IU.S. CALCIO ALPAGOU.S. CALCIO ALPAGO
IPuos d’Alpago ~ 19 febbraio 2010
PSICOLOGIA DELLO SPORT
Ciclo di incontri dedicati allaPsicologia e lo Sport
GENITORI E SPORT
Dott. Luca Libanora - Dott.ssa Valentina Partenio
La relazione genitori - giovani calciatori - societàcome fattore motivante alla pratica
e le sue implicazioni con il fenomeno dell’abbandono.
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GENITORI E SPORT
IntroduzioneCercheremo di fare in modo che anche l'argomento che toccheremo in questa occasione
risulti altrettanto interessante come nel nostro primo incontro e per questo vi rinnovo l'invito
che vi abbiamo fatto in quella occasione, cioè di interpretare questi nostri contributi non come
una lezione frontale, particolarmente in questo caso, visto che parliamo di un argomento di cui
nessuno può dire di avere la piena comprensione, ma come uno scambio di opinioni, in cui
ognuno porta le proprie conoscenze in qualsiasi momento lo desideri.
Qual è l’argomento di questo incontro? Parleremo di genitori e sport e lo faremo in ambito
abbastanza specifico come il mondo del calcio. E' un argomento piuttosto sentito, visto che
poi ci è stato sostanzialmente richiesto, ma è anche un argomento interessante perché vi si
concentrano aspetti molto diversi, tanto diversi che, come dicevamo, nessuno può dire di
averne compreso appieno tutti gli aspetti e tantomeno di aver risolto alcuni problemi che sono
associati ad esso.
Una prima cosa interessante è che se l'argomento è piuttosto sentito dalle società, da parte
dei genitori, cioè i diretti interessati, si tende a minimizzarlo. Sembra che non ci sia una reale
consapevolezza del ruolo del genitore nel rapporto che il proprio figlio ha nei confronti
dell'attività che pratica, della società che lo accoglie e dello sport in generale.
Si tende a considerare il proprio apporto solo, o principalmente, in termini “strumentali”
(portare il figlio alla partita, agli allenamenti, acquistare i materiali ecc.) ma il ruolo del genitore
è in realtà importantissimo non solo per la creazione della personalità del bambino nei
confronti dello sport, ma anche per tutti gli aspetti generali che vengono mediati da un'attività
importante, nella vita del piccolo individuo, come quella sportiva.
È importante per tanti motivi, evidentemente, ma per comprenderli dobbiamo fare una cosa
che a voi sembrerà “bizzarra”, ma che noi riteniamo invece indispensabile. Dobbiamo riuscire
a guardare il mondo con gli occhi dei bambini, dei ragazzi e degli adolescenti, perché se
invece lo guardiamo dal nostro punto di vista ogni cosa che diremo da questo momento in poi
risulterà un semplice passaggio sterile di informazioni, magari anche interessanti, ma senza
nessun effetto pratico.
Perché bisogna assumere il punto di vista del bambino? Perché per il bambino, e nelle
successive fasi evolutive, il mondo è completamente diverso da come lo vediamo noi. Per cui
non potremo mai comprenderlo se assumiamo una visione adulto-centrata che ci porta
spesso a considerare il bambino come un “piccolo adulto” (se non una “tabula rasa” come
definivano gli empiristi Hume e Locke nel ‘700), in tutto e per tutto simile a noi ma con
La relazione genitori - giovani calciatori - societàcome fattore motivante alla pratica
e le sue implicazioni con il fenomeno dell’abbandono.
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possibilità e capacità limitate.
Facciamo un esempio: nel mondo degli adulti, esistono alcuni compartimenti ben definiti nella
vita, di cui abbiamo piena consapevolezza, e sui quali regoliamo le nostre aspettative, i nostri
atteggiamenti e i nostri comportamenti. Esiste il lavoro, esiste la famiglia, esiste lo sport.
Ciascuno di noi mette in ordine tutti questi aspetti secondo le proprie disposizioni personali e
secondo l'ambiente in cui vive. Lo sport, generalmente, è considerata un'attività
gerarchicamente meno importante rispetto, ad esempio, il lavoro e la famiglia, che
giustamente assumono priorità, per motivi evidenti. Per il bambino c'è la scuola, ci sono i
genitori, c'è il calcio. Se il bambino va male a scuola, la prima cosa che succede, è che gli si
vieta di andare a giocare a calcio. Naturalmente un genitore può avere buoni motivi per non far
giocare il figlio a calcio, ma quello che bisogna sapere è che il figlio non darà a questa cosa lo
stesso significato. Per il bambino scuola, genitori e calcio sono un contesto unico ed
indistinguibile in cui loro orientano i loro comportamenti solo in funzione di compiacere i
genitori.
L'impegno scolastico e l'impegno sportivo sono indifferenziati, generano la stessa ansia e la
motivazione è, soprattutto per i più giovani, compiacere le richieste dei genitori. E' su questa
base, su una modalità stimolo e rinforzo sulla risposta che ne consegue, che si crea la
personalità dell'individuo, con la mediazione dei genitori, personalità che poi farà da filtro a
tutti i comportamenti successivi.
Naturalmente, mano a mano che si progredisce con l'età, il B si rende sempre più
consapevole che le “norme” a cui deve sottostare sono diverse: alcune cose devono essere
fatte “per forza”, come la scuola, altre sono lasciate alla volontà personale: infatti gli
abbandoni avvengono proprio in corrispondenza di questo passaggio, nella fascia
Il mondodell’adulto
Il mondodel bambino
Famiglia:partner,
figli,parenti...
Genitori
Lavoro:capo,
colleghi,clienti...
Hobby:compagni
di squadra,tifosi...
Personalità
Comportamenti
Sistema divalori
Scuola
Sport
...
...
FamigliaScuola musicaDottrina
Compiacimentodei
genitoriAnsia
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adolescenziale, quando il ragazzo inizia a plasmare la sua personalità rendendosi
indipendente dai genitori, facendo maggiormente riferimento al gruppo di pari (compagni di
scuola, amici…), per cui se le aspettative dei genitori non coincidono con le sue si creano
attriti e ci può essere la scelta di fare delle cose diverse, rispetto allo sport.
Quindi, se adesso proviamo a fare questo esperimento: immaginiamo di essere dei bambini,
di non essere quindi sostanzialmente in grado di differenziare emotivamente i vari setting di
vita, la scuola, lo sport, magari la scuola di musica, dottrina (i ragazzi oggi sono
impegnatissimi e questo non aiuta nel processo di differenziazione) e ci sentiamo dire: vai
male a scuola, non ti lascio andare a calcio?
È probabile che questa associazione rendimento punizione fra contesti diversi (punire il
bambino nel setting sport perché va male nel setting scuola), per quanto può apparire
giustificabile, genera confusione perchè il bambino comprende solamente che deve
compiacere i genitori e le altre figure di riferimento (gli insegnanti nel contesto scolastico) e
su questo orienta i propri obiettivi.
Sin dalla più piccola età, il bambino si crea un insieme di valori e credenze che fanno da filtro
alle motivazioni, che a loro volta condizionano i comportamenti. Questo sistema di valori,
generalmente e un po' banalmente perché ovviamente non si può parlare di categorie rigide e
sovrapponibili in tutti i setting di vita, in ambito scolastico è generalmente divisibile a seconda
del tipo di risposta allo stimolo (la richiesta ambientale come, nel caso specifico, una
prestazione scolastica) in A) entitario e B) incrementale.
La visione entitaria è quella basata sulla credenza che il risultato dipenda dalle capacità e
abilità da dimostrare, per cui il SS con questa visione è fortemente dipendente dal giudizio
degli altri, dal compiacimento, dal rinforzo esterno. In questo caso il SS sceglie compiti facili
1
Genitori ScuolaAltre
agenzieGruppodi pari
6 12 16
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adolescenziale, quando il ragazzo inizia a plasmare la sua personalità rendendosi
indipendente dai genitori, facendo maggiormente riferimento al gruppo di pari (compagni di
scuola, amici…), per cui se le aspettative dei genitori non coincidono con le sue si creano
attriti e ci può essere la scelta di fare delle cose diverse, rispetto allo sport.
Quindi, se adesso proviamo a fare questo esperimento: immaginiamo di essere dei bambini,
di non essere quindi sostanzialmente in grado di differenziare emotivamente i vari setting di
vita, la scuola, lo sport, magari la scuola di musica, dottrina (i ragazzi oggi sono
impegnatissimi e questo non aiuta nel processo di differenziazione) e ci sentiamo dire: vai
male a scuola, non ti lascio andare a calcio?
È probabile che questa associazione rendimento punizione fra contesti diversi (punire il
bambino nel setting sport perché va male nel setting scuola), per quanto può apparire
giustificabile, genera confusione perchè il bambino comprende solamente che deve
compiacere i genitori e le altre figure di riferimento (gli insegnanti nel contesto scolastico) e
su questo orienta i propri obiettivi.
Sin dalla più piccola età, il bambino si crea un insieme di valori e credenze che fanno da filtro
alle motivazioni, che a loro volta condizionano i comportamenti. Questo sistema di valori,
generalmente e un po' banalmente perché ovviamente non si può parlare di categorie rigide e
sovrapponibili in tutti i setting di vita, in ambito scolastico è generalmente divisibile a seconda
del tipo di risposta allo stimolo (la richiesta ambientale come, nel caso specifico, una
prestazione scolastica) in A) entitario e B) incrementale.
La visione entitaria è quella basata sulla credenza che il risultato dipenda dalle capacità e
abilità da dimostrare, per cui il SS con questa visione è fortemente dipendente dal giudizio
degli altri, dal compiacimento, dal rinforzo esterno. In questo caso il SS sceglie compiti facili
1
Genitori ScuolaAltre
agenzieGruppodi pari
6 12 16
Sistemadi
valori
“Entitario” “Incrementale”Risultato:
dipende da riuscire a dimostrare abilità e capacità
Dipendente da:compiacimento erinforzo esterno
Orientamento a:compiti molto facili
Risultato:dipende da riuscire a
migliorare abilità e capacità
Dipendente da:soddisfazione interiore
Orientamento a:compiti ambiziosi
e incrementali
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ed evita accuratamente quelli troppo difficili, dove è più facile fallire, cosa che potrebbe
mettere in discussione la rappresentazione interna di sé stesso. Viceversa, la visione
incrementale è quella della persona orientata al miglioramento costante, indipendentemente
dal risultato e dal compiacimento di figure significative.
In questo caso i compiti troppo facili non sono stimolanti; le persone di questo tipo
preferiscono impegnarsi in compiti ambiziosi poiché percepiscono che il superamento degli
obiettivi dipende da loro stessi e non da cause esterne. In caso di fallimenti, questi soggetti
non cercano giustificazioni attribuendo ad altri o a cause esterne le responsabilità, ma anzi
considerano anche gli obiettivi parziali e soprattutto non mettono in discussione loro stessi;
possono, al contrario, arrivare a considerare l'insuccesso estrinseco come un successo
intrinseco, poiché ha consentito loro di aumentare le loro competenze ed aperto nuove
conoscenze.
Precisiamo che non esistono persone con un'etichetta oppure l'altra: ciascuno di noi
comunque ha creato, in base alle proprie esperienze infantili, un sistema di valori, di
attribuzioni, di ricompense, che poi orienta principalmente in un senso o in un altro. Non si può
neppure parlare in termini di “migliore” o “peggiore” perché ogni stile di orientamento può
essere efficace in certe situazioni o condizioni di vita, come mettere in difficoltà la persona in
altre situazioni, anche all'interno dello stesso percorso di vita. Tuttavia se non è vero che un
orientamento agli obiettivi intrinseci (proprio dello stile motivazionale c.d. “incrementale”) non
è sicuramente associabile al successo, un orientamento opposto, quello entitario, espone
molto di più, come dimostrano le ricerche e le osservazioni in vari campi, alle difficoltà perché
queste persone generalmente non dispongono di strategie efficaci per far fronte alle pressioni
ambientali, alle richieste dei contesti di vita, come quello scolastico e quello lavorativo, ma
anche quello sociale e quello relazionale.
La cosa importante, ed è in definitiva questo di cui stiamo discutendo, è che c'è un notevole
parallelismo con ciò che avviene nel mondo dello sport. Nel mondo dello sport si usano
termini diversi, perché si tende ad enfatizzare molto di più la classifica e l'aspetto competitivo,
ma gli aspetti sottostanti sono pressoché i medesimi: nel nostro ambito di parla non tanto di
orientamento, quindi di atteggiamenti e comportamenti, quanto di obiettivi pertanto: A)
obiettivi di performance e B) obiettivi di padronanza.
Sistemadi
valori
“Entitario” “Incrementale”Compiti facili:
stimolanti(oppure compiti
estremamente difficili)
Attribuzioni:esterne
Fallimenti:ricerca giustificazioni
Compiti facili:non stimolanti
(meglio compiti ambiziosima di media difficoltà)
Attribuzioni:interne
Fallimenti:possibile successo interno
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I primi possono essere sovrapporti all'orientamento entitario: ciò che conta è il risultato ed il
rinforzo che proviene dall'esterno (genitori, allenatore, la classifica…); se il risultato non arriva
o non è conseguibile l'obiettivo è fallito, senza mezze misure. Ne consegue che non ha senso
impegnarsi per un obiettivo difficile, perché comporta maggiori probabilità di insuccesso e, in
questo caso, comporterebbe un fallimento personale.
È evidente che in questo caso il soggetto sarà disposto ad impegnarsi solo fino a quando ha
successo, in caso contrario si verifica il drop-out, vale a dire l'abbandono ed il totale distacco
con l'ambiente (che viene associato a vissuti emotivi negativi, di insuccessi) così come
avviene nella scuola.
Il fenomeno del drop-out scolastico è evidente e per certi versi drammatico perché comporta il
fallimento di un'agenzia di socializzazione primaria come la scuola; secondo gli esperti in
buona parte è dovuto all'impostazione “competitiva” dell'insegnamento, che divide in “bravi” e
“non bravi”, o in altre categorie come “è bravo ma potrebbe impegnarsi di più” oppure “si
impegna ma non ci arriva proprio” e mette etichette per cui il successivo percorso scolastico
non viene scelto in funzione delle aspirazioni personali ma della “etichetta di insuccesso” che
ciascuno di noi si è trovato appiccicato in ciascuna materia: “bravo in matematica”, “non
portato per materie tecniche” ecc. Questo, almeno, dicono gli esperti.
Dalla parte opposta, l'obiettivo di padronanza comporta la visione di un obiettivo che non è
scritto nella classifica, ma nel sistema interno del sé: anche se la classifica non è positiva o la
prestazione comporta una sconfitta, la persona può percepire che comunque la sua
prestazione è stata migliore rispetto alla precedente e questo è un rinforzo interno,
“Entitario” “Performance”
“Incrementale” “Padronanza”
Stile diattribuzioni
Orientamentoagli obiettivi
Orientamentoagli
obiettivi
“Performance” “Padronanza”Rinforzo:
esterno (genitori,allenatore, classifica...)
Mancanza di risultato:fallimento personale
Impegno:solo in caso di successo(fenomeno del drop-out)
Rinforzo:interno (percezione
di incremento abilità)
Mancanza di risultato:riformulazione obiettivi
Impegno:incremento competenze,socialità, divertimento...
Drop-outscolastico
Abbandonodell’attività
Sistema scuola Sistema sport
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indipendente dai comportamenti di approvazione o disapprovazione delle altre figure di
riferimento, che produce l'associazione con stati affettivi positivi e inducono a continuare
l'attività, impegnandosi sempre di più. Anche in questo caso, la sconfitta non viene vissuta
come una minaccia alla rappresentazione interna di sé stessi, ne tantomeno come un
ostacolo, ma come un ulteriore obiettivo che, per essere superato, comporta l'acquisizione di
nuove competenze.
Certo, l'orientamento al sé non è un processo semplice, considerando che soprattutto nelle
prime fasi di vita il bambino è fortemente legato ai rinforzi dei tenitori e le altre figure di
riferimento. È un passaggio che può essere sperimentato proprio in particolari contesti: per
questo abbiamo voluto fare questo parallelismo fra quanto avviene nel contesto sportivo e
quanto in altri ambiti importanti del percorso evolutivo del B e dell'adolescente (che poi
andranno a riflettersi sulla personalità e le modalità di vita adulta) perché a questo punto
pensiamo sia facilmente intuibile il concetto che viene più volte utilizzato come uno slogan un
po' asettico, senza una reale comprensione, quello che associa lo sport ad una “palestra di
vita”.
Lo è realmente perché lo sport offre l'irrinunciabile possibilità di insegnare a vincere (cosa che
però riguarda solo pochi eletti) ma soprattutto offre l'opportunità, ben più importante, di
imparare a perdere. Imparare a dare il giusto significato all'obiettivo e alla sconfitta è
un'occasione irrinunciabile di apprendimento perché, se nell'ambito sportivo la sconfitta è non
solo tollerabile, ma fa parte del gioco stesso (perché è evidente che non si può vincere tutti!)
fuori dal campo da calcio o dalla palestra la sconfitta è meno tollerabile, perché può
comportare esiti molto più gravi e difficilmente recuperabili con una bella prestazione la
domenica successiva.
L'altro concetto è il ruolo del genitore e delle altre figure (allenatori, dirigenti…) che
compongono il mondo sportivo: è solo attraverso di essi che il bambino e l'adolescente si
costruiscono il sistema di valori, orientato in un senso o in un altro, che poi caratterizzeranno
la futura personalità adulta ed il filtro con cui verrà dato significato a successi e sconfitte. È
proprio attraverso le sconfitte, o meglio la modalità di superarle ed interiorizzarle
psichicamente, che il bambino costruisce la propria personalità ed in questo senso i genitori e
le altre figure costituiscono i medium di attribuzione di significato, tramite il sistema del
rinforzo alla risposta conseguente allo stimolo, secondo questo fondamentale schema:
Rispostaindividuale
Stimoloambientale
Rispostaindividuale
Stimoloambientale
Rinforzo(positivo onegativo)
Sistemainternodi valorie norme
Genitori
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Da ciò deriva il ruolo strategico dell'adulto, poiché tramite il sistema di rinforzi
(incoraggiamenti, compiacimenti, condivisione dei sentimenti da una parte, punizioni, stigma
e mancata partecipazione al sentimento del bambino dall'altra…) determina l'orientamento
dello stile di attribuzione e quello motivazionale. Va precisato che, nonostante il termine possa
trarre in inganno, il “rinforzo” non è qualcosa in più, qualcosa che interviene a suggellare un
significato già presente nel sistema interno del bambino, ma l'unico.
Soprattutto se il B è molto piccolo, l'unica modalità di apprendimento segue la sequenza
stimolo-risposta. Non vi è altro modo di imparare se un comportamento è da seguire o meno
se non il rinforzo del genitore: se il rinforzo è positivo il comportamento entra nel patrimonio
interno dell'individuo e lo caratterizza, se il rinforzo è negativo si estingue.
Se è già presente si assiste ad una fase detta “paradosso” in cui il comportamento viene,
contrariamente alle aspettative dei genitori, enfatizzato, cosa che mette spesso in difficoltà gli
stessi genitori e gli insegnanti che finiscono, così, per assumere a loro volta comportamenti
incoerenti che generano confusione nel sistema dei rinforzi.
L'argomento della motivazione e l'orientamento agli obiettivi è un aspetto fondamentale
che determina le scelte di vita di un individuo. Infatti, come dicevamo, le ricerche dimostrano
che la scelta scolastica è in gran parte determinata non dalle aspettative e dalle idealizzazioni
personali, ma dalla fiducia che la persona ripone di poter portare a termine un determinato
percorso scolastico. Il livello di fiducia, a sua volta, è determinato dal sistema di rinforzi che ha
contribuito a creare la rappresentazione interna di sé stessi, in termini di efficacia,
conseguente a come, nella fase evolutiva, le figure significative hanno contribuito a superare
e metabolizzare successi e, soprattutto, insuccessi.
In altre parole, se la persona ritiene che non riuscirà ad affrontare e superare i compiti
formativi che caratterizzano un determinato percorso, abbasserà le sue aspettative
coerentemente al livello di fiducia. È ovvio che, in questo modo, le opportunità per la persona
si riducono significativamente. Infatti, non è vero che ci sono persone assolutamente
intelligenti ed in grado di affrontare qualsiasi percorso scolastico e persone che vivono la
situazione opposta. Come non è vero che le ragazze sono più portate per materie
umanistiche, letterarie, artistiche, ed i ragazzi per materie tecniche.
Rispostaindividuale
(comportamento)
Rinforzo(esplicito/implicito)
Comportamentoestinto
Comportamentonel patrimonio
personale
Negativo
Positivo
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Vero è invece che se una ragazza vuole affrontare un percorso tipicamente riservato ai
maschietti, viene stigmatizzata ed il rinforzo negativo (reale o anticipato) finisce per farla
desistere. Nelle prove strutturate di abilità matematica le ragazze non conseguono risultati
significativamente inferiori rispetto ai maschi: tuttavia nei compiti ottengono effettivamente
risultati inferiori ma solo se sono compiti orali.
Come mai? Perché sono gli stessi insegnanti che, involontariamente, contribuiscono con
micro comportamenti verbali e non verbali a confermare lo stereotipo che vuole le ragazze
meno abili nelle materie tecniche e la l’individuo finirà ancora una volta per compiacere
l'insegnante, assumendo comportamenti coerenti con le aspettative di quest'ultimo. Può
sembrare un paradosso, ma è un fenomeno ampiamente descritto ed accertato: fa parte delle
c.d. Teorie che si auto avverano (individuate e studiate dal noto sociologo Robert K. Merton
negli anni ‘50).
Per esempio la matematica: a chi piace? Eppure è dimostrato che, al di là di alcuni aspetti
patologici (disturbi specifici dell’apprendimento dovute a cause metaboliche) che riguardano
una ridottissima percentuale della popolazione scolastica, a determinare il successo o meno
in questa materia non è l'abilità di base, quanto la motivazione: chi subisce emotivamente
l'obiettivo, e poi non lo supera, non potendo sottrarsene lo associa ad ansia anticipatoria
(molto simile all’”ansia da prestazione agonistica” di cui parleremo nel prossimo incontro) che
finisce per far peggiorare la prestazione e creare un circolo vizioso. Quando gli psicologi
scolastici riescono a modificare la percezione dell'obiettivo nelle rappresentazioni di studenti
con ritardo nel percorso scolastico, se l'obiettivo viene percepito non come livello di voto,
approvazione dell'insegnante o dei genitori, ma come una opportunità di conoscenza o
addirittura di divertimento, le prestazioni di questi studenti, prima scarse, diventano
improvvisamente superiori rispetto a quelle degli studenti più metodici.
Persino nei disturbi specifici di apprendimento, che a volte hanno cause neurologiche, il tipo di
motivazione svolge un ruolo fondamentale: non è chiaramente in grado di far superare il
deficit, ad esempio la capacità di rimanere concentrati sul compito o comprendere il
significato di un testo, ma consente allo studente motivato di superare tale deficit individuando
strategie alternative, personali, ma altrettanto efficaci. Gli studi dimostrano che nella
popolazione universitaria vi sono molti studenti con deficit cognitivi specifici, ma che
scompaiono nel quadro generale del funzionamento cognitivo, proprio perché la motivazione
ad apprendere e progredire ha consentito loro di individuare e mettere in atto strategie efficaci
per superare le loro difficoltà. Anche se il riferimento è sicuramente banalizzato, potremmo
dire che questi studenti sono stati ragazzi e bambini che non si sono abbattuti davanti alle
prime sconfitte che il percorso scolastico ha riservato loro e, probabilmente, hanno appreso
questa strategia subendo ripetuti insuccessi in campo sportivo, forse grazie ad un ambiente
protettivo che ha offerto rinforzi efficaci con uno stile di apprendimento orientato alla
competenza e al piacere nel progredire.
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Il mondo dei bambiniPassiamo ad un altro argomento, certamente collegato al precedente. Ora che vi abbiamo
offerto qualche spunto di riflessione per comprendere la modalità con cui i bambini e gli
adolescenti costruiscono la loro personalità, che è in pratica un filtro con cui si rapportano al
mondo, attraverso i loro comportamenti, se vogliamo che queste nostre riflessioni servano a
qualcosa è importante anche comprendere che per contribuire efficacemente a creare un
sistema di rinforzi protettivo dobbiamo osservare il mondo con gli occhi del bambino, perché i
nostro mondo, rispetto al loro, è completamente diverso. È diverso come colori, come
forme, come dimensioni, come spazi, perché anche le modalità percettive del bambino
sono diverse dalle nostre.
Soprattutto, per il bambino, il mondo è un ambiente ristretto, dove ci sono i genitori e poche
altre figure, fatto di sentimenti molto forti: un mondo insomma pieno di cose belle ma anche
qualche cosa brutta. Il problema, per noi, è che il bambino inizialmente non sa distinguerle
da solo; siamo noi, proprio con il nostro sistema di rinforzi, che determiniamo la creazione di
un sistema di norme: questo è buono e questo è brutto, questo si può fare e questo non si può
fare.
Naturalmente, vi eravate ben resi conto che il mestiere di genitore non è banale: non è
sufficiente indirizzare il bambino vero comportamenti permessi e comportamenti non
permessi, poiché bisogna fare i conti con altri aspetti: la necessità di esplorazione del
bambino, che sposterà il limite, non solo quello fisico, sempre un po' più in là… la necessità
del bambino di capire, per cui, per essere efficace, un rinforzo deve essere associato ad un
significato, altrimenti viene associato ad un sentimento negativo. In questo caso l'esito è, ad
esempio, non mettere in atto un comportamento solo se si corre il rischio di essere scoperti e
puniti, e non perché viene interiorizzata la norma.
Per questo il comportamento di certi allenatori
che insegnano a simulare il fallo è fortemente da
stigmatizzare (nella speranza che non sia una
pratica comune), non tanto per i giocatori,
quanto per il fatto che questi costituiscono dei
modelli per le giovani menti in formazione. Il
legame con certi comportamenti disadattavi
degli adolescenti non è poi così difficile da
trovare…
Ma soprattutto, in cosa è diverso il mondo dei B
rispetto a quello del mondo degli adulti? In molte
cose, naturalmente, ma c'è un aspetto che viene
troppo ignorato o minimizzato. I bambini non
possiedono capacità di astrazione.
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Cosa significa? Significa che per un bambino:
Certo, anche per noi adulti 2+2 fa 4, ma per noi il 4 può assumere significati diversi.
Ad esempio, se qualcuno vi chiedesse di mettere sul tavolo 4.000 euro e poi giocarveli a testa
e croce, un buon 90% di voi rifiuterebbe.
Eppure la possibilità di perdere 4.000 euro è esattamente la stessa che vincerli (il 50%: o testa
o croce). Però per noi 4.000 euro valgono di più se rischiamo di perderli piuttosto che se
rischiamo di vincerli. Se vi proponessi di giocare 4 euro, la percentuale di persone disposte a
rischiare aumenterebbe notevolmente: eppure la probabilità di vittoria contro quella della
sconfitta, come il valore della vittoria e della sconfitta, sono identiche alla prima.
I bambini queste valutazioni non sono in grado di farle: questa possibilità la concede
l'esperienza ed è questo il motivo per cui la nostra specie, differentemente da altre, ha un
percorso evolutivo molto lungo, perché il nostro adattamento è fortemente vincolato
all'esperienza. I bambini, differentemente da noi adulti, ragionano secondo la “logica
mentale”, senza capacità di astrazione: 2+2 fa 4 e solo 4. Il 4 non prevede sfumature, fino a
quando l’esperienza non concede di cogliele.
Come funziona la “logica mentale”? La formula classica della logica formale è la seguente:
Se si verifica la condizione P, allora si verifica anche quella Q (modus ponens, secondo i
classici, che mi scuseranno per la banalizzazione).
L’altra formula classica è quella modus tollens: se non si verifica P non si verifica neppure Q:
Proviamo a giocare un po' con questa formula per capire cosa significa per un bambino:
2 + 2 = 42 + 2 = 4
Valgono lo stesso
se sono persi, o
se sono guadagnati?
4.000 euro
4.000 euro
(La probabilità è sempre 50%)
Se P = Q[ Modus ponens ]
Non P = non Q[ Modus tollens ]
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Tutti noi siamo perfettamente d'accordo che dare del cornuto all'arbitro fa parte del folklore,
del contorno di questo sport. Per inciso ogni sport ha le sue espressioni, sia chiaro. Tutti noi
andiamo alla partita sapendo che se passeremo 90' ad apostrofare l'arbitro ed insultare
giocatori avversari nessuno se la prenderà, perché prima o poi i ruoli si invertiranno e tutto ciò
contribuisce ad aumentare il divertimento (salvo episodi estremi che tuttavia non muovono
più di tanto le statistiche).
Giochiamo ancora un po' con la formula
E ancora
Non sono previste sfumature di significato, non sono previsti significati che si modificano da
un contesto all'altro, dal fatto che lo pronunci un avversario, un genitore, il genitore di un altro
bambino... È vero che il modo di ragionare secondo conseguenza logica è proprio dei bambini
più piccoli, ma c'è anche la tendenza a credere che gli adolescenti abbiano già creato un
sistema astratto di interpretazione del mondo.
Differentemente dai bambini, gli adulti non usano un sistema di regole logiche ma, trovandosi
in un mondo eccessivamente complesso, per spazi, tempi, quantità e caratteristiche degli
stimoli, si creano delle strategie di semplificazione che consistono in questo: la realtà viene
completamente smontata e rimontata, ma quando la rimontiamo non lo facciamo con gli stessi
pezzi, ma secondo “indizi”, per cui la realtà viene quasi “re-inventata”. Questo avviene sia a
livello percettivo (le 2 linee rosse sembrano diverse, ma sono uguali), che per i processi più
complessi.
[ Modus ponens ]
Se mio papà dice che l’arbitro è cornuto
= l’arbitro è cornuto
(P)(Q)
[ Modus ponens ]
Se mio allenatore dice che sono ............. (P)(Q)= allora sono .............
[ Modus tollens ]
Se non mi fanno giocare, (non P)(non Q)= allora non sono bravo
come gli altri bambini
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IPuos d’Alpago ~ 19 febbraio 2010
PSICOLOGIA DELLO SPORT
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Le illusioni ottiche ce lo dimostrano: non sono “avarie” del nostro sistema visivo, in questo
caso, ma evidenze del nostro sistema di dare significato agli oggetti del mondo.
La dimostrazione che viviamo in una realtà ricostruita è di
fronte a voi: come sapete nel nostro occhio c'è un punto
ceco, la macula caeca, in cui l'immagine non si riflette;
eppure nessuno di voi ha una visione con un buco in
mezzo, perché il cervello completa la visione utilizzando
come indizi le informazioni che sono all'esterno della
macula caeca. Le stesse modalità di ricostruzione della
realtà le utilizziamo anche per i processi complessi, come
“pensare”.
Diversamente dai bambini, ci facciamo “attrarre” da indizi e poi ricostruiamo la realtà in base
ad essa. Spesso ci sbagliamo, ma non importa, perché generalmente questo sistema
funziona. Ma è un sistema che, a livelli complessi come i significati, possediamo solo da adulti
e per questo il mondo che vedono i bambini è completamente diverso rispetto al nostro.
Se, come è comprensibile, state pensando che tutto ciò sia relegato nei manuali di logica e in
quelli di psicologia evolutiva, non ciresta che dimostrarvi che, almeno in parte vi sbagliate. La
dimostrazione è nell’esito del “Test dei 3 minuti” che vi è stato somministrato all’inizio della
serata. Tutti voi si sono impegnati moltissimo per riuscire a fare più esercizi possibile ed
arrivare prima degli altri. Allora andiamo un po' a vedere cosa c'era scritto nella prima
domanda.
Come vedete l'informazione che vi avrebbe dovuto far assumere il corretto significato di
questo test era tutt'altro che nascosta. Ma voi (come sempre accade, questo test lo
somministriamo spesso negli incontri di formazione aziendale) avete utilizzato degli indizi: il
fatto che lo abbiamo chiamato test, che abbiamo inserito uno scopo competitivo, abbiamo
inserito fretta ed altri elementi. E questo vi ha in qualche modo ingannato.
[ F
oto
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co
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eu
.co
m ]
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Come dicevamo, questo accade sempre: il fatto è che non ce ne accorgiamo proprio per il
fatto che noi utilizziamo euristiche cognitive di semplificazione degli stimoli ma poi, anche se
ce ne accorgessimo, tutto sommato non cambierebbe molto la nostra vita, perché in effetti
queste strategie nel 99% delle occasioni sono efficaci.
A questo punto, per tirare le somme di quanto abbiamo detto finora e dimostrarvi che il nostro
modo di interpretare il mondo è diverso da quello dei bambini, e per questo dobbiamo
sforzarci di assumere un po' il loro punto di vista per poterli condizionare ed aiutare, bisogna
completare questa dimostrazione: il filmato che vi abbiamo mostrato dimostra che bambini di
6-8 anni di età, pur con una versione semplificata del test (visto che hanno appena imparato a
leggere e a fare calcoli semplici) leggono tutti gli esercizi, come richiesto nel primo punto,
eseguendo perfettamente le prescrizioni senza cadere in errore. È la dimostrazione pertanto
che usano un sistema “logico”, che non prevede semplificazioni ingannevoli e sfumature di
significato.
A questo punto vi sarà, probabilmente, più facile assumere il punto di vista del bambino:
proviamo a metterci nei suoi panni e immaginiamo di trovarci di fronte ad un pubblico che si
esprime in “un certo modo”.
Come vedete non abbiamo messo le frasi nel fumetto, lasciamo a voi completarle, secondo la
vostra esperienza personale, anche diretta.
Conclusioni Prima di concludere, poiché l'argomento genitori e sport è stato affrontato secondo diverse
sfaccettature da esperti di varia estrazione e da società sportive anche blasonate, e tutti non
hanno avuto risultati positivi a giudicare da quanto è riportato in letteratura e nelle riviste
specializzate, vorremmo chiarire che non abbiamo parlato di argomenti di cui forse qualcuno
si attendeva almeno un accenno.
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Infatti, solitamente, si tende ad associare l'incomprensione dei genitori nei confronti dello
sport, con esiti alcuni episodi che a volte arrivano agli onori (se non agli “orrori”) delle
cronache, ad aspetti di personalità e difficoltà individuali degli stessi genitori. Si dice che i
genitori riversino sui figli aspettative di mobilità sociale, rivalsa di obiettivi sportivi non
raggiunti, debolezze psicologiche di vario tipo. Non che ciò non sia vero, ma lo riteniamo una
banalizzazione che non spiega la complessità del problema, tant’è vero che i modelli che
sono stati creati per intervenire sul problema, come è noto, non hanno portato ad alcun
risultato.
Infatti la personalità individuale tende ad accordarsi a quella del gruppo e allo stile prevalente
degli altri individui, un processo che è noto come “normalizzazione”, per cui le norme
individuali vengono sostituite da quelle del gruppo, magari ispirate da un leader carismatico.
Non ci siamo concentrati su questi argomenti perché noi riteniamo che alla base di ciò vi sia
una reale incomprensione, nel senso che gli adulti assumono che il mondo del bambino sia
identico a quello degli adulti. Vi abbiamo dimostrato che non è così, senza avere la pretesa di
aver spiegato un mondo complesso come quello dei bambini e, ancora più complesso, quello
degli adolescenti, che presenta problematiche forse maggiori, ma che evidenti limiti di spazio
e tempo non è possibile toccare.
Però speriamo di averi ispirato qualche riflessione.
Vi ringraziamo per l’attenzione.
Ulteriori informazioni sul sito:
www.studi-associati.info
www.extra-training.info
partecipa alle discussioni su facebook
psicologia dello sport e turismo sportivo
saremo lieti di ricevere riflessioni, integrazioni (e critiche)
oltre che proposte per i prossimi incontri.
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