Gli impatti del nuovo
delitto di auto-
riciclaggio sul modello
231: esame della
fattispecie - Un primo
percorso interpretativo
Milano, 4 febbraio 2015
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Il 4 dicembre 2014 è stato approvato dal Parlamento il DdL S. 1642 recante “Disposizioni in materia di
emersione e rientro di capitali detenuti all’estero nonché per il potenziamento della lotta all’evasione fiscale.
Disposizioni in materia di autoriciclaggio” (G.U. n. 292 del 17-12-2014)
Art. 648-ter. 1: Autoriciclaggio
Si applica la pena della reclusione da due a otto anni e della multa da euro 5.000 a euro 25.000 a
chiunque, avendo commesso o concorso a commettere un delitto non colposo, impiega, sostituisce,
trasferisce, in attività economiche, finanziarie, imprenditoriali o speculative, il denaro, i beni o le altre
utilità provenienti dalla commissione di tale delitto, in modo da ostacolare concretamente
l'identificazione della loro provenienza delittuosa
Si applica la pena della reclusione da uno a quattro anni e della multa da euro 2.500 a euro 12.500 se il
denaro, i beni o le altre utilità provengono dalla commissione di un delitto non colposo punito con la reclusione
inferiore nel massimo a cinque anni
Si applicano comunque le pene previste dal primo comma se il denaro, i beni o le altre utilità provengono da un
delitto commesso con le condizioni o le finalità di cui all'articolo 7 del decreto-legge 13 maggio 1991, n. 152,
convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 1991, n. 203, e successive modificazioni
Fuori dei casi di cui ai commi precedenti, non sono punibili le condotte per cui il denaro, i beni o le altre utilità
vengono destinate alla mera utilizzazione o al godimento personale
La pena è aumentata quando i fatti sono commessi nell'esercizio di un'attività bancaria o finanziaria o di altra
attività professionale
La pena è diminuita fino alla metà per chi si sia efficacemente adoperato per evitare che le condotte siano
portate a conseguenze ulteriori o per assicurare le prove del reato e l'individuazione dei beni, del denaro e
delle altre utilità provenienti dal delitto
Si applica l'ultimo comma dell'articolo 648
La Legge n. 186/2014 e l'introduzione dell'art. 648-ter.1 c.p.
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Chiunque abbia commesso o concorso a commettere un delitto non colposoSoggetto attivo
Condotta
Patrimonio/Ordine economico/Amministrazione della giustiziaBene giuridico tutelato
■ Sostituzione: rimpiazzare il denaro, i beni o le altre utilità di provenienza
illecita con valore diversi
■ Trasferimento: ripulire il denaro, i beni o le altre utilità di provenienza illecita
mediante il compimento di atti negoziali
■ Impiego: utilizzo/investimento di denaro, beni o altre utilità provenienti da
delitto non colposo
In attività economiche, finanziarie, imprenditoriali o speculative
In modo da ostacolare concretamente l'identificazione della loro provenienza
delittuosa
Dolo genericoElemento soggettivo
Autoriciclaggio
Pena della reclusione da due ad otto anni e della multa da Euro 5.000 a Euro
25.000
Pena
Oggetto materiale del
reato
Denaro, beni o altre utilità provenienti da un delitto non colposo
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Circostanza
aggravante
Fuori dei casi di cui ai commi precedenti, non sono punibili le condotte per cui il
denaro, i beni o le altre utilità vengono destinate alla mera utilizzazione o al
godimento personale
Clausola di non
punibilità
I fatti sono commessi nell'esercizio di un'attività bancaria o finanziaria o di altra
attività professionale
Si applica l'ultimo comma dell'art. 648 ("Ricettazione"):
“Le disposizioni di questo articolo si applicano anche quando l'autore del delitto
da cui il denaro o le cose provengono non è imputabile o non è punibile ovvero
quando manchi una condizione di procedibilità riferita a tale delitto”
Condizione di
procedibilità
Autoriciclaggio
Circostanza
attenuante
La pena è diminuita fino alla metà per chi si sia efficacemente adoperato per
evitare che le condotte siano portate a conseguenze ulteriori o per assicurare le
prove del reato e l'individuazione dei beni, del denaro e delle altre utilità
provenienti dal delitto
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Penalmente rilevante ai fini del reato di riciclaggio ex art. 648-bis c.p. è l’attività
criminosa posta in essere da un soggetto diverso dall’autore o concorrente del
reato base
Sarà invece punibile ai sensi del nuovo art. 648-ter.1 chi occulta direttamente i
proventi del delitto che egli stesso ha commesso (c.d. autoriciclaggio)
Secondo parte della dottrina, la soggettività tipica del delitto in discorso –
individuata nell’autore del reato e nei suoi concorrenti – lo qualifica senz’altro
come reato proprio e rappresenta a ben vedere l’estremo di novità massima
della presente fattispecie d’incriminazione; la formula – necessariamente
condizionata dal modello imputativo unitario che regola il concorso eventuale di
persone nel reato – comprende ogni forma di contributo causale apportato
dall’autore della condotta atipica (in questo senso Mucciarelli)
A tal proposito, il contributo può riguardare sia la fase ideativa sia la fase
realizzativa
Nel primo caso si parla di “concorso morale”, che sussiste ove un soggetto faccia
sorgere in altri la volontà criminosa ovvero ne rafforzi l’intento. Ai fini del concorso
morale non è però sufficiente un mero “compiacimento” o una mera
“approvazione” rispetto all’altrui azione delittuosa, occorrendo invece un
contributo che agevoli, stimoli o rafforzi il proposito criminoso
Nel secondo caso si parla invece di “concorso materiale”. Il contributo è punito
sia se prestato sin dall’inizio, sia se interviene nel corso dell’attività delittuosa (in
questo senso Cass. Pen. Sez. IV, 29 gennaio 2014, n. 4055)
Soggetto attivo
Autoriciclaggio: focus (soggetto attivo)
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Rimpiazzare denaro o valori sporchi con denaro o valori puliti:
Costituzione in pegno di beni provenienti da delitto al fine di ottenere prestiti in
denaro (Uff. Indagini preliminari Milano, 1 dicembre 1999)
Consegna di somme di denaro, frutto di traffico internazionale di sostanze stupefacenti;
investimento di tali somme nella normale attività commerciale; restituzione all'autore
del traffico di stupefacenti del capitale ormai riciclato. In questo caso anche gli utili e gli
interessi che l'impiego delle somme di provenienza illecita hanno a loro volta fruttato,
posseggono causale genetica illecita (Cass. Pen., Sez. V, 17 maggio 2007, n. 19288)
Sottoposizione ad incasso di assegni mediante girata “per conoscenza e garanzia”. La
Sostituzione sussiste non solo perché, mediante l'incasso, gli assegni sono stati
sostituiti con la somma depositata sul conto corrente dall'imputato, ma anche perché
tale somma è stata poi a sua volta sostituita da contante prelevato e da altri assegni
(questa volta assegni bancari trasferibili e come tali facilmente spendibili) emessi
dall'imputato pressoché contestualmente al versamento di quelli di provenienza
delittuosa e tratti sul medesimo conto corrente. Costituiscono operazioni idonee ad
occultare la provenienza delittuosa degli assegni in questione le attività che hanno
consentito l'incasso dei medesimi, ed in particolare, sia l'apposizione delle false
girate dei beneficiari, sia l'apposizione delle girate “per conoscenza e garanzia”
sui titoli. Quest'ultima girata costituisce lo strumento che, legittimando l'incasso, ha
consentito di ostacolare nell'immediato l'accertamento della provenienza delittuosa
degli assegni sia da parte della banca girataria che da parte delle banche emittenti
(Trib. Milano, 4/2/1999)
Sostituzione
Autoriciclaggio: focus (condotta: la sostituzione)
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Movimentazione di beni o denaro da un soggetto o da un luogo ad un altro:
Anche lo spostamento materiale del bene (ad es. presso altri mercati) può
costituire una condotta fortemente ostacolante l'identificazione del bene come
proveniente da delitto (Trib. Genova, Sez. II, 19/02/2008)
Il trasferimento all'estero delle somme di denaro, ritenute provenienti dalla truffa
aggravata, attuato mediante bonifico bancario in partenza da un istituto di
credito italiano è azione in parte commessa nel territorio dello Stato di concerto
fra chi ha inviato e chi ha ricevuto le stessa; ed invero l'azione descritta col verbo
“trasferire”, comprende necessariamente tutte le fasi dell'illecita movimentazione
del denaro proveniente da delitto (Cass. Pen., Sez. II, 2 marzo 2004, n. 9558)
Integra la fattispecie criminosa di riciclaggio “mediato” il mero trasferimento di
denaro di provenienza delittuosa da uno ad altro conto corrente diversamente
intestato ed accesso presso differente istituto di credito (Cass. Pen., 6
novembre 2009, n. 47375)
Trasferimento
Autoriciclaggio: focus (condotta: il trasferimento)
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Dalla Giurisprudenza emerge che la condotta di Impiego si pone in uno stadio
successivo rispetto alle condotte di sostituzione e trasferimento, le quali costituiscono
quelle con cui avviene il lavaggio vero e proprio del denaro sporco. Tale impiego
avviene mediante l'investimento del denaro sporco in attività produttive lecite
Se il collocamento e il lavaggio costituiscono condotte antecedenti rispetto all'impego,
in quanto l'anello terminale sfocia nell'investimento produttivo dei proventi di origine
illecita; con le prime due condotte si vuole impedire, in una fase antecedente, che
possano essere rimessi in circolazione “depurati”, quindi investibili anche in attività
economico-produttive, i capitali illegalmente acquisiti (Cass. Pen. Sez. IV, 15 febbraio
2007, n. 6350)
La fase di impiego – in questo caso consistente nell'investimento del denaro
“sporco” in una attività produttiva – presuppone che la fase di ripulitura del denaro
illecito sia già avvenuta e che l'agente impieghi in attività economico – finanziarie il
capitale, consapevole della sua provenienza delittuosa e dell'avvenuta ripulitura (Trib.
Lecce, 6 giugno 2003)
Commissioni riunite Giustizia e Finanze – 25 novembre 2014: Osservazioni del Prof.
Emanuele Fisicaro:
L'attività di reimpiego viene descritta come la fase di “integration stage”, ossia di
reinvestimento dei proventi illeciti nel circuito economico legale; si tratta della
terza fase dell'attività di riciclaggio. È quella che chiude il processo di riciclaggio e che
prende avvio con il “placement” (la collocazione del denaro) a cui segue la fase della
stratificazione attraverso movimentazioni finanziari, il c.d. “layering stage”
Impiego
Autoriciclaggio: focus (condotta: l'Impiego)
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Non è necessario che l'ostacolo sia effettivo o che la condotta cagioni un evento
di danno; ciò che rileverebbe sarebbe la sola idoneità della condotta da
valutare ex ante, indipendentemente dalla verificazione o meno di un reale
ostacolo al corso degli accertamenti in ordine alla provenienza sospetta del bene
(in questo senso Cass. Pen. Sez. II, 7 novembre 2006, n. 36779 per il caso di un
intermediario nei trasferimenti dei titoli tra gli indagati)
Le condotte non devono per forza essere idonee ad impedire, cioè rendere
impossibile l'identificazione della provenienza illecita del bene, basta che siano
idonee a rendere più difficile l'accertamento (in questo senso Cass. Pen. Sez.
II, 24 gennaio 2006, n. 2818 per il caso di assegni tratti su un conto garantito)
Gli imputati hanno posto in essere una serie di operazioni che, attraverso l'utilizzo
di una rete di società facenti capo a loro, erano finalizzate ad occultare la
provenienza delittuosa delle somme di denaro ovvero a renderne più difficile
l'identificazione della provenienza. Procedendo a contabilizzare gli importi
ricevuti in modo da rendere impossibile la ricostruzione dei movimenti delle
somme di denaro si proponevano di non far restare traccia attraverso le
scritture contabili del flusso finanziario proveniente dalla G. Per quanto
semplice potesse essere il sistema di contabilità ingegnato, esso ha funzionato
per la durata di oltre dieci anni consentendo l'afflusso di circa Euro 35 milioni
prelevati dalle procedure fallimentari di cui la G. era curatore ed utilizzate per le
diverse finalità delle società che facevano capo ai B. (Sez. II, 9 maggio 2007, n.
32901)
L'ostacolo alla
identificazione della
provenienza delittuosa
Autoriciclaggio: focus (condotta: l'ostacolo concreto alla identificazione
della provenienza delittuosa)
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Stante la fungibilità del denaro, non può dubitarsi che il deposito in banca di
denaro “sporco” realizzi automaticamente la sostituzione di esso, essendo
la banca obbligata a restituire al depositante la stessa quantità di denaro
depositato; altrettanto dicasi per il cambio o la monetizzazione di assegni di
provenienza illecita, considerato che quanto ricevuto in sostituzione di detti titoli è
privo, almeno in apparenza, dei connotati di illiceità (Cass. Pen. Sez. VI, 9
gennaio 2009, n. 495)
Versamenti effettuati su un libretto di deposito a risparmio nominativo,
cointestato a chi si sarebbe reso responsabile del reato di usura: secondo la
difesa non sussisterebbe un'ipotesi di sostituzione, né un'ipotesi di trasferimento,
né qualsiasi altra operazione tale da frapporre ostacoli alla ricostruzione della
provenienza del denaro (in questo caso dei titoli) in questione (…)
Quest'operazione presenta il carattere richiesto dalla norma, perché integra un
abile infingimento per sottrarre ad una verifica il versamento. È evidente che
ordinariamente attraverso i normali canali nazionali lascia traccia, seguendo la
quale si perviene, sia pure attraverso complicate verifiche, all'individuazione dei
responsabili. L'assunto difensivo, secondo cui questi casi non sarebbe
configurabile il delitto in esame, non può essere condiviso, proprio perché
ostacolare non significa impedire in modo definitivo l'accertamento della
provenienza (Cass. Pen., Sez. II, 24 gennaio 2006, n. 2818)
L'ostacolo alla
identificazione della
provenienza delittuosa
Autoriciclaggio: focus (condotta: l'ostacolo concreto alla identificazione
della provenienza delittuosa)
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Né sussiste, in astratto, alcun ostacolo a prefigurare il delitto di riciclaggio per gli
amministratori della società alla quale il denaro viene versato e che lo
reinvestono. Il fatto che la società sia di proprietà effettiva dell’autore del reato-
presupposto non costituisce né un impedimento giuridico, né una seria remora al
perfezionamento della lesione del bene giuridico tutelato dalla norma. Sul piano
formale, c’è alterità assoluta tra la società e il suo socio di maggioranza, il quale
non potrebbe, in assenza della collaborazione degli amministratori, né effettuare i
pagamenti alla società, né realizzare alcuna operazione di reinvestimento del
denaro. Sul piano sostanziale, o della lesione degli interessi protetti, deve
ammettersi che già il solo spostamento della titolarità del denaro dall’autore
del reato-presupposto alla società consente la creazione di un primo
schermo tra il denaro e la sua provenienza, sicché quando questa operazione
si verifichi con la complicità di terzi estranei alla commissione del reato-
presupposto costituisce essa stessa riciclaggio, ovviamente ascrivibile solo a
quei terzi. Nel caso concreto, il reinvestimento delle somme versate alla società
aggiunge un’ulteriore e definitiva rilevanza, ai fini dell’integrazione del reato di cui
all’art. 648-bis c.p., al comportamento degli amministratori (Cass. Pen., Sez. II, n.
6561 del 11/02/2009, dep. 16/02/2009)
L'ostacolo alla
identificazione della
provenienza delittuosa
Autoriciclaggio: focus (condotta: l'ostacolo concreto alla identificazione
della provenienza delittuosa)
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Giovanni Stile, Profili problematici della responsabilità dell'ente da riciclaggio,
Rivista 231:
Le tecniche adottate per attuare il riciclaggio possono essere le più varie e non si
prestano a una precisa classificazione. Sicuramente oggi tali tecniche sembrano
in larga parte coincidere con quelle tipiche della criminalità economica (cioè le
tecniche già utilizzate per frodi fiscali, reati fallimentari, esportazioni di capitali,
costituzione e gestione di riserve occulte per finalità corruttive e così via). Da
questo punto di vista, la falsificazione della contabilità sembra assumere un
peso sempre più rilevante
Commissioni riunite Giustizia e Finanze – 20 novembre 2014:
- Osservazioni del Prof. Avv. Alessio Lanzi -
Quanto alla modalità “ostacolativa”, questa, con ogni probabilità, verrà sempre
ritenuta sussistente al compimento delle condotte descritte, essendo
praticamente in re ipsa il “modo da ostacolare concretamente l'identificazione
della provenienza”. Specialmente con riguardo alla condotta di impiego, una tale
modalità sarà sempre di per sé sussistente, tranne che negli improbabili casi in
cui l'autore del “nuovo” reato espressamente dichiari la provenienza illecita!
L'ostacolo alla
identificazione della
provenienza delittuosa
Autoriciclaggio: focus (condotta: l'ostacolo concreto alla identificazione
della provenienza delittuosa)
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Commissioni riunite Giustizia e Finanze – 25 novembre 2014:
- Osservazioni del Direttore dell'UIF Claudio Clemente -
Una significativa asimmetria con il reato di riciclaggio deriva dalla circostanza che
l'autoriciclaggio è punito solo in presenza di un ostacolo qualificato come “concreto”
all'identificazione della provenienza delittuosa dei proventi. Un allineamento all'attuale
formulazione dell'art. 648 bis da realizzare mediante l'eliminazione della parola
“concretamente”, eviterebbe possibili difficoltà in termini interpretativi e processuali
- Osservazioni del Prof. Avv. Maurizio Leo -
Occorrerà capire cosa si intende per “ostacolo concreto” alla identificazione della provenienza
illecita. Tale previsione, se per alcuni aspetti nasce dalla evidente volontà di delimitare la
rilevanza penale della condotta illecita, per altri versi non chiarisce cosa debba fare o non
fare un cittadino-contribuente per evitare di incorrere in un'accusa particolarmente grave quale
quella di autoriciclaggio
Francesco Mucciarelli, Qualche nota sul delitto autoriciclaggio, Diritto Penale Contemporaneo:
L'aggiunta dell'avverbio “concretamente”, oltre ad esigere l'accertamento in termini oggettivi e
strettamente collegati al singolo caso della efficienza ostacolatrice, richiama l'interprete a
un'esegesi rigorosa, che impone di attribuire al termine ostacolare la pienezza del suo valore
semantico, che ben può essere colto nel frapporre un mezzo (di qualunque genere) allo
svolgimento di una azione o alla esplicazione di una facoltà (nel caso: il tracciamento della
provenienza, ovvero lo svolgimento dell'attività a ciò finalizzata), mezzo che tuttavia deve
essere in concreto (id est: avuto riguardo al caso specifico) capace di ridurne
significativamente l'effetto o la portata, oppure di ritardarne in modo altrettanto significativo il
compimento
“Concretamente”
Autoriciclaggio: focus (condotta: l'ostacolo concreto alla identificazione
della provenienza delittuosa)
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Una possibile interpretazione, dunque, all'utilizzo dell'avverbio può essere riferita al fatto che il
legislatore abbia voluto espressamente far rientrare il reato all'interno della categoria dei reati a
pericolo concreto
A fini classificatori, è infatti possibile distinguere i reati di danno dai reati di pericolo, i primi
offendono il bene giuridico protetto dalla norma penale i secondi si limitano a metterlo in
pericolo
A loro volta i reati di pericolo si distinguono, secondo parte della dottrina, in:
■ reati di pericolo concreto, con riferimento ai quali è necessario accertare, di volta in volta, la
ricorrenza del pericolo per il bene giuridico protetto dalla norma penale
■ reati di pericolo astratto, con riferimento ai quali il pericolo è, invece, presunto dal Legislatore
con ammissione dell'autore del fatto a fornire la prova contraria
■ reati di pericolo presunto, con riferimento ai quali l'autore non ha facoltà di prova contraria
Secondo altra parte della dottrina, invece, la distinzione sarebbe esclusivamente tra reati di
pericolo concreto nei quali il pericolo entra a far parte dell'incriminazione e reati di pericolo
astratto o presunto nei quali il pericolo non entra a far parte del fatto tipico
Sia che si aderisca alla prima che alla seconda ricostruzione dottrinale, il reato di pericolo
concreto si caratterizza per il fatto che la messa in pericolo del bene protetto dalla norma
penale incriminatrice deve essere accertato in concreto dal giudice entrando, perciò, a far parte
del fatto tipico
Dunque, considerando l'autoriciclaggio come reato di pericolo concreto, il giudice non dovrebbe
limitarsi ad accertare che l'ostacolo rientri in una categoria astratta, ma dovrebbe verificare
caso per caso la concreta pericolosità della condotta ad ostacolare l'identificazione della
provenienza delittuosa della provvista
“Concretamente”
Autoriciclaggio: focus (condotta: l'ostacolo concreto alla identificazione
della provenienza delittuosa)
14© 2015 Studio Associato - Consulenza legale e tributaria è un’associazione professionale di diritto italiano e fa parte del network KPMG di entità indipendenti affiliate a KPMG International Cooperative ("KPMG
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Viene configurata una ipotesi di tentativo, nel caso di tentativo di riciclare soldi
provenienti da un sequestro di persona, proponendo a direttori di banca di
ricevere i propri capitali eludendo le disposizioni di cui alla normativa
antiriciclaggio (Cass. Pen. Sez. II, 21 ottobre 2004, n. 41249)
È stato ritenuto configurarsi un'ipotesi di tentativo di riciclaggio di somme di
denaro provenienti dal clan dei casalesi attraverso l'acquisto di azioni della
società sportiva Lazio (Caso Lotito): “risulta evidente dal tenore letterale della
norma che non si tratta più di una fattispecie a consumazione anticipata,
circostanza che consente senz'altro di configurare una ipotesi di tentativo” (Cass.
Pen. Sez. V, 7 maggio 2010, n. 17694)
In altre sentenze non viene sostenuta la configurabilità del tentativo, sulla
base del fatto che si tratti di reato a consumazione anticipata: “non è ravvisabile il
tentativo di riciclaggio in quanto per la sua realizzazione non è necessario che si
verifichi l'evento lesivo ma è sufficiente il compimenti di atti o fatti diretti a
realizzare il risultato prefissato” (Cass. Pen. Sez. II, 7 febbraio 2005, n. 4234)
Tentativo
Autoriciclaggio: focus (il tentativo)
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Il dolo generico comprende sia la consapevolezza della provenienza delittuosa
sia la consapevolezza di porre in essere condotte di ostacolo all'accertamento
della provenienza delittuosa del bene (Cass. Pen. Sez. IV, 15 febbraio 2007, n.
6350)
Consapevolezza di frapporre un “ostacolo” alla tracciabilità:
Il riciclaggio richiede comunque la peculiare finalità di “ripulire” il denaro o il bene
di provenienza illecita, ad esempio mediante investimenti di vario genere o la sua
conversione in valute diverse (Cass. Pen. Sez. II, 1 ottobre 1996)
Non integra gli estremi del riciclaggio, la condotta di chi, sostituendo o
trasferendo denaro, beni o altre utilità di provenienza delittuosa o compiendo
operazioni finalizzate ad ostacolare l'identificazione di detta provenienza, non
agisce con la finalità di “ripulire” il bene (Trib. Sala Consilina, 14 ottobre 1998)
Consapevolezza della provenienza delittuosa:
Il sospetto in ordine alla provenienza delittuosa del bene non può essere
presunto ma deve essere desunto attraverso un'attenta analisi dei riscontri
probatori. È necessaria una situazione fattuale di significato inequivoco, che
impone all'agente una scelta consapevole tra l'agire, accettando l'eventualità di
commettere il reato, e il non agire, perciò, richiamando un criterio elaborato dalla
dottrina per descrivere il dolo eventuale, può ragionevolmente concludersi che
questo è ravvisabile quando l'agente, rappresentandosi l'eventualità della
provenienza delittuosa della cosa, non avrebbe agito diversamente anche se di
tale provenienza avesse avuta la certezza (Cass. Sez. Un., 30 marzo 2010)
Dolo generico
Autoriciclaggio: focus (il dolo)
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Consapevolezza della provenienza delittuosa:
Caso in cui venivano ricevuti su c/c bancario due bonifici di Euro 2.956,00 e 3.500,00 (denaro
provento di truffa informatica) e veniva disposto il pagamento della somme di Euro 2.619,00 e
3.100,00 in favore di due cittadini russi a mezzo dell'Agenzia Western Union, compiendo in tal
modo operazioni tali da ostacolare la provenienza delittuosa del denaro: “nel caso di specie, la
Corte territoriale estrae il dolo eventuale dalla mail che A inviava alla società C ove si
legge: “ho effettuato il primo bonifico sempre in attesa della documentazione necessaria ed
adesso mi trovo sul tavolo un secondo bonifico senza sapere a quel titolo. Il reato configurabile
dalla legge italiana è quello di riciclaggio di denaro ed io non desidero avere conseguenze
penali; aspetto vostri chiarimenti o denunzio tutto alle autorità competenti”. Orbene dal tenore
letterale di tale documento emerge chiaramente che 1) A ha nutrito il sospetto che l'attività che
gli venisse richiesta fosse illegale; 2) che egli ha lasciato chiaramente intendere di non aver
alcuna intenzione di compiere attività illegali; 3) che, ove avesse acquisito la certezza
dell'illegalità del trasferimento di fondi che gli veniva richiesto, non avrebbe adempiuto alle
diposizioni impartitegli ed avrebbe denunziato il fatto alla polizia. Cosa che è avvenuta, perché
dopo la richiesta del terzo bonifico, A ha inviato un'altra mail alla C annunziando: “abbiamo
bloccato i bonifici provenienti dall'estero; vogliamo fare luce sull'aspetto legale di questo nostro
lavoro” e successivamente ha presentato denunzia
Per integrare l'elemento soggettivo è sufficiente il dolo generico, ma è necessaria la
consapevolezza concreta della provenienza della cosa da delitto. Nel caso di specie difetta del
tutto la consapevolezza concreta della provenienza da delitto del denaro transitato sul c/c. La
condotta degli imputati, pertanto, rientra nel genus della colpa con previsione, come tale
incompatibile con il reato di riciclaggio, che postula l'atteggiamento doloso della volontà. (Cass.
Pen. Sez. II, 1 luglio 2011, n. 25960)
Dolo generico
Autoriciclaggio: focus (il dolo)
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Prodotto: si intende il risultato, nel senso del frutto che il colpevole ottiene
direttamente dalla sua attività illecita
Profitto: consiste nel lucro, o nel vantaggio economico, che si ricava per effetto
della commissione del reato
Prezzo: consiste nel compenso dato per indurre, istigare o determinare un altro
soggetto a commettere un reato
Non possono formare oggetto materiale di riciclaggio le cose che non
provengono da reato ma vi attengono: come le cose che servirono o furono
destinate a commettere il reato
A parte questa differenziazione, si può affermare come siano riciclabili sia il
prezzo che il prodotto, nonché il profitto
Oggetto materiale del
reato: Prezzo,
Prodotto e Profitto del
reato presupposto
Autoriciclaggio: focus (l'oggetto materiale del reato)
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Quanto il giudice deve conoscere del reato presupposto? Il reato base deve essere
giudizialmente provato, oppure solo presunto? La giurisprudenza ha adottato una
soluzione mediana, secondo cui non è necessario che il reato base sia conosciuto in
tutti i suoi elementi dal giudice, purché risulti logicamente provato che l'oggetto
materiale provenga da delitto non colposo
Pur non essendo necessario, con riguardo ai delitti presupposto, che questi siano
specificatamente individuati ed accertati, è però indispensabile che essi risultino, alla
stregua degli acquisiti elementi di fatto, almeno astrattamente configurabili; il che
non si verifica quando il giudice si limiti semplicemente a supporre l'esistenza, sulla
sola base del carattere assertivamente sospetto delle operazioni relative ai beni e
valori che si intendono sottoporre a sequestro (fattispecie in cui l'imputazione del reato
di riciclaggio era stata ritenuta sussistente in base all'asserita commissione di reati
fiscali commessi all'estero, ma di cui non era stata data alcuna congrua
rappresentazione, neppure astratta) (Cass. Pen. Sez. II, 19 novembre 2003, n. 813)
Ai fini della configurabilità del reato di riciclaggio non si richiede l'accertamento
giudiziale del delitto presupposto, né dei suoi autori, né dell'esatta tipologia di esso,
sufficiente essendo che sia raggiunta la prova logica della provenienza illecita delle
utilità oggetto delle operazioni compiute. Nel caso in questione l'origine delittuosa
(ricondotta ai reati-fine dell'associazione mafiosa) degli assegni cambiati dalla M.,
successivamente convertiti in denaro contante mediante operazioni bancarie sui
correnti propri e della Società Ambra Transit S.r.l., è apparsa provata dall'appartenenza
dell'indagata alla cosca facente capo al di lei marito B.P., dall'altruità dei titoli
maneggiati, dal rilevante importo della complessiva movimentazione di denaro, priva di
qualsiasi giustificazione riconducibile a rapporti commerciali (Cass. Pen. Sez. V, 26
settembre 2008, n. 36940)
L'accertamento del
reato presupposto
Autoriciclaggio: focus (la provenienza delittuosa del bene riciclato)
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“In tema di riciclaggio, non è necessario che la sussistenza del delitto non
colposo presupposto sia stata accertata da una sentenza di condanna passata in
giudicato, essendo sufficiente che il fatto costitutivo di tale delitto non sia
stato giudizialmente escluso, nella sua materialità, in modo definitivo, e che il
giudice procedente per il riciclaggio ne abbia incidentalmente ritenuto la
sussistenza; in difetto, venendo meno uno dei presupposti del delitto di
riciclaggio, l'imputato deve essere assolto perché il fatto non sussiste” (Sez. II
penale della Corte di Cassazione con sentenza n. 7795/2014, depositata il 19
febbraio 2014)
L'accertamento del
reato presupposto
Autoriciclaggio: focus (la provenienza delittuosa del bene riciclato)
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Prescrizione
Art. 170 c.p., co. I (“Estinzione di un reato che sia presupposto, elemento costitutivo o
circostanza aggravante di un altro reato”):
“Quando un reato è il presupposto di un altro reato, la causa che lo estingue non si
estende all'altro reato”
Tale disposizione potrebbe avere l'effetto di impedire l'operare in qualunque modo nel
futuro: ad es. con riferimento ai reati tributari, per i quali il profitto è costituito da un
risparmio di imposta che si confonde nel patrimonio del contribuente. In questo caso
l'autore potrà essere accusato di autoriciclaggio per qualunque operazione che
compirà in qualunque tempo successivo (Commissioni riunite Giustizia e Finanze –
20 novembre 2014: Osservazioni del Prof. Avv. Alessio Lanzi)
Dunque, l'estinzione del delitto non colposo presupposto sarebbe priva di effetti sulla
configurabilità del reato di autoriciclaggio
Estinzione
L'autoriciclaggio si consuma nel momento in cui vengono reimpiegati, sostituiti o
trasferiti i proventi del reato “sottostante”, anche a distanza di molto tempo dal
compimento del delitto presupposto. Secondo quanto previsto dalla disciplina generale
(art. 157 e ss. c.p.), l'autoriciclaggio si prescrive in 8 anni (10 anni e 6 mesi se
intervengono atti interruttivi). Ad esempio, se viene consumato nel 2005 un reato
fiscale (ora prescritto), ma i proventi dello stesso siano utilizzati nel 2015, il reato di
autoriciclaggio potrà essere imputato al reo entro il 2023. Invero, la prescrizione del
reato fiscale non ha riflessi su quello di autoriciclaggio, che si consuma (e dunque si
prescrive) in maniera autonoma. L’autoriciclaggio può pertanto diventare un reato a
consumazione prolungata a causa della durata della prescrizione
Autoriciclaggio: focus (estinzione e prescrizione)
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Aggiornamento del Modello organizzativo 231
Che cos'è l'autoriciclaggio?
Sino ad oggi, il nostro ordinamento giuridico non prevedeva la punibilità del c.d. reato di
autoriciclaggio, ossia del caso in cui un soggetto che, dopo aver commesso un reato, ne
utilizzava i proventi in modo da ostacolare l'identificazione della loro provenienza
delittuosa. E' il caso, ad esempio, del pubblico ufficiale corrotto che acquisti un bene con il
prezzo della corruzione o dell'imprenditore che reinveste i proventi di reati societari da lui
commessi. Queste attività “successive” (nel primo caso, l'acquisto del bene; nel secondo, il
reimpiego dei proventi) non erano punibili, in quanto il nostro ordinamento giuridico, facendo
leva sul principio del ne bis in idem, affermava che il “riciclatore di se stesso” non era punibile.
Tale scelta si giustificava per il fatto che, negli esempi fatti, si era di fronte alla prosecuzione
della medesima condotta criminosa da parte dello stesso soggetto. In sostanza, non vi era un
secondo comportamento, ma solo la prosecuzione della precedente condotta. Il complessivo
disvalore era già interamente sanzionato con il primo frammento di condotta (quindi, con la pena
prevista con il reato presupposto)
In questo senso, l'impiego di denaro, beni o altre utilità di provenienza illecita (appunto il
riciclaggio), pur essendo una condotta successiva e naturalisticamente diversa rispetto al reato
presupposto, costituiva un post factum non punibile per chi aveva commesso o partecipato alla
commissione del reato presupposto
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Nei casi previsti dal secondo periodo del primo comma, all’ente si applica la sanzione pecuniaria da 400 a
1000 quote. Il valore di una singola quota è compreso tra 258 euro e 1549 euro, pertanto la cornice edittale a
carico della società per il reato in esame risulta oscillare da un minimo di 103.200 euro (quattrocento quote al
minimo valore della singola quota) ad un massimo di 1.549.000 euro (mille quote al massimo valore della singola
quota), ferma restando l'applicazione delle sanzioni interdittive (interdizione dall'esercizio dell'attività; la
sospensione o la revoca delle autorizzazioni, licenze o concessioni funzionali alla commissione dell'illecito; divieto
di contrattare con la pubblica amministrazione, salvo che per ottenere le prestazioni di un pubblico servizio;
esclusione da agevolazioni, finanziamenti, contributi o sussidi e l'eventuale revoca di quelli già concessi; divieto di
pubblicizzare beni o servizi) per una durata non superiore a due anni
Aggiornamento del Modello organizzativo 231
L'art. 25-octies
L’art. 25-octies del D.Lgs. n. 231/2001 viene modificato con la previsione della seguente versione:
«(“Ricettazione, riciclaggio e impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita, nonché
autoriciclaggio”)
1 In relazione ai reati di cui agli articoli 648, 648-bis e 648-ter e 648-ter.1 del codice penale, si applica all'ente
la sanzione pecuniaria da 200 a 800 quote. Nel caso in cui il denaro, i beni o le altre utilità provengono da
delitto per il quale è stabilita la pena della reclusione superiore nel massimo a cinque anni si applica la
sanzione pecuniaria da 400 a 1000 quote
2 Nei casi di condanna per uno dei delitti di cui al comma 1 si applicano all'ente le sanzioni interdittive
previste dall'articolo 9, comma 2, per una durata non superiore a due anni
3 In relazione agli illeciti di cui ai commi 1 e 2, il Ministero della giustizia, sentito il parere dell'UIF, formula le
osservazioni di cui all'articolo 6»
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L’idea di fondo, che sembra giustificare l’incriminazione dell’autoriciclaggio, riposa sulla considerazione di
congelare il profitto in mano al soggetto che ha commesso il reato-presupposto, in modo da impedirne la sua
utilizzazione maggiormente offensiva, quella che espone a pericolo o addirittura lede “l’ordine economico”. La
duplice valenza delle condotte (re-immissione nel circuito legale e ostacolo alla tracciabilità della provenienza)
allontana la fattispecie dell’autoriciclaggio dalla componente “patrimonialistica” per collocarla definitivamente
negli ambiti dei reati contro l’amministrazione della giustizia e contro l’ordine economico e il risparmio.
La connotazione modale della condotta (“in modo da ostacolare concretamente”) allude a una
caratterizzazione artificiosa, idonea a ostacolare la tracciabilità del percorso che conduce dalla disponibilità alla
sua fonte genetica, la matrice della quale è – quando sia criminosa – indifferente
Mucciarelli, Qualche nota sul delitto di autoriciclaggio, pubblicato su penalecontemporaneo.it
Il fenomeno del riciclaggio rappresenta, per le sue crescenti dimensioni e per il grave impatto sul tessuto
imprenditoriale e sociale, una minaccia per una pluralità di beni giuridici tutelati dall'ordinamento. Seppur
catalogate tra i reati contro il patrimonio, le condotte riciclatorie ledono il corretto e ordinato svolgimento
delle attività economiche e finanziarie e l'amministrazione della giustizia. In quest'ottica l'autoriciclaggio
non si esaurisce in una frazione del reato presupposto o in un mero post factum, ma rappresenta un'ulteriore
diversa condotta, caratterizzata da un proprio disvalore, in quanto tale autonomamente punibile
Disegno di legge recante disposizioni in materia di autoriciclaggio (AS 1642), Audizione del Direttore dell'UIF,
Claudio Clemente, 25 novembre 2014
Aggiornamento del Modello organizzativo 231
La ratio della norma
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Come si evince dalla formulazione della norma, per configurarsi il reato di autoriciclaggio, vengono in rilievo
tutti i delitti non colposi da cui scaturiscono proventi suscettibili di valutazione economica, in sostanza qualsiasi
forma di criminalità capace di produrre proventi
Il nuovo reato in esame si realizzerà se sussistono contemporaneamente le tre seguenti circostanze:
i) sia creata o si concorra a creare - attraverso un primo reato, il reato presupposto - una provvista
consistente in denaro, beni o altre utilità
ii) si impieghi la predetta provvista, attraverso un comportamento ulteriore e autonomo, in attività
imprenditoriali, economiche e finanziarie
iii) si crei un concreto ostacolo alla identificazione della provenienza delittuosa della anzidetta provvista
Una prima considerazione inerente l'applicazione della norma riguarda l'impossibilità materiale di procedere ad
una mappatura completa e sistematica delle fattispecie di reato-presupposto del reato di autoriciclaggio, stante
la tecnica normativa adottata di mero richiamo tout court alla categoria dei delitti non colposi
Si pone dunque per l'interprete un problema nella definizione dell'approccio metodologico analogo a quello
affrontato in occasione dell'inserimento dell'associazione per delinquere nel catalogo dei reati-presupposto 231
Pur considerando le suddette difficoltà, si ritiene comunque più affidabile, in termini di prova della mancanza di
una colpa organizzativa addebitabile all'ente, un approccio metodologico volto ad una rilevazione, seppur
empirica, delle fattispecie di reato maggiormente rilevanti nell'esperienza applicativa quali reati-presupposto
dell'autoriciclaggio (dai quali derivi un provento endogeno o esogeno all'ente, distinzione meglio descritta nel
prosieguo della presente analisi)
Aggiornamento del Modello organizzativo 231
Un'ipotesi di approccio metodologico
25© 2015 Studio Associato - Consulenza legale e tributaria è un’associazione professionale di diritto italiano e fa parte del network KPMG di entità indipendenti affiliate a KPMG International Cooperative ("KPMG
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Dalla relazione 2014 del Ministero dell'Economia e delle Finanze riferita alle segnalazioni di operazioni sospette
approfondite nel 2013, è possibile estrapolare il seguente schema riepilogativo che descrive quali sono i reati
presupposto del riciclaggio accertati all'esito delle investigazioni delle segnalazioni di operazioni sospette pervenute
all'Unità di Informazione Finanziaria:
Aggiornamento del Modello organizzativo 231
Un'ipotesi di approccio metodologico
Tipo Risultato Numero di casi investigati
Delitti contro il patrimonio (i.e. rapina, estorsione, furto, appropriazione indebita, usura) 327
Disciplina penale tributaria 236
Disciplina antiriciclaggio e di contrasto al finanziamento del terrorismo 148
Delitti contro la fede pubblica 98
Disciplina finanziaria 48
Disciplina bancaria 30
Altri servizi extratributari 25
Delitti contro l'ordine pubblico 17
Delitti contro l'amministrazione della giustizia 9
Delitti contro la Pubblica Amministrazione 7
Normativa antimafia 5
Contravvenzioni di polizia 3
Altre violazioni fiscali 2
Delitti contro la persona 1
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I principali risultati operativi scaturiti dalle segnalazioni di operazioni sospette dimostrano come i
reati-base più frequenti della fattispecie di riciclaggio sono i seguenti: delitti contro il patrimonio,
illeciti tributari, delitti contro la fede pubblica, delitti contro la pubblica amministrazione, reati
societari, reati fallimentari, reati finanziari e reati di criminalità organizzata
Pertanto, la maggior parte dei summenzionati reati-base fanno già parte del c.d. catalogo dei
reati-presupposto ex D.Lgs. n. 231/2001 e le società potrebbero utilmente far riferimento alle
Parti Speciali del Modello 231 dedicate ai principi di comportamento e ai presidi già implementati
per la prevenzione delle suddette fattispecie incriminatrici, quali misure di mitigazione del rischio
di autoriciclaggio
Residuano poi casi limite non rientranti nel cono d'ombra del rischio d'impresa quali, ad esempio,
il reato di estorsione, appropriazione indebita, rapina, etc. Per la prevenzione degli stessi si
ritiene sufficiente la previsione del rispetto degli obblighi di legge inclusi nel Codice Etico 231
adottato dalla Società ed i requisiti di onorabilità degli organi sociali contenuti nello Statuto
Da ultimo, ma non per importanza, si evidenzia altresì il tema della riconducibilità dei reati
tributari, ad oggi non ricompresi nel D.Lgs. n. 231/2001, nel novero dei reati-presupposto
dell'autoriciclaggio
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Un'ipotesi di approccio metodologico
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Dall'analisi del lavori preparatori della L. n. 186/2014 e degli autorevoli contributi dottrinali inerenti l'introduzione
del reato di autoriciclaggio (cfr. ex multis, MUCCIARELLI, Qualche nota sul delitto di autoriciclaggio, pubblicato
su www.penalecontemporaneo.it, 24 dicembre 2014; SGUBBI, Il nuovo delitto di “autoriciclaggio”: una fonte
inesauribile di “effetti perversi” dell’attività legislativa, pubblicato su www.penalecontemporaneo.it, 10 dicembre
2014; CAVALLINI-TROYER, Apocalittici o integrati? Il nuovo reato di autoriciclaggio: ragionevoli sentieri
ermeneutici all'ombra del “vicino ingombrante”, pubblicato su www.penalecontemporaneo.it, 23 gennaio 2015),
risulta evidente la finalità antievasiva della nuova disciplina e la connessione del reato in esame con i delitti
tributari, nel caso si tratti di risorse “endogene” all’ente
Commissioni riunite Giustizia e Finanze – 20 novembre 2014:
- Osservazioni del Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili -
È evidente la connessione tra la nuova norma e i reati fiscali quali reati presupposto del reato di riciclaggio.
Tale connessione emerge, non da ultimo, dalla circostanza che il reato di autoriciclaggio sia stato inserito
nell'ambito di un intervento che introduce misure di contrasto all'evasione fiscale, nonché di
incentivazione all'emersione di capitali detenuti all'estero. L'art. 648-ter1 si presenta dunque a diventare
l'ennesimo strumento di lotta all'evasione fiscale piuttosto che di contrasto effettivo al riciclaggio, dal momento
che la punibilità dell'autoriciclatore prescinde da considerazioni inerenti la natura del reato presupposto e si
collega esclusivamente all'utilizzo dei proventi dello stesso, di talché l'azione consistente nell'impiego,
sostituzione o trasferimento in attività economiche rende punibili alla stessa stregua l'imprenditore che abbia
evaso il fisco e quello che si sia macchiato di crimini di ben altra natura
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Un'ipotesi di approccio metodologico
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Aggiornamento del Modello organizzativo 231
Un'ipotesi di approccio metodologico
- Osservazioni dell'Agenzia delle Entrate -
In tale ipotesi di autoriciclaggio ricadono, in particolare, le condotte aventi ad oggetto il prezzo, il profitto o
il prodotto di alcuni reati tributari, tra i quali quello di dichiarazione infedele e di omessa dichiarazione, il
reato di omesso versamento di ritenute certificate, di indebita compensazione, ma anche il reato di sottrazione
fraudolenta al pagamento delle imposte
L'introduzione di questa specifica figura di reato può incidere significativamente anche sui comportamenti
evasivi attraverso un rilevante effetto dissuasivo
- Osservazioni del Prof. Avv. Maurizio Leo -
È evidente che il nuovo reato si ricollega astrattamente anche a quello, presupposto, di dichiarazione
infedele. Quest'ultimo si realizza tutte le volte in cui, nella dichiarazione dei redditi, vengano esposti minori
componenti attive di reddito (rispetto a quelle effettive) ovvero maggiori componenti passive fittizie
Così, a una sanzione amministrativa, collegata alla commissione del reato presupposto, si aggiungerebbe una
(prima) sanzione penale, collegata sempre al reato presupposto, oltre che una (seconda) sanzione, anch'essa
penale, collegata al reimpiego della provvista creata
Appare, quindi, opportuno focalizzare l'attenzione sul processo di gestione del rischio fiscale quale area
strumentale alla realizzazione del reato-presupposto di autoriciclaggio, al fine di implementare specifici presidi
di controllo anche sul tema degli adempimenti in materia fiscale ad oggi escluso dall’ambito “231”
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Risulta ad oggi pacifico che il risparmio d’imposta possa costituire oggetto materiale dei delitti di cui agli artt. 648 bis,
ter e – oggi – ter.1. c.p.
Secondo un insegnamento risalente della giurisprudenza di merito (Trib. Milano, Uff. GIP, 19.2.2009, in Foro amb.,
1999, pp. 441 ss.) e di legittimità (Cass. pen. sez. III, n. 2206/1992, in CED Cass., rv. 192669; Cass. pen. sez. II, n.
38600/2007, in CED Cass., rv. 238161), poiché il profitto nelle fattispecie tributarie si sostanzia in un mancato
depauperamento, senza un arricchimento evidente e tangibile nella disponibilità dell’autore, tale utilità, restando
confusa nel complesso delle disponibilità di chi ne ha tratto vantaggio, si sottrae a qualsiasi possibilità di specificazione
in senso civilistico e, quindi, di individuazione come oggetto materiale definito di un successivo riciclaggio o re-impiego
Altro più recente indirizzo giurisprudenziale, argomentando attraverso l’inclusione tra gli oggetti materiali del reato
dell’ampio concetto di “altre utilità”, conclude che tale locuzione «deve essere intesa come [ricomprendente] tutte
quelle utilità che abbiano, per l'agente che abbia commesso il reato presupposto, un valore economicamente
apprezzabile. In esse devono farsi rientrare non solo quegli elementi che incrementano il patrimonio dell'agente, ma
anche quelle attività fraudolente a seguito delle quali l'agente impedisce che il proprio patrimonio s'impoverisca. Di
conseguenza, rientra fra i reati presupposto anche il reato di frode fiscale a seguito del quale l'agente, evitando di
pagare le imposte, consegue un risparmio di spesa che si traduce in un mancato decremento del patrimonio e, quindi,
in una evidente utilità di natura economica». (Cass. pen. sez. II, n. 6061/2012 in CED Cass., rv. 252701)
Tale impostazione più recente della Suprema Corte non appare condivisibile nella sua assolutezza: il fatto che, in
astratto, possano ipotizzarsi casi in cui i delitti tributari producano un profitto riciclabile o re-impiegabile non implica che
siano ammissibili forme di riciclaggio o re-impiego per “equivalente”, in cui non sia possibile identificare,
indipendentemente e anteriormente alla condotta di sostituzione, trasferimento o re-impiego, l’oggetto materiale dei
delitti di cui agli artt. 648 bis e ter c.p. (cfr. CAVALLINI-TROYER, Apocalittici o integrati? Il nuovo reato di
autoriciclaggio: ragionevoli sentieri ermeneutici all'ombra del “vicino ingombrante”, pubblicato su
www.penalecontemporaneo.it, 23 gennaio 2015)
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Esemplificativamente: un conto è che le somme indicate in fatture per operazioni oggettivamente inesistenti siano in
prima battuta pagate e in seguito retrocesse dall’emittente la fattura, giacché in tal caso è facilmente individuabile una
somma di denaro, che preesiste a successive condotte eventualmente tipiche ex artt. 648 bis e ter c.p.; altro conto è
se il delitto tributario si risolva in una dichiarazione infedele, il cui profitto non sia identificabile nel patrimonio del
contribuente
In particolare, in quest’ultimo caso, seguendo la giurisprudenza più recente, ove l’infedele dichiarazione sia compiuta
dall’amministratore nell’interesse della società, restando il risparmio d’imposta confuso nel patrimonio sociale, ne
seguirebbe come effetto automatico il re-impiego in attività economiche: si potrebbe, persino, accusare
l’amministratore di autoriciclaggio, affermando che costui abbia pagato i dipendenti con i proventi del delitto tributario
A questo punto potrebbe essere utile recuperare la capacità selettiva del dato modale dell’azione tipizzata nel primo
comma dell’art. 648 ter.1. c.p., ovvero la sua idoneità ad ostacolare in concreto l’individuazione della provenienza
illecita dei beni, così da addivenire a soluzione interpretative ragionevoli
Segnatamente, laddove al compimento del reato fiscale presupposto segua un’operazione in cui il provento della frode
fiscale (attuata ad esempio mediante l’annotazione di fatture inesistenti) venga fisicamente “isolato” dal patrimonio del
contribuente e trasferito – ovvero distratto – su conti correnti di un soggetto apparentemente terzo, in ispecie un
fiduciario operante in un paese off-shore tramite una società terza (spesso di diritto estero), priva di concreta
operatività e di reali finalità imprenditoriali, il reato è pacificamente ipotizzabile
Qualora il risparmio fiscale, provento del reato presupposto, resti, invece, confuso nel patrimonio del contribuente,
senza uscirne verso terze destinazioni, ma venendo reimpiegato anche in attività economiche – pertanto non rientranti
nella clausola d’esclusione di cui al comma 4 – che costituiscono l’ordinaria attività aziendale, non potrà certo ritenersi
che tale condotta sia idonea ad ostacolare concretamente l’identificazione delittuosa del bene (cfr. CAVALLINI-
TROYER, Apocalittici o integrati? Il nuovo reato di autoriciclaggio: ragionevoli sentieri ermeneutici all'ombra del “vicino
ingombrante”, pubblicato su www.penalecontemporaneo.it, 23 gennaio 2015)
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Le suesposte considerazioni rendono senz’altro opportuna l’individuazione analitica, nell’ambito di tutti quelli elencati dal D.Lgs.
74/2000, degli illeciti penali tributari che possono qualificarsi quali reati presupposto ai fini dell’autoriciclaggio
“È evidente, inoltre, che il nuovo reato si ricollega astrattamente anche a quello, presupposto, di dichiarazione infedele.
Quest'ultimo si realizza tutte le volte in cui, nella dichiarazione dei redditi, vengano esposti minori componenti attive di reddito
(rispetto a quelle effettive) ovvero maggiori componenti passive fittizie. Ebbene, come noto, la rilevanza penale di tali condotte (si
pensi, in particolare, alle componenti passive fittizie) è già da tempo discussa e discutibile. Anzi, la scelta del Legislatore della
delega fiscale è quella di realizzare una revisione delle norme penal-tributarie nel senso di rivedere la rilevanza criminale per tutte
quelle fattispecie caratterizzate dall'assenza di un intento fraudolento”
Disegno di legge recante disposizioni in materia di autoriciclaggio (AS 1642), Audizione del Prof. Avv. Maurizio Leo,
25 novembre 2014
Soccorre in tal senso anche lo “Schema di decreto legislativo recante disposizioni sulla certezza del diritto nei rapporti tra fisco e
contribuente” approvato dal Governo in data 24 dicembre 2014, che va nella direzione di una revisione delle norme penal-
tributarie nel senso di rivedere la rilevanza criminale per tutte quelle fattispecie caratterizzate dall'assenza di un intento
fraudolento
Ad ulteriore riprova della suddetta analisi, si riporta infine la seguente norma contenuta nel D.Lgs. n. 74/2000:
Art. 7. Rilevazioni nelle scritture contabili e nel bilancio
1 Non danno luogo a fatti punibili a norma degli articoli 3 e 4 le rilevazioni nelle scritture contabili e nel bilancio eseguite in
violazione dei criteri di determinazione dell'esercizio di competenza ma sulla base di metodi costanti di impostazione contabile,
nonché le rilevazioni e le valutazioni estimative rispetto alle quali i criteri concretamente applicati sono stati comunque indicati
nel bilancio
2 In ogni caso, non danno luogo a fatti punibili a norma degli articoli 3 e 4 le valutazioni estimative che, singolarmente
considerate, differiscono in misura inferiore al dieci per cento da quelle corrette. Degli importi compresi in tale percentuale non
si tiene conto nella verifica del superamento delle soglie di punibilità previste nel comma 1, lettere a) e b), dei medesimi articoli
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Un'ipotesi di approccio metodologico
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Sul piano normativo, sembra andare nella stessa direzione sopra indicata la proposta di modifica legislativa avanzata dalla Commissione di
riforma del D.Lgs. n. 231/2001, c.d. “Commissione Greco”, insediata nel 2008 presso il Ministero della Giustizia e avente il compito di
individuare ulteriori fattispecie di reato in grado di determinare la responsabilità “amministrativa” degli enti
La Commissione ha concluso i propri lavori, proponendo, tra l'altro, l'inserimento di alcuni degli illeciti tributari disciplinati dal D.Lgs. n.
74/2000 e in particolare:
Art. 2. Dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti
1 E' punito con la reclusione da un anno e sei mesi a sei anni chiunque, al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore
aggiunto, avvalendosi di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, indica in una delle dichiarazioni annuali relative a
dette imposte elementi passivi fittizi
2 Il fatto si considera commesso avvalendosi di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti quando tali fatture o documenti sono
registrati nelle scritture contabili obbligatorie, o sono detenuti a fine di prova nei confronti dell'amministrazione finanziaria
Art. 5. Omessa dichiarazione
1 E' punito con la reclusione da uno a tre anni chiunque, al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, non
presenta, essendovi obbligato, una delle dichiarazioni annuali relative a dette imposte, quando l'imposta evasa è superiore, con
riferimento a taluna delle singole imposte a euro trentamila
2 Ai fini della disposizione prevista dal comma 1 non si considera omessa la dichiarazione presentata entro novanta giorni dalla scadenza
del termine o non sottoscritta o non redatta su uno stampato conforme al modello prescritto
Art. 8. Emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti
1 E' punito con la reclusione da un anno e sei mesi a sei anni chiunque, al fine di consentire a terzi l'evasione delle imposte sui
redditi o sul valore aggiunto, emette o rilascia fatture o altri documenti per operazioni inesistenti
2 Ai fini dell'applicazione della disposizione prevista dal comma 1, l'emissione o il rilascio di più fatture o documenti per operazioni
inesistenti nel corso del medesimo periodo di imposta si considera come un solo reato
Art. 10. Occultamento o distruzione di documenti contabili
1 Salvo che il fatto costituisca più grave reato, è punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni chiunque, al fine di evadere le
imposte sui redditi o sul valore aggiunto, ovvero di consentire l'evasione a terzi, occulta o distrugge in tutto o in parte le
scritture contabili o i documenti di cui è obbligatoria la conservazione, in modo da non consentire la ricostruzione dei redditi o
del volume di affari
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Un'ipotesi di approccio metodologico
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Un'ipotesi di approccio metodologico
Alla luce dell'iter interpretativo sopra esposto, l'attività di mappatura dei rischi e le conseguenti misure di
mitigazione dovrebbero interessare i seguenti ambiti:
■ Per quanto riguarda le fonti esogene rispetto al contesto aziendale, sarebbe opportuno mutuare le
modalità di analisi e di controllo previste per gli enti destinatari ex D.Lgs. n. 231/2007, con i dovuti
adattamenti (vedi infra slide n. 35), ivi incluse le operazioni sul capitale sociale e le operazioni straordinarie
correlate (vedi infra slide n. 36-37)
■ Per quanto riguarda le fonti endogene, appare appropriato riesaminare le aree a rischio già rientranti nel
perimetro del D.Lgs. n. 231/2001 e focalizzarsi sui reati tributari, con un duplice ordine di priorità di
intervento:
– immediato, con riferimento ai reati tributari previsti dal D.Lgs. n. 74/2000, connotati da modalità
realizzative fraudolente (i.e. documenti falsi, operazioni simulate, utilizzo di documenti falsi o altri mezzi
fraudolenti idonei ad ostacolare l'accertamento e ad indurre in errore l'Amministrazione Finanziaria) o
commessi mediante utilizzazione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti. A tale proposito,
si suggerisce di utilizzare gli strumenti previsti dalla normativa, in analogia a quanto prescritto dall'art. 7
del D.Lgs. n. 74/2000, anche per circostanziare la trasparenza delle scelte tributarie dell'ente, nella
logica di scongiurare il dolo di evasione (si pensi, ad esempio, alla documentazione in materia di
Transfer Pricing)
– differito, con riferimento al processo fiscale nel complesso e quindi alle ipotesi anche di dichiarazione
infedele nella formulazione de iure condendo, come indicato nello schema di decreto legislativo in fase
di approvazione
È fuor di dubbio che la copertura dell'intero processo fiscale passa per l'implementazione del Tax Control
Framework (vedi infra slide n. 34)
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Fasi progettuali – As is & Gap Analysis sul SCI
La valutazione sull’entità dei controlli esistenti, anche in termini di livello di effettività ed efficacia degli stessi,
consente:
■ di identificare eventuali gap sul Sistema di controllo interno della società rispetto alle best practices di riferimento
■ di definire un piano delle azioni migliorative, volto ad individuare suggerimenti e/o raccomandazioni in tema di
possibili strumenti di controllo ulteriori da implementare, al fine di mitigare il rischio-reato rilevato sulla specifica
attività/processo sensibile
Sono di seguito riportati, in relazione allo svolgimento di alcune attività sensibili, degli esempi di presidi di controllo
specifici che potrebbe essere opportuno implementare
Il riferimento al Tax Control Framework, a nostro parere, costituisce un valido e concreto esempio di modello volto a
prevenire le irregolarità fiscali e, di conseguenza, anche l’autoriciclaggio, scongiurando cioè il rischio che i proventi
derivanti dalla commissione dei reati tributari possano essere autoriciclati nello svolgimento dell’attività economica,
imprenditoriale o finanziaria delle società
Peraltro, l’adozione di un modello interno di gestione del rischio fiscale si caratterizza per un approccio comune a
quello previsto per le attività di risk assessment e management tipiche del D.Lgs. n. 231/2001
Attività
Sensibile Presidio di controllo specifico
Gestione degli
adempimenti
fiscali
1 Individuazione e analisi dei rischi fiscali
2 Analisi dei livelli di priorità
3 Chiara attribuzione delle responsabilità nel quadro del complessivo sistema dei controlli interni (a tal proposito,
nelle società più strutturate sta emergendo sempre più l’esigenza di avvalersi di una figura interna all’azienda con il
ruolo di Tax Manager)
4 Predisposizione di protocolli e procedure per l’accertamento ed il monitoraggio dei rischi fiscali
5 Tracciabilità delle operazioni svolte
6 Definizione di un adeguato piano di informazione e formazione del personale
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Ulteriori esempi di presidi di controllo specifici possono essere mutuati, in quanto applicabili, dal D.Lgs. n.
231/2007 e dalla Comunicazione della Unità di Informazione Finanziaria del 23 aprile 2012 rubricata “Schemi
rappresentativi di comportamenti anomali ai sensi dell'art. 6, comma 7, lett. b) del D.Lgs. 231/2007. Operatività
connessa con le frodi fiscali internazionali e con le frodi nelle fatturazioni”
Invero, come noto, già prima dell'introduzione della L. n. 186/2014 la fattispecie di autoriciclaggio era prevista
dall'art. 2, co. 1, del D.Lgs. n. 231/2007, che ha codificato la nozione amministrativa del fenomeno in esame
Dunque i soggetti non destinatari del D.Lgs. n. 231/2007 potrebbero implementare i seguenti step di
controllo:
■ Adeguata verifica della clientela
■ Obbligo di registrazione e conservazione dei dati
■ Procedure organizzative e misure di controllo interno
■ Limitazioni all'uso del contante
■ Formazione del personale
A corredo di tali misure, le funzioni aziendali chiamate a valutare la sussistenza di eventuali anomalie derivanti
da una determinata operazione societaria potrebbero consultare gli schemi rappresentativi di comportamenti
anomali indicati dalla UIF nella suddetta comunicazione, di cui si riportano alcuni esempi nella slide successiva
In merito, invece, alla segnalazione di operazioni sospette, obbligo evidentemente non applicabile ai
soggetti non destinatari del D.Lgs. n. 231/2007, tale presidio potrebbe essere sostituito prevedendo il dovere
da parte del soggetto interessato di sospendere/astenersi dal compiere l'operazione
artificiosa/inusuale/anomala e di comunicare le criticità riscontrate mediante apposito flusso informativo all'OdV
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Operatività connessa con le frodi fiscali internazionali
Sotto il profilo soggettivo
■ Soggetti che risultano avere residenza o sede all'estero, soprattutto se trasferita di recente, in particolare in Paesi o territori a rischio
■ Società estere (specie se holding) controllate, anche indirettamente, da soggetti residenti in Italia o amministrate da organi di gestione in prevalenza composti
da soggetti ivi residenti
■ Soggetti non residenti che hanno in Italia il proprio centro di interessi, desumibile dal luogo di svolgimento principale dell'attività prevista dall'oggetto sociale, dal
compimento di operazioni tipiche dell'esercizio di attività commerciale o professionale nel Paese, dalla prevalenza di asset produttivi in Italia, dalla
preponderanza in Italia dei ricavi o dei costi rispetto a quelli totali
■ Società estere, controllate direttamente o indirettamente da soggetti italiani, le quali impiegano in prevalenza il proprio patrimonio sottoscrivendo quote di fondi
comuni immobiliari italiani che investono in beni o proprietà riconducibili ai medesimi soggetti
■ Società in stato di insolvenza che trasferiscono repentinamente la propria sede all'estero, specie se in Paesi o territori a rischio
■ Soggetti caratterizzati da strutture artificiosamente complesse e opache, volte a rendere difficoltosa l'individuazione del titolare effettivo, quali, a titolo
esemplificativo, quelli riconducibili a trust, fondazioni, international business company o società fiduciarie estere, specie se costituiti in Paesi o territori a rischio
■ Società il cui capitale è stato oggetto di ripetuti trasferimenti in un breve lasso di tempo oppure è detenuto da persone fisiche o giuridiche non residenti
Sotto il profilo oggettivo
■ Rapporti utilizzati esclusivamente per effettuare operazioni di trasferimento da e verso l'estero, specie se per lungo tempo inattivi o poco movimentati
■ Trasferimenti di disponibilità da o verso l'estero, specie se da o verso Paesi o territori a rischio, con modalità, destinazioni o beneficiari non ricollegabili all'attività
del cliente ovvero privi di motivazione economica sottostante o con causali generiche
■ Prelevamento di contante per importi elevati, soprattutto se in località vicine ai confini nazionali
■ Utilizzo all'estero di carte di pagamento o di moneta elettronica per prelevamenti di contante, di ammontare complessivamente rilevante
■ Richiesta di chiusura di rapporti con contestuale trasferimento dei saldi all'estero
■ Operazioni di acquisto/cessione di beni o servizi a prezzo palesemente superiore/inferiore rispetto ai correnti valori di mercato effettuate con soggetti rientranti
nel medesimo gruppo, aventi sede all'estero, specie se in Paesi o territori a rischio
■ Trasferimento di somme ovvero intestazione di beni a favore di società estere, specie se aventi sede in Paesi o territori a rischio, riconducibili direttamente o
indirettamente ai medesimi soggetti che dispongono il trasferimento
■ Giri di fondi per importi significativi a favore di soci residenti o aventi sede all'estero, specie se in Paesi o territori a rischio
■ Operazioni di aumento di capitale in favore di consociate estere, specie se insediate in Paesi o territori a rischio, da parte di soggetti con esposizioni debitorie
■ Operazioni di investimento di ingente ammontare in prodotti finanziari collocati da società estere, specie se insediate in Paesi o territori a rischio, quali, a titolo
esemplificativo, la sottoscrizione di polizze emesse da compagnie assicurative estere
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Operatività connessa con le frodi nelle fatturazioni
Sotto il profilo soggettivo
■ soggetti di recente costituzione i cui amministratori o soci, per il profilo soggettivo (età, mancanza delle cognizioni normalmente attese per il tipo di attività), sembrano
svolgere il ruolo di meri prestanome
■ soggetti i cui amministratori o soci sono ricollegabili ad altre imprese operanti nel medesimo settore economico per le quali risultano procedure concorsuali pregresse o
in corso o comunque eventi pregiudizievoli di diversa natura
■ soggetti privi di strutture operative reali, specie se di recente costituzione
■ società dotate di mezzi patrimoniali limitati, o comunque non coerenti con il giro d'affari evidenziato dai relativi rapporti presso il segnalante
■ soggetti di recente costituzione che cessano, improvvisamente l'attività e vengono posti in liquidazione, specie se dopo aver effettuato una vorticosa operatività
■ soggetti che, di norma, non chiedono affidamenti né sono titolari di altre attività finanziarie presso l'intermediario
■ soggetti giuridicamente non collegati, nei quali ricorrono elementi comuni (es. indirizzi, numeri di telefono, dati identificativi di esponenti aziendali ovvero di soci)
Sotto il profilo oggettivo
■ Rapporti connotati da un'intensa operatività, specie se attraverso contestuali movimenti in dare e avere, che risultano caratterizzati da:
– ripetuti afflussi di bonifici riferiti a fatture e/o versamenti di assegni, specie se a cifra tonda ovvero se riconducibili a un'unica o ad un numero limitato di imprese
controparti
– prelevamenti in contanti a mezzo moduli di sportello ovvero tramite carte di pagamento o cambio assegni per cassa, specie se fino a concorrenza delle somme
accreditate
– traenze di assegni e disposizioni di bonifici a favore di soci, esponenti aziendali o di soggetti loro collegati, che risultano ingiustificati
– assenza di operazioni a debito normalmente tipiche per l'attività di impresa quali spese per utenze, pagamenti a fornitori, emolumenti, a dipendenti, pagamento di
imposte e tasse
– sostanziale pareggiamento tra le poste a credito e quelle a debito
– accrediti, specie se in contanti, d'importo corrispondente o di poco inferiore ad addebiti per pagamenti di beni e servizi, specialmente se effettuati a ridosso della
chiusura dell'esercizio o del trimestre
■ Anticipo o incasso di fatture con successivo utilizzo della provvista per la traenza di assegni bancari o la disposizione di bonifici a favore delle medesime società debitrici
o di società alle stesse collegate
■ Ricevute bancarie (RiBa), il cui pagamento viene eseguito dal creditore presso la banca domiciliataria del debitore tramite versamento di contante o con assegni circolari
ovvero da parte dello stesso debitore attraverso una provvista costituita dal medesimo creditore
■ Emissione di fatture per beni e servizi non coerenti con l'attività del soggetto, specie se inerenti prestazioni di consulenza ovvero beni immateriali
■ Incongruenze nella numerazione o negli importi delle fatture ovvero sospetta contraffazione delle stesse
■ Emissione di fatture a carico di controparti che risultano inesistenti o fittizie
■ Pagamento di fatture con modalità non tracciabili ovvero effettuato da parte di terzi estranei al rapporto negoziale
Grazie
Contatti
Fabio Egidi
Partner, Studio Associato – Consulenza
legale e tributaria
T: +39 06 8096359
Michele Pansarella
Senior Manager, Studio Associato – Consulenza
legale e tributaria
T: +39 06 80963567
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indipendenti affiliate a KPMG International
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Denominazione e logo KPMG e "cutting through
complexity" sono marchi e segni distintivi di KPMG
International.
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