18 Venerdì 9 Dicembre 2011
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Entro il 2012 i fondi di ven-ture capital con passaporto europeo saranno in pole po-sition rispetto ai concorrenti
per raccogliere capitali e investire liberamente su tutto il territorio della Ue. Grazie a un set di regole standard ai quali questi fondi si do-vranno uniformare, gli investitori saranno infatti molto più propensi di oggi a investire in questo tipo di asset, con la conseguenza di per-mettere la nascita e lo sviluppo di piccole e medie imprese innovati-ve sul territorio della Ue. È questo l’obiettivo che si è posta la Com-missione europea nella sua bozza di Regolamento che nei giorni scorsi ha sottoposto al Consiglio europeo e al Parlamento, nell’ambito di un progetto più ampio di supporto al-lo sviluppo delle piccole e medie imprese, teso a rendere più facile l’accesso al credito e alle risorse finanziarie più in generale.
I numeri del venture in Europa. La Commissione ha infatti sottoli-neato che in Europa gli investitori sono molto meno propensi che ne-gli Usa a investire in venture capi-tal e preferiscono invece il private equity. La differenza è importan-te: tra il 2003 e il 2010 negli Usa i fondi di venture hanno raccolto l’equivalente di ben 131 miliardi di euro, mentre nello stesso periodo i fondi di venture europei ne hanno raccolti solo 28 miliardi. Sempre tra il 2003 e il 2010, poi, la potenza di fuoco dei fondi europei dedicati al venture era di 64 miliardi contro i 437 miliardi dei fondi di private equity. Non solo. La dimensione media dei fondi di venture euro-pei è di 60 milioni contro i 130 milioni dei fondi Usa. E gli ultimi anni l’attività di investimento dei fondi europei è diminuita drasti-camente, passando dai 17 miliardi investiti in 7.500 pmi nel 2006 ai
soli 3 miliardi investiti nel 2010 in 2.800 pmi. Tutto questo per colpa di un’eccessiva frammentazione e dispersione dell’industria del ven-ture capital europea dal punto di vista regolamentare rispetto alla più coesa industria Usa. In parti-colare, il sistema attuale scoraggia i gestori dei fondi di venture più piccoli dal raccogliere capitali su base europea. Con la conseguenza che i fondi di venture europei rac-colgono troppo poco e quindi non riescono ad allocare in maniera ottimale le loro risorse.
Regole comuni. Ma perché un gestore possa andare a cercare ca-pitali anche in altri Paesi oggi deve identificare una struttura societaria
che possa essere adeguata per tutti gli investitori, creare strutture di fundraising ad hoc, ottenere le ap-provazioni dei prospetti da diverse autorità e rispondere a diverse au-torità di vigilanza. Insomma, tutto è possibile, ma estremamente com-plicato, tanto che spesso i costi per mettere in piedi una simile organiz-zazione sono troppo elevati rispetto ai benefici. Ecco quindi perché la Commissione ha deciso di percor-rere la strada di un vero e proprio passaporto europeo da assegnare ai fondi di venture che rispettino tutta una serie di caratteristiche. In particolare, per quali farsi come fondo europeo di venture capital, il fondo dovrà impegnarsi a investire almeno il 70% dei propri asset in
equity o quasi equity di aziende che abbiano meno di 250 dipendenti e un fatturato annuo non superiore ai 50 milioni di euro oppure un attivo non superiore ai 43 milioni. Non solo. Il fondo non dovrà ricorrere alla leva a livello di fondo.
L’impatto del venture. Tutto questo perché appunto l’obiettivo è far crescere le aziende. E che il venture faccia bene alle aziende e agli investitori lo dimostrano varie ricerche, i cui risultati sono stati riassunti dalla stessa Com-missione europea in un allegato al working paper di supporto alla proposta di Regolamento. A que-sto proposito esiste anche una ri-cerca che si concentra sui risultati del venture italiano e che è stata presentata lo scorso novembre da Anna Gervasoni in occasione del convegno di chiusura del Master sul Private Equity dell’Università Carlo Cattaneo di Castellanza. La ricerca in questione ha analizza-to lo stato di salute delle aziende target del venture capital in Italia quattro anni dopo l’ingresso dei fondi nel capitale. Ebbene, il 45% delle imprese del campione ha ebi-tda positivo e il 28% è prossima al break even, il 37% ha anche un ri-sultato ante imposte positivo e oltre il 78% delle imprese del campione svolge un’attività in grado di creare valore aggiunto. Non solo. In me-dia le aziende del campione hanno un fatturato di 5,4 milioni e danno lavoro a 72 persone, con una me-diana di 32 dipendenti. La ricerca ha utilizzato il database del Ventu-re Capital Monitor, l’Osservatorio organizzato dalla stessa Università Liuc, che nel 2010 ha rilevato 31 nuove operazioni in start-up italia-ne che, aggiunte alle 109 poste in essere dal 2004 al 2009, portano a un totale di 140 le società par-tecipate negli ultimi sette anni. A queste si aggiungono poi altri 27 deal censiti finora per il 2011. (ri-produzione riservata)
LA COMMISSIONE DETTA LE REGOLE PER I FONDI CHE VOGLIONO RACCOGLIERE CAPITALI ALL’ESTERO
Un passaporto per il venture UeLa proposta di Regolamento punta a stimolare la nascita di nuovi fondi di
dimensioni più ampie e a supportare la crescita di nuove pmi innovative in Europa SANT’ANNA FA SPIN-OFF
Gli angeli di Iag (si veda box �in pagina) e il fondo Toscana Innovazione gestito da Sici sgr sono entrati rispettivamente con 600 mila e 200 mila euro nel capitale dello spin- off della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, battezzato Wireless In-tegrated Network (Win). La start-up realizza un disposi-tivo biomedicale wireless che permette il monitoraggio da remoto di pazienti affetti da patologie croniche o con tem-poranea necessità di controllo medico, migliorando quindi la qualità della cura del paziente e diminuendo i costi per le strut-ture sanitarie. Grazie ai sensori innovativi che possono essere aggiunti al modulo base è in grado di tenere sotto controllo diversi parametri fisiologici si-multaneamente. Il dispositivo base è più piccolo e leggero di un cellulare, e può essere tenuto in tasca senza fastidio.
IN UK FISCO PRO-ANGELI
Nei giorni scorsi il Cancelliere �britannico George Osborne ha an-nunciato importanti risparmi fisca-li per le persone fisiche che finan-ziano la nascita di nuove aziende secondo il cosiddetto nuovo Seed Enterprise Investment Scheme (Seis). La nuova norma entrerà in vigore dal prossimo aprile 2012 e prevede un abbattimento del 50% del carico fiscale per gli individui che investono in azioni di società start-up o appena nate (con meno di 25 dipendenti e un massimo di 200 mila sterline di asset) fino a un massimo investimento di 100 mila sterline all’anno e un massi-mo cumulato di 150 mila sterline. Non solo. Qualunque capital gain realizzato nell’anno 2012-2013 sarà esente per il 28%, se reinve-stito in start-up.
DUE DILIGENCE
Per il momento non ci sono ancora statisti- �che circa il successo o meno degli investimenti condotti in Italia dai cosiddetti business angels, cioè dagli investitori privati, spesso impren-ditori a loro volta, che dedicano una parte del loro patrimonio a investimenti in equity di aziende appena nate o in fase di start up. Ma quello che è chiaro è invece che l’attività degli angeli sta crescendo. «Per il momento è troppo presto per dire se ci abbiamo visto giusto», ha commentato a MF Private Equity Francesco Marini Clarelli, presidente di Italian Angels for Growth (IAG), l’associazione di business angel italiani con il maggior nume-ro di associati, che ha però aggiunto: «Senza dubbio in questi ultimi anni la nostra attività è aumentata e sono aumentate le opportunità di investimento». Paradossalmente, infatti, gli angeli italiani hanno lavorato molto di più in piena crisi economica. A parlare sono i dati: sei operazioni nel 2011 e altrettante nel 2010
per gli iscritti a IAG, contro le tre chiuse nel 2009 e un’unica operazione nel 2008. Il tutto per un totale di circa 5 milioni di euro investiti, con investimenti che vanno dai 300 mila agli 800 mila euro per target, tutte società che si possono definire innovative per tecnologia, prodotto o processo. «L’investimento di cia-scun socio in una società target può andare dai 10 mila ai 50 mila euro, ma la media è di 20 mila euro», ha spiegato ancora Clarelli, ricor-dando che la decisione di investire è libera per ciascun socio IAG, che decide se partecipare a un investimento o meno nel corso di uno dei cinque appuntamenti annuali in cui le società candidate si presentano ai soci IAG. Dal 2008, IAG ha esaminato un deal flow di oltre 1300 opportunità d’investimento. Oltre 350 sono andate in screening (28%), e 55 presentate ai soci. Di queste 33 aziende sono entrate in due diligence, 12 hanno ottenuto un investimento e tre un secondo round.
Gli angeli di Iag hanno investito 5 milioni in 12 target
LE OPERAZIONI DI VENTURE IN ITALIA NEL 2011Capitale investito
Fonte: Venture Capital monitorGRAFICA MF-MILANO FINANZA
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Sviluppo Imprese Centro Italia SgrAndena Holding, Vela Imprese
Vertis SgrVertis Sgr
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Quantica SgrLife Science Partner
Piemonte High TechnologyPiemonte High TechnologyPiemonte High Technology
Sviluppo Imprese Centro Italia SgrItalian Angels For Growth Italian Angels For Growth
Meta Group, Italian Angels For Growth Como Venture, Finanziaria Le Perray
1,22,229--
2,80,52-
1,00,5--
0,60,4--
3,3----
1,0----
-33%
-7%60%
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60%-
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50%--------
* Aesthetic Dental Center
GLI INVESTIMENTI DEGLI ANGELISocietàtarget
Datainvestimento
Paese Investimentodei soci Iag (euro)
Totale investimentiangeli (euro)
Nov 2011Ago 2011Lug 2011Lug 2011Mar 2011Mar 2011Nov 2010Ott 2010Giu 2010Apr 2010Mar 2010Feb 2010Giu 2009Feb 2009Mag 2008
WinOn-Sun Systems
SpreakerChikiaS5Tech
NomesiaTrumediaSpreaker
EugeaTrumediaS5TechSenseor
Quotient DiagnosticsBiogeneraPassPack
ItaliaRegno Unito
ItaliaItaliaItaliaItalia
IsraeleItaliaItalia
IsraeleItalia
FranciaRegno Unito
ItaliaItalia
600.00040.000235.000240.000475.000270.000
125.000 $250.00080.000
403.000 $500.000210.000200.000475.000175.000
800.000600.000470.000240.000
2.000.000270.000
1.200.000 $300.00080.000
2.400.000 $1.700.000810.000
1.000.0001.500.000350.000
Fonte: Italian Angels for GrowthGRAFICA MF-MILANO FINANZA
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