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LA STAMPAGIOVEDÌ 23 MARZO 2017 .29

Risorgimento e della storia pa-tria (da Cavour a Giuseppe Ver-di). Testa riuscì a partorire del-le autentiche icone grafiche, ilcui ricordo si tramanda tutt’og-gi, dall’elefante Pirelli alla sferache ne sovrasta un’altra mezzadi Punt e Mes (in dialetto pie-montese «un punto e mezzo»),dall’ippopotamo azzurro Linesfino ai pupazzi di Caballero eCarmencita per il caffè Paulistadella Lavazza. E tantissime so-no state le imprese importantiche si sono rivolte a lui, dalla Pe-roni alla Face, da Borsalino aOlio Sasso, sino a Bnl.

Un Paese nel pieno del mira-colo economico e una società af-fluente hanno trovato in Testa il cervello creativo per rappresen-tarsi ed esprimere la gioiosa ver-tigine dei consumi che finalmen-te si allargavano a settori ampi della popolazione. Il Carosello tv fu il palcoscenico di questa sta-gione di consumismo felice e pa-cificato che si premurava di arri-vare direttamente dentro le casedegli italiani, e lo Studio Testa nerappresentò il principale, e più brillante, «spacciatore di idee».Anche intra moenia, perché diquel fermento e di quella fase di modernizzazione sotto la stella dell’americanizzazione Testa si èfatto terminale – lui che proveni-va dall’assai più tradizionale cul-tura della cartellonistica – adot-tando i paradigmi di organizza-zione del lavoro d’Oltreoceanoalla propria agenzia, e cavalcan-do la ventata di novità e le poten-zialità in termini di efficacia of-ferte dal tubo catodico.

Cominciano così a piovere iriconoscimenti e, tra il ’65 e il ’71,gli viene assegnata la cattedra diDisegno e Composizione della stampa presso il Politecnico di Torino. Nel ’78 cambia l’assettosocietario, e sorge l’Armando Testa spa, che sbarca anche aRoma e Milano affermandosi co-me la prima agenzia pubblicita-ria nazionale per fatturato (e, tuttora, altra significativa pecu-liarità, costituisce l’unica ope-rante nel Paese a capitale intera-mente italiano). Dalla seconda metà degli anni Ottanta, maturauna svolta professionale che conduce Testa a lavorare sem-pre più strettamente con istitu-zioni e festival culturali: sua è l’ideazione del logo e dell’imma-gine del Salone del libro.

c BY NC ND ALCUNI DIRITTI RISERVATI

La sedia ATdel 1990

Milano presentaTempo di Libri

“Non sfidiamo Torino”Michela Murgia lancia la nuova Fiera

che si terrà a Rho: cultura, cucina, internetFOTOGRAMMA

La presentazione di Tempo di Libri, ieri a Milano

Ecosì anche a Milano trapoco è «Tempo di Li-bri» (19-23 aprile). La

nuova fiera dell’editoria natanon senza strappi e polemicheha svelato ieri in grande stilela sua prima edizione. MichelaMurgia a presentare, a far glionori il sindaco Giuseppe Sa-la, che ha spiegato perché pro-prio «a Milano». «Perché ognidieci libri, 4 si pubblicano quie perché nell’area milanese siregistra il 20% delle vendite».

Il sindaco snocciola numeribrillanti sulle performance dilettura dei concittadini ma ri-badisce che il senso non è «fa-re meglio degli altri, piuttostoriconoscere che il fermentoculturale in atto non si puòfermare ai successi dell’eco-

nomia o ai flussi dei turisti». Una sfida di Milano a se stes-

sa con 2000 autori, 437 esposi-tori, 700 eventi in 17 sale e unauditorium da 1000 posti. Il tut-to su una superficie di 35milametri quadri cui si aggiungono iluoghi in città: biblioteche, li-brerie, locali e bar. Qui al FuoriTempo, come nel precedente il-lustre del Fuorisalone (del mo-bile), il popolo del libro si spo-sterà alla chiusura della fiera aRho (alle 19) per proseguire ledotte conversazioni davanti acocktail e cene letterarie.

Si tiene a dire, infatti, chequesto salone non sarà come unristoratore che vende solo «pie-tanze-libri» (copyright MichelaMurgia) ma «libri come attiva-tori di relazioni», mettendo in-sieme il gusto per le storie dicarta e quelle personali.

Un salone da vivere, «in cui cisarà una sezione per i libri anti-chi, per l’editoria scolastica, maanche un grande spazio per i li-bri di cucina», annuncia la pre-sidente Renata Gorgani, «con showcooking e chef stellati».Un salone, per dire, che non haimbarazzo a inserire, fra i 2000nomi in arrivo, youtuber come iThe Show, l’instagrammerGianluca Vacchi e glorie di San-remo dal karma antico e nuovo,come Peppe Vessicchio a Fran-cesco Gabbani.

Sì, ma i libri e gli scrittori?Tanti, ovviamente, e ognuno potrà dedicarci il «tempo» chevuole attraverso sezioni decli-nate secondo le lettere dell’alfa-beto: A come avventura, B co-me Bacio (rosa & sentimenti) evia compitando. Alla lettera Dci sono i Dissidenti, da Saviano

a don Milani, di cui si presentain anteprima il Meridiano cura-to da Alberto Melloni; alla Q diQuanto si incontra Irvine Wel-sh, alla X tanti grandi, dall’ir-landese Edna O’Brien agli isra-eliani Grossman e Yehoshuaagli italiani Fleur Jaeggy, Maz-zantini, Siti, Starnone e il criti-co Asor Rosa. Fra i più attesi, ilgiallista norvegese Jo Nesbonel suo unico passaggio in Italiae Sophie Kinsella che rendeomaggio a Jane Austen. Omag-gio (non postumo ma per i suoi70 anni) anche a Stephen Kingcon Filippo Timi che legge bra-ni di Shining.

Insomma, un palinsesto piùche vario, a cui contribuirannocon cose proprie i Festival e isupplementi culturali dei quoti-diani, compreso Tuttolibri de LaStampa.

Niente accenni al Salone diTorino? Qualcuno dal sindaco Sala, come pensieri ad alta voce.«Sono convinto che Torino farà ancora bene e che forse non hasenso ci siano due edizioni, ma per il momento così è. Fossi sta-to al posto del sindaco Appendi-no avrei probabilmente resistito e fatto un’altra edizione. Vedia-mo se ci sono i margini per unaformula diversa in futuro». Det-to questo», ha rassicurato i con-cittadini, «ha senso che a Milanoun salone ci sia».

c BY NC ND ALCUNI DIRITTI RISERVATI

SARA RICOTTA VOZA

Avrei cioè resistitoe fatto un’altra edizione.Vediamo se in futuro ci sarannoi margini per una formula diversa

Giuseppe Sala

Forse non ha sensoche ci siano due SaloniMa per il momentoè cosi. Fossi stato alposto della Appendinoavrei fatto come lei

Che cosa Gesù può inse-gnare all’Islam? si chie-de Mustafa Akyol, au-

tore turco, editorialista delNew York Times e di molti altrigiornali internazionali, e mu-sulmano devoto. Nel suo ulti-mo libro, The Islamic Jesus (St.Martin’s Press), lo scrittoreracconta il Gesù coranico, an-che alla luce di un’attenta let-tura del Nuovo Testamento,dei testi canonici e non cano-nici della tradizione giudaico-cristiana. Il Gesù del Corano,benché nato da Maria Vergi-ne, cui il libro sacro dell’Islamdedica una delle sure più lun-ghe, non ha natura divina, maè uno dei principali Profeti ve-nuti prima di Maometto.

Per Akyol, il Gesù del Cora-no può rappresentare per unmondo islamico in crisi unaterza via. E per spiegare co-me, l’autore chiama in causalo storico britannico ArnoldToynbee, che nel suo Civiltàalla prova, del 1948, ha parlatodi una crisi interna all’Islam(come Bernard Lewis più tar-di nel suo La Crisi dell’Islam):una frustrazione del mondomusulmano - a lungo faro del-la civiltà ma dal XIX secolo indecadenza - nel suo rapportocon un occidente tecnologica-mente e culturalmente forte.Toynbee è stato il primo a fareil paragone, su cui si basa il li-bro di Akyol, tra questa crisi euna crisi più antica: quella de-gli ebrei al tempo della domi-nazione romana nel primo se-colo avanti Cristo. Come allo-ra da una parte c’erano i «mo-dernisti» che collaboravanocon Roma e imitavano l’occi-dente, e dall’altra gli «zeloti»,militanti in armi contro Romae propositori di una stretta

aderenza alla legge religiosa,questo accade anche oggi peralcuni musulmani.

I modernisti alla Kemal Ata-türk si sono opposti nei decen-ni agli wahhabiti del puritane-simo religioso o agli estremiviolenti dello Stato Islamico edella sua interpretazione iper-letterale dei testi sacri. Da qui

l’idea di Akyol, presa in presti-to da altri pensatori musulma-ni del passato, della necessitàdi una terza via. Questa terzavia i musulmani potrebberotrovarla nel Gesù del Corano,dice Akyol: Gesù non lotta con-tro i romani, non si piega a loro,ma insiste sulla riforma dellafede, chiedendo di focalizzarsi

sui principi morali senza segui-re la legge religiosa alla lettera.«C’è una crisi del mondo isla-mico e una estrema reazione aquesta crisi. Dobbiamo trovareuna terza via: cerco di capireche cosa Gesù insegnava in unperiodo di conflitto come quel-lo degli ebrei contro i romani,simile ai tempi di oggi. La suaazione era contro una estremalegalizzazione che ritenevafonte di ipocrisia. E questo è unproblema che vedo anche nelmondo islamico di oggi. L’inse-gnamento di Gesù può essereuna cura all’azione degli zelotimusulmani. Gli zeloti del pri-mo secolo erano coloro che vo-levano combattere Roma,espellere i romani e creare unateocrazia. Gesù portava unmessaggio di rinnovamentodella propria fede quando lacomunità era divisa».

L’esempio riportato nel volu-me è quello del «Regno di Dio»,il «Califfato» nel paragone con ifondamentalisti dell’Islam mo-derno. Nel primo secolo, per chiaderiva alla lettera alla legge,era la premonizione di un regnoterreno, mentre Gesù introdu-ce la sua versione spirituale: «IlRegno di Dio è dentro ognunodi voi» (nel Vangelo di Luca).

«Come musulmani oggi ab-biano bisogno di una visioneche non sia né l’autoritarismo

laico né l’autoritarismo islami-sta, due poteri che si rafforzanol’uno con l’altro: no al-Sisi e noFratelli musulmani. I musul-mani possono imparare dall’oc-cidente, ma mantenendo leproprie tradizioni», sostieneAkyol, secondo il quale non sa-rebbe affatto controverso ri-cordare ai musulmani l’inse-gnamento di Gesù. Il Corano in-segna la storia dei Profeti pri-ma di Maometto e chiede di im-parare da loro.

Potrebbe invece essere con-troverso proporre una letturadel Nuovo Testamento, anchese il Corano rimanda alle scrit-ture precedenti del monotei-smo. Ci sono accademici mu-sulmani che studiano nelleuniversità moderne la teologiae la storia delle altre religioni,ma questo non accade nellemadrasse, le scuole religiosetradizionali. «È un errore. Iprimi musulmani in realtà lofacevano. I conflitti politici deltempo hanno trasformato larealtà. All’inizio c’era più ecu-menismo. Lo abbiamo persoed è tempo di ritrovarlo. Ab-biamo bisogno di idee permuoverci in avanti, e le idee almomento non sono abbastan-za forti per tirarci fuori dallacrisi attuale: io dico, cerchia-mo una terza via tornando allenostre stesse origini».

ROLLA SCOLARI

“È il Gesù Profeta del Coranola risposta alla crisi dell’Islam”La tesi dello scrittore turco Mustafa Akyol: il suo insegnamento

è una perfetta terza via tra il fanatismo conservatore e il laicismo

Miniatura persiana che raffigurerebbe Maria con Gesù bambino

Ognuno con il suo passo: lento o veloce,Origami racconta i “Cammini”del mondoSantiago di Compostela, via Francigena, ma non solo. Si cammina per passione, per bisogno, per moda. Bruce Chatwin, lo scrittore giramondo che ha percorso il pianeta tra Patagonia, Africa, Australia, Russia, ha fatto scuola. I «Cammini» sono diventati un business turistico: la maggior parte di coloro che si mettono in marcia per la tomba dell’apostolo Giacomo in Galizia, non lo fanno per motivi

religiosi. Anzi, che paradosso, spesso non sanno neanche qual è la meta del pellegrinaggio. Sul nuovo numero di Origami, in edicola a partire da oggi, questo fenomeno viene analizzato e raccontato da tanti punti di vista. Don Pallotta, accompagnatore di pellegrini, avverte che sul «Cammino» non si trova moglie. Il filosofo e tracciatore di vie nel mondo Luca Gianotti spiega che il segreto è «non correre mai». Lo scrittore e alpinista Marco Albino Ferrari racconta il mito delle Alte vie delle Alpi. Le riflessioni di W. G. Sebald, Honoré de Balzac, Maurizio Maggiani, Maurizio Cucchi. E la graphic novel di Ettore Mazza

c BY NC ND ALCUNI DIRITTI RISERVATITanti sono gli uomini, altrettante le

camminate! Volerle descrivere in

maniera esaustiva significherebbe

cercare le desinenze del vizio e i lati

ridicoli della società, esplorare il

mondo nelle sfere basse, medie e alte.

Rinuncio.Teoria del camminare, elliot, 2014

Vizio

Honoré de Balzac

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ORI

GAMI

23 Marzo29 Marzo2017

A ciascunoil suo

Cammino

Nell’agosto del 1992, quando la canico-

la cominciò ad allentarsi, intrapresi un

viaggio a piedi attraverso la contea di

Suffolk in East Anglia con la speranza

di sfuggire al vuoto che si stava diffon-

dendo in me dopo la conclusione di un

lavoro piuttosto impegnativo. Una

speranza che fino a un certo punto si è

realizzata, perché di rado mi sono

sentito così libero, durante le ore e i

giorni passati a vagabondare per quelle

contrade, spesso solo scarsamente

popolate, a poca distanza dalla costa.

Da Gli anelli di Saturno, Adelphi, 1995

Libertà

W. G. Sebald

N. 71

È una moda, un bisogno, un

business. È un gesto

semplice: si deve

appoggiare il piede con

sicurezza e piegare il

ginocchio. Non bisogna

correre, si può fare da soli o

in compagnia, disponibili

a dialogare con chi

si incontra. In città, in

campagna, al mare, in luoghi deserti o abitati.

Camminare sta diventando un fenomeno di massa.

Centinaia di migliaia di persone ogni anno si mettono in

marcia per Santiago di Compostela , sulla via

Francigena, sui mille itinerari che vengono disegnati in

tutto il mondo. È una buona pratica di vita e una terapia

per vari malanni, ma attenzione non è una panacea:

mettersi in cammino può aiutare a ritrovare se stessi,

però i veri pellegrini devono sapere cosa cercano

Un solo foglio, le molte pieghe dell’attualità