1. Brevi note sulla presenza del mais nel Cremasco storico
Originario dell'America centrale, il mais giunge in Italia dalla
Spagna Solo pochi decenni dopo il suo sbarco in Spagna, il mais,
cereale proveniente dallAmerica centro-meridionale, fece la sua
comparsa anche il Italia. Dapprima collezionati e studiati in orti
botanici e giardini privati, come curiosi esotismi, i primi
esemplari divennero ben presto oggetto di pi diffusa coltivazione,
sebbene inizialmente questa rimanesse relegata agli orti domestici.
Il nuovo tipo di granaglia, dai chicchi gialli e rossi, disposti in
mirabile ordine su una pannocchia, come ebbe a definire il nuovo
cereale Pietro Martire dAnghiera, umanista e diplomatico italiano
alla corte del re di Spagna, quando ne ricevette i primi campioni
direttamente da Cristoforo Colombo, nel 1493, inizi ad essere
conosciuto e coltivato, in Italia, a partire dalle regioni del
Settentrione, con in testa il Veneto, dove appaiono anche
documentati i primi tentativi di coltura in pieno campo sin dal
1554, nel Polesine rovigotto.
2. Altri possidenti terrieri della Repubblica di Venezia
seguirono lesempio e continuarono a sperimentare e a diffondere in
modo significativo la nuova coltura che raggiunse ben presto il
Padovano, il Trevigiano, il Veronese, per spingersi nel Ferrarese
gi negli ultimi anni del XVI secolo, in un evidente processo di
espansione favorito, probabilmente, dai ricorrenti episodi di
carestia che vedevano nel mais un valido alleato nellincessante
battaglia contro la fame. Ben pi produttivo del frumento e del
miglio, and ben presto sostituendo questultimo, base consueta
dellalimentazione contadina del tempo, mentre il maggior consumo di
mais da parte della popolazione rurale ma anche cittadina , liber
maggiori quantit di frumento da immettere sul mercato, con evidenti
vantaggi economici da parte della propriet terriera.
3. La comparsa del mais in territorio Cremasco Allo stato
attuale delle conoscenze non sappiamo quando il mais che in
Lombardia prese, tra gli altri, il nome di formentone, melgone,
sorgo turco, granoturco fece la sua comparsa in territorio
cremasco. Essendo questultimo lestrema propaggine occidentale dei
domini della Serenissima Repubblica di Venezia dal 1449 al 1797 ,
non sarebbe difficile supporre, anche qui, un suo ingresso
abbastanza precoce, come successe negli altri territori di
Terraferma. Tuttavia finch migliori ricerche darchivio non ci
potranno consegnare informazioni pi precise, per ora possibile
ritenere le prime notizie relative alla coltura del granoturco nel
Cremasco sulla base delle indagini svolte e pubblicate sin dal 1924
da Luigi Messedaglia, medico, politico e storico dellagricoltura
risalenti agli anni Trenta del XVII secolo, allincirca, vale a dire
negli anni appena successivi a quelli che videro i terribili esiti
della famosa peste di manzoniana memoria.
4. Si rafforza, cos, la convinzione che la coltivazione del
nuovo cereale di origine americana fosse vista come uno dei
possibili ripieghi volti a sopperire alle carenze annonarie del
momento, spesso dovute alla mancata produzione agricola che il
forte decremento demografico subito dal territorio e il conseguente
abbandono di molte terre causava, insieme alle molte altre avversit
possibili. La seconda met del Settecento Poich di norma il sorgo
turco, insieme al miglio (ma anche al panco e al sorgo vero e
proprio), rientrava nella definizione dei grani minuti difficile
stabilire, sulla base della documentazione finora consultata,
piuttosto generica sotto questo profilo, quanta e quale diffusione
avesse raggiunto il mais ancora nella prima met del XVIII
secolo.
5. Secondo Giuseppe Racchetti, erudito cremasco che illustr con
sue annotazioni ledizione del 1844 della Storia di Crema di
Alemanio Fino la notevole crescita che la popolazione del
territorio cremasco sub nella seconda met del Settecento, sarebbe
da attribuirsi a un nuovo genere di alimento divulgato a quellet,
cio al mas, o formentone, come volgarmente si chiama, il quale in
prima era tenuto a vile, come attest la plebe nella sedizione del
1750. Sulla base di questa testimonianza, dunque, si potrebbe
ritenere che solo a partire da questa data la coltura del mais in
territorio cremasco abbia avuto un incremento deciso. Tuttavia
documenti relativi ad aree limitrofe al Cremasco, come a Trigolo,
per esempio, consentono di accertare che sin dai primi decenni del
XVIII secolo la coltivazione del melegotto occupasse gi superfici
percentualmente non irrilevanti rispetto alle altre colture.
Girolamo Maria Soranzo, rettore veneto di terraferma della citt di
Crema tra il 1789 e il 1791, stimava in 120 mila some (ossia circa
145/150 mila q.li, rapportati al peso specifico del miglio) il
raccolto annuo de li minuti, cio miglio e sorgo turco del Cremasco,
precisando, soprattutto, che una parte di questi si seminava su
terreni dove gi era stato mietuto il frumento.
6. Ci, forse, consente di ipotizzare, per quanto concerne il
mais, limpiego di variet da secondo raccolto, come da noi sempre
stato il Quarantino o il Cinquantino, che in verit si seminava
anche dopo lo sradicamento del lino, cos rinomato e cos estesamente
coltivato in gran parte del Cremasco. Gi nel 1771, del resto, il
conte Annibale Vimercati Sanseverino scriveva a proposito del
Cremasco: Un Podere di quattrocento Pertiche, atto alla
coltivazione del Lino, viene diviso in quattro parti eguali, che
ogni anno fruttano tutte e quattro con diverso aspetto. In una
parte vi si raccoglie il Frumento, e il giorno dopo la raccolta si
letama, si ara, si erpica e si semina di Sorgo Turco, o daltro
Minuto. uno spettacolo assai grato pei contemplatori della Natura,
il vedere tante fatture farsi in un sol giorno nel medesimo campo.
La raccolta del detto Sorgo Turco succede verso la met dOttobre,
nel qual tempo si semina di nuovo il Frumento per lanno
susseguente.
7. Oltre a constatare la conduzione a inquarto dei fondi e la
rotazione colturale quadriennale, si deduce che il granoturco
certamente in variet da secondo raccolto era considerato una
coltura di rinnovo, adatto a preparare il terreno ad un cereale
depauperante come il frumento. Ma al sorgo turco o formentone era
riservato anche il quarto anno della rotazione, dopodich
ricominciava lavvicendamento, iniziando dal frumento. Gradualmente
il mais si affianca ai cereali tradizionali Da questo momento in
avanti il granoturco, nelle sue diverse variet, da considerarsi un
genere colturale previsto in modo costante e ormai irrinunciabile
nella produzione agricola cremasca. Faustino Vimercati Sanseverino,
nel suo noto lavoro intitolato Notizie statistiche e agronomiche
intorno alla citt di Crema e suo territorio del 1843, cos si
esprime a proposito del Cinquantino: Il cinquantino, il miglio ed
il panico si irrigano parecchie volte a seconda del bisogno. Il
cinquantino si raccoglie in ottobre, ed il suo prodotto si calcola
di circa una soma [la soma cremasca corrispondeva a 175,48 litri]
per pertica, ossia il quaranta per uno.
8. Questa , invece, la descrizione delle operazioni colturali
richieste dal granoturco: Al cominciare dellinverno si ara il campo
e si lasciano i solchi aperti, affinch col gelo muojano glinsetti
nocivi e la terra si polverizzi. Nel mese di marzo si ara di nuovo,
vi si sparge il letame, si torna ad arare e si semina il formentone
a mano nella quantit di cinque coppelli [poco pi di 5 litri] per
ogni pertica. Quindici giorni dopo che il formentone nato, cio alla
fine di maggio o ai primi di giugno, quando le pianticelle portano
tre o quattro foglie, si scalzano colla zappa, affinch laria, il
calore e la rugiada trovino pi facile accesso alle radici, si
diradano opportunamente le piante trasportandole negli spazi vuoti
e si estirpano le erbe. Si ripete una seconda volta questa
operazione dopo una decina di giorni, ma sebbene ci sia di grande
utilit non si trova alcuna volta il momento di poterla effettuare a
cagione che si moltiplicano i lavori. Dopo la met di giugno colla
zappa si estirpano di nuovo le erbe, e si rincalzano ed ammontano
le piante gi fatte grandicelle. Nel mese di settembre quando
prossimo alla maturanza, si tagliano i fiocchi che servono di
foraggio per i buoi.
9. Queste medesime operazioni si eseguiscono anche per il
cinquantino. Non si deve mai tralasciare quando non piova di
irrigare il formentone ogni otto o dieci giorni. Il formentone
appena raccolto si sfoglia, si lascia un pajo di giorni sotto il
portico, poi si sgrana battendolo coi correggiati, indi si sventola
sullaja, si fa disseccare per due o tre giorni, secondo la
stagione, e finalmente si ripone sul granajo. Quella quantit poi di
formentone che si vuol riserbare pel successivo seminato, si ripone
sul granajo in pannocchia, n si sgrana che in primavera. Il
prodotto di formentone si pu calcolare di una soma e mezzo alla
pertica, ossia il quarantotto per uno.
10. Tra le diverse considerazioni che si possono fare alla
lettura di tale descrizione, vale la pena, almeno, di porre
laccento sullenorme impegno lavorativo che anche questa produzione
richiedeva al contadino e alla sua famiglia, tenendo conto della
concomitanza di tali lavori con quelli richiesti da tutte le altre
attivit agricole e zootecniche in atto negli stessi momenti.
Ciononostante, secondo il Sanseverino: Il contadino cremasco vive
abbastanza agiatamente. Fa tre ed alle volte quattro pasti al
giorno a seconda delle stagioni. Ordinariamente il pranzo consiste
in polenta con carne salata di majale o di oca, o con formaggio, o
con ricotta, o con pesce fresco o salato, alle volte anche con
uova, e sino, bench di rado, con polli. Alla sera minestra di riso
o paste con legumi, condita con lardo, e con olio nei giorni di
magro. Alla mattina la colazione consiste in pane di frumento
nellestate e di miglio misto a formentone o a segale
nellinverno.
11. Polenta e pane Dunque la polenta di mais, sin dai primi
decenni dellOttocento ma si pu ritenere che ci avvenisse
regolarmente gi almeno dalla seconda met del secolo precedente
costituiva la base alimentare della popolazione rurale anche nel
Cremasco. Con la farina macinata pi finemente (fioretto) rispetto
alla bramata impiegata per la produzione di polenta, si produceva
anche il pane, mischiandola in proporzioni differenti con altri
cereali provvisti di glutine, come la segale o il frumento, per
facilitarne la coesione e la panificazione. Se ne otteneva il
cosiddetto p da mistra, confezionato in grosse pagnotte, che tra la
popolazione contadina locale era laltra forma di sostegno
alimentare consueto, specie durante linverno. I dati di fine
Ottocento La situazione della maiscoltura nel territorio cremasco
non appare diversa da quella appena descritta nemmeno verso la fine
dellOttocento.
12. I dati raccolti per la redazione degli Atti della Giunta
per la Inchiesta Agraria e sulle condizioni della classe agricola,
pubblicati a Roma nel 1882, ci parlano ancora del granoturco di
secondo raccolto [ossia il Quarantino o Cinquantino], che si
coltiva dopo il lino e spesso anche dopo il frumento, una delle
coltivazioni molto estese e caratteristiche di questa zona, e d un
prodotto rispettabile per quantit e qualit. Anche riguardo
allalimentazione contadina si dice della predilezione, quasi
endemica, dei cremaschi per la polenta: duopo osservare che i
nostri campagnuoli hanno una vera predilezione per la polenta e la
ritengono base indispensabile per una buona alimentazione. Senza
polenta impossibile satollarci, dicono essi colla maggior
convinzione! Ed invero, anche allorch il prezzo del granturco a
pari misura savvicin assai a quello del frumento, molto pi
nutriente, come ognuno sa, furono assai pochi quei contadini che
cercarono di cambiare il granturco da loro posseduto con una
corrispondente quantit di frumento.
13. Parliamo di Pellagra E nonostante allalimentazione basata
principalmente sul consumo di mais fosse attribuito il dilagare
della pellagra malattia causata da carenza alimentare di niacina
(vitamina PP), caratterizzata da lesioni cutanee diffuse, disturbi
digestivi, nervosi e psichici anche gravi la situazione nelle
campagne cremasche di fine Ottocento non vien detta allarmante. Le
febbri miasmatiche [vale a dire la malaria] e i casi di pellagra
sono meno frequenti di quanto generalmente si crede: la pellagra in
ispecie va gradatamente scemando; ed infatti, nei nostri villaggi,
alcuni anni orsono, glinfelici pellagrosi dal colorito giallastro,
dallo sguardo vitreo, dal passo stentato, si vedevano pi numerosi
che non si trovino al presente. Col miglioramento delle condizioni
economiche dei nostri contadini, miglioramento che devessere
desiderato non solo, ma favorito da tutti coloro che ne hanno i
mezzi opportuni, andr anche scemando il terribile flagello della
pellagra, diretta conseguenza della miseria.
14. Ben vedendo il relatore delle notizie sul Cremasco
afferenti allInchiesta Agraria, Pietro Donati, che la causa
principale di questa temuta malattia, cos diffusa soprattutto in
Veneto in Lombardia, non era tanto il consumo di polenta che,
effettivamente, carente di niacina quanto, in realt, il consumo di
sola polenta da parte dei contadini delle regioni produttrici di
mais che, per estrema miseria, non disponevano a sufficienza daltro
con cui sfamarsi. Chi, infatti, poteva contare su un regime
alimentare pi variato, comprendente latte, formaggi, verdura,
frutta, altri cereali e, magari, anche carne, pur senza abbandonare
la polenta di mais, rimaneva indenne dalla terribile malattia, che
solo nel corso del XX secolo fu debellata.
15. Dunque, nella medesima relazione, dopo aver illustrato le
basi dellalimentazione contadina nel Cremasco, senza sostanziali
differenze rispetto a quanto gi registrato da Faustino Sanseverino
quarantanni prima comportante anche il consumo di verdura fresca
condita o fritta nellolio, salumi, ricotta, stracchini, formaggi,
pesce, ecc. si dichiara che: La quantit di cibo occorrente
annualmente per ogni membro di una famiglia composta di persone
adulte e ragazzi si pu calcolare: Melgone ettolitri 3,00; Frumento
ettolitri 0,90; Riso ettolitri 0,40; Legumi ettolitri 0,40; pi
lolio, il lardo e i salumi, desumendo tali quantitativi da una
media calcolata sui consumi di dieci famiglie contadine dellAlto
Cremasco. Dal che si pu constatare che la prevalenza alimentare del
mais toccava quantitativi pressoch doppi rispetto agli altri
cereali e ai legumi.
16. Le variet colturali maidicole Poich la pressoch totale
produzione di granoturco era consumata in loco e destinata quasi
esclusivamente allalimentazione umana, si pu credere che le variet
colturali maidicole sia da primo raccolto (variet maggenghe) sia da
secondo (variet quarantine o cinquantine) fossero tutte a granella
cristallina, conosciute come mais vitreo o a frattura vitrea (Zea
mays subsp. indurata): senza dubbio il preferito nellalimentazione
umana e il migliore per la confezione di farine da polenta. In
passato le variet locali erano molte e non sempre facilmente
codificabili, ed presumibile che anche da noi se ne coltivassero
diverse, a seconda del tipo di suolo e delle esigenze, o delle
preferenze, che quasi ogni famiglia di agricoltori esprimeva al
riguardo. Di questa biodiversit, andata perdendosi a partire dagli
anni Cinquanta del secolo scorso, con lintroduzione dei mais
ibridi, sarebbe interessante ricostruire il profilo, anche
attraverso le ultime testimonianze orali, oltre che sulla base di
pi approfondite ricerche darchivio.
17. Il mais oggi Sebbene il mais, oggi, occupi uno spazio
assolutamente preponderante nel paesaggio agrario locale, il suo
utilizzo radicalmente cambiato. Totalmente destinato
allalimentazione animale o, ultimamente, alle produzioni
energetiche (le cosiddette colture no-food), il suo legame con
lalimentazione umana si molto affievolito, mentre sono praticamente
scomparse le variet da polenta. E questultima, del resto, quasi
divenuta una specialit gastronomica. Pertanto, ogni sforzo rivolto
al recupero delle antiche tradizioni, anche colturali e, dunque,
delle antiche variet maidicole locali destinate allalimentazione
umana, non pu che essere promosso e sostenuto con convinzione,
anche nella sua valenza di fattore utile al riconoscimento delle
nostre radici culturali e del valore identitario che queste ultime
svolgono in ogni comunit umana. Valerio Ferrari