e precisamente:
gli interessi passivi delle società partecipanti alla fusione o scissione, comprese
l’incorporante e la beneficiaria, possono essere portati in diminuzione dal reddito
della società avente causa, per la parte non eccedente l’importo del patrimonio
risultante dall’ultimo bilancio oppure, se inferiore, dalla situazione patrimoniale di
fusione (art. 20501-quater c.c.), dal progetto o dalla situazione patrimoniale di
scissione (artt. 2506-bis e 2506-ter c.c.):
a tale fine, non rilevano i conferimenti e versamenti eseguiti negli ultimi
ventiquattro mesi, rispetto alla data del predetto documento contabile, ad
eccezione dei contributi di legge erogati dallo Stato e dagli enti pubblici;
La limitazione in parola non opera, tuttavia, nel caso di spin-off parziale, eseguito in
Fusione,scissione e
consolidatofiscale
OSSERVA
73
forma proporzionale: la scissa conserva, infatti, il diritto al riporto degli interessi
passivi dalla stessa prodotti, e non trasferiti alla beneficiaria, escludendo dunque un
rischio di elusione da compensazione intersoggettiva di tali oneri finanziari (R.M. 30
giugno 2009, n. 168/E).
il conto economico della società i cui interessi passivi indeducibili sono riportabili,
relativo all’esercizio precedente a quello della deliberazione dell’operazione
straordinaria e redatto a norma dell’art. 2425 c.c., supera il c.d. test di vitalità10, in
virtù dell’esposizione di alcune componenti reddituali superiori al 40,00% della
media dei due esercizi precedenti:
ricavi e proventi dell’attività caratteristica, ovvero di natura ricorrente, non
necessariamente quelli rappresentati nelle voci A)1) “Ricavi delle vendite e delle
prestazioni” e A)5) “Altri ricavi e proventi”;
Si pensi, ad esempio, al caso particolare delle holding di partecipazioni, che
comportano la necessità di considerare anche le voci C)15) “Proventi da
partecipazioni” e C)16) “Proventi diversi dai precedenti”, in cui sono iscritti i relativi
componenti positivi ordinari di reddito. Il richiamo al concetto di “gestione tipica”
deve, pertanto, indurre ad escludere, ai fini di tale verifica, i contributi alla
ristrutturazione aziendale, in quanto non ricorrenti, essendo collegati ad un intervento
eccezionale, e come tali imputati alla voce E)20) “Proventi straordinari” (R.M. 13 luglio
2009, n. 183/E):
spese per prestazioni di lavoro subordinato e relativi contributi, riportati nella voce
B)9), lett. a) e b), del conto economico civilistico: sul punto, l’Agenzia delle
Entrate ha precisato che, qualora non risultino iscritti costi per il personale, la
vitalità aziendale può comunque essere provata, sulla base di altri fattori (R.M. 29
ottobre 2002, n. 337/E). Ferma restando, in ogni caso, la facoltà del contribuente
di presentare – a norma dell’art. 37-bis, co. 8, del D.P.R. 29 settembre 1973, n.
600 – un’apposita istanza di interpello, al fine di ottenere la disapplicazione delle
disposizioni antielusive di cui all’art. 172, co. 7, del Tuir (R.M. n. 143/E/2008);
le azioni o quote della società i cui interessi passivi indeducibili sono riportabili non
risultano possedute dall’avente causa, ovvero da altra impresa partecipante alla
fusione o scissione: in caso contrario, gli oneri finanziari in parola non rilevano,
sino a concorrenza dell’ammontare complessivo della svalutazione di tali
partecipazioni, effettuata in sede di determinazione del reddito dalla società
10 Le condizioni di vitalità economica devono risultare soddisfatte, oltre che nel periodo precedente allafusione o scissione, sino al momento di deliberazione dell’operazione straordinaria (R.M. n. 143/E/2008).
OSSERVA
74
partecipante, ovvero dall’impresa che le ha ad essa cedute dopo l’esercizio al
quale si riferisce la perdita e prima dell’atto dell’operazione straordinaria.
Non sono, pertanto, invocabili, ad avviso dell’Amministrazione Finanziaria, le
conclusioni raggiunte dalla C.M. 9 marzo 2010, n. 9/E con riferimento alle sorti delle
perdite fiscali in occasione della medesima fattispecie, ovvero la fusione o scissione di
società in costanza del consolidato fiscale nazionale, ritenute, invece, illimitatamente
riportabili, purché maturate in pendenza dell’imposizione di gruppo.
Le spese relative a prestazioni alberghiere, somministrazioni di alimenti e bevande, se
differenti da quelle di cui all’art. 95, co. 3, del D.P.R. n. 917/1986, sono parzialmente
rilevanti, nella misura del 75,00% del loro ammontare. Tali costi, qualora siano
qualificabili come spese di rappresentanza, soggiacciono anche al regime di limitazione
della deducibilità di cui al D.M. 19 novembre 2008. Nel caso di sostenimento da parte di
un lavoratore autonomo, la rilevanza fiscale dei costi alberghieri e di ristorazione è
confermata nella misura del 75,00%, ma è posto un ulteriore vincolo sul loro
ammontare complessivo: non possono eccedere il 2,00% dei compensi percepiti nel
corso del periodo d’imposta.
Sotto il profilo Irap, i costi per prestazioni alberghiere, di somministrazione e di alimenti
e bevande assumono piena rilevanza, sia per i soggetti Ires – in virtù del principio di
derivazione dai dati di bilancio – che per i contribuenti Irpef, in quanto classificabili tra
costi per servizi, a norma del D.M. 17 gennaio 1992.
La vigente disciplina fiscale delle spese relative a prestazioni alberghiere e di
ristorazione trae origine da alcune significative modifiche apportate dall’art. 83, co. 28-
bis e 28-quater, del D.L. 25 giugno 2008, n. 112, convertito dalla Legge 6 agosto 2008,
n. 133. In particolare, il co. 28-bis ha eliminato, con decorrenza 1° settembre 2008, la
previsione di indetraibilità oggettiva dell’Iva di cui all’art. 19-bis1, co. 1, lett. e), del
D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633.
La formulazione previgente dell’art. 19, co. 1, lett. e), del D.P.R. n. 633/1972, in
vigore fino al 31 agosto 2008, stabiliva che – ad eccezione del caso di costituzione
dell’oggetto proprio dell’attività dell’impresa – non era ammessa in detrazione
l’imposta sul valore aggiunto relativa “a prestazioni alberghiere e a somministrazione
di alimenti e bevande, con esclusione di quelle inerenti alla partecipazione a convegni,
congressi e simili, erogate nei giorni di svolgimento degli stessi, delle somministrazioni
Spese perristoranti ed
alberghi,deducibilità e
Modello Unico2013
Normativa diriferimento
OSSERVA
75
effettuate nei confronti dei datori di lavoro nei locali dell’impresa o in locali adibiti a
mensa scolastica, aziendale o interaziendale e delle somministrazioni commesse da
imprese che forniscono servizi sostitutivi di mense aziendali”. Tale indetraibilità era di
carattere “oggettivo”, e quindi operante a prescindere dall’attività esercitata (a parte il
suddetto caso che la spesa costituisse attività propria dell’impresa), e senza possibilità
di fornire prova contraria.
Ai fini delle imposte dirette Ires ed Irpef, le spese alberghiere, di somministrazione di
alimenti e bevande sono disciplinate da disposizioni differenti – anch’esse introdotte dal
D.L. n. 112/2008, e precisamente dall’art. 83, co. 28-quater, con efficacia a partire dal
periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2008 (anno fiscale 2009,
per i contribuenti solari) – a seconda della tipologia di reddito nell’ambito del quale sono
sostenute:
impresa: art. 109, co. 5, ultimo periodo, del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, da
applicarsi congiuntamente al precedente art. 108 del Tuir ed al D.M. 19 novembre
2008, nel caso di spese alberghiere e di ristorazione qualificabili come di
rappresentanza;
lavoro autonomo: art. 54, co. 5, del D.P.R. n. 917/1986.
L’IMPOSIZIONE DIRETTA DELLE SPESE ALBERGHIERE E DI RISTORAZIONE
Sotto il profilo Irap, trovano applicazione le disposizioni che regolano la determinazione
del valore della produzione netta delle società di capitali e degli enti commerciali (art. 5
del D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446), ovvero delle società di persone e delle imprese
individuali di cui al successivo art. 5-bis.
Le spese relative a prestazioni alberghiere, somministrazione di alimenti e bevande
hanno, inoltre, formato oggetto di diversi interventi dell’Agenzia delle Entrate, ed in
particolare le CC.MM. 5 settembre 2008, n. 53/E, e 3 marzo 2009, n. 6/E, nonché quella
del 19 maggio 2010, n. 25/E.
A seguito della modifica dell’art. 19-bis1, co. 1, lett. e), del D.P.R. n. 633/1972, come
anticipato, è venuta meno l’indetraibilità oggettiva dell’Iva relativa alle prestazioni
Reddito di lavoro autonomo
Art. 54, comma 5, D.P.R. n. 917/1986
Reddito d’impresa
Art. 109, c. 5, ultimo periodo, Tuir
Detrazionedell’IVA
76
alberghiere e di ristorazione diverse da quelle qualificabili come di rappresentanza11.
Ricorrono, pertanto, i principi generali di cui al precedente all’art. 19: in primo luogo,
l’inerenza dell’operazione e la preventiva emissione della fattura da parte dell’esecutore
del servizi.
L’emissione della fattura deve essere richiesta non oltre il momento di effettuazione
delle prestazioni alberghiere, ovvero delle somministrazioni di alimenti e bevande, in
quanto la produzione del suddetto documento è obbligatoria soltanto se richiesta dal
cliente (art. 22, co. 1, n. 2), del D.P.R. n. 633/1972). Trova, quindi, applicazione il
criterio di cui all’art. 6 del Decreto Iva, che ritiene eseguite le prestazioni all’atto del
pagamento del corrispettivo, oppure – se precedente – al momento di emissione della
fattura.
In caso contrario, l’imposta sul valore aggiunto risulta indetraibile, costituendo un costo,
rispetto al quale era sorto un dubbio in merito all’eventuale rilevanza fiscale ai fini delle
imposte dirette. Sul punto, l’Agenzia delle Entrate aveva, inizialmente sostenuto la tesi
dell’indeducibilità (C.M. 3 marzo 2009, n. 6/E), precisando che “la mancata richiesta
della fattura non può avere riflessi ai fini della determinazione del reddito, atteso che in
tale ipotesi l’indetraibilità dell’Iva non deriverebbe da cause oggettive che precludono
l’esercizio del relativo diritto, bensì da una valutazione discrezionale del contribuente.
Sebbene, pertanto, il diritto alla detrazione dell’Iva pagata per rivalsa sia subordinato al
possesso della fattura, si ritiene che in mancanza della stessa l’imprenditore o il
professionista non possano comunque dedurre dal reddito l’Iva compresa nel costo
sostenuto per le prestazioni alberghiere e di ristorazione”.
Il medesimo orientamento è stato, successivamente, ribadito dalla stessa
Amministrazione Finanziaria, in occasione della risposta all’istanza di interpello
formulata da un contribuente (R.M. 31 marzo 2009, n. 84/E): “Tale affermazione deve
essere considerata valida sia nel caso in cui il contribuente disponga della fattura
relativa al servizio ricevuto (e scelga di non detrarre l’imposta), sia nel caso in cui il
11 Le modifiche introdotte dall’art. 83, co. 28-bis, del D.L. n. 112/2008 non hanno determinato alcun effettosulle spese relative a prestazioni alberghiere, somministrazioni di alimenti e bevande, qualificabili come costidi rappresentanza, per i quali continua a trovare applicazione la specifica previsione di indetraibilità di cuiall’art. 19-bis1, comma 1, lettera h), D.P.R. n. 633/1972 (C.M. 5 settembre 2008, n. 53/E).
OSSERVA
OSSERVA
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contribuente abbia deciso di non richiedere all’albergatore o al ristoratore l’emissione
della fattura non oltre il momento di effettuazione dell’operazione”. Con la
conseguente indeducibilità, anche ai fini Irap, dell’Iva indetraibile compresa nel costo
sostenuto per le prestazioni alberghiere e di ristorazione.
L’orientamento in parola ha, tuttavia, formato oggetto di un successivo intervento
dell’Agenzia delle Entrate, che ha introdotto alcune significative precisazioni (C.M. 19
maggio 2010, n. 25/E), rispetto a quanto riportato nei citati precedenti documenti di
prassi. In particolare, è stato chiarito che sono ammesse delle eccezioni “qualora la
scelta di non richiedere la fattura per le prestazioni alberghiere e di ristorazione si basi
su valutazioni di convenienza economico-gestionale”. Ad esempio, nel caso in cui i costi
da sostenere per assolvere gli adempimenti Iva connessi alle fatture siano superiori al
beneficio economico, costituito dall’imposta sul valore aggiunto detraibile. Al ricorrere
della suddetta ipotesi, vantaggiosa per il soggetto passivo del tributo, l’Iva non detratta
– per mancanza della fattura – rappresenta un costo inerente e, quindi, deducibile ai fini
delle imposte sui redditi, secondo la vigente normativa di riferimento.
Successivamente, il 15 settembre 2011, il Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti
e degli Esperti Contabili ha pubblicato un apposito parere, al fine di individuare un limite
oggettivo adeguato a soddisfare il predetto requisito della “convenienza economico-
gestionale”. Il documento si è soffermato principalmente sui costi amministrativi
connessi alla registrazione della singola fattura (protocollazione, eventuale inserimento
anagrafico del fornitore, registrazione e archiviazione), peraltro evitabili nel caso di
annotazione cumulativa, in contabilità generale, della nota delle spese sostenute dal
dipendente o collaboratore in trasferta, quale fruitore del servizio. Al di fuori di questa
ipotesi, è stato osservato come, nel caso delle imprese in contabilità ordinaria, la
registrazione Iva della singola fattura comporti – a parità di documenti – un raddoppio
delle scritture contabili, dovendosi necessariamente procedere alla distinta registrazione
dell’operazione di acquisto e di quella di pagamento. Diversamente, rilevando il
documento esclusivamente in contabilità generale, sarebbe possibile effettuare una sola
scrittura: ad esempio, il costo nella sezione “dare”, la cui contropartita “avere” è una
voce accesa alla cassa, banca o carta di credito.
Sotto il profilo operativo, il parere del Cndcec ha fatto riferimento ai costi amministrativi
desumibili dalla Tariffa professionale dei propri iscritti, e precisamente l’art. 33, co. 2,
lett. a) del D.M. 2 settembre 2010, n. 169, che stabilisce un compenso minimo di 2,33
euro e un massimo di 4,65 euro “per ciascuna rilevazione che comporti un addebito ed
un accredito sul libro giornale”. Conseguentemente, è stato ipotizzato, in via meramente
forfettaria, un costo base di euro 3,00 a titolo di gestione amministrativa della fattura,
riducibile del 20,00-30,00% per le situazioni di gestione contabile interna. Con l’effetto
che considerando il predetto onere, unitamente all’aliquota Iva del 10,00%,
generalmente applicabile alle prestazioni alberghiere e di ristorazione, il punto minimo di
78
convenienza economico-gestionale si attesta a un importo di euro 33,00 (imposta sul
valore aggiunto inclusa) per ogni singola fattura. In altri termini, ogniqualvolta l’acquisto
dovesse risultare inferiore a tale ammontare, la richiesta dell’emissione della fattura non
comporterebbe alcun beneficio in capo al committente.
A titolo esemplificativo, si consideri il caso di una fattura di euro 22,00 comprensiva di
Iva per euro 2,00 e comportante un costo complessivo di euro 23,00 di cui euro 20,00
per l’acquisto ed euro 3,00 imputabili alla gestione amministrativa del documento
fiscale. Nella medesima ipotesi risulterebbe, invece, maggiormente conveniente
limitarsi a non richiedere l’emissione della fattura, rinunciando alla detrazione dell’Iva
(euro 2,00), ma deducendo l’intera spesa, documentata dallo scontrino o dalla
ricevuta fiscale (euro 22,00).
L’orientamento della C.M. n. 25/E/2010 esplica i propri effetti anche in relazione all’Irap,
a condizione che l’Iva indetraibile risulti iscritta in un costo compreso tra i componenti
negativi che concorrono alla formazione della base imponibile del tributo regionale. Al
ricorrere di tale ipotesi, l’Amministrazione Finanziaria riconosce all’Iva non detratta per
mancanza della fattura la natura di “costo inerente” all’attività esercitata, e la
conseguente deducibilità ai fini Irap (R.M. 6 settembre 1980, n. 517), purchè risulti
iscritto tra i costi che concorrono alla determinazione del valore della produzione netta
da assoggettare al tributo regionale.
In senso conforme, si era già espressa l’Assonime (Circolare 9 aprile 2009, n. 16, nota
40), secondo cui l’Iva indetraibile rappresenta un costo inerente, in quanto l’omessa
richiesta della fattura può derivare da una valutazione del contribuente meramente
economica (Circolare 7 agosto 2008, n. 50).
Fermo restando che, nel diverso caso di mancato esercizio del sussistente diritto alla
detrazione dell’Iva derivante dal possesso della fattura, l’ammontare relativo all’imposta
sul valore aggiunto non può essere considerato un costo deducibile.
La disciplina fiscale delle spese alberghiere e di ristorazione, applicabile ai titolari di un
reddito d’impresa, è contenuta nell’art. 109, co. 5, ultimo periodo, del D.P.R. n.
OSSERVA
OSSERVA
Redditod’impresa
79
917/1986, che stabilisce una limitazione della deducibilità, nella misura del 75,00% del
loro ammontare, comprensivo dell’Iva non detratta, a condizione che risponda a
valutazioni economico-gestionale effettuate dal contribuente (C.M. n 25/E/2010).
Tale forma di rilevanza parziale non opera, per espressa disposizione normativa, nei
confronti dei costi di vitto ed alloggio di cui all’art. 95, co. 3, del Tuir, ovvero sostenuti
dai lavoratori dipendenti e dai titolari di rapporti di collaborazione coordinata e
continuativa, nel corso di trasferte effettuate al di fuori del territorio comunale.
I costi alberghieri e di ristorazione di cui all’art. 95, comma 3, D.P.R. n. 917/1986
sono integralmente deducibili dall’impresa, salvo che eccedano il limite giornaliero di
Euro 180,76 elevato, nel caso di trasferte all’estero, ad Euro 258,23.
L’Agenzia delle Entrate ha, inoltre, precisato che la limitazione delle deducibilità non
opera anche nei confronti dei costi sostenuti nelle seguenti ipotesi (C.M. n. 6/E/2009,
paragrafo 3):
trasferte effettuate dagli amministratori, sovente inquadrati mediante rapporti di
collaborazione coordinata e continuativa, previsione già contemplata dall’art. 95, co.
3, del Tuir;
gestione di un servizio mensa, anche tramite terzi, ovvero per una convenzione con
un esercizio pubblico per la fornitura di un servizio mensa esterno oppure per
l’acquisto dei ticket restaurant;
imprese emittenti buoni pasto, in quanto le somme corrisposte ai pubblici esercizi
convenzionati rappresentano un costo per servizi che concorrono direttamente alla
produzione dei ricavi;
tour operator ed agenzie di viaggio.
Il regime di deducibilità parziale di cui all’art. 109, co. 5, ultimo periodo, del Tuir trova,
invece, applicazione anche nelle seguenti fattispecie di spese di vitto ed alloggio:
sostenute nell’ambito del territorio comunale, da parte di lavoratori dipendenti e dei
titolari di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa;
pagate in relazione alle trasferte dei soci di società di persone (C.M. n. 6/E/2009,
par. 4);
qualificabili come spese di rappresentanza (C.M. n. 53/E/2008), a loro volta
deducibili nel periodo di sostenimento, secondo i criteri indicati nell’art. 108, co. 2,
del Tuir e nel relativo decreto attuativo (D.M. 19 novembre 2008).
Esclusioni dallalimitazione
Estensionedella
limitazione
OSSERVA
80
Ai sensi dell’art. 1, co. 1, secondo periodo, del D.M. 19 novembre 2008, sono definibili
come spese di rappresentanza quelle sostenute con le seguenti finalità:
le spese per viaggi turistici durante i quali siano programmate e, in concreto, svolte
significative attività promozionali dei beni o dei servizi la cui produzione o il cui
scambio costituisce oggetto dell'attività caratteristica dell'impresa;
le spese per feste, ricevimenti e altri eventi di intrattenimento organizzati in
occasione di:
ricorrenze aziendali o di festività nazionali o religiose;
inaugurazioni di nuovi uffici, sedi o stabilimenti dell’impresa;
mostre, fiere ed eventi simili in cui sono esposti i beni e servizi prodotti dal’azienda;
ogni altra spesa per beni e servizi distribuiti o erogati gratuitamente, ivi inclusi i
contributi erogati gratuitamente per convegni, seminari e manifestazioni simili il cui
sostenimento risponda a criteri di inerenza.
Non costituiscono, invece, spese di rappresentanza, i costi alberghieri e di ristorazione
sostenuti per ospitare clienti, anche potenziali, in occasione di mostre, fiere,
esposizioni ed eventi simili in cui sono esposti i beni e i servizi prodotti dall'impresa12,
visite a sedi o unità produttive dell'impresa. Le spese di vitto ed alloggio sostenute,
per finalità diverse dalla promozione e dalle pubbliche relazioni, a favore di soggetti
diversi da clienti effettivi o potenziali (fornitori, agenti, rappresentanti, ecc.), non sono
da ricomprendere dal novero delle spese di rappresentanza (Norma di
comportamento ADC 4 marzo 2010, n. 177). Con l’effetto che deve essere applicato il
principio di inerenza di cui all’art. 109 del D.P.R. n. 917/1986.
I costi alberghieri e di ristorazione qualificabili come spese di rappresentanza sono
deducibili nel limite del 75,00% del loro importo, purché rispettino i criteri fissati dal
D.M. 19 novembre 2008. Pertanto, gli oneri in parola devono essere assoggettati:
in via preliminare alla verifica di inerenza (C.M. n. 53/E/2008), ed al limite di
deducibilità del 75,00% di cui all’art. 109, co. 5, del Tuir, previsto espressamente
per le spese di vitto ed alloggio;
successivamente, alla sommatoria con le con altre spese di rappresentanza:
12 Non costituiscono, inoltre, spese di rappresentanza i costi di alberghieri e di ristorazione sostenutidirettamente dall'imprenditore individuale, in occasione di trasferte effettuate per la partecipazione a mostre,fiere, ed eventi simili in cui sono esposti beni e servizi prodotti dall'impresa o attinenti all'attivitàcaratteristica della stessa.
Spesequalificabili
come “dirappresentanza”
OSSERVA
81
l’ammontare così ottenuto è deducibile se rispondente al requisito di inerenza, e
nel limite13 di cui all’art. 1, co. 2, del D.M. 19 novembre 2008, ovvero del
volume dei ricavi e proventi della gestione caratteristica14 dell’impresa, così
come risultanti dalla dichiarazione dei redditi:
1,3% sino a Euro 10.000.000,00 di componenti positivi dell’attività ordinaria;
0,50% per la parte eccedente Euro 10.000.000,00 e sino ad Euro
50.000.000,00;
0,1% per la quota eccedente Euro 50.000.000,00.
LA RILEVANZA FISCALE DELLE SPESE ALBERGHIERE E DI RISTORAZIONE
In sede di compilazione della dichiarazione dei redditi, le spese alberghiere e di
ristorazione interessano i quadri RF (RG, nel caso di imprese in contabilità semplificata)
e RS.
Rigo RF24 del Modello Unico 2013 – Società di Capitali, destinato ad accogliere gli
importi ascrivibili alle seguenti causali:
spese relative a prestazioni alberghiere, somministrazioni di alimenti e bevande,
diverse da quelle di cui all’art. 95, co. 3, del D.P.R. n. 917/1986 (costi di vitto ed
alloggio sostenuti da lavoratori dipendenti e collaboratori coordinati e continuativi, in
occasione di trasferte effettuate al di fuori del territorio comunale), incluse quelle
qualificabili come spese di rappresentanza (colonna 1);
spese di rappresentanza (colonna 2), differenti da quelle già indicate in colonna 1;
la sommatoria degli oneri indicati in colonna 1 e 2, incrementata dell’ammontare
deducibile dei costi non capitalizzabili per effetto dei principi contabili internazionali,
fiscalmente rilevanti in quote costanti nel periodo d’imposta del sostenimento e nei
successivi quattro (colonna 3);
13 La limitazione della deducibilità in parola non opera nei confronti delle spese relative ai beni distribuitigratuitamente, aventi un valore unitario non superiore ad Euro 50,00 (art. 108, co. 2, terzo periodo, delD.P.R. n. 917/1986).14 L’individuazione della nozione di “ricavi e proventi della gestione caratteristica” deve essere operata sullabase delle voci A)1) “Ricavi delle vendite e delle prestazioni” e A)5) “Altri ricavi e proventi” del contoeconomico, redatto a norma dell’art. 2425 c.c.: i relativi importi devono, tuttavia, essere assunti nella lorodimensione fiscalmente rilevante e, quindi, desunti dal Modello Unico (RR.MM. 13 luglio 2009, n. 183/E, e 10aprile 2008, n. 143/E). Nel caso di holding industriali, i ricavi dalla gestione caratteristica devono esseredeterminati considerando altresì le voci dell’area finanziaria: C)15) “Proventi da partecipazione” e C)16) “Altriproventi finanziari”.
Spese di rappresentanzaDeducibilità del 75,00%, neilimiti di cui al D.M. 19novembre 2008
NON spese di rappresentanzaDeducibilità del 75,00%, se diverse dai costi di cuiall’art. 95, co. 3, del D.P.R. n. 917/1986 (trasferteextracomunali di dipendenti e co.co.co.)
Modello Unico2013
Variazioni inaumento
82
rigo RF22 del Modello Unico 2013 – Società di Persone, se l’impresa adotta il regime
della contabilità ordinaria: le modalità di compilazione sono le medesime esaminate
in relazione al rigo RF24 del Modello Unico 2013 – Società di Capitali.
rigo RG21 del Modello Unico 2013 – Società di Persone, nel caso in cui il
contribuente si avvalga del regime della contabilità semplificata: nella colonna 2,
deve essere indicato l’ammontare delle spese di rappresentanza, compreso il
75,00% dei costi alberghieri e di ristorazione qualificabili come spese di
rappresentanza;
rigo RF18 del Modello Unico 2013 – Persone Fisiche: le modalità di compilazione
sono le stesse illustrate con riferimento ai righi RF24 del Modello Unico 2013 –
Società di Capitali e RF22 della dichiarazione dei redditi delle società di persone;
rigo RG20, colonna 1, del Modello Unico 2013 – Persone Fisiche: le modalità di
compilazione coincidono con quelle del rigo RG21, colonna 2, del Modello Unico
2013 – Società di persone;
Rigo RF43 del Modello Unico 2013 – Società di Capitali, che deve esporre gli importi
ascrivibili alle seguenti causali:
i costi alberghieri e di ristorazione di cui all’art. 109, co. 5, del D.P.R. n. 917/1986
(diverse da quelle di cui all’art. 95, co. 3, del Tuir) qualificabili come spese di
rappresentanza, limitatamente alla quota deducibile, ovvero per il 75,00% del loro
ammontare (colonna 1);
le spese di rappresentanza deducibili ai sensi dell’art. 108, co. 2, del Tuir (colonna
2), comprese quelle indicate in colonna 1, fiscalmente rilevanti per l’ammontare
individuato a norma dell’art. 1, co. 2, del D.M. 19 novembre 2008;
Variazioni indiminuzione
83
Le predette spese, da indicare anche in colonna 3, non sono deducibili nel periodo
d’imposta di sostenimento se non rispondenti ai requisiti di inerenza e congruità
stabiliti dal D.M. 19 novembre 2008: tale provvedimento prevede che, al co. 3 dell’art.
1, le spese di rappresentanza sostenute dalle imprese di nuova costituzione, in periodi
d’imposta anteriori a quello di conseguimento dei primi ricavi, possono essere dedotte
in tale esercizio posteriore e nel successivo. Al ricorrere di tale ipotesi, è necessario
riportare nella colonna 2 del rigo RF43 anche le spese di rappresentanza sostenute
nei periodi d’imposta precedenti, non dedotte nei predetti esercizi (ed evidenziate nel
rigo RS101 del Modello Unico 2012 – Società di Capitali), qualora siano fiscalmente
rilevanti nell’anno tributario 2012, nei limiti fissati dal citato art. 1, co. 3, del D.M. 19
novembre 2008.
l’importo di colonna 2, unitamente alle spese relative a prestazioni alberghiere,
somministrazione di alimenti e bevande non qualificabili come spese di
rappresentanza, diverse da quelle di cui all’art. 95, co. 3, del D.P.R. n. 917/1986,
per la quota deducibile ai sensi dell’art. 109, co. 5, del Tuir (colonna 3).
rigo RF36 del Modello Unico 2013 – Società di Persone: le modalità di compilazione
sono le medesime esaminate con riferimento al rigo RF43 della dichiarazione dei
redditi delle società di capitali;
rigo RF32 del Modello Unico 2013 – Persone Fisiche: le modalità di compilazione
sono le medesime esaminate con riferimento al rigo RF36 della dichiarazione dei
redditi delle società di persone;
Rigo RS101 del Modello Unico 2013 – Società di Capitali: devono essere esposte le
spese di rappresentanza sostenute dalle imprese di nuova costituzione – comprese
quelle alberghiere e di ristorazione qualificabili come tali, assunte per il 75,00% del loro
Quadro RS
OSSERVA
84
ammontare – non deducibili nel periodo d’imposta per l’assenza dei primi ricavi15, ivi
incluse quelle pagate in precedenti esercizi. Le medesime modalità di compilazione
devono essere osservate dalle società di persone (RS26) e dagli imprenditori individuali
(RS28).
rigo RS26 del Modello Unico 2013 – Società di Persone;
rigo RS28 del Modello Unico 2013 – Persone Fisiche;
I suddetti righi del quadro RS, differenti a seconda della natura del contribuente,
devono essere compilati nel caso in cui l’impresa sia stata costituita:
nell’esercizio 2012, ed alla chiusura dello stesso non risulta aver ancora conseguito i
primi ricavi: devono essere riportate tutte le spese di rappresentanza sostenute
nell’anno, comprese quelle alberghiere e di ristorazione qualificabili come tali;
in un periodo amministrativo precedente, e nel 2012 sono stati realizzati i primi
ricavi: devono essere indicate le spese di rappresentanza di precedenti esercizi che
non hanno trovato capienza nel limite di deducibilità di cui al D.M. 19 novembre
2008, ivi inclusi i costi di vitto ed alloggio della medesima natura, potendo
comunque assumere rilevanza nel successivo periodo d’imposta, ma non oltre.
Le spese relative a prestazioni alberghiere, somministrazione di alimenti e bevande –
comprensive dell’Iva non detratta, qualora ricorra la fattispecie indicata dalla C.M. n.
25/E/2010 (infra Detrazione dell’Iva) – sostenute da un lavoratore autonomo sono
disciplinate dall’art. 54, co. 5, del D.P.R. n. 917/1986. La disposizione in parola non
contempla l’ipotesi dell’integrale deducibilità, salvo il caso dei costi alberghieri e di
ristorazione pagati del committente per conto del professionista, e da questi addebitate
nella fattura, che non sono soggetti ad alcuna limitazione. Al di fuori di quest’ultima
ipotesi derogatoria, i costi alberghieri e di ristorazione – analogamente alla disciplina del
15 Ai sensi dell’art. 1, co. 3, del D.M. 19 novembre 2008, le spese di rappresentanza sostenute dalle impresedi costituzione, nei periodi d’imposta precedenti a quello in cui sono conseguiti i primi ricavi, possono essereportate in deduzione dal reddito dello stesso periodo e di quello successivo, se e nella misura in cui tali costisiano inferiori all’importo deducibile.
Redditi dilavoro
autonomo
85
reddito d’impresa (art. 109, co. 5, ultimo periodo, del Tuir) – assumono, ai fini delle
imposte dirette, una rilevanza fiscale parziale, nella misura del 75,00% del proprio
ammontare (art. 54, co. 5, primo periodo, del Tuir). L’importo così ottenuto è, tuttavia,
soggetto ad un’ulteriore limitazione, individuata nel 2,00% dei compensi percepiti nel
corso del periodo d’imposta.
Ad eccezione dell’ipotesi di cui all’art. 54, co. 5, secondo periodo, del Tuir
(sostenimento delle spese da parte del committente, per conto del professionista, e
da questi addebitate in fattura), la limitazione del 75,00% opera sempre, anche nel
caso in cui i costi alberghieri e di ristorazione siano qualificabili come spese di
rappresentanza16. L’Agenzia delle Entrate ritiene, infatti, che “anche se la nuova
formulazione del comma 5 non prevede espressamente la riferibilità della nuova
limitazione della deduzione (al 75%) alle spese di rappresentanza, una interpretazione
logico-sistematica della nuova norma porta a ritenere che la nuova riduzione al 75%
debba concorrere con il limite specifico già previsto per le spese di rappresentanza,
analogamente a quanto previsto, in linea generale, dal primo periodo del comma 5 in
discorso in relazione alla concorrenza del limite del 75% del costo con il tetto
massimo rappresentato dal 2% dei compensi” (C.M. n. 53/E/2008). Con l’effetto che
le spese alberghiere e di ristorazione, qualificabili come spese di rappresentanza, sono
deducibili per il 75,00% del loro ammontare, nel limite dell’1,00% dei compensi
percepiti nel corso del periodo d’imposta.
Il medesimo criterio deve essere applicato con riferimento alle spese alberghiere e di
ristorazione sostenute in occasione della partecipazione a convegni, congressi ed eventi
simili, così come disposto dall’art. 54, co. 5, ultimo periodo, del D.P.R. nn. 917/1986: il
costo deve essere assunto per il 75,00% del proprio ammontare, ed è deducibile nella
misura del 50,00%.
In aggiunta all’ipotesi delle spese sostenute dal committente per conto del
professionista, e da questi addebitate nella fattura, la normativa vigente prevede un
altro caso in cui non trova applicazione la limitazione della deducibilità. L’art. 54, co. 6,
ultimo periodo, del D.P.R. n. 917/1986 – operando un rinvio al regime di cui all’art. 95,
16 A dispetto della formulazione letterale del D.M. 19 novembre 2008, l’Agenzia delle Entrate ritiene che icriteri ivi delineati, ancorché dettati per le imprese, assumono rilevanza anche ai fini della qualificazione dellespese di rappresentanza nell’ambito della determinazione del reddito di lavoro autonomo (C.M. 13 luglio2009, n. 34/E, par. 1). Con l’effetto che si dovrebbe desumere un’ampia esclusione dell’applicazione dell’art.54, co. 5, del Tuir, come nel caso delle spese sostenute dal professionista per ospitare un proprio cliente.
OSSERVA
Esclusioni dellalimitazione
86
co. 3, del Tuir, che, nel reddito d’impresa, è escluso dalla rilevanza parziale – riconosce,
infatti, l’integrale deducibilità dei costi di vitto ed alloggio pagati dai lavoratori
dipendenti degli esercenti arti e professioni, per le trasferte effettuate al di fuori del
territorio comunale. Sul punto, l’Agenzia delle Entrate ritiene che, analogamente al co. 3
dell’art. 95 del Tuir, l’integrale deducibilità operi anche nei confronti dei suddetti costi
sostenuti dai collaboratori coordinati e continuativi del lavoratore autonomo (C.M. n.
53/E/2008).
In sede di dichiarazione dei redditi, il lavoratore autonomo è tenuto a compilare righi
differenti del quadro RE del Modello Unico 2013 (versione Società di Persone o Persone
Fisiche), a seconda della natura delle spese alberghiere e di ristorazione:
rigo RE15, indicando:
le spese integralmente deducibili (colonna 1), ovvero quelle sostenute dal
committente per conto del professionista, e da questi addebitate in fattura;
il 75,00% di quelle parzialmente deducibili (colonna 2), nel limite massimo del
2,00% dei compensi percepiti nel corso del periodo d’imposta, diverse da quelle
qualificabili come spese di rappresentanza e da quelle sostenute in occasione della
partecipazione a convegni, congressi ed eventi simili;
in colonna 3 deve, naturalmente, essere riportata la sommatoria degli importi
indicati in colonna 1 e 2;
Spese alberghiere e di ristorazione sostenute dal committente: Euro 1.000,00
Altri costi alberghieri e di ristorazione, non qualificabili come spese di rappresentanza:
Euro 2.000,00
Compensi percepiti nel periodo d’imposta: Euro 50.000,00
Rigo RE16, riportando:
il 75,00% dei costi per prestazioni alberghiere e di ristorazione qualificabili come
spese di rappresentanza (colonna 1);
l’ammontare delle spese di rappresentanza non costituenti costi alberghieri o di
ristorazione (colonna 2), comprese quelle sostenute per l’acquisto o l’importazione
Modello Unico2013
87
di oggetti d’arte, di antiquariato o da collezione, anche se utilizzati come beni
strumentali per l’esercizio dell’arte o della professione, nonché quelle sostenute
per l’acquisto o l’importazione di beni destinati ad essere ceduti a titolo gratuito;
in colonna 3 deve, naturalmente, essere riportata la sommatoria degli importi
indicati in colonna 1 e 2, che non può, tuttavia, eccedere l’1,00% dei compensi
percepiti nel corso del periodo d’imposta.
Costi alberghieri e di ristorazione, qualificabili come spese di rappresentanza: Euro
1.000,00
Altre spese di rappresentanza: Euro 1.000,00
Compensi percepiti nel periodo d’imposta: Euro 200.000,00
Rigo RE17, indicando:
il 75,00% delle spese alberghiere di ristorazione sostenute in occasione della
partecipazione a convegni, congressi ed eventi simili (colonna 1);
l’ammontare delle altre spese sostenute per la partecipazione ad iniziative
formative (colonna 2);
l’importo deducibile (colonna 3), pari alla sommatoria di quanto riportato in
colonna 1 e 2, assunto per il 50,00%.
Spese di ristorazione per la partecipazione a convegni: Euro 1.000,00
Altri costi di formazione: Euro 2.000,00
88
Ai fini dell’applicazione dell’imposta regionale sulle attività produttive, le spese
alberghiere e di ristorazione sono disciplinate da disposizioni differenti, a seconda della
tipologia di contribuente: nel caso di specie, il risultato derivante dall’applicazione delle
rispettive norme di riferimento è, tuttavia, analogo.
Nel caso di società di capitali ed enti commerciali, nonché delle società di persone e
degli imprenditori individuali in contabilità ordinaria che abbiano esercitato l’opzione
(art. 5-bis, co. 2, del D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446), la base imponibile Irap è
determinata ai sensi del precedente art. 5 del medesimo Decreto, come differenza tra il
valore ed i costi della produzione di cui alle lettera A) e B) del conto economico civilistico
(art. 2425 c.c.), ad eccezione delle seguenti voci:
B)9): costi per il personale;
B)10)c): altre svalutazioni delle immobilizzazioni;
B)10)d): svalutazione dei crediti iscritti nell’attivo circolante delle disponibilità
liquide;
B)12): accantonamenti per rischi;
B)13): altri accantonamenti.
Premesso ciò, considerato che le spese di alberghiere e di ristorazione non formano
oggetto di alcuna espressa esclusione normativa dal valore della produzione netta, e che
sono imputate alla voce B)7) “Costi per servizi” del conto economico (Circolare CNDCEC
27 aprile 2009, n. 9/IR, paragrafo 7.1.), se ne deve desumere la piena rilevanza ai fini
della determinazione della base imponibile Irap, senza alcuna limitazione.
Le regole di determinazione del valore della produzione netta di cui all’art. 5 del
D.Lgs. n. 446/1997, si fondano sul principio di derivazione dai dati di bilancio: con
l’effetto che, come ribadito dall’Agenzia delle Entrate, la corretta imputazione a conto
economico, secondo lo schema di cui all’art. 2425 c.c., in applicazione dei principi
IRAP
Soggetti Ires
OSSERVA
89
civilistici, connota i costi del generale requisito di inerenza al valore della produzione
Irap (C.M. 22 luglio 2009, n. 39/E). Ricade, pertanto, sull’Amministrazione Finanziaria
l’onere di provare la mancanza del requisito di inerenza, non potendo eccepire una
diversa determinazione dell’importo deducibile, attesa l’inefficacia di un’eventuale
opposizione del Tuir e, quindi, dei limiti delineati dal D.M. 19 novembre 2008.
In sede di predisposizione del Modello Irap 2013, non deve, pertanto, essere operata
alcuna variazione in aumento.
La base imponibile Irap delle società di persone e degli imprenditori individuali,
determinata a norma dell’art. 5-bis del D.Lgs. n. 446/1997, contempla – tra i
componenti negativi deducibili – anche i costi per servizi, ovvero la voce di bilancio che
generalmente accoglie le spese alberghiere e di ristorazione. Con l’effetto che gli oneri
di vitto ed alloggio – compresi quelli aventi finalità di rappresentanza (diversi dagli
omaggi ed articoli promozionali), qualificabili come prestazioni di servizi, ai sensi del
D.M. 17 gennaio 1992 – sono deducibili ai fini Irap, nei limiti di cui all’art. 108, co. 2, del
D.P.R. n. 917/1986 e, quindi, nella misura fissata dal D.M. 19 novembre 2008. In sede
di predisposizione del Modello Irap 2013, dovrà dunque essere indicato l’importo
ammesso in deduzione, sulla base delle suddette disposizioni.
Qualora il contribuente sia una società semplice, una persona fisica oppure
un’associazione esercente arti e professioni, le spese alberghiere e di ristorazione sono
deducibili dal valore della produzione netta, così come riportato nelle istruzioni ai righi
IQ 51 e IP57 del Modello Irap 2013. I suddetti costi, analogamente alle spese di
rappresentanza ed a quelle di partecipazione ai convegni, assumono rilevanza per
l’importo indicato nel Modello Unico 2013, e precisamente nel rigo RE15, colonna 3.
I componenti negativi, derivanti da operazioni intercorse con soggetti domiciliati in Stati
o territori a fiscalità privilegiata, necessitano – ai fini della deducibilità dal reddito
d’impresa – della separata indicazione nella dichiarazione dei redditi, oltre alla
dimostrazione che la controparte estera svolge prevalentemente un’attività commerciale
effettiva, ovvero che le fattispecie poste in essere rispondono ad un concreto interesse
economico e le stesse hanno avuto concreta esecuzione.
L’art. 110, co. 10, del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 stabilisce che non sono ammessi
in deduzione le spese e gli altri componenti negativi derivanti da operazioni intercorse
tra un’impresa residente ed un'altra domiciliata fiscalmente in Stati o territori non
appartenenti all’Unione europea, aventi regimi fiscali privilegiati. Questi ultimi sono
individuati “con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze da pubblicare nella
Gazzetta Ufficiale, in ragione del livello di tassazione sensibilmente inferiore a quello
applicato in Italia, ovvero della mancanza di un adeguato scambio di informazioni,
ovvero di altri criteri equivalenti”. Sul punto, si rammenta che la suddetta disposizione
Soggetti Irpef“naturali”
Costi black liste Modello
Unico 2013
Normativa diriferimento
90
del Tuir – per effetto della previsione di cui all’art. 1, co. 83, della Legge 24 dicembre
2007, n. 244 – sarà integralmente sostituita, a decorrere dal periodo d’imposta
successivo a quello di pubblicazione del decreto emanato a norma dell’art. 168-bis del
Tuir, con la seguente formulazione: “Non sono ammessi in deduzione le spese e gli altri
componenti negativi derivanti da operazioni intercorse con imprese residenti ovvero
localizzate in Stati o territori diversi da quelli individuati nella lista di cui al decreto
ministeriale emanato ai sensi dell’art. 168-bis. Tale deduzione è ammessa per le
operazioni intercorse con imprese residenti o localizzate in Stati dell’Unione europea o
dello Spazio economico europeo inclusi nella lista di cui al citato decreto”. In particolare,
il provvedimento in parola deve individuare gli Stati ed i territori che consentono un
adeguato scambio di informazioni con l’Italia, ai fini dell’applicazione di alcune
disposizioni del D.P.R. n. 917/1986, e precisamente gli artt. 10, co. 1, lett. e-bis), 73,
co. 10 e, appunto, 110, co. 10 e 12-bis.
A questo proposito, si segnala, tuttavia, che tale decreto non risulta ancora emanato,
con l’effetto che è tuttora applicabile la versione dell’art. 110, co. 10, del Tuir
preesistente alla Legge n. 244/2007 – come altresì previsto dall’art. 1, co. 88 della
stessa – la cui operatività è esclusa al ricorrere di alcune particolari ipotesi:
le operazioni sono già soggette alla disciplina di cui agli artt. 167 e 168 del Tuir (co.
12), riguardanti le imprese estere partecipate (c.d. Controlled Foreign Companies o
CFC).
i costi black list sono separatamente indicati in dichiarazione dei redditi (Modello
Unico 2013, rigo RF52), ed il contribuente residente fornisce la prova che,
alternativamente (co. 11):
la controparte estera svolge prevalentemente un’attività commerciale effettiva (c.d.
prima esimente);
le operazioni poste in essere rispondono ad un effettivo interesse economico, ed
hanno avuto concreta esecuzione;(c.d. seconda esimente).
Ai fini dell’applicazione dell’art. 110, co. 10 e 11, del D.P.R. n. 917/1986, non rileva la
natura giuridica del contribuente residente (impresa individuale, società di persone o
capitali, ente commerciale, ecc.), bensì il professionale esercizio di un’attività economica
organizzata al fine della produzione o dello scambio di beni o servizi, incluse le stabili
organizzazioni italiane di imprese non residenti (C.M. 19 gennaio 2007, n. 1/E, par. 2).
Per quanto concerne, il soggetto black list, non deve necessariamente essere
un’impresa: l’operatività delle suddette disposizioni non è, infatti, limitata alle sole
operazioni intercorse tra imprese, bensì si estende alle “prestazioni di servizi rese dai
professionisti domiciliati in Stati o territori non appartenenti all’Unione europea aventi
regimi fiscali privilegiati”, come stabilito dal successivo co. 12-bis della medesima
norma.
Presuppostosoggettivo“allargato”
91
A questo proposito, si segnala che, analogamente al co. 10, è prevista – sempre a
norma dell’art. 1, co. 83, della Legge n. 244/2007 – l’entrata in vigore di una nuova
formulazione del co. 12-bis, a decorrere dal periodo d’imposta successivo alla data di
pubblicazione del decreto ministeriale previsto dall’art. 168-bis del D.P.R. n.
917/1986. In particolare, le parole “Stati o territori non appartenenti all’Unione
europea aventi regimi fiscali privilegiati” saranno sostituite dalla seguenti: “Stati o
territori diversi da quelli individuati nella lista di cui al decreto ministeriale emanato ai
sensi dell’articolo 168-bis. Tale disposizione non si applica ai professionisti domiciliati
in Stati dell’Unione europea o dello Spazio economico europeo inclusi nella lista di cui
al citato decreto”.
La corretta applicazione del citato art. 110, co. 11 e 12-bis, del Tuir deve tenere conto
di quanto utilmente precisato dall’Agenzia delle Entrate (C.M. n. 1/E/2007, par. 2):
il termine “professionisti” deve essere inteso in senso ampio, come una categoria
residuale rispetto alle imprese indicate dal co. 10, non circoscritta alle attività
“regolamentate”: in altri termini, si tratta di coloro che – a norma dell’art. 53, co. 1,
del Tuir – esercitano “per professione abituale, ancorchè non esclusiva, attività di
lavoro autonomo diverse da quelle considerate nel Capo IV, compreso l’esercizio in
forma associata di cui la lettera c) del comma 3 dell’articolo 5”;
analogamente, la nozione di “domicilio” deve essere considerata in via estensiva,
comprendendo non soltanto i professionisti fiscalmente residenti nei suddetti Stati o
territori, ma anche quelli meramente localizzati in tali aree, in virtù di criteri di
collegamento diversi dalla residenza, come – ad esempio – la disponibilità di una
base fissa funzionale alla prestazione del servizio.
Nel corso della diretta del 31 maggio 2012, gli esperti del Map hanno affrontato la
particolare problematica dell’operazione intercorsa con una società avente sede
operativa – secondo l’indicazione fornita dalla fattura pervenuta al contribuente – in
un territorio non compreso nel D.M. 23 gennaio 2002, ma costituita in uno Stato a
fiscalità privilegiata, con la merce acquisita proveniente da un Paese non qualificabile
come “paradiso fiscale”. Al ricorrere di tale ipotesi, così come in quella di una
prestazione di servizi posta in essere da soggetto con sede legale in uno Stato black
list, tramite la propria stabile organizzazione non domiciliata in un territorio a fiscalità
OSSERVA
OSSERVA
92
privilegiata, che provvede alla fatturazione, sono stati ritenuti applicabili i principi
contenuti nella C.M. 19 febbraio 2008, n. 12/E, par. 8.1: l’individuazione del soggetto
fornitore deve essere operata sulla base dei dati riportati nel documento fiscalmente
rilevante ricevuto (fattura, ricevuta, nota di debito od altro atto equipollente).
La non ancora intervenuta emanazione del provvedimento di cui all’art. 168-bis del Tuir
comporta, pertanto, il mantenimento dell’obbligo di individuazione degli acquisti e delle
prestazioni di servizi black list, sulla base del D.M. 23 gennaio 2002, così come
modificato dai successivi Decreti Ministeriali del 22 marzo 2002 e 27 luglio 2010.
Paesi e territori a fiscalità privilegiata ai fini dell’art. 110 del Tuir
Alderney (Isole del
Canale)
Guatemala Niue
Andorra Guernsey (Isole del
Canale)
Nuova Caledonia
Angola Herm (Isole del Canale) Oman
Anguilla Hong Kong Panama
Antigua Isola di Man Polinesia francese
Antille Olandesi Isole Kayman Portorico
Aruba Isole Cook Principato di Monaco
Bahamas Isole Marshall Saint Kitts e Nevis
Bahrein Isole Turks e Caicos Saint Lucia
Barbados Isole Vergini britanniche Saint Vincent e Grenadine
Barbuda Isole Vergini statunitensi Salomone
Belize Jersey (Isole del Canale) Samoa
Bermuda Kenya Sant’Elena
Brunei Kiribati (ex Isole Gilbert) Sark (Isole del Canale)
Costarica Libano Seychelles
Dominica Liberia Singapore
Ecuador Liechtenstein Svizzera
Emirati Arabi Uniti Macao Tonga
Filippine Maldive Tuvalu (ex Isole Ellice)
Giamaica Malesia Uruguay
Gibilterra Mauritius Vanuatu
Gibuti (ex Afar e Issas) Montserrat
Grenada Nauru
Il suddetto elenco non comprende, pertanto, più alcuni Paesi, per effetto delle modifiche
apportate dal D.M. 27 luglio 2010, e precisamente:
Nozione di“territorialità a
fiscalità
privilegiata”
93
Cipro e Malta, a formale recepimento del consolidato orientamento dell’Agenzia delle
Entrate (R.M. 30 luglio 2004, n. 96/E), a seguito dell’ingresso di tali Stati nell’Unione
europea;
Corea del Sud.
Alla luce della mancanza di un’espressa indicazione normativa in merito alla
decorrenza delle modifiche apportate dal D.M. 27 luglio 2010, e tenuto conto della
R.M. n. 96/E/2004, appare prudenzialmente ragionevole considerare – ai fini della
verifica del corretto adempimento dichiarativo negli anni precedenti a quello in corso
– dall’elenco invocato dal previgente art. 110, co. 10, del Tuir:
esclusi Cipro e Malta;
compresa la Corea del Sud, da ritenersi, invece, estromessa a partire dal periodo
d’imposta 2010, quale esercizio in corso alla data di emanazione del suddetto
decreto modificativo.
A decorrere dal 1° gennaio 2007, la rilevanza fiscale, in sede di determinazione del
reddito d’impresa, dei costi black list non è più espressamente subordinata alla separata
indicazione nella dichiarazione dei redditi, per effetto dell’entrata in vigore dell’art. 1, co.
301, lett. b), della Legge 27 dicembre 2006, n. 296, che ha abrogato l’ultimo periodo
dell’art. 110, co. 11, del Tuir. Diversamente, come anticipato, è necessario che tali
componenti negativi siano separatamente indicati in dichiarazione dei redditi (Modello
Unico, rigo RF52), ed il contribuente residente fornisca la prova che, alternativamente:
la controparte estera svolge prevalentemente un’attività commerciale effettiva (c.d.
prima esimente);
le operazioni poste in essere rispondono ad un effettivo interesse economico, ed
hanno avuto concreta esecuzione;(c.d. seconda esimente).
L’ambito oggettivo di applicazione dell’art. 110, co. 10, del D.P.R. n. 917/1986 risulta
particolarmente ampio, in quanto include tutte le componenti negative di reddito
riconducibili a transazioni intercorse con soggetti domiciliati o localizzati in territori a
fiscalità privilegiata (C.M. 26 ottobre 2010, n. 51/E). Il principio in parola è stato
confermato anche recentemente dall’Agenzia delle Entrate, secondo cui il riferimento
all’indeducibilità dei componenti negativi collegati ad operazioni poste in essere con
soggetti black list riguarda sia gli elementi reddituali derivanti direttamente dalle
transazioni – quali il costo di acquisto di beni e servizi – che quelli provenienti
indirettamente da tali fattispecie: ad esempio, gli ammortamenti, le svalutazioni, le
perdite e le minusvalenze (C.M. 20 settembre 2012, n. 35/E, par. 4.1). In particolare,
con riferimento a queste ultime, l’Amministrazione Finanziaria ha sottolineato che, ai fini
della deducibilità dal reddito d’impresa, deve essere indicata separatamente nella
dichiarazione dei redditi, relativa al periodo d’imposta in cui assume rilevanza, anche la
minusvalenza realizzata per effetto del trasferimento, ad un soggetto non residente in
un territorio a fiscalità privilegiata, di un bene originariamente acquistato da un soggetto
black list.
Regime dideducibilità
Costi daindicare nel
Modello Unico2013
94
In tale sede, è stato altresì precisato che – con riguardo alla verifica della sussistenza
delle esimenti necessarie al conseguimento della deducibilità della minusvalenza –
occorre considerare l’originaria operazione d’acquisto intercorsa con il soggetto black
list, in quanto tale componente reddituale deriva dalla differenza negativa tra il
corrispettivo o l’indennizzo conseguito, al netto degli oneri accessori, ed il costo fiscale
non ammortizzato del bene.
La C.M. n. 35/E/2012 ha, inoltre, chiarimenti sulla disciplina applicabile a due peculiari
componenti negative (par. 4.2 e 4.3):
le perdite su crediti: il termine “fornitori black list” utilizzato diffusamente in alcuni
documenti di prassi (ad esempio, la C.M. n. 51/E/2010) non sottende l’intenzione
dell’Agenzia delle Entrate di limitare il regime di indeducibilità ai componenti negativi
derivanti dalle sole operazioni passive. L’art. 110, co. 10, del Tuir è, infatti,
applicabile ai tutti i costi riconducibili a fattispecie intercorse con soggetti domiciliati
in territori a fiscalità privilegiata, comprese quelle attive. Conseguentemente, le
perdite su crediti vantati nei confronti di operatori black list non sono deducibili dal
reddito d’impresa, salvo che l’impresa residente dimostri, alternativamente, che:
la controparte estera svolgeva prevalentemente un’attività commerciale effettiva;
l’operazione da cui è derivato il credito, poi trasformatosi in perdita, rispondeva ad
un effettivo interesse economico, e la stessa ha avuto concreta esecuzione;
gli interessi passivi ed oneri finanziari assimilati: l’art. 110, co. 10, del Tuir non è
applicabile soltanto ai componenti negativi derivanti da transazioni commerciali –
come, peraltro, chiarito dalla predetta Circolare – ma anche a quelli provenienti da
rapporti aventi una causa finanziaria. Con l’effetto che, nell’ipotesi di dimostrazione
della sussistenza di una delle citate esimenti di cui al co. 11, gli interessi passivi ed
oneri finanziari in commento divengono deducibili, ma nel rispetto della disciplina
fiscale di riferimento.
Nel caso dei contribuenti Ires, trova, pertanto, applicazione l’art. 96 del Tuir, secondo
cui gli interessi passivi, ed oneri finanziari assimilati, rientranti nell’ambito di
operatività dello stesso sono deducibili:
integralmente, sino a concorrenza dell’importo degli interessi attivi e proventi della
medesima natura;
OSSERVA
OSSERVA
95
l’eccedenza nel limite del 30% del Risultato Operativo Lordo della gestione
caratteristica (ROL), determinato come differenza tra il valore ed i costi della
produzione del conto economico civilistico (art. 2425 c.c.), senza considerare gli
ammortamenti di immobilizzazioni immateriali e materiali, né i canoni di locazione
dei beni strumentali.
L’eventuale quota di interessi passivi indeducibile è riportabile, senza limiti di tempo,
nei successivi periodi d’imposta, a diminuzione del reddito d’impresa futuro, qualora
trovi capienza nel ROL dell’esercizio.
Per quanto concerne, invece, il caso peculiare delle rimanenze finali di magazzino, gli
esperti della diretta Map del 31 maggio 2012 hanno ritenuto, per motivi di semplicità,
che si debba indicare separatamente in dichiarazione il costo di acquisto dei beni e
servizi nel periodo di imposta di effettuazione dell’operazione, assolvendo in tale
esercizio fiscale gli obblighi di monitoraggio e segnalazione che la disciplina tende a
tutelare.
In realtà, alla luce della ratio dell’art. 110, co. 10 e ss., del D.P.R. n. 917/1986, in
relazione ai componenti negativi sostenuti per l’acquisti di beni il cui costo è “sospeso”
per essere imputato a rimanenze, la normativa dovrebbe essere applicata con
riferimento al periodo d’imposta in cui i singoli beni – costituenti rimanenze di
magazzino – concorrono effettivamente alla formazione del risultato dell’esercizio ed
alla produzione del reddito imponibile.
Gli esperti del Map hanno, inoltre, osservato che l’obbligo di separata indicazione in
dichiarazione riguarda esclusivamente i costi black list che partecipano, almeno
parzialmente, alla formazione del reddito: l’adempimento non riguarda, pertanto, i
componenti negativi totalmente indeducibili. La normativa in commento è, infatti,
orientata a rendere fiscalmente irrilevanti soltanto quei costi che – privi dei requisiti di
cui all’art. 110, co. 11, del Tuir – provengono da operazioni intercorse con soggetti
domiciliati in territori a fiscalità privilegiata, e concorrono alla determinazione
dell’imponibile.
È rappresentata, come anticipato, dalla dimostrazione che il soggetto black list svolge, in
via prevalente, un’effettiva attività commerciale, da considerarsi nei seguenti termini:
la sussistenza del requisito della prevalenza deve essere valutata sulla base del
rapporto con altre eventuali attività della controparte non residente considerate “non
Prima esimente
OSSERVA
96
commerciali”, come quelle di mero godimento non afferenti ad un’attività
commerciale, privilegiando il criterio fondato sulla dimensione del fatturato;
l’effettività deve essere verificata in termini sostanziali, e non formali, sotto il profilo
della veridicità e concretezza dell’attività svolta dal soggetto residente nel territorio a
fiscalità privilegiata;
l’espressione “effettiva attività commerciale” deve intendersi riferita alle attività di
cui all’art. 2195 c.c., ricomprendendo ogni attività d’impresa, ivi incluse quelle
finanziarie, bancarie, assicurative ed ausiliarie, ovvero il cui svolgimento in Italia
genererebbe redditi qualificabili come d’impresa (C.M. 26 gennaio 2001, 9/E, par.
2.1.).
A questo proposito, l’Agenzia delle Entrate ha fornito, ai fini di tale prova, alcuni utili
criteri operativi (R.M. 8 aprile 2009, n. 100/E):
l’impresa non residente può considerarsi effettivamente localizzata in un territorio a
fiscalità privilegiata, in virtù dell’instaurazione – nell’area considerata – di rapporti
economici, politici, geografici o strategici. In altri termini, è necessario che sussista il
requisito del concreto radicamento nel territorio estero di localizzazione, in modo da
partecipare – stabilmente, ed in via continuativa – alla vita economica di
quest’ultimo;
la disponibilità in loco di una struttura, costituita da uffici e proprio personale
dipendente, non è sufficientemente indicativa di un’attività effettivamente radicata
nel territorio;
l’esistenza soltanto della sede, ovvero dell’attività decisionale, della società non è
sufficiente ai fini della prova dell’effettivo svolgimento, a nulla rilevando la mera
costituzione nello territorio a fiscalità privilegiata.
I predetti principi, come rilevato dagli esperti del Map, devono, tuttavia ritenersi
superati, alla luce di quanto riportato nella C.M. n. 51/E/2010, secondo cui, in primo
luogo, il “radicamento economico-commerciale” non costituisce un elemento
dirimente ai fini della disapplicazione delle disposizioni in materia di deducibilità dei
costi black list, che deve essere riconosciuta a seguito della “dimostrazione dello
svolgimento da parte del fornitore estero di un’effettiva attività commerciale mediante
un’idonea struttura in loco”: la sussistenza del radicamento costituisce, comunque, un
elemento utile a dimostrare l’esimente stessa.
Nel caso di dimostrazione di effettiva localizzazione nel territorio privilegiato del
soggetto black list, deve essere altresì provato il requisito dello svolgimento di un’attività
OSSERVA
97
economica, ovvero del collegamento fisico di una struttura commerciale oppure
industriale con il territorio a fiscalità privilegiata, sulla base di adeguata documentazione
(C.M. 23 maggio 2003, n. 29/E, paragrafo B):
il bilancio d’esercizio, e l’eventuale relazione di certificazione;
il prospetto descrittivo dell’attività esercitata;
la copia dei più significativi atti aziendali, aventi natura probatoria:
i contratti di locazione degli immobili adibiti a sede degli uffici e dell’attività, nonché
le fatture delle corrispondenti utenze elettriche e telefoniche;
i contratti di lavoro dei dipendenti, indicanti il luogo di prestazione dell’attività e le
mansioni svolte;
i conti correnti bancari aperti presso gli istituti di credito locali, ed i relativi estratti,
attestanti le movimentazioni finanziarie riguardanti le attività esercitate;
i contratti di assicurazione stipulati con riferimento a uffici e dipendenti;
le autorizzazioni sanitarie ed amministrative ottenute per l’esercizio dell’impresa.
I suddetti documenti devono essere tutti prodotti, nessuno escluso: in caso
contrario, il contribuente è tenuto ad illustrare i relativi motivi.
È alternativa a quella appena illustrata, e costituita dalla prova che l’operazione risponde
ad un effettivo interesse economico, ed è stata concretamente eseguita.
Sul punto, la giurisprudenza di merito ritiene che la dimostrazione dell’effettivo
interesse economico dell’operazione, nonché della concreta esecuzione della stessa,
esonerino il soggetto residente dal provare il prevalente svolgimento, da parte del
soggetto black list, di un’attività commerciale (CTP Treviso, 21 giugno 2006, n.
99/3/06).
A questo proposito, l’Agenzia delle Entrate ha fornito alcune precisazioni (C.M. 26
gennaio 2009, n. 1/E, par. 2.):
è necessario produrre ogni documento utile all’individuazione della logica
economica sottesa alla scelta di instaurare rapporti commerciali con un fornitore
residente in un Paese a fiscalità privilegiata;
la suddetta scelta imprenditoriale deve, inoltre, risultare sorretta da una valida
giustificazione di tipo economico, a beneficio della specifica attività, connessa con
l’entità del prezzo praticato, la qualità dei prodotti forniti e la tempestività della
consegna, maggiormente favorevoli rispetto alle condizioni applicate dai fornitori
residenti (R.M. 16 marzo 2004, n. 46/E), ovvero all’ipotesi della realizzazione in
economia. In tale sede, è necessario avere riguardo alla peculiarità del contesto
Secondaesimente
OSSERVA
98
nel quale l’operazione è attuata, nonché alla praticabilità di soluzioni alternative,
rispetto all’instaurazione di rapporti commerciali con un soggetto domiciliato in un
territorio a fiscalità privilegiata;
le operazioni effettuate devono essere inerenti all’attività del soggetto residente.
Qualora le prove fornite dal contribuente residenti non vengano ritenute idonee
dall’Agenzia delle Entrate, le relative motivazioni specifiche devono essere riportate
nell’avviso di accertamento, a norma dell’art. 110, co. 11, ultimo periodo, del D.P.R.
n. 917/1986.
L’omessa indicazione, nel Modello Unico, dei costi relativi ad operazioni intercorse con
soggetti “black list”, come anticipato, non inficia la deducibilità degli stessi, qualora
l’impresa residente sia in grado di fornire la prova di almeno una delle esimenti previste
dall’art. 110, co. 11, del D.P.R. n. 917/1986, illustrate nei precedenti paragrafi, secondo
una delle seguenti modalità:
entro i 90 giorni successivi alla notifica, da parte dell’Amministrazione Finanziaria,
dell’invito a fornire la suddetta prova, che precede l’emissione dell’avviso di
accertamento (art. 110, co. 11, terzo periodo, del Tuir);
preventivamente, mediante l’istanza di interpello, ai sensi dell’art. 21 della Legge 30
dicembre 1991, n. 413. Al ricorrere di tale ipotesi, il Comitato consultivo per
l’applicazione delle norme antielusive è tenuto a formulare un parere in merito alla
natura ed al trattamento tributario dell’operazione e, quindi sulla sussistenza dei
presupposti previsti dall’art. 110, co. 11, del D.P.R. n. 917/1986. Con l’effetto che,
nel caso in cui l’impresa residente si uniformi al parere del Comitato consultivo,
osservando le eventuali prescrizioni dell’Amministrazione Finanziaria, nell’ipotesi di
un successivo accertamento non devono essere fornite ulteriori prove (R.M. 8 aprile
2009, n. 100/E, e C.M. 26 gennaio 2009, n. 1/E, par. 2.2);
A questo proposito, l’Agenzia delle Entrate, con la C.M. n. 35/E/2012, ha affrontato il
caso del contribuente che – avendo avuto un riscontro formalmente positivo, in ordine
alla preventiva documentazione delle circostanze esimenti di cui all’art. 110, co. 11,
del Tuir – si ponga il dubbio in merito alla permanenza o meno dell’obbligo di
separata indicazione in dichiarazione, essendo cessata la finalità segnaletica dello
stesso. A questo proposito, i rappresentanti dell’Amministrazione Finanziaria hanno
richiamato la C.M. 3 novembre 2009, n. 46/E, par. 4.2, secondo cui l’esposizione in
dichiarazione dei componenti negativi da operazioni black list – pur finendo di
costituire una condizione dei deducibilità degli stessi – conserva comunque natura
Prova formaledell’esimente
OSSERVA
99
obbligatoria, anche in presenza di un parere positivo di disapplicazione della disciplina
antielusiva: tale adempimento consente, infatti, agli organi di controllo di verificare le
corrette informazioni fornite nell’istanza d’interpello, nonché l’avvenuta esecuzione
dell’operazione.
In senso conforme, si veda anche la recente C.M. 15 febbraio 2013, n. 1/E, par. 9.1, in
virtù della quale se il contribuente non ha indicato in dichiarazione i costi black list, né
ha presentato l’integrativa, ovvero l’ha trasmessa dopo l’avvio dei controlli, trova
applicazione la sanzione proporzionale di cui all’art. 8, co. 3-bis, del D.Lgs. n. 471/1997,
pari al 10,00% dell’importo complessivo delle spese e dei componenti negativi non
indicati in dichiarazione, comunque non inferiore ad Euro 500,00 né superiore ad Euro
50.000,00. Tale sanzione è, infatti, “volta proprio a preservare l’obbligo dichiarativo che
consente all’Amministrazione Finanziaria di indirizzare puntualmente i controlli verso
quelle operazioni per le quali il legislatore ha voluto alzare la soglia di attenzione”.
La sanzione del 10,00% è, quindi, invocabile soltanto se l’irrogazione consegue
all’attività di controllo, anche nel caso di presentazione della dichiarazione integrativa
(CTP Piemonte, 14 giugno 2010, n. 39, e 27 gennaio 2009, n. 1): sul punto, si
riscontra, tuttavia, il diverso orientamento di una parte della giurisprudenza, secondo
la quale la rettifica del Modello Unico, anche se effettuata in pendenza di una verifica,
non determina comunque l’applicazione della sanzione in parola (CTR Lombardia 17
luglio 2009, n. 120, e Piemonte 13 maggio 2009, n. 30/04/09). È, invece, dovuta
unicamente la sanzione fissa di cui all’art. 8, co. 1, del D.Lgs. n. 471/1997 qualora il
contribuente residente – non avendo subito accessi, ispezioni e verifiche – presenti la
dichiarazione integrativa, “senza particolari limiti di tempo”, come peraltro già chiarito
prima dell’entrata in vigore del co. 3-bis (R.M. 17 gennaio 2006, n. 12/E), a
prescindere dalla data di commissione della violazione (CTP Reggio Emilia, 14 febbraio
2007, n. 13/1/07).
Conseguentemente, alla luce di quanto sopra riportato, le specifiche sanzioni applicabili
all’impresa residente sono differenti, a seconda dell’avvio o meno – a carico di
quest’ultima – di accessi, ispezioni e verifiche da parte dell’Amministrazione Finanziaria.
Le sanzioni applicabili in presenza delle esimenti
PROVA
IDONEA
DEDUCIBILITÀ AVVIO
CONTROLLI
SANZIONI
Euro 32,00 se la dichiarazione
OSSERVA
100
SÌ SÌ NO integrativa è presentata entro il
termine di presentazione di quella
relativa all’anno nel corso del
quale è stata commessa la
violazione
SÌ SÌ NO
Euro 258,00 – 2.065,00 se è
presentata la dichiarazione
integrativa, altrimenti è applicata
la sanzione del 10,00%
SÌ SÌ SÌ 10,00%
Euro 500,00 – 50.000,00
Naturalmente, se il contribuente ha dimostrato l’esistenza di una delle esimenti di cui
all’art. 110, co. 11, del Tuir, è ammessa la deducibilità di tali costi dal reddito d’impresa
(CC.MM. N. 1/E/2013, par. 9.1., n. 46/E/2009, par. 3.1, e n. 11/E/2007, par. 12.6).
Si segnala, infine, che gli esperti della diretta Map del 31 maggio 2012 si sono altresì
interrogati sulla possibilità di desumere dalla R.M. 6 giugno 2003, n. 127/E un criterio di
carattere generale che consenta di considerare dimostrata l’esistenza di una delle cause
esimenti individuate dall’art. 110, co. 11, del Tuir, nei casi in cui si sia in presenza di
costi tipicamente relativi ad un determinato settore di attività, i quali devono essere
sostenuti nel luogo in cui la stessa viene materialmente esercitata, come nel settore
turistico o dei trasporti.
Il documento di prassi in parola, come si ricorderà, aveva individuato – per le imprese
esercenti attività marittima – un elenco di costi che, anche se sostenuti nei confronti
di soggetti black list, sono deducibili in re ipsa, poiché rispettosi della condizione
dell’effettivo interesse economico, essendo tipicamente afferenti l’attività di tali
aziende.
Gli esperti del Map hanno confermato il principio contenuto nella C.M. 26 gennaio 2009,
n. 1/E, secondo cui sono inerenti all’attività dell’impresa – pur necessitando del concreto
riscontro dell’effettiva sussistenza dell’interesse economico – le operazioni “che
presentano un obiettivo collegamento con l’oggetto dell’impresa che le pone in essere”.
Ad esempio, per il settore del turismo, si tratta dei costi:
relativi alle strutture recettive situate in territori a fiscalità privilegiata;
OSSERVA
Costi black listcomunquededucibili
101
dei trasporti aerei, marittimi e terrestri, se il fornitore ha sede in uno Stato black list;
di trasferimento dall’aeroporto al villaggio turistico o resort;
per le attività di animazione ed intrattenimento presso i villaggi;
riguardati altri servizi turistici, come escursioni e pacchetti diving;
di acquisto di beni e derrate alimentari.
Atteso che ogni settore economico presenta proprie fattispecie e peculiarità, è
auspicabile che la corrispondente associazione di categoria elenchi – in modo oggettivo,
trasparente e motivato – le diverse tipologie di costo sostenute con fornitori e
professionisti localizzati in territori o Stati a fiscalità privilegiata.
Le società di capitali e persone interessate dall’applicazione dell’art. 110, co. 7, del Tuir
sono tenute ad operare, in sede di determinazione del reddito d’impresa, le variazioni in
aumento e diminuzione del risultato economico dell’esercizio 2012, al fine di tenere
conto delle differenze, rispetto al valore normale, dei prezzi praticati nell’ambito dei
gruppi internazionali. I contribuenti in parola devono, inoltre, segnalare l’eventuale
disponibilità – al fine di evitare l’applicazione delle sanzioni previste per la fattispecie di
dichiarazione infedele (art. 1, co. 2, del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 471) – della
documentazione relativa ai corrispettivi applicati, da esibire a richiesta degli organi
accertatori.
L’art. 110, co. 7, del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 stabilisce che i componenti del
reddito d’impresa derivanti da operazioni intercorse con società non residenti nel
territorio dello Stato, che – anche soltanto indirettamente – controllano l’impresa, ne
sono controllate oppure sono controllate dal medesimo soggetto controllante il
contribuente, sono valutati in base al valore normale dei beni ceduti o ricevuti, ovvero
dei servizi prestati o ricevuti, qualora ne derivi un aumento del reddito.
Conseguentemente, nel caso in cui vi sia divergenza rispetto ai componenti che hanno
concorso a formare il risultato economico dell’esercizio, il contribuente è tenuto ad
operare la corrispondente variazione, rispetto al valore normale, in sede di
predisposizione della dichiarazione dei redditi:
in aumento, nel rigo RF32 del Modello Unico 2013 – Società di Capitali, utilizzando il
codice 15, con riferimento alla differenza tra il valore normale dei beni ceduti o
servizi prestati ed il ricavo contabilizzato, oppure tra il costo imputato a conto
economico ed il valore normale dei beni o servizi ricevuti;
Prezzi ditrasferimento
e ModelloUnico 2013
Normativa diriferimento
102
in aumento, nel rigo RF29 del Modello Unico 2013 – Società di Persone, indicando,
con il codice 15, l’importo pari alla differenza tra il valore normale dei beni ceduti o
servizi prestati ed il ricavo contabilizzato, oppure tra il costo iscritto in contabilità ed
il valore normale dei beni o servizi ricevuti;
in diminuzione, nel rigo RF54 del Modello Unico 2013 – Società di Capitali,
utilizzando il codice 21, e riportando la differenza tra il ricavo contabilizzato ed il
valore normale dei beni ceduti o servizi prestati, oppure tra il valore normale dei
beni o servizi ricevuti ed il costo imputato a conto economico;
in diminuzione, nel rigo RF47 del Modello Unico 2013 – Società di Persone,
indicando, con il codice 21, l’importo pari alla differenza tra il ricavo contabilizzato
ed il valore normale dei beni ceduti o servizi prestati, oppure tra il valore normale
dei beni o servizi ricevuti ed il costo iscritto in contabilità.
L’art. 110, co. 7, del Tuir si propone, pertanto, di impedire l’artificioso trasferimento di
utili da uno Stato ad un altro avente un regime fiscale più favorevole, al fine di ridurre
l’imposizione complessiva del gruppo, attraverso la pattuizione – all’interno della
medesima aggregazione di imprese – di prezzi per lo scambio di beni e servizi non
conformi alle ordinarie condizioni di mercato.
Qualora il contribuente non abbia operato le predette variazioni fiscali, l’eventuale
rettifica del valore normale dei prezzi di trasferimento può, tuttavia, non essere soggetta
alle sanzioni previste per la fattispecie di infedele dichiarazione dei redditi (art. 1, co. 2,
103
del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 471), per effetto della modifica introdotta dall’art. 26
del D.L. 31 maggio 2010, n. 78 – attuata con il provvedimento del Direttore dell’Agenzia
delle Entrate del 29 settembre 2010 – che ha previsto una specifica esimente.
L’operatività di quest’ultima è, tuttavia, esclusa qualora la deduzione riguardi oneri privi
del requisito dell’inerenza – ai sensi dell’art. 109, co. 5, del Tuir – sostenuti nei confronti
di consociate estere: si tratta, infatti, di una fattispecie non soggetta alla predetta
rettifica di cui all’art. 110, co. 7, del Tuir e, quindi, rispetto alla quale non è invocabile
l’applicazione della citata esimente, con la conseguente applicazione delle sanzioni
ordinarie (C.M. 21 giugno 2011, n. 28/E, par. 4.5).
La predetta disciplina dei prezzi di trasferimento presuppone, quindi, l’esistenza del
presupposto preliminare del rapporto di controllo e la conseguente individuazione del
valore normale, funzionale ad effettuare le suddette variazioni fiscali nel Modello Unico
2013: in mancanza, l’Agenzia delle Entrate può procedere alla corrispondente ripresa a
tassazione, ed applicare le sanzioni ordinarie, se il contribuente non dispone di idonea
documentazione probatoria, il cui possesso deve, peraltro, essere stato preventivamente
comunicato all’Amministrazione Finanziaria.
L’applicazione della disciplina dei prezzi di trasferimento presuppone, quindi, l’esistenza
di una transazione intercorrente tra un’impresa fiscalmente residente nel territorio dello
Stato ed almeno un’altra non residente in Italia, la quale, alternativamente:
controlla, direttamente o indirettamente, l’impresa residente;
è controllata dal contribuente residente;
è controllata dalla medesima società che controlla l’impresa residente.
Il presupposto del “controllo” deve essere interpretato in modo estensivo, considerando
anche le situazioni di collegamento derivanti dall’esistenza di un’influenza notevole, ed
ogni ipotesi di condizionamento economico potenziale oppure attuale, e non soltanto
quelle tradizionali costituenti il c.d. controllo di diritto. Sul punto, si rammenta che
quest’ultimo considera come società controllate quelle di cui all’art. 2359, co. 1 e 2, c.c.:
in cui un’altra società dispone della maggioranza dei voti esprimibili nell’assemblea
ordinaria, o comunque sufficiente ad esercitare un’influenza dominante nella
suddetta adunanza: in tale sede, rilevano altresì i voti spettanti a società controllate
o fiduciarie, nonché ad interposte persone, con espressa esclusione di quelli
spettanti per conto di terzi;
che sono soggette all’influenza dominante di un’altra società, per effetto di
particolari vincoli contrattuali.
Requisiti delcontrollo
104
Il suddetto orientamento trova, inoltre, conferma della prassi dell’Agenzia delle
Entrate, secondo la quale “il controllo deve essere contrassegnato da esigenze di
elasticità e trovare collocazione in un contesto economico-dinamico, tenendo
presente, cioè, che le variazioni di prezzo nelle transazioni commerciali trovano spesso
il loro presupposto fondamentale nel potere di una parte di incidere sull’altrui volontà
non in base al meccanismo di mercato, ma in dipendenza degli interessi di una sola
delle parti o di un gruppo” (CC.MM. 15 febbraio 2005, n. 18/E, e 22 settembre 1980,
n. 32/E).
A titolo meramente esemplificativo, si riportano alcune possibili ipotesi di influenza
economica, potenziale ovvero attuale:
la vendita esclusiva di prodotti fabbricati dall’altra impresa;
l’impossibilità di funzionamento dell’impresa senza il capitale, i prodotti e la
cooperazione tecnica dell’altra impresa;
il diritto di nomina dei membri dell’organo amministrativo o di controllo;
la presenza di contratti che denotino una situazione monopolistica;
le relazioni di famiglia tra le parti;
il controllo di approvvigionamento o di sbocchi commerciali;
tutte le altre circostanze in cui venga esercitata potenzialmente o attualmente una
influenza sulle decisioni imprenditoriali.
La sussistenza del requisito del controllo comporta, come anticipato, il diritto
dell’Agenzia delle Entrate di accertare i componenti reddituali, derivanti dalle operazioni
intercorse tra i suddetti soggetti, in base al “valore normale dei beni ceduti, dei servizi
prestati e dei beni e servizi ricevuti”, qualora da tale determinazione derivi un aumento
del reddito imponibile.
Il valore normale deve essere individuato sulla base dell’art. 9, co. 3, del D.P.R. n.
917/1986, per effetto del rinvio operato dal combinato disposto di cui al successivo art.
110, co. 7 e 2, del Tuir: rileva, pertanto, “il prezzo o corrispettivo mediamente praticato
per i beni e i servizi della stessa specie o similari, in condizioni di libera concorrenza e al
medesimo stadio di commercializzazione, nel tempo e nel luogo in cui i beni o servizi
sono stati acquisiti o prestati, e, in mancanza, nel tempo e nel luogo più prossimi”. Si
deve dunque fare riferimento, ove possibile, ”ai listini o alle tariffe del soggetto che ha
fornito i beni o i servizi e, in mancanza, alle mercuriali e ai listini delle camere di
commercio e alle tariffe professionali, tenendo conto degli sconti d'uso. Per i beni e i
servizi soggetti a disciplina dei prezzi si fa riferimento ai provvedimenti in vigore”.
OSSERVA
Determinazionedel valore
normale
105
Il principio tributario italiano è, quindi, coerente con quello internazionale di libera
concorrenza raccomandato dall’Ocse (c.d. arm's length principle), secondo il quale il
prezzo equo applicabile nelle suddette operazioni è quello che sarebbe stato pattuito per
transazioni similari poste in essere da imprese indipendenti. Nell’ambito di processi
commerciali assai complessi, come quelli attuali, il ricorso ad un unico criterio di
determinazione del valore normale appare, tuttavia, limitativo. La stessa Ocse,
nell'evoluzione dei propri studi, ha fornito un elenco di diversi criteri applicabili, ai fini
della verifica dell’osservanza del principio di libera concorrenza, suddivisi in due distinte
macrocategorie:
metodi tradizionali (traditional transaction o cost-based methods), definiti dal
rapporto Ocse dell’anno 1995;
metodi alternativi (transactional profits o profit-based methods), fondati sulla
comparazione dei margini di profitto realizzati in operazioni infragruppo con quelli
ottenuti in analoghi rapporti tra soggetti indipendenti.
L’individuazione del valore normale presuppone l’analisi della specifica transazione
commerciale, sulla base di tre metodi alternativi, da considerarsi – secondo l’Agenzia
delle Entrate (CC.MM. 22 settembre 1980, n. 32/E, e 12 dicembre 1981, n. 42/E) – nel
seguente ordine di preferenza:
il confronto del prezzo (Comparable Uncontrolled Price Method), che ricalca
fedelmente il principio internazionale della libera concorrenza. Si basa, infatti, sulla
rilevazione di eventuali sostanziali differenze desumibili dalla comparazione tra il
corrispettivo concordato per operazioni intraprese tra le imprese del medesimo
gruppo e l'importo che sarebbe stato stabilito per analoghe transazioni intercorse tra
entità esterne tra loro indipendenti (confronto esterno), ovvero tra una società del
gruppo ed una estranea (confronto interno);
L’attendibilità di tale esperimento, apparentemente inoppugnabile nella propria
logicità, è in realtà decisamente influenzata dalla corretta individuazione di transazioni
altamente similari per qualità, tempi, luoghi e metodi di scambio, tali da fornire
parametri di riferimento, in ogni caso, comparabili.
il prezzo di rivendita (Resale Price Method), che determina il corrispettivo di libera
concorrenza come differenza tra due componenti:
il prezzo con il quale un bene acquistato da un'impresa associata viene rivenduto
ad un soggetto terzo non collegato;
OSSERVA
Metoditradizionali
106
un margine di utile lordo, costituito da una ragionevole quota di profitto, e dai
costi transattivi sostenuti dalla rivenditrice stessa per coprire le spese aggiuntive
sostenute (oneri amministrativi, di trasporto, marketing, modificazione del
packaging, ecc.).
L’applicazione di tale metodo presuppone, tuttavia, il ritorno, quale ultimo anello della
catena, alla procedura analizzata al punto 1), al fine di esperire il confronto finale tra
il prezzo netto di rivendita, così ottenuto, ed il corrispettivo di libera concorrenza (c.d.
arm's length price). Il criterio in parola non opera, inoltre, qualora il bene abbia
formato oggetto di lavorazioni e trasformazione tali da non renderne enucleabile il
valore iniziale.
il costo maggiorato (Cost Plus Method): questo procedimento trasferisce i calcoli
esperibili per il metodo del prezzo di rivendita all'anello precedente della catena,
prendendo come riferimento i costi sostenuti dal fornitore o prestatore collegato
nell'ambito di un'operazione infragruppo. A tale importo deve essere aggiunta
un’adeguata percentuale, idonea a rappresentare il margine di utile lordo
ragionevolmente ricavabile dal cedente in relazione alle condizioni oggettive e
soggettive dell'operazione, ovvero desumibile dalla comparazione della percentuale
applicata in transazioni similari intercorse tra terzi indipendenti, oppure anche da
successive cessioni o prestazioni effettuate a società esterne dalla stessa impresa
associata in analoghe condizioni di mercato e per il medesimo oggetto.
In altri termini, il margine riscontrato nell'operazione in verifica dovrà essere
confrontato con quello applicato nel libero mercato, al fine di evidenziare – negli
eventuali scostamenti rilevanti – possibili spie di procedure elusive poste in essere
attraverso la tecnica dei prezzi di trasferimento: riveste, pertanto, fondamentale
rilevanza l'assoluta comparabilità dei costi sostenuti. Conseguentemente,
l’applicazione della procedura risulta particolarmente complessa, a causa della
consistenza dei dati necessari, in ragione dei numerosi sistemi di determinazione del
costo, ulteriormente amplificati dall'operatività con soggetti operanti in molteplici
contesti.
OSSERVA
OSSERVA
107
In altri termini, il margine riscontrato nell'operazione in verifica dovrà essere confrontato
con quello applicato nel libero mercato, al fine di evidenziare – negli eventuali
scostamenti rilevanti – possibili spie di procedure elusive poste in essere attraverso la
tecnica dei prezzi di trasferimento: riveste, pertanto, fondamentale rilevanza l'assoluta
comparabilità dei costi sostenuti. Conseguentemente, l’applicazione della procedura
risulta particolarmente complessa, a causa della consistenza dei dati necessari, in
ragione dei numerosi sistemi di determinazione del costo, ulteriormente amplificati
dall'operatività con soggetti operanti in molteplici contesti.
Nei documenti più recenti dell’Ocse, vengono riconosciuti alcuni modelli alternativi,
sebbene considerati di “ultima istanza” rispetto a quelli tradizionali, e riconducibili a
quattro tipologie:
la comparazione dell'utile (Comparable Profit Method): individua la procedura
adottata dall’85,00% circa delle società che si rivolgono a criteri fondati sul profitto,
in virtù del quale i profitti netti derivanti da un'operazione infragruppo sono
comparati con quelli realizzati in analoga attività da imprese indipendenti. È
caratterizzato dal pregio di non essere influenzato dalle possibili distorsioni derivanti
dalle differenze funzionali intercorrenti tra le diverse società, incentrandosi
sull'esame dei singoli fattori della catena produttiva;
il rendimento del capitale investito (ROI Method): si struttura essenzialmente come
il precedente, differenziandosi per il parametro utilizzato, ovvero il rendimento
percentuale del capitale investito dalle imprese del gruppo, confrontato con quello di
entità esterne parificabili, senza considerare il valore dei costi di produzione e
vendita;
La metodologia in parola può risultare utile, in quanto – se determinato
separatamente, per singola area strategica di affari – permette di paragonare il
rendimento della gestione specifica: si connota, tuttavia, per un significativo grado di
imprecisione, rappresentato dalla complessa individuazione del tasso di rendimento
del capitale investito, che non corrisponde necessariamente nella medesima
percentuale alla successiva ripartizione degli utili.
la ripartizione dell’utile (Profit Split Method): si fonda sull'analisi della suddivisione
dei dividendi effettuata da entità collegate per transazioni infragruppo, e sul
conseguente paragone con l'utile che soggetti indipendenti avrebbero ottenuto per
OSSERVA
Metodialternativi
108
operazioni analoghe. Con l’effetto che la metodologia in parola è, pertanto,
caratterizzata da un’evidente aleatorietà, incidendo sugli elementi propri della libertà
organizzativa di ogni impresa:
le strategie aziendali inerenti all'apporto di ciascun membro del gruppo societario
in quella determinata tipologia di operazioni;
l'attribuzione del fattore rischio ad un soggetto piuttosto che all'altro;
l'incidenza del costo del lavoro in diverse aree geografiche;
la capacità manageriale di generare utili, che non può certo presumersi uniforme
in ogni azienda.
Tutto ciò andrebbe, inoltre, a ledere il principio dell'autonomia giuridica e fiscale delle
singole imprese per sposare quello, indubbiamente intrusivo, della "unità fiscale", in
ragione del quale, per determinare il reddito, dovrebbe essere globalmente
considerata l'entità economica di tutte le società collegate. Al fine di ovviare a tali
inconfutabili inconvenienti, l'Ocse suggerisce l'applicazione di diversi procedimenti, atti
a discernere il contributo specifico fornito da ciascuna impresa nell'operazione in
relazione alle funzioni svolte nel processo. Il valore dell'apporto delle stesse, ordinario
o meno, potrà essere rilevato sia attraverso il riferimento a preesistenti parametri
oggettivi di mercato, anche considerati nella loro unicità e dunque aggregati, sia
attraverso calcoli proporzionali riferiti alle ripartizioni di profitti operate da imprese
indipendenti in similari contesti. Si ritiene, tuttavia, che i vincoli generati dalla
soggettività di ogni singola operazione, tra i quali non deve tralasciarsi la circostanza
che i profitti presi a modello per l'analisi sono programmatici e non effettivi,
costituendo un elemento eccessivamente limitante per conferire efficacia al metodo in
esame.
i margini lordi del settore (Gross Margin Method): si esplica attraverso la
comparazione dei margini lordi di profitto dello specifico settore economico, i
quali possono rappresentare efficaci indicatori della congruità dei prezzi
applicati.
Analogamente a quanto osservato al punto precedente, tale criterio entra in una
qualificazione ed in una sindacabilità della gestione d'impresa che non li rende
OSSERVA
OSSERVA
109
parametri di riferimento assoluti, essendo esposti a molteplici fattori di natura
soggettiva.
A ciò si aggiunga che, sovente, i dati necessari alla verifica della congruità di tali indici
risultano di difficile reperimento, in quanto esplicazione di peculiari strategie di
azienda, le cui specificità non sono quasi mai opportunamente rese pubbliche.
In termini generali, l’esposizione nella dichiarazione di un reddito inferiore a quello
accertato, ovvero un’imposta inferiore a quella dovuta oppure un credito superiore a
quello spettante, comporta l’applicazione di una sanzione amministrativa, in misura
variabile dal 100,00% al 200,00% della maggiore imposta o della differenza di credito
(art. 1, co. 2, del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 471).
L’art. 26 del D.L. n. 78/2010, come anticipato, ha, tuttavia, stabilito la disapplicazione di
tale disciplina, nel caso di rettifica del valore normale dei prezzi di trasferimento praticati
nell’ambito delle operazioni di cui all’art. 110, co. 7, del Tuir, da cui derivi una maggiore
imposta, ovvero una differenza del credito. È stato, infatti, integrato l’art. 1 del D.Lgs. n.
471/1997, mediante l’introduzione del co. 2-ter, che esclude l’operatività della sanzione
di cui al co. 2, qualora il contribuente assolva i seguenti adempimenti:
comunichi preventivamente all’Amministrazione Finanziaria la disponibilità della
documentazione idonea a consentire il riscontro della conformità al valore normale
dei prezzi di trasferimento, individuata dal provvedimento direttoriale n. 137654 del
29 settembre 2010.
Successivamente, l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che il predetto concetto di
“idoneità” non deve essere ricondotto al mero rispetto formale delle indicazioni
previste dal citato atto direttoriale, bensì ad “un’ottica più ampia e sostanzialistica,
che premi l’attitudine della documentazione predisposta dal contribuente a fornire
all’Amministrazione finanziaria i dati e gli elementi conoscitivi necessari ad effettuare
una completa ed approfondita analisi dei prezzi di trasferimento praticati” (C.M. 15
dicembre 2010, n. 58/E, par. 3).
In altri termini, è considerata idonea la documentazione in grado di rappresentare un
quadro informativo che consenta il riscontro della conformità dei prezzi di
trasferimento praticati al principio del valore normale, a prescindere dal fatto che
quest’ultimo sia diverso da quello individuato dal contribuente.
OSSERVA
Rettifica delvalore normale e
regimesanzionatorio
110
consegni la documentazione di cui al punto precedente, nel corso di accessi,
ispezioni e verifiche, ovvero di altra attività istruttoria.
Il contribuente era ed è tenuto a riferire all’Agenzia delle Entrate di essere in possesso
dell’idonea documentazione, riguardante la determinazione del valore normale dei prezzi
di trasferimento, nei seguenti termini:
entro il 28 dicembre 2010, con riferimento ai periodi d’imposta anteriori a quello in
corso al 31 maggio 2010, ovvero – nel caso di contribuenti aventi l’esercizio
coincidente con l’anno solare – il 2009 e precedenti;
contestualmente alla presentazione della dichiarazione dei redditi, in relazione al
periodo d’imposta in corso al 31 maggio 2010, e successivi. Tale adempimento deve
essere assolto compilando, a seconda della tipologia del contribuente:
il rigo RS106 del Modello Unico 2013 – Società di Capitali;
il rigo RS42 del Modello Unico 2013 – Società di Persone.
Nelle caselle relative al tipo di controllo, il contribuente deve barrare, alternativamente:
“A”, nel caso di impresa controllata, anche soltanto indirettamente da una società
non residente;
“B”, qualora l’impresa residente sia, invece, controllante di una società residente,
non necessariamente in forma diretta;
“C”, se l’impresa residente intrattiene rapporti con una estera, accomunata con la
stessa dal fatto di essere controllata da un’altra società, anche soltanto
indirettamente.
Il contribuente deve, inoltre, barrare la casella 4, per indicare il possesso della
documentazione idonea all’adesione al regime degli oneri probatori in materia di prezzi
di trasferimento praticati nelle transazioni con imprese associate.
Nelle colonne 5 e 6 deve essere altresì indicato l’ammontare complessivo dei
componenti, rispettivamente, positivi e negativi di reddito derivanti dalle operazioni
soggette alla disciplina dei prezzi di trasferimento di cui all’art. 110, co. 7, del Tuir.
Il predetto provvedimento direttoriale ha, tuttavia, precisato che saranno comunque
ritenute valide le comunicazioni posteriori ai suddetti termini, purché siano trasmesse, in
via telematica, prima dell’avvio di accessi, ispezioni e verifiche, nonché di ogni altra
attività istruttoria di accertamento di cui il contribuente abbia avuto formale conoscenza.
Comunicazionepreventiva
111
La presentazione della comunicazione deve, quindi, essere effettuata tramite il
sistema Entratel, direttamente oppure mediante un intermediario abilitato (dottore
commercialista, esperto contabile, consulente del lavoro, società del gruppo, ecc.),
sulla base delle specifiche tecniche approvate nel medesimo provvedimento
direttoriale.
L’avvenuto adempimento comporta l’insorgere, in capo al contribuente, dell’obbligo di
consegnare all’Amministrazione Finanziaria, in formato elettronico17, la documentazione
di cui è stata comunicata la disponibilità, entro 10 giorni dalla relativa richiesta. Qualora,
successivamente, l’Agenzia delle Entrate dovesse ravvisare ulteriori esigenze
informative, il contribuente dovrà provvedere entro 7 giorni dalla corrispondente
richiesta, ovvero nel più ampio termine accordato in funzione della complessità delle
operazioni analizzate, compatibilmente con i tempi dell’attività di controllo.
L’omessa comunicazione preventiva configura l’insussistenza del presupposto di
esonero, legittimando l’applicazione dell’ordinario regime sanzionatorio di cui all’art. 1,
co. 2, del D.Lgs. n. 471/1997.
La tipologia degli atti da consegnare all’Agenzia delle Entrate è differente, a seconda
della natura del contribuente che deve provvedere alla relativa predisposizione:
holding residenti nel territorio dello Stato, ovvero società non controllate da altro
soggetto dotato di personalità giuridica, ovunque residente, ed al tempo stesso
controllanti (anche per il tramite di sub-holding) una o più società non residenti nel
territorio dello Stato: Masterfile e Documentazione Nazionale;
sub-holding residenti, quali le società, partecipanti ad un’aggregazione
internazionale, controllate da un’altra persona giuridica, ovunque residente, e
controllante, a propria volta, almeno una società non residente nel territorio dello
Stato: Masterfile e Documentazione Nazionale;
controllate residenti, diverse dalle sub-holding: Documentazione Nazionale.
Il Masterfile raccoglie le informazioni relative all’intero gruppo, comprese quelle
riguardanti la struttura operativa ed organizzativa del gruppo, l'indicazione delle
strategie perseguite, i flussi delle transazioni e le operazioni infragruppo. A questo
proposito, devono essere riportate le cessioni dei beni materiali o immateriali, le
prestazioni di servizi, anche finanziari, le funzioni svolte dai beni strumentali e la politica
17 Nel caso in cui la documentazione sia disponibile esclusivamente su supporto cartaceo, èriconosciuta la facoltà del contribuente di provvedere in formato elettronico, entro un congruo termineappositamente assegnatogli dai verificatori, in modo da non pregiudicare la disapplicazione dellesanzioni.
OSSERVA
Documentazioneda esibire
112
dei prezzi intrapresa. È, peraltro, consentita la presentazione di più Masterfile, qualora il
gruppo multinazionale realizzi attività diverse, cui corrispondono diverse politiche di
prezzi di trasferimento.
Sotto il profilo strettamente operativo, il Masterfile deve essere così strutturato:
Le documentazione idonea – Masterfile
Descrizione del gruppo: storia, evoluzione recente, settori di operatività e lineamenti
generali del mercato di riferimento
Struttura del gruppo:
organizzativa: organigramma, elenco e forma giuridica dei membri
dell’aggregazione e relative quote partecipative
operativa: descrizione sommaria del ruolo di ogni impresa associata nell’ambito
dell’attività di gruppo
Strategie generali, con particolare riferimento a quelle di sviluppo e consolidamento
Flussi delle operazioni infragruppo, riportando altresì le corrispondenti modalità di
fatturazione ed i relativi importi, descrivendo le motivazioni economiche e giuridiche
per le quali l’attività è strutturata secondo la rappresentata dinamica dei flussi
Operazioni infragruppo:
cessioni di beni immateriali e materiali, prestazioni di servizi, anche finanziari
servizi funzionali allo svolgimento dell’attività infragruppo
accordi per la ripartizione dei costi
Funzioni svolte, beni strumentali impiegati e rischi assunti, con particolare riferimento
alle operazioni di riorganizzazione aziendale
Beni immateriali, con separata indicazione di eventuali canoni, distinti per soggetto
percipiente oppure erogante, corrisposti per il loro sfruttamento
Politica di determinazione dei prezzi di trasferimento, e ragioni di conformità al
principio di libera concorrenza
Rapporti con le Amministrazioni Fiscali dei Paesi membri dell’Unione Europea,
riguardanti “Advance Price Arrangements” (APA) e ruling in materia di prezzi di
trasferimento
La Documentazione Nazionale, da predisporsi obbligatoriamente in lingua italiana, deve
raccogliere le informazioni relative alla società residente nel territorio dello Stato, così
suddivise:
Le documentazione idonea – Documentazione Nazionale
Descrizione generale della società: storia, evoluzione recente e lineamenti generali
dei mercati di riferimento
Settori operativi dell’impresa
Struttura operativa aziendale: descrizione sommaria del ruolo che ciascuna delle
113
articolazioni e delle unità organizzative dell’impresa svolge nell’ambito dell’attività
Strategie generali perseguite dalla società, e specifiche riguardanti particolari settori,
ed eventuali variazioni rispetto al precedente periodo d’imposta
Operazioni infragruppo (cessioni di beni immateriali e materiali, prestazioni di
servizi, anche finanziari)
analisi di comparabilità: funzioni svolte, rischi assunti, beni strumentali utilizzati,
termini contrattuali, condizioni economiche e strategie d’impresa
metodo adottato per la determinazione dei prezzi di trasferimento: enunciazione
e ragioni di conformità al principio di libera concorrenza, criteri di applicazione e
risultati conseguenti
Operazioni infragruppo (accordi per la ripartizione di costi a cui l’impresa partecipa)
soggetti, oggetto e durata dell’intesa
perimetro delle attività e progetti coperti
metodo di determinazione dei benefici attesi in capo ad ogni impresa
partecipante, e correlate previsioni in cifre, esiti parziali e scostamenti
forma e valore dei contributi forniti da ogni impresa, e criteri di determinazione
formalità, procedure e conseguenze dell’ingresso e dell’uscita dall’accordo,
nonché della cessazione dello stesso
previsioni negoziali relative a versamenti compensativi, o modifiche dei termini
dell’accordo dipendenti dal mutare delle condizioni
cambiamenti intervenuti nel corso dell’accordo
Analogamente al Masterfile, anche nella predisposizione della Documentazione
Nazionale deve essere prestata particolare attenzione alle operazioni infragruppo,
mediante l'analisi di comparabilità – che, sulla scorta della migliore prassi delle guide
lines Ocse sul transfer pricing del 22 luglio 2010, rappresenta il "cuore" del sistema dei
prezzi di trasferimento – nonché la descrizione del metodo di determinazione utilizzato.
Alla Documentazione Nazionale dovranno, inoltre, essere allegati:
un diagramma dei flussi destinato a descrivere le operazioni infragruppo, ivi
compresi i flussi relativi a operazioni non appartenenti all’area della gestione
ordinaria;
una copia dei contratti scritti che regolano le operazioni infragruppo.
La mancanza dei suddetti documenti, ovvero la loro inesattezza, così come altre
omissioni oppure imprecisioni parziali eventualmente accertate, non impediscono al
contribuente di invocare l’esonero della sanzione amministrativa di cui all’art. 1, co. 2,
del D.Lgs. n. 471/1997, purché non siano tali da pregiudicare il corretto svolgimento
dell’attività di controllo. Salvo il caso in cui i documenti non siano conformi al contenuto
minimo previsto, oppure non corrispondano al vero, anche soltanto parzialmente.
114
Il richiamato Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate stabilisce, inoltre,
che la documentazione deve essere redatta su base annuale, ad eccezione delle piccole
e medie imprese, aventi un volume d’affari non superiore a 50 milioni di euro, per le
quali è prevista la facoltà di non aggiornare – per i due periodi d’imposta successivi a
quelli cui la documentazione si riferisce – i dati relativi al metodo adottato per la
documentazione dei prezzi di trasferimento. Il riconoscimento di tale possibilità è,
tuttavia, subordinato alla condizione che i risultati dell'analisi di comparabilità siano
rinvenibili da fonti pubblicamente disponibili e che non siano intervenute modifiche
significative nei cinque fattori rilevanti ai fini dell'analisi stessa: la caratteristica dei beni
e dei servizi, la cosiddetta functional analysis, i termini contrattuali, le condizioni
economiche e le strategie di impresa.
Il Masterfile e la Documentazione Nazionale devono essere predisposti in formato
elettronico, anche se è prevista la possibilità di esibire i documenti in formato cartaceo,
purché la versione elettronica possa essere consegnata entro un congruo termine,
assegnato direttamente dal soggetto verificatore.
La documentazione deve essere predisposta in lingua italiana, ad eccezione del
Masterfile riferito all’intero gruppo, che può essere redatto anche in lingua inglese.
Le informazioni contenute nella documentazione esibita dal contribuente non potranno
essere utilizzate, da parte dell’Agenzia delle Entrate, per finalità differenti da quelle
istituzionalmente riconducibili all’attività di controllo nel corso della quale gli atti
probatori sono esibiti.
I soggetti Ires, così come gli imprenditori individuali e le società di persone in
contabilità ordinaria che hanno esercitato la relativa opzione (art. 5-bis, co. 2, del
D.Lgs n. 446/1997), determinano il valore della produzione netta, rilevante ai fini
dell’applicazione del tributo regionale, sulla base dei valori contabili risultanti dal
bilancio, a prescindere da quanto previsto dal Tuir con riferimento all’individuazione del
reddito d’impresa.
L’entrata in vigore dell’art. 1, co. 50, lett. a) e g), della Legge 24 dicembre 2007, n. 244
– norma sostitutiva dell’art. 5 del D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, ed abrogativa del
successivo art. 11-bis – ha introdotto una nuova modalità di determinazione della base
imponibile Irap, da parte delle società di capitali e degli enti commerciali, fondata sul
principio di derivazione dai dati di bilancio. Il medesimo beneficio è riconosciuto alle
società in nome collettivo e a quelle in accomandita semplice, nonché a quelle ad esse
equiparate ai sensi dell’art. 5, co. 3, del Tuir e le persone fisiche esercenti attività
commerciali, a condizione che adottino il regime di contabilità ordinaria ed esercitino la
relativa opzione, ai sensi dell’art. 5-bis, co. 2, del D.Lgs. n. 446/1997): tale scelta è
irrevocabile per tre periodi d’imposta, e si intende tacitamente rinnovata per un altro
Periodicità eformato della
documentazione
BaseimponibileIrap dellesocietà ci
capitali
Principi generali
115
triennio, salvo che l’impresa opti per la determinazione del valore della produzione netta
secondo le regole proprie delle società di persone e degli imprenditori individuali.
I predetti soggetti (società di capitali, enti commerciali e società di persone ed
imprenditori individuali in contabilità ordinaria con esercizio dell’opzione) determinano la
base imponibile Irap come differenza tra il valore ed i costi della produzione di cui alle
lettera A) e B) del conto economico civilistico (art. 2425 c.c.), con espressa esclusione
delle seguenti voci:
B)9): costi per il personale;
B)10)c): altre svalutazioni delle immobilizzazioni;
B)10)d): svalutazioni dei crediti iscritti nell’attivo circolante e delle disponibilità
liquide;
B)12): accantonamenti per rischi;
B)13): altri accantonamenti.
116
Conseguentemente, i costi correttamente imputati nello schema di cui all’art. 2425 c.c.,
in applicazione dei principi civilistici, sono normalmente connotati del generale requisito
di inerenza al valore della produzione Irap (C.M. 22 luglio 2009, n. 39/E). Sul punto, si
segnala, tuttavia, che l’effettiva inerenza di un costo – ancorché classificato a Conto
economico, in ossequio ai corretti principi contabili – può formare oggetto di verifica da
parte dell’Amministrazione Finanziaria: si pensi, ad esempio, alle spese riconducibili alle
sfera personale di un socio iscritte tra i costi della produzione, le quali sono indeducibili
dalla base imponibile Irap, per carenza del requisito di inerenza all’attività di impresa.
A questo proposito, l’Agenzia delle Entrate ha precisato che il suddetto potere di
sindacato incontra, in ogni caso, un limite oggettivo. Ai fini della determinazione della
base imponibile Irap, l’inerenza di un costo è riconosciuta nel caso il cui il
contribuente l’abbia assunto in una misura non superiore a quella ammessa in
deduzione dal reddito d’impresa Ires, risultante dall’applicazione del D.P.R. n.
917/1986, come nei seguenti casi:
erogazioni liberali (art. 100 del Tuir);
oneri per servizi telefonici (art. 102, co. 9, del Tuir);
spese di rappresentanza (art. 108, co. 2, del Tuir);
costi relativi agli automezzi (art. 164 del Tuir).
Si consideri, inoltre, che eventuali contestazioni di inerenza da parte
dell’Amministrazione Finanziaria, in merito ad un costo imputato a Conto economico
secondo i corretti principi contabili, devono essere corredate dalla prova, anche
presuntiva, dell’inesistenza della corrispondente passività (art. 39, co. 1, lettera d), del
D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600).
Il medesimo criterio di determinazione della base imponibile Irap opera anche nel
caso in cui il contribuente rediga il bilancio d’esercizio in base ai principio contabili
internazionali, per obbligo o facoltà (D.Lgs. 28 febbraio 2005, n. 35), assumendo le
corrispondenti voci del valore e dei costi della produzione, a norma dell’art. 5, co. 2,
del D.Lgs. n. 446/1997.
OSSERVA
OSSERVA
117
Il successivo co. 5 dell’art. 5 del D.Lgs. n. 446/1997 prevede, inoltre, che –
indipendentemente dall’effettiva collocazione nel conto economico – i componenti
positivi e negativi del valore della produzione netta sono accertati secondo i criteri di
corretta qualificazione, imputazione temporale e classificazione previsti dai principi
contabili adottati dall’impresa.
L’art. 5, co. 3 e 4, del Decreto Irap stabilisce, tuttavia, delle eccezioni, rispetto alla
rilevanza dell’imputazione a conto economico, con riferimento alle seguenti voci:
costi sempre indeducibili, ancorchè classificati in voci di bilancio formalmente
rilevanti in base al principio di derivazione;
componenti comunque concorrenti alla formazione della base imponibile Irap;
ricavi e costi formalmente esclusi dalle voci di conto economico rilevanti, ma
correlati a componenti partecipanti, in periodi d’imposta precedenti o successivi, alla
determinazione del valore della produzione netta.
Al di fuori di tali ipotesi, sono comunque previsti dei casi di deducibilità differita in base
a disposizioni speciali, ovvero di rilevanza Irap espressamente riconosciuta
dall’Amministrazione Finanziaria.
La base imponibile Irap delle società di capitali e degli enti commerciali non comprende
gli interessi passivi e gli altri oneri finanziari, imputati alla voce C)17) del conto
economico, nonché le componenti espressamente individuate dall’art. 5, co. 3, del
D.Lgs. n. 446/1997, e precisamente:
spese per il personale dipendente ed assimilato, classificate in una voce differente
dalla B)9);
compensi per attività commerciali e prestazioni di lavoro autonomo non esercitate
abitualmente, nonché quelli attribuiti per obblighi di fare, non fare o permettere di
cui all’art. 67, co. 1, lett. i) e l), del Tuir;
costi per prestazioni di collaborazione coordinata e continuativa (art. 50, co. 1, lett.
c-bis, del D.P.R. 917/1986);
compensi per prestazioni di lavoro assimilato a quello dipendente (art. 50 del Tuir);
utili spettanti agli associati in partecipazione (art. 53, co. 2, lett. c), del D.P.R.
917/1986);
quota interessi dei canoni di locazione finanziaria, desunta dal contratto: nel caso di
leasing immobiliare, deve ritenersi deducibile dalla base imponibile Irap la parte
capitale del canone di locazione finanziaria imputata, in ossequio ai principi contabili,
alla voce B)8) del conto economico;
Deroghe alprincipio diderivazione
Costi semprededucibili
118
Sul punto, l’Agenzia delle Entrate ha riconosciuto alle imprese che non adottano i
principi contabili internazionali, per mere esigenze di semplificazione, la facoltà – e
non l’obbligo, come, invece, sostenuto in precedenza (C.M. 13 marzo 2009, n. 8/E,
par. 4.4) – di continuare a determinare la parte indeducibile sulla base dei criteri
forfettari di cui all’art. 1 del D.M. 24 aprile 1998 (C.M. 21 aprile 2009, n. 19/E, par.
2.2.3).
A questo proposito, si rammenta che la suddetta metodologia individua l’importo
indeducibile, ai fini Irap, nella differenza tra le due seguenti componenti:
i canoni di competenza del periodo d’imposta;
il costo sostenuto dal concedente, al netto del prezzo di riscatto, suddiviso per il
numero di giorni di durata del contratto, e moltiplicato per quello dei giorni di
competenza dell’anno fiscale di riferimento.
perdite su crediti;
La giurisprudenza di legittimità è, tuttavia, dell’avviso che tale forma di indeducibilità
non si riferisca alle perdite su crediti genericamente intese, essendo, invece,
necessario distinguere tra due differenti nozioni (Cass. 20 maggio 2011, n. 11217):
la svalutazione del credito, intesa come perdita, esclusa dalla base imponibile
Irap, che si verifica quando il credito, già determinato, sia stato successivamente
scontato o ridotto, ad esempio perché non pagato;
il minor introito che, nelle ipotesi in cui discende dalla determinazione del credito,
è il portato di una definizione pattizia nella quale – pur eventualmente risultando il
credito così definito inferiore a quanto unilateralmente preventivato dal creditore
– è da escludere qualsivoglia connotato abdicativo.
In altri termini, sussiste, sia sotto il profilo giuridico che economico una differenza
ontologica – peraltro, emergente anche dai termini utilizzati per definire i due
fenomeni – tra la perdita su crediti, configurabile soltanto in presenza di un credito
definito, ed il minor introito.
l’imposta comunale sugli immobili e l’Imu;
OSSERVA
OSSERVA
119
contributi erogati in base a norme di Legge, correlati a costi indeducibili.
Devono, inoltre, ritenersi esclusi dalla base imponibile Irap, al ricorrere di alcune
condizioni e secondo disposizioni comuni alle imposte dirette, alcuni componenti negativi
come la quota del costo dei fabbricati strumentali riferibile ai terreni sottostanti o
pertinenti, e quella riguardante l’imposta sul valore aggiunto indetraibile.
Le quote di ammortamento riferibili al valore delle aree sottostanti o di pertinenza di
fabbricati strumentali sono escluse dalla base imponibile Irap (C.M. 16 luglio 2009, n.
36/E): a questo proposito, sussistono, tuttavia, alcuni dubbi operativi in merito alla
determinazione del costo deducibile e, quindi, allo scorporo della parte ascrivibile al
terreno. In particolare, nonostante i diversi interventi dell’Amministrazione Finanziaria,
non è ancora chiaro se trovino applicazione i criteri di redazione del bilancio – esclusione
dell’ammortamento dei terreni, ad eccezione di quelli che richiedono interventi di
bonifica, ovvero sono soggetti a deperimento effettivo – oppure quelli forfetari di cui
all’art. 36, co. 7, del D.L. 4 luglio 2006, n. 223.
Sul punto, si rammenta che quest’ultima disposizione fiscale stabilisce che è
indeducibile la quota di ammortamento dei fabbricati strumentali riferibile alle aree
sottostanti ed a quelle che ne costituiscono pertinenza. In altri termini, il costo
dell’edificio, utilizzato per la determinazione degli ammortamenti fiscalmente rilevanti,
deve essere assunto al netto del valore dei suddetti terreni, determinato nel maggiore
tra i due importi:
il valore di separata iscrizione nel bilancio dell’esercizio, relativo all’anno di
acquisizione del fabbricato;
il 20,00% del costo complessivo del fabbricato, incrementato al 30,00% nel caso
di immobili industriali, intendendosi per tali quelli effettivamente destinati alla
produzione o trasformazione di beni, a prescindere dalla classificazione catastale o
contabile loro attribuita (C.M. 21 novembre 2006, n. 34/E, par. 3.4). Non
rientrano, quindi, tra i fabbricati industriali gli immobili destinati ad un’attività
commerciale, quali ad esempio negozi, locali destinati al deposito oppure allo
stoccaggio di merci. Qualora i suddetti beni siano utilizzati per lo svolgimento di
un’attività promiscua di produzione/trasformazione e di altro genere
(commerciale, stoccaggio, ecc.), l’intero immobile è considerato industriale nel
caso di prevalenza degli spazi utilizzati, in metri quadrati, per l’esercizio
OSSERVA
Costi riferibili aiterreni
120
dell’attività di produzione/trasformazione (C.M. 19 gennaio 2007, n. 1/E, par. 7.2).
L’Agenzia delle Entrate si è sinora, infatti, limitata ad affermare che, considerata la
formulazione letterale di tale disposizione, “si ritiene che l’indeducibilità del valore delle
aree sottostanti o di pertinenza di fabbricati strumentali, operi anche ai fini della
determinazione della base imponibile Irap”. Con l’effetto che non è possibile
comprendere, inequivocabilmente, se l’Amministrazione Finanziaria consideri estesi
all’Irap anche i criteri forfetari ex art. 36, co. 7, del D.L. n. 233/2006, oppure attribuisca
irrilevanza fiscale al valore di bilancio delle aree sottostanti ovvero di pertinenza dei
fabbricati strumentali, determinato secondo i principi civilistici.
Quest’ultima soluzione è raccomandata dall’Assonime (Circolare 31 luglio 2009, n. 34),
in virtù dell’introduzione del nuovo regime di determinazione della base imponibile Irap
(Legge 24 dicembre 2007, n. 244) – ancorato alla derivazione dei dati di bilancio,
scaturenti dalla corretta applicazione dei principi contabili – successivamente all’entrata
in vigore dell’art. 36, co. 7, del D.L. n. 223/2006. Tale orientamento sembrerebbe,
inoltre, trovare indiretta conferma nella C.M. 22 luglio 2009, n. 39 (formulata a
chiarimento della precedente C.M. 16 luglio 2009, n. 36/E), nella parte in cui indica
come priorità la necessaria soddisfazione del requisito dell’inerenza civilistica, desumibile
dalla corretta applicazione dei principi contabili.
Sotto il profilo operativo, si conseguirebbe l’effetto che gli ammortamenti dei fabbricati
strumentali imputati a Conto economico, depurati della parte riferibile all’area
sottostante o di pertinenza, sarebbero deducibili dalla base imponibile Irap. Ferma
restando la facoltà dell’Amministrazione Finanziaria di accertare la corretta applicazione
dei principi contabili (art. 5, co. 5, del D.Lgs. n. 446/1997).
L’Amministrazione Finanziaria ritiene che il predetto scorporo debba essere applicato
anche agli immobili diversi da quelli cielo-terra (C.M. 19 gennaio 2007, n. 1/E, par.
7.2), ovvero differenti da quelli che occupano tutto lo spazio edificabile con un’unica
unità immobiliare, come nel caso di un capannone industriale (C.M. 16 febbraio 2007,
n. 11/E, par. 9.3).
Diversamente, l’obbligo di scorporo non ricorre, nel caso di terreni detenuti in base ad
un diritto di superficie a tempo determinato, il cui costo è deducibile: con l’effetto che,
qualora venga acquisito – a prescindere che ciò avvenga in proprietà oppure
locazione finanziaria – un immobile strumentale con il correlato diritto di superficie, la
OSSERVA
121
quota di ammortamento ovvero la parte capitale del canone di leasing è
integralmente deducibile, in quanto non comprende il valore del terreno (R.M. 27
luglio 2007, n. 192/E). Al contrario, lo scorporo deve essere operato con riferimento al
terreno detenuto in base ad un diritto di superficie a tempo indeterminato, in quanto i
relativi riverberi sono sostanzialmente assimilabili all’acquisto in proprietà.
Si supponga che la Alfa s.r.l. sia proprietaria di un compendio immobiliare, avente
natura industriale e strumentale all’esercizio dell’impresa, il cui costo storico è pari ad
Euro 1.000.000,00 di cui Euro 200.000,00 riferibili all’area sottostante e di pertinenza.
Ai fini della determinazione della base imponibile Irap, sono deducibili gli
ammortamenti determinati sul costo fiscale di Euro 800.000,00. L’applicazione dei
criteri forfetari comporterebbe, invece, il riconoscimento di un minor costo fiscale, pari
ad Euro 700.000 (ovvero il costo storico decurtato del 30,00% riferibile al valore del
terreno sul quale giace il compendio immobiliare) e, quindi, la deducibilità di minori
quote di ammortamento.
Le medesime considerazioni deve ritenersi valide anche nel caso in cui il fabbricato
strumentale non sia acquisito in proprietà, bensì in virtù di un contratto di locazione
finanziaria, coerentemente con l’assimilazione fiscale dei due istituti, a norma dell’art.
36, co. 7-bis, del D.L. n. 223/2006: “la quota di canone riferibile al terreno pertinenziale
dovrà essere considerata indeducibile anche nella determinazione della base imponibile
Irap” (C.M. 23 giugno 2010, n. 38/E, par. 1.6).
In termini generali, l’imposta sul valore aggiunto indetraibile in base ad una valutazione
discrezionale del contribuente, che non ha volontariamente richiesto la fattura, non
rappresenta un costo inerente (C.M. 3 marzo 2009, n. 6/E), con la conseguente
indeducibilità dello stesso dalla base imponibile Irap (R.M. 31 marzo 2009, n. 84/E). Il
principio in parola è, tuttavia, ritenuto derogabile, qualora la scelta di non richiedere la
fattura si basi su valutazioni di convenienza economico-gestionale, ovvero i costi da
sostenere per eseguire gli adempimenti Iva connessi alla fattura siano superiori al
vantaggio economico delle detrazione dell’imposta sul valore aggiunto (C.M. 19 maggio
2010, n. 25/E, par. 2).
Al ricorrere di tale ipotesi, l’Amministrazione Finanziaria riconosce all’Iva non detratta
per mancanza della fattura la natura di “costo inerente” all’attività esercitata, e la
conseguente deducibilità ai fini Irap (R.M. 6 settembre 1980, n. 517), purché risulti
iscritto tra i costi che concorrono alla determinazione del valore della produzione netta
da assoggettare al tributo regionale.
Iva indetraibile
122
In senso conforme, si era già espressa l’Assonime (Circolare 9 aprile 2009, n. 16, nota
40), secondo cui l’Iva indetraibile rappresenta un costo inerente, in quanto l’omessa
richiesta della fattura può derivare da una valutazione del contribuente meramente
economica (Circolare 7 agosto 2008, n. 50).
Successivamente, il 15 settembre 2011, il Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti
e degli Esperti Contabili ha pubblicato un apposito parere, al fine di individuare un limite
oggettivo adeguato a soddisfare il predetto requisito della “convenienza economico-
gestionale”.
Il documento si è soffermato principalmente sui costi amministrativi connessi alla
registrazione della singola fattura (protocollazione, eventuale inserimento anagrafico del
fornitore, registrazione e archiviazione), peraltro evitabili nel caso di annotazione
cumulativa, in contabilità generale, della nota delle spese sostenute dal dipendente o
collaboratore in trasferta, quale fruitore del servizio. Al di fuori di questa ipotesi, è stato
osservato come, nel caso delle imprese in contabilità ordinaria, la registrazione Iva della
singola fattura comporti – a parità di documenti – un raddoppio delle scritture contabili,
dovendosi necessariamente procedere alla distinta registrazione dell’operazione di
acquisto e di quella di pagamento. Diversamente, rilevando il documento
esclusivamente in contabilità generale, sarebbe possibile effettuare una sola scrittura:
ad esempio, il costo nella sezione “dare”, la cui contropartita “avere” è una voce accesa
alla cassa, banca o carta di credito.
Sotto il profilo operativo, il parere del Cndcec ha fatto riferimento ai costi amministrativi
desumibili dalla Tariffa professionale dei propri iscritti, e precisamente l’art. 33, co. 2,
lett. a) del D.M. 2 settembre 2010, n. 169, che stabilisce un compenso minimo di 2,33
euro e un massimo di 4,65 euro “per ciascuna rilevazione che comporti un addebito ed
un accredito sul libro giornale”. Conseguentemente, è stato ipotizzato, in via meramente
forfettaria, un costo base di euro 3,00 a titolo di gestione amministrativa della fattura,
riducibile del 20,00-30,00% per le situazioni di gestione contabile interna. Con l’effetto
che considerando il predetto onere, unitamente all’aliquota Iva del 10,00%,
generalmente applicabile alle prestazioni alberghiere e di ristorazione, il punto minimo di
convenienza economico-gestionale si attesta a un importo di euro 33,00 (imposta sul
valore aggiunto inclusa) per ogni singola fattura. In altri termini, ogniqualvolta l’acquisto
dovesse risultare inferiore a tale ammontare, la richiesta dell’emissione della fattura non
comporterebbe alcun beneficio in capo al committente.
OSSERVA
123
A titolo esemplificativo, si consideri il caso di una fattura di euro 22,00 comprensiva di
Iva per euro 2,00 e comportante un costo complessivo di euro 23,00 di cui euro 20,00
per l’acquisto ed euro 3,00 imputabili alla gestione amministrativa del documento
fiscale. Nella medesima ipotesi risulterebbe, invece, maggiormente conveniente
limitarsi a non richiedere l’emissione della fattura, rinunciando alla detrazione dell’Iva
(euro 2,00), ma deducendo l’intera spesa, documentata dallo scontrino o dalla
ricevuta fiscale (euro 22,00).
Fermo restando che, nel diverso caso di mancato esercizio del sussistente diritto alla
detrazione dell’Iva derivante dal possesso della fattura, l’ammontare relativo all’imposta
sul valore aggiunto non può essere considerato un costo deducibile.
L’art. 5, co. 3, secondo e terzo periodo, del D.Lgs. n. 446/1997 stabilisce che
concorrono, in ogni caso alla formazione della base imponibile Irap:
contributi erogati in base a norma di Legge, non correlati a costi indeducibili, salvo il
caso in cui la corrispondente disposizione istitutiva ovvero altre disposizioni di
carattere generale ne sanciscano l’espressa esclusione dalla base imponibile Irap
(C.M. 28 ottobre 2008, n. 60/E). Ad esempio, partecipano alla formazione della base
imponibile Irap i contributi ottenuti a riduzione del costo del lavoro, come nell’ipotesi
di assunzione di nuovi lavoratori a tempo indeterminato (art. 11, co. 4-quater, 4-
quinquies e 4-sexies, del D.Lgs. n. 446/1997), nel limite dell’ammontare delle spese
per il personale ammesse in deduzione per effetto dell’applicazione di norme
agevolative (C.M. 16 luglio 2009, n. 36/E). Sul punto, la giurisprudenza di legittimità
ha precisato che sono soggetti ad Irap anche i contributi esclusi dalla base
imponibile delle imposte sui redditi, come quelli destinati ai costi del personale, salvo
il richiamato caso della diverso disposizione normativa od istitutiva del contributo
(Cass. 7 novembre 2011, n. 23125, 16 settembre 2010, n. 19610, e 14 ottobre
2009, n. 21749): l’assenza della specifica indicazione normativa non può essere
surrogata dalla mera affermazione del contribuente di aver utilizzato i contributi per
coprire spese non deducibili (Cass. 15 giugno 2010, n. 14415, e 28 maggio 2010, n.
13160);
Si rammenta, inoltre, un consolidato orientamento dell’Amministrazione Finanziaria,
OSSERVA
OSSERVA
Componenticomunque
rilevanti
124
ribadito nella C.M. 26 luglio 2000, n. 148/E, nonché nelle RR.MM. 21 ottobre 2002, n.
330/E, e 28 gennaio 2000, n. 8/E: "la correlazione richiesta dalla norma deve essere
diretta e tale da individuare e vincolare in modo preciso ed inequivocabile la
destinazione del contributo erogato. Deve sussistere cioè un rapporto nessiologico -
reso esplicito dalla legge istitutiva - tra la somma erogata a titolo di contributo e il
corrispondente componente negativo. Per converso, non rientrano nella previsione
esentativa i contributi la cui quantificazione viene meramente parametrata a
determinati elementi negativi, ancorché non deducibili. Occorre pertanto accertare se
nel caso prospettato la legge istitutiva del contributo stabilisca un rapporto
nessiologico tra contributo e componente negativo non deducibile, che costituisce il
necessario presupposto per l'esclusione dei contributi dalla base imponibile Irap”.
plusvalenze e minusvalenze derivanti dalla cessione di immobili non costituenti beni
strumentali per l’esercizio dell’impresa, né beni alla cui produzione ovvero al cui
scambio è diretta l’attività d’impresa (c.d. immobili-patrimonio): si tratta, pertanto,
degli immobili classificati nella categoria catastale A, ad eccezione degli A/10. In altri
termini, concorrono alla formazione della base imponibile Irap le plusvalenze e
minusvalenze realizzate per effetto dell’alienazione di fabbricati civili, nonostante la
loro naturale imputazione, rispettivamente tra i proventi e gli oneri straordinari (voci
20) e 21) dell’aggregato E) del conto economico). Al di fuori di tale ipotesi, le
plusvalenze e minusvalenze sono soggette a trattamenti differenziati, in base alla
natura della loro origine:
derivanti dalla cessione di beni strumentali impiegati nell’ordinaria attività
d’impresa: concorrono sempre alla formazione della base imponibile Irap, per
effetto della loro imputazione, in ossequio ai principi contabili Oic, alle voci A)5)
e B)14) del conto economico;
Sul punto, l’Agenzia delle Entrate ha altresì precisato che la tesi di irrilevanza di tali
plusvalenze e minusvalenze non è coerente con il quadro sistematico discendente
dalla riforma della disciplina della determinazione della base imponibile Irap, fondata
sui principi di derivazione dei dati dal bilancio, deducibilità delle quote di
ammortamento dei beni strumentali, rilevanza fiscale delle plusvalenze e
minusvalenze derivanti dalla cessione di immobili patrimoniali (C.M. 26 maggio 2009,
n. 27/E). A ciò si aggiunga che i maggiori e minori valori derivanti dalla vendita di
beni strumentali sono direttamente correlati a costi che hanno concorso, nei
precedenti periodi d’imposta, alla formazione della base imponibile Irap, mediante le
quote di ammortamento.
OSSERVA
125
realizzate per effetto della cessione dell’azienda: non sono rilevanti ai fini della
determinazione della base imponibile Irap, trattandosi di un’operazione che
genera sempre componenti straordinarie (C.M. 26 maggio 2009, n. 27/E);
derivanti dalla vendita di beni non strumentali e, quindi, iscritte tra le
componenti straordinarie di cui all’aggregato E) del conto economico: tali
maggiori o minor valori sono rilevanti qualora siano riferiti a beni che hanno
concorso alla formazione della base imponibile Irap di esercizi precedenti
(ovvero vi parteciperanno in periodi d’imposta successivi), per effetto del
principio di correlazione.
Le quote di ammortamento sostenute per l’acquisizione di marchi d’impresa e a
titolo di avviamento, in misura non superiore ad un diciottesimo del costo,
indipendentemente dall’imputazione a conto economico. Sul punto, si rammenta che
il limite fiscalmente rilevante è incrementato sino ad un decimo – così come
introdotto, in luogo del previgente “nono”, dall’art. 2, co. 59, del D.L. 29 dicembre
2010, n. 225 – nel caso in cui l’ammortamento riguardi i maggiori valori di
avviamento e marchi d’impresa, derivanti da operazioni straordinarie “neutrali”
(conferimento d’azienda, fusione e scissione di società), affrancati in base alla
disciplina speciale di cui all’art. 15, co. 10, del D.L. 29 novembre 2008, n. 185. È,
quindi, necessario l’assoggettamento degli stessi ad imposta sostitutiva del 16,00%
e il conseguente versamento, entro il termine di versamento a saldo delle imposte
relative all’esercizio nel corso del quale l’atto di riorganizzazione è stato posto in
essere: i plusvalori “riallineati”, relativi all’avviamento ed ai marchi d’impresa, sono
riconosciuti ai fini Irap, a prescindere dall’imputazione a conto economico, a partire
dal periodo d’imposta successivo a quello nel corso del quale è stato pagato il
tributo sostitutivo. Tale efficacia temporale riguarda anche l’affrancamento dei
maggiori valori di altre immobilizzazioni immateriali, la cui quota di ammortamento
è, tuttavia, deducibile nel limite dell’importo imputato a conto economico.
L’art. 5, co. 4, del D.Lgs. n. 446/1997 stabilisce che i componenti positivi e negativi
classificabili in voci del conto economico diverse da quelle che concorrono a formare la
base imponibile a norma del co. 1, assumono comunque rilevanza, se correlati a ricavi
imponibili e costi deducibili di periodi d’imposta precedenti o successivi. È il caso, ad
esempio, dei maggiori valori derivanti dal cambiamento del criterio di valutazione delle
rimanenze di magazzino, oppure delle rettifiche di vendite effettuate in precedenti
esercizi (resi, sconti, ecc.), allocate negli oneri non ricorrenti, alla voce E)21).
A questo proposito, si osservino alcuni casi particolari, rappresentati dai risarcimenti
assicurativi, dalle sopravvenienze derivanti dalla riduzione dei debiti dell’impresa e
dall’utilizzo ovvero dagli accantonamenti per rischi ed oneri.
Ricavi e costi
“correlati”
126
La fattispecie non è espressamente disciplinata dal D.Lgs. n. 446/1997, rendendo
necessario il ricorso ai principi generali dell’Irap, e precisamente a quello di correlazione.
Conseguentemente, le sopravvenienze attive da riduzione dei debiti – iscritte nella voce
E)20) del conto economico, ovvero al di fuori del valore e dei costi della produzione –
devono essere considerate imponibili, in sede di determinazione del valore della
produzione netta, nella misura in cui il costo che aveva originato la passività – senza
computare, quindi, l’importo della stessa ascrivibile all’Iva detraibile, autonomamente
recuperabile mediante la facoltativa emissione della nota di variazione (art. 26, co. 2 e
3, del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633) – è stato dedotto, in un passato esercizio, dalla
base imponibile Irap del debitore.
Ad esempio, nel caso di riduzione dei debiti commerciali, maturati per effetto di costi
d’acquisto di beni o per servizi (voci B)6) e B)7) del conto economico) dedotti dal valore
della produzione netta, la corrispondente sopravvenienza attiva deve ritenersi
imponibile. Il medesimo principio induce, pertanto, a ritenere esclusa la rilevanza del
componente positivo originatosi a causa della falcidia di una passività finanziaria, in
quanto non proveniente da un componente negativo dedotto in un precedente periodo
d’imposta, salvo che si tratti di un credito derivante da un’operazione di leasing. In tale
ipotesi, la sopravvenienza attiva rileva, infatti, parzialmente, in misura pari al costo
corrispondente alla passività ridotta – senza considerare l’Iva detraibile (voce B)8) del
conto economico civilistico) – dedotto dalla base imponibile Irap di un passato esercizio:
non deve, quindi, essere computata la parte riferibile alla quota finanziaria del canone di
leasing, poiché irrilevante. Non influisce, pertanto, la circostanza che la predetta falcidia
concordataria produca, in capo al creditore, una perdita indeducibile ai fini Irap,
generando una sorta di asimmetria impositiva, ritenuta ammissibile anche da recente
giurisprudenza di legittimità.
Sul punto, si veda, ad esempio, la sentenza n. 17603 del 28 luglio 2010, emanata
dalla Corte di Cassazione, in accoglimento della tesi dell’Agenzia delle Entrate,
secondo cui:
il fatto che il legislatore abbia voluto escludere, dalla base imponibile Irap,
l’incidenza delle perdite su crediti “non implica di certo una correlativa esenzione
della sopravvenienza in capo all’altra società”. È, infatti, innegabile, a parere
dell’Amministrazione Finanziaria, che “la remissione (ancorchè parziale) di un
debito comporta un arricchimento del soggetto che ne beneficia ed un incremento
del suo patrimonio netto”;
in nessun caso è invocabile la fattispecie della doppia imposizione, esclusa
OSSERVA
Sopravvenienzada riduzione dei
debiti
127
dall’insussistenza del requisito dell’identità del presupposto, “in quanto vi è invece
un arricchimento della società debitrice ed un impoverimento di quella creditrice”.
A ciò si aggiunga che, come precisato dall’Agenzia delle Entrate, “il provento era
stato tassato al momento della produzione del valore aggiunto, mentre con la
perdita sul credito si è solo limitata la possibilità di una riduzione della base
imponibile Irap”.
Nel caso di imprenditore individuale o società di persone, opera, invece, un regime di
assoluta irrilevanza fiscale, in quanto i componenti positivi della base imponibile Irap
non comprendono le sopravvenienze, così come le plusvalenze, essendo circoscritti ai
seguenti elementi (art. 5-bis, co. 1, del D.Lgs. n. 446/1997):
ricavi di cui all’art. 85, co. 1, lett. a), b), f) e g), del Tuir;
variazione delle rimanenze di beni, opere e servizi in corso di esecuzione di cui agli
artt. 92 e 93 del predetto D.P.R. n. 917/1986.
Il generale principio di derivazione della base imponibile Irap dal bilancio, che
espressamente esclude dai costi deducibili gli accantonamenti, può, tuttavia, ammettere
una deroga, fondata su una successiva correlazione, tra la manifestazione monetaria del
fondo e la natura – rilevante o meno, ai fini del tributo regionale – del costo che l’ha
originata (C.M. 19 febbraio 2008, n. 12/E, par. 9.2). È, pertanto, necessario fare
riferimento alle raccomandazioni del corrispondente principio contabile nazionale, l’Oic
19, che distingue i fondi per rischi ed oneri in base alla propria natura, consentendo di
individuare la causa della successiva manifestazione monetaria, richiesta dall’Agenzia
delle Entrate ai fini della verifica della corrispondente deducibilità Irap.
Sul punto, si considerino gli accantonamenti ai fondi per rischi ed oneri maggiormente
frequenti nella prassi aziendale:
trattamento di quiescenza ed obblighi simili;
imposte, anche differite;
altri.
Si tratta di una voce iscritta nella classe B)1) dello stato patrimoniale passivo, destinata
ad accogliere gli accantonamenti diversi dal trattamento di fine rapporto di lavoro
subordinato di cui all’art. 2120 c.c., a beneficio di specifici fondi, quali, ad esempio:
pensione, costituiti in aggiunta al trattamento previdenziale obbligatorio del
dipendente;
pensione integrativa, previsti dagli accordi collettivi oppure aziendali intercorrenti tra
l’impresa ed il lavoratore;
indennità per la cessazione dei rapporti di agenzia, rappresentanza, collaborazione
coordinata e continuativa.
Accantonamentiper rischi ed
oneri
Fondo ditrattamento diquiescenza edobblighi simili
128
Sotto il profilo operativo, gli accantonamenti in parola sono imputati a conto economico,
tra i costi della produzione, secondo modalità differenziate, in virtù della natura del
lavoratore nei confronti del quale l’azienda ha assunto l’obbligazione (Documento
Interpretativo 1 dell’Oic 12):
dipendente: l’accantonamento del fondo deve essere iscritto tra le spese per il
personale, alla voce B)9)d) “trattamento di quiescenza e simili”, con la conseguente
esclusione dalla base imponibile Irap, per espressa previsione normativa (art. 5, co.
1, del D.Lgs. n. 446/1997);
collaboratore coordinato e continuativo: questo accantonamento, pur essendo
rappresentato alla voce B)7) “costi per servizi”, non concorre alla formazione del
valore della produzione netta, in quanto reso indeducibile da una disposizione di
legge, e precisamente l’art. 5, co. 3, primo periodo, del predetto Decreto.
Nell’ambito di quest’ultima categoria, particolare attenzione suscita l’accantonamento
operato a titolo di indennità suppletiva di clientela, in quanto – a parere del richiamato
documento di prassi dell’Amministrazione Finanziaria – non è deducibile nell’esercizio di
competenza, bensì in quello dell’effettivo sostenimento monetario, purchè sia
riconducibile a costi rilevanti ai fini della determinazione della base imponibile Irap.
In particolare, l’Agenzia delle Entrate sostiene che:
qualora il contribuente, privilegiando il criterio della classificazione dei costi per
natura, abbia imputato tali oneri ad un’altra voce del conto economico, rispetto a
quella classica di “accantonamento”, resta comunque ferma l’indeducibilità degli
stessi, ancorché iscritti in una componente non esclusa dal valore della
produzione netta: “eventuali accantonamenti imputati a voci diverse da B)12) e
B)13) non possono beneficiare di un trattamento differenziato e,
conseguentemente, non possono essere portati in deduzione ai fini della
determinazione della base imponibile Irap”;
i costi corrispondenti all’accantonamento saranno, invece, deducibili “solo al
momento dell’effettivo sostenimento e sempre che siano riconducibili a voci
dell’aggregato B) rilevanti nella determinazione della base imponibile Irap”.
OSSERVA
129
L’orientamento dell’Amministrazione Finanziaria non è, tuttavia, condiviso dalla
giurisprudenza di legittimità, che – con riferimento alla disciplina Ires
dell’accantonamento all’indennità suppletiva di clientela, espressamente disciplinato dal
Testo unico delle imposte sui redditi – ha riconosciuto la deducibilità del relativo costo in
base al principio di competenza fiscale (Cass. 11 giugno 2009, n. 13506).
Alla luce del combinato disposto di cui agli artt. 105, ultimo co., e 16, co. 1, lett. d),
del D.P.R. n. 917/1986, gli accantonamenti delle indennità per la cessazione dei
rapporti di agenzia delle persone fisiche e delle società di persone “sono deducibili nei
limiti delle quote maturate nell’esercizio in conformità alle disposizioni legislative e
contrattuali che regolano il rapporto di lavoro”.
La predetta posizione è stata, inoltre, recepita dal Consiglio Nazionale dei Dottori
Commercialisti e degli Esperti Contabili, nel documento del 13 aprile 2010, prot. n. 4058
(“Bilancio 2009 per i soggetti non Ias, Irap per le società industriali, commerciali e di
servizi. Punti aperti e casi dubbi”), secondo il quale:
gli accantonamenti per indennità suppletiva di clientela, sulla base di quanto indicato
nel Documento Interpretativo 1 dell’Oic 12, devono essere imputati – nel conto
economico civilistico – alla voce B)7) “costi per servizi”, con la conseguente
deducibilità ai fini Irap, in base alla competenza degli stessi, in virtù del principio di
derivazione dal bilancio;
il criterio della deducibilità dell’accantonamento al momento dell’effettivo
sostenimento, così come riportato nella C.M. n. 12/E/2008, deve intendersi riferito
alle sole voci di natura estimativa – e, quindi, differenti dagli oneri riferibili
all’indennità suppletiva di clientela, come peraltro riscontrato anche dalla Corte di
Cassazione – che non devono, quindi, assumere rilevanza in sede di determinazione
del valore della produzione netta del tributo regionale.
Sul punto, la giurisprudenza di legittimità ha rilevato che gli accantonamenti operati a
titolo di indennità suppletiva di clientela non assumono natura estimativa, essendo
certi sia nell’an che nel quantum, a norma dell’art. 1751 c.c., con la conseguente
OSSERVA
OSSERVA
130
inclusione tra i costi dell’esercizio (Cass. n. 13506/2009).
IL TRATTAMENTO DI QUIESCENZA E LA BASE IMPONIBILE IRAP
È una voce rappresentata nella classe B)2) dello stato patrimoniale passivo, in quanto
destinata ad accogliere tutti gli accantonamenti operati con riferimento a tributi probabili
– derivanti da contenziosi in corso con l’Amministrazione Finanziaria (avvisi di
liquidazione, rettifiche di valore, iscrizioni a ruolo, ecc.) – e presumibili accertamenti,
nonché alle imposte differite, rilevate in ossequio al principio contabile Oic 25. L’estesa
varietà della natura dei suddetti accantonamenti può, pertanto, determinare
conseguenze differenti ai fini Irap, subordinate alla specifica rappresentazione nel conto
economico, coerentemente con le raccomandazioni del Documento Interpretativo 1
dell’Oic 12:
B)14 “oneri diversi di gestione”: questa voce comprende, tra l’altro, gli
accantonamenti su rischi riguardanti l’Iva, le altre imposte indirette, l’Imu, le tasse
ed i contributi, che devono, quindi, ritenersi deducibili dalla base imponibile del
tributo regionale, per effetto del principio di derivazione dal bilancio;
E)21): negli oneri straordinari, irrilevanti ai fini della determinazione del valore della
produzione netta, affluiscono, invece, le imposte riguardanti gli esercizi precedenti;
la fiscalità differita è rappresentata nella voce 22), comprendente altresì imposte di
competenza dell’esercizio, ed anch’esse non concorrenti alla formazione della base
imponibile Irap.
Collaboratori coordinatie continuativi(B)7) C.E.)
Agenti e rappresentanti(B)7) C.E.)
Indennitàindeducibile(art. 5, co. 1, D.Lgs.n. 446/1997)
Lavoratori dipendenti(B)9)d) C.E.)
Indennità indeducibile(art. 5, co. 3, D.Lgs. n.446/1997)
Indennità indeducibilenell’esercizio dicompetenza (art. 5, co. 1,D.Lgs. n. 446/1997)
Deducibilità nell’esercizio del sostenimento(C.M. 19 febbraio 2008, n. 12/E, par. 9.2)
Fondo perimposte
131
IL FONDO IMPOSTE E LA BASE IMPONIBILE IRAP
Costituiscono una classe residuale dello stato patrimoniale passivo, allocata nella voce
B)3), e alimentata da tipologie eterogenee di accantonamenti, che l’art. 5 del D.Lgs. n.
446/1997 non include tra i costi idonei a beneficiare della deducibilità per competenza:
B)12) “accantonamenti per rischi”: contratti ad esecuzione differita; garanzie
prodotti oppure prestate a favore di terzi (avalli, fideiussioni, girate, lettere di
patronage, ecc.), cause e controversie legali in corso;
B)13) “altri accantonamenti”: manutenzione ciclica di beni mobili (impianti, navi,
aeromobili, ecc.); manutenzione e ripristino dei beni gratuitamente devolvibili,
ovvero costituenti il complesso aziendale condotto in base ad un diritto di
godimento; oneri da sostenere successivamente alla chiusura di una commessa in
corso di esecuzione, ovvero di una discarica; perdite previste per lavori su
ordinazione, qualora non siano state imputate in diminuzione del valore delle
rimanenze; recupero ambientale;
Nel caso dell’affitto d’azienda, l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che – se le parti non
hanno derogato all’obbligo dell’affittuario di conservare l’efficacia dell’organizzazione
degli impianti (artt. 2562, e 2561, co. 2, c.c.) – gli accantonamenti operati
dall’utilizzatore, a titolo di ripristino o reintegro dei beni, sono deducibili dalla base
imponibile Irap (C.M. 20 giugno 2012, n. 26/E, par. 5). In tale sede, l’Amministrazione
Finanziaria ha ritenuto decisiva la circostanza che lo stanziamento di tali
accantonamenti sfuggisse al potere discrezionale dell’organo di gestione, in quanto
operato sulla base delle aliquote di ammortamento fiscalmente riconosciute in
deduzione, evitando altresì che l’affittuario si venisse a trovare – all’atto della
restituzione dell’azienda ricevuta – nell’impossibilità di dedurre tali oneri, a causa di un
Imposte eserciziprecedenti(E)21) C.E.)
Ires, Irap e sostitutive(22) C.E.)
Accantonamentodeducibile
Iva, Ici, tasse econtributi(B)14) C.E.)
Accantonamento indeducibile
OSSERVA
Altri fondi perrischi ed oneri
132
valore della produzione netta presumibilmente non sufficientemente capiente. Per
quanto concerne, invece, i costi di chiusura della discarica, e quelli successivi al
completamento della stessa (attività di bonifica, monitoraggio e manutenzione delle
discariche autorizzate), si segnala che l’Amministrazione Finanziaria – coerentemente
con l’orientamento formulato nella R.M. 2 giugno 1998, n. 52/E – ne ha riconosciuto
la deducibilità nell’esercizio di competenza, ancorché imputati alle voci B)12) e B)13)
del conto economico, purché rispondenti “ad adempimenti specificamente e
dettagliatamente previsti”: si tratta, infatti, di oneri connotati dei requisiti di certezza,
obiettiva determinabilità ed inerenza alla produzione dei corrispondenti ricavi (Nota
del 27 maggio 2010, n. 85997).
C)17) “interessi ed altri oneri finanziari” e C)17-bis “utili e perdite su cambi”: rischi
per contratti su strumenti finanziari derivati, aventi ad oggetto, ad esempio, la
copertura della variabilità degli interessi passivi ovvero dell’oscillazione dei tassi di
cambio.
Conseguentemente, tali accantonamenti sono deducibili ai fini Irap in base al principio di
cassa, ovvero al momento dell’effettivo sostenimento monetario, purché l’onere che ha
determinato il corrispondente esborso sia riconducibile ad un costo della produzione
rilevante nella determinazione della base imponibile. Sul punto, si rammenta la posizione
dell’Agenzia delle Entrate (C.M. n. 12/E/2008, par. 9.2), secondo la quale “le spese
effettuate, la cui classificazione sotto il profilo contabile sarebbe stata imputata – in
assenza di accertamento - ad altre voci dell’aggregato B) rilevanti, in quanto deducibili,
nella determinazione della base imponibile Irap, possano assumere rilevanza ai fini della
determinazione dell’Irap al momento dell’effettivo sostenimento ancorché non
espressamente risultanti nella relativa voce del conto economico per l’utilizzo del fondo
iscritto nel passivo”.
Alla luce di tale posizione, se ne deve desumere l’indeducibilità per competenza degli
accantonamenti operati a titolo di rischi ed oneri, ed imputati ad una voce del conto
economico diversa dalla B)12) e dalla B)13): ferma restando, tuttavia, la possibilità di un
futuro riconoscimento fiscale, al momento dell’effettivo sostenimento monetario,
ascrivibile ad un costo rilevante ai fini della determinazione del valore della produzione
netta. A questo proposito, si segnalano alcuni specifici chiarimenti forniti
dall’Amministrazione Finanziaria, in merito ad un caso concreto, riguardante le somme
versate – a titolo di risarcimento del danno – a favore del lavoratore subordinato che,
presso il luogo di occupazione, ha contratto una malattia infettiva, ovvero dei familiari di
un dipendente deceduto sul posto di lavoro (R.M. 30 gennaio 2009, n. 25/E). Al
ricorrere di tali ipotesi, il contribuente non è legittimato – a parere dell’Agenzia delle
Entrate – a dedurre, ai fini Irap, il costo effettivamente sostenuto, in quanto:
i relativi oneri non sono attinenti allo svolgimento dell’attività principale dell’impresa;
133
Sul punto, l’Agenzia delle Entrate ha precisato che “al fine di stabilire se la variazione
in diminuzione del reddito da assoggettare a tassazione ai fini dell’Ires per effetto
dell’utilizzo di somme iscritte in precedenti esercizi in fondi rischi debba assumere
rilevanza anche ai fini dell’Irap occorre stabilire, in via preliminare, se l’onere
sostenuto per la corresponsione di somme a titolo di risarcimento danno dovute per la
morte di un dipendente o per la circostanza che un altro dipendente abbia contratto
una malattia infettiva attenga o meno allo svolgimento dell’attività principale o
accessoria dell’impresa e in quanto tale iscrivibile nelle lettera A) e B) del conto
economico”.
può essere considerata ordinaria la circostanza che l’azienda venga chiamata in
giudizio per il risarcimento del danno, ma non la fonte dello stesso, quale la
contrazione di una malattia infettiva oppure la morte di un lavoratore dipendente;
l’orientamento in parola trova, inoltre, un’indiretta conferma nei principi contabili
nazionali, nonché nella Relazione Ministeriale al D.Lgs. 9 aprile 1991, n. 127,
secondo i quali – nella parte relativa all’identificazione degli oneri straordinari,
esclusi dalla base imponibile Irap – non rileva l’eccezionalità temporale o l’anormalità
dell’evento, bensì l’estraneità all’attività ordinaria della fonte dell’onere.
All’atto dell’effettivo sostenimento monetario, si possono altresì verificare delle
differenze rispetto a quanto accantonato, determinando l’emersione di una
sopravvenienza ordinaria, poiché connessa allo svolgimento dell’attività caratteristica
dell’impresa. La componente in parola deve, quindi, essere imputata a conto economico,
nel valore oppure tra i costi della produzione, a seconda della natura dello scostamento:
positivo: la sopravvenienza ordinaria attiva, derivante da un eccesso di
accantonamenti rispetto al costo poi realmente sopportato, deve essere iscritta nella
voce A)5) “altri ricavi e proventi”. Il provento in parola, correlato a componenti non
rilevanti in precedenti periodi d’imposta, non concorre alla formazione della base
imponibile Irap, come riscontrato anche nel citato documento del CNDCEC del 13
aprile 2010, prot. n. 4058: in sede di predisposizione del modello di dichiarazione, il
contribuente dovrà dunque apportare una variazione in diminuzione, per un importo
pari alla sopravvenienza ordinaria attiva, ovvero al maggior accantonamento operato
nei precedenti esercizi;
negativo: la sopravvenienza ordinaria passiva, ascrivibile ad un accantonamento
insufficiente in relazione al costo effettivamente sostenuto, deve essere esposta
nella voce B)14) “oneri diversi di gestione”.
OSSERVA
Utilizzo dei fondiper rischi ed
oneri
134
L’art. 15, co. 16 e seguenti, del D.L. 29 novembre 2008, n. 185, aveva riconosciuto la
possibilità di iscrivere in bilancio, anche ai soli fini civilistici, i maggiori valori di mercato
riguardanti i fabbricati ed i terreni detenuti dalle aziende che non redigono il bilancio
secondo i principi contabili internazionali. Le imprese che hanno esercitato tale facoltà,
nel bilancio dell’esercizio successivo a quello in corso al 31 dicembre 2007 e chiuso
successivamente al 29 novembre 2008, hanno altresì potuto ottenere il riconoscimento
tributario della rivalutazione, previo pagamento dell’imposta sostitutiva, con effetti
differenti sotto il profilo fiscale.
L’affrancamento della rivalutazione comporta la possibilità di dedurre fiscalmente i
maggiori ammortamenti civilistici (determinati sul costo rivalutato, e rispetto a quelli
ante-rivalutazione) soltanto a decorrere dal quinto esercizio successivo a quello con
riferimento al quale la rivalutazione è stata eseguita, ovvero a partire dal 2013, nel caso
di imprese aventi il periodo d’imposta coincidente con l’anno solare. Pertanto, nel
bilancio dell’esercizio 2011 (così come quello del 2009 e 2010), tali soggetti hanno
imputato a conto economico gli ammortamenti calcolati sulla base del costo rivalutato,
ma in sede di dichiarazione si vedranno riconosciuti esclusivamente quelli derivanti
dall’originario piano di ammortamento ante-rivalutazione.
Conseguentemente, in sede di predisposizione del Modello Irap 2013, il contribuente – a
prescindere dall’esercizio della facoltà di affrancamento della rivalutazione – deve
operare una variazione in aumento, pari alle quote di ammortamento riferibili ai
maggiori valori iscritti, in deroga dunque al principio di derivazione dai dati di bilancio di
cui al novellato D.Lgs. n. 446/1997. Tale rettifica deve, inoltre, trovare evidenza nel
bilancio d’esercizio, mediante la rilevazione della fiscalità differita, a diretta riduzione
della riserva di rivalutazione, costituendo un credito per imposte anticipate.
Si rammenta, inoltre, che l’eventuale distribuzione del saldo attivo di rivalutazione è
irrilevante ai fini Irap (art. 9, co. 2, del D.M. 13 aprile 2001, n. 162).
Nel corso degli anni, l’Amministrazione Finanziaria, come anticipato, ha riconosciuto
delle deroghe al D.Lgs. n. 446/1997, con particolare riferimento ai seguenti aspetti:
compensi ad amministratori, sindaci e revisori legali dei conti;
spese per il personale;
distacco di personale e lavoro interinale;
differenze giornaliere nella giacenza di cassa, riscontrate nel settore della grande
distribuzione, le cui cause non siano documentabili, né imputabili alle scelte
dell’imprenditore.
L’Agenzia delle Entrate, con la R.M. n. 78/E del 25 marzo 2009, ha ammesso la
deducibilità in capo al soggetto erogante, e l’imponibilità in capo al percettore,
Ammortamentodegli immobili
rivalutati
Casi particolaridi rilevanza Irap
Compensiamministratori,
sindaci e revisorilegali dei conti
135
richiamando la precedente C.M. 12 dicembre 2001, n. 105/E: “la riconduzione dei
compensi percepiti per l’attività di amministratore, sindaco e revisore di società ed enti
nella sfera di lavoro autonomo, assume rilevanza anche ai fini della determinazione della
base imponibile da assoggettare a tassazione ai fini dell’Irap dovuta dal professionista e
dal committente […]. Per il soggetto erogante, d’altro canto, i compensi corrisposti
configurano componenti negativi deducibili ai fini dell’Irap dovuta”.
Il principio di cassa non opera, tuttavia, nel caso di società nominata amministratore di
un’altra impresa, come peraltro sostenuto dall’Associazione Italiana dei Dottori
Commercialisti e degli Esperti Contabili, con la norma di comportamento n. 182 del 17
novembre 2011.
Sul punto, si rammenta che un’impresa può assumere l’incarico di gestione di un’altra
persona giuridica, come desumibile dalla disciplina civilistica delle società sia di
persone (artt. 2361, co. 2, e 111-duodecies disp. att. c.c.) che di capitali. A
quest’ultimo proposito, si pensi, ad esempio, al caso della s.r.l., soggetta ad alcune
disposizioni legittimanti la fattispecie in parola:
l’art. 2463, co. 2, n. 8), c.c., che – nel precisare il contenuto minimo obbligatorio
dell’atto costitutivo – si riferisce semplicemente alle “persone cui è affidata
l’amministrazione” e, quindi, non soltanto a quelle fisiche;
l’art. 2475, co. 1, c.c., secondo cui – salva diversa disposizione dell’atto costitutivo
– “l’amministrazione è affidata a uno o più soci, nominati con decisione dei soci ai
sensi dell’art. 2479”. Conseguentemente, qualora il capitale sociale della s.r.l. sia
detenuto esclusivamente da persone giuridiche, compete soltanto ad una o più di
esse la gestione della società a responsabilità limitata, se non è stabilito
diversamente.
In particolare, la norma di comportamento Aidc n. 182/2011 ha sostenuto l’esclusiva
operatività, in capo ad entrambi i soggetti interessati, del principio di competenza, in
virtù della natura reddituale del compenso, desunto dal rapporto sinallagmatico che si
instaura in virtù del conferimento dell’incarico gestorio. È stata, inoltre, affermata la
deducibilità del relativo costo dalla base imponibile Irap della società amministrata,
ritenendo, quindi, che non operi la causa di indeducibilità prevista con riferimento alle
spese per servizi di collaborazione per collaborazioni coordinate e continuative, in
quanto riferita ai soli rapporti disciplinati di cui agli artt. 47, co. 1, lett. c-bis), e 49, co.
3, del Tuir, e non anche a quelli aventi natura imprenditoriale.
OSSERVA
136
Analogamente, il compenso maturato dalla società amministrante rileva come
componente positivo del proprio valore della produzione netta, in virtù del principio di
derivazione dal bilancio d’esercizio, in quanto iscritto nella voce A)1) “Ricavi delle
vendite e delle prestazioni” o A)5) “Altri ricavi e proventi”, a seconda che
l’amministrazione di società rappresenti il core business oppure un’attività accessoria
dell’impresa.
Il predetto principio competenza, e la conseguente rilevanza Irap del compenso, deve
ritenersi applicabile anche al caso della società di persone gestita da un’altra impresa
collettiva della medesima natura. Il soggetto amministrato, qualora non eserciti
l’opzione di cui all’art. 5-bis, co. 2, del D.Lgs. n. 446/1997, determina, infatti, la base
imponibile Irap secondo le regole del Tuir, deducendo il compenso maturato dalla
società amministratore, essendo qualificabile come costo per servizi, a norma del D.M.
17 gennaio 1992.
Analogamente, la società amministrante consegue, per competenza, un componente
positivo della base imponibile Irap, rappresentato da un ricavo caratteristico.
In termini generali, non concorrono alla formazione della base imponibile Irap i costi che
non rappresentano, ai fini del tributo, componenti positivi per il soggetto percettore: ad
esempio, le spese per il personale dipendente ed assimilato, anche se imputati ad una
voce diversa dalla B)9) del conto economico.
Conseguentemente, le somme erogate a terzi per l’acquisizione di beni e servizi destinati
alla generalità, ovvero a categorie, dei dipendenti o collaboratori, per lo svolgimento
dell’attività lavorativa, sono deducibili nella misura in cui costituiscono spese funzionali
all’esercizio dell’impresa, e non assumono natura retributiva per il lavoratore (C.M. 26
maggio 2009, n. 27/E).
SPESE PER IL PERSONALE DEDUCIBILI
corsi di aggiornamento professionale;
viaggio, vitto ed alloggio dei dipendenti o collaboratori, in occasione di trasferte
(erogate a terzi);
rimborsi analitici delle spese di cui al sub b) anticipate dal dipendente o
collaboratore;
servizi di mensa e trasporto collettivo;
acquisto tute e scarpe da lavoro.
OSSERVA
Spese per ilpersonale
137
Sono, invece, indeducibili dalla base imponibile Irap le somme erogate al dipendente o
collaboratore a titolo di indennità e tutti gli altri componenti della retribuzione lorda,
quali, ad esempio:
indennità di trasferta;
indennità di mancato preavviso;
indennità per rischio;
premi aziendali.
La fattispecie del distacco del personale è disciplinata, sotto il profilo giuslavoristico,
dall’art. 30 del D.Lgs. 10 settembre 2003, n. 276, applicabile a tutte le ipotesi in cui un
datore di lavoro (distaccante) – per soddisfare un proprio interesse – pone uno o più
dipendenti a temporanea disposizione di un altro soggetto (distaccatario), per
l’esecuzione di una determinata attività lavorativa. Il distaccante rimane, tuttavia,
responsabile del trattamento economico (retribuzione, oneri sociali, ecc.) e normativo a
favore del lavoratore, che – nel periodo oggetto del trasferimento temporaneo – forma
oggetto di apposito rimborso da parte del distaccatario.
Ai fini della determinazione della base imponibile Irap, l’irrilevanza dei ricavi e costi
derivanti dal distacco del personale è stata prevista – sino al periodo d’imposta in corso
al 31 dicembre 2007 – dall’art. 11, co. 2, secondo periodo e terzo periodo, del D.Lgs. n.
446/1997:
gli importi spettanti a titolo di recupero di oneri di personale distaccato presso terzi
non concorrono alla formazione della base imponibile;
nei confronti del soggetto che impiega il personale distaccato, tali importi si
considerano costi relativi al personale non ammessi in deduzione ovvero concorrenti
alla formazione della base imponibile ai sensi dell’art. 10, co. 1, e dell’art. 10-bis, co.
1.
Il predetto co. 2 dell’art. 11 del Decreto Irap è stato, tuttavia, abrogato dall’art. 1, co.
50, lett. f), n. 3), della Legge 24 dicembre 2007 n. 244, a decorrere dal 1° gennaio
2008, nel caso di contribuenti aventi l’esercizio con l’anno solare. Sul punto, il
Dipartimento delle Politiche Fiscali ha comunque precisato che la suddetta soppressione
non sottende la volontà legislativa di mutare la previgente impostazione sostanziale, ma
soltanto l’esigenza di attuare una semplificazione della formulazione normativa,
eliminando una regola già desumibile a livello sistematico (Risoluzione 12 febbraio 2008,
n. 2/DPF): “anche dopo le modifiche apportate dalla suddetta legge al testo del d.lgs. 15
dicembre 1997, n. 446 (decreto Irap), resta ferma per il soggetto distaccante o per
l’impresa di lavoro interinale, la neutralizzazione delle somme ricevute a titolo di
rimborso dei costi retributivi e contributivi e, per il soggetto distaccatario o che impiega
il lavoratore, la tassazione delle somme stesse”.
Distacco delpersonale
138
La disciplina normativa e la prassi riguardante la fattispecie del distacco è applicabile
a tutto il personale dipendente, compreso quello dirigente incaricato della funzione di
amministratore o sindaco presso altre società del gruppo (C.M. 4 giugno 1998, n.
141/E, p. 16).
Tale orientamento, confermato anche dall’Agenzia delle Entrate (R.M. 6 febbraio 2009,
n. 35/E), si fonda su un principio immanente della disciplina Irap: il costo del lavoro
deve incidere, in termini di indeducibilità (ovvero di imposizione, nel caso di
determinazione della base imponibile secondo il metodo retributivo), sul soggetto
passivo presso il quale viene effettivamente svolta la prestazione lavorativa che concorre
alla realizzazione del valore della produzione. La suddetta posizione è, inoltre, coerente
con la natura del contratto di distacco, nel quale il titolare del rapporto di lavoro si limita
a mettere a disposizione del distaccatario, che ne sopporta il costo della remunerazione,
la risorsa umana.
Un’ulteriore conferma dell’assunto in commento è rinvenibile nell’art. 4, co. 2, primo
periodo, del D.Lgs. n. 446/1997, relativo alla ripartizione territoriale della base
imponibile Irap prodotta dai contribuenti operanti in più regioni italiane. La
disposizione prevede, infatti, l’applicazione di un criterio fondato sulle retribuzioni
spettanti al personale a qualunque titolo utilizzato.
Alla luce dei predetti principi dell’Amministrazione Finanziaria, nel caso di imprese tenute
alla redazione del bilancio d’esercizio secondo gli standard nazionali, il rimborso erogato
dal distaccatario al distaccante è così rappresentato nelle seguenti voci del conto
economico (Documento interpretativo n. 1 dell’Oic 12):
A)5) “Altri ricavi e proventi”, nell’ambito del valore della produzione del distaccante:
tali componenti, a dispetto dell’attuale formulazione del Decreto Irap ed alla luce
dell’orientamento dell’Agenzia delle Entrate, non concorrono comunque alla
formazione della base imponibile Irap (Risoluzione n. 2/DPF/2008);
B)7) “Per servizi”, tra i costi della produzione del distaccatario, comunque
indeducibili dal valore della produzione netta, in quanto assimilabili alle spese per il
personale, anche in virtù della formulazione dell’art. 5, co. 3, primo periodo, del
D.Lgs. n. 446/1997.
OSSERVA
OSSERVA
139
La Risoluzione n. 2/DPF/2008 richiama il Documento interpretativo n. 1 del principio
Oic 12: “indica espressamente che l’impresa distaccataria o che utilizza il lavoratore
deve indicare il rimborso erogato al soggetto distaccante o all’agenzia di lavoro
interinale tra i costi del personale dipendente classificati nella voce B9 del conto
economico”. In realtà, il citato documento contabile precisa che nella voce B)7) “Costi
per servizi” devono essere, tra l’altro, ricomprese le spese per il personale distaccato
presso l’impresa e dipendente da altre imprese.
La Risoluzione n. 2/DPF/2008 ha, inoltre, confermato, la piena validità delle
precedenti interpretazioni fornite dall’Amministrazione Finanziaria, in merito alla
disciplina delle somme eccedenti gli oneri retribuitivi e contributivi del personale
distaccato, ipotesi talvolta giustificabile con riferimento ai profili dirigenziali. Sul punto,
si rammenta quanto già delineato in passato dal Dipartimento delle Entrate del
Ministero delle Finanze (C.M. 12 novembre 1998, n. 263/E, par. 2.9), in merito
all’intero importo del rimborso:
rappresenta un provento non imponibile in capo al distaccante;
costituisce un costo di lavoro indeducibile per il distaccatario;
il medesimo principio deve ritenersi applicabile ai c.d. “compensi reversibili” (R.M.
15 febbraio 1980, n. 8/196), ovvero spettanti al dipendente o collaboratore
coordinato e continuativo di un’impresa (Circolare Assonime 9 giugno 1998, n. 52,
par. 3.5), nominato quale componente dell’organo di gestione di un’altra società,
e versati direttamente al datore di lavoro dell’amministratore (norma di
comportamento dell’Associazione Italia dei Dottori Commercialisti del 17 ottobre
2007, n. 169).
L’Agenzia delle Entrate, con la R.M. n. 54/E del 22 giugno 2010, ha chiarito che gli
scostamenti tra i valori in cassa effettivamente disponibili e quelli risultanti dalle
corrispondenti rilevazioni contabili – effettuate, a monte, dal contribuente, operante nel
settore della grande distribuzione – sono deducibili dalla base imponibile Irap: si tratta,
infatti, di importi imputati, in ossequio ai corretti principi contabili, ad una voce rilevante
del conto economico, ovvero la B)14 “Oneri diversi di gestione”. Sul punto,
l’Amministrazione Finanziaria ha, tuttavia, precisato che le differenze in parola –
coerentemente con quanto già sostenuto in relazione a quelle inventariali (C.M. 2
ottobre 2006, n. 31) – possono essere considerate rilevanti, ai fini della determinazione
del valore della produzione netta, se risultano “inevitabili, fisiologiche e connaturate
all’attività svolta dall’impresa”.
OSSERVA
Differenze dicassa “non
documentabili”
140
Gli organi di controllo sono tenuti a valutare in concreto la deducibilità delle differenze
di cassa, nell’ambito di un’analisi generale dell’intera posizione del contribuente, della
credibilità degli elementi comunque forniti da questi forniti a giustificazione degli
scostamenti rilevati, delle caratteristiche gestionali e della peculiarità del processo
commerciale dell’impresa.
In particolare, è ritenuto determinante documentare l’ammanco di cassa con la
redazione di un apposito verbale, al momento del riscontro della differenza tra la
giacenza fisica e quella contabile, sottoscritto dal soggetto preposto al controllo e dal
responsabile di cassa cui è attribuibile lo scostamento rilevato. Con l’effetto che, qualora
risulti rispettata tale condizione, la deducibilità della differenza di cassa discenderà dalle
comuni regole di esperienza, secondo cui ammanchi di modesto ammontare quotidiano
non potranno che rappresentare oneri diversi di gestione fiscalmente rilevanti.
A questo proposito, l’Agenzia delle Entrate ha precisato che la determinazione del
“modesto ammontare” deve essere rapportata esclusivamente alla gestione quotidiana
della cassa, tenendo conto di alcuni importanti elementi:
le misure organizzative e gli strumenti per il controllo e la prevenzione delle cause di
formazione delle differenze di cassa;
il trend delle differenze di cassa rilevate nel periodo oggetto di osservazione;
l’emersione di differenze di cassa, per lo stesso periodo d’imposta, sia di segno
negativo che positivo, ipoteticamente compensabili;
la limitata significatività delle differenze di cassa, in rapporto ad alcune specifiche
grandezze:
il volume d’affari;
la consistenza del fondo cassa giornaliero o quello rilevato in cui vengono effettuati i
controlli;
il numero e valore complessivo delle operazioni;
il numero delle casse operanti, e quello degli addetti di cassa.
Riepilogo dei principali componenti “critici”
Voci di conto economico Rilevanza Irap
A)2) Variazione delle rimanenze di
prodotti in corso di lavorazione,
semilavorati e finiti
Imponibile/Deducibile
A)5) Altri ricavi e proventi:
OSSERVA
141
Plusvalenze derivanti dalla cessione di
beni strumentali
Imponibili (C.M. n. 27/E/2009)
Contributi erogati in base a norme di
Legge, non correlati a costi indeducibili
Imponibili, nel limite dell’ammontare delle
spese ammesse in deduzione (C.M. n.
36/E/2009)
Sopravvenienze attive ordinarie Imponibili
B)6) Costi per materie prime, sussidiarie, di consumo e merci
Spese per costi per carburanti di
automezzi ad uso promiscuo
Deducibili (C.M. n. 36/E/2009)
B)7) Costi per servizi
Spese per servizi telefonici Deducibili (C.M. n. 36/E/2009)
Costi relativi ad automezzi ad uso
promiscuo
Deducibili (C.M. n. 36/E/2009)
Spese di manutenzione e riparazione Deducibili
Iva indetraibile per assenza “volontaria”
di fattura
Deducibile, nel caso di comportamento
“conveniente” (C.M. n. 25/E/2010)
Corsi di aggiornamento professionale per
dipendenti
Deducibili
Spese di viaggio, vitto ed alloggio per
trasferte dipendenti
Deducibili
Rimborsi analitici delle spese anticipate
dal dipendente
Deducibili
Oneri per servizi di mensa e trasporto
collettivo
Deducibili
Indennità di trasferta Indeducibile
Contributi Inail Deducibili
Compensi pagati a sindaci, revisori ed
amministratori
Deducibili (R.M. n. 78/E/2009)
Costi per prestazioni di collaborazione
coordinata e continuativa
Indeducibili
Compensi per attività commerciali e
prestazioni di lavoro autonomo
occasionale
Indeducibili
Compensi per prestazioni di lavoro
assimilato a quello dipendente
Indeducibili
Utili spettanti agli associati in
partecipazione
Indeducibili
142
Spese di rappresentanza Deducibili (C.M. n. 36/E/2009)
Costi riconducibili alla sfera personale di
amministratori o soci
Indeducibili
B)8) Costi per godimento beni di terzi
Quota interessi canoni di locazione
finanziaria
Indeducibile
Quota capitale dei canoni di locazione
finanziaria dei fabbricati strumentali
Deducibile, ad eccezione della parte
riferibile al terreno sottostante o
pertinente (C.M. n. 38/E/2010)
B)9) Costi per il personale
Salari e stipendi Indeducibili
Oneri sociali Indeducibili
Trattamento di fine rapporto di lavoro
subordinato
Indeducibili
Trattamento di quiescenza ed obblighi
simili
Indeducibili
Indennità di mancato preavviso Indeducibili
Indennità per rischio Indeducibili
Premi aziendali Indeducibili
Spese per apprendista Deducibili
B)10)a) Ammortamento delle immobilizzazioni immateriali
Avviamento e marchi d’impresa Comunque deducibile, nella misura di
1/18 del costo (o 1/10, nel caso di
riallineamento “speciale”)
B)10)b) Ammortamento delle immobilizzazioni materiali
Quota riferibile alle aree sottostanti o di
pertinenza del fabbricato strumentale
Indeducibili
Ammortamento di beni immobili rivalutati Indeducibile sino al 2013 la quota sui
maggiori valori iscritti
B)10)c) Altre svalutazioni delle
immobilizzazioni
Indeducibili
B)10)d) Svalutazione dei crediti compresi
nell’attivo circolante e delle disponibilità
liquide
Indeducibili
B)11) Variazione delle rimanenze di
materie prime, sussidiarie, di consumo e
merci
Deducibile/imponibile
B)12) Accantonamenti per rischi – B)13) Altri accantonamenti
Indennità suppletiva di clientela Deducibile per competenza (Cass. n.
13506/2009)
143
Ripristino o reintegro dell’azienda ricevuta
in affitto
Deducibile per competenza (C.M. n.
26/E/2012)
Costi di chiusura discarica Deducibili per competenza (R.M. n.
52/E/1998, e nota AdE n. 85997/2010)
Altri accantonamenti Deducibili per cassa, se la causale è
correlata ad un componente rilevante
(C.M. n. 12/E/2008)
B)14) Oneri diversi di gestione:
Minusvalenze derivanti da cessioni di beni
strumentali
Deducibili (C.M. n. 27/E/2009)
Sopravvenienze passive ordinarie Deducibili
Oneri di utilità sociale Deducibili
Perdite su crediti già determinati
giuridicamente ed economicamente
Indeducibili
Imposta comunale sugli immobili Indeducibili
Differenze di cassa giornaliere nella
grande distribuzione
Deducibili, purchè inevitabili, fisiologiche
e connaturate all’attività d’impresa (R.M.
n. 54/E/2010)
Contributi ad associazioni di categoria Deducibili
C)17) Interessi ed altri oneri finanziari Indeducibili
E)20) Proventi straordinari
Plusvalenze realizzate a seguito di
cessione d’azienda
Non imponibili (C.M. n. 27/E/2009)
Plusvalenze derivanti dalla cessione di
immobili patrimoniali
Imponibili
Plusvalenze su beni strumentali Imponibili
Plusvalenze relative alla vendita di beni
che hanno concorso alla formazione della
base imponibile in precedenti periodi
d’imposta
Imponibili
Sopravvenienze attive straordinarie,
maggiori valori derivanti dal cambio del
criterio di valutazione, risarcimenti
assicurativi correlati ad eventi estranei
all’attività dell’impresa e riduzioni di debiti
Imponibili, se correlati a componenti
rilevanti in precedenti periodi d’imposta
E)21) Oneri straordinari
Minusvalenze realizzate a seguito di
cessione d’azienda
Indeducibili (C.M. n. 27/E/2009)
Minusvalenze derivanti dalla cessione di
immobili patrimoniali
Imponibili
144
Minusvalenze su beni strumentali Deducibili
Minusvalenze relative alla vendita di beni
che hanno concorso alla formazione della
base imponibile in precedenti periodi
d’imposta
Deducibili
Sopravvenienze passive straordinarie,
correlata a componenti che hanno
concorso a formare la base imponibile in
precedenti esercizi
Deducibili
Resi e sconti su vendite effettuate in
precedenti esercizi
Deducibili
L’art. 11 del D.Lgs. n. 446/1997 riconosce, con riferimento ai rapporti con dipendenti e
collaboratori, una serie di importi in diminuzione della base imponibile del tributo
regionale della maggior parte dei contribuenti: in sede di predisposizione del Modello
Irap 2013, deve, tuttavia, essere considerata la formulazione previgente – rispetto a
quella modificata dalla Legge n. 228/2012 – applicabile sino al periodo d’imposta in
corso al 31 dicembre 2013. Le ultime novità normative saranno, infatti, applicabili
soltanto del 2014, mentre con riferimento all’anno 2012 trovano applicazione quelle
introduttore dal D.L. n. 201/2011, relative all’assunzione a tempo indeterminato dei
giovani under 35 e delle donne.
Sono, inoltre, previste ulteriori deduzioni correlate all’importo della base imponibile
Irap, ed altre riguardanti il c.d. bonus capitalizzazione.
Le deduzioni dalla base imponibile Irap sono disciplinate, principalmente, dall’art. 11 del
D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, che negli ultimi anni ha formato oggetto di diverse
modifiche normative, applicabili a partire da periodi d’imposta differenti:
l’art. 2, co. 2, del D.L. 6 dicembre 2011, n. 2011 ha introdotto una maggior
deduzione, rispetto a quella ordinaria, a beneficio delle imprese che assumono, a
tempo indeterminato, giovani di età inferiore ai 35 anni di età o di sesso femminile,
applicabile a partire dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31
dicembre 2011 e, quindi, per la prima volta nel modello Irap 2013;
l’art. 1, co. 484, della Legge 24 dicembre 2012, n. 228 ha elevato ulteriormente le
deduzioni spettanti in relazione ai lavoratori assunti a tempo determinato (art. 11,
co. 1, lett. a), n. 2) e 3), del predetto Decreto Irap), nonché quelle correlate alla
consistenza della base imponibile del tributo regionale (art. 11, co. 4-bis), del D.L. n.
201/2011), con effetto a partire dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al
31 dicembre 2013. Conseguentemente, tali incrementi di deduzione non trovano
applicazione in sede di predisposizione del modello Irap 2013, riguardante il periodo
d’imposta 2012: in altri termini, con riferimento a quest’ultimo esercizio, è
necessario considerare la versione dell’art. 11 del D.Lgs. n. 446/1997 precedente a
Normativa diriferimento
Deduzioni dallabase imponibile
Irap
145
quella in vigore dal 1° gennaio 2013, ovvero quella che risulta dopo le modifiche di
cui al punto precedente, apportate dall’art. 2, co. 2, del D.L. n. 201/2011.
Le variazioni in diminuzione previste dalla suddetta disposizione sono applicabili dalla
generalità dei contribuenti, ad eccezione dei soggetti di cui all’art. 3, co. 1, lett. e-bis),
del D.Lgs. n. 446/1997:
le amministrazioni pubbliche di cui all’art. 1, co. 2, del D.Lgs. 30 marzo 2001, n.
165;
le amministrazioni della Camera dei Deputati, della Corte Costituzionale, del Senato
e della Presidenza della Repubblica;
gli organi legislativi delle regioni a statuto speciale.
Vi sono, poi, alcune specifiche deduzioni, la cui operatività è esclusa nei confronti
delle seguenti imprese:
operanti in concessione e a tariffa nei settori dell’energia, dell’acqua, dei trasporti,
delle infrastrutture, delle poste, delle telecomunicazioni, della raccolta e
depurazione delle acque di scarico, della raccolta e dello smaltimento dei rifiuti
(c.d. public utilities), alle quali è preclusa l’applicazione delle deduzioni di cui
all’art. 11, co. 1, n. 2), 3), 4) e 5), del D.Lgs. n. 446/1997, relative ai lavoratori a
tempo indeterminato ed al personale addetto all’attività di ricerca e sviluppo;
banche, altri enti finanziari ed aziende di assicurazione, che non possono invocare
le deduzioni di cui all’art. 11, co. 1, n. 3), del D.Lgs. n. 446/1997, riguardanti i
lavoratori a tempo indeterminato impiegati, nel periodo d’imposta 2009, nelle
regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia.
L’art. 11, co. 1-bis, D.Lgs. n. 446/1997 riserva, invece, una specifica deduzione alle
imprese autorizzate all’autotrasporto di merci.
Il successivo co. 4-bis.2 del Decreto Irap stabilisce, in relazione ai dipendenti impiegati
in attività commerciali ed istituzionali, una limitazione alla deduzione da parte delle
società di cui al precedente art. 3, co. 1, lett. e):
gli enti privati diversi dalle società, nonché i trust, residenti nel territorio dello Stato,
che non hanno per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali
(art. 73, co. 1, lett. c), del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917);
le società e gli enti privati di ogni tipo compresi i trust, indipendentemente dal
possesso della personalità giuridica, non residenti nel territorio dello Stato (art. 73,
co. 1, lett. d), del Tuir).
OSSERVA
146
In altri termini, l’art. 11 D.Lgs. n. 446/1997 riconosce la deduzione forfetaria di alcuni
importi correlati a spese espressamente escluse dalla base imponibile Irap, quali i costi
per il personale dipendente ovvero altre forme di lavoro.
Ulteriori deduzioni sono previste dall’art. 44, co. 2 e 3, del D.L. 31 maggio 2010, n. 78,
applicabile ai docenti e ricercatori residenti all’estero che rientrano in Italia.
Le diverse variazioni in diminuzione dalla base imponibile Irap, così come previste dalla
legislazione vigente, sono ascrivibili alle seguenti causali:
contributi per le assicurazioni obbligatorie contro gli infortuni sul lavoro;
riduzione del cuneo fiscale;
spese per apprendisti, disabili e personale assunto mediante contratti di formazione
e lavoro;
costi del personale impiegato nell’attività di ricerca e sviluppo;
indennità di trasferta erogate ai dipendenti delle imprese autorizzate
all’autotrasporto di merci;
lavoratori dipendenti impiegati nel corso del periodo d’imposta, in relazione
all’ammontare dei componenti positivi del valore della produzione netta;
LE DEDUZIONI GENERALMENTE RELATIVE AI RAPPORTI DI LAVORO
consistenza del valore della produzione netta;
rientro dei docenti e ricercatori residenti all’estero.
Ai sensi dell’art. 11, co. 1, lett. a), n. 1), del D.Lgs. n. 446/1997, sono ammessi in
deduzione dalla base imponibile Irap i contributi per le assicurazioni obbligatorie contro
gli infortuni sul lavoro, tipicamente l’Inail ovvero l’Enpaia e l’Ipsema per il settore,
rispettivamente, agricolo e marittimo. La variazione in diminuzione in parola opera
secondo i seguenti criteri:
è applicabile a tutti i contributi assicurativi sostenuti, a copertura del rischio di in-
fortunio, per ogni lavoratore dipendente dell’impresa, nonché titolare di rapporti di
collaborazione coordinata e continuativa, compresi quelli relativi a prestazioni di
sportivi professionisti (C.M. 26 luglio 2000, n. 148/E);
prescinde dalla differente tipologia del contratto di assunzione;
è riconosciuta unicamente agli oneri assicurativi obbligatori per Legge, ovvero altre
disposizioni, con espressa esclusione dei contributi erogati a titolo facoltativo, ancor-
ché confluiti in fondi assistenziali;
Dipendenti, inrelazione aicomponentipositivi
Assicurazioniobbligatoriecontro gliinfortuni
Cuneofiscale
Disabili,apprendisti,formazione elavoro
Attivitàdi ricercaesviluppo
Deduzioniammesse
Deduzioni percontributi
assicurativi
147
è invocabile da parte di tutti i soggetti passivi Irap, e cumulabile con le altre dedu-
zioni previste dall’art. 11 del D.Lgs. n. 446/1997, a condizione che risulti rispettato il
limite massimo previsto dal co. 4-septies, di cui si dirà nel prosieguo.
A questo proposito, l’Agenzia delle Entrate ha precisato che la deduzione in parola
spetta anche in relazione ai contributi riferiti alla posizione personale del contribuente,
nonché ai collaboratori dell’impresa familiare, purchè gli stessi non abbiano già
concorso alla determinazione della base imponibile Irap (R.M. 17 marzo 2008, n.
99/E).
L’Amministrazione Finanziaria ha, inoltre, chiarito che l’importo dei contributi
previdenziali deducibili dal valore della produzione netta deve essere individuato
secondo modalità differenti, in base alla tipologia di soggetto passivo del tributo
regionale (R.M. 28 ottobre 2009, n. 265/E):
per i lavoratori autonomi, in base al principio di cassa, ovvero considerando i
contributi pagati nell’anno;
per le imprese, in ossequio al principio di competenza, nei limiti comunque dei
contributi dovuti.
Le variazioni in diminuzione della base imponibile Irap, riguardanti i rapporti di lavoro a
tempo indeterminato – a prescindere dalla data di assunzione – ed aventi natura pre-
valentemente forfetaria (c.d. deduzioni relative alla riduzione del cuneo fiscale), sono
disciplinate dall’art. 11, co. 1, n. 2), 3) e 4), del D.Lgs. n. 446/1997, e precisamente:
euro 4.600 su base annua, per ogni dipendente, a tempo indeterminato, impiegato
nel corso del periodo d’imposta (c.d. deduzione base), elevata – a norma dell’art. 2,
co. 2., lett. a), del D.L. 6 dicembre 2011, n. 201, a partire dal periodo d’imposta
successivo a quello in corso al 31 dicembre 2011 – ad euro 10.600,00 nel caso di
lavoratori aventi età inferiore ai 35 anni o di sesso femminile;
I predetti importi sono stati elevati, rispettivamente, ad euro 7.500 ed euro 13.500, a
norma dell’art. 1, co. 484, lett. a), n. 1), della Legge n. 228/2012, con effetto a
partire dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2013:
OSSERVA
OSSERVA
Deduzioni da“cuneo fiscale”
148
conseguentemente, tali modifiche normative troveranno applicazione per la prima
volta nel modello Irap 2015, non rilevando, quindi, in sede di predisposizione della
dichiarazione del tributo regionale relativa agli esercizi 2012 e 2013.
euro 9.200 su base annua, qualora il contribuente si sia avvalso, nel corso dell’anno
fiscale di riferimento, delle prestazioni di dipendenti a tempo indeterminato, nella re-
gioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia (c.d.
deduzione maggiorata), incrementata – ad opera dell’art. 2, co. 2., lett. a), del D.L.
n. 201/2011, a partire dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31
dicembre 2011 – ad euro 15.200,00 per ognuno dei predetti dipendenti di età
inferiore ai 35 anni o di sesso femminile. Tale deduzione non è applicabile da parte
delle banche, degli altri enti finanziari e delle imprese di assicurazione, né
cumulabile con quella di cui al sub 2), bensì alternativa, e soggetta ai limiti
dell’applicazione della regola de minimis (Regolamento della Commissione Europea
12 gennaio 2001, n. 69);
Analogamente al punto precedente, le citate deduzioni sono state incrementate,
rispettivamente, ad euro 15.000 ed euro 21.000, a norma dell’art. 1, co. 484, lett. a),
n. 2), della Legge n. 228/2012, con effetto a partire dal periodo d’imposta successivo
a quello in corso al 31 dicembre 2013: conseguentemente, tali modifiche normative
troveranno applicazione per la prima volta nel modello Irap 2015, non rilevando,
quindi, in sede di predisposizione della dichiarazione del tributo regionale relativa agli
esercizi 2012 e 2013.
Gli importi delle predette deduzioni di cui al sub 2) e 3), essendo su base annua,
devono essere ragguagliati ai giorni di durata del rapporto di lavoro nel corso del
periodo d’imposta, nei seguenti casi:
inizio o cessazione dell’attività nell’anno, ovvero del rapporto di lavoro;
in presenza di contratti di lavoro a tempo indeterminato e parziale, anche in forma
verticale o mista;
trasformazione del rapporto di lavoro.
Pertanto, considerando il caso di un lavoratore a tempo indeterminato, di sesso
maschile e con età anagrafica di 45 anni, impiegato nella regione Lombardia, il cui
rapporto di lavoro è cessato il 29 febbraio 2012, la deduzione base di cui all’art. 11,
OSSERVA
149
co. 1, lett. a), n. 2), del D.Lgs. n. 446/1997 è cosi determinata:
giorni di durata del rapporto nel corso del periodo d’imposta:
31 (gennaio) + 29 (febbraio) = 60
deduzione base:
euro 4.600,00 /366*60 = euro 754,10
il 100% dei contributi assistenziali e previdenziali a carico dell’impresa, maturati nel
corso del periodo d’imposta, relativi ai rapporti di lavoro dipendente a tempo
indeterminato, versati in base a disposizioni normative, forme pensionistiche
complementari (D.Lgs. 5 dicembre 2005, n. 252), fondi previsti da contratti collettivi
oppure accordi aziendali, finalizzati all’erogazione di prestazioni integrative di natura
assistenziale o previdenziale;
Sul punto, l’Agenzia delle Entrate ha precisato che l’individuazione dei relativi importi
deve essere operata considerando, oltre ai contributi ascrivibili alla retribuzione
ordinaria, quelli pro-quota riferiti alle somme aggiuntive, come la tredicesima
mensilità, la quattordicesima, ove prevista, nonché le ferie ed i permessi. A questo
proposito, l’Amministrazione Finanziaria ha altresì chiarito che la deduzione per
contributi assistenziali e previdenziali non è riconosciuta rispetto ai contributi per
dipendenti impiegati all’estero, né ai soggetti che determinano l’Irap con il metodo
retributivo (C.M. 19 novembre 2007, n. 61/E). Resta ferma l’applicabilità del principio
di cassa per i lavoratori autonomi, e di quello di competenza per l’impresa (R.M. n.
265/E/2009).
LE DEDUZIONI RELATIVE ALLA RIDUZIONE DEL CUNEO FISCALE
L’applicazione delle deduzioni relative alla riduzione del cuneo fiscale (base e maggio-
rate, contributi previdenziali ed assistenziali) è alternativa a quelle previste da alcune
disposizioni successive dell’art. 11 del Decreto Irap, così come previsto dal co. 4-septies:
Contributiassistenziali eprevidenziali perlavoratori atempoindeterminato
Deduzione base:Euro 4.600,00(euro 10.600 nelcaso di donne edunder 35)
Deduzione maggiorata:Euro 9.200,00 (Abruzzo, Basilicata,Calabria, Campania, Molise, Puglia,Sardegna e Sicilia), oppure euro 15.200in relazione a donne ed under 35
OSSERVA
Limitazioni
150
co. 1, lett. a), n. 5): spese per apprendisti, disabili, personale assunto mediante con-
tratti di formazione e lavoro, nonché i costi per il personale addetto all’attività di
ricerca e sviluppo (compresi quelli sostenuti dai consorzi tra imprese costituiti per la
realizzazione di programmi comuni di ricerca e sviluppo);
co. 4-bis.1: euro 1.850,00 per ogni dipendente, fino ad un massimo di cinque, nel
caso di imprese aventi componenti positivi rilevanti non eccedenti l’importo di euro
400.000,00 su base annua.
L’ammontare delle deduzioni forfetarie di cui all’art. 11, co. 1, nn. 2) e 3), del D.Lgs.
n. 446/1997 (deduzione base e maggiorata) è riconosciuto soltanto parzialmente,
qualora il contribuente rientri tra i soggetti di cui al precedente art. 3, co. 1, lett. e),
del Decreto Irap, e precisamente:
gli enti privati diversi dalle società, nonché i trust, residenti nel territorio dello Stato,
che non hanno per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali
(art. 73, co. 1, lett. c), del D.P.R. n. 917/1986);
le società e gli enti privati di ogni tipo compresi i trust, indipendentemente dal pos-
sesso della personalità giuridica, non residenti nel territorio dello Stato (art. 73, co.
1, lett. d), del Tuir).
Al ricorrere di una delle suddette ipotesi, trova applicazione l’art. 11, co. 4-bis.1, del
D.Lgs. n. 446/1997, secondo il quale le deduzioni relative alla riduzione del cuneo fi-
scale sono ammesse esclusivamente in relazione ai dipendenti impiegati nell’esercizio
di attività commerciali. Con l’effetto che, qualora l’impresa si sia avvalsa di lavoratori
subordinati, ai fini dello svolgimento di attività istituzionali, l’importo della variazione
in diminuzione deve essere decrementato in base al rapporto tra le seguenti
componenti (art. 10, co. 2, primo periodo, del Decreto Irap):
l’importo dei ricavi e degli altri proventi derivanti dall’esercizio delle attività istitu-
zionali, rilevanti ai fini del tributo regionale;
l’ammontare di tutti i ricavi e proventi dell’impresa.
Le deduzioni relative alla riduzione del cuneo fiscale non sono, tuttavia, riconosciute,
come anticipato, in capo ai seguenti contribuenti:
i soggetti indicati dall’art. 3, co. 1, lett. e-bis), del D.Lgs. n. 446/1997:
le amministrazioni pubbliche di cui all’art. 1, co. 2, del D.Lgs. 30 marzo 2001, n.
165. A questo proposito, si rammenta che non rappresentano amministrazioni
pubbliche e possono, quindi, beneficiare delle deduzioni relative alla riduzione del
cuneo fiscale gli Istituti Autonomi per le Case Popolari (R.M. 3 aprile 2009, n. 94/E),
ovvero le Agenzie Territoriali per l’Edilizia Residenziale;
OSSERVA
Esclusioni
151
le amministrazioni della Camera dei Deputati, della Corte Costituzionale, del Senato
e della Presidenza della Repubblica;
gli organi legislativi delle regioni a statuto speciale;
le imprese operanti in concessione e a tariffa nei settori dell’energia, dell’acqua, dei
trasporti, delle infrastrutture, delle poste, delle telecomunicazioni, della raccolta e
depurazione delle acque di scarico, della raccolta e dello smaltimento dei rifiuti. Sul
punto, si segnala che la natura concessoria del rapporto prescinde dalla qualificazio-
ne formale (c.d. nome iuris) dell’atto attraverso il quale è affidato il servizio pubbli-
co, anche se trattasi di una subconcessione perfezionata tra due operatori privati, di
cui il primo (affidatario) è soggetto all’attività di direzione e controllo del secondo
(affidante), e non coinvolgente, quindi, direttamente la Pubblica Amministrazione
(R.M. 6 agosto 2009, n. 204/E).
Le imprese operanti in concessione ed a tariffa devono essere individuate sulla base di
due presupposti (C.M. n. 61/E/2007):
giuridico: l’esistenza di un atto di concessione traslativa, ovvero un provvedimento in
forza del quale un ente pubblico conferisce, a beneficio di un soggetto privato, diritti
o potestà riguardanti un’attività economica in origine riservata alla pubblica
amministrazione e che, tuttavia, questa non intende esercitare direttamente (R.M. 5
novembre 2008, n. 423/E). Sul punto, si segnala, tuttavia, che l’Agenzia delle
Entrate ha, successivamente, chiarito che la circostanza di un’attività non riservata
in origine all’ente pubblico non determina necessariamente l’esclusione del diritto
alle deduzioni relative alla riduzione del cuneo fiscale (R.M. 10 novembre 2008, n.
429/E);
economico: il corrispettivo è rappresentato dalla tariffa, ovvero da un prezzo fissato,
o comunque regolamentato, dalla pubblica amministrazione, in modo tale da
assicurare l’equilibrio economico-finanziario dell’investimento e della connessa
gestione. A questo proposito, l’Agenzia delle Entrate ha comunque precisato che la
natura tariffaria del corrispettivo, rilevante ai fini dell’esclusione della fruibilità delle
deduzioni in parola, ricorre altresì nell’ipotesi di libera determinazione delle parti
(R.M. n. 204/E/2009).
Conseguentemente, la carenza anche di uno solo dei suddetti requisiti determina
l’ammissibilità delle deduzioni relative alla riduzione del cuneo fiscale. Qualora
l’impresa operante in concessione ed a tariffa svolga anche un’attività non rego-
lamentata, la deduzione relativa alla riduzione del cuneo fiscale è ammessa
limitatamente al costo del lavoro sostenuto nello svolgimento di tale attività. Nella
OSSERVA
152
suddetta eventualità, appare, pertanto, necessaria la separazione dei componenti
reddituali prodotti dalle diverse attività: in particolare, l’impresa deve tenere scritture
contabili distinte, individuando i ricavi e costi relativi ad ogni attività, specificando
altresì i metodi di imputazione e ripartizione (C.M. n. 61/E/2007).
Nel caso in cui i dipendenti siano impiegati, in modo promiscuo, nelle attività
regolamentate e non, la deduzione è riconosciuta in misura proporzionale al rapporto
tra i due seguenti valori:
1. l’ammontare dei ricavi e proventi prodotti dall’attività non regolamentata;
2. 2) l’importo complessivo dei ricavi e proventi conseguiti dal contribuente.
Le deduzioni relative alla riduzione del cuneo fiscale non trovano, inoltre, applicazione,
con riferimento alle seguenti fattispecie:
contratti di lavoro diversi da quello subordinato, come quelli stipulati con ammini-
stratori, collaboratori coordinati e continuativi, anche qualora non sia previsto un
termine di conclusione del rapporto (R.M. 4 aprile 2008, n. 132/E);
dipendenti che operano presso strutture produttive estere (cantieri, filiali, sedi se-
condarie, ecc.), il cui valore della produzione – essendo prodotto al di fuori del terri-
torio dello Stato – è escluso dalla base imponibile Irap (C.M. n. 61/E/2007).
Nel caso di personale distaccato, è necessario fare riferimento alle specifiche disposizioni
contrattuali che regolano tale trasferimento a titolo temporaneo. In particolare, il di-
staccatario può beneficiare delle deduzioni relative ai dipendenti utilizzati, nella misura
in cui sia tenuto al rimborso del costo dei lavoratori impiegati (R.M. 10 giugno 2008, n.
235/E), in proporzione al corrispondente numero di giorni e purchè presenti, così come
il distaccante, i necessari presupposti di Legge per usufruire delle deduzioni relative alle
riduzione del cuneo fiscale (Risoluzione 12 febbraio 2008, n. 2/DPF).
L’art. 11, co. 1, lett. a), n. 5), del D.Lgs. n. 446/1997 riconosce al contribuente la facoltà
di operare, in sede di determinazione della base imponibile Irap, alcune ulteriori
variazioni in diminuzione, imputabili ai costi sostenuti per le seguenti causali:
1. apprendisti;
2. disabili;
3. personale assunto mediante contratti di formazione e lavoro;
DIPENDENTIAGEVOLATI
Dipendenti a tempo indeterminato, anchepart-time
DIPENDENTINONAGEVOLATI
Dipendenti a tempo determinatoCollaboratori a progettoCollaboratori occasionali
Altre deduzionirelative alpersonale
153
4. personale addetto alle attività di ricerca e sviluppo, compresi quelli a carico di con-
sorzi tra imprese per la realizzazione di programmi comuni di ricerca e sviluppo.
Tali deduzioni sono alternative a quelle previste dai precedenti numeri 2), 3) e 4) –
deduzione base e maggiorata, contributi assistenziali e previdenziali – ma cumulabili con
quelle di cui al co. 4-bis.1, correlate ai componenti positivi che concorrono alla
formazione della base imponibile Irap.
Altre deduzioni, riguardanti il personale, sono previste con riferimento ai seguenti con-
tribuenti:
imprese autorizzate all’autotrasporto di merci (art. 11, co. 1-bis, del D.Lgs. n.
446/1997);
soggetti aventi componenti positivi, rilevanti ai fini della determinazione della base
imponibile Irap, non superiori ad euro 400.000 (art. 11, co. 4-bis.1, del D.Lgs. n.
446/1997);
docenti e ricercatori residenti all’estero, che rientrano in Italia (art. 44, co. 2 e 3, del
D.L. n. 78/2010);
ALTRE DEDUZIONI RELATIVE AL PERSONALE
Un’ulteriore deduzione significativa riguardante il personale, avente ad oggetto l’incre-
mento della base occupazionale e l’assunzione di lavoratici svantaggiate, è tuttora previ-
sta dal Decreto Irap (art. 11, co. 4-quater, 4-quinquies e 4-sexies, del D.Lgs. n.
446/1997), ma senza alcuna efficacia, a partire dal periodo d’imposta successivo a
quello in corso al 31 dicembre 2008, per espressa previsione normativa.
La variazione in diminuzione dal valore della produzione netta è ammessa nel limite
massimo del costo dell’apprendista a carico del soggetto passivo Irap, ed è cumulabile
con le altre deduzioni previste per il personale dipendente, ad eccezione di quella col-
legata alla riduzione del cuneo fiscale (art. 11, co. 4-septies, del D.Lgs. n. 446/1997).
In altri termini, ai fini Irap, il datore di lavoro deduce tutte le spese relative al rapporto
di apprendista, quali, ad esempio:
salari e stipendi;
contributi ed oneri sociali;
trattamento di fine rapporto di lavoro subordinato.
Apprendisti,disabili,formazionee lavoro
Attività diricerca esviluppo
Impreseautorizzateall’autotrasportodi merci
Componentipositivi nonsuperiori ad euro400.000,00
Docenti ericercatoriresidentiall’estero
Apprendisti
154
Qualora, nel corso del periodo d’imposta, il rapporto sia stato trasformato in contratto
di lavoro subordinato a tempo indeterminato, la deduzione per l’apprendista è limitata
alla frazione di esercizio in cui il dipendente ha assunto tale qualifica (C.M. 4 giugno
1998, n. 141/E). Per il periodo successivo, e sino alla chiusura dell’anno fiscale, il
datore di lavoro può altresì beneficiare, in proporzione dei relativi giorni, delle
deduzioni previste per i dipendenti a tempo indeterminato (R.M. 10 giugno 2008, n.
235/E), ovvero, in alternativa, di quelle di cui al co. 4-bis1, pari ad euro 1.850 per
ogni dipendente, fino ad un massimo di 5, per i soggetti passivi Irap con componenti
positivi non superiori ad euro 400.000.
La possibilità di operare tale variazione in diminuzione è riconosciuta non soltanto con
riferimento ai costi sostenuti per lavoratori disabili indicati nell’art. 1 della Legge 12
marzo 1999, n. 68, ma anche relativamente a quelli assunti ai sensi della previgente
Legge 2 aprile 1968, n. 482, ed in possesso dei requisiti ivi stabiliti, a condizione che
l’assunzione sia intervenuta prima dell’entrata in vigore della Legge n. 68/1999 (R.M. 26
novembre 2004, n. 142/E). Ai fini dell’applicazione della deduzione, rileva la condizione
di disabile in capo al lavoratore, a prescindere dalla forma contrattuale instaurata con
l’impresa (lavoro subordinato, collaborazione a progetto, ecc.), dalla quale deve, però,
risultare lo status di disabile (R.M. 13 dicembre 2006, n. 139/E).
Sotto il profilo operativo, la deduzione:
compete anche nel caso di sopravvenuta inabilità, per il numero di disabili impiegati,
indipendentemente dal fatto che l’impresa abbia superato la quota obbligatoria di
assunzioni riservata ai disabili (R.M. 16 maggio 2006, n. 64/E);
è altresì riconosciuta nell’ipotesi di disabili assunti per lo svolgimento di tirocini for-
mativi (R.M. n. 139/E/2006);
spetta nel limite del costo del dipendente a carico dell’impresa;
è cumulabile con le altre deduzioni previste per il personale dipendente, ad
eccezione di quella collegata alla riduzione del cuneo fiscale (art. 11, co. 4-septies,
del D.Lgs. n. 446/1997).
Alla luce della sopravvenuta introduzione di nuove tipologie contrattuali, di cui al D.Lgs.
10 settembre 2003, n. 276 (c.d. Legge Biagi), l’Agenzia delle Entrate ritiene che la dedu-
zione in parola sia applicabile anche ai contratti di inserimento, aventi finalità analoghe a
quelle dei contratti di formazione e lavoro (C.M. 5 aprile 2005, n. 13/E).
La deduzione dei costi riguardanti i suddetti contratti spetta nel limite del costo a carico
dell’impresa, ed è cumulabile con le altre deduzioni previste per il personale dipendente,
OSSERVA
Disabili
Contratti diformazione e
lavoro
155
ad eccezione di quella collegata alla riduzione del cuneo fiscale (art. 11, co. 4-septies,
del D.Lgs. n. 446/1997).
Qualora, nel corso del periodo d’imposta, il rapporto sia stato trasformato in contratto
di lavoro subordinato a tempo indeterminato, si dovrebbe ritenere che la deduzione
dei costi per formazione e lavoro, oppure inserimento, sia soggetta alla medesima
disciplina esaminata con riferimento agli apprendisti. Pertanto, la variazione in
diminuzione dalla base imponibile Irap è riconosciuta per la frazione di esercizio in cui
il dipendente ha assunto tale qualifica: per il periodo successivo, e sino alla chiusura
dell’anno fiscale, l’impresa può altresì beneficiare, in proporzione dei relativi giorni,
delle deduzioni previste per i lavoratori dipendenti a tempo indeterminato.
La suddetta variazione in diminuzione non è riconosciuta ai soggetti pubblici di cui
all’art. 3, co. 1, lett. e-bis), del D.Lgs. n. 446/1997.
Ai fini dell’applicazione della deduzione, si considerano costi di ricerca e sviluppo quelli
sostenuti per il personale addetto (C.M. 16 marzo 2005, n. 10/E):
alla ricerca di base, intesa come “l’insieme delle attività di studio, esperimenti, inda-
gini e ricerche che non hanno una specifica finalità, ma rivestono un’utilità generica
per l’impresa”;
alla ricerca applicata ed allo sviluppo, in quanto trattasi di attività finalizzate alla
realizzazione di uno specifico progetto.
Nella nozione di “personale addetto”, devono ritenersi compresi sia i lavoratori dipen-
denti che i titolari di un rapporto di collaborazione, ad esempio occasionale oppure a
progetto, ovvero gli amministratori (RR.MM. 13 dicembre 2006, n. 138/E, e 4 maggio
2006, n. 57/E).
La deduzione spetta esclusivamente per le spese riferite al personale direttamente im-
piegato nell’attività di ricerca e sviluppo: con l’effetto che, come precisato dall’Agenzia
delle Entrate (R.M. 16 giugno 2006, n. 82/E), non può essere effettuata, da parte delle
imprese operanti nel settore della ricerca e dello sviluppo, la variazione in diminuzione
relativa ai costi sostenuti per il personale impiegato in altre mansioni (amministrazione,
finanza, logistica ecc.).
OSSERVA
Costi di ricerca esviluppo
156
La deduzione spetta anche ai contribuenti che svolgono esclusivamente attività di
ricerca e sviluppo, a prescindere dalla circostanza che i progetti risultanti dall’esercizio
dell’impresa costituiscano oggetto di cessione a terzi.
Nel caso in cui il suddetto personale venga utilizzato per lo svolgimento di più attività,
non soltanto di ricerca e sviluppo, la deduzione compete unicamente per le spese che,
sulla base di criteri oggettivi, risultino riferibili alle competenze espletate da tali lavora-
tori nell’attività di ricerca e sviluppo.
La deduzione delle spese per il personale addetto all’attività di ricerca e sviluppo è,
inoltre, subordinata alla preventiva attestazione di effettività delle stesse – tesa a ga-
rantire il riscontro della corrispondenza dei costi alla documentazione contabile (C.M. n.
13/E/2005) – rilasciata dal presidente del collegio sindacale (o sindaco unico) ovvero, in
mancanza, da uno dei seguenti soggetti:
revisore legale dei conti;
professionista iscritto agli albi dei revisori legali dei conti, dei dottori commercialisti,
degli esperti contabili oppure dei consulenti del lavoro;
responsabile del centro di assistenza fiscale.
Sul punto, l’Agenzia delle Entrate ha recentemente chiarito che il rinvio – contenuto
nell’art. 11, co. 1, lett. a), n. 5), del D.Lgs. n. 446/1997 – all’art. 13, co. 2, del D.L. 28
marzo 1997, n. 79 deve intendersi riferito soltanto alle formalità di stesura
dell’attestazione, e non anche alla predisposizione della perizia giurata prevista da
quest’ultima disposizione (C.M. 20 giugno 2012, n. 26/E, par. 7).
Nel caso di società quotata, la suddetta attestazione può essere rilasciata dal presidente
della società di revisione ovvero, in alternativa, dal soggetto che ne ha la
rappresentanza ai fini del controllo legale dei conti (R.M. 21 aprile 2009, n. 104/E).
La deduzione delle spese sostenute per il personale addetto all’attività di ricerca e svi-
luppo non costituisce un aiuto di Stato (C.M. 13 giugno 2008, n. 46/E) ed è, pertanto,
cumulabile con le altre agevolazioni riconosciute in relazione ai medesimi costi.
OSSERVA
OSSERVA
Attestazionespese
157
Il co. 1-bis dell’art. 11 D.Lgs. n. 446/1997 riconosce un’ulteriore variazione in diminu-
zione dalla base imponibile Irap, riservata alle imprese autorizzate all’autotrasporto di
merci: i contribuenti in parola, a dispetto degli altri soggetti passivi del tributo, possono
altresì dedurre le somme erogate ai dipendenti a titolo di indennità di trasferta, se previ-
ste contrattualmente, e nel limite dell’importo che non concorre a formare il reddito del
lavoratore, ai sensi dell’art. 51, co. 5, del D.P.R. n. 917/1986. La suddetta deduzione
non è soggetta al regime di limitazione, né al principio di alternatività di cui all’art. 11,
co. 4-septies, del D.Lgs. n. 446/1997, che verrà meglio esaminato nel prosieguo.
Ai sensi dell’art. 11, co. 4-bis.1, del D.Lgs. n. 446/1997, i soggetti passivi Irap – ad
eccezione di quelli pubblici di cui al precedente art. 3, co. 1, lett. e-bis) – possono
beneficiare di un’ulteriore variazione in diminuzione, qualora presentino un volume di
componenti positivi, concorrenti alla formazione della base imponibile del tributo
regionale, non eccedente l’ammontare di euro 400.000.
Al ricorrere della suddetta ipotesi, al contribuente compete una deduzione di euro 1.850
su base annua, per ogni lavoratore dipendente impiegato, anche a tempo determinato,
nel periodo d’imposta fino ad un massimo di cinque.
Sul punto, si segnala che nel suddetto computo non rientrano gli apprendisti, i disabili
ed il personale assunto con contratto di formazione e lavoro.
Analogamente alle deduzioni base e maggiorata (art. 11, co. 1, nn. 2) e 3), del D.Lgs. n.
446/1997), la variazione in diminuzione correlata ai componenti positivi è riconosciuta
soltanto parzialmente, qualora il contribuente rientri tra i soggetti di cui al precedente
art. 3, co. 1, lett. e), Decreto Irap, e precisamente:
gli enti privati diversi dalle società, nonché i trust, residenti nel territorio dello Stato,
che non hanno per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali
(art. 73, co. 1, lett. c), del Tuir);
le società e gli enti privati di ogni tipo compresi i trust, indipendentemente dal pos-
sesso della personalità giuridica, non residenti nel territorio dello Stato (art. 73, co.
1, lett. d), del Tuir).
In tali circostanze, trova applicazione l’art. 11, co. 4-bis.1, del D.Lgs. n. 446/1997,
secondo il quale la deduzione in parola è ammessa esclusivamente in relazione ai
dipendenti impiegati nell’esercizio di attività commerciali. Con l’effetto che, qualora
l’impresa si sia avvalsa di lavoratori subordinati, ai fini dello svolgimento di attività
OSSERVA
Indennità ditrasferta
Componentipositivi del
valore dellaproduzione
netta
158
istituzionali, l’importo della variazione in diminuzione deve essere decrementato in base
al rapporto tra le seguenti componenti (art. 10, co. 2, primo periodo, del Decreto Irap):
l’importo dei ricavi e degli altri proventi derivanti dall’esercizio delle attività istitu-
zionali, rilevanti ai fini del tributo regionale;
l’ammontare di tutti i ricavi e proventi dell’impresa.
Sotto il profilo operativo, l’agevolazione ha formato oggetto di uno specifico
intervento dell’Agenzia delle Entrate (R.M. 10 agosto 2004, n. 116/E):
nel caso di periodi d’imposta avente durata differente dai dodici mesi, ad esempio
nel caso di avvio ovvero cessazione dell’attività nel corso dell’esercizio, il limite di
euro 400.000 dei componenti positivi deve essere ragguagliato all’anno;
qualora il soggetto passivo Irap disponga di un numero di dipendenti eccedente le
cinque unità, è riconosciuta al contribuente la discrezionale facoltà di
individuazione degli specifici lavoratori nei confronti dei quali rileva la deduzione;
in presenza di lavoratori a tempo parziale, ovvero impiegati soltanto per una parte
del periodo d’imposta, la deduzione deve essere ridotta in misura proporzionale.
Nel corso del periodo d’imposta 2012, la società Alfa s.r.l., costituita il 15 settembre
2012, ha impiegato dieci dipendenti a tempo determinato, conseguendo ricavi e
proventi per euro 115.000 complessivi. Pertanto, compete, tra l’altro, la deduzione
forfetaria di cui all’art. 11, co. 4-bis.1, del D.Lgs. n. 446/1997, in quanto è rispettato il
limite massimo dei componenti positivi che concorrono alla formazione della base
imponibile Irap: euro 118.032,79 corrispondenti al ragguaglio del parametro annuale,
avendo il periodo d’imposta 2012 una durata pari a 108 giorni (euro 400.000,00 *
108/366).
La variazione in diminuzione dal valore della produzione netta è ammessa per
l’importo, anch’esso ragguagliato alla durata del periodo d’imposta, di euro 2.729,51:
Deduzione forfetaria * numero dipendenti agevolabili * giorni dell’esercizio:
euro 1.850,00 * 5 * 108/366 = euro 2.729,51
L’art. 11, co. 4-septies, del D.Lgs. n. 446/1997, stabilisce un importo massimo delle
variazioni in diminuzione operate con riferimento ad alcune precedenti disposizioni co.
1:
1. contributi per le assicurazioni obbligatorie contro gli infortuni sul lavoro;
OSSERVA
Limiti dideduzione
159
2. deduzione base per dipendenti a tempo indeterminato;
3. deduzione maggiorata, in alternativa a quella di cui al sub 2), riguardante i lavora-
tori subordinati a tempo indeterminato impiegati in determinate regioni centro-
meridionali ed insulari;
4. contributi previdenziali ed assistenziali imputabili ai rapporti di lavoro dipendente a
tempo indeterminato;
5. spese per apprendisti, disabili, personale assunto mediante contratti di formazione
e lavoro, nonché costi del personale addetto alla ricerca e sviluppo;
6. co. 4-bis.1: deduzione di euro 1.850,00 per ogni dipendente impiegato nel corso del
periodo d’imposta, sino ad un massimo di cinque, nel caso di componenti positivi
rilevanti non eccedenti l’ammontare di euro 400.000,00 su base annua.
A norma del citato art. 11, co. 4-septies, D.Lgs. n. 446/1997, la sommatoria delle
deduzioni sopra riportate, per ciascun dipendente, non può eccedere il limite massimo
rappresentato dalla retribuzione e dagli altri oneri a carico del datore di lavoro.
Sul punto, si consideri, inoltre, che:
le deduzioni di cui al co. 1, n. 2), 3) e 4), non sono cumulabili con quelle di cui al
n. 5) ed al co. 4-bis.1 del Decreto Irap;
le deduzioni per la riduzione del cuneo fiscale sono alternative, per ciascun
lavoratore, a quelle per spese relative agli apprendisti, ai disabili ed al personale
con contratto di formazione lavoro (art. 11, co. 1, lett. a), n. 5), del D.Lgs. n.
446/1997), nonché a quella di euro 1.850,00 per ogni dipendente, fino ad un
massimo di 5, per i soggetti con componenti positivi del valore della produzione
non superiori ad euro 400.000.
Conseguentemente, ogni soggetto passivo Irap è chiamato ad operare una valutazione
di convenienza con riferimento alle deduzioni usufruibili per ogni lavoratore dipendente
a tempo indeterminato, confrontando l’ammontare spettante applicando la deduzione
del “cuneo fiscale” con quello risultante in base alle altre deduzioni.
Nel corso dell’esercizio 2012, la Beta s.n.c. di Alberto Brambilla & C. ha realizzato un
valore della produzione di euro 350.000,00 impiegando nella regione Veneto, durante
il periodo d’imposta, i seguenti lavoratori subordinati:
n. 1 dipendente, sig. Roberto Verdi, con un contratto di formazione lavoro,
OSSERVA
160
sostenendo un costo complessivo di euro 15.000,00;
n. 2 dipendenti a tempo indeterminato, sopportando i seguenti oneri:
sig. Mario Bianchi: costo complessivo di euro 25.000,00 (al netto dei contributi
Inail), e contributi previdenziali di euro 5.000,00;
sig. Salvatore Esposito: costo complessivo di euro 30.000,00 (al netto dei
contributi Inail), e contributi previdenziali di euro 6.000,00.
I contributi Inail ammontano, globalmente, ad euro 4.000,00.
Nel caso del sig. Verdi, dipendente con contratto di formazione e lavoro, è
prospettabile elusivamente la deduzione di cui all’art. 11, co. 1, lett. a), del D.Lgs. n.
446/1997 – pari al costo complessivamente sostenuto (euro 15.000,00) – non
essendo invocabile la deduzione per il cuneo fiscale, né quella di euro 1.850,00.
Diversamente, con riferimento ai dipendenti a tempo indeterminato (sigg. Bianchi ed
Esposito), è necessario valutare la convenienza delle deduzioni da applicare, dovendo
scegliere tra:
la deduzione di euro 1.850,00 per ogni dipendente, ovvero euro 3.700,00 totali;
la deduzione per il cuneo fiscale, costituita dalla deduzione base e dagli oneri
sociali, così distinta in base ai due lavoratori subordinati:
sig. Mario Bianchi: euro 4.600,00 (deduzione base) + euro 5.000,00
(contributi previdenziali) = euro 9.600,00;
sig. Salvatore Esposito: euro 4.600,00 (deduzione base) + euro 6.000,00
(contributi previdenziali) = euro 10.600,00.
Con l’effetto che, nel caso dei due dipendenti a tempo indeterminato, è preferibile –
per una maggior convenienza (euro 20.200,00 contro euro 3.700,00) – l’applicazione
delle deduzioni per il cuneo fiscale, da far valere nel quadro IS del Modello Irap 2013.
Un’ulteriore variazione in diminuzione, riguardante il personale, è stata introdotta
dall’art. 44, co. 2 e 3, del D.L. 31 maggio 2010, n. 78, che ha stabilito l’esclusione dal
concorso alla formazione della base imponibile Irap degli emolumenti percepiti dai
docenti e ricercatori che soddisfano, congiuntamente, i seguenti requisiti:
possesso di un titolo di studio universitario o equiparato;
residenza non occasionale all’estero;
svolgimento di documentata attività di docenza o ricerca all’estero, presso università
centri di ricerca pubblici o privati, per almeno due anni continuativi;
dal 31 maggio 2010, ed entro i cinque anni solari successivi, si trasferiscono in Italia
per esercitare le proprie funzioni. Sul punto, si osservi quanto già sostenuto dall’A-
genzia delle Entrate, con riferimento ad un precedente analogo provvedimento (art.
3 D.L. 30 settembre 2003, n. 269): “la disposizione non si rivolge soltanto ai cittadini
italiani emigrati che intendano far ritorno del Paese d’origine, ma interessa in linea
generale tutti i ricercatori residenti all’estero, sia italiani che stranieri, i quali, per le
Deduzioni per ilrientro didocenti e
ricercatoriall’estero
161
loro particolari conoscenze scientifiche, possono favorire lo sviluppo della ricerca in
Italia” (C.M. 8 giugno 2004, n. 22/E).
Il diritto di beneficiare dell’incentivo, in presenza delle condizioni di cui sopra, sorge
nel periodo d’imposta di acquisizione della residenza fiscale nel territorio dello Stato, e
comunque non prima del 1° gennaio 2011, ed esplica i propri effetti anche nei due
successivi anni, purché permanga il requisito della residenza italiana.
Sotto il profilo operativo, il comportamento da adottare è, tuttavia, differenziato a
seconda della natura del reddito di lavoro prodotto dal docente o ricercatore:
autonomo: l’agevolazione spetta direttamente in capo al contribuente;
dipendente: il beneficio compete al sostituto d’imposta che ha corrisposto i relativi
compensi per l’attività di docenza o ricerca. A questo proposito, l’Assonime ha, inoltre,
rilevato che la norma avrebbe dovuto riferirsi direttamente al datore di lavoro
destinatario di tali prestazioni (Circolare 19 marzo 2009, n. 11).
L’art. 11, co. 4-bis, del D.Lgs. n. 446/1997 riconosce, inoltre, alcune variazioni in
diminuzione dal valore della produzione netta, aventi natura forfetaria, che esulano dai
rapporti di lavoro, in presenza di determinati livelli di base imponibile Irap, oppure per
effetto delle sussistenza dei presupposti per l’accesso al c.d. bonus capitalizzazione (art.
5, co. 3-ter, del D.L. 1° luglio 2009, n. 78)
L’art. 11, co. 4-bis, del D.Lgs. n. 446/1997, nella versione applicabile ai periodi
d’imposta 2012 e 2013, ammette la deduzione, fino a concorrenza del valore della
produzione netta, dei seguenti importi:
euro 7.350,00 se la base imponibile Irap non è superiore ad euro 180.759,91;
euro 5.500,00 qualora il valore della produzione netta sia compreso tra euro
180.759,92 ed euro 180.839,91;
euro 3.700,00 nel caso in cui la base imponibile Irap sia inclusa nell’intervallo euro
180.839,92 – euro 180.919,91;
euro 1.850,00 se il valore della produzione netta è compresa tra euro 180.919,92 ed
euro 180.999,91.
Le suddette deduzioni sono, tuttavia, riconosciute in misura superiore (rispettivamente,
euro 9.500,00 – euro 7.125,00 – euro 4.750,00 – euro 2.375,00), a beneficio di alcuni
contribuenti, e precisamente di soggetti di cui all’art. 3, co. 1, lett. b) e c), D.Lgs. n.
446/1997:
OSSERVA
Deduzioniindipendenti
dal personale
Deduzionicorrelate alla
base imponibileIrap
162
le società in nome collettivo ed accomandita semplice, e quelle ad esse equiparate a
norma dell’art. 5 del D.P.R. n. 917/1986, nonché le persone fisiche esercenti
un’attività commerciale di cui all’art. 55 del Tuir;
le persone fisiche, le società semplici e quelle ad esse equiparate a norma dell’art. 5,
co. 3, del D.P.R. n. 917/1986, esercenti arti e professioni di cui all’art. 53, co. 1, del
Tuir.
L’art. 1, co. 484, lett. b), della Legge n. 228/2012 ha modificato – con effetto a
partire dal periodo d’imposta successivo a quello in corsa al 31 dicembre 2013
(modello Irap 2015) – le predette deduzioni nei seguenti termini:
euro 8.000,00 se la base imponibile Irap non è superiore ad euro 180.759,91;
euro 6.000,00 qualora il valore della produzione netta sia compreso tra euro
180.759,92 ed euro 180.839,91;
euro 4.000,00 nel caso in cui la base imponibile Irap sia inclusa nell’intervallo euro
180.839,92 – euro 180.919,91;
euro 2.000,00 se il valore della produzione netta è compresa tra euro 180.919,92
ed euro 180.999,91.
Nel caso di soggetti di cui all’art. 3, co. 1, lett. b) e c), del D.Lgs. n. 446/1997, tali
deduzioni sono elevate, rispettivamente, a:
euro 10.500,00 se la base imponibile Irap non è superiore ad euro 180.759,91;
euro 7.875,00 qualora il valore della produzione netta sia compreso tra euro
180.759,92 ed euro 180.839,91;
euro 5.250,00 nel caso in cui la base imponibile Irap sia inclusa nell’intervallo euro
180.839,92 – euro 180.919,91;
euro 2.625,00 se il valore della produzione netta è compresa tra euro 180.919,92
ed euro 180.999,91.
L’art. 5, co. 3-ter, D.L. n. 78/2009 riconosce un beneficio fiscale alle società che hanno
aumentato il proprio capitale sociale (nel limite massimo di euro 500.000,00):
nel periodo compreso tra il 5 agosto 2009 e il 5 febbraio 2010,
mediante conferimenti effettuati esclusivamente da soci persone fisiche: nell’ipotesi
di aumenti di capitale misti, sottoscritti anche da soci costituiti in forma di società,
rileva la sola parte di aumento di capitale imputabile ai soci persone fisiche. Nel caso
di superamento del limite di euro 500.000,00 deve prima essere determinata la
parte di aumento di capitale riferibile ai soci persone fisiche e, poi, verificata la
limitazione di euro 500.000,00 (C.M. 21 dicembre 2009, n. 53/E).
OSSERVA
Deduzioni dabonus
capitalizzazione
163
Il benefico fiscale derivante dall’applicazione della suddetta disposizione consiste, tra
l’altro, nell’esclusione dalla base imponibile Irap, a titolo di deduzione forfetaria, di un
importo pari al 3,00% annuo del conferimento eseguito, da persone fisiche, a seguito
del perfezionamento dell’operazione di aumento di capitale sociale. Tale forma di
detassazione è riconosciuta nel periodo di effettuazione dell’operazione patrimoniale, e
nei quattro successivi.
Nell’ipotesi in cui il contribuente eserciti la propria attività in più regioni italiane e che,
quindi, presentano ciascuna una diversa e distinta base imponibile Irap (art. 4, co. 2, del
D.Lgs. n. 446/1997), le deduzioni riportate nel presente commento devono essere
applicate sul valore della produzione netta complessiva, prima della ripartizione dello
stesso su base regionale (art. 11, co. 4-ter, del Decreto Irap).
Sul punto, si rammenta che tale suddivisione deve essere effettuata – nel caso di
soggetti diversi da banche, enti finanziari, imprese di assicurazione ed agricole – in
misura proporzionalmente corrispondente al rapporto tra due componenti:
l’ammontare delle retribuzioni, dei compensi e degli utili spettanti, rispettivamente,
al personale dipendente, ai collaboratori coordinati e continuativi ed agli associati in
partecipazione che apportano esclusivamente lavoro, addetti con continuità a sta-
bilimenti, cantieri, uffici o basi fisse, ubicati nel territorio della regione o provincia
autonoma, ed operanti per un periodo di tempo non inferiore a tre mesi;
l’importo complessivo delle retribuzioni, dei compensi e degli utili suddetti spettanti
al personale dipendente ed agli altri soggetti addetti alle attività svolte nel territorio
dello Stato.
A questo proposito, le retribuzioni – intendendosi comprensive dei redditi assimilati a
quelli di lavoro dipendente – devono essere assunte per la somma spettante, così
come individuata ai fini previdenziali, a norma dell’art. 12 della Legge 30 aprile 1969,
n. 153, sostituito dall’art. 6 del D.Lgs. 2 settembre 1997, n. 314: non rileva, pertanto,
la quota di accantonamento al trattamento di fine rapporto. Devono altresì essere
escluse le retribuzioni relative al personale dipendente distaccato presso terzi, ed
incluse quelle relative ai lavoratori subordinati di terzi impiegati in regime di distacco
ovvero in base ad un contratto di lavoro interinale.
I compensi ai collaboratori coordinati e continuativi, e gli utili agli associati in parteci-
OSSERVA
Soggetti passivioperanti in più
regioni
164
pazione che apportano esclusivamente lavoro, devono essere considerati per l’importo
contrattualmente spettante: devono, quindi, ritenersi irrilevanti i rimborsi documentati
delle spese di alloggio, viaggio e vitto, l’indennità spettante per la cessazione dei
rapporti di collaborazione coordinata e continuativa e la quota dei contributi
previdenziali a carico del committente.
Alla luce di quanto sopra descritto, è, pertanto, agevole desumere che non è possibile
procedere alla ripartizione territoriale, se nelle regioni o province autonome diverse da
quelle di domicilio del soggetto passivo l’attività non è esercitata con l’impiego di perso-
nale, collaboratori o associati in partecipazione per almeno tre mesi.
La società Alfa s.p.a. svolge la propria attività industriale nelle regioni Lombardia e
Lazio, e nell’esercizio 2012 ha realizzato un valore della produzione netta pari ad euro
2.500.000,00, sostenendo i seguenti costi per prestazioni di lavoro (euro 900.000,00)
collaborazioni coordinate e continuative:
euro 300.000,00 di cui euro 100.000,00 in Lombardia ed euro 200.000,00 nel
Lazio;
personale dipendente: euro 600.000,00 di cui euro 450.000,00 in Lombardia ed
euro 150.000,00 nel Lazio.
Il valore della produzione netta (euro 2.500.000,00) deve, pertanto, essere così
ripartito:
Lombardia:
euro 100.000,00 + euro 450.000,00 * euro 2.500.000,00 = euro 1.527.777,78
euro 900.000
Lazio:
euro 200.000,00 + euro 150.000,00 * euro 2.500.000,00 = euro 972.222,22
euro 900.000
Il suddetto criterio deve essere utilizzato anche successivamente, qualora risulti che il
contribuente esercita – nella medesima regione o provincia autonoma – più attività
industriali e commerciali soggette ad aliquote Irap differenti: la proporzione deve es-
sere effettuata confrontando le retribuzioni degli addetti a ciascuna attività soggetta a
diversa aliquota con le retribuzioni degli addetti permanentemente occupati nell’intero
territorio regionale, già assunte a base della ripartizione tra le singole regioni della
OSSERVA
165
base imponibile nazionale. Nel caso in cui il soggetto passivo del tributo sia una
persona fisica, una società semplice od equiparata ai sensi dell’art. 5 del D.P.R. n.
917/1986, ovvero un ente non commerciale, svolgente attività agricola ai sensi
dell’art. 32 del Tuir, la ripartizione territoriale del valore della produzione netta
derivante da tale attività deve essere operata in misura proporzionalmente
corrispondente all’estensione dei terreni ubicati nel territorio della regione o provincia
autonoma.
Le suddette regole di ripartizione trovano applicazione – per effetto di quanto previsto
dall’art. 12, co. 2, secondo periodo, del D.Lgs. n. 446/1997 – anche rispetto ai
soggetti passivi non residenti che abbiano esercitato attività nel territorio di più
regioni o province autonome.
In sede di predisposizione della dichiarazione relativa all’imposta regionale sulle attività
produttive, è necessario compilare quadri e righi differenziati, a seconda della natura del
contribuente e del regime adottato per la determinazione della base imponibile Irap:
deduzioni di cui all’art. 11, co. 1, lett. a), D.Lgs. n. 446/1997:
rigo IQ11, nel caso di persona fisica;
rigo IQ39, nell’ipotesi di imprenditore individuale che ha optato per il regime di
determinazione della base imponibile Irap previsto per le società di capitali e gli enti
commerciali;
rigo IP11, qualora il soggetto passivo sia una società di persone;
rigo IP45, nell’ipotesi di società di persone che ha optato per il regime di
determinazione della base imponibile Irap previsto per le società di capitali e gli enti
commerciali;
rigo IC62, nel caso di società di capitali;
Deduzioni eModello IRAP
2013
166
Deduzione di cui all’art. 11, co. 4-bis.1, del D.Lgs. n. 446/1997:
rigo IQ63, nel caso di persone fisiche;
rigo IP69, qualora il contribuente sia una società di persone;
rigo IC67, nell’ipotesi in cui il soggetto passivo sia una società di capitali;
Deduzione per ricercatori di cui all’art. 17, co. 1, del D.L. n. 185/2008, ovvero dell’art.
44, co. 2 e 3, del D.L. n. 78/2010:
rigo IQ64, nel caso di persone fisiche;
rigo IP70, nell’ipotesi in cui il soggetto passivo sia una società di persone;
rigo IC68, qualora il contribuente sia una società di capitali;
Deduzione per bonus capitalizzazione di cui all’art. 5, co. 3-ter, del D.L. n. 78/2009:
rigo IP71, nel caso di società di persone;
rigo IC71, nell’ipotesi di società di capitali.
Il contribuente è, infine, tenuto a compilare lo specifico prospetto delle deduzioni,
costituente la Sezione I del quadro IS.
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