Indice
LA VISIONE E IL VIAGGIOdi Giovanni Giibino
IL CORPO E L’OMBRA di Liborio Termine
Per Giovanni Zodadi Salvo Russo
LE OPERE
BIBLIOGRAFIA
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re in modo che la materia pittorica acqui-
stasse una sua essenza autonoma, carica
di tensione dalla forte vitalità.
In fine, si può constatare che il suo è un
ritorno alla pittura in chiave postmoderni-
sta che, rifiutando ogni facile sperimenta-
lismo, si propone un rigore sia nella ricerca
della forma che nelle tecniche di esecu-
zione.
Anacronista, colto, ma soprattutto pittore;
questo è Giovanni Zoda.
niacale, pennellate che hanno una carica
emotiva sempre forte e che creano finissi-
me velature creando effetti di luce e pro-
fondità difficilmente raggiungibili da altri
pittori, sfocianti in una accentuazione cro-
matica nell’uso deciso del colore.
Nelle sue opere, l’incisività dei colori do-
nano una luminosità diffusa e impalpabile
che modella morbidamente le forme, un
segno pittorico rapido e sciolto, in cui le
forme e i personaggi emergono con vigo-
Venticinque opere in una personale forte-
mente contrassegnata dalla bellezza dei
risvegli e dall’inizio della vita, che nasce
dall’occhio dell’anima, quello sguardo in-
terno dell’artista che vede ciò che gli altri
non vedono poiché sono visioni interiori
che nascono dall’immaginario personale.
I temi sono molteplici, con un titolo evoca-
tivo, “la Visione e il Viaggio”, abbracciano
l’itinerario immaginario dell’artista catane-
se che sovrappone figure reali proiettate
nell’irreale ove la figura non è mai non sen-
sibile alla realtà, realtà intimamente intri-
sa di mitologia e archetipi senza tempo,
appellati da Zoda a effigiare efficacemente
categorie dello spirito.
La sua è una pittura colta, incisiva, quasi
fantastica, dipinge volti e piccoli perso-
naggi sintetici di un’antologia di situazio-
ni dell’animo, che connotano lo specifico
dell’artista; lo si vede nell’eloquenza delle
pennellate date con precisione quasi ma-
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produzione, in cui la maschera, sempre rap-presentata e riconoscibile in quanto tale, ac-quista l’enigmatica mobilità dell’espressione del volto: ambigua, ammiccante, vaga e, nel-la sua imprendibilità, persino minacciosa. Qualcosa che ci mostra che cosa sia, o pos-sa essere, lo stato della maschera che ac-concia a sé le fattezze del volto per aprirsi a una verità – dell’Io, dell’essere – che ci sorprende per la sua radicale inconoscibilità, inconciliabilità con l’immagine che amiamo farci di noi stessi.
Un saggio di Leonardo Sciascia ha un tito-lo straordinario: Il volto sulla maschera – per dire non di un rovesciamento di ciò che è diventato un luogo comune: l’avere, ciascu-no di noi, una identità nascosta che amiamo mascherare a noi stessi e agli altri; ma per dire che la nostra identità profonda consiste nella cristallizzazione di una maschera che il volto copre e rende irraggiungibile, insonda-bile.Straordinario davvero trovo questo gioco tra maschera e volto: non solo perché si lascia
dietro il pirandelliano sfinimento del rincor-rerci tra l’uno, il nessuno e i centomila che pure siamo, ma perché, cogliendo il cuore stesso della psicoanalisi, ci proietta nella remota regione del simbolico che in noi al-berga e che racchiude l’oscura sostanza del nostro essere, il mistero in cui l’Io si deposita e riconosce se stesso.Mi viene in mente quel titolo di Sciascia per-ché analogo intrigo e uguale inquietudine provo dinanzi a quelle opere di Giovanni Zoda che caratterizzano il “primo tempo” della sua
Ecco la parola: immagine, che la pittura as-sume, rispetto all’uomo, come rappresenta-zione di un carattere che è e si fa destino, anche quando quel corpo viene da un Picas-so colto in forma di fiore: perché la fissità è il tratto dell’immagine e, nella fissità, il tempo deposita i segni della sua storia.Il contrario di quanto accade nelle opere di Zoda, dove la rinuncia alla fissità in qualche modo disancora l’immagine dal suo oggetto e lo proietta, si proietta, in quello spazio sen-za geometria che è la terra del simbolo, del
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nell’intervallo dal primo al secondo tempo, un intervallo di pochissimi anni, l’immagine, anche per effetto dei media elettronici, è sta-ta violentemente sottoposta a un processo di perdita di realtà, che non l’ha spostata sul piano dell’irrealtà ma in quello in cui si so-spende ogni legame, ogni rimando a ciò che ha o può avere aggancio referenziale. Come se l’immagine, ogni immagine: anche quella pittorica, contenesse uno strano miscuglio di realtà e di virtualità che rende sospetto-si il nostro sguardo e le nostre certezze dal
simbolico – terra degli sconfinati abissi dove una memoria arcaica, inenarrabile, coglie re-perti, tracce, di una archeologia dell’anima che è insieme familiare e sconosciuta.Questo, il “primo tempo” dell’attività di Zoda. Ora, arriva il “secondo” - e non manca di sor-prese. Non si tratta, s’intende, di uno stadio che fa evolvere il primo. Nell’arte non c’è evoluzione: un’opera non migliora la riusci-ta della precedente, se questa è veramente riuscita. L’evoluzione, se così vogliamo dire, può riguardare la “poetica” di un autore, la
qualità non estetica ma culturale, filosofica, sociale, ecc., del suo considerare il mondo in relazione all’espressione che l’arte ne può dare. Certo, con cambiamenti a volte anche profondi, nell’organizzazione della composi-zione e forse pure dello stile. Ma l’arte, se arte c’è, non migliora, non cambia; perciò il discorso riguarda una complessità che è del pensiero, del pensare. Qualcosa di sostanziale è frattanto intervenu-to a caratterizzare questo “secondo tempo” di Zoda. Innanzitutto bisogna ricordare che
momento che il reale può essere virtuale e viceversa.In questo quadro, Zoda avverte la necessità di dare un “paesaggio” al simbolo che, sin qui, si è costituito come unico personaggio della scena; la necessità non di offrirgli un contesto in cui uscire da se stesso per pro-iettarsi nel mondo, ma di recuperare quel-lo scenario di realtà, di realismo senza cui il simbolo rischierebbe oggi di cadere nella trappola e nel magma dell’immagine dere-alizzata, di presentarsi come vuota epifania
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dell’irrealtà, del vuoto in cui l’uomo si muo-ve. E’ un dato, concettuale, che considero di grande importanza e a cui corrisponde una visione pittorica che si carica di potenza, di energia quasi materica, a segnare, a segnala-re che l’uomo è pur sempre fatto della stessa sostanza della terra – e che una stessa so-stanza, appunto, irradia dal corpo all’anima.Non è un caso, del resto, che nelle opere di questo secondo periodo è la luce l’elemento che acquista una centralità e una funzione decisive. Decisivo, infatti, è qui che la luce
non illumina ma incide e non per squarcia-re veli, non per fare emergere punti nascosti o interdetti, non per svelare verità invisibi-li; incide per dare corpo all’ombra – perché è nell’ombra che la realtà, anche la realtà dell’uomo, misura tutte le sue vacillanti cer-tezze; è nell’ombra che l’oscura profondità dell’uomo (anch’essa chiamata “ombra”) si fa “volto” per coprire l’insondabilità della “maschera” - che l’arte non svela, neppure quella di Zoda, ma che ci costringe a guar-dare: per guardarci.
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za come perfezione dell’essere dunque e in essa l’artista dona il suo modo di vedere il mondo e ci invita a scavalcare l’esperienza fenomenica per raggiungere il fine ultimo che è il puro piacere estetico.I dipinti di Zoda pur pieni di rimandi mitici e metaforici sfuggono al pericolo di voler esse-re didascalici o fintamente educativi o ancor peggio moralizzatori. Essere fintamente im-pegnati in arte è negazione dell’arte stessa. Se fatta da un vero artista, e Zoda lo è, la sua opera è di per sé moralizzatrice e ci rende mi-
Perle legate da un filo d’oro, grani di un rosa-rio da scorrere uno dopo l’altro in un silenzio di meditazione alla ricerca dell’essenza più intima dello spirito e dell’anima.Le opere di Giovanni Zoda brillano scintillanti una dopo l’altra segnando un percorso inizia-tico che parte dalla conoscenza e dal sape-re per giungere alla piena consapevolezza. Si può tranquillamente essere in disaccordo con il concetto hegeliano che “l’arte è morta”. L’arte non è morta e non potrà mai morire fin quando esisterà un solo uomo su questa
terra… e Zoda lo afferma in maniera mirabi-le con le sue tele. Il mondo non può essere dominato dalla pura Ragione e dallo Spirito Assoluto. Al contrario il mondo è, per l’artista, dominato da un impulso irrazionale e incon-scio, da una volontà che lo spinge ad agire e a soffrire, fino a quando egli non se ne liberi praticando le vie della catarsi attraverso l’ar-te. Tutte le azioni, anche il fare artistico a mio parere, sono essenzialmente ignote. (Nietz-sche) “Bonum et pulchrum convertuntur”, bellez-
gliori già nel momento in cui l’osserviamo e la contempliamo.Non sappiamo se “La bellezza salverà il mon-do”, come affermava il principe Miskin nell’ Idiota di Dostoevskij, certo è, invece, che senza la bellezza il mondo non avrà nessuna possibilità di salvazione e le opere di Giovan-ni declamano con forza ed eleganza questa convinzione, cosciente che in un mondo glo-balizzato dove arte e cultura non devono co-noscere confini, solo la bellezza dell’arte può salvarci da egoismi e malesseri cosi radicati
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da fantasia dello scrittore olandese Frederick von Eeden - Giovanni Zoda dipinge con la stessa tensione del viaggiatore iniziatico che fra sogno e realtà si inoltra nella foresta sel-vaggia alla ricerca di molte cose, la Polia dell’ “amoroso combattimento onirico di Polifilo”, fra meravigliose architetture, animali fantasti-ci, ninfe e divinità di eterogenea natura.
Auguro a Giovanni, con tutto l’affetto e la sti-ma che mi lega alla sua persona e alla sua pittura, di trovare il suo “Bancu di Disisa”,
ai giorni nostri.Questo sembra condividere lo Shite (primo attore nel teatro ) guardando se stesso nei dipinti di Zoda. Le piccole fessure della ma-schera che indossa lo costringono a muovere e ruotare la testa per osservare i particolari di ciò che lo circonda. Eppure la sua visione è più ampia di chi pensa di non avere nulla che gli copra il volto. Cosi è la condizione di chi fa arte.Miti e leggende si mischiano in queste opere. Amaterasu (Grande Dea che splende nei cieli
nipponici) cinta di riso e frumento con vesti filate da bachi di seta, risale dal buio della ca-verna mano nella mano, in compagnia della giovane Kore affinché gli uomini possano go-dere del sole e dei frutti della natura.In questi dipinti macrocosmo e microcosmo, umano e divino si uniscono nel concetto di Natura naturans , natura che nel suo divenire genera se stessa nutriti da quell’Atman che è essenza e soffio della vita.Nella piena coscienza di vivere un sogno lu-cid- quasi un Onironauta partorito dalla fervi-
che basterebbe a far ricca l’intera Sicilia, come riportano le antiche leggende arabe di Monreale. E con affetto gli dedico queste pa-role che Gustave Flaubert ha scritto nelle sue Memorie di un pazzo nel 1838.
Se c’è sulla terra e fra tutti i nulla qualcosa da adorare, se esiste qualcosa di santo, di puro, di sublime, qualcosa che assecondi questo smisurato desiderio dell’infinito e del vago che chiamano anima, questa è l’arte.
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Castello Ursino, Catania, a cura dell’ Associa-zione AMACI.• 2010, Cento Artisti di-segnano la MadOnna, Museo Staurós, San Gabriele, Isola del Gran Sasso (Te), a cura di Giuseppe Bacci.• 200 9, Una finestra sul mondo, Museo Dioce-sano, Catania, a cura di Alberto Agazzani.• 2009, Altre contemplazioni, Galleria L.I.B.R.A. Catania, a cura di Alberto Agazzani.• 2009, La leggerezza nello sport e nell’arte, Casa Italia, Berlino, e Galleria il Polittico, Roma, a cura di Massimo Caggiano.• 2009, Contemplazioni. Bellezza e tradizione del Nuovo nella pittura italiana contemporanea, editore Castel Sismondo, Rimini, a cura di Al-berto Agazzani• 2008, Per Amore. La raccolta Caggiano, Pa-
cura di Vittorio Sgarbi.• 2011, Venti Anni, Galleria il Polittico, Roma, a cura di Arnaldo Romani Brizzi e Massimo Cag-giano.• 2011, Artisti per Morgantina, Fondazione Ma-rida Correnti, Aidone (En), a cura del presidente Unesco di Enna Marcella Tuttobene.• 2011, Il Sacro e l’Arte oggi Raccolta Fiocchi, Museo Staurós, San Gabriele Isola del Gran Sasso (Te), a cura di Armando Ginesi.• 2011, Il Sacro e l’Arte oggi Raccolta Fiocchi, Abbazia di San Vincenzo, Acqualagna (Pu), a cura di Armando Ginesi.• 2010, La Terra ha bisogno degli Uomini, Reg-gia di Caserta, Caserta, a cura di Francesco Ruggiero.• 2010, 6ª Giornata del Contemporaneo, Museo
Giovanni Zoda è nato a Catania nel 1980 dove attualmente vive e lavora. I suoi lavori sono molto apprezzati nel panora-ma nazionale e internazionale, già presente alla 54° biennale di Venezia padiglione Italia, al mu-seo della permanente a Milano, in opere pubbli-che come a Scopoli (PG) dove all’interno della chiesa Maria Assunta ha dipinto la pala d’altare “L’Annunciazione”, ed in importanti collezioni private.Mostre Personali• 2013, La Visione e il Viaggio, Galleria Studio A, prefazione di Giovanni Gibiino, testi di Liborio Termine e Salvo Russo, a cura di Liborio termi-ne, Catania.• 2009, Lontananze, Galleria Il Polittico, Roma, Testo di Liborio Termine.
Mostre Collettive
• 2012, ARTquake L’Arte della Solidarietà, Civici Musei di Reggio, Reggio Emilia, a cura di Alber-to Agazzani.• 2012, Sogno d’Artista, Galleria Side A, Cata-nia.• 2012, Sesta Triennale d’Arte Sacra, Seminario Arcivescovile, Lecce, a cura di Toti Carpentieri.• 2011, Con gli occhi della mente, Galleria Side A, Catania.• 2011, Artisti nella luce di Sicilia, Palazzo della Cultura, Catania, a cura di Vittorio Sgarbi.• 2011, Premio Aletti, Artverona, Verona, a cura di Artfin.• 2011, 54° Biennale di Venezia Padiglione Italia Accademie, Tese di San Cristoforo, Venezia, a
Bibliografia
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• 2010, Cento Artisti di-segnano la MadOnna, a cura di Giuseppe Bacci, casa ed. Staurós, San Gabriele Isola del Gran Sasso (Te).• 2009, Una finestra sul mondo, a cura di Alber-to Agazzani, casa ed. PPT, Catania.• 2009, Contemplazioni. Bellezza e tradizione del Nuovo nella pittura italiana contemporanea, a cura di Alberto Agazzani, casa ed. Christian Maretti, Rimini.• 2009, Lontananze, a cura di Liborio Termine, casa ed. Filograf, Roma.• 2008, Per Amore. La raccolta Caggiano, a cura di Edward Lucie-Smith, Alberto Abate, Carlo Bertocci, Marcello Pezza, Alessandro Riva, Arnaldo Romani Brizzi, casa ed. Filograf, Roma.• 2008, Dell’amore il Canto, a cura di Armando
Pubblicazioni
• 2012, Sesta Triennale d’Arte Sacra, Semina-rio Arcivescovile, a cura di Toti Carpentieri, casa ed. Salentina, Lecce.• 2011, 54° Biennale di Venezia Padiglione Italia Accademie, a cura di Vittorio Sgarbi, casa ed. Electa, Venezia.• 2011, Venti Anni, a cura di Arnaldo Romani Brizzi e Massimo Caggiano, casa ed. Filograf. Roma• 2011, Il Sacro e l’Arte oggi, a cura di Armando Ginesi, casa ed. Staurós, San Gabriele Isola del Gran Sasso (Te).• 2010, La Terra ha bisogno degli Uomini, a cura di Francesco Ruggiero, casa ed. Cervai, Caserta.
lazzo Incontro, Roma, a cura di Massimo Cag-giano.• 2008, Dell’amore il Canto, Palazzo della Si-gnoria, Jesi (AN), a cura di Armando Ginesi.• 2008, Calendario 2009, Galleria Il Polittico, Roma, a cura di Massimo Caggiano.• 2008, Quadrato D’Arte Ricordando Umberto Boccioni, Galleria L.I.B.R.A., Catania, a cura di Vitaldo Conte• 2008, Profilo d’Arte, Museo della Permanente Milano, Banca Profilo di Torino, Brescia, Reg-gio Emilia, Ferrara, Roma, a cura della Banca Profilo.• 2007, Nuovi Pittori Della Realtà, Museo Pac, Milano, a cura di Maurizio Sciaccaluga e Vittorio Sgarbi.• 2007, Nuovi Realismi, 58° Premio Michetti,
Museo Michetti, Francavilla al Mare (CH), a cura di Maurizio Sciaccaluga. • 2007, Calendario 2008, Galleria Il Polittico, Roma, a cura di Massimo Caggiano.• 2006, Qunindici Anni, Scuderie Aldobrandini, Frascati (RM), a cura di Massimo Caggiano e Arnaldo Romani Brizzi.• 2006, I Segali dell’Aurora, Galleria d’Arte Mo-derna, Catania, a cura di Angelo Scandurra.• 2005, Alchimie della Pittura, Museo Comunale Pietramontecorvino (FO), a cura di Vitaldo Conte.• 2004, IV Biennale di Pittura Premio Felice Ca-sorati, Salone delle Feste, Pavarolo (TO), a cura di Riccardo Passoni.• 2003, Giovani Artisti Di-segnano il Sacro, San Gabriele Isola del Gran Sasso (Te) a cura di Giu-seppe Bacci.
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Titoli
• Sono in corso gli studi di Dottorato in Comu-nicazione e Spettacolo presso l’Università Kore di Enna.• Abilitazione in Discipline Pittoriche conseguita nell’anno 2006 presso l’Accademia di Belle Arti di Catania.• Laurea in Discipline Pittoriche conseguita nell’anno 2004 presso l’Accademia di Belle Arti di Catania.• Master di Perfezionamento in Arte per la Litur-gia conseguito nell’’anno 2003 presso il Museo Stauròs d’Arte Sacra Contemporanea S. Gabrie-le isola del Gran Sasso (Teramo)• Diploma di Maturità Artistica conseguito nell’an-no 1997 presso il Liceo Artistico di Catania.
Premi
• 2011, Premio Aletti, Artverona, Verona.• 2008, Profilo d’Arte, museo della permanente, Milano,• 2006, Premio Razzano, Museo del Sannio, Benevento.• 2006, 3° edizione “Premio Celeste”, S. Gimi-gnano, Siena, (Segnalato).• 2005, Camera Picta, Ministero per i beni e le attività culturali, Roma, (Segnalato).• 2004, 4° biennale di pittura “Felice Casorati”, Pavarolo (TO), (Segnalato).• 2004, Vincitore della 7° edizione “Prima parete in concerto” complesso le ciminiere, Catania.• 2003, 4° Conorso nazionale di pittura “Gaeta-no Morgese”, Terlizzi (BA), (2° Classificato).
Ginesi, casa ed. Artemisia. Palazzo, Jesi (AN).• 2008 , Profilo d’Arte, a cura della Banca Profi-lo, casa ed. Federico Motta, Milano. • 2007, Nuovi Pittori Della Realtà, a cura di Mau-rizio Sciaccaluga, casa ed. Vallecchi, Milano.• 2007, Nuovi Realismi, 58° Premio Michetti, a cura di Maurizio Sciaccaluga, casa ed. Vallec-chi, Francavilla al Mare (CH).• 2006, Premio Celeste, a cura di Gianluca Mar-ziani, Ivan Quaroni, casa ed. S. Giminiano (Si)2006, Qunindici Anni, a cura di Massimo Cag-giano, Arnaldo Romani Brizzi, casa ed. Filograf, Frascati (RM).• 2006, Premio Mario Razzano, a cura dell’as-sociazione proposta, casa ed. Auxiliatrix, Bene-vento. • 2006, I Segnali dell’Aurora, a cura di Angelo
Scandurra, casa ed. Salarchi Immagini, Catania.• 2005, Camera Picta, a cura di Valerio Dehò, casa ed. Filograf. Roma.• 2005, Catalogo dell’Arte Moderna, GLI AR-TISTI ITALIANI DAL PRIMO NOVECENTO AD OGGI, casa ed. Giorgio Mondadori, Milano• 2003, Giovani Artisti Di-segnano il Sacro, a cura di Marisa Vescovo, casa ed. Staurós. San Gabriele Isola del Gran Sasso (Te).
Opere pubbliche
• 2007, Per la chiesa Maria Assunta di Scopoli (PG) ha dipinto la pala d’altare “L’Annunciazio-ne”.
Bibliografia
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