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Sabato 29 Novembre 2014 Gazzetta del Sud12.

Cultura e SpettacoliCultura e Spettacoli «La speranza non è una virtù per tempi tranquilli,ma l’unica di cui abbiamo necessità in epocheinstabili e incerte come questa» Amos Oz

Amos Oz, isreaeliano. Settantacinque anni, numerosissimi romanzi e saggi, innumerevoli candidature al Nobel per la letteratura

Nostra intervista ad Amos Oz, uno dei più amati scrittori israeliani

Se quelli che chiamiamo traditorison capaci di cambiare il mondoIn “Giuda” si confrontano diverse visioni delle religioni e del senso stesso della fede

Francesco Musolino

A bramo Lincoln, Da-vid Ben-Gurion,Yitzahk Rabin,Charles De Gaulle.

Al pari di questi uomini chehanno fatto la storia, ancheil celebre romanziere israe-liano Amos Oz è stato chia-mato traditore in patria sindalla tenera età di otto an-ni, colpevole d’aver frater-nizzato con un poliziottobritannico, a quel tempoemblema dei nemici oppres-sori. Oggi Oz è un brillantesettantacinquenne, uno fragli scrittori più amati e cele-brati - sempre ai primi postiper il toto-Nobel alla lette-ratura - ma le sue arcinoteposizioni politiche favore-voli alla costituzione di unostato palestinese non giova-no alla sua popolarità in pa-tria anche per via della suaequidistanza dagli estremi-sti di sinistra e dai fanaticidi destra.

Con il nuovo romanzo“Giuda” – pubblicato con-temporaneamente in Israelee Italia, a 12 anni da “Unastoria di amore e di tenebra”– Oz porta in pagina la suaamata Gerusalemme nei du-ri mesi invernali fra il 1959 eil 1960 con l’eco, in lonta-nanza, degli spari della LegaAraba asserragliata lungo lalinea del cessate il fuoco cheattraversa la città. Protago-nisti del libro sono il giovanee squattrinato studente She-muel Ash, l’anziano saggio edisilluso Gershom Walad ela giovane Atalia Abravanel.I tre si troveranno per motividi ristrettezze economichesotto lo stesso tetto e il mi-sterioso ruolo di Atalia saràsempre più oscuro mentreOz stuzzica il lettore, spin-

gendo sul tavolo diverse edelicate tesi – sull’esistenzadi Israele, l’amore universalee il senso delle religioni –tutte contrapposte fra loro,indagando sul significato deltradimento e sulla figura diGiuda nei vangeli gnostici.

«Ma bisogna fare attenzio-ne, questo libro non è unmanifesto», chiarisce piùvolte Oz durante la nostraintervista, in occasione dellarecente kermesse milaneseBookCity2014, dimostran-dosi sempre attento all’im-portanza delle parole e al lo-ro intrinseco, potente signifi-cato.Così come avvenne per Lin-coln, De Gaulle, Ben-Gurione Rabin, anche lei è consi-derato un traditore. Cosa si-gnifica?

«Vede, talvolta venir con-siderato traditore significasemplicemente essere avantirispetto al proprio tempo,aver avuto il coraggio delcambiamento rispetto allamoltitudine che spesso ne èspaventata. Coloro che ven-gono chiamati traditori, an-che dal proprio popolo, de-vono accettarlo perché saràil tempo a giudicarli. Sonofiero di far parte di questoclub così particolare, anchese mi considero un membrojuniores».Perché ha voluto che la na-scita dello stato di Israele,con i forti contrasti che se-

gnarono quell’avvenimentostorico, scandissero la nar-razione del suo libro?

«Questo è uno dei temidel libro che ruota attornoad alcuni temi universali: lalealtà, il tradimento, la fedee la sua assenza, l’amore, laperdita, la solitudine e lamorte. Quando s’incontrano,Shemuel Ash e GershomWalad parlano di questi temie attorno a loro si muovonoalcuni fantasmi, fra cui Giu-da e Gesù, ma non solo loro.Se dovessi riassumere il miolibro lo farei ricorrendo adalcune domande: possiamocredere in qualcosa, sì o no?È vero che ogni religione fi-nisce con lo spargimento disangue, sì o no? Possiamo fi-darci gli uni degli altri, sì ono?».Lei scrive che il vero tradi-mento di Giuda avvienequando perde la fede ma sitratta di un pericolo comu-ne a tutti gli uomini, no?

«Ogni essere umano tradi-sce più volte nella propriavita. Quando cresciamo, tra-diamo la nostra infanzia; an-dando via di casa, tradiamo inostri genitori e man manoche la vita evolve tradiamo inostri ideali di gioventù. Sì,tutti noi siamo traditori. Senon ai nostri occhi, agli oc-chi degli altri».Il tradimento di Giuda perraggiungere la verità è untradimento più accettabileagli occhi dei fedeli?

«A volte, colui che vienebollato come traditore dalproprio popolo con le pro-prie azioni dimostra di esse-re il più grande fra i creden-ti, colui che ciecamente haamato e ricercato la verità.Proprio questo è il caso diGiuda».Lei scrive che “ebraismo,

cristianesimo e islam trasu-dano bontà e pietà, fintantoche non hanno per le manisbarre, manette, potere epatiboli”. Come dobbiamorapportarci con le religioni?

«Nel libro questa e altretesi simili sono espresse daGershom Walad, ma io nonsottoscrivo totalmente nes-suna delle tesi espressa daimiei personaggi; le loro tesidevono battersi nel testo,toccherà poi al lettore trarre

le conclusioni. Non sonocontro le religioni e la fede,piuttosto ho sempre credutoe professato la tolleranza.Vorrei poter comprimere l’u-morismo in pillole per farleassumere agli estremisti reli-giosi, ogni giorno. Sono si-curo che vincerei il premioNobel per la medicina. E an-che per la pace».In questo libro ci sono al-meno quattro, cinque puntidi vista. Uno di questi è lavisione utopica espressa daAbravanel. Quanto siamolontani da un mondo senzabarriere né confini?

«Ha ragione, la visione diAbravanel è meravigliosa.Concepire un mondo senzaStato, eserciti né confini èqualcosa di molto vicino allavisione di Gesù stesso. Ma èproprio Atalia, la figlia diAbravanel, a chiarire chesuo padre non era figlio delsuo tempo; la sua utopia èfuori luogo, inconcepibile,inattuabile. Se lo stato diIsraele non fosse mai nato,gli israeliani sarebbero rima-sti sparpagliati in tante na-zioni e quelli rimasti in Iraqoggi sarebbero stati facil-mente uccisi dall’Isis. Pro-prio come accade per cristia-ni e curdi».È fiducioso che si possa rag-giungere la pace in Medio-riente?

«Tutti conoscono la storiabiblica di Davide e Golia. Eb-bene sia arabi che israelianisono convinti di essere l’e-spressione di Davide e chegli altri siano Golia. Oggi lapace è possibile, due popoliche amano la stessa terrapossono condividerla. Ma cisono forti interessi contrarialla risoluzione pacifica, siada una parte che dall’altra».3

Lascia la Scala

Barenboim:a Milano 9 annimeravigliosiNel 2005 fu chiamatoper dirigere ilconcerto di Natale

Bianca Maria ManfrediMILANO

Daniel Barenboim a fine meselascerà il suo incarico di diret-tore musicale della Scala e hatutte le intenzioni di farsi rim-piangere. A pochi giorni dall’i-nizio del ciclo che come piani-sta dedica all’integrale diSchubert, e a poco più di unasettimana dall’inaugurazionedel 7 dicembre con Fidelio, ilmaestro fa un bilancio dellasua esperienza milanese, o al-meno degli ultimi anni vistoche il suo debutto - con un con-certo pianistico alla Triennale -risale esattamente a sessan-t’anni fa.

«Ho avuto nove anni mera-vigliosi, musicalmente felicis-simi» dice tornando con lamente al 2005, quando il so-vrintendente Stéphane Lissner- in piena bufera dopo l’addiodi Muti e i cambi al vertice - lochiamò per dirigere il concertodi Natale. «Un favore persona-le» che il maestro di origini ar-gentine ed israeliane ha fattoal manager perché Barenboimnon ha mai avuto una gran vo-glia di dirigere come direttoreospite «e ancora - spiega - que-sta voglia non mi è venuta». Perquesto e per i suoi fitti impegnisarà difficile vederlo a Milanonei prossimi anni, salvo per l’i-naugurazione della stagionedella Filarmonica il prossimonovembre.

L’attuale sovrintendente,Alexander Pereira, gli avevaproposto di dirigere il 7 dicem-bre 2016, ma lui ha preferito ri-nunciare, anche perché un me-se prima inizierà i corsi forsedella sua avventura più ambi-ziosa: l’accademia Said Baren-boim che è in costruzione aBerlino, con tanto di sala con-certi firmata (gratuitamente)da Frank Gehry. Si tratterà diuna struttura dove potrannostudiare israeliani e arabi; nonsi insegnerà solo musica, ci sa-rà un vero e proprio progettoculturale. Un naturale pro-gresso dopo la creazione, nel1999, con lo scrittore palesti-nese Edward Said, della WestEastern Divan Orchestra perunire giovani musicisti israe-liani e arabi.

Barenboim a Milano ha la-vorato nei primi anni come“maestro scaligero” e solo nel2011 è diventato direttore mu-sicale. Titolo che non avevacercato, conscio dei suoi tantialtri impegni, a partire da quel-li di direttore della Staatsoperdi Berlino, ma che ha accettato«per problemi amministrati-

vi»: senza un direttore musica-le non si potevano, ad esempio,fare i concorsi in orchestra. Eanche la sua decisione di an-darsene con un anno in antici-po è arrivata per ragioni «buro-cratiche», a suo dire. «Avevofatto un progetto per il dicem-bre 2015 - ha raccontato - perOnegin, con grandi cantanti euna grande regia», inizialmen-te si era pensato a Chereau epoi a Wim Wenders. Ma quan-do Lissner ha deciso di lasciareMilano prima del previsto perandare all’Opéra di Parigi «mihanno detto che non c’era nes-suno che poteva firmare i con-tratti per il 2015». E questo - ascanso di polemiche - ben pri-ma che come sostituto fossescelto Pereira. Anzi, Baren-boim ha voluto fare i suoi «mi-gliori auguri al sovrintendentee al direttore musicale che arri-verà», ovvero il milanese Ric-cardo Chailly (che non ha cita-to per nome).

Il maestro ha però soprat-tutto voluto dire «grazie a chiha fatto questo lungo camminoalla Scala con me» a partire daLissner e dall’orchestra «che hauna qualità che non esiste al-trove, una curiosità estrema.Senza questa curiosità sarei ri-masto solo due anni. Invece misono divertito a morte ognigiorno».

Forse si è divertito anche il 7dicembre del 2012, quando,dopo le polemiche per nonaver suonato l’inno prima del-l’inizio dell’opera nonostantela presenza del presidente del-la Repubblica Giorgio Napoli-tano, lo suonò alla fine delLohengrin. «Sì - ammette oggi -l’avevo dimenticato». 3

«Grazie ancheall’orchestra e allasua “curiosità”mi sono divertitoa morte ogni giorno»

Dopo nove anni. DanielBarenboim va via da Milano

In versione rimasterizzata

Il grande Lebowskitorna al cinemaROMA

Una programmazione spe-ciale come regalo di com-pleanno: oggi il regista JoelCoen spegne 60 candeline eThe Space Movie gli rendeomaggio riportando al cine-ma “Il grande Lebowski”, di-retto col fratello Ethan. Il filmcult del 1998 tornerà in sala il15, 16 e 17 dicembre in ver-sione digitale rimasterizzata.Nel film Jeff Bridges interpre-ta Lebowski, pacifista fannul-

lone che vive giocando a bo-wling, fumando marijuana ebevendo. Per uno sfortunatocaso di omonimia, Lebowskiriceve la minacciosa visitadegli scagnozzi del creditoredi un famoso magnate, cheper di più urinano sul suo tap-peto. Deciso a farsi risarciredel danno dal Lebowski ric-co, l’anarchico e un pò hippieDrugo si trova impelagato inuna sequela surreale di rapi-menti e riscatti, inseguimen-ti, sparatorie e incontri. 3

Il romanzo

Un attesoritorno

Amos OzGiudaFELTRINELLI, PP.336, EURO 18

Nell’inverno tra 1959 e1960 si ritrovano nellostesso alloggio uno stu-dente, un colto settan-tenne disabile e una gio-vane donna: le loro vi-sioni del mondo e dellareligione si contrappor-ranno in una sequela didomande aperte, senzaapparente risposta.

“Solo domande:possiamo crederein qualcosa?possiamo fidarcigli uni degli altri?