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Studio Preliminare Ambientale ZITO Recupero Plastica S.r.l. SERVIZI E CONSULENZE AMBIENTALI MOCERINO S.R.L.S. SEDE: Via G. Marconi, 26 - 80030 Mariglianella (NA) – P. IVA 08283971219 Tel/Fax 081 18954280 Cell. 329 1285240 E-mail: [email protected] PEC: [email protected] PEC: [email protected] Pagina1 Studio Preliminare Ambientale OGGETTO: Verifica di Assoggettabilità alla Valutazione di Impatto Ambientale, ai sensi dell’art. 19 del D. Lgs. 152/06, relativa al progetto di un IMPIANTO DI MESSA IN RISERVA E RECUPERO DI RIFIUTI NON PERICOLOSI (RIFIUTI PLASTICI) ai sensi dell’art. 216 del D. Lgs. 152/06. Committente ZITO RECUPERO PLASTICA SRL UNIPERSONALE Sede legale: Via Volturno, 61 80011 Acerra (NA) Stabilimento industriale: Via Pantano (Zona Industriale ASI) 80011 Acerra (NA) Data: GENNAIO 2020 IL TECNICO dott. Angelo Mocerino

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OGGETTO: Verifica di Assoggettabilità alla Valutazione di Impatto Ambientale, ai sensi dell’art. 19

del D. Lgs. 152/06, relativa al progetto di un IMPIANTO DI MESSA IN RISERVA E RECUPERO DI

RIFIUTI NON PERICOLOSI (RIFIUTI PLASTICI) ai sensi dell’art. 216 del D. Lgs. 152/06.

Committente

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INDICE

QUADRO NORMATIVO DI RIFERIMENTO 4

PREMESSA 6

CARATTERISTICHE DEL PROGETTO 8

INQUADRAMENTO URBANISTICO TERRITORIALE 9

DESCRIZIONE E CARATTERISTICHE TECNICO-COSTRUTTIVE DELL’IMPIANTO 10

DOTAZIONE IMPIANTISTICA ESISTENTE 12

DOTAZIONE IMPIANTISTICA DI PROGETTO 12

DESCRIZIONE E DIMENSIONAMENTO DELLE AREE DI IMPIANTO 14

DOTAZIONI IMPIANTISTICA PER LA GESTIONE RIFIUTI 15

PAVIMENTAZIONI 16

EROGAZIONE SERVIZI 18

DESCRIZIONE DELLA VIABILITÀ DI ACCESSO 19

DESCRIZONE DEL CICLO PRODUTTIVO 20

Tipologie di rifiuti trattati 21

Descrizione delle attività di recupero 22

Descrizione dettagliata della fase di ciclo produttiva relativa al lavaggio dei granuli di plastica 26

MODALITA’ DI STOCCAGGIO DEI RIFIUTI 31

QUANTITÀ MASSIMA STOCCABILE DI RIFIUTI 33

CAPACITA’ DI TRATTAMENTO 34

QUANTITATIVI DA AUTORIZZARE 35

TABELLA RIEPILOGATIVA CODICI CER, ATTIVITÀ E QUANTITATIVI DA AUTORIZZARE 35

Applicazione della Circolare del Ministero dell’Ambiente Dir. Gen. per i rifiuti e l’inquinamento n.1121 del 21/01/2019 36

SCARICHI IDRICI 45

EMISSIONI IN ATMOSFERA 62

IMPATTO ACUSTICO 73

SICUREZZA E PREVENZIONE INCENDI 75

ELEMENTI GEOLOGICI E IDROGEOLOGICI 76

CUMULO CON ALTRI PROGETTI 81

UTILIZZAZIONE DELLE RISORSE NATURALI 83

PRODUZIONE DI RIFIUTI 84

INQUINAMENTO E DISTURBI AMBIENTALI 86

RISCHIO DI INCIDENTI 87

CONTENIMENTO DEI CONSUMI ENERGETICI 88

QUALITÀ E CAPACITÀ DI RIGENERAZIONE DELLE RISORSE NATURALI 88

CAPACITÀ DI CARICO DELL’AMBIENTE 89

CARATTERISTICHE PROGETTUALI RELATIVE ALLE MITIGAZIONI E COMPENSAZIONI DEGLI IMPATTI PRODOTTI 90

Inquinamento da emissioni in atmosfera 90

Inquinamento suolo e sottosuolo 91

Inquinamento della componente idrica superficiale e sotterranea 92

Inquinamento acustico 96

RAPPORTI DI COERENZA CON GLI STRUMENTI PIANIFICATORI 98

LOCALIZZAZIONE DEL PROGETTO 99

Inquadramento con il P.R.G. e P.U.C. del Comune di ACERRA 99

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Vincoli 104

Inquadramento con il Piano Stralcio per l’Assetto Idrogeologico 105

Stralcio Carta RISCHIO IDRAULICO 106

Stralcio Carta PERICOLOSITÀ IDRAULICA 107

Inquadramento con il Piano di Risanamento della Qualità dell’Aria 109

Inquadramento con il Piano di Gestione Rifiuti in Campania 113

Piano Regionale di Gestione dei Rifiuti Urbani – PRGRU 115

Criteri di localizzazione degli impianti secondo il PRGRU 120

Piano Regionale di Gestione dei Rifiuti Speciali – PRGRS 122

Criteri di localizzazione degli impianti secondo il PRGRS 132

LEGGE REGIONALE 26 MAGGIO 2016, N. 14 - “Norme di attuazione della disciplina europea e nazionale in materia di rifiuti” 134

LEGGE REGIONALE 23 DICEMBRE 2016, N. 38 - “Ulteriori disposizioni in materia di razionalizzazione, adeguamento e

semplificazione della normativa regionale” 134

Inquadramento con il PIANO REGIONALE di BONIFICA dei siti inquinati della regione Campania 135

AGGIORNAMENTI DEL PIANO REGIONALE BONIFICHE E NORME TECNICHE DI ATTUAZIONE (NTA) DELLO STESSO

PIANO, APPROVATE CON D.G.R. N.417/2016 138

AGGIORNAMENTO DEL PIANO REGIONALE BONIFICHE di cui Deliberazione di Giunta Regionale n. 35 del 29/01/2019 139

NORME TECNICHE DI ATTUAZIONE DEL PIANO REGIONALE DI BONIFICA DELLA REGIONE CAMPANIA – APPROVATE CON

D.G.R. n.35 del 29/01/2019 141

HABITAT NATURALI (NATURA 2000) E CONSERVAZIONE DEGLI UCCELLI SELVATICI 144

PARCHI NATURALI E LE AREE PROTETTE 145

Inquadramento del sito oggetto di studio con la cartografia del Geoportale Nazionale “Progetto Natura” 150

PIANO TERRITORIALE REGIONALE DELLA CAMPANIA 151

Cartografia di Piano con indicazione dell’ubicazione del sito 155

PIANO TERRITORIALE DI COORDINAMENTO PROVINCIALE (PTCP) 162

Cartografia di Piano con indicazione dell’ubicazione del sito 167

VIABILITA’ E TRAFFICO VEICOLARE 176

CARATTERISTICHE DELL’IMPATTO POTENZIALE SULLE COMPONENTI AMBIENTALI 178

PORTATA DELL’IMPATTO 179

Popolazione 179

Fauna e Flora 180

Suolo e sottosuolo 181

Acqua (ambiente idrico) 182

Atmosfera 186

Rumore 189

QUADRO DI SINTESI DEGLI IMPATTI POTENZIALI 191

INTERAZIONE TRA I FATTORI D’IMPATTO 192

ORDINE DI GRANDEZZA E COMPLESSITÀ’ DELL’IMPATTO 193

PROBABILITÀ’ DELL’IMPATTO 193

DURATA, FREQUENZA E REVERSIBILITÀ’ DELL’IMPATTO 193

PROCESSO DI CANTIERIZZAZIONE DELL’INTERVENTO 194

Misure di mitigazione in fase di cantiere 195

Condizioni ambientali ai fini della procedura di verifica di assoggettabilità a VIA 198

CONCLUSIONI 203

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QUADRO NORMATIVO DI RIFERIMENTO

Normativa comunitaria

Dir. 85/337/CEE del 27 giugno 1985 - concernente la valutazione dell'impatto ambientale di determinati progetti

pubblici e privati.

Dir. 97/11/CE del 3/3/1997 - modifica la direttiva 85/337/CEE.

Dir. 2001/42/CE del 27 giugno 2001 - concernente la valutazione degli effetti di determinati piani e programmi

sull'ambiente.

Dir. 2011/92/UE.

Dir. 2014/52/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 16 aprile 2014.

Normativa nazionale

D.P.C.M. 10 agosto 1988, n. 377 - Regolamentazione delle pronunce di compatibilità ambientale di cui all'art. 6

della legge 8 luglio 1986, n. 349, recante istituzione del Ministero dell'ambiente e norme in materia di danno

ambientale.

D.P.C.M. 27 dicembre 1988 - Norme tecniche per la redazione degli studi di impatto ambientale e la

formulazione del giudizio di compatibilità di cui all'art. 6 della legge 8 luglio 1986, n. 349, adottate ai sensi

dell'art. 3 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 10 agosto 1988, n. 377.

Legge 26 ottobre 1995, n.447

D.M. 05/02/98 “Individuazione dei rifiuti non pericolosi sottoposti alla procedure semplificate di recupero” come

modificato dal D.M. 186/2006 e s.m.i.

D. Lgs. n. 152 del 3 aprile 2006 (Testo unico ambientale) e s.m.i. – NORME IN MATERIA AMBIENTALE;

D. Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4 - Ulteriori disposizioni correttive ed integrative del decreto legislativo 3 aprile

2006, n. 152, recante norme in materia ambientale.

D. Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205 - Disposizioni di attuazione della direttiva 2008/98/CE del Parlamento europeo

e del Consiglio del 19 novembre 2008 relativa ai rifiuti e che abroga alcune direttive.

D.P.R. 13 marzo 2013, n.59

D.M. 30 marzo 2015, n.52 - Linee guida per la verifica di assoggettabilità a valutazione di impatto ambientale.

D. Lgs. 16 giugno 2017, n. 104 - Attuazione della direttiva 2014/52/UE del Parlamento europeo e del Consiglio,

del 16 aprile 2014, che modifica la direttiva 2011/92/UE, concernente la valutazione dell'impatto ambientale di

determinati progetti pubblici e privati, ai sensi degli articoli 1 e 14 della legge 9 luglio 2015, n. 114.

Circolare del Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare prot. n. 4064 del 15.03.2018

recante “Linee guida per la gestione operativa degli stoccaggi negli impianti di gestione dei rifiuti e per la

prevenzione dei rischi”.

Circolare del Ministero dell’Ambiente Direzione Generale per i rifiuti e l’inquinamento n.1121 del 21/01/2019

recante le “linee guida per la gestione operativa degli stoccaggi negli impianti di gestione dei rifiuti e per la

prevenzione dei rischi”.

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Normativa regionale

D.G.R. 14 marzo 2008 n. 426 – Approvazione delle procedure di valutazione di impatto ambientale, valutazione

d'incidenza, screening, valutazione ambientale strategica.

D.G.R. 15 Maggio 2009 n. 912 - Integrazioni alla DGR 426 del 14 marzo 2008

D.P.G.R. 29 Gennaio 2010 n. 10 - Regolamento di attuazione della V. I. A.

Circolare Prot. n. 331337 del 15 Aprile 2010 - Circolare esplicativa regolamenti regionali procedure valutazione

ambientale.

D.G.R. 24 Maggio 2011 n. 211 - Indirizzi Operativi e Procedurali per lo svolgimento della Valutazione di Impatto

Ambientale in Regione Campania.

Regolamento n. 5 del 4 Agosto 2011 - Regolamento di attuazione per il Governo del Territorio.

Delibera della Giunta Regionale n. 81 del 09/03/2015 - DECRETO LEGISLATIVO DEL 3 APRILE 2006 N. 152

E SS.MM.II. "NORME IN MATERIA AMBIENTALE". PROCEDURE AMMINISTRATIVE PER IL RILASCIO

DELL'AUTORIZZAZIONE UNICA PER GLI IMPIANTI DI SMALTIMENTO E RECUPERO DI RIFIUTI DI CUI

ALL'ART. 208 E SEGG.

Legge regionale 26 maggio 2016, n. 14 - “Norme di attuazione della disciplina europea e nazionale in materia di

rifiuti”.

Delibera della Giunta Regionale n. 386 del 20/07/2016 - D.G.R. N. 81 DEL 09.03.2015 - MODIFICHE E

INTEGRAZIONI.

Deliberazione Giunta Regionale n.417 del 27/07/2016 - L.R. n. 14/2016, art. 15, co. 5 - Approvazione delle

Norme Tecniche di Attuazione (NTA) del Piano REGIONALE DI BONIFICA DELLA CAMPANIA (PRB)

approvato dal Consiglio Regionale con delibera amministrativa n. 777 del 25/10/2013.

Delibera della Giunta Regionale n. 685 del 06/12/2016 - ADOZIONE DELL'AGGIORNAMENTO DEL PIANO

REGIONALE PER LA GESTIONE DEI RIFIUTI URBANI (PRGRU) AI SENSI DEI COMMI 2 E 6 DELL'ART. 15

DELLA LEGGE REGIONALE 14/2016.

Legge regionale 23 dicembre 2016, n. 38 - “Ulteriori disposizioni in materia di razionalizzazione, adeguamento e

semplificazione della normativa regionale”.

Delibera della Giunta Regionale n. 680 del 07/11/2017 - RECEPIMENTO DELLE DISPOSIZIONI IN MATERIA

DI VALUTAZIONE DI IMPATTO AMBIENTALE DI CUI AL DLGS 104/2017 E PRIME MISURE

ORGANIZZATIVE.

Deliberazione Giunta Regionale n.35 del 29/01/2019 – Aggiornamento e adeguamento del Piano Regionale di

Bonifica della Regione Campania.

Delibera della Giunta Regionale n.223 del 20/05/2019 – Approvazione linee guida regionali contenenti le

prescrizioni di prevenzione antincendio da inserire obbligatoriamente negli atti autorizzativi riguardanti la messa

in esercizio degli impianti di trattamento rifiuti.

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PREMESSA

L'anno duemila venti e questo dì del mese di gennaio, io sottoscritto dott. Angelo Mocerino

regolarmente iscritto all’Ordine Nazionale dei Biologi al n.054995, ho ricevuto l'incarico dal sig.

Zito Vincenzo nato ad Acerra (NA) il 23/12/1972 in qualità di amministratore unico della ZITO

RECUPERO PLASTICA SRL UNIPERSONALE con sede legale in Via Volturno n.61 – 80011

Acerra (NA), di redigere il presente Studio Preliminare Ambientale al fine di effettuare una Verifica

di Assoggettabilità alla Valutazione di Impatto Ambientale, ai sensi dell’art. 19 del D. Lgs. 152/06,

per descrivere l’impatto potenziale sulle componenti ambientali relativo al progetto di un

IMPIANTO DI MESSA IN RISERVA E RECUPERO DI RIFIUTI NON PERICOLOSI (RIFIUTI

PLASTICI) ai sensi dell’art. 216 del D. Lgs. 152/06 da realizzare nello stabilimento industriale

ubicato in Via Pantano (Zona Industriale ASI) – 80011 Acerra (NA).

La ZITO RECUPERO PLASTICA SRL ad oggi opera nel campo del recupero e triturazione

meccanica per il riciclaggio delle materie plastiche nello stabilimento di Via Volturno nel Comune di

Acerra (NA), autorizzato con A.U.A. n.06/2018 di cui alla Determina Dirigenziale della Città

Metropolitana di Napoli n.6826 del 06.11.2018.

La società in questione intende delocalizzare la propria attività nello stabilimento industriale ex

Parteno Group S.r.l. ubicato in Via Pantano (Zona Industriale ASI) – 80011 Acerra (NA), ora di

proprietà della ZITO RECUPERO PLASTICA SRL giusto atto di compravendita di immobile

registrato presso l’Agenzia delle Entrate di Casoria con n.2803/1T del 24/07/2018.

Il Comune di Acerra ha rilasciato NULLA OSTA prot. n.61949 del 04/10/2018 all’insediamento

industriale della ZITO RECUPERO PLASTICA SRL nello stabilimento industriale ex Parteno Group

S.r.l. ubicato in Via Pantano (Zona Industriale ASI) – 80011 Acerra (NA), in cui si precisa che la

Ditta in questione dovrà cessare la propria attività nello stabilimento di Via Volturno prima di

rendere operativa la nuova sede in zona Industriale ASI, stabilimento ex Parteno Group S.r.l.

Il Consorzio ASI di Napoli con Decreto Dirigenziale n.69 del 12/10/2018 ha rilasciato

l’autorizzazione all’insediamento industriale della ZITO RECUPERO PLASTICA SRL nello

stabilimento industriale ex Parteno Group S.r.l. ubicato in Via Pantano (Zona Industriale ASI) –

80011 Acerra (NA). Successivamente con Decreto Dirigenziale n.21 del 15/03/2019 il Consorzio

ASI ha assentito i lavori di manutenzione ordinaria e straordinaria finalizzati ad incrementare la

fruibilità dell’edificato, senza aumento di consistenza, volumetria e destinazione d’uso. Ed infine, il

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Consorzio ASI con Decreto Dirigenziale n.06 del 14/01/2020 ha rilasciato NULLA OSTA al progetto

di manutenzione ordinaria e straordinaria dello stabilimento in questione ed in particolare per la

sistemazione dell’area esterna da adibire per il conferimento e messa in riserva di rifiuti plastici,

attraverso:

l’installazione di due tunnel retrattili in PVC affiancati (tendostruttura), di dimensioni 30m x

15m x h 10m, a protezione dei cumuli dagli agenti atmosferici;

la posa di pareti autostabili in cav, di dimensioni modulari 1,20m x 2,50m x h 2,50m, per la

compartimentazione dei cumuli di diversa tipologia;

la realizzazione di un sistema statico di raccolta delle eventuali acque di percolazione

provenienti dallo stoccaggio in cumuli dei rifiuti nel piazzale esterno.

Tale Verifica di Assoggettabilità alla Valutazione di Impatto Ambientale si rende necessaria in

quanto il progetto rientra nelle tipologie elencate nell'Allegato IV alla Parte Seconda del

D.Lgs.152/2006:

al punto 7 lettera z.b) “Impianti di smaltimento e recupero di rifiuti non pericolosi, con

capacità complessiva superiore a 10 t/giorno, mediante operazioni di cui all'allegato C,

lettere da R1 a R9, della parte quarta del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152”.

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CARATTERISTICHE DEL PROGETTO

La società in oggetto intende realizzare un IMPIANTO DI MESSA IN RISERVA E RECUPERO DI

RIFIUTI NON PERICOLOSI (RIFIUTI PLASTICI) ai sensi dell’art. 216 del D. Lgs. 152/06.

L’esercizio dell’attività produttiva consisterà nel “recupero e triturazione meccanica per il riciclaggio

di rifiuti plastici per produzione di materie prime plastiche e resine sintetiche” per un quantitativo

massimo di 21.000 t/anno.

ELENCO DELLE TIPOLOGIE E DELLE OPERAZIONI DI RECUPERO DI RIFIUTI CON I

RELATIVI CODICI CER E L’INDICAZIONE DEI QUANTITATIVI DA AUTORIZZARE PER

SINGOLA TIPOLOGIA DI RIFIUTI ESPRESSA IN t/a, SECONDO LE NORME TECNICHE DI CUI

AL D.M. 05/02/98 COME MODIFICATO DAL D.M. 186/06

Tipologia rifiuti

Codice CER

Operazione di

recupero

Quantità da

autorizzare (t/a)

6.1 rifiuti di plastica imballaggi usati in

plastica compresi i contenitori per

liquidi, con esclusione dei contenitori

per fitofarmaci e per presidi medico-

chirurgici.

[020104]

[150102]

[170203]

[191204]

[200139]

R13 – R3

10.000

6.2 sfridi, scarti, polveri e rifiuti di

materie plastiche e fibre sintetiche.

[070213]

[120105]

[160119]

[160216]

[160306]

[170203]

R13 – R3

10.000

6.5 paraurti e plance di autoveicoli in

materie plastiche

[070213]

[120105]

[160119]

R13 – R3

1.000

Quantità totale di rifiuti da autorizzare 21.000 t/anno

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INQUADRAMENTO URBANISTICO TERRITORIALE

La società in questione intende delocalizzare la propria attività nello stabilimento industriale “ex

Parteno Group S.r.l.” ubicato in Via Pantano (Zona Industriale ASI) – 80011 Acerra (NA) ed

individuato al catasto al Foglio 7 - Particella 821 - Sub 1 - categoria catastale D/1. L’area di

sedime dell’insediamento ai sensi del vigente PRG ricade in Zona D Industriale – Piano ASI e

dell’adottato PUC in Zona D5 – Comparti produttivi ASI, ed è libera da ulteriori vincoli

sovracomunali. L’area oggetto di studio non è interessata da Siti di Interesse Comunitario (SIC), né

da Zone di Protezione Speciale (ZPS). L’area oggetto di studio non è soggetta a vincoli

archeologici e paesaggistici. Il contesto in cui si inserisce l’intervento in oggetto è caratterizzato

dalla presenza di numerosi capannoni e attività industriali. Il contesto di inserimento è a forte

vocazione industriale ed è dotato di tutte le infrastrutture necessarie allo svolgimento dell’attività

(allaccio alla rete idrica, rete elettrica, rete fognaria). La zona, permette il transito dei mezzi pesanti

attraverso ampie infrastrutture viarie.

STRALCIO ORTOFOTOGRAMMETRICO – LOCALITA' PANTANO, ZONA ASI

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DESCRIZIONE E CARATTERISTICHE TECNICO-COSTRUTTIVE DELL’IMPIANTO

L’insediamento industriale in oggetto riportato, sito in Acerra (Na) alla via Pantano all’interno

dell’area di competenza del Consorzio ASI di Napoli, è stato realizzato con permesso di costruire

n. 66/A/06 del 16/01/2007 e Decreto ASI n. 39 del 08/02/2006 rilasciati a favore della Parteno

Group Srl.

Con DIA prot. n. 21024 del 05/05/2010 è stata presentata una variante, in sanatoria, al permesso

di costruire del 2007 e con Decreto n. 41 del 19/03/2013 il Consorzio ASI di Napoli ha concesso il

richiesto nulla osta.

In data 10/08/2010 con nota prot. n. 33532 è stato quindi rilasciato dal Comune di Acerra (Na)

regolare certificato di agibilità attestante, tra l’altro, la conformità dell’edificato ai progetti approvati.

In data 24/07/2018, giusto atto di “Compravendita di immobile” registrato presso l’Agenzia delle

Entrate di Casoria con n. 2803/1T, la Zito Recupero Plastica Srl ha acquisito la proprietà

dell’insediamento in oggetto e, con SCIA prot. n. 69864 del 10/11/2018, ha notificato la esecuzione

di interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria, ai sensi del DPR n. 380/2001 e della

Circolare del Ministero dei Lavori Pubblici n. 1918 del 16/11/1977, finalizzati ad incrementare la

fruibilità dell’edificato, senza aumento di consistenza, volumetria e destinazione d’uso. I detti lavori

sono stati ritualmente notificati anche presso gli uffici del Consorzio ASI di Napoli con trasmissione

postale del 06/11/2018.

Successivamente con Decreto Dirigenziale n.21 del 15/03/2019 il Consorzio ASI ha assentito i

lavori di manutenzione ordinaria e straordinaria finalizzati ad incrementare la fruibilità dell’edificato,

senza aumento di consistenza, volumetria e destinazione d’uso.

Ed infine, il Consorzio ASI con Decreto Dirigenziale n.06 del 14/01/2020 ha rilasciato NULLA

OSTA al progetto di manutenzione ordinaria e straordinaria dello stabilimento in questione ed in

particolare per la sistemazione dell’area esterna da adibire per il conferimento e messa in riserva

di rifiuti plastici, attraverso:

- l’installazione di due tunnel retrattili in PVC affiancati (tendostruttura), di dimensioni 30m x 15m x

h 10m, a protezione dei cumuli dagli agenti atmosferici;

- la posa di pareti autostabili in cav, di dimensioni modulari 1,20m x 2,50m x h 2,50m, per la

compartimentazione dei cumuli di diversa tipologia;

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- la realizzazione di un sistema statico di raccolta delle eventuali acque di percolazione provenienti

dallo stoccaggio in cumuli dei rifiuti nel piazzale esterno.

(VEDI ELABORATO GRAFICO ALLEGATO)

L’insediamento industriale in oggetto è costituito da un capannone costruito in elementi

prefabbricati in cemento armato precompresso (di circa 880 mq di superficie coperta e circa 10 m

di altezza), una palazzina uffici costituita da n.3 piani fuori terra (di circa 220 mq di superficie

coperta e circa 10 m di altezza) e da un piazzale (di circa 3.830 mq).

L’intera area è recintata con muro e sovrastante inferriata ed è dotata di tre accessi carrabili con

cancello in ferro con struttura a scorrimento su binari a movimentazione elettrica e un accesso

pedonale.

Inoltre sono presenti: un basamento perimetrale adiacente al prospetto ovest e a quello sud del

capannone, per l’allocazione esterna di macchinari e della banchina di carico/scarico; una pesa a

ponte modulare interrata, di dimensioni (18,00 x 3,00) m nella parte del piazzale antistante la

palazzina uffici; delle pensiline leggere in elementi trasparenti, dell’aggetto di 1,50 m a protezione

degli accessi alla palazzina uffici; un tank fuel, protetto da bacino di contenimento e da una tettoia

di dimensioni in pianta (2,50 x 3,55) m destinato allo stoccaggio di gasolio (il cui posizionamento

del serbatoio rispetta le distanze di sicurezza di cui al DM 21/11/2017 ovvero distanza di

protezione di almeno 3 m, distanza di almeno 5 m da fabbricati ospitanti attività non ricomprese tra

quelle soggette ai controlli di prevenzione incendi e distanza di almeno 10 m da fabbricati ospitanti

attività ricomprese tra le quelle soggette ai controlli di prevenzione incendi); un gruppo di

pressurizzazione ed alimentazione dell’impianto antincendio a protezione dell’insediamento

racchiuso entro pareti perimetrali REI con dimensioni in pianta (4,00 x 4,00) m; una fossa di

dimensioni di circa (3,60 m x 7,00) m all’interno del piazzale dell’insediamento, per l’allocazione di

un nastro meccanico trasportatore.

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DOTAZIONE IMPIANTISTICA ESISTENTE

L‘immobile in oggetto presenta la sotto elencata dotazione impiantistica:

impianto idrico per acqua potabile ad uso civile;

impianti sanitari;

impianto fognario;

impianto elettrico;

impianto di illuminazione esterno;

impianto antincendio;

impianto di smaltimento delle acque meteoriche provenienti dalle coperture;

impianto di trattamento delle acque meteoriche di dilavamento piazzale;

impianto di trattamento delle acque nere provenienti dai servizi igienici;

pavimentazione di tipo industriale in cls armato per tutte le aree di lavorazione all’interno del

capannone e del piazzale esterno.

DOTAZIONE IMPIANTISTICA DI PROGETTO

Premesso che trattasi di un insediamento in un opificio esistente, per l’insediamento dell’attività in

oggetto è prevista solo una piccola fase cantieristica esclusivamente correlata alla realizzazione di

un sistema statico di raccolta delle eventuali acque di percolazione provenienti dallo stoccaggio in

cumuli dei rifiuti nel piazzale esterno, per la parte restante è previsto esclusivamente il montaggio

e l’installazione di attrezzature per lo svolgimento dell’attività, tra cui:

- L’Impianto di recupero e triturazione meccanica per il riciclaggio di rifiuti plastici costituito da:

o Trituratore GENIUS GL 620-21 (riduzione volumetrica)

o Mulino MG 1600 (macinazione)

o Sistema di lavaggio a ciclo chiuso (lavaggio granuli)

o Sistema di trasporto pneumatico ai silos e/o ai polmoni per l'insacchettamento

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o Nastri meccanici trasportatori dotati di cupolini antivento

- L’Impianto di aspirazione e trattamento delle emissioni in atmosfera provenienti dalla fase di

triturazione e macinazione costituito da una cappa di aspirazione al trituratore, un depolveratore a

ciclone accoppiato ad un depuratore con filtri a manica.

- L’installazione di due tunnel retrattili in PVC affiancati (tendostruttura), di dimensioni 30m x 15m x

h 10m, a protezione dei cumuli dagli agenti atmosferici.

- La posa di pareti autostabili in cav (scheda tecnica in allegato), di dimensioni modulari 1,20m x

2,50m x h 2,50m, per la compartimentazione dei cumuli di diversa tipologia.

- La realizzazione di un sistema statico di raccolta delle eventuali acque di percolazione

provenienti dallo stoccaggio in cumuli dei rifiuti nel piazzale esterno.

- La segnaletica con strisce di colore arancione ed altra segnaletica orizzontale conforme alle

norme vigenti.

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DESCRIZIONE E DIMENSIONAMENTO DELLE AREE DI IMPIANTO

Descrizione delle aree al servizio dell’impianto e relative superfici in mq

La superficie totale dell’insediamento è di circa 4.930 mq, di cui le aree coperte sono costituite

dal capannone di circa 880 mq e dalla palazzina uffici di circa 220 mq, la restante superficie

scoperta destinata a piazzale è di circa 3.830 mq di cui 70 mq non pavimentati destinati ad aree a

verde.

(VEDI ELABORATO GRAFICO ALLEGATO)

L’area scoperta è distinta in:

- aree a verde

- area pavimentata per transito, movimentazione e manovra

- area pavimentata adibita a parcheggio

- area di conferimento rifiuti

- area di messa in riserva suddivisa per tipologie

- area di cernita/selezione

- area cassoni per deposito temporaneo rifiuti prodotti suddivisi per codice CER

- area cassone per stoccaggio rifiuti non conformi

- area stoccaggio EoW (ex MPS) in Big Bags

- area deposito attrezzature

Le aree coperte sono distinte in:

- palazzina uffici e servizi

- capannone:

o area movimentazione e manovra

o area lavorazioni

o area di cernita/selezione

o area stoccaggio materiale semilavorato

o area stoccaggio EoW (ex MPS) in Big Bags

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DOTAZIONI IMPIANTISTICA PER LA GESTIONE RIFIUTI

L’IMPIANTO DI MESSA IN RISERVA E RECUPERO DI RIFIUTI NON PERICOLOSI (RIFIUTI

PLASTICI) ai sensi dell’art. 216 del D. Lgs. 152/06 della società in questione presenta:

(VEDI ELABORATO GRAFICO ALLEGATO)

adeguato sistema di canalizzazione a difesa delle acque meteoriche esterne;

adeguato sistema di raccolta ed allontanamento delle acque meteoriche con separatore

delle acque di prima pioggia, da avviare all’impianto di trattamento;

adeguato sistema di raccolta dei reflui provvisto di separatori per oli con pozzetti di raccolta

“a tenuta” di idonee dimensioni, il cui contenuto sarà avviato agli impianti di trattamento;

idonea recinzione e presenza di barriera a verde lungo il confine;

aree di stoccaggio dei rifiuti distinte da quelle utilizzate per lo stoccaggio dei materiali

recuperati;

settore per il conferimento distinto da quello di messa in riserva;

superficie del settore di conferimento e quella di lavorazione impermeabilizzate e dotate di

adeguati sistemi di raccolta per eventuali spandimenti accidentali dei reflui. La superficie

dedicata al conferimento presenta dimensioni tali da consentire un’agevole

movimentazione dei mezzi e delle attrezzature in ingresso ed in uscita;

settore di messa in riserva organizzato in aree distinte per ciascuna tipologia di rifiuto ed

opportunamente delimitate. Tali aree sono contrassegnate da tabelle, ben visibili per

dimensioni e collocazione, indicanti le norme per il comportamento per la manipolazione

dei rifiuti e per il contenimento dei rischi per la salute dell’uomo e per l’ambiente e riportanti

i codici CER o le tipologie di rifiuti, lo stato fisico e la pericolosità dei rifiuti stoccati;

unità di separazione tra le varie aree di lavorazione, indispensabili per soddisfare le

esigenze della normativa vigente, costituite da divisioni mobili in calcestruzzo prefabbricato

(parteti autostabili in C.A.V.) e/o da delimitazioni effettuate con strisce di colore arancione

ed altra segnaletica orizzontale conforme alle norme vigenti.

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PAVIMENTAZIONI

Uffici, spogliatoi e servizi igienici: pavimentazioni e rivestimenti (wc) in mattonelle di ceramica

maiolicata.

Capannone e piazzale esterno: pavimentazione impermeabile di tipo industriale in cls armato.

La pavimentazione è realizzata con massetto in calcestruzzo lavorato del tipo “industriale” antispolvero

poggiante su fondazione in misto di cava granulare, rifinito con pastina di cemento e quarzo, provvisto di

giunti di dilatazione in materiale plastico lungo i bordi di ciascuno elemento rettangolare in cui è diviso.

Nell’ELABORATO GRAFICO in allegato viene riportata la rappresentazione grafica dell’area di sedime

dell’impianto suddivisa in aree pavimentate ed aree impermeabilizzate, specificando la struttura di ciascuna

di esse ed i materiali eventualmente utilizzati per l’impermeabilizzazione. L’impermeabilizzazione del

pavimento industriale della suddetta azienda, viene effettuato con resine epossidiche a film spesso avente le

seguenti caratteristiche tecniche e meccaniche:

♦ Formulazione: Resine epossidiche, induritori amminici, inerti minerali, pigmenti, additivi

♦ Peso specifico (DIN 53217/2): 1,45 g/cm3 ±0,1

♦ Residuo secco (10 minuti a 150°C): 92 % ±1%

♦ Rapporto di catalisi A+B: 100:25

♦ Durezza SHORE D5 (DIN 53505): 65

♦ Brillantezza (Gloosmeter a 60°): > 75

♦ Viscosità (UNI 8701/8) in funzione dei colori: 7.500 – 12.500 mPas

♦ Resistenza all’abrasione (UNI 8298/9, mola tipo CS17, 1000 giri, 1000 g): 122 mg

♦ Tempo di gelificazione (UNI 8701/8 a 20°C): 150 min ±3,5%

♦ Carico massimo a compressione (ASTM D 695): 52 N/mm2

♦ Carico massimo a flessione (DIN 53452) a 20 °C: 31 N/mm2

♦ Allungamento a rottura (ASTM D 638/2 a 20°C): 12,6 %

♦ Adesione al supporto elcometer tester (ASTM D 4541 a 20°C): > 2,5 N/mm2

La resina si caratterizza per la sua continuità e impermeabilità, qualità che la rendono particolarmente

indicata per ambienti dove è previsto un elevato transito di persone e il passaggio di macchine da lavoro. I

pavimenti in resina sono protettivi del supporto, ai quali si conferiscono proprietà tecniche aggiuntive,

funzionali ed estetiche. In questo senso, i rivestimenti in resina sono fatti per prolungare la vita del supporto

che lo riceve e di conseguenza anche del pavimento e della struttura in calcestruzzo cui sono applicati. Il

massetto epossidico rappresenta il pavimento in resina più duraturo, ed è caratterizzato da un'elevata

resistenza, sia meccanica che all'abrasione. Viene utilizzato inoltre per il ripristino di pavimentazioni usurate,

anche in maniera consistente, e permette il recupero di pendenze e avvallamenti per ottenere una superficie

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assolutamente piana, ideale per i magazzini meccanizzati. I pavimenti industriali in resina epossidica ad alto

spessore rappresentano la soluzione migliore per le imprese che vogliono una pavimentazione con migliori

prestazioni chimiche e meccaniche delle proprie aree di stoccaggio. Con la scelta del ciclo in resina a film

spesso si ottengono performances superiori a quelle ottenute con un film a basso spessore, poiché si

realizza un strato corticale protettivo più consistente, capace di eliminare ogni contatto tra ambiente e

sottofondo, proteggendolo e garantendo un ciclo di vita della pavimentazione più duraturo. Sebbene la

realizzazione di un pavimento industriale in resina a film spesso sia un ciclo standard e definito, la natura

stessa dei prodotti epossidici utilizzati permette di definire differenti varianti al ciclo, che possano rispondere

meglio alle esigenze della singola applicazione in riferimento allo scenario applicativo finale. Nel caso

specifico, viene previsto un ciclo di applicazione che prevede come ultima mano un film poliuretanico che

anche se sottile, è molto resistente ai graffi, posto in opera su fondo epossidico che è meccanicamente

resistentissimo, ma scarso all'abrasione superficiale. Per aumentare la resistenza all’abrasione della resina

epossidica, si è deciso di terminare il ciclo resinoso utilizzando un film poliuretanico pigmentato (nel

medesimo colore dell'epossidico), che garantisce un aumento considerevole delle resistenze all'abrasione

superficiale. In questo modo si crea un pavimento filmico ad alto spessore, resistente a compressione ed urti

(caratteristiche derivate dalla resina epossidica FLOORPOX) e estremamente resistente all'usura

superficiale (derivato dall'uso del poliuretanico POLIFINISH). Per la preparazione del fondo di posa, che si

presente non perfettamente liscio e con piccole sconnessioni, verrà utilizzata la resina epossidica

FLOORPOX, caricandola con inerti a bassissima granulometria in rapporto fino a 1:3, creando in questo

modo una maltina da rasatura pigmentata che, stesa a spatola, regolarizza il fondo, lo pigmenta e lo prepara

alla verniciatura finale col FLOORPOX puro, successivamente si stenderà una mano di POLIFINISH.

Quindi, per quanto su esposto, tale impermeabilizzazione del pavimento industriale con resine epossidiche a

film spesso, riuscirà a resistere all’abrasione prodotta dalle lavorazioni con mezzi meccanici di notevoli

dimensioni (es. pale gommate, carelli elevatori, cassoni, ecc).

Invece per quanto attiene, la descrizione della manutenzione della medesima pavimentazione, l’azienda

semestralmente verificherà lo stato di impermeabilizzazione della pavimentazione, incaricando un

dipendente interno, preposto ad effettuare una serie di controlli e verifiche riguardanti lo stato di usura della

pavimentazione. Tale dipendente, procederà inizialmente ad una ispezione visiva e alla misurazione delle

fessure eventualmente presenti sulla pavimentazione impermeabile. Nel caso in cui l’apertura delle fessure

supera il valore dello stato limite di fessurazione, definito nel nostro caso pari a 1,0 mm si provvederà a

chiamare una ditta specializzate al fine di ripristinare e garantire l’impermeabilità della pavimentazione. Nel

caso della presenza di avvallamenti, dissoluzioni, disgregazioni o mancanze, la pavimentazione andrà

ripristinata da personale specializzato, utilizzando lo stesso materiale utilizzato per la realizzazione della

pavimentazione. Tutti i controlli e le verifiche effettuate vengono riportate sul registro di manutenzione

dell’impianto.

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EROGAZIONE SERVIZI

APPROVVIGIONAMENTO IDRICO - L'acqua viene utilizzata essenzialmente per l'alimentazione

degli apparecchi igienico sanitari (bagni, wc, mensa etc.) e viene fornita dall'acquedotto mediante

regolare contratto di fornitura. Gli impianti di carico sono stati progettati sottotraccia, l’intera rete è

provvista di saracinesche di intercettazione, poste in punti opportuni in modo da sezionare

l’impianto, per il dimensionamento delle montanti e della rete principale si sono adottati i criteri

della norma UNI 9182.

ENERGIA ELETTRICA - L’energia elettrica viene fornita dall’Ente Enel. L'impianto elettrico sarà

realizzato conformemente alla Legge 37/08. Esso sarà corredato di interruttori automatici

magnetotermici contro le sovracorrenti e il corto circuito; protetto contro i contatti accidentali

mediante interruttori differenziali ed impianto di terra. All'interno del capannone sarà ubicato il

quadro elettrico di comando dalla quale parte la rete di distribuzione e di alimentazione degli

impianti di lavorazione. L'impianto di terra è realizzato lungo tutto il perimetro del capannone con

pozzetti di ispezione negli angoli contenenti dispersori di terra.

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DESCRIZIONE DELLA VIABILITÀ DI ACCESSO

L’accessibilità all’azienda è assicurata dalla viabilità della Zona ASI (Via delle Industrie), le cui

caratteristiche in termini di portata di fondo, larghezza e raggio di svolta in corrispondenza

dell’accesso, consentono agevolmente il flusso dei mezzi di trasporto in entrata ed uscita

dell’impianto in questione. I collegamenti sono garantiti dalla vicina Strada Statale S.S. 7bis la

quale presenta raccordi diretti con:

Autostrada A1/E45

S.P. 67

S.P. 338

S.S. 162dir

L’impianto è sito in una zona di facile accesso, dotata di strade di grande viabilità, tale da

consentire manovre agevoli a tutti i veicoli entranti ed uscenti dall’impianto. La viabilità descritta

permette ai mezzi di soccorso, in caso di emergenze improvvise, di raggiungere facilmente

l’azienda.

Ortofoto – Indicazione viabilità di accesso per LOCALITA' PANTANO (ZONA ASI) – ACERRA

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DESCRIZIONE DEL CICLO PRODUTTIVO

Il ciclo produttivo dell’impianto in questione consiste nell’attività di recupero e stoccaggio di rifiuti plastici,

effettuata mediante la rigenerazione meccanica, tramite triturazione, macinazione e successivo lavaggio del

materiale (da cascame e/o da recupero selettivo).

Il ciclo produttivo può essere suddiviso nelle seguenti fasi:

raccolta e/o ricevimento del materiale;

valutazione delle caratteristiche e rispondenza con quanto oggetto di contratto di ritiro;

ammasso in cumuli su pavimentazione in c.a.;

separazione e cernita manuale del materiale;

divisione in base a tipologia e colorazione;

riduzione volumetrica (triturazione);

macinazione;

lavaggio del granulo;

trasporto pneumatico ai silos e/o ai polmoni per l'insacchettamento automatico;

insaccatura in big-bags;

raggiungimento quantità occorrente per l'effettuazione del carico.

Macchinari ed attrezzature utilizzate

Nello stabilimento sono impiegati i seguenti macchinari e mezzi:

Trituratore GENIUS GL 620-21 (riduzione volumetrica)

Mulino MG 1600 (macinazione)

Sistema di lavaggio a ciclo chiuso (lavaggio granuli)

Sistema di trasporto pneumatico ai silos e/o ai polmoni per l'insacchettamento

Nastri meccanici trasportatori dotati di cupolini antivento

Carrello elevatore per la movimentazione e carico/scarico

Gru a ragno per la movimentazione e carico/scarico

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Tipologie di rifiuti trattati

Le tipologie di rifiuti trattati (ai sensi del DM 05/02/1998, cosi come modificato ed integrato dal D.M. 5 aprile

2006 n.186) dalla ZITO RECUPERO PLASTICA SRL UNIPERSONALE saranno le seguenti:

Tipologia 6.1: rifiuti di plastica; imballaggi usati in plastica compresi i contenitori per liquidi, con

esclusione dei contenitori per fitofarmaci e per presidi medico-chirurgici [020104] [150102] [170203]

[191204] [200139].

Provenienza: raccolte differenziate, selezione da R.S.U. o R.A.; attività industriali, artigianali e

commerciali e agricole; attività di costruzione e demolizione.

Caratteristiche del rifiuto: materiali plastici, compresi teli e sacchetti, tubetti per rocche di filati, di

varia composizione e forma con eventuale presenza di rifiuti di altra natura.

Attività di recupero: messa in riserva [R13] per la produzione di materie prime secondarie per

l'industria delle materie plastiche, mediante asportazione delle sostanze estranee (qualora presenti),

trattamento per l'ottenimento di materiali plastici conformi alle specifiche UNIPLAST-UNI 10667 e

per la produzione di prodotti in plastica nelle forme usualmente commercializzate [R3].

Caratteristiche delle materie prime e/o dei prodotti ottenuti: materie prime secondarie conformi

alle specifiche UNIPLAST-UNI 10667 e prodotti in plastica nelle forme usualmente

commercializzate.

Tipologia 6.2: sfridi, scarti, polveri e rifiuti di materie plastiche e fibre sintetiche [070213] [120105]

[160119] [160216] [160306] [170203].

Provenienza: industria, della produzione o trasformazione delle materie plastiche e fibre sintetiche,

impianti di recupero degli accumulatori esausti, attività di autodemolizione autorizzata ai sensi del

decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22 e successive modifiche e integrazioni, attività di

autoriparazione e industria automobilistica, altre attività di recupero di altre apparecchiature e

manufatti; attività di costruzione e demolizione.

Caratteristiche del rifiuto: granuli, trucioli, ritagli, polveri, manufatti fuori norma, ecc. Eventuale

presenza di altri polimeri, cariche, pigmenti, additivi, Pb <3%, KOH <0,3%, Cd <0,3%.

Attività di recupero: messa in riserva [R13] per la produzione di materie prime secondarie per

l'industria delle materie plastiche, mediante asportazione delle sostanze estranee (qualora presenti),

trattamento per l'ottenimento di materiali plastici conformi alle specifiche UNIPLAST-UNI 10667 e

per la produzione di prodotti in plastica nelle forme usualmente commercializzate [R3].

Caratteristiche delle materie prime e/o dei prodotti ottenuti: materie prime secondarie conformi

alle specifiche UNIPLAST-UNI 10667 e prodotti in plastica nelle forme usualmente

commercializzate.

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Tipologia 6.5: paraurti e plance di autoveicoli in materie plastiche [070213] [120105] [160119].

Provenienza: attività di demolizione veicoli autorizzata ai sensi del decreto legislativo 5 febbraio

1997, n. 22 e successive modifiche e integrazioni, attività di riparazione e sostituzione su veicoli in

servizio; industria automobilistica.

Caratteristiche del rifiuto: manufatti interi o parti di essi in plastica. Eventuale presenza di cariche

inerti, gomma, pigmenti, additivi.

Attività di recupero: messa in riserva di rifiuti [R13] con triturazione, lavaggio e flottazione per la

separazione degli inquinanti per sottoporre la frazione plastica all'operazione di recupero

nell'industria delle materie plastiche [R3].

Caratteristiche delle materie prime e/o dei prodotti ottenuti: prodotti in plastica nelle forme

usualmente commercializzate.

Descrizione delle attività di recupero

Il ciclo di recupero può essere suddiviso nelle seguenti fasi:

Raccolta e/o ricevimento del materiale – II servizio di prelievo dei materiali plastici, effettuato dalla

Zito Recupero Plastica s.r.l. presso i propri clienti, viene eseguito con automezzi aziendale idonei e

cassoni intercambiabili. L’azienda, per facilitare la gestione dei rifiuti stoccati nel luogo di produzione,

fornisce in comodato d’uso ai propri clienti dei cassoni a tenuta, variabili in base alle esigenze del

cliente. Le operazioni di carico vengono gestite attraverso la stesura di un calendario giornaliero di

appuntamenti, in relazione alle richieste dei clienti ed alla disponibilità del mezzo aziendale. In

questa fase i mezzi aziendali partono dal deposito situato presso l'azienda per recarsi nei vari punti

di carico dislocati sul territorio provinciale e regionale. Con la stesura del calendario di appuntamenti

con i produttori di rifiuti viene assegnato l'incarico all'autista. Quest' ultimo, giunto a destinazione,

effettua il carico del materiale plastico tramite automezzo autorizzato. Prima del carico vengono

effettuate le operazioni di pesatura e di compilazione del formulario di trasporto. Parte del materiale

in ingresso può arrivare anche tramite altri trasportatori iscritti all'Albo Gestori Ambientali.

Controllo del materiale in ingresso – In questa fase vengono effettuati i primi controlli sul

materiale in ingresso per verificare la conformità del carico ed il peso. Successivamente, se il

materiale supera i controlli, viene destinato allo stoccaggio ed alle successive fasi di trattamento.

L’ammissione di un dato rifiuto all’impianto è subordinata all’esito di una procedura articolata in fasi

successive:

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o controllo della sua compatibilità con la capacità autorizzata dell’impianto, in termini di

trattamento e di stoccaggio;

o verifica dei titoli autorizzativi dei trasportatori;

o controllo della documentazione di accompagnamento del carico dei rifiuti, consistente nel

formulario di identificazione del rifiuto di cui all’articolo 193 del D.Lgs. 152/06 e s.m.i, e delle

analisi a corredo;

o controllo visivo del carico al fine della verifica della sua conformità al codice CER attributo

dal produttore/detentore del rifiuto e riportato nel formulario di accompagnamento.

Superate queste fasi, il rifiuto potrà essere conferito nell’impianto, ove si procederà ad effettuare

verifiche sulle caratteristiche dei rifiuti in maniera puntuale, ovvero di controllare le analisi dei rifiuti

conferiti in occasione del primo conferimento all'impianto di recupero e, successivamente, ogni 12

mesi e, comunque, ogni volta che intervengano modifiche sostanziali nel processo di produzione da

parte del medesimo produttore di rifiuti. Per quanto attiene, i rifiuti non pericolosi in assoluto, ovvero

rappresentati da codici CER privi di asterisco senza che esista un corrispondente analogo codice (“a

specchio”) con asterisco indicati nell’Allegato D – Parte IV D.lgs. 152/2006, risulta sufficiente una

classificazione merceologica secondo la norma di campionamento UNI 1082, ciò non impedisce

comunque all’azienda che in qualsiasi momento, di richiedere un analisi sul rifiuto più dettagliata,

come quella chimica ad opera di laboratori specializzati debitamente accreditati. Mentre per i rifiuti

caratterizzati con codici CER “a specchio”, si procederà obbligatoriamente ad una analisi chimica ad

opera di laboratori specializzati debitamente accreditati, per la determinazione corretta del codice

CER. Si vuole precisare che il campionamento dei rifiuti, ai fini della loro caratterizzazione chimico

fisica, è effettuato sul rifiuto tal quale, in modo tale da ottenere un campione rappresentativo

secondo le norme UNI 10802, tutto conforme con le normative vigenti del settore.

Stoccaggio, selezione e trattamento – Il materiale viene scaricato dai mezzi nelle aree di messa in

riserva indicate dagli operatori. Il materiale scaricato viene vagliato dagli operatori e viene fatta una

cernita manuale sia della plastica, suddivisa per colore e tipologia che degli eventuali materiali

estranei eventualmente presenti quali legno, carta, metalli e del restante materiale non conforme. Il

materiale di scarto prodotto dalla cernita (carta, legno, metalli, etc.) viene depositato in appositi

cassoni ed inviato al recupero o a smaltimento presso impianti autorizzati. La plastica derivante dalla

cernita, subisce una prima riduzione volumetrica di triturazione con eventuale deferrizzazione, e

successivamente la macinazione. In seguito, dal mulino il materiale trattato viene immesso prima in

una vasca di lavaggio a ciclo chiuso (le acque di lavaggio non verranno immesse nella rete di

smaltimento delle acque reflue) e poi tramite un sistema di trasporto a coclea, giunge nel silos di

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riempimento e da quest’ultimo nelle big bags. I sacconi così riempiti vengono stoccati in una zona

apposita.

Carico e spedizione presso destinazione finale ex Materia Prima Secondaria (EoW) – In questa

fase i big bags con il materiale macinato, a seconda della tipologia di materiale vengono caricati

tramite muletto sui mezzi dei vettori per poi essere inviati a destinazione finale come ex Materia

Prima Secondaria (EoW). Prima della partenza, e dopo i controlli del caso, vengono compilati i

documenti per i materiali in uscita dal trattamento, visto che si tratta di materie prime secondarie il

documento è il DDT. Il controllo del peso del materiale in uscita (big bags contenenti ex MPS) viene

eseguito mediante bilancia a bascula e pesa bilico. Si precisa che la verifica delle specifiche

tecniche di cui al D.M. 05/02/1988 dei materiali prodotti dall’attività di recupero in relazione alla loro

destinazione di utilizzo avviene mediante analisi periodica di tali prodotti, al fine di verificare la

conformità delle caratteristiche indicate dalla norma UNIPLAST-UNI 10667.

Si precisa che la presente azienda rispetta le procedure dettate dalla Circolare del Ministero

dell’Ambiente Direzione Generale per i rifiuti e l’inquinamento n.1121 del 21/01/2019 recante le

“linee guida per la gestione operativa degli stoccaggi negli impianti di gestione dei rifiuti e per la

prevenzione dei rischi”.

L’ammissione di un dato rifiuto all’impianto è subordinata all’esito di una procedura articolata in fasi

successive:

Controllo del carico di rifiuto che sia compatibile con la capacità autorizzativa in termini di

trattamento e stoccaggio, grazie all’ausilio di software di gestione rifiuti che consentirà di conoscere

in qualsiasi momento, per ogni singolo codice CER, i quantitativi possibili da stoccare e da trattare

giornalmente.

Verifica titoli autorizzativi dei trasportatori, tramite il sito istituzionale

www.albonazionalegestoriambientali.it.

Controllo della documentazione di accompagnamento del carico dei rifiuti, consistente nel formulario

di identificazione del rifiuto di cui all’articolo 193 del D.Lgs. 152/06 e s.m.i, e delle analisi al corredo.

In particolare è riscontrata la regolarità del trasporto controllando la corrispondenza della categoria e

del codice CER.

Verifica visiva del rifiuto per attestare la conformità del codice CER attributo dal produttore/detentore

del rifiuto e riportato nel Formulario.

Pesatura dei rifiuti in ingresso tramite pesa bilico interrata ubicata nel piazzale esterno.

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Superata queste fasi, il rifiuto potrà essere conferito nell’impianto, ove si procederà ad effettuare verifiche

sulle caratteristiche dei rifiuti in maniera puntuale, ovvero di controllare le analisi dei rifiuti conferiti in

occasione del primo conferimento all'impianto di recupero e, successivamente, ogni 12 mesi e, comunque,

ogni volta che intervengano modifiche sostanziali nel processo di produzione da parte del medesimo

produttore di rifiuti. Per quanto attiene, i rifiuti non pericolosi in assoluto, ovvero rappresentati da codici CER

privi di asterisco senza che esista un corrispondente analogo codice (“a specchio”) con asterisco indicati

nell’Allegato D – Parte IV D.lgs 152/2006, risulta sufficiente una classificazione merceologica secondo la

norma di campionamento UNI 1082, ciò non impedisce comunque all’azienda che in qualsiasi momento, di

richiedere un analisi sul rifiuto più dettagliata, come quella chimica ad opera di laboratori specializzati

debitamente accreditati. Mentre per i rifiuti caratterizzati con codici CER “a specchio”, si procederà

obbligatoriamente ad una analisi chimica ad opera di laboratori specializzati debitamente accreditati, per la

determinazione corretta del codice CER. Si vuole precisare che il campionamento dei rifiuti, ai fini della loro

caratterizzazione chimico fisica, è effettuato sul rifiuto tal quale, in modo tale da ottenere un campione

rappresentativo secondo le norme UNI 10802, tutto conforme con le normative vigenti del settore. Inoltre la

presente azienda compilerà il registro di carico e scarico dei rifiuti, nei modi e nei tempi stabiliti dall’art.190

comma 1, del D.lgs. 152/2006, ovvero che le registrazioni saranno effettuate entro i 2 giorni lavorativi dalla

presa in carico dei rifiuti in ingresso.

Invece nel caso in cui si dovessero presentare rifiuti non conformi all’omologa di accettazione, risultati

presenti in maniera accidentale e non verificabile all’atto del prelievo o dell’accettazione, si articolerà una

procedura che può essere sintetizzata nel modo seguente:

Per i rifiuti non conformi, sarà destinata un’area di emergenza dotata degli opportuni presidi di

sicurezza, in attesa di essere conferiti a successivi impianti di recupero/smaltimento, così come

richiesto dalla D.G.R. N.223 del 20.05.2019.

In caso di mancata o parziale accettazione del carico, l’azienda applicherà queste disposizioni

generali:

o Accettazione parziale del carico: l’impianto gestisce il formulario sbarrando la casella 11,

“accettato per la seguente quantità”, ed entro i 2 giorni lavorativi dalla presa in carico,

registrerà sul registro di carico e scarico la quantità di rifiuto accettata e le informazioni

presenti sul formulario stesso. Successivamente l’impianto informa e concorda con il

produttore, la destinazione del rifiuto non accettato. Il trasportatore o l’impianto, emettono un

nuovo formulario relativo al quantitativo di rifiuti che il trasportare conferirà a nuova

destinazione. Nello spazio “Annotazioni” dei due formulari verranno indicati i riferimenti

incrociati di tali documenti, ed infine il produttore riceverà le due quarte copie dei formulari.

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o Carico respinto per intero: l’impianto non accetta il rifiuto, sbarrando la casella 11, “respinto

per le seguenti motivazioni” provvede per l’appunto a motivare la scelta, trattenendo una

fotocopia del formulario come prova dell’avvenuto diniego. Successivamente informa e

concorda con il produttore la destinazione del rifiuti non accettato.

Sui materiali plastici prodotti a seguito dall’attività di trattamento dei rifiuti (R3), cesserà la qualifica di rifiuto

(EoW) ai sensi dell’art.184 ter del D.lgs 152/06, se il prodotto recuperato, ex materia prima seconda, sarà

conforme alle caratteristiche indicate dalla norma UNIPLAST-UNI 10667:2017 e/o prodotti in plastica nelle

forme usualmente commercializzate, cosi come dettato dal D.M.05/05/1998 e s.m.i., in caso contrario il

materiale verrà gestito come rifiuto, con il codice CER 19.12.04 (plastica e gomma). Si vuole specificare che

la verifica tecnica di compatibilità del materiale prodotto, verrà effettuato su ogni lotto di produzione di circa

3.000 ton, mediante analisi chimiche effettuate da laboratori accreditati dove verrà accertato le

caratteristiche indicate dalla norma UNIPLAST-UNI 10667:2017.

Descrizione dettagliata della fase di ciclo produttiva relativa al lavaggio dei granuli di plastica

mediante sistema di lavaggio a ciclo chiuso ed al successivo trasporto ai silos e/o ai polmoni per

l’insacchettamento e si valutino i conseguenti impatti sulle componenti ambientali.

Nel ciclo produttivo in questione successivamente la fase di macinazione, il materiale trattato viene immesso

prima in una vasca di lavaggio a ciclo chiuso (le acque di lavaggio non vengono immesse nella rete di

smaltimento delle acque reflue, ma periodicamente smaltite e gestite come rifiuti) e poi tramite un sistema di

trasporto a coclea, giunge nel silos di riempimento e da quest’ultimo nelle big bags. Ai piedi della camera di

macinazione del mulino è presente un aspiratore che convoglia il materiale plastico triturato e le polveri

prodotte dalla macinazione nel depolveratore a ciclone; il materiale plastico tramite una coclea posizionata al

di sotto del depolveratore viene convogliato alla testa dei silos di riempimento (se il materiale non necessita

della fase di lavaggio). Il materiale accumulato nel silos per caduta arriva ai big bags di riempimento. Per il

materiale da trattare che necessita della fase di lavaggio, il materiale in uscita dal mulino tramite un ciclone

di carico viene diretto prima alla vasca di lavaggio (sistema a ciclo chiuso) e successivamente mediante una

coclea drenante il granulo in uscita passa per una centrifuga di asciugatura e successivamente da questa

tramite una coclea viene convogliato alla testa dei silos di riempimento dei big bags.

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In merito ai possibili impatti prodotti sulle componenti ambientali, si precisa che il sistema di lavaggio granuli

a ciclo chiuso ed il successivo trasporto ai silos per l’insacchettamento non presenta alcuna criticità rilevante

in merito a possibili impatti sull’ambiente.

In quanto le acque di lavaggio non vengono immesse nella rete di smaltimento delle acque reflue, ma

periodicamente smaltite e gestite come rifiuti nel rispetto della normativa vigente.

In merito alla produzione di emissioni in atmosfera tutto il sistema descritto è collegato ad un impianto di

aspirazione e filtrazione per l’abbattimento delle polveri.

Ed infine in merito all’impatto acustico come descritto nella Valutazione di Impatto Acustico Previsionale

dall’osservazione dei dati ottenuti dal calcolo previsionale, si ricava che, in base alle macchine che si intende

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installare con il loro posizionamento, non vengono immessi rumori nell’ambiente esterno che possano

disturbare le eventuali future abitazioni poste più vicine, per cui le attività svolte non andranno a modificare il

clima acustico della suddetta area e di conseguenza non verrà superato il limite diurno e notturno imposto

nella zona omogenea di classe IV e classe VI. Pertanto si può concludere che i valori di immissione, calcolati

in maniera previsionale, sono al di sotto dei limiti imposti dalle attuali normative in vigore ed in particolare ai

limiti imposti dalla normativa comunale.

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MODALITA’ DI STOCCAGGIO DEI RIFIUTI

Nella fattispecie dell’impianto in questione lo stoccaggio dei rifiuti in ingresso è realizzato in cumuli

nelle aree predisposte nel piazzale e suddivise per tipologia. Per tali aree è prevista l’installazione

di due tunnel retrattili in PVC affiancati (tendostruttura), di dimensioni 30m x 15m x h 10m, a

protezione dei cumuli dagli agenti atmosferici. Per quanto riguarda lo stoccaggio dei rifiuti prodotti

in deposito temporaneo avviene in cassoni scarrabili dotati di copertura ubicati nel piazzale

esterno. Mentre per quanto riguarda i materiali recuperati questi sono stoccati in big bags sia

all’interno del capannone che in un area esterna preposta e separata dalle aree di stoccaggio

rifiuti. Le unità di separazione tra le varie aree di messa in riserva e conferimento, indispensabili

per soddisfare le esigenze della normativa vigente, sono costituite da divisioni mobili in

calcestruzzo prefabbricato (pareti autostabili in C.A.V. di dimensioni modulari 1,20m x 2,50m x h

2,50m) idonei per un adeguata separazione delle aree adibite allo stoccaggio delle diverse

tipologie di rifiuti.

Stoccaggio in cumuli

I cumuli saranno realizzati su basamenti impermeabili resistenti all'attacco chimico dei rifiuti che

permettano la separazione dei rifiuti dal suolo sottostante. L'area presenta una pendenza tale da

convogliare gli eventuali liquidi di percolamento in apposite griglie con destino in vasca a tenuta a

svuotamento periodico operato da ditte autorizzate al prelievo, trasporto e successivo smaltimento.

I cumuli non supereranno l’altezza di tre metri.

Descrizione dei settori di conferimento, stoccaggio e deposito temporaneo

I settori di conferimento, stoccaggio e deposito temporaneo presentano una pavimentazione in

cemento armato industriale opportunamente impermeabilizzato, dotato di pendenza per la raccolta

di eventuali reflui in dispersione e dimensioni tali da consentire agevolmente le manovre di

carico/scarico. I settori di stoccaggio sono organizzati per Codice CER. In accordo con quanto

stabilito dalla normativa vigente i settori di stoccaggio dei rifiuti sono separati da quelli dedicati al

conferimento e al deposito dei materiali recuperati. I rifiuti depositati sono dotati di tabelle ben

visibili in cui sono riportati il codice CER, l'eventuale pericolosità e, in tal caso, le norme di

manipolazione per la corretta gestione degli stessi in sicurezza. Il deposito temporaneo sarà

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gestito nel rispetto delle indicazioni di cui all'art. 183 del D.Lgs. 152/2006 e s.m.i. in relazione agli

spazi presenti sarà adottato il criterio temporale per l'avvio allo smaltimento dei rifiuti prodotti

eccetto per i fanghi depositati nelle vasche di sedimentazione dell’impianto di trattamento dei reflui,

gli oli accumulati nel comparto del disoleatore e gli eventuali liquidi di percolamento stoccati in

vasca a tenuta, per i quali potrà adottarsi il criterio quantitativo.

Inoltre gli accessi a tutte le aree di stoccaggio saranno sempre mantenuti sgombri, in modo tale da

agevolare le movimentazioni; la viabilità e la relativa segnaletica all’interno dell’impianto sarà

adeguatamente mantenuta, e la circolazione opportunamente regolamentata; la superficie del

settore di conferimento e quella di lavorazione sono impermeabili e dotate di adeguati sistemi di

raccolta per eventuali spandimenti accidentali dei reflui. La superficie dedicata al conferimento

presenta dimensioni tali da consentire un’agevole movimentazione dei mezzi e delle attrezzature in

ingresso ed in uscita; il settore del deposito preliminare e/o della messa in riserva è organizzato in

aree distinte per ciascuna tipologia di rifiuto ed opportunamente delimitate.

Pertanto si ritiene che la ripartizione delle aree destinate alla gestione dei rifiuti e le relative

tecniche di confinamento descritti, siano sufficienti a garantire la gestione separata sia di rifiuti che

dei materiali prodotti.

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QUANTITÀ MASSIMA STOCCABILE DI RIFIUTI

In ottemperanza a quanto indicato nell’allegato 1 alla D.G.R. n. 8 del 15/01/2019 si precisa che in

ogni caso la superficie utile per lo stoccaggio non può essere superiore al 80% della superficie a

disposizione (per “superficie a disposizione” è da intendersi l'intera superficie interna al perimetro

aziendale disponibile per il transito dei veicoli in ingresso/uscita e la movimentazione dei materiali).

La superficie totale dell’insediamento è di circa 4.930 mq, di cui le aree coperte sono costituite dal

capannone di circa 880 mq e dalla palazzina uffici di circa 220 mq, la restante superficie scoperta

destinata a piazzale è di circa 3.830 mq di cui 70 mq non pavimentati destinati ad aree a verde.

Nella fattispecie dell’impianto in questione lo stoccaggio dei rifiuti sarà realizzato in cumuli la cui

altezza sarà sempre inferiore o uguale a 3,00 m per cui, considerando che nell’impianto in

questione la superficie totale delle sole aree di messa in riserva è pari a 700 mq (minore al 80%

della superficie a disposizione) e che i rifiuti saranno stoccati in cumuli (di forma piramidale) di

altezza sempre inferiore o uguale a 3,00 m ne consegue che il quantitativo massimo stoccabile di

rifiuti nell’impianto in oggetto sarà sempre inferiore o uguale a (700 mq x 3,00 m)/3 = 700 mc

Quindi considerando un peso specifico medio dei rifiuti trattati pari a 0,5 t/mc risulta che la

quantità massima stoccabile di rifiuti, contemporaneamente presente nell’impianto sarà sempre

inferiore o uguale a (700 mc x 0,5 t/mc) = 350 t

Tipologia rifiuti

Codice

CER

Peso

specifico

(t/mc)

Superfici

delle aree di

messa in

riserva

(mq)

Volumi in messa in riserva in

forma piramidale

(mc)

Capacità

massima di

stoccaggio

(t)

6.1 rifiuti di plastica

imballaggi usati in plastica

compresi i contenitori per

liquidi, con esclusione dei

contenitori per fitofarmaci e

per presidi medico-chirurgici.

[020104]

[150102]

[170203]

[191204]

[200139]

0,5

200

200

100

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6.2 sfridi, scarti, polveri e

rifiuti di materie plastiche e

fibre sintetiche.

[070213]

[120105]

[160119]

[160216]

[160306]

[170203]

0,5

200

200

100

6.5 paraurti e plance di

autoveicoli in materie

plastiche

[070213]

[120105]

[160119]

0,5

300

300

150

QUANTITA’ MASSIMA STOCCABILE 350 t

CAPACITA’ DI TRATTAMENTO

In merito alla potenzialità di trattamento e recupero dell’impianto in questione si precisa che la

capacità produttiva dipende essenzialmente dalla potenzialità delle macchine operatrici e dalla

disponibilità della forza lavorativa. Considerando la potenzialità delle attrezzature disponibili e

della forza lavoro impiegata per il trattamento pari a circa 3 t/h e che l’attività viene svolta in 3 turni

lavorativi di 8 ore, il quantitativo massimo giornaliero trattato sarà pari a (3 t/h x 3 x 8 h/g) = 72

t/g corrispondenti (considerando una media di circa 300 giorni lavorativi/anno) ad un quantitativo

annuo di circa 21.000 t/anno.

Nella tabella seguente si riportano quantitativi massimi recuperabili per singola tipologia di rifiuto:

Tipologia rifiuti Codice CER Attività R3

(t/g)

Attività R3

(t/anno)

6.1 rifiuti di plastica imballaggi usati in plastica

compresi i contenitori per liquidi, con

esclusione dei contenitori per fitofarmaci e per

presidi medico-chirurgici.

[020104]

[150102]

[170203]

[191204]

[200139]

33,33

10.000

6.2 sfridi, scarti, polveri e rifiuti di materie

plastiche e fibre sintetiche.

[070213]

[120105]

[160119]

[160216]

[160306]

[170203]

33,33

10.000

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ina3

5

6.5 paraurti e plance di autoveicoli in materie

plastiche

[070213]

[120105]

[160119]

3,33

1.000

QUANTITATIVO MASSIMO RECUPERABILE 70 t/g 21.000 t/anno

QUANTITATIVI DA AUTORIZZARE

Quantitativo massimo di rifiuti stoccabili: 350 t

Capacità di trattamento: 72 t/g

Quantitativo annuo: 21.000 t/anno

TABELLA RIEPILOGATIVA CODICI CER, ATTIVITÀ E QUANTITATIVI DA AUTORIZZARE

Tipologia rifiuti

Codice CER

Operazione di

recupero

Quantità da

autorizzare (t/a)

6.1 rifiuti di plastica imballaggi usati in

plastica compresi i contenitori per

liquidi, con esclusione dei contenitori

per fitofarmaci e per presidi medico-

chirurgici.

[020104]

[150102]

[170203]

[191204]

[200139]

R13 – R3

10.000

6.2 sfridi, scarti, polveri e rifiuti di

materie plastiche e fibre sintetiche.

[070213]

[120105]

[160119]

[160216]

[160306]

[170203]

R13 – R3

10.000

6.5 paraurti e plance di autoveicoli in

materie plastiche

[070213]

[120105]

[160119]

R13 – R3

1.000

Quantità totale di rifiuti da autorizzare 21.000 t/anno

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Applicazione della Circolare del Ministero dell’Ambiente Dir. Gen. per i rifiuti e

l’inquinamento n.1121 del 21/01/2019 (ex Circolare prot.4064 del 15.03.2018)

Si precisa che la presente azienda rispetta le procedure dettate dalla Circolare del Ministero

dell’Ambiente Direzione Generale per i rifiuti e l’inquinamento n.1121 del 21/01/2019 recante le “linee

guida per la gestione operativa degli stoccaggi negli impianti di gestione dei rifiuti e per la prevenzione dei

rischi”. A riguardo di ciò si precisa che:

- L’impianto non è ubicato in aree esondabili, instabili e alluvionali, comprese nelle fasce A e B

individuate nei piani di assetto idrogeologico di cui alla legge 18 maggio 1989, n. 183 e ss.mm.ii.

- Secondo il Piano Regolatore Generale vigente l’area in questione ricade in Zona “D” Industriale per

cui compatibile con l’attività di recupero rifiuti.

- La gestione dei rifiuti viene effettuata da personale edotto del rischio rappresentato dalla loro

movimentazione e informato della pericolosità dei rifiuti; durante le operazioni gli addetti dispongono di

idonei dispositivi di protezione individuale (DPI) in base al rischio valutato.

- Per quanto attiene l'antincendio rientra nella categoria 44.3/C dell’Allegato 1 del DPR 01/08/2011

n.151 per cui è stato presentato al Comando Provinciale dei Vigili del Fuoco di Napoli domanda di

valutazione del progetto Rif. Pratica VV.F. n.121112 prot. 11225 del 11/03/2019:

Attività 44.3.C: Stabilimenti e impianti ove si producono, lavorano e/o detengono materie plastiche, con

quantitativi in massa superiori a 5.000 kg. Classificata con RISCHIO INCENDIO MEDIO.

In via generale, le aree distinte previste all’interno dell’impianto in questione sono:

- area dotata di una struttura ad uso ufficio per gli addetti alla gestione, in cui sono situati i servizi igienici,

mensa, spogliatoio e doccia per il persone (situata al primo piano dell’immobile);

- area destinata alle procedure di pesatura (pesa a ponte modulare interrata in travi di acciaio)

- area di ricezione dei rifiuti, destinata alle operazioni di identificazione del soggetto conferitore (Area di

conferimento);

- area scoperta attrezzata con idonei requisiti antincendio, destinata allo stoccaggio dei rifiuti per categorie

omogenee, adeguata per i quantitativi di rifiuti gestiti, e dotata di superficie impermeabile e pavimentata con

una pendenza tale da convogliare gli eventuali liquidi di percolamento attraverso una griglia in una vasca a

tenuta a svuotamento periodico (Area di messa in riserva R13 rifiuti suddivisa per tipologie);

- area scoperta attrezzata con idonei requisiti antincendio, destinata alla selezione/cernita di rifiuti plastici,

adeguata per i quantitativi di rifiuti gestiti, e dotata di superficie impermeabile e pavimentata con una

pendenza tale da convogliare gli eventuali liquidi sversati accidentalmente e le acque di dilavamento

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piazzale, in apposita rete di raccolta acque meteoriche, con separazione delle acque di prima pioggia da

avviare all’impianto di trattamento e successivo scarico (Area di cernita/selezione)

- locale chiuso attrezzato con idonei requisiti antincendio, ovvero area destinata allo stoccaggio e

trattamento dei rifiuti plastici, adeguata allo svolgimento delle operazioni da effettuarvi e dotata di adeguata

copertura, di superfici impermeabili di adeguata pendenza tale da convogliare gli eventuali liquidi sversati

accidentalmente, in apposite griglie di raccolta che convoglieranno all’impianto di trattamento e successivo

scarico, nonché un opportuno sistema di aspirazione e trattamento dell’aria (Capannone lavorazione);

- area per il deposito delle sostanze da utilizzare per l'assorbimento dei liquidi in caso di sversamenti

accidentali (area deposito attrezzature);

- area adeguata di viabilità interna per la movimentazione (Area movimentazione e manovra);

- area di stoccaggio EoW (ex MPS) in Big Bags (interna al capannone e sul piazzale);

Inoltre l’impianto in questione presenta:

- idonea recinzione lungo tutto il perimetro con annessa area al verde;

- adeguato sistema di canalizzazione a difesa delle acque meteoriche esterne;

- adeguato sistema di raccolta ed allontanamento delle acque meteoriche con separatore delle acque di

prima pioggia, da avviare all’impianto di trattamento;

- adeguato sistema di raccolta dei reflui;

- superficie del settore di conferimento e quella di lavorazione impermeabilizzate e dotate di adeguati sistemi

di raccolta per eventuali spandimenti accidentali dei reflui. La superficie dedicata al conferimento presenta

dimensioni tali da consentire un’agevole movimentazione dei mezzi e delle attrezzature in ingresso ed in

uscita;

- settore di messa in riserva organizzato in aree distinte per ciascuna tipologia di rifiuto ed opportunamente

delimitate. Tali aree sono contrassegnate da tabelle, ben visibili per dimensioni e collocazione, indicanti le

norme per il comportamento per la manipolazione dei rifiuti e per il contenimento dei rischi per la salute

dell’uomo e per l’ambiente e riportanti i codici CER dei rifiuti, lo stato fisico e l’eventuale pericolosità dei rifiuti

stoccati;

- unità di separazione tra le varie aree di lavorazione, indispensabili per soddisfare le esigenze della

normativa vigente, costituite da divisioni mobili in calcestruzzo prefabbricato (tipo new jersey) e/o da

delimitazioni effettuate con strisce di colore giallo ed altra segnaletica orizzontale conforme alle norme

vigenti.

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- un’area d’emergenza, di dimensioni contenute e dotata degli opportuni presidi di sicurezza, destinata

all’eventuale stoccaggio di rifiuti non conformi all’omologa di accettazione, risultati presenti in maniera

accidentale e non verificabile all’atto del prelievo o dell’accettazione in impianto (Area stoccaggio rifiuti non

conformi in cui sarà posizionato un cassone scarrabile dotato di copertura).

Requisiti tecnologici e sistemi di protezione e sicurezza ambientale:

- impianto e/o dispositivi antincendio conformi alle norme vigenti in materia;

- impianto di videosorveglianza;

- impianto per l’approvvigionamento e la distribuzione interna di acqua per servizi igienici, lavaggio

piazzali, mezzi e contenitori, prevenzione e lotta antincendio;

- impianto di abbattimento delle polveri, con sistema a ciclone e filtri a maniche.

- impianto elettrico per l’alimentazione delle varie attrezzature presenti (quali ad esempio sistemi

informatici, sistema di illuminazione, sistemi di videosorveglianza e di monitoraggio e controllo, sistemi di

pesatura, etc.), realizzato in conformità alle norme vigenti;

- sistemi di convogliamento delle acque meteoriche dotati di pozzetti per il drenaggio e impianto di

trattamento prima pioggia costituito da vasche dissabbiatore e disoleatore;

- adeguato sistema di raccolta e di trattamento dei reflui, conformemente a quanto previsto dalla

normativa vigente in materia ambientale e sanitaria;

- impianto di illuminazione, anche di sicurezza, interna ed esterna, realizzato in conformità alle norme

vigenti;

- riscaldamento del locale ad uso ufficio realizzato in conformità alle normative vigenti;

- allacciamento alla rete telefonica;

- impianto di produzione di acqua calda per i servizi igienici.

In fase di esercizio, la responsabilità della gestione operativa dell’impianto sarà affidata ad un direttore

tecnico, che in questo caso coinciderà con il rappresentante legale della società, ovvero il Sig. Vincenzo

Zito, il quale è opportunamente formato ed in possesso dei necessari requisiti, cosi come richiesti dall’art.13

del D.M. 120/2014, a cui spettano i compiti di controllo a partire dalla fase di accettazione dei carichi

nell’impianto, fino alla fase di trasporto all’eventuale successivo impianto di destinazione. Inoltre tale

direttore tecnico, sarà sempre presente in impianto durante l’orario di operatività dello stesso, assicurando,

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ovvero collaborando con il responsabile del servizio di prevenzione e protezione (laddove tali figure non

siano coincidenti) affinché nella gestione operativa delle attività presso l’impianto sia data attuazione a tutte

le disposizioni di sicurezza previste dalla norma specifica di settore:

In particolare, tale direttore tecnico, assicurerà la verifica di quanto segue:

- prima della ricezione dei rifiuti all'impianto è verificata l’accettabilità degli stessi mediante le seguenti

procedure:

a) acquisizione del relativo formulario di identificazione e/o di idonea certificazione analitica riportante le

caratteristiche chimico-fisiche dei rifiuti;

b) qualora si tratti di rifiuti non pericolosi per cui l'Allegato D alla Parte Quarta del D.Lgs. 152/06 preveda un

CER “voce a specchio" di analogo rifiuto pericoloso, lo stesso potrà essere accettato solo previa verifica

della "non pericolosità".

Qualora la verifica di accettabilità viene effettuata anche mediante analisi, la stessa viene eseguita per ogni

conferimento di partite di rifiuti ad eccezione di quelle che provengono continuativamente da un ciclo

tecnologico ben definito e conosciuto (singolo produttore), nel qual caso la verifica deve essere almeno

semestrale.

- in ingresso all’impianto siano accettati solo i carichi compatibili con la capacità autorizzata in termini di

trattamento e stoccaggio;

- viene comunicato alla Provincia l’eventuale respingimento del carico di rifiuti entro e non oltre 24 ore,

trasmettendo fotocopia del formulario di identificazione;

- i registri di carico e scarico sono tenuti in conformità a quanto stabilito dall’art. 190 del D.Lgs 152/06 e nel

rispetto delle prescrizioni emanate dal competente Ente gestore del catasto;

- le operazioni di scarico e di stoccaggio dei rifiuti sono condotte in modo da evitare emissioni diffuse.

- la movimentazione e lo stoccaggio dei rifiuti, sono effettuate in condizioni di sicurezza, evitando:

a) la dispersione di materiale pulverulento nonché gli sversamenti al suolo di liquidi;

b) l'inquinamento di aria, acqua, suolo e sottosuolo, ed ogni danno a flora e fauna;

c) per quanto possibile, rumori e molestie olfattive;

d) di produrre degrado ambientale e paesaggistico;

e) il mancato rispetto delle norme igienico - sanitarie;

f) ogni danno o pericolo per la salute, l’incolumità, il benessere e la sicurezza della collettività;

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0

- sono adottate tutte le cautele per impedire il rilascio di fluidi pericolosi e non pericolosi, la formazione degli

odori e la dispersione di aerosol e di polveri;

- le superfici scolanti sono mantenute in idonee condizioni di pulizia, tali da limitare l’inquinamento delle

acque meteoriche e delle acque di lavaggio delle aree esterne;

- in caso di sversamenti accidentali la pulizia delle superfici interessate viene eseguita immediatamente, per

quanto possibile a secco o con idonei materiali inerti assorbenti, qualora si tratti rispettivamente di materiali

solidi o polverulenti o liquidi;

- viene effettuata, almeno semestralmente, la periodica pulizia/manutenzione dei manufatti di

sedimentazione e di disoleazione e della rete di raccolta delle acque meteoriche;

- i rifiuti da sottoporre a eventuale trattamento all’interno dell’impianto, ovvero da avviare a impianti terzi,

sono contraddistinti da un codice C.E.R., in base alla provenienza ed alle caratteristiche del rifiuto stesso e

sono stoccati per categorie omogenee nelle rispettive aree dedicate dell’impianto, nel rispetto delle

prescrizioni di legge e alle modalità indicate negli atti autorizzativi, per evitare incidenti dovuti alla possibile

reazione di sostanze tra loro incompatibili e come misura per prevenire l'aggravarsi di eventuali eventi

accidentali;

- nella fase di abbancamento dei rifiuti nelle aree dedicate dell’impianto, non vengono effettuate miscelazioni

se non quelle espressamente previste dalla legge ed autorizzate;

- poiché lo stoccaggio dei rifiuti avviene in cumuli e/o in cassoni, le altezze di abbancamento sono

commisurate alla tipologia di rifiuto per garantirne la stabilità; ai fini della sicurezza, le altezze di

abbancamento non superano i 3 metri;

- la viabilità e la relativa segnaletica all’interno dell’impianto viene adeguatamente mantenuta, e la

circolazione opportunamente regolamentata;

- gli accessi a tutte le aree di stoccaggio sono sempre mantenuti sgomberi, in modo tale da agevolare le

movimentazioni;

- la recinzione è adeguatamente mantenuta, avendo cura di tagliare le erbe infestanti e di rimuovere

eventuali rifiuti accumulati per effetto eolico o anche altre cause;

- i macchinari e mezzi d’opera sono in possesso delle certificazioni di legge e oggetto di periodica

manutenzione secondo le cadenze prescritte;

- il personale operativo nell’impianto è formato e dotato delle attrezzature e dei sistemi di protezione specifici

in base alle lavorazioni svolte;

- l’impianto è oggetto di verifica e controllo periodico, per assicurarne la piena efficienza.

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1

Nell'ambito dell’impianto in questione, oltre alle misure e accorgimenti gestionali per prevenire l’insorgere ed

il propagarsi di incendi e di incedenti vari, già descritti precedentemente, si aggiungeranno le seguenti

misure:

- controllo dettagliato dei rifiuti in ingresso, al fine di individuare tempestivamente eventuali situazioni di

combustione in atto (è vietato il deposito di materiali combusti o parzialmente combusti non completamente

estinti).

- accesso consentito esclusivamente ai mezzi di trasporto dotati di appositi accorgimenti che evitino

qualunque contatto di parti incandescenti con i rifiuti trasportati o presenti in impianto;

- osservanza del divieto assoluto di fumare o di usare fiamme libere, presso tutta l'area;

- non stoccare rifiuti che reagendo tra loro possano dar luogo a formazione di prodotti infiammabili e tanto

meno esplosivi;

- presenza di personale di controllo, in grado di rilevare la presenza di incendi all'interno delle masse di rifiuti

stoccati.

Attività di Controllo da parte delle autorità competenti.

L’attività di controllo riveste necessariamente il ruolo fondamentale di assicurare che la gestione dei rifiuti

avvenga nel rispetto dei criteri di protezione ambientale stabiliti dal legislatore.

Come rilevato dalla Commissione parlamentare d’inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti, la

natura degli impianti e la tipologia di attività in essi svolte, richiederebbero un’azione di prevenzione

coordinata sia nella fase autorizzativa a monte, sia nella fase di esercizio, attraverso controlli documentali e

fisici presso gli impianti (pag. 96 della Relazione della Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno

degli incendi negli impianti di trattamento e smaltimento di rifiuti).

L'esecuzione dei controlli presso gli impianti deve essere effettuata da personale adeguatamente formato ed

auspicabilmente effettuata da squadre in grado di adempiere al maggior numero di attività richieste nel caso

specifico, in maniera da realizzare un processo virtuoso che sviluppi la collaborazione tra tutte le strutture

dell'Agenzia regionale/provinciale, finalizzata all’effettivo coordinamento tra tutte le forze ispettive con

competenze sui controlli ambientali.

Come noto, ISPRA e le Agenzie ambientali del sistema regionale svolgono attività di controllo nell’ambito

degli impianti sottoposti ad Autorizzazione Integrata Ambientale nazionale e regionale, mentre le Province

svolgono i controlli sugli impianti autorizzati ai sensi dell’art. 208 del d.lgs. n. 152 del 2006.

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2

In tal senso, è fondamentale agire in stretto coordinamento con altri organismi deputati al controllo, quali il

Comando dei Vigili del fuoco, per gli aspetti di propria competenza, i Dipartimenti di prevenzione delle ASL, il

Comando Carabinieri per la Tutela dell'Ambiente, la Polizia di Stato, il Corpo della Guardia di Finanza, i

Corpi di Polizia municipale e provinciale ecc

Anche al fine di agevolare le attività di controllo che qualunque autorità di polizia giudiziaria può svolgere sul

territorio, occorre definire una scheda esemplificativa, ove comprendere anche tutte quelle verifiche di tipo

visivo e speditivo che consentono già ad un primo esame di valutare la regolarità di un impianto ed in

particolare quantomeno: la verifica dei quantitativi in deposito rispetto a quelli autorizzati ed a quelli riportati

sul registro di carico e scarico, il rispetto delle aree di stoccaggio e la coerenza dei rifiuti ivi previsti, la

eventuale presenza di tracce di sversamento, la presenza dei presidi antincendio (vedi scheda allegata).

Qualora nel corso dei controlli svolti a qualsiasi titolo e da qualsiasi organo di Polizia Giudiziaria si verifichi la

presenza di quantitativi di rifiuti in stoccaggio superiori a quelli autorizzati, ovvero modalità di gestione dei

rifiuti non conformi alle norme di sicurezza antincendio, alle norme di sicurezza nei luoghi di lavoro, ed alle

disposizioni indicate nei provvedimenti autorizzativi, ne sarà data tempestiva notizia all’Autorità competente

che procederà con le opportune conseguenti azioni.

E’ infine importante evidenziare che, oltre agli stoccaggi non conformi agli standard delle procedure

semplificate o alle prescrizioni indicate negli atti autorizzativi, esistono sul territorio anche depositi

temporanei cd irregolari, condotti nell’inosservanza delle previsioni di cui all’art. 183, lett. bb), del d.lgs. n.

152 del 2006, piuttosto che depositi incontrollati o abbandoni di rifiuti presso strutture anche dismesse o

all’aperto, esposti a rischio di sviluppo di incendi

Composizione dell’impianto idrico antincendio

L’impianto idrico antincendio a protezione della struttura è costituito da:

N° 01 attacchi UNI 70 per V.V.F. in prossimità degli ingressi carrabili

N° 10 Idranti a Cassetta UNI 45 mm Complete di corredo

Il complesso è dotato di un gruppo di pressurizzazione antincendio a norma UNI 12845 composto da n° 02

elettropompe + n° 01 jolly, il tutto ubicato in un locale tecnico antincendio a norma UNI 11292, pronta ad

entrare in azione.

Per il calcolo delle tubazioni di adduzione dell’acqua ai vari idranti antincendio, saranno applicate le note

formule di idraulica tenendo comunque presenti due fattori:

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Portata di 120 litri/minuto ad una pressione di 2 bar per la bocca antincendio UNI 45 più lontana

dalla fonte di alimentazione;

Il calcolo della riserva idrica che sarà adottata, considerando un tempo di attesa dei VVF di 60 minuti, con n°

2 idranti UNI 45 e n° 02 idranti UNI 70.

La riserva idrica che sarà adottata, considerando un tempo di attesa dei VVF di 60 minuti, corrisponde ad un

volume minimo di acqua S dato da:

UNI 45 = 2X120 litri = 240 X 60minuti = 14400 litri

In definitiva, per la rete antincendio è realizzato un impianto di pressurizzazione con riserva idrica superiore

a 60.000 litri che sarà tenuta sempre piena.

La manutenzione relativa a tale impianto sarà effettuate secondo le norme UNI 10779 – UNI UNI 9487 e

UNI 12845, a scadenza semestrale.

Estintori

Oltre agli impianti di spegnimento fisso precedentemente descritto, la struttura sarà dotata di presidi

antincendio mobili costituiti da estintori portatili di tipo a polvere e a CO2 a seconda delle classi A, B e C di

fuoco.

In generale, gli estintori a polvere sono specifici per lo spegnimento di fuochi di classe A (combustibili solidi

secchi), di classe B (liquidi infiammabili) e di classe C (gas infiammabili) e, pertanto saranno utilizzati come

mezzi estinguenti di uso generale. Gli estintori a CO2 sono, invece, specifici per fuochi di classe B e di

classe C e presentano, inoltre, il vantaggio di non lasciare residui e, quindi, di non danneggiare gli impianti e

le macchine sulle quali viene utilizzato. Questo tipo di estintore è, pertanto, previsto in prossimità di quadri

elettrici e di apparecchiature elettromeccaniche in genere.

Gli estintori saranno distribuiti in modo regolare su tutta la superficie dell’insediamento, segnalandoli con

apposita cartellonistica conforme al D.P.R. 524/82 ed, in particolare:

elettromeccaniche (quadri elettrici, motori elettrici, etc.).

Si evidenzia infine che nell’insediamento saranno adottate tutte le misure di sicurezza per la prevenzione del

rischio e la tutela della salute dei lavoratori di cui al D.lgs 81/2008.

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4

In definitiva si avranno:

n° 16 estintori del tipo a polvere ABC da kg 6;

n° 3 estintori a CO2 da 5 Kg.

gli estintori saranno distribuiti all’intero dell’impianto, e posizionati in punti tali che la distanza che una

persona dovrà percorrere per utilizzare un estintore non sia superiore a 30 mt. Essi verranno periodicamente

manutenuti secondo la norma UNI 9994, da ditte del settore specializzate.

Impianto rivelazione fumi

Nei locali sarà installato un impianto rivelazione fumi, a norma UNI 9795 composto da:

Centralina di allarme;

Dispositivi di rilevazione fumi e incendio;

Pulsanti manuali di allarmi;

Sirena antincendio;

Pannelli luminosi ottici acustici.

La manutenzione e controllo dei sistemi di rivelazione incendi sarà effettuata secondo la norma UNI 11224.

Addestramento del personale

Si provvederà ad impartire le dovute istruzioni al personale affinché sia in grado di usare correttamente i

mezzi disponibili per le operazioni di primo intervento, nonché di azionare il sistema di allarme ed il sistema

di chiamata di soccorso.

Almeno due volte l’anno il personale sarà chiamato a partecipare a riunioni di addestramento ed

allenamento all’uso dei mezzi di soccorso. Il corso di formazione per addetti alla prevenzione incendi, lotta

antincendio e gestione delle emergenze, sarà effettuato secondo il RISCHIO INCENDIO MEDIO, con gli

argomenti previsti dagli Artt. 46 e 37 comma 9 del D.Lgs. 81/2008 seguendo quanto disciplinato dal D.M. del

10 marzo 1998 in ottemperanza a quanto stabilito dalla normativa vigente.

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SCARICHI IDRICI

Inquadramento generale dell’impianto fognario

Come precisato e descritto precedentemente nel capitolo SCARICHI IDRICI l’impianto fognario a

servizio dell’insediamento industriale si compone di n. 3 reti indipendenti:

La rete di smaltimento delle acque bianche, ossia delle acque meteoriche provenienti

dai piazzali (ca 3.830 mq) e dalla copertura dell’edificato (ca 1.100 mq).

La rete di smaltimento delle acque nere, ossia delle acque di natura esclusivamente

biologica provenienti da n.5 gruppi wc per un totale di n. 8 vasi, n. 9 lavandini e n. 8

bidet.

La rete di smaltimento degli eventuali liquidi di percolamento, provenienti dai cumuli di

rifiuti stoccati nel piazzale esterno al disotto della tendostruttura.

Non sono previste acque provenienti dal ciclo di produzione, in quanto le acque della vasca di

lavaggio granuli sono riutilizzate all’interno di un circuito chiuso.

Le reti di smaltimento sono state adeguate in virtù del Decreto ASI n. 41 del 19/03/2013, con il

quale il Consorzio ASI ha richiesto la modifica e la sostituzione degli impianti di trattamento delle

acque, sia bianche che nere e realizzate con SCIA prot. n. 24178 del 23/05/2013. Si precisa che,

il carico, in termini di superficie scolante e del numero di abitanti equivalenti, agente sulla rete

fognaria dell’insediamento, già validata dal Consorzio ASI con Decreto n. 38 del 31/03/2014, atto

con il quale la Parteno Group Srl è stata autorizzata all’utilizzo dei collettori fognari consortili,

nel tempo non è mutato. L’inserimento nella fogna consortile, dei detti sistemi di smaltimento, è

preceduto da n. 2 pozzetti fiscali di ispezione, rispettivamente di coordinate geografiche lat.

40,986076 e lon. 14,373223 per quanto la rete delle acque bianche e lat. 40,986074 e lon.

14,373542 per quanto la rete delle acque nere. I detti pozzetti sono allocati all’esterno del lotto di

proprietà della Zito Recupero Plastica Srl Unipersonale. L’immissione nella fogna consortile

avviene quindi mediante tubazione in PVC 400 mm per quanto la rete di raccolta delle acque

bianche e tubazione in PVC 250 mm per quanto la rete di raccolta delle acque nere. La verifica

del sistema di raccolta ed allontanamento delle acque bianche, è stato condotto facendo

riferimento alla scala di deflusso adimensionale per sezione circolare.

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L’impianto di smaltimento delle acque meteoriche provenienti dalle coperture

L’impianto destinato alla raccolta ed allontanamento delle acque meteoriche che cadono sulla

copertura dell’edificato è costituito da pluviali e collettori realizzati in materiale plastico (PVC

conforme alla norma UNI n. 7447 del 1975).

In particolare, le acque piovane, raccolte dalla copertura del capannone per mezzo di canali

predisposti lungo le travi prefabbricate, attraversano le pluviali ricavate all’interno della sezione dei

pilastri, protetti mediante guaina elastometrica impermeabile, e giungono quindi in pozzetti a tenuta

posti al piede dei medesimi pilastri.

Mediante fognoli e tubazioni, con andamento sub-orizzontale (pendenza prestabilita tra l’1% ed il

3%), le acque attraversano quindi il piazzale dell’insediamento e, previo trattamento in apposito

impianto, vengono convogliate nella fogna bianca consortile.

L’impianto di smaltimento delle acque meteoriche provenienti dal piazzale

Le aree esterne, a servizio dell’insediamento industriale, sono dotate di pendenza (prestabilita tra

l’1% ed il 3%) atta al convogliamento delle acque meteoriche verso punti di raccolta

opportunamente definiti. In corrispondenza di detti impluvi sono infatti disposte caditoie e griglie

munite di pozzetto di decantazione dei materiali solidi, asservite da fognoli ad andamento sub-

orizzontale.

Nei vari nodi di intersezione di tratti diversi, sono inseriti pozzetti di ispezioni. Da questi, mediante

tubazioni interrate, in PVC conforme alla norma UNI n. 7447 del 1975, le acque meteoriche

vengono convogliate all’impianto di trattamento e quindi alla fogna bianca consortile.

L’impianto di smaltimento delle acque nere

L’impianto di smaltimento delle acque nere ha lo scopo di allontanare esclusivamente le acque

provenienti dagli apparecchi igienico – sanitari a servizio dell’insediamento.

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La rete interrata è costituita da un insieme integrato di tubazioni in PVC, conformi alla norma UNI

n. 7447 del 1975, di andamento sub – orizzontale con inclinazione prestabilita tra l’1% ed il 3%.

Dette diramazioni collegano le fecali degli apparecchi di scarico e li immettono nei collettori o

fognoli che trasportano i reflui biologici alla fogna consortile previa trattamento in apposito

impianto.

Lungo lo sviluppo della predette rete, per agevolare il deflusso delle acque e rendere ispezionabile

l’impianto, sono disposti dei pozzetti ad intervallo prestabilito, specie in corrispondenza di nodi in

cui convergono più tubazioni.

L’impianto di smaltimento degli eventuali liquidi di percolamento provenienti dai cumuli di

rifiuti stoccati nel piazzale esterno al disotto della tendostruttura

E’ prevista la realizzazione di un sistema statico di raccolta degli eventuali liquidi di percolamento

provenienti dallo stoccaggio in cumuli dei rifiuti nel piazzale esterno al disotto della tendostruttura.

Tale sistema sarà costituito da una griglia di raccolta disposta lungo le aree di messa in riserva,

come da grafico allegato, che grazie ad un opportuna pendenza veicolerà gli eventuali liquidi di

percolamento in una vasca a tenuta a svuotamento periodico, operato da ditta autorizzata per il

prelievo, trasporto e successivo smaltimento.

Dimensioni griglia piazzale = 57 m X 0,40 m

Dimensioni vasca a tenuta = 6 mc

Per la stima della quantità di percolato che sarà prodotto dallo stoccaggio dei rifiuti e per il calcolo

del dimensionamento della vasca a tenuta per il convogliamento dello stesso, può essere utilizzato

la formula presente nelle “Linee Guida per la progettazione, la costruzione e la gestione degli

impianti di compostaggio e stabilizzazione - Regione Campania Commissariato di Governo per

l’Emergenza Rifiuti”. Per cui la capacità dell’invaso dedicato allo stoccaggio del percolato viene

determinato secondo il seguente procedimento di calcolo:

C = R x Q x T : 1.000

ove:

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C = capacità dell’invaso in metri cubi

R = coefficiente di rilascio percolato in litri/tonnellata*giorno; R deve assumere valori minimi compresi fra 2 e 5, ove il

valore minimo si applica ai processi con aerazione della biomassa per insufflazione, il valore massimo a quelli con

aerazione per aspirazione. Per gli stoccaggi iniziali di biomasse a elevata umidità quali i fanghi di depurazione, le frazioni

umide da raccolte differenziate o da selezione meccanica, prima della loro miscelazione con materiali di struttura, si

applica il coefficiente 5.

Q = quantità in tonnellate di rifiuto

T = tempo massimo (in giorni) di stoccaggio del percolato nella vasca a tenuta prima dello svuotamento

Per la stima della quantità di percolato prodotto si considera che si intende stoccare un quantitativo

massimo di 350 t/giorno di rifiuti e applicando il coefficiente di rilascio minimo pari a 2.

Per cui:

V percolato prodotto = 350 tonnellate x 2 litri/tonnellata*giorno = 700 litri/giorno

Per il calcolo del dimensionamento della vasca a tenuta per il convogliamento del percolato

consideriamo:

T = 5 gg

Q = 350 ton

R = 2 litri/tonnellata*giorno

Per cui:

C capacità dell’invaso = 2 x 350 x 5 /1000 = 3,50 mc

Quindi considerando che la vasca a tenuta, deputata alla raccolta del percolato dovuto all’attività di

cui trattasi, è della capacità di 6,00 mc (6,0 mc > 3,50 mc) risulta adeguatamente dimensionata al

contenimento delle acque di rilascio (percolato), in riferimento alle ipotesi sopracitate.

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L’impianto di trattamento della acque meteoriche

La superficie scolante delle acque meteoriche, per quanto detto ai precedenti paragrafi, si

compone del piazzale esterno dell’insediamento e della copertura dell’edificato, per una superficie

complessiva completamente impermeabilizzata di ca 4.930 mq.

Stante la natura dell’inquinamento delle acque meteoriche di dilavamento, per lo più costituito

da fanghiglia e tracce d’olio limitatamente alla acque di prima pioggia, il trattamento previsto per

esse è basato sul seguente schema di processo:

intercettazione delle acque di prima pioggia, da sottoporre a trattamento di sfangamento

e disoleazione;

convogliamento delle acque di seconda pioggia, per loro natura esenti da contaminanti in

quanto defluenti su una superficie già dilavata dalle acque di prima pioggia, verso la

fognatura bianca consortile;

convogliamento verso la fognatura bianca consortile delle acque di prima pioggia in

uscita dall’impianto di trattamento.

L’impianto di trattamento, a servizio della rete per la raccolta e l’allontanamento delle acque

pluviali, è pertanto costituito da un impianto di prima pioggia abbinata ad un disoleatore,

ambedue di tipo prefabbricato in calcestruzzo armato.

L’impianto di prima pioggia si compone di

un pozzetto separatore, realizzato con l’impiego di una vasca monoblocco prefabbricata

in calcestruzzo armato, di dimensioni esterne in pianta 1,80 x 1,80 m ed altezza 1,00 m per

una capacità di 2,00 mc.

La funzione del pozzetto è quella di separare le acque di prima pioggia, risultanti dai primi

5 mm di pioggia caduta e da sottoporre a trattamento, dalle acque di seconda pioggia,

che possono invece essere immesse direttamente nella fognatura consortile.

Per tale motivo, il pozzetto è collegato in entrata alla condotta di drenaggio delle acque

meteoriche di dilavamento ed in uscita alla tubazione di raccordo al bacino di accumulo

e rilancio ed alla condotta di scarico delle acque di seconda pioggia. Quest’ultima

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conduttura è protetta da uno stramazzo la cui soglia (pari a 0,52 m) è situata ad un livello

intermedio fra la linee di scorrimento della condotta di drenaggio in ingresso e la

tubazione di raccordo al bacino. Allo sbocco nel bacino, la tubazione di comunicazione

è munita di un deflettore che impedisce il riflusso delle sospensioni flottanti;

un bacino di accumulo e rilancio delle acque di prima pioggia, realizzato con l’impiego

di una vasca monoblocco prefabbricata in calcestruzzo armato di dimensioni in pianta 2,50

x 5,00 m e altezza 2,50 m per una capacità di 25,00 mc. Il volume del bacino è pertanto in

grado di ricevere tutte le acque di prima pioggia cadute sull’intero insediamento

industriale (4.930 mq x 0,005 m) = 24,65 mc;

un sistema di svuotamento automatico del bacino di accumulo e rilancio costituita da:

o una sonda segnalatrice di pioggia, installato sul fondo della condotta di drenaggio

in corrispondenza dell’imbocco nel pozzetto separatore;

o una pompa di svuotamento, del tipo sommergibile centrifugo con girante

multicanale aperta, specifica per la movimentazione di acque chiare o leggermente

cariche, munita di regolatore di livello a galleggiante. Nelle condizioni idrauliche di

progetto la pompa presenta le seguenti caratteristiche di funzionamento: portata

10,80 mc/h, prevalenza 11,50 m e potenza elettrica 1,10 kW. Per il corretto

funzionamento dell’impianto di sollevamento la prevalenza viene ridotta per mezzo

di valvola regolatrice posta a valle dello stesso;

o un PLC che, rilevato il segnale proveniente dalla sonda di pioggia, attiva e

disattiva automaticamente la pompe di svuotamento.

Così conformato, l’impianto di prima pioggia opera come segue. All’inizio della precipitazione,

segnalate dall’apposita sonda, le acque meteoriche di dilavamento che si immettono nel pozzetto

separatore defluiscono nel bacino di accumulo, inizialmente vuoto, attraverso la tubazione di

comunicazione. Durante la precipitazione, il bacino si riempie fino al livello della soglia dello

stramazzo. Da questo momento, le acque risultanti dalle piogge successive sfiorano sullo

stramazzo e defluiscono nella rispettiva condotta di scarico. Alla fine della precipitazione, la

sonda invia un segnala al PLC il quale avvia la pompa di rilancio dopo un intervallo di tempo pari

a 96 h meno il tempo di svuotamento previsto. Se durante tale intervallo inizia una nuova

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precipitazione, la sonda riazzera il tempo di attesa. Una volta svuotato il bacino, l’interruttore di

livello disattiva la pompa ed il sistema si rimette in situazione di attesa.

Il disoleatore provvede alla rimozione dalle acque delle sostanze fangose e oleose mediante

l’impiego di una singola vasca. La vasca opera due processi: uno di sedimentazione, preposto

alla separazione ed all’accumulo dei solidi sedimentabili (fango, limo, sabbia ecc…), l’altro di

separazione, preposto alla separazione ed all’accumulo delle sospensioni oleose (oli, idrocarburi,

ecc.). Il disoleatore a servizio dell’impianto di smaltimento è conforme alla norma UNI EN 858-1

ed è del tipo prefabbricato con NS pari a 3, in calcestruzzo armato a pianta circolare, di diametro

esterno 1,70 m ed altezza 2,10 m per una capacità di 3,50 mc. Il disoleatore è equipaggiato con

un filtro a coalescenza, costituito da un cilindro di altezza 83,80 cm e diametro di base 21,40 cm

in PE-HD e da un elemento filtrante in polipropilene e maglia in acciaio inox, innestato alla

condotta di uscita dal separatore nonché con una valvola a galleggiante (come previsto al punto

6.5.3 della UNI EN 858-1) per la chiusura automatica in caso di eccesso di olio all’interno dello

stesso (capacità di accumulo dell’olio pari a ca 500 l).

Così conformato, il disoleatore opera come segue. Le acque da trattare vengono immesse nel

separatore dove i solidi sedimentabili si depositano sul fondo mentre l’acqua decantata e le

sostanze leggere risalgono in superficie. La sottostante acqua chiarificata attraversa pertanto il

filtro a coalescenza e si immette nella condotta di scarico. Nell’attraversamento del filtro, le

micro particelle oleose sfuggite al galleggiamento e trascinate dall’acqua coalescono formando

sospensioni più consistenti che si separano risalendo in superficie.

Se lo spessore dello strato di olio galleggiante supera il limite previsto dalla norma (punto 6.5.2

della UNI EN 858-1) la valvola a galleggiante si chiude. Quando la vasca è piena occorre

provvedere alla estrazione ed all’allontanamento dell’olio ivi contenuto tramite autospurgo.

Periodicamente è altresì necessario effettuare il controlavaggio del filtro.

Nelle condizioni d’uso previste, il disoletaore a servizio dell’insediamento, conformemente alla

normativa applicabile, è in grado di rimuovere le sostanze oleose presenti nell’acqua raccolta fino

ad un contenuto residuo non superiore a 5,00 mg/l.

Il tipo di trattamento sopra descritto permette di raggiungere valori delle concentrazioni al di sotto

dei parametri specificati dal D. Lgs. 152/06 e ss mm per scarichi di acque reflue corpo idrico

superficiale.

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L’impianto di trattamento della acque nere

L’impianto di ossidazione biologica a servizio della rete di smaltimento delle acque nere è del

tipo a fanghi attivi, in polietilene, adatto a trattare reflui provenienti da scarichi assimilabili a civili

abitazioni.

L’azione svolta dall’impianto si compone di:

sedimentazione primaria a mezzo fossa Imhoff, del volume complessivo di 1.130 l;

trattamento biologico, mediante sistema a fanghi attivi, del volume complessivo di

1.950 l, con capacità di trattamento di n. 14 abitanti equivalenti. Il trattamento avviene per

mezzo di un reattore biologico aerato artificialmente, seguito da un separatore di

particelle sedimentabili. Esso garantisce quello che viene tradizionalmente chiamato

trattamento secondario delle acque reflue. La degradazione delle sostanze inquinanti

avviene tramite la digestione aerobica svolta dai batteri stessi presenti nei liquami da

trattare che si aggregano sotto forma di fiocchi fangosi. Le sostanze organiche inquinanti

vengono quindi condensate all’interno dei fiocchi stessi che, tramite reazioni enzimatiche

(processo ossidativo) vengono trasformate in sostanze più semplici utilizzate dalla flora

batterica per il suo sostentamento ed il suo accrescimento. Durante l’ossidazione

biologica si verifica la nitrificazione, ovvero l’ossidazione delle forme ammoniacali

dell’azoto presente nei liquami in forma di nitrati. Tale ossidazione avviene mediante

operazioni biochimiche ad opera dei batteri chiamati “autotrofi”.

Il dimensionamento del sezione di sedimentazione secondaria è stato condotto

utilizzando i seguenti parametri:

o dotazione idrica: 250 l/ae x gg;

o carico organico: 60 g BOD5/ae x gg

o portata di punta: 3 Qr

o concentrazione di fanghi in vasca: 3.500 ppm;

o fattore di carico del fango: 0,20 kg BOD5/kg MLSS x gg;

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o Oc load: 2,40 kg O2/kg BOD5;

o Velocità media di risalita nel sedimentatore: < 0,25 m/h;

clorazione, a mezzo di sezione di disinfezione finale costituita da apposita vasca di

contatto tra acqua ed ipoclorito di sodio, che permette l’eliminazione dei germi patogeni.

L’ipoclorito di sodio viene immesso da apposito serbatoio da 100 l, mediante pompa a

dosaggio proporzionale dotata di sonda di livello e di un preciso conta litri lancia-

impulsi in grado di rilevare la quantità di acqua richiesta e di provvedere all’opportuno

apporto di ipoclorito.

L’impianto è certificato essere in grado di rendere le acque trattate adeguate anche per uno

scarichi di acque reflue corpo idrico superficiale.

Verifica impianto di smaltimento acque bianche

La capacità di smaltimento di una rete è funzione della portata convogliabile dalle singole

tubazioni che la compongono.

La portata massima defluente all’interno di una tubazione a sezione circolare, quali quelle che

costituiscono la rete a servizio dell’insediamento della Zito Recupero Plastica Srl Unipersonale,

può essere stimata grazie alla scala di deflusso adimensionalizzata mediante normalizzazione

con il diametro D della condotta.

Detta scala di deflusso, tabellata in Figura 1, restituisce, in forma adimensionale ed in funzione del

grado di riempimento y/D, i parametri idraulici per condotte circolari. - Figura 1

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Pertanto, per poter procedere al calcolo della portata massima defluente di uno speco circolare di

diametro D, di inclinazione media i e caratterizzato da un grado di riempimento y/D, si dovrà

applicare la seguente formula:

dove

KS è il coefficiente di resistenza di Gauckler-Strickler (m1/3/s);

i è la pendenza media dell’asta (adimensionale);

D è il diametro della tubazione (m);

Q/Q0 è il rapporto di portata, ricavabile dalla scala di deflusso normalizzata

(adimensionale);

Q è la portata massima defluibile dello speco (m3/s).

Nel caso specifico, fissando un grado di riempimento pari a 0,80 (pertanto un rapporto di velocità

di 1,1397 ed un rapporto di portata di 0,9775), un coefficiente di Gauckler-Strickler Ks di 80

m1/3/s per condotte in PVC, per le quattro categoria di diametri utilizzati per la rete fognaria (200

mm, 250 mm, 315 mm e 400 mm), nota la rispettiva pendenza media di ognuna di esse, si

ottiene:

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Si passa a questo punto alla determinazione della effettiva portata massima che interesserà le

tubazioni della rete fognaria, mediante la formula

dove

S è la superficie scolante (mq)

φ è il coefficiente di afflusso (adimensionale)

τc è il tempo di corrivazione della superficie scolante (h)

a (m ∙ ore-n) ed n (adimensionale) sono i coefficienti della legge di probabilità

pluviometrica caratterizzanti la superficie scolante;

Qmax è la portata massima effettivamente defluente (m3/s)

Nel caso specifico, per le quattro categoria di diametri utilizzati per la rete fognaria, la portata

massima in ingresso è:

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9

La verifica idraulica della rete è soddisfatta.

Per tutte le categorie di diametri utilizzati per la rete fognaria a servizio dell’insediamento della

Zito Recupero Plastica Srl Unipersonale,

portata massima spechi fognari >>>>> portata massima in ingresso alla rete

Verifica impianto di trattamento acque bianche

Il trattamento delle acque bianche di prima pioggia raccolte dal sistema di smaltimento a servizio

dell’insediamento della Zito Recupero Plastica Srl Unipersonale, avviene mediante

sedimentazione, per mezzo di impianto di prima pioggia con vasca di accumulo da 25 mc, e

disoleazione, per mezzo di disoleatore NS 3.

Verifica vasca di accumulo

Atteso che la superficie dell’insediamento è di complessivi 4.930 mq e che i volumi di prima

pioggia sono quelli dovuti ai primi 5 mm di un evento piovoso, nè deriva che il volume per la

decantazione delle stesse deve essere pari almeno a:

V = 4.930 mq x 0,005 m = 24,65 mc

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La verifica idraulica della vasca di accumulo è quindi soddisfatta.

La vasca di accumulo a servizio dell’impianto di smaltimento delle acque bianche è pari a 25

mc,

volume vasca di accumulo >>>>> volume delle acque di prima pioggia

Verifica disoleatore

La norma EN 858 definisce la capacità di trattamento dei disoleatori suddividendoli in due

categorie: Classe I e Classe II.

Se lo scarico confluisce direttamente nel corpo ricettore dopo il trattamento senza ulteriori processi

depurativi è possibile utilizzare, in Italia, solo separatori di Classe I.

L'utilizzo dei separatori di Classe II è preferibile dove non si richiede un trattamento spinto del

refluo e dove si richiede di bloccare solo gli sversamenti accidentali. Questi separatori vengono

anche chiamati trappole per oli.

A servizio dell’insediamento della Zito Recupero Plastica Srl Unipersonale è installato un

disoleatore di Classe I di taglia nominale NS pari a 3.

La formula per la verifica idraulica della taglia del disoleatore NS è la seguente: NS = fd x Qr

dove

fd è il fattore di massa volumica per il liquido leggero in oggetto (vedi tabella di seguito);

Qr è la portata di svuotamento della vasca di accumulo in l/s.

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Nel caso in oggetto, fd è pari ad 1, Qr è pari a 3 l/s e quindi NS deve essere pari a 3.

La taglia nominale del separatore a servizio dell’insediamento della Zito Recupero Plastica Srl

Unipersonale è esattamente 3.

La verifica idraulica del separatore è quindi soddisfatta.

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EMISSIONI IN ATMOSFERA

Premesso che le tipologie di rifiuti trattati nell’impianto in oggetto sono costituiti esclusivamente da

rifiuti di plastica e precisamente:

Tipologia 6.1: rifiuti di plastica, imballaggi usati in plastica compresi i contenitori per liquidi,

con esclusione dei contenitori per fitofarmaci e per presidi medico-chirurgici, provenienti da

raccolte differenziate, selezione da R.S.U. o R.A.; attività industriali, artigianali e

commerciali e agricole; attività di costruzione e demolizione.

Tipologia 6.2: sfridi, scarti e rifiuti di materie plastiche e fibre sintetiche, provenienti da

industria, della produzione o trasformazione delle materie plastiche e fibre sintetiche,

impianti di recupero degli accumulatori esausti, attività di autodemolizione, attività di

autoriparazione e industria automobilistica, altre attività di recupero di altre apparecchiature

e manufatti; attività di costruzione e demolizione.

Tipologia 6.5: paraurti e plance di autoveicoli in materie plastiche, provenienti da attività di

demolizione veicoli, attività di riparazione e sostituzione su veicoli in servizio; industria

automobilistica.

Premesso che il processo di trattamento finalizzato al recupero prevede la cernita/selezione,

riduzione volumetrica mediante triturazione con eventuale deferrizzazione, successiva

macinazione e lavaggio finale dei granuli ottenuti.

La natura chimico-fisica dei materiali trattati (polietilene (PE), polipropilene (PP), polistirene o

polistirolo (PS), acrilonitrile-butadiene-stirene (ABS), polietilene tereftalato (PET), metilmetacrilato

(MMA), sono implicitamente privi di emissione perché polimeri saturi a catena chimica chiusa. Che,

qualora sottoposti a lavorazioni meccaniche, non consentono alcuna possibilità di emissioni

gassose e/o odorigene in atmosfera, tanto meno polveri sottili a livello di inalazione e respirazione.

Considerando le tipologie di rifiuti trattati, le modalità di trattamento, la provenienza, la merceologia

e la composizione degli stessi e tenendo conto di quanto indicato dalla DELIBERA SNPA

n.38/2018 del 3 ottobre 2018 “Metodologie per la valutazione delle emissioni odorigene” si precisa

che l’attività inoggetto non rientra tra quelle aventi un potenziale impatto odorigeno.

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Nell’area di lavorazione all’interno del capannone è stato previsto un impianto di aspirazione per il

trattamento delle POLVERI mediante un depolveratore a ciclone con l’aggiunta di un filtro

autopulente a maniche antistatiche, tale impianto presenta una cappa di aspirazione ubicata sul

trituratore e dei collegamenti diretti con la linea di recupero e riciclaggio (macinazione) del

materiale plastico trattato e convoglierà l'aria depurata nel punto di emissione E1 individuato

nell’elaborato grafico allegato.

Fasi lavorative suscettibili di emissioni in atmosfera

Considerando il ciclo produttivo dell’attività in questione si deduce che le emissioni in atmosfera

prodotte sono:

Polveri convogliate all’impianto di aspirazione e abbattimento E1 prodotte nella fase di

triturazione e di macinazione – emissioni convogliate.

Le prime fasi del ciclo lavorativo, consistono nelle fasi di carico/scarico e stoccaggio dei rifiuti

conferiti nel piazzale esterno. Successivamente il materiale (allo stato solido non polverulento)

viene portato nel capannone per una prima fase di cernita/selezione se necessario e

successivamente diretto al nastro di carico per alimentare il trituratore per la fase di riduzione

volumetrica, questa fase può dare origine ad emissioni di Polveri (E1) che saranno tecnicamente

convogliate mediante l’installazione di una cappa di aspirazione in acciaio zincato a forma

piramidale (dimensioni 2000 x 2000 x 500 mm) collegata all’impianto di aspirazione e filtrazione

presente.

L’altra fase di lavorazione suscettibile di emissioni convogliata (E1), è la macinazione del materiale

plastico ad opera di un mulino anche esso collegato all’ impianto di abbattimento polveri costituito

da un depolveratore a ciclone con l’aggiunta di un filtro autopulente a maniche antistatiche.

Funzionamento del sistema di abbattimento

Ai piedi della camera di macinazione del mulino è presente un aspiratore che convoglia il materiale

plastico triturato e le polveri prodotte dalla macinazione nel depolveratore a ciclone. In tal luogo,

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avviene la separazione della polvere dal flusso gassoso. Nello specifico le particelle di polvere, per

effetto della forza centrifuga, si separano dal flusso gassoso che le contiene e si distribuiscono

contro la parete del ciclone, per poi venire trascinate dalla forza di gravità nella parte inferiore,

dove vengono rimosse ed inviate tramite canalizzazione aspirata ad un filtro a maniche collegato al

camino E1, mentre il materiale plastico tramite una coclea posizionata al di sotto del depolveratore

viene convogliato alla testa dei silos di riempimento (se il materiale non necessita della fase di

lavaggio). Il materiale accumulato nel silos per caduta arriva ai big bags di riempimento. Su tale

sistema di riempimento è posizionata una cuffia aspirante collegata anch’essa al canale principale

di aspirazione, per le eventuali polveri che si possono generare nella fase di riempimento dei big

bags, e quindi veicolate anch’esse al filtro a maniche collegato al camino E1. Per il materiale da

trattare che necessita della fase di lavaggio, il materiale in uscita dal mulino tramite un ciclone di

carico viene diretto prima alla vasca di lavaggio (sistema a ciclo chiuso) e successivamente

mediante una coclea drenante il granulo in uscita passa per una centrifuga di asciugatura e

successivamente da questa tramite una coclea viene convogliato alla testa dei silos di riempimento

dei big bags.

Caratteristiche del sistema di abbattimento

Si fa presente che l'abbattimento mediante depolveratore a ciclone con l’aggiunta di un depuratore

con filtro a maniche, che rappresenta un abbattitore a secco a mezzo filtrante tipo:

DEPOLVERATORE CON FILTRO A TESSUTO, tale sistema cosi descritto ha una efficienza di

abbattimento superiore al 90% e rientra tra le migliori tecnologie disponibili per i trattamenti

effettuati, di cui alla D.G.R. n. 243 del 08/05/2015.

L’intero impianto di abbattimento è costituito da una cappa di aspirazione al trituratore, lamiere e

tubazioni in acciaio zincato, curve ad ampio raggio, valvole per l’esclusione dell’aspirazione, tubi

flessibili, raccordi, braghe di derivazione, fascette di unione, staffe di sostegno, cuffie aspiranti,

scala a gabbia, pianerottolo con parapetto di protezione e camino di emissione.

Le apparecchiature che lo compongono possono essere schematizzate:

Cappa di aspirazione al trituratore

Ventilatore centrifugo ART 631 – matricola VCF1709/06

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Filtro a 80 maniche – matricola FF461/06

N.2 quadri elettrici

Ventilatore centrifugo ART 631 – matricola VCF1709/06

Motore di HP 20 poli 2 B3 380/620V

Potenza 15 Kw

Giri/min 2485

Portata 15.000 mc/h

Filtro a 80 maniche – matricola FF461/06

Base mm 3900x1700

Altezza mm 8000

Manica in feltro agugliato poliestere D. 125 mm - H. 3000 mm Nr. 80

Superficie filtrante mq 94

Serbatoio Nr. 1

Coclea con motore Nr. 1

Camino di emissione E1 (diametro) mm 600

Funzionamento – L’aria polverosa viene spinta all’interno del filtro dove avviene la separazione dell’aria dalle

polveri tramite il passaggio attraverso la camera di decantazione e le maniche filtranti. La camera di

decantazione svolge una funzione di prefiltraggio in quanto rallenta la velocità del flusso in entrata favorendo

la caduta delle polveri più pesanti direttamente nella tramoggia. La polvera resta sulla superficie esterna

delle maniche, mentre l’aria pulita passa attraverso il mezzo filtrante all’interno delle maniche e lascia quindi

il filtro attraverso la bocca di uscita. La pulizia delle maniche avviene ad intervalli, mediante getti di aria

compressa proveniente dagli ugelli delle canne di soffiaggio, disposti al di sopra delle maniche. La sequenza

degli impulsi di pulizia viene comandata automaticamente da un economizzatore non appena si verifica una

differenza di pressione a monte e a valle delle maniche garantendo una costante pulizia delle stesse. La

polvere fissata sulle maniche filtranti viene gettata all’interno della tramoggia e da lì viene estratta tramite

coclea. (VEDI RAPPRESENTAZIONI GRAFICHE SEGUENTI)

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Sistemi di controllo, pulizia e manutenzione

Per quanto riguarda il depolveratore a ciclone non sono previsti sistemi di controllo, mentre per la

pulizia e manutenzione è prevista la pulizia periodica manuale del corpo cilindrico e dei raccordi di

immissione ed espulsione del fluido gassoso e delle superfici interne al ciclone.

Per quanto riguarda l’abbattitore a secco con mezzo filtrante tipo - depolveratore con filtro a

maniche è previsto come sistema di controllo un pressostato differenziale con segnale di allarme

ottico e acustico, mentre come sistema di pulizia è previsto il lavaggio in controcorrente con aria

compressa e come manutenzione è prevista la sostituzione delle maniche in caso di usura o

rottura delle stesse.

Descrizione delle modalità di accesso al punto di prelievo del camino E1

L’impianto in questione ha in dotazione una scala a gabbia e pianerottolo con parapetto di

protezione per l’accesso alla flangia di prelievo posta sul camino di emissione. Tale punto di

prelievo del camino di emissione (E1) ivi incluso il sistema di accesso e di sicurezza, è conforme

alla normativa vigente di cui alla D.G.R. 5 agosto 1992, n. 4102, D.G.R. n. 243 del 08/05/2015,

UNI EN 15259:2008 e D. Lgs. 81/2008.

Inoltre si rispetta quanto previsto al punto 4) delle Prescrizioni e Considerazioni di carattere

generale approvate con D.D. 370 e 591 del 2014, ovvero la bocca del camino è posizionato in

modo tale da consentire un adeguata evacuazione e dispersione degli inquinanti emessi. A tal fine

la bocca del camino (E1) risulta alta (11,00 m) un metro rispetto al colmo del tetto (10,00 m), ai

parapetti ed a qualunque altro ostacolo o struttura distante meno di 10 metri. La bocca del camino

situata a distanza compresa tra 10 e 50 metri da aperture di locali abitati è a quota non inferiore a

quella del filo superiore dell’apertura più alta. L’ubicazione e la quota di tutte le emissioni sono

comunque conformi a quanto contenuto nei regolamenti comunali e/o alle prescrizioni impartite

dalle autorità territorialmente competenti in materia di igiene e sanità pubblica.

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Stima delle emissioni prodotte

Per le emissioni convogliate si fa presente che l'abbattimento mediante depolveratore a ciclone

con l’aggiunta di un depuratore con filtro a maniche, ha una efficienza di abbattimento superiore al

90% e rientra tra le migliori tecnologie disponibili per i trattamenti effettuati, di cui alla D.G.R. n.

243 del 08/05/2015, con efficienze superiori a quelle stabilite dalla medesima delibera.

Per similitudine con altri impianti confrontabili con quello in esame, il processo di macinazione dei

rifiuti plastici produce presumibilmente circa 550 g/h di polveri.

550 g/h 16,5 g/h

(polveri in entrata) (polveri in uscita)

533,5 g/h (Abbattimento)

Flusso di massa in uscita = 16,5 g/h = 0,0165 Kg/h = (16.500 mg/h)

Portata aria (Q) = 15.000 mc/h

Considerando una T = 25°C e P = 1015 hPa e tenendo conto della formula per il calcolo della

portata aria normalizzata (Qn)

Qn = Q x (273/(T+273)) x (P/1013) = 13.770 Nmc/h

Concentrazione Polveri = 16.500 mg/h /13.770 Nmc/h = 1,19 mg/Nmc

Considerando le analisi delle emissioni convogliate prodotte nello stabilimento di via Volturno, della

medesima azienda, effettuate per l’autocontrollo (RDP 18193011 del 09/05/2018 rilasciato dal laboratorio

ANALISIS), risulta una concentrazione di POLVERI = 0,7 mg/Nmc ed un flusso di massa pari a 5,5 g/h. Per

cui considerando una efficienza di abbattimento massimo pari al 99% ne consegue che il flusso di massa a

monte dell’impianto di abbattimento è pari a 550 g/h ovvero un valore del tutto paragonabile a quello

utilizzato per la stima delle polveri prodotte nell’impianto in questione a monte del sistema di abbattimento.

Si precisa che l’efficienza di abbattimento superiore al 90% per il sistema considerato è in conformità alle

metodologie prescritte dalla D.G.R. n. 4102/92 e D.G.R. n. 243 del 08/05/2015; normalmente con tali sistemi

di depurazione di può ottenere un abbattimento del carico inquinante fino al 99% (valori misurati nelle

condizioni di massima efficienza), per cui nella stima effettuata nel presente SPA è stato considerato per

Filtro a maniche

(Abbattimento 97 %)

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precauzione un valore inferiore rispetto a quello corrispondente alla massima efficienza. Naturalmente i

valori effettivi delle emissioni saranno misurati alla messa in esercizio dell’impianto dopo l’approvazione del

progetto da parte delle Autorità competenti; qualora, a seguito dei controlli analitici, si dovessero riscontrare

concentrazioni in uscita superiori ai limiti di normativa, la ditta in questione si impegna di provvedere

all’adeguamento del sistema di abbattimento delle polveri diffuse e di comunicare il progetto di adeguamento

all’Autorità Competente.

Quadro riassuntivo delle emissioni

Punto di

emissione

Origine

dell’emissione

Tipo di

emissione

Portata

Nmc/h

Flusso di

massa g/h

Concentrazione

mg/Nmc

Valore limite

concentrazione

D. L.vo 152/06

mg/Nm3

E1

Triturazione e

Macinazione

Polveri

13.770

16,5

1,19

150

Valori Di Riferimento D. Lgs. 152/06

Al paragrafo 5 della Parte II dell’allegato 1 alla parte V del D. Lgs. 152/06 sono riportati i limiti di

emissione per Polveri totali.

Tali limiti sono:

50 mg/Nmc se il flusso di massa è pari o superiore 0,5 Kg/h;

150 mg/Nmc se il flusso di massa è pari o superiore alla soglia di rilevanza corrispondente

a 0,1 Kg/h ed è inferiore a 0,5 Kg/h;

Si dichiara:

che sono rispettati i valori limite delle emissioni, nonché applicate le soluzioni tecnologiche,

le tecniche di contenimento e le prescrizioni per l’esercizio con riferimento agli allegati I e V

alla parte quinta del D. Lgs. n. 152/2006, ss. mm. ii. e, ove più restrittivi, a quelli fissati dalla

D.G.R. n. 4102/92, nonché al principio delle migliori tecniche disponibili ai sensi della

D.G.R. 243/2015;

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che quanto alle tecniche di contenimento ed alle prescrizioni per l’esercizio è

espressamente confermato, in ogni caso, che la loro efficienza supera il novanta per cento,

in conformità alle metodologie prescritte dalla già citata D.G.R. n. 4102/92 e D.G.R. n. 243

del 08/05/2015;

che i metodi di campionamento e le analisi sono effettuate con le seguenti normative UNI

EN ISO 16911-1:2013, UNI EN ISO 16911-2:2013, UNI EN 13284-1: 2003 e D.M.

25/08/2000;

che si effettuano controlli periodici sull’impianto di abbattimento delle emissioni in

atmosfera, in particolare si esegue il lavaggio in controcorrente con aria compressa e come

manutenzione è prevista la sostituzione delle maniche in caso di usura o rottura delle

stesse.

di rispettare quanto previsto al punto 4) delle Prescrizioni e Considerazioni di carattere

generale approvate con D.D. 370 e 591 del 2014, ovvero le bocche dei camini sono

posizionate in modo tale da consentire un adeguata evacuazione e dispersione degli

inquinanti emessi. A tal fine le bocche dei camini risultano di norma più alte di almeno un

metro rispetto al colmo dei tetti, ai parapetti ed a qualunque altro ostacolo o struttura

distante meno di 10 metri. Le bocche dei camini situate a distanza compresa tra 10 e 50

metri da aperture di locali abitati sono a quota non inferiore a quella del filo superiore

dell’apertura più alta. L’ubicazione e la quota di tutte le emissioni sono comunque conformi

a quanto contenuto nei regolamenti comunali e/o alle prescrizioni impartite dalle autorità

territorialmente competenti in materia di igiene e sanità pubblica;

la conformità del punto di prelievo del camino di emissione (E1) ivi incluso i sistemi di

accesso e di sicurezza previsti dalla normativa vigente di cui alla D.G.R. 5 agosto 1992, n.

4102, D.G.R. n. 243 del 08/05/2015 , UNI EN 15259:2008 e D. Lgs. 81/2008.

I valori effettivi delle emissioni saranno misurati alla messa in esercizio dell’impianto dopo

l’approvazione del progetto da parte delle Autorità competenti; qualora, a seguito dei controlli

analitici, si dovessero riscontrare concentrazioni in uscita superiori ai limiti di normativa, la ditta in

questione si impegna di provvedere all’adeguamento del sistema di abbattimento delle polveri

diffuse e di comunicare il progetto di adeguamento all’Autorità Competente.

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IMPATTO ACUSTICO

L’area in cui è inserito lo stabilimento in questione è dotata di Piano di Zonizzazione Acustico

Comunale, che attribuisce, per la Zona D Industriale – Piano ASI una CLASSE VI – AREE

ESCLUSIVAMENTE INDUSTRIALI (rientrano in questa classe le aree esclusivamente interessate

da attività industriali e prive di insediamenti abitativi). La classe acustica territoriale, della strada

contrada Pagliarone, zona ove insiste il recettore R2, come da estratto della mappa di

zonizzazione acustica del comune di Acerra (NA), è la classe IV - aree di tipo intensa attività

umana.

La valutazione del clima acustico è stata effettuata sia mediante calcolo matematico previsionale

che mediante rilievi fonometrici con tecnica di campionamento. I dati rilevati sono stati

informatizzati con calcolo previsionale al fine di qualificare e quantificare il clima acustico dell’area

in maniera oggettiva, ovvero rispondente alla situazione nel suo generale, indipendentemente da

imprevisti ed anomalie che possono essere rilevati a seguito del solo svolgimento di misurazioni

fonometriche per quanto svolte in modo scientifico e peculiare. Lo studio è stato, comunque,

integrato con misurazioni fonometriche svolte con tecnica di campionamento e riportate nel

paragrafo precedente al fine di verificare la corrispondenza della previsione di clima acustico tra la

metodologia “sperimentale” e “di calcolo”. Si è quindi proceduto alla analisi dei risultati della

indagine fonometrica svolta per la determinazione della rumorosità immessa con tecnica di

campionamento nel periodo diurno e notturno.

L’elaborazione ha consentito di escludere nella misurazione i livelli di pressione sonora non

pertinenti alla sorgente sonora campionata. Il limite dei valori di immissione acustica imposto dalla

normativa comunale, riferito alla classificazione attribuita alla zona ove risiede l’azienda Zito

Recupero Plastica S.r.l. Unipersonale è di 70 dB(A) nel periodo diurno e 70 dB(A) nel periodo

notturno.

Dallo studio dell’area circostante l’opificio sito in via Pantano, essendo l’area esclusivamente

industriale e confinante per la maggior parte dei casi con terreni agricoli, si conferma che non

emergono, nell’area prossima allo stabilimento, recettori sensibili come: scuole; ospedali; case di

cura; case di riposo. Tuttavia a seguito di sopralluogo nell’area dove sorgerà l’attività dell’azienda

Zito Recupero plastica srl unipersonale si sono identificati e caratterizzati i recettori posti nelle

vicinanze.

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Si precisa che l’attività in oggetto è a ciclo continuo e dall’ osservazione dei dati ottenuti dal calcolo

previsionale utilizzato, si ricava che, in base alle macchine che si intende installare con il loro

posizionamento, non vengono immessi rumori nell’ambiente esterno che possano superare i limiti

imposti dalla normativa comunale. I calcoli previsionali effettuati permettono di dichiarare che le

sorgenti sonore principali non disturberanno le eventuali abitazioni poste più vicine; in quanto

essendo rispettati i limiti ai confini dell’opificio ci sarà, per effetto dei fenomeni di attenuazione e

dissipazione del rumore, il pieno rispetto dei limiti di immissione.

Confrontando i valori rilevati non affetti da inquinamento esterno nel periodo di osservazione con il

limite imposto, si può facilmente verificare che tutti i punti rientrano nella soglia massima imposta.

Il periodo di osservazione rapportato al tipo di attività, risulta essere rappresentativo, in quanto le

operazioni rumorose che si avranno all’interno della struttura, sono state, al momento del calcolo,

sommate in maniera globale.

Pertanto si può concludere che i valori di immissione, calcolati in maniera previsionale,

dell’azienda Zito Recupero Plastica srl Unipersonale, sono al di sotto dei limiti imposti dalle attuali

normative in vigore ed in particolare ai limiti imposti dalla normativa comunale. Si ha quindi che il

livello previsionale di pressione sonora in un punto posto al confine di ogni singolo recettore preso

in considerazione, rispetta il limite di immissione diurno e notturno previsto per le aree in esame.

Dall’osservazione dei dati ottenuti dal calcolo previsionale utilizzato, si ricava che, in base alle

macchine che si intende installare con il loro posizionamento, non vengono immessi rumori

nell’ambiente esterno che possano disturbare le eventuali future abitazioni poste più vicine.

Inoltre, l’analisi dei risultati mostra che il contributo delle emissioni sonore dovuto al passaggio di

automezzi lungo la zona ASI sommato a quello dell’attività in oggetto non produce impatto sui

potenziali recettori sensibili individuati.

Si dichiara quindi che le attività svolte dalla Zito Recupero Plastica srl unipersonale non andranno

a modificare il clima acustico della suddetta area e di conseguenza non verrà superato il limite

diurno e notturno imposto nella zona omogenea di classe IV e classe VI.

Per ulteriori dettagli si rimanda alla lettura della Valutazione di Impatto Acustico Previsionale (in

allegato) a firma del tecnico competente in acustica ambientale Dott. De Rosa Agostino.

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SICUREZZA E PREVENZIONE INCENDI

La suddetta attività rientra tra quelle soggette al rilascio del C.P.I. di cui all’Allegato 1 del DPR

01/08/2011 n.151.

Per quanto attiene l'antincendio rientra nella categoria 44.3/C dell’Allegato 1 del DPR 01/08/2011

n.151 per cui è stato presentato al Comando Provinciale dei Vigili del Fuoco di Napoli domanda di

valutazione del progetto Rif. Pratica VV.F. n.121112 prot. 11225 del 11/03/2019 anche in

ottemperanza della Delibera della Giunta Regionale n.223 del 20/05/2019 – Approvazione linee

guida regionali contenenti le prescrizioni di prevenzione antincendio da inserire obbligatoriamente

negli atti autorizzativi riguardanti la messa in esercizio degli impianti di trattamento rifiuti.

Si evidenzia infine che nell’insediamento sono adottate tutte le misure di sicurezza per la

prevenzione del rischio e la tutela della salute dei lavoratori di cui al D.lgs. 81/2008.

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ELEMENTI GEOLOGICI E IDROGEOLOGICI

Il comune di Acerra è situato in provincia di Napoli e confina con i comuni di Afragola, Brusciano,

Caivano, Casalnuovo di Napoli, Castello di Cisterna, Maddaloni (CE), Marcianise (CE), Marigliano,

Nola, Pomigliano d'Arco, San Felice a Cancello (CE) ed è ubicato ad un’altezza s.l.m. di circa 26

metri- Classificazione sismica: Zona 2 (sismicità media).

Cartograficamente, l’area in esame, ricade nel FOGLIO 183-184 “ISOLA D’ISCHIA - NAPOLI”

della Carta Geologica d’Italia in scala 1:100.000.

Il territorio comunale di Acerra è sub-pianeggiante presentando pendenze che non risultano mai

accentuate; i valori più elevati, infatti, sono compresi tra il 2% ed il 3%.

La stabilità dei depositi superficiali, scarsamente o per nulla litificati, è assicurata dalle condizioni

giaciturali ed i fenomeni erosivi, a causa delle modeste pendenze e della regimazione efficace

delle acque superficiali di ruscellamento, sono praticamente assenti; le acque di ruscellamento

superficiali, non assorbite dai terreni permeabili, sono incanalate in parte nella rete fognaria

comunale ed in parte negli alvei e lagni che, nella parte nordorientale, trovano recapito nei Regi

Lagni.

Il Comune di Acerra rappresenta la porzione nord-orientale della Piana Campana.

La Piana Campana è stata oggetto di numerosi studi che hanno permesso di tracciare un quadro

evolutivo complesso dell'area caratterizzato da una forte interazione tra vulcanismo, tettonica e

sedimentazione. Vengono riconosciuti a grande scala settori con differente assetto geologico-

strutturale, marcati da intensi e talora differenziati fenomeni di subsidenza almeno dal Pleistocene

medio-superiore. La presenza di depositi vulcanoclastici sia in affioramento che nel sottosuolo

utilizzabili come livelli guida, costituisce un utile strumento per le correlazioni cronostratigrafiche e

la possibilità di datare in maniera indiretta i depositi di diversa origine ad essi intercalati.

La Piana Campana è un’ampia depressione strutturale originatasi lungo il margine tirrenico della

catena appenninica probabilmente durante il Pliocene superiore o nel corso del Pleistocene

inferiore, a seguito di movimenti prevalentemente estensionali che hanno determinato lo

smembramento e il ribassamento delle unità meso-cenozoiche appenniniche. Le linee tettoniche

lungo le quali è avvenuto lo sprofondamento, con un rigetto complessivo variabile da 3 a 5 km, in

prevalenza con orientazione NW-SE, NE-SW ed E-W, hanno formato un sistema di alti e bassi

strutturali.

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Numerosi lavori trattano della stratigrafia del sottosuolo della Piana Campana caratterizzata da

spessori di sedimenti superiori a 3000.

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Al riempimento della depressione ha contribuito, oltre all’interazione tra gli apporti fluviali di

provenienza appenninica e quelli marini, anche l’attività vulcanica di numerosi centri eruttivi riferibili

ai distretti vulcanici dei Campi Flegrei, del Somma-Vesuvio e del Roccamonfina.

Tale vulcanismo si è impostato lungo i principali lineamenti strutturali ubicati sia sui bordi che

all’interno della piana riconoscono nella porzione superficiale della Piana sei unità stratigrafiche di

ambiente marino, transizionale e continentale di età compresa tra il Pleistocene medio-superiore e

l’Olocene. Depositi piroclastici del Pleistocene medio si ritrovano in affioramento ai margini della

Piana rappresentati da: Ignimbriti di Seiano; piroclastiti e ignimbriti di Taurano, datate tra 205 e 157

ka, correlabili con depositi riconosciuti nel sottosuolo della piana del Sarno; Ignimbrite di

Durazzano. Sedimenti marini del Pleistocene medio-superiore si ritrovano dislocati lungo i versanti

in prossimità di Cancello e correlati con successioni analoghe nel sottosuolo.

Depositi vulcanoclastici riferibili a numerosi eventi eruttivi del Pleistocene superiore- Olocene si

ritrovano in affioramento nella Piana.

L’individuazione nel corso del Pleistocene superiore dei distretti vulcanici dei Campi Flegrei e del

Somma-Vesuvio consente di distinguere nella Piana due settori morfologici: con evoluzione

caratterizzata da differenti ritmi di sprofondamento durante l’Olocene.

L’evoluzione della Piana Campana nel Pleistocene superiore è stata fortemente condizionata dalla

deposizione di una imponente coltre piroclastica da flusso: l’Ignimbrite Campana (IC) a

composizione trachitico-fonolitica, datata recentemente 39.28+0.11 ka.

La messa in posto della IC è coincisa con un momento di bassi tassi di subsidenza della piana e

con una oscillazione glacioeustatica negativa e ha contribuito al colmamento e alla definitiva

emersione dei settori settentrionali e centrali dell’area.

Lo spessore medio dell’Ignimbrite Campana è di 30-50 m; spessori maggiori (massimo 50-100 m)

si ritrovano all’interno del graben Acerra-Golfo di Napoli e ai margini della Piana in prossimità dei

versanti. All’interno della IC sono individuate due unità separate da una superficie erosionale

discordante. L’unità superiore è riconosciuta esclusivamente nell’area a nord dei Campi Flegrei ed

è forse presente anche nel Golfo di Napoli; l’unità inferiore, presente in tutta la Piana Campana,

corrisponde a quella identificata come Tufo Grigio Campano.

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In esso, nell’area casertana, DI GIROLAMO (1968a) distingue, dalla base, tre facies (piperno, tufo

pipernoide e tufo grigio) con decrescente grado di litificazione e di densità; talora al tetto è

presente una facies completamente incoerente (cinerazzo).

In dipendenza del grado di saldatura e della presenza di minerali autigenici (feldspati, zeoliti

secondarie) sin- e post-deposizionali è infatti documentata una gamma di facies che va da quella

grigiastra incoerente fino a quella gialla litificata e zeolitizzata.

Successivamente alla deposizione della IC, nei settori più interni e marginali si depongono

esclusivamente sedimenti alluvionali e di versante intercalati ad esigui depositi vulcano clastici.

La formazione più estesa arealmente nella piana, che ricopre parzialmente la IC e tutti i prodotti ad

essa precedenti, corrisponde al Tufo Giallo Napoletano (TGN), di origine flegrea e datata 15 ka.

Nei dintorni di Caserta DI GIROLAMO (1968b) riconosce, al di sopra della IC e di un paleosuolo,

una successione di circa 150-200cm, interpretata come deposito da caduta in facies distale del

TGN. Secondo alcuni autori, tali depositi sono presenti nell’area compresa tra San Marco

Evangelista, San Nicola la Strada e Sant’Angelo in Formis nelle facies attribuite al membro A14 di

SCARPATI (1990). Altri autori, tuttavia, propongono una possibile attribuzione alternativa in alcune

aree ad ignimbriti più antiche.

Le ultime fasi di colmamento della piana, nell’area centrale e costiera, sono riferibili alla

sedimentazione marina e transizionale innescata dalla trasgressione versiliana; nei settori

marginali e orientali, prossimi ai centri eruttivi attivi, si depongono sedimenti alluvionali e di

versante a spese prevalentemente di piroclastiti vesuviane.

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CARTA GEOLOGICA D’ITALIA FOGLIO 183-184 ISOLA D’ISCHIA – NAPOLI

= Area d’interesse nel Comune di Acerra (NA) Via Pantano (Zona industriale ASI) Foglio 7 - Particella 821

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CUMULO CON ALTRI PROGETTI

Tenendo presente che:

La ZITO RECUPERO PLASTICA SRL ad oggi opera nel campo del recupero e triturazione

meccanica per il riciclaggio delle materie plastiche nello stabilimento di Via Volturno nel Comune di

Acerra (NA), autorizzato con A.U.A. n.06/2018 di cui alla Determina Dirigenziale della Città

Metropolitana di Napoli n.6826 del 06.11.2018.

La società in questione con il presente progetto intende delocalizzare la propria attività dallo

stabilimento di Via Volturno nel Comune di Acerra (NA) allo stabilimento industriale ex Parteno

Group S.r.l. ubicato in Via Pantano (Zona Industriale ASI) del Comune di Acerra (NA), ora di

proprietà della ZITO RECUPERO PLASTICA SRL giusto atto di compravendita di immobile

registrato presso l’Agenzia delle Entrate di Casoria con n.2803/1T del 24/07/2018.

Il Comune di Acerra ha rilasciato NULLA OSTA prot. n.61949 del 04/10/2018 all’insediamento

industriale della ZITO RECUPERO PLASTICA SRL nello stabilimento industriale ex Parteno Group

S.r.l. ubicato in Via Pantano (Zona Industriale ASI) – 80011 Acerra (NA), in cui si precisa che la Ditta

in questione dovrà cessare la propria attività nello stabilimento di Via Volturno prima di rendere

operativa la nuova sede in zona Industriale ASI, stabilimento ex Parteno Group S.r.l.

Il Consorzio ASI di Napoli con Decreto Dirigenziale n.69 del 12/10/2018 ha rilasciato l’autorizzazione

all’insediamento industriale della ZITO RECUPERO PLASTICA SRL nello stabilimento industriale ex

Parteno Group S.r.l. ubicato in Via Pantano (Zona Industriale ASI) – 80011 Acerra (NA).

Trattasi di una delocalizzazione, di un attività già in essere nel Comune di Acerra, nello stabilimento

industriale “ex Parteno Group S.r.l.” ubicato in Via Pantano (Zona Industriale ASI) – 80011 Acerra

(NA) ed individuato al catasto al Foglio 7 - Particella 821 - Sub 1 - categoria catastale D/1, la cui

area di sedime ai sensi del vigente PRG ricade in Zona D Industriale – Piano ASI ed è libera da

ulteriori vincoli sovracomunali.

Nella area in questione localizzata in Via Pantano (Zona Industriale ASI) del Comune di Acerra

(NA) sono presenti numerose attività industriali tra cui il TERMOVALORIZZATORE DI ACERRA,

ECO.DRIN. SRL (IMPIANTO DI GESTIONE RIFIUTI PERICOLOSI E NON PERICOLOSI),

ECOLOGIA ITALIANA S.R.L. (IMPIANTO DI SMALTIMENTO E RECUPERO DI RIFIUTI NON

PERICOLOSI), AMBIENTE ITALIA S.R.L. (IMPIANTO DI RECUPERO DI RIFIUTI SPECIALI NON

PERICOLOSI).

Nella figura sottostante, si riportano la localizzazione delle aziende SOPRA riportate.

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= Zito Recupero Plastica s.r.l. = Ecologia Italiana s.r.l.

= ECO.DRIN s.r.l. = A2A termovalorizzatore

= Ambiente Italia s.r.l.

Si riportano nella tabella seguente i valori emissivi in atmosfera, delle POLVERI TOTALI, desunti

dai decreti autorizzativi delle aziende sopracitate.

NOME AZIENDA TIPOLOGIA AZIENDA ESTREMI

AUTORIZZAZIONE

VALORI EMESSI

POLVERI TOTALI

A2A SPA TERMOVALORIZZATORE DI

ACERRA

D.D. n.1653 del

01/12/2014

Linea 1 0,3 mg/Nmc

Linea 2 0,3 mg/Nmc

Linea 3 0,3 mg/Nmc

ECO.DRIN. SRL IMPIANTO DI GESTIONE

RIFIUTI PERICOLOSI E NON

PERICOLOSI

D.D. n.571 DEL

14/04/2014

50 mg/Nmc

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ECOLOGIA ITALIANA

SRL

IMPIANTO DI

SMALTIMENTO E

RECUPERO DI RIFIUTI NON

PERICOLOSI

D.D. n.48 del

08/03/2018

5 mg/Nmc

AMBIENTE ITALIA SRL IMPIANTO DI RECUPERO DI

RIFIUTI SPECIALI NON

PERICOLOSI

D.D. n.107 del

26/07/2018

E1 5,2 mg/Nmc

E2 5,02 mg/Nmc

E3 7,8 mg/Nmc

ZITO RECUPERO

PLASTICA SRL

IMPIANTO DI RECUPERO

DI RIFIUTI SPECIALI NON

PERICOLOSI

- E1 1,19 mg/Nmc

Data la tipologia di attività che si intende delocalizzare presso lo stabilimento in questione e le

tipologie di attività adiacenti attualmente note, e considerando i valori emissivi sopra riportati, i

presidi ambientali e le misure mitigative applicate dall’insediamento in questione, si ritiene che

l’impatto potenziale prodotto dall’attività in oggetto sia poco significativo e che tale progetto non

interferisca con altri progetti di opere limitrofe e non generi conflitti di eventuali risorse disponibili in

loco. In definitiva il progetto non presenta elementi di conflittualità o di interferenza con altri progetti

in esercizio o in corso di realizzazione o di progettazione, né per quanto riguarda l’utilizzo delle

risorse, né relativamente agli impatti sull’ambiente.

UTILIZZAZIONE DELLE RISORSE NATURALI

Le risorse naturali si possono classificare in via preliminare sulla base delle seguenti categorie:

− materie prime (minerali, biomassa, ecc.);

− comparti ambientali (acqua, aria, suolo);

− risorse diffuse (energia eolica, idrica, geotermica, solare).

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L’impianto in oggetto, durante la sua fase di esercizio, non prevede lo sfruttamento di materie

prime.

L’impianto farà ricorso allo sfruttamento di risorse diffuse solo per l’approvvigionamento

dell’energia elettrica necessaria per lo svolgimento delle attività previste.

Per quanto riguarda la risorsa acqua è approvvigionata dall’acquedotto pubblico, essa non entra

nel ciclo produttivo dell’impianto (fatta eccezione delle acque della vasca di lavaggio granuli che

sono inserite all’interno di un circuito chiuso) ed è utilizzata esclusivamente ai fini civili e

antincendio.

In relazione all’occupazione di suolo si precisa che l’opificio è esistente e realizzato con regolare

permesso di costruire.

PRODUZIONE DI RIFIUTI

Nell’ambito dell’attività aziendale sono prodotti, in condizioni di normale esercizio, rifiuti speciali

che raccolti e differenziati per tipologie verranno, gestiti in ottemperanza a quanto previsto dal

D.Lgs. 152/06 ss.mm.ii. Tali rifiuti vengono periodicamente prelevati da ditta specializzata per il

prelievo, trasporto e successivo recupero/smaltimento. Durante la fase di esercizio dell’impianto,

come è deducibile dalla descrizione del ciclo lavorativo, si generano diversi prodotti di scarto.

In linea generale, tali prodotti di scarto sono rifiuti merceologicamente non omogenei ai materiali

trattati, che la società provvede a separare per codici CER e a stoccare all’interno di appositi

contenitori idonei all’uso. La selezione dei materiali consente infatti la raccolta differenziata di più

frazioni merceologiche, alcune delle quali avviate a specifiche ditte preposte al recupero, e solo

una minima parte avviata alla discarica. In ogni caso i rifiuti sono prelevati da ditte autorizzate

dall’Albo Gestori Ambientali ai sensi del D.Lgs. 152/06, D.M. 406/98 e ss.mm.ii.

Nello specifico, per quanto riguarda l’attività in oggetto, i rifiuti generati sono distinguibili in:

Rifiuti da cernita/selezione che saranno stoccati in cassoni disposti in apposita zona, per

poi essere conferiti presso altri impianti autorizzati per il successivo recupero/smaltimento.

Rifiuti plastici non idonei al recupero perché non conformi alle caratteristiche indicate dalla

norma UNIPLAST-UNI 10667.

Rifiuti metallici ferrosi, provenienti dalla eventuale deferrizzazione dei materiali trattati.

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Rifiuti liquidi:

a. fanghi delle fosse settiche prodotti dalla sedimentazione delle acque nere nella vasca

imhoff;

b. miscele di oli e grassi prodotte dalla separazione olio/acqua, provenienti dalla

disoleazione delle acque di piazzale nell’impianto di trattamento acque di prima pioggia;

c. soluzione acque di scarto costituite dalle acque di lavaggio contenute nel sistema a ciclo

chiuso che periodicamente vengono smaltite e dagli eventuali liquidi di percolamento

provenienti dai cumuli di rifiuti in stoccaggio nel piazzale.

Nello specifico, per quanto riguarda l’attività in oggetto, i rifiuti generati sono riportati nella

seguente tabella:

Codice CER Descrizione

191212 Rifiuti (compresi materiali misti) prodotti dal trattamento meccanico dei rifiuti, diversi da

quelli di cui alla voce 19 12 11

quelli di cui alla voce

191204 Plastica e gomma

191202 Metalli ferrosi

190810* Miscele di oli e grassi prodotte dalla separazione olio/acqua, diverse da quelle di cui alla

voce 19 08 09 200304 Fanghi delle fosse settiche

161002 Soluzione acquose di scarto diverse da quelle di cui alla voce 16 10 01

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INQUINAMENTO E DISTURBI AMBIENTALI

L’esercizio dell’impianto non comporta la produzione di significative emissioni inquinanti.

Per la tipologia di attività svolta, non sono prodotte né utilizzate sostanze chimiche che possono

provocare contaminazioni della falda o di corpi idrici superficiali.

Dal punto di vista delle emissioni in atmosfera, si precisa che, considerando il ciclo produttivo

descritto, le uniche emissioni significative dell’attività in questione sono:

Polveri convogliate all’impianto di aspirazione e abbattimento E1 prodotte nella fase di

triturazione e di macinazione – emissioni convogliate.

Nell’area di lavorazione all’interno del capannone è stato previsto un impianto di aspirazione per il

trattamento delle POLVERI mediante un depolveratore a ciclone con l’aggiunta di un filtro

autopulente a maniche antistatiche, tale impianto presenta una cappa di aspirazione ubicata sul

trituratore e dei collegamenti diretti con la linea di recupero e riciclaggio (macinazione) del

materiale plastico trattato e convoglierà l'aria depurata nel punto di emissione E1 individuato

nell’elaborato grafico allegato.

In merito alla gestione delle acque reflue, si precisa che la tipologia delle acque reflue prodotte

dalla attività in oggetto è differenziata in tre tipi:

La rete di smaltimento delle acque bianche, ossia delle acque meteoriche provenienti dai

piazzali (ca 3.830 mq) e dalla copertura dell’edificato (ca 1.100 mq).

La rete di smaltimento delle acque nere, ossia delle acque di natura esclusivamente

biologica provenienti da n.5 gruppi wc per un totale di n. 8 vasi, n. 9 lavandini e n. 8 bidet.

La rete di smaltimento degli eventuali liquidi di percolamento, provenienti dai cumuli di

rifiuti stoccati nel piazzale esterno al disotto della tendostruttura.

Non sono previste acque provenienti dal ciclo di produzione, in quanto le acque della vasca di

lavaggio granuli sono riutilizzate all’interno di un circuito chiuso.

In merito all’impatto acustico, si precisa che l’attività in oggetto è a ciclo continuo. Le sorgenti

sonore sono rappresentate dai macchinari utilizzati per le varie fasi di trattamento dell’impianto in

questione e dalle emissioni rumorose all’esterno dell’azienda determinate dal traffico veicolare, da

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sorgenti occasionali e dalle attività ubicate nelle vicinanze dell’area in esame (emissioni di rumore

provenienti da altre attività industriali confinanti). La valutazione del clima acustico è stata

effettuata sia mediante calcolo matematico previsionale che mediante rilievi fonometrici con

tecnica di campionamento. I dati rilevati sono stati informatizzati con calcolo previsionale al fine di

qualificare e quantificare il clima acustico dell’area in maniera oggettiva, ovvero rispondente alla

situazione nel suo generale, indipendentemente da imprevisti ed anomalie che possono essere

rilevati a seguito del solo svolgimento di misurazioni fonometriche per quanto svolte in modo

scientifico e peculiare. Lo studio è stato, comunque, integrato con misurazioni fonometriche svolte

con tecnica di campionamento al fine di verificare la corrispondenza della previsione di clima

acustico tra la metodologia “sperimentale” e “di calcolo”.

In merito all’impatto visivo, si precisa che l’attività in oggetto è collocata all’interno di una struttura

preesistente, non determinando impatto visivo negativo. Lo stabilimento in questione è delimitato

da idonea recinzione lungo tutto il suo perimetro con muro e sovrastante inferriata. La barriera

esterna di protezione è realizzata con siepi e alberature, atti a minimizzare l’impatto visivo

dell’impianto, per cui l’insediamento in oggetto non determina alcun impatto visivo negativo.

RISCHIO DI INCIDENTI

L’impianto in oggetto non rientra tra gli stabilimenti a rischio di incidente rilevante (elencate nell’

Inventario nazionale predisposto ai sensi del D.Lgs. 334/99 e s.m.i. dalla Direzione Generale per le

Valutazioni Ambientali-Divisione IV-Rischio rilevante e autorizzazione integrata ambientale”,

redatto in collaborazione con il Servizio Rischio Industriale di ISPRA). Pertanto l’attività non è

soggetta a notifica ai sensi del D.Lgs.105 del 26.06.2015.

Nelle fasi di esercizio dell’impianto il rischio di incidente legato a fenomeni di esplosione e rilascio

di sostanze pericolose in atmosfera è nullo in quanto non sono utilizzate sostanze a rischio, né si

prevedono attrezzature e/o macchine pericolose.

La suddetta attività rientra tra quelle soggette al rilascio del C.P.I. di cui all’Allegato 1 del DPR

01/08/2011 n.151.

Si evidenzia infine che nell’insediamento sono adottate tutte le misure di sicurezza per la

prevenzione del rischio e la tutela della salute dei lavoratori di cui al D. Lgs. 81/2008.

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CONTENIMENTO DEI CONSUMI ENERGETICI

Il complesso industriale rispetta tutti i disposti delle vigenti leggi in materia di risparmio energetico

in quanto realizzato con l'utilizzo di materiali che assicurano la minore dispersione termica. Gli

spessori e le densità dei materiali isolanti utilizzati, rispettano quanto previsto dalle vigenti leggi in

materia di contenimento di consumi energetici (L.10/91 e ss.mm.ii.).

QUALITÀ E CAPACITÀ DI RIGENERAZIONE DELLE RISORSE NATURALI

Come descritto in precedenza, la zona in cui è localizzato il progetto è in Via Pantano (Zona

Industriale ASI) – 80011 Acerra (NA) ed individuato al catasto al Foglio 7 - Particella 821 - Sub 1 -

categoria catastale D/1. L’area di sedime dell’insediamento ai sensi del vigente PRG ricade in

Zona D Industriale – Piano ASI ed è libera da ulteriori vincoli sovracomunali. L’area oggetto di

studio non è interessata da Siti di Interesse Comunitario (SIC), né da Zone di Protezione Speciale

(ZPS).

Il contesto in cui si inserisce l’intervento in oggetto è caratterizzato dalla presenza di numerosi

capannoni e attività industriali. Il contesto di inserimento è a forte vocazione industriale ed è dotato

di tutte le infrastrutture necessarie allo svolgimento dell’attività (allaccio alla rete idrica, rete

elettrica, rete fognaria).

La zona, permette il transito dei mezzi pesanti attraverso ampie infrastrutture viarie.

Per tale attività non è previsto lo sfruttamento delle risorse naturali dell’area in oggetto, in relazione

all’occupazione di suolo si precisa che l’opificio è esistente e realizzato con regolare permesso di

costruire.

Va inoltre sottolineato che il sito di progetto ricade in un’area in cui il PRG ha previsto

l’insediamento di attività industriali, avviando così un processo di antropizzazione che altererà

significativamente le caratteristiche di naturalità dell’area; l’impianto in oggetto va infatti ad inserirsi

in una zona nella quale la naturalità non potrà essere considerata significativa.

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CAPACITÀ DI CARICO DELL’AMBIENTE

La capacità di carico, o capacità portante dell’ambiente, è definita come la capacità di un ambiente

e delle risorse presenti in esso di sostenere un certo numero di individui e, più in generale, di

tollerare azioni antropiche tali da non portare a modificazioni irreversibili.

In questo caso, data la localizzazione dell’impianto, in un’area periferica rispetto al centro cittadino,

che ricordiamo essere un’area destinata ad insediamenti industriali e produttivi, la capacità di

carico è stata compromessa dall’irreversibilità della trasformazione già avviata nell’area con la

realizzazione della Zona D Industriale – Piano ASI, per cui l’impianto in oggetto rientra in un più

ampio disegno volto alla trasformazione sostanziale di tutta la zona individuata come

INDUSTRIALE.

La capacità di carico in relazione all’ecosistema locale presente sarà quindi modificata per la

trasformazione complessiva dell’area prevista dallo strumento urbanistico vigente e non

dall’insediamento in questione.

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CARATTERISTICHE PROGETTUALI RELATIVE ALLE MITIGAZIONI E COMPENSAZIONI

DEGLI IMPATTI PRODOTTI

Inquinamento da emissioni in atmosfera

Nell’area di lavorazione all’interno del capannone è stato previsto un impianto di aspirazione per il

trattamento delle POLVERI mediante un depolveratore a ciclone con l’aggiunta di un filtro

autopulente a maniche antistatiche, tale impianto presenta una cappa di aspirazione ubicata sul

trituratore e dei collegamenti diretti con la linea di recupero e riciclaggio (macinazione) del

materiale plastico trattato e convoglierà l'aria depurata nel punto di emissione E1 individuato

nell’elaborato grafico allegato.

Come precisato e descritto precedentemente nel capitolo EMISSIONI IN ATMOFERA,

l'abbattimento mediante depolveratore a ciclone con l’aggiunta di un depuratore con filtro a

maniche, che rappresenta un abbattitore a secco a mezzo filtrante tipo: DEPOLVERATORE CON

FILTRO A TESSUTO, tale sistema cosi descritto ha una efficienza di abbattimento superiore al

90% e rientra tra le migliori tecnologie disponibili per i trattamenti effettuati, di cui alla D.G.R. n.

243 del 08/05/2015.

Per quanto riguarda il depolveratore a ciclone non sono previsti sistemi di controllo, mentre per la

pulizia e manutenzione è prevista la pulizia periodica manuale del corpo cilindrico e dei raccordi di

immissione ed espulsione del fluido gassoso e delle superfici interne al ciclone.

Per quanto riguarda l’abbattitore a secco con mezzo filtrante tipo - depolveratore con filtro a

maniche è previsto come sistema di controllo un pressostato differenziale con segnale di allarme

ottico e acustico, mentre come sistema di pulizia è previsto il lavaggio in controcorrente con aria

compressa e come manutenzione è prevista la sostituzione delle maniche in caso di usura o

rottura delle stesse.

L’impianto in questione ha in dotazione una scala a gabbia e pianerottolo con parapetto di

protezione per l’accesso alla flangia di prelievo posta sul camino di emissione.

Inoltre si rispetta quanto previsto al punto 4) delle Prescrizioni e Considerazioni di carattere

generale approvate con D.D. 370 e 591 del 2014, ovvero la bocca del camino è posizionato in

modo tale da consentire un adeguata evacuazione e dispersione degli inquinanti emessi. A tal fine

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la bocca del camino (E1) risulta alta (11,00 m) un metro rispetto al colmo del tetto (10,00 m), ai

parapetti ed a qualunque altro ostacolo o struttura distante meno di 10 metri. La bocca del camino

situata a distanza compresa tra 10 e 50 metri da aperture di locali abitati è a quota non inferiore a

quella del filo superiore dell’apertura più alta. L’ubicazione e la quota di tutte le emissioni sono

comunque conformi a quanto contenuto nei regolamenti comunali e/o alle prescrizioni impartite

dalle autorità territorialmente competenti in materia di igiene e sanità pubblica.

Inquinamento suolo e sottosuolo

Il rischio di contaminazione del suolo (e di conseguenza delle acque di falda) è poco significativo

dal momento che l’attività in oggetto non implica l’utilizzo di sostanze inquinanti.

Per la tipologia di attività svolta, infatti, non sono prodotte né utilizzate sostanze chimiche che

possono provocare contaminazioni del suolo o di falda.

Tuttavia, possono essere presenti sostanze come oli, grassi e carburanti, rilasciate

accidentalmente durante il transito dei mezzi di trasporto sui piazzali.

A tal proposito, per prevenire l’eventuale contaminazione del suolo, l’intera area di impianto è

costituita da superfici impermeabilizzate e pertanto isolate e protette da una eventuale

contaminazione accidentale.

Tutte le superfici destinate al conferimento, stoccaggio, trattamento e movimentazione dei rifiuti

sono realizzate in massetto di calcestruzzo armato per isolarle dal suolo, queste così

impermeabilizzate, sono realizzate con le necessarie pendenze al fine di convogliare la caduta

accidentale di eventuali liquidi e le acque meteoriche di dilavamento del piazzale in griglie di

captazione che confluiscono nell’impianto di depurazione prima dello scarico nel collettore

fognario.

Si può concludere che l’area di impianto è costituita interamente da superfici impermeabilizzate e

pertanto isolate e protette da una eventuale contaminazione da reflui o da altri liquidi pericolosi

accidentali.

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Inquinamento della componente idrica superficiale e sotterranea

Come precisato e descritto precedentemente nel capitolo SCARICHI IDRICI l’impianto fognario a

servizio dell’insediamento industriale si compone di n. 3 reti indipendenti:

La rete di smaltimento delle acque bianche, ossia delle acque meteoriche provenienti dai piazzali

(ca 3.830 mq) e dalla copertura dell’edificato (ca 1.100 mq).

La rete di smaltimento delle acque nere, ossia delle acque di natura esclusivamente biologica

provenienti da n.5 gruppi wc per un totale di n. 8 vasi, n. 9 lavandini e n. 8 bidet.

La rete di smaltimento degli eventuali liquidi di percolamento, provenienti dai cumuli di rifiuti

stoccati nel piazzale esterno al disotto della tendostruttura.

Non sono previste acque provenienti dal ciclo di produzione, in quanto le acque della vasca di

lavaggio granuli sono riutilizzate all’interno di un circuito chiuso.

L’impianto destinato alla raccolta ed allontanamento delle acque meteoriche che cadono sulla

copertura dell’edificato è costituito da pluviali e collettori realizzati in materiale plastico (PVC

conforme alla norma UNI n. 7447 del 1975). In particolare, le acque piovane, raccolte dalla

copertura del capannone per mezzo di canali predisposti lungo le travi prefabbricate, attraversano

le pluviali ricavate all’interno della sezione dei pilastri, protetti mediante guaina elastometrica

impermeabile, e giungono quindi in pozzetti a tenuta posti al piede dei medesimi pilastri. Mediante

fognoli e tubazioni, con andamento sub-orizzontale (pendenza prestabilita tra l’1% ed il 3%), le

acque attraversano quindi il piazzale dell’insediamento e, previo trattamento in apposito impianto,

vengono convogliate nella fogna bianca consortile.

L’impianto di smaltimento delle acque meteoriche provenienti dal piazzale è costituto in maniera

tale che le aree esterne, a servizio dell’insediamento industriale, sono dotate di pendenza

(prestabilita tra l’1% ed il 3%) atta al convogliamento delle acque meteoriche verso punti di

raccolta opportunamente definiti. In corrispondenza di detti impluvi sono infatti disposte caditoie e

griglie munite di pozzetto di decantazione dei materiali solidi, asservite da fognoli ad andamento

sub-orizzontale. Nei vari nodi di intersezione di tratti diversi, sono inseriti pozzetti di ispezioni. Da

questi, mediante tubazioni interrate, in PVC conforme alla norma UNI n. 7447 del 1975, le acque

meteoriche vengono convogliate all’impianto di trattamento e quindi alla fogna bianca consortile.

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L’impianto di smaltimento delle acque nere ha lo scopo di allontanare esclusivamente le acque

provenienti dagli apparecchi igienico – sanitari a servizio dell’insediamento. La rete interrata è

costituita da un insieme integrato di tubazioni in PVC, conformi alla norma UNI n. 7447 del 1975, di

andamento sub – orizzontale con inclinazione prestabilita tra l’1% ed il 3%. Dette diramazioni

collegano le fecali degli apparecchi di scarico e li immettono nei collettori o fognoli che trasportano

i reflui biologici alla fogna consortile previa trattamento in apposito impianto. Lungo lo sviluppo

della predette rete, per agevolare il deflusso delle acque e rendere ispezionabile l’impianto, sono

disposti dei pozzetti ad intervallo prestabilito, specie in corrispondenza di nodi in cui convergono

più tubazioni.

L’impianto di smaltimento degli eventuali liquidi di percolamento provenienti dai cumuli di rifiuti

stoccati nel piazzale esterno al disotto della tendostruttura è costituito da un sistema statico di

raccolta degli eventuali liquidi di percolamento provenienti dallo stoccaggio in cumuli dei rifiuti nel

piazzale esterno. Tale sistema sarà costituito da una griglia di raccolta disposta lungo le aree di

messa in riserva, come da grafico allegato, che grazie ad un opportuna pendenza veicolerà gli

eventuali liquidi di percolamento in una vasca a tenuta a svuotamento periodico, operato da ditta

autorizzata per il prelievo, trasporto e successivo smaltimento.

Dimensioni griglia piazzale = 57 m X 0,40 m

Dimensioni vasca a tenuta = 6 mc

IMPIANTO TRATTAMENTO DELLE ACQUE METEORICHE – La superficie scolante delle acque

meteoriche, per quanto detto ai precedenti paragrafi, si compone del piazzale esterno dell’insediamento e

della copertura dell’edificato, per una superficie complessiva completamente impermeabilizzata di ca 4.930

mq.

Stante la natura dell’inquinamento delle acque meteoriche di dilavamento, per lo più costituito da

fanghiglia e tracce d’olio limitatamente alla acque di prima pioggia, il trattamento previsto per esse è

basato sul seguente schema di processo:

intercettazione delle acque di prima pioggia, da sottoporre a trattamento di sfangamento e

disoleazione;

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convogliamento delle acque di seconda pioggia, per loro natura esenti da contaminanti in quanto

defluenti su una superficie già dilavata dalle acque di prima pioggia, verso la fognatura bianca

consortile;

convogliamento verso la fognatura bianca consortile delle acque di prima pioggia in uscita

dall’impianto di trattamento.

L’impianto di trattamento, a servizio della rete per la raccolta e l’allontanamento delle acque pluviali, è

pertanto costituito da un impianto di prima pioggia abbinata ad un disoleatore, ambedue di tipo

prefabbricato in calcestruzzo armato.

L’impianto di prima pioggia si compone di

un pozzetto separatore, realizzato con l’impiego di una vasca monoblocco prefabbricata in

calcestruzzo armato, di dimensioni esterne in pianta 1,80 x 1,80 m ed altezza 1,00 m per una

capacità di 2,00 mc.

La funzione del pozzetto è quella di separare le acque di prima pioggia, risultanti dai primi 5 mm di

pioggia caduta e da sottoporre a trattamento, dalle acque di seconda pioggia, che possono invece

essere immesse direttamente nella fognatura consortile.

Per tale motivo, il pozzetto è collegato in entrata alla condotta di drenaggio delle acque meteoriche

di dilavamento ed in uscita alla tubazione di raccordo al bacino di accumulo e rilancio ed alla

condotta di scarico delle acque di seconda pioggia. Quest’ultima conduttura è protetta da uno

stramazzo la cui soglia (pari a 0,52 m) è situata ad un livello intermedio fra la linee di scorrimento

della condotta di drenaggio in ingresso e la tubazione di raccordo al bacino. Allo sbocco nel

bacino, la tubazione di comunicazione è munita di un deflettore che impedisce il riflusso delle

sospensioni flottanti;

un bacino di accumulo e rilancio delle acque di prima pioggia, realizzato con l’impiego di una

vasca monoblocco prefabbricata in calcestruzzo armato di dimensioni in pianta 2,50 x 5,00 m e

altezza 2,50 m per una capacità di 25,00 mc. Il volume del bacino è pertanto in grado di ricevere

tutte le acque di prima pioggia cadute sull’intero insediamento industriale (4.930 mq x 0,005 m) =

24,65 mc;

un sistema di svuotamento automatico del bacino di accumulo e rilancio costituita da:

- una sonda segnalatrice di pioggia, installato sul fondo della condotta di drenaggio in

corrispondenza dell’imbocco nel pozzetto separatore;

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- una pompa di svuotamento, del tipo sommergibile centrifugo con girante multicanale aperta,

specifica per la movimentazione di acque chiare o leggermente cariche, munita di regolatore di

livello a galleggiante. Nelle condizioni idrauliche di progetto la pompa presenta le seguenti

caratteristiche di funzionamento: portata 10,80 mc/h, prevalenza 11,50 m e potenza elettrica 1,10

kW. Per il corretto funzionamento dell’impianto di sollevamento la prevalenza viene ridotta per

mezzo di valvola regolatrice posta a valle dello stesso;

- un PLC che, rilevato il segnale proveniente dalla sonda di pioggia, attiva e disattiva

automaticamente la pompe di svuotamento.

un disoleatore che provvede alla rimozione dalle acque delle sostanze fangose e oleose mediante

l’impiego di una singola vasca. La vasca opera due processi: uno di sedimentazione, preposto alla

separazione ed all’accumulo dei solidi sedimentabili (fango, limo, sabbia ecc…), l’altro di

separazione, preposto alla separazione ed all’accumulo delle sospensioni oleose (oli, idrocarburi,

ecc.). Il disoleatore a servizio dell’impianto di smaltimento è conforme alla norma UNI EN 858-1 ed

è del tipo prefabbricato con NS pari a 3, in calcestruzzo armato a pianta circolare, di diametro

esterno 1,70 m ed altezza 2,10 m per una capacità di 3,50 mc. Il disoleatore è equipaggiato con un

filtro a coalescenza, costituito da un cilindro di altezza 83,80 cm e diametro di base 21,40 cm in

PE-HD e da un elemento filtrante in polipropilene e maglia in acciaio inox, innestato alla condotta di

uscita dal separatore nonché con una valvola a galleggiante (come previsto al punto 6.5.3 della

UNI EN 858-1) per la chiusura automatica in caso di eccesso di olio all’interno dello stesso (capacità

di accumulo dell’olio pari a ca 500 l).

Il tipo di trattamento sopra descritto permette di raggiungere valori delle concentrazioni al di sotto dei

parametri specificati dal D. Lgs. 152/06 e ss mm per scarichi di acque reflue corpo idrico superficiale.

IMPIANTO TRATTAMENTO DELLE ACQUE NERE – L’impianto di ossidazione biologica a servizio della

rete di smaltimento delle acque nere è del tipo a fanghi attivi, in polietilene, adatto a trattare reflui

provenienti da scarichi assimilabili a civili abitazioni. L’azione svolta dall’impianto si compone di:

sedimentazione primaria a mezzo fossa Imhoff, del volume complessivo di 1.130 l;

trattamento biologico, mediante sistema a fanghi attivi, del volume complessivo di 1.950 l, con

capacità di trattamento di n. 14 abitanti equivalenti. Il trattamento avviene per mezzo di un reattore

biologico aerato artificialmente, seguito da un separatore di particelle sedimentabili. Esso

garantisce quello che viene tradizionalmente chiamato trattamento secondario delle acque reflue.

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La degradazione delle sostanze inquinanti avviene tramite la digestione aerobica svolta dai batteri

stessi presenti nei liquami da trattare che si aggregano sotto forma di fiocchi fangosi. Le sostanze

organiche inquinanti vengono quindi condensate all’interno dei fiocchi stessi che, tramite reazioni

enzimatiche (processo ossidativo) vengono trasformate in sostanze più semplici utilizzate dalla

flora batterica per il suo sostentamento ed il suo accrescimento. Durante l’ossidazione biologica si

verifica la nitrificazione, ovvero l’ossidazione delle forme ammoniacali dell’azoto presente nei

liquami in forma di nitrati. Tale ossidazione avviene mediante operazioni biochimiche ad opera dei

batteri chiamati “autotrofi”.

clorazione, a mezzo di sezione di disinfezione finale costituita da apposita vasca di contatto tra

acqua ed ipoclorito di sodio, che permette l’eliminazione dei germi patogeni. L’ipoclorito di

sodio viene immesso da apposito serbatoio da 100 l, mediante pompa a dosaggio proporzionale

dotata di sonda di livello e di un preciso conta litri lancia-impulsi in grado di rilevare la quantità di

acqua richiesta e di provvedere all’opportuno apporto di ipoclorito.

L’impianto è certificato essere in grado di rendere le acque trattate adeguate anche per uno scarico in

corpo idrico superficiale.

Inquinamento acustico

L’area in cui è inserito lo stabilimento in questione è dotata di Piano di Zonizzazione Acustico

Comunale, che attribuisce, per la Zona D Industriale – Piano ASI una CLASSE VI – AREE

ESCLUSIVAMENTE INDUSTRIALI (rientrano in questa classe le aree esclusivamente interessate

da attività industriali e prive di insediamenti abitativi). La classe acustica territoriale, della strada

contrada Pagliarone, zona ove insiste il recettore R2, come da estratto della mappa di

zonizzazione acustica del comune di Acerra (NA), è la classe IV - aree di tipo intensa attività

umana.

La valutazione del clima acustico è stata effettuata sia mediante calcolo matematico previsionale

che mediante rilievi fonometrici con tecnica di campionamento. I dati rilevati sono stati

informatizzati con calcolo previsionale al fine di qualificare e quantificare il clima acustico dell’area

in maniera oggettiva, ovvero rispondente alla situazione nel suo generale, indipendentemente da

imprevisti ed anomalie che possono essere rilevati a seguito del solo svolgimento di misurazioni

fonometriche per quanto svolte in modo scientifico e peculiare. Lo studio è stato, comunque,

integrato con misurazioni fonometriche svolte con tecnica di campionamento e riportate nel

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paragrafo precedente al fine di verificare la corrispondenza della previsione di clima acustico tra la

metodologia “sperimentale” e “di calcolo”. Si è quindi proceduto alla analisi dei risultati della

indagine fonometrica svolta per la determinazione della rumorosità immessa con tecnica di

campionamento nel periodo diurno e notturno.

Dallo studio dell’area circostante l’opificio sito in via Pantano, essendo l’area esclusivamente

industriale e confinante per la maggior parte dei casi con terreni agricoli, si conferma che non

emergono, nell’area prossima allo stabilimento, recettori sensibili come: scuole; ospedali; case di

cura; case di riposo. Tuttavia a seguito di sopralluogo nell’area dove sorgerà l’attività dell’azienda

Zito Recupero plastica srl unipersonale si sono identificati e caratterizzati i recettori posti nelle

vicinanze.

Pertanto si può concludere che i valori di immissione, calcolati in maniera previsionale,

dell’azienda Zito Recupero Plastica srl Unipersonale, sono al di sotto dei limiti imposti dalle attuali

normative in vigore ed in particolare ai limiti imposti dalla normativa comunale. Si ha quindi che il

livello previsionale di pressione sonora in un punto posto al confine di ogni singolo recettore preso

in considerazione, rispetta il limite di immissione diurno e notturno previsto per le aree in esame.

In fase di avviamento dell’impianto, sarà effettuata una rilevazione strumentale dei rumori

effettivamente emessi. Inoltre per limitare al massimo il rumore esterno, saranno previste le

seguenti misure:

- massima attenzione nell’acquisto di macchinari che dovranno lavorare all’esterno, privilegiando

quelli caratterizzati da minori emissioni rumorose e conformi agli obblighi di legge (normativa in

merito alle emissioni sonore delle macchine e impianti destinati a lavorare all’esterno);

- insonorizzazione delle macchine o applicazione di barriere fonoassorbenti nel caso di

superamento dei valori limite;

- realizzazione di barriere fonoassorbenti (preferibilmente arboree) lungo il perimetro dell’impianto

in punti strategici nel caso di superamento dei valori limite.

Si sottolinea che nel momento in cui si presenti una variazione sostanziale delle attività svolte con

l’introduzione di nuove sorgenti di rumore (come ad esempio macchinari, impianti, ecc.), sarà

necessario svolgere una nuova perizia al fine di verificare il mantenimento delle condizioni

riscontrate.

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RAPPORTI DI COERENZA CON GLI STRUMENTI PIANIFICATORI

Di seguito saranno sinteticamente analizzati le relazioni tra il progetto e i principali strumenti della

pianificazione territoriale, urbanistica e di settore (in particolare in materia di gestione dei rifiuti), le

cui prescrizioni e indicazioni interessano direttamente o indirettamente la realizzazione del

progetto.

Dallo studio degli strumenti di pianificazione territoriale, urbanistica e di settore non sono

emersi problemi di coerenza legati all'insediamento dall'attività in oggetto. Si riportano di

seguito gli aspetti di maggiore interesse ai fini del presente studio degli strumenti pianificatori che

regolano le trasformazioni urbane e territoriali (PTR, PSAI, PTCP, PRG e PUC) e garantiscono la

salvaguardia ambientale (Piano di Risanamento della Qualità dell’Aria, Piano Regionale di

Bonifica, PRGRU, PRGRS).

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LOCALIZZAZIONE DEL PROGETTO

Inquadramento con il P.R.G. e P.U.C. del Comune di ACERRA (NA)

La società in questione intende delocalizzare la propria attività nello stabilimento industriale “ex

Parteno Group S.r.l.” ubicato in Via Pantano (Zona Industriale ASI) – 80011 Acerra (NA) ed

individuato al catasto al Foglio 7 - Particella 821 - Sub 1 - categoria catastale D/1. L’area di

sedime dell’insediamento ai sensi del vigente PRG ricade in Zona D Industriale – Piano ASI e

dell’adottato PUC in Zona D5 – Comparti produttivi ASI, ed è libera da ulteriori vincoli

sovracomunali. L’area oggetto di studio non è soggetta a vincoli archeologici e paesaggistici. Il

contesto in cui si inserisce l’intervento in oggetto è caratterizzato dalla presenza di numerosi

capannoni e attività industriali. Il contesto di inserimento è a forte vocazione industriale ed è dotato

di tutte le infrastrutture necessarie allo svolgimento dell’attività (allaccio alla rete idrica, rete

elettrica, rete fognaria). La zona, permette il transito dei mezzi pesanti attraverso ampie

infrastrutture viarie. STRALCIO ORTOFOTOGRAMMETRICO

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STRALCIO CATASTALE FOGLIO 7 – PARTICELLA 821

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LEGENDA PRG COMUNE DI ACERRA

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STRALCIO PRG – ZONA INDUSTRIALE PIANO ASI

= Area d’interesse nel Comune di Acerra (NA) Via Pantano al Foglio 7 – Particella 821

(Zona D Industriale – PIANO ASI)

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Per quanto concerne la REGOLARITA’ URBANISTICA, l’insediamento industriale in oggetto, sito

in Acerra (Na) alla via Pantano all’interno dell’area di competenza del Consorzio ASI di Napoli, è

stato realizzato con permesso di costruire n. 66/A/06 del 16/01/2007 e Decreto ASI n. 39 del

08/02/2006 rilasciati a favore della Parteno Group Srl.

Con DIA prot. n. 21024 del 05/05/2010 è stata presentata una variante, in sanatoria, al permesso

di costruire del 2007 e con Decreto n. 41 del 19/03/2013 il Consorzio ASI di Napoli ha concesso il

richiesto nulla osta.

In data 10/08/2010 con nota prot. n. 33532 è stato quindi rilasciato dal Comune di Acerra (Na)

regolare certificato di agibilità attestante, tra l’altro, la conformità dell’edificato ai progetti approvati.

In data 24/07/2018, giusto atto di “Compravendita di immobile” registrato presso l’Agenzia delle

Entrate di Casoria con n. 2803/1T, la Zito Recupero Plastica Srl ha acquisito la proprietà

dell’insediamento in oggetto e, con SCIA prot. n. 69864 del 10/11/2018, ha notificato la esecuzione

di interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria, ai sensi del DPR n. 380/2001 e della

Circolare del Ministero dei Lavori Pubblici n. 1918 del 16/11/1977, finalizzati ad incrementare la

fruibilità dell’edificato, senza aumento di consistenza, volumetria e destinazione d’uso. I detti lavori

sono stati ritualmente notificati anche presso gli uffici del Consorzio ASI di Napoli con trasmissione

postale del 06/11/2018.

Il Comune di Acerra ha rilasciato NULLA OSTA prot. n.61949 del 04/10/2018 all’insediamento

industriale della ZITO RECUPERO PLASTICA SRL nello stabilimento industriale ex Parteno Group

S.r.l. ubicato in Via Pantano (Zona Industriale ASI) – 80011 Acerra (NA), in cui si precisa che la

Ditta in questione dovrà cessare la propria attività nello stabilimento di Via Volturno prima di

rendere operativa la nuova sede in zona Industriale ASI, stabilimento ex Parteno Group S.r.l.

Il Consorzio ASI di Napoli con Decreto Dirigenziale n.69 del 12/10/2018 ha rilasciato

l’autorizzazione all’insediamento industriale della ZITO RECUPERO PLASTICA SRL nello

stabilimento industriale ex Parteno Group S.r.l. ubicato in Via Pantano (Zona Industriale ASI) –

80011 Acerra (NA).

Successivamente con Decreto Dirigenziale n.21 del 15/03/2019 il Consorzio ASI ha assentito i

lavori di manutenzione ordinaria e straordinaria finalizzati ad incrementare la fruibilità dell’edificato,

senza aumento di consistenza, volumetria e destinazione d’uso.

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Ed infine, il Consorzio ASI con Decreto Dirigenziale n.06 del 14/01/2020 ha rilasciato NULLA

OSTA al progetto di manutenzione ordinaria e straordinaria dello stabilimento in questione ed in

particolare per la sistemazione dell’area esterna da adibire per il conferimento e messa in riserva

di rifiuti plastici, attraverso:

- l’installazione di due tunnel retrattili in PVC affiancati (tendostruttura), di dimensioni 30m x 15m x

h 10m, a protezione dei cumuli dagli agenti atmosferici;

- la posa di pareti autostabili in cav, di dimensioni modulari 1,20m x 2,50m x h 2,50m, per la

compartimentazione dei cumuli di diversa tipologia;

- la realizzazione di un sistema statico di raccolta delle eventuali acque di percolazione provenienti

dallo stoccaggio in cumuli dei rifiuti nel piazzale esterno.

In base allo strumento di pianificazione urbanistica P.R.G. e P.U.C. del Comune di ACERRA

(NA) si attesta che l’impianto in oggetto è collocato in area idonea allo svolgimento

dell’attività.

VINCOLI

L’area oggetto di studio non è interessata da Siti di Interesse Comunitario (SIC), né da Zone di

Protezione Speciale (ZPS).

L’area oggetto di studio non ricade in aree naturali protette.

L’area oggetto di studio non è soggetta a vincoli idrogeologici e paesaggistici.

L’area si colloca all’interno di una zona dove non vi è presenza di beni storici, artistici,

archeologici e paleontologici.

Per cui si può concludere che il quadro vincolistico per l’area oggetto di studio è

praticamente nullo.

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Inquadramento con il Piano Stralcio per l’Assetto Idrogeologico

Il Comune di Acerra rientra nell’ambito territoriale di competenza dell’AUTORITA' DI BACINO

DISTRETTUALE DELL'APPENNINO MERIDIONALE (EX AUTORITA' DI BACINO DELLA

CAMPANIA CENTRALE).

Il PSAI rappresenta lo strumento per la pianificazione e la programmazione delle azioni e delle

norme d’uso del territorio legate all’assetto idrogeologico del bacino idrografico. Il piano persegue

l’obiettivo di garantire sul territorio del bacino un livello di sicurezza adeguato rispetto ai fenomeni

di dissesto idrogeologico e contiene la perimetrazione e la classificazione delle aree a rischio

idrogeologico e di quelle da sottoporre a misure di salvaguardia. Nello specifico, il piano individua

e classifica sia le aree soggette a rischio idraulico (cioè a fenomeni da allagamento per

esondazione) che quelle sottoposte a rischio frana (cioè a quei fenomeni di crisi idraulica da

alluvionamento che danno luogo ad un trasporto sia liquido che solido).

Dalla consultazione del Piano Stralcio per l’Assetto Idrogeologico, vista la morfologia sub

pianeggiante dell’area in questione, l’AUTORITA' DI BACINO DISTRETTUALE DELL'APPENNINO

MERIDIONALE (EX AUTORITA' DI BACINO DELLA CAMPANIA CENTRALE) non ha redatto

alcuna cartografia relativa alla pericolosità e rischi da frana, ma esclusivamente la cartografia

relativa al rischio e alla pericolosità idraulica, dalle quali si evince che l’area in esame non rientra

nella perimetrazione delle aree a rischio e pericolosità idraulica.

(SEGUE INQUADRAMENTO CARTOGRAFICO DELL’AREA IN QUESTIONE)

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STRALCIO CARTA DEL RISCHIO IDRAULICO

AUTORITA’ DI BACINO DISTRETTUALE DELL’APPENNINO MERIDIONALE

= Area d’interesse nel Comune di Acerra (NA) Via Pantano al Foglio 7 – Particella 821

(Zona D Industriale – PIANO ASI), classificata ESENTE da rischio idraulico.

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STRALCIO CARTA PERICOLOSITA’ IDRAULICA

AUTORITA’ DI BACINO DISTRETTUALE DELL’APPENNINO MERIDIONALE

= Area d’interesse nel Comune di Acerra (NA) Via Pantano al Foglio 7 – Particella 821

(Zona D Industriale – PIANO ASI), classificata ESENTE da pericolosità idraulica.

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Alla luce dei dati geologici, geomorfologici, idrologici ed idrogeologici, in parte acquisiti

dalla bibliografia ed in parte rilevati in campagna, si può asserire che, attualmente, l’area di

interesse progettuale ubicata nel Comune di Acerra (NA) Via Pantano al Foglio 7 – Particella

821 (Zona D Industriale – PIANO ASI), non presenta alcun segno di dissesto in atto e/o

pregresso. Per il sito d’interesse, l’AUTORITA' DI BACINO DISTRETTUALE

DELL'APPENNINO MERIDIONALE (EX AUTORITA' DI BACINO DELLA CAMPANIA

CENTRALE), vista la morfologia sub pianeggiante dell’area in questione, non ha redatto

alcuna cartografia relativa alla pericolosità e rischi da frana, ma esclusivamente la

cartografia relativa al rischio e alla pericolosità idraulica, dalle quali si evince che l’area in

esame non rientra nella perimetrazione delle aree a rischio e pericolosità idraulica. Nell’area

medesima non sono presenti particolari morfologie che possano rappresentare fattori di

turbativa del più generale quadro geostatico, per cui le condizioni generali di stabilità sono

garantite.

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Inquadramento con il Piano di Risanamento della Qualità dell’Aria

Il Piano di Risanamento della Qualità dell’Aria in Regione Campania è stato elaborato applicando e

sviluppando le indicazioni della legislazione nazionale al fine di:

ottemperare al D.Lgs. 351 del 4 agosto 1999 ed al D.M. 60 del 2 aprile 2002, per l’elaborazione di

piani o di programmi di miglioramento della qualità dell’aria nelle zone e negli agglomerati in cui i

livelli di uno o più inquinanti (ossidi di zolfo, ossidi di azoto, particelle sospese con diametro inferiore

a 10 μm) superano il valore limite aumentato del margine di tolleranza oppure, i livelli di uno o più

inquinanti sono compresi tra il valore limite ed il valore limite aumentato del margine di tolleranza

così come stabilito dall’articolo 8 del decreto;

ottemperare al D.Lgs. 4 agosto 1999, n. 351 per l’elaborazione di piani di mantenimento della qualità

dell’aria, nelle zone e negli agglomerati in cui i livelli degli inquinanti sono inferiori ai valori limite e tali

da non comportare il rischio di superamento degli stessi, al fine di conservare i livelli degli inquinanti

al di sotto dei valori limite così come stabilito dall’articolo 9 del D.Lgs. 351/99;

rappresentare un piano integrato per tutti gli inquinanti normati;

poter essere integrato ogni qualvolta la legislazione prescrive di prendere in considerazione nuovi

inquinanti;

anticipare le misure di piano dovute nel prossimo futuro per monossido di carbonio e benzene ai

sensi dei suddetti decreti;

migliorare la qualità dell’aria relativamente alle nuove problematiche emergenti quali produzione di

ozono troposferico (in vista delle scadenze fissate dal recente D.Lgs. 183 del 21 maggio 2004),

emissioni di idrocarburi policiclici aromatici ed altri composti organici volatili;

conseguire un miglioramento con riferimento alle problematiche globali quali la produzione di gas

serra.

Come previsto dalla legislazione vigente, la fase cruciale del processo di definizione del piano è la

fase valutativa e, per gli inquinanti per cui è prescritta, la suddivisione del territorio regionale in

zone.

L’analisi conoscitiva condotta dal piano fa rilevare come a livello globale regionale:

la qualità dell'aria nelle aree urbane è in miglioramento con riferimento ai seguenti inquinanti primari

principali: biossido di zolfo, monossido di carbonio; tutti i limiti legislativi esistenti sono rispettati;

la qualità dell'aria con riferimento al biossido di azoto nelle aree urbane è fortemente critica e non

presenta segnali rilevanti di miglioramento; la valutazione dell’evoluzione delle emissioni fa

prevedere, a fronte di un ulteriore residuo miglioramento delle emissioni dai veicoli su strada, gli

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effetti peggiorativi dell’incremento della mobilità privata e delle politiche di riequilibrio del deficit

regionale di produzione di energia elettrica contenuto negli atti di pianificazione regionale; tale

evoluzione va mitigata con opportune misure di piano, anche in funzione del contributo della

Campania al raggiungimento degli obiettivi nazionali sui tetti di emissione; va infine sottolineato

come la riduzione delle emissioni di questo inquinante sia un forte elemento per il miglioramento

della qualità dell’aria con riferimento all’ozono;

con riferimento alle particelle sospese con diametro inferiore ai 10 μm (PM10), il monitoraggio rileva

una situazione critica; le emissioni, provenienti principalmente dal traffico su strada e dalle altre

sorgenti mobili con contributi significativi dalla combustione della legna e dalla combustione

industriale, pur in miglioramento non garantiscono il rientro nei limiti senza opportune misure di

risanamento; opportune misure sulle sorgenti mobili e sulle emissioni industriali, nonché politiche di

incentivo al rinnovamento tecnologico nel settore della combustione della legna, sono necessarie

nelle aree di risanamento;

con riferimento al Benzene l’analisi delle concentrazioni rilevate mostra una situazione da tenere

ancora sotto controllo per il rispetto del limite sulla media annuale; l’effetto congiunto dei

miglioramenti previsti nelle emissioni da traffico autoveicolare (sorgente quasi esclusiva

dell’inquinamento) non garantiscono il rientro nei nuovi limiti previsti dalla legislazione comunitaria;

opportune misure sul traffico sono necessarie nelle aree di risanamento;

la qualità dell'aria con riferimento allo smog fotochimico (produzione di ozono influenzata dagli ossidi

di azoto e dai composti organici volatili) è critica sia nelle aree urbane sia nelle aree suburbane e

rurali (anche con riferimento alla nuova normativa comunitaria e nazionale); l'evoluzione naturale

delle emissioni (provenienti quasi esclusivamente dal traffico su strada e dalle altre sorgenti mobili)

non garantisce un miglioramento generalizzato dell'inquinamento fotochimico e può in alcune

situazioni portare ad un aumento del livello di ozono a causa del diminuito effetto limitatore del

monossido di azoto;

con riferimento alle emissioni industriali ed agli inquinanti primari principali risulta cruciale intervenire

mediante l’applicazione delle migliori tecnologie disponibili previste dalla nuova legislazione (direttiva

IPPC);

il rispetto degli impegni di Kyoto necessita di un forte impegno verso la riduzione delle emissioni di

anidride carbonica.

La valutazione della qualità dell’aria a scala locale su tutto il territorio regionale, e la successiva

zonizzazione, è stata effettuata basandosi in primo luogo sui risultati del monitoraggio della qualità

dell’aria ed integrando questi ultimi con una metodologia innovativa che sulla base di elaborazioni

statistiche e modellistiche porta ad una stima delle concentrazioni di inquinanti dell’aria su tutto il

territorio della regione.

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Ai sensi degli articoli 4 e 5 del D.Lgs. 351 del 4 agosto 1999 la valutazione è stata svolta

relativamente ai seguenti inquinanti: ossidi di zolfo, ossidi di azoto, particelle sospese con diametro

inferiore ai 10 μm, monossido di carbonio e benzene.

Sulla base dei dati raccolti, quindi, a seconda delle concentrazioni di inquinanti, del superamento

dei “valori limite” e delle “soglie di allarme”, è stato possibile definire relativamente alla qualità

dell’aria una Zonizzazione dell’intero territorio regionale che ha evidenziato “aree di risanamento”

in cui più inquinanti superano o rischiano di superare il valore limite e le soglie di allarme e “aree di

mantenimento della qualità dell’aria” in cui i livelli degli inquinanti sono inferiori ai valori limite e tali

da non comportare il superamento degli stessi.

Il territorio della Campania è stato classificato in funzione delle seguenti categorie di zone:

a) Zone di risanamento: le zone in cui i livelli di uno o più inquinanti eccedono il “valore limite

aumentato del margine di tolleranza”;

b) Zone di osservazione: le zone in cui i livelli di uno o più inquinanti sono compresi tra il “valore

limite” e il “valore limite aumentato del margine di tolleranza”;

c) Zone di mantenimento: le zone in cui i livelli degli inquinanti sono tutte al di sotto del “valore

limite” e, pertanto, non comportano il rischio di superamento degli stessi.

Le risultanze dell’attività di classificazione del territorio regionale, ai fini della gestione della qualità

dell’aria ambiente, definite come aggregazioni di comuni con caratteristiche il più possibile

omogenee, sono le seguenti:

IT0601 Zona di risanamento - Area Napoli e Caserta;

IT0602 Zona di risanamento - Area salernitana;

IT0603 Zona di risanamento - Area avellinese;

IT0604 Zona di risanamento - Area beneventana;

IT0605 Zona di osservazione;

IT0606 Zona di mantenimento.

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TAVOLA - Zonizzazione del Piano Regionale di Risanamento e Mantenimento della Qualità dell’Aria

Per il territorio del comune di ACERRA compreso nella Zona di risanamento IT0601 - Area

Napoli e Caserta, l’inquinante per cui viene superato il “valore limite aumentato del margine

di tolleranza” è esclusivamente il biossido di azoto NO2. Considerando il ciclo produttivo, le

emissioni significative dell’attività in questione provengono esclusivamente dalla fase di

triturazione e macinazione dove è stato previsto un impianto di aspirazione e filtrazione

mediante un depolveratore a ciclone con l’aggiunta di un filtro autopulente a maniche

antistatiche per il trattamento delle POLVERI. Per cui considerando la natura dell’inquinanti

emessi (POLVERI), i livelli emissivi e l’applicazione delle migliori tecnologie disponibili

previste dalla nuova legislazione (direttiva IPPC), si può ritenere del tutto trascurabile

l’impatto sulla componente atmosfera in relazione al Piano di Risanamento della Qualità

dell’Aria in Regione Campania.

ACERRA

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Inquadramento con il Piano di Gestione Rifiuti in Campania

Nel luglio 1997 è entrato in vigore il Piano regionale per lo smaltimento dei rifiuti in Campania,

con l’obiettivo di fornire le linee guida per la gestione integrata dei rifiuti nella regione. Le scelte

strategiche operate dal Piano furono:

− l’incentivazione della raccolta differenziata delle frazioni recuperabili;

− la selezione dei rifiuti indifferenziati e il successivo recupero energetico delle frazioni

combustibili;

− la selezione dei rifiuti indifferenziati e la stabilizzazione delle frazioni umide;

− lo smaltimento in discariche dedicate dei materiali non utilizzabili.

− riutilizzo e valorizzazione dei rifiuti sotto forma di materia ed energia, anche attraverso

l’incremento della raccolta differenziata;

− smaltimento in condizioni di sicurezza dei soli rifiuti che non hanno altra possibilità di recupero o

trattamento.

Anche il Por Fers 2007-2013 si è allineato a questa strategia, recependone gli indirizzi

programmatici. In particolare, il POR articola le scelte strategiche in Assi prioritari e obiettivi

specifici di intervento, tra cui l’Asse 1 “Sostenibilità ambientale e attrattività culturale e turistica” che

persegue il connubio tra la tutela ambientale e la crescita economica legata dallo sviluppo di

attività turistiche e culturali, in un’ottica di sostenibilità e di consolidamento degli interventi fin qui

realizzati per il governo complessivo del territorio.

Tra gli obiettivi Specifici dell’Asse 1, vi è quello del risanamento ambientale, da perseguire

“potenziando l’azione di bonifica dei siti inquinati, migliorando la qualità dell’aria e delle acque,

promuovendo la gestione integrata del ciclo dei rifiuti”, attraverso la definizione di quattro obiettivi

operativi, tra cui la “gestione integrata del ciclo dei rifiuti, volta a completare, in ogni sua parte, la

filiera della gestione integrata del ciclo dei rifiuti urbani e promuovere le gestione eco-compatibile

dei rifiuti industriali.

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La strategia adottata nel piano per lo smaltimento dei rifiuti urbani è stata poi ripresa nel

Programma Operativo Regionale 2000/2006 della Regione Campania che, in relazione alla

gestione dei rifiuti, ha individuato gli aspetti con cui la pianificazione strategica e di settore

dovranno misurarsi:

− riduzione della produzione e soprattutto della pericolosità dei rifiuti.

Infine, in seguito alle ben note vicende legate alla gestione dei rifiuti in Campania, al fine di

risolvere in maniera strutturale la fase di emergenza che ha caratterizzato questo settore per lungo

tempo, nel primi mesi del 2011, la Giunta regionale della Campania ha adottato il Piano

Regionale di Gestione dei Rifiuti Speciali – PRGRS (deliberazione n. 212 del 24/05/2011 e

successiva Delibera della Giunta Regionale n. 199 del 27.04.2012) e il Piano Regionale di

Gestione dei Rifiuti Urbani – PRGRU (deliberazione n. 265 del 14/06/2011, Delibera della Giunta

Regionale n. 8 del 23/01/2012 e Delibera della Giunta Regionale n. 685 del 06/12/2016 quale

ADOZIONE DELL'AGGIORNAMENTO DEL PIANO REGIONALE PER LA GESTIONE DEI

RIFIUTI URBANI (PRGRU) AI SENSI DEI COMMI 2 E 6 DELL'ART. 15 DELLA LEGGE

REGIONALE 14/2016).

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Il Piano Regionale di Gestione dei Rifiuti Urbani – PRGRU, ha l’obiettivo primario di definire la

linee programmatiche per la pianificazione ed attuazione delle soluzioni gestionali ed impiantistiche

da realizzare al fine di risolvere in maniera strutturale la fase di “emergenza rifiuti” che caratterizza

questo settore nella regione Campania.

Il PRGRU, utilizzando dati ufficiali sulla produzione e composizione dei rifiuti urbani in Campania nonché

informazioni sull’impiantistica attualmente disponibile, è stato sviluppato per:

e di rifiuti e

della raccolta differenziata;

varie tipologie di trattamento (meccanico-biologico, termovalorizzazione per combustione diretta o indiretta,

digestione anaerobica, ecc.);

materie recuperabili dalle filiere del riciclo e l’entità del recupero energetico conseguibile attraverso i processi

termici e biologici;

programmate, fonti di finanziamento, gestori, stime dei costi di investimento e di gestione;

anni sul territorio regionale; definire i criteri per l’analisi delle problematiche di localizzazione, in piena

sintonia con quanto già definito per il Piano Regionale di Gestione dei Rifiuti Speciali (attualmente in fase di

adozione).

Sulla base di quanto sopra riportato, si sono assunti i seguenti obiettivi generali come base per lo sviluppo di

una strategia di una gestione sostenibile del ciclo dei rifiuti:

1. minimizzazione dell’impatto del ciclo dei rifiuti, a protezione della salute umana e dell’ambiente;

2. conservazione di risorse, quali materiali, energia e spazi;

3. gestione dei rifiuti “after-care-free”, cioè tale che né il conferimento a discarica né i trattamenti biologici e

termici né il riciclo comportino problemi da risolvere per le future generazioni;

a cui vanno aggiunti:

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4. raggiungimento dell’autosufficienza regionale nella gestione dei rifiuti urbani;

5. trattamento in sicurezza ed in tempi ragionevoli dei rifiuti stoccati da anni sul territorio regionale;

6. raggiungimento della sostenibilità economica del ciclo dei rifiuti.

Le concrete politiche di riduzione dei rifiuti, la corretta raccolta, l’adeguato recupero di materia e di energia

nel rispetto dei tre obiettivi generali sopra richiamati, l’appropriato smaltimento dei rifiuti, soprattutto di quelli

pericolosi, devono finalmente divenire la priorità assoluta del sistema di gestione integrata ed eco-efficiente

dei rifiuti urbani e speciali da realizzare sul territorio regionale.

La raccolta differenziata è assunta come la base indispensabile di tutto il sistema di gestione dei rifiuti in

Campania, per due ragioni fondamentali:

1. Consente una riduzione dei conferimenti a discarica, purché sia fatta a livelli qualitativi e quantitativi

elevati;

2. Prepara il rifiuto domestico a tutte le successive fasi di trattamento, e quindi a:

a. la filiera del riciclo, per la frazione secca riciclabile (carta, vetro, plastica, alluminio, metalli, legno);

b. i trattamenti biologici, in particolare quelli di digestione anaerobica, per la frazione organica umida;

c. i trattamenti termici, per il rifiuto indifferenziato non riciclabile residuale alla raccolta differenziata (RUR) e

per gli scarti delle filiere del riciclo;

consentendo di inviare a discarica solo i quantitativi minimi tecnici di rifiuti stabilizzati, in linea con i più

moderni criteri di gestione dei rifiuti.

La minimizzazione dell'uso della discarica è un obbligo per la tutela del territorio e della salute dei cittadini

campani. In Paesi ad alto livello di sensibilità ecologica (Danimarca, Olanda, Svizzera, ecc.) si è già fatta

una scelta simile con risultati eccellenti per la salute dei cittadini e per l'ambiente, puntando, ad es., anche su

incentivi per la minimizzazione del rifiuto da portare a discarica. Lo scenario di Piano dovrà garantire che

vadano in discarica solo rifiuti residuali da altre operazioni di trattamento, quelle delle filiere del riciclo, dei

trattamenti biologici e termici.

L’analisi della dotazione impiantistica già esistente sul territorio regionale conferma quanto evidenziato dalle

emergenze che si sono succedute in questi ultimi 14 anni: l’attuale sistema di gestione non è sostenibile

perché manca di parti fondamentali che lo completino ed è comunque carente anche nelle parti presenti.

In particolare:

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tà rispetto agli anni passati, sottrae

ancora alla gestione dell’indifferenziato una parte non sufficientemente elevata della produzione complessiva

di rifiuti;

a differenziata, è

fortemente insufficiente, anche in considerazione dell’enorme ammontare di “rifiuti storici” stoccati da molti

anni in siti che costano alla comunità cifre considerevoli per la locazione e la vigilanza e, soprattutto, per il

trattamento del percolato;

penalizzare i Comuni che realizzano alte percentuali di raccolta differenziata della frazione organica. Non

trovando impianti di trattamento in loco, essi sono spesso costretti ad inviarli fuori regione a costi elevati.

La corretta implementazione della raccolta differenziata in un sistema di gestione integrata dei rifiuti si basa

sull’assunto che la raccolta differenziata abbia questi principali obiettivi:

a. separare alla “fonte” i rifiuti pericolosi di origine domestica, quali RAEE (rifiuti di apparecchiature elettriche

& elettroniche), toner, pile & batterie, neon, farmaci scaduti, evitando che questi rifiuti inquinino sia la

frazione umida organica che quella secca residuale;

b. separare alla “fonte” la frazione umida organica dal rifiuto di partenza, onde evitare la contaminazione che

invece avviene inevitabilmente negli impianti di separazione meccanica per trito-vagliatura che di fatto rende

spesso tale frazione non adatta ai trattamenti biologici;

c. separare la frazione secca riciclabile (vetro, carta e cartone, legno, plastiche, metalli e alluminio), per

avviarla a riciclo;

d. ottenere una frazione residuale (RUR) priva di materiali pericolosi e sostanzialmente priva di umido e con

limitata presenza di inerti. Questa frazione di rifiuti “residuale” alla raccolta differenziata ha caratteristiche

vicine al CDR ossia è inviabile a termovalorizzazione con buona efficienza energetica e, soprattutto, con

produzioni di ceneri inferiori a quelle ottenibili con un rifiuto tal quale.

La componente umida del rifiuto solido urbano costituisce una rilevante frazione in massa ed è

efficientemente raccoglibile a livello domiciliare tramite metodi che prevedano, al minimo, la separazione

secco-umido preliminarmente al conferimento al servizio di nettezza urbana.

Non è comunque possibile, come per ogni altra frazione merceologica, la separazione totale: ciò determina

una presenza non trascurabile di frazione umida nel rifiuto residuale indifferenziato (RUR).

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La frazione organica umida ottenuta da raccolta differenziata deve essere trattata in impianti idonei a

garantirne la stabilizzazione tramite processi generalmente biologici.

Tali impianti, pur nella loro relativa semplicità tecnologica, hanno bisogno di un tempo di progettazione,

installazione e collaudo di circa 18/24 mesi. Ciò implica che nello scenario di Piano l’andata a regime della

raccolta differenziata su scala regionale e la reale possibilità di trattare la frazione organica umida in impianti

regionali potrebbero avere tempistiche differenti.

Si delinea pertanto la seguente situazione:

impianti biologici aerobici ed anaerobici già in costruzione in Campania;

tramite trito vagliatura del rifiuto

residuale e successiva stabilizzazione all’interno dei medesimi impianti;

una frazione di umido da raccolta differenziata viene inviata ad impianti biologici aerobici ed anaerobici

installati fuori dalla Campania, e rappresenta quindi la potenzialità impiantistica da saturare.

A partire da fine 2015, in linea con quanto previsto dal cronoprogramma di realizzazione degli impianti per il

trattamento dei rifiuti urbani della Regione Campania, gli STIR non tratteranno più il rifiuto residuale,

separando da esso la frazione umida non intercettata dalla raccolta differenziata, in quanto la percentuale di

quest’ultima non supererà il 14% (potendo scendere anche sotto il 10%) rendendo di fatto inattivabile

qualsiasi processo di stabilizzazione e quindi inutile, inefficiente ed antieconomico operare tale separazione.

La progressione temporale del destino della frazione umida prodotta in Campania dal 2011 al 2015

evidenzia che:

egione aumenta con gli anni grazie alla costruzione degli

impianti di compostaggio e digestione anaerobica già funzionanti o in avanzata fase di costruzione;

mento

della raccolta differenziata fino ad essere posta a zero quando, ultimata la costruzione dei termovalorizzatori

progettati per alimentare il tal quale, non vi sarà più bisogno di operare tale separazione meccanica;

circa 440.000t/anno, per larga parte, ottenibile convertendo gli attuali

impianti STIR.

Va altresì precisato che le singole Province, attraverso i propri Piani Provinciali di Gestione e i Piani

Industriali delle relative società provinciali, hanno previsto altri impianti di trattamento biologico che non sono

stati tutti inclusi, trovandosi il processo di pianificazione spesso in uno stato ancora preliminare o non

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definitivo. Gli impianti inseriti sono quindi solo quelli il cui avviamento è già programmato. Ciò implica che,

qualora la pianificazione provinciale rendesse possibile la costruzione di altri impianti di tal genere, si

dovrebbe detrarre la relativa potenzialità aggiuntiva a quella che è previsto di recuperare dal revamping degli

STIR.

Un aspetto fondamentale nel piano riveste il tema della prevenzione, vale a dire la riduzione della

produzione di rifiuti. In tal senso, il piano fa proprie le misure contenute nell’Allegato IV della Direttiva

98/2008/CE “Esempi di misure di prevenzione dei rifiuti” all’art.29 (misure che possono incidere sulle

condizioni generali relative alla produzione dei rifiuti, misure che possono incidere sulla fase di

progettazione, produzione e distribuzione, e misure che possono incidere sulla fase del consumo e

dell’utilizzo), indicandole come azioni obbligatorie per la sua attuazione. È previsto, inoltre, che entro un

anno dalla sua adozione siano sviluppati piani attuativi ed operativi di raccordo al fine di definire un vero e

proprio Piano di azione per la riduzione dei rifiuti.

Il PRGRU inoltre detta le linee guida per una corretta raccolta differenziata in un sistema di gestione

integrata dei rifiuti (ponendo come prioritario e irrinunciabile l’obiettivo del 50% di raccolta differenziata,

rispettando il limite imposto dalla L.123/ 08 per dicembre 2011), definisce la dotazione impiantistica

necessaria a valle di un’analisi degli scenari di gestione, costruiti sulla base delle condizioni al contorno (tipo

e quantità di rifiuto attualmente prodotto, logistica della raccolta, impiantistica di trattamento esistente,

discariche attualmente disponibili). I risultati dell’analisi fanno propendere verso un sistema di gestione dei

rifiuti caratterizzato da un livello di raccolta differenziata sensibilmente più alto dell’attuale e dall’introduzione

della termovalorizzazione e di trattamenti biologici avanzati.

In seguito alla definizione della dotazione impiantistica e in relazione alle scelte tecnologiche e di processo, il

piano prosegue con l’individuazione di criteri per la localizzazione degli impianti necessari a completare il

ciclo integrato dei rifiuti. Per ciascuna delle tipologie di impianto considerate, il piano ha infatti individuato

“vincoli assoluti” che implicano l’esclusione di determinate aree della Regione nelle quali non sarà possibile

localizzare gli impianti necessari, e “raccomandazioni”, intese come ulteriori criteri da prendere in

considerazione in tutte le fasi localizzative dell’impiantistica necessaria.

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Criteri di localizzazione degli impianti secondo il PRGRU

Per quanto attiene l’ubicazione degli impianti di trattamento meccanico, chimico, fisico e biologico

dei rifiuti il PRGRU indica che i siti idonei alla localizzazione non devono ricadere in:

V-01: aree a Rischio R3 ed R4 nonché a Pericolosità P3 e P4;

V-02: Siti di Interesse Comunitario, Zone Speciali di Conservazione nonché Zone di Protezione

Speciale;

V-03: zone di tutela assoluta delle opere di captazione di risorse idriche per uso idropotabile; zone di

rispetto e di protezione dei corpi idrici sotterranei;

V-04: aree tutelate per legge dal Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio D.Lgs. 42/2004 e s.m.i. e,

segnatamente, devono essere considerati i vincoli V-04a, V-04b, V-04c, V-04d, V-04f, V-04g, V-04h,

V-04i, V-04l, V-04m;

V-04a: i territori costieri compresi in una fascia della profondità di 300 metri dalla linea di battigia,

anche per i terreni elevati sul mare;

V-04b: i territori contermini ai laghi compresi in una fascia della profondità di 300 metri dalla linea di

battigia, anche per i territori elevati sui laghi;

V-04c: i fiumi, i torrenti, i corsi d'acqua iscritti negli elenchi previsti dal testo unico delle disposizioni di

legge sulle acque ed impianti elettrici, approvato con regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, e le

relative sponde o piedi degli argini per una fascia di 150 metri ciascuna;

V-04d: le montagne per la parte eccedente 1.600 metri sul livello del mare per la catena alpina e

1.200 metri sul livello del mare per la catena appenninica e per le isole;

V-04f: i parchi e le riserve nazionali o regionali, nonché i territori di protezione esterna dei parchi;

V-04g: i territori coperti da foreste e da boschi, ancorché percorsi o danneggiati dal fuoco, e quelli

sottoposti a vincolo di rimboschimento, come definiti dall'articolo 2, commi 2 e 6, del decreto

legislativo 18 maggio 2001, n. 227;

V-04h: le aree assegnate alle università agrarie e le zone gravate da usi civici;

V-04i: le zone umide incluse nell'elenco previsto dal D.P.R. 13 marzo 1976, n. 448;

V-04l: i vulcani;

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V-04m: le zone di interesse archeologico.

V-06: aree naturali protette di cui alla Legge quadro sulle aree naturali protette 394/91;

V-08(a e c): faglie e aree soggette ad attività vulcanica; escluse le aree a rischio sismico di prima

categoria (V-08b);

V-09: doline, inghiottitoi e altre forme di carsismo superficiale;

V-11: aree soggette ad attività idrotermale;

V-12: aree soggette a rischio di inondazione per portate al colmo di piena con tempi di ritorno

inferiori a duecento anni;

V-14: aree di elevato pregio agricolo, con le avvertenze di interpretazione e le limitazioni di

applicazione del vincolo sopra riportate;

V-15: applicazione delle misure di breve, medio e lungo termine previste nel Piano Regionale di

Risanamento e Mantenimento della Qualità dell’Aria.

Il sito interessato dal presente Studio e localizzato in un’area industriale ASI, NON ricade in

nessuna delle aree sopradescritte, per cui l’area in oggetto non è sottoposta ad alcun tipo

di vincolo che determini esclusione.

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Il Piano Regionale di Gestione dei Rifiuti Speciali – PRGRS (di seguito Piano) è uno degli

strumenti previsti dalla Direttiva 91/156/CEE, ora sostituita dalla Direttiva 2006/12/CE, finalizzati a

tutelare la salute e l’ambiente dagli effetti nocivi della raccolta, del trasporto, del trattamento, dello

smaltimento di rifiuti e a preservare le risorse naturali. Con la predisposizione del Piano la Regione

Campania vuole dare completezza alla richiesta normativa del D.Lgs. 152/2006 e smi di

recepimento della normativa europea.

In coerenza con le sue finalità il Piano individua misure di pianificazione:

per garantire, in particolare, che la gestione dei rifiuti speciali si svolga nel rispetto dei principi di

prevenzione, precauzione, responsabilità, e del “chi inquina paga” (art. 178),

per disciplinare la conclusione di accordi di programma finalizzati ad attuare gli obiettivi della parte IV

del D.Lgs. n.152 del 2006 (art. 178, c. 4)

per favorire la prevenzione della produzione (artt. 179, 180, e c.2 dell’art.199) e il recupero (art. 181)

dei rifiuti speciali.

I contenuti minimi essenziali del Piano sono quelli individuati espressamente dall’art.7, della Direttiva

91/156/CE, richiamato, e per i rifiuti pericolosi, dall’art. 6 della Direttiva 91/689/CEE. Il Piano di gestione

integrata e coordinata dei Rifiuti Speciali della Regione Campania è stato predisposto anche in

ottemperanza a quanto previsto dalla L.R. 4/2007 e smi, norma attraverso la quale la Regione ha ridefinito il

quadro normativo regionale in materia di rifiuti. Il Piano non è solo uno strumento settoriale finalizzato alla

gestione di un problema ambientale, è soprattutto un programma di politiche integrate che guarda allo

sviluppo economico e sociale dell’intera regione. Nella Regione Campania la gestione dei rifiuti e

regolamentata dalla Legge Regionale n. 4 del 28 marzo 2007 e smi “Norme in materia di gestione,

trasformazione, riutilizzo dei rifiuti e bonifica dei siti inquinati” che ha abrogato la Legge Regionale 10

febbraio 1993, n. 10. L’art.10, Capo I, Titolo III della Legge Regionale 4/2007 prevede le caratteristiche del

“Piano regionale di gestione del ciclo integrato dei rifiuti”, il successivo articolo 11 prevede l’adozione di un

“Piano regionale di gestione dei rifiuti speciali, anche pericolosi” e disciplina il suo contenuto.

Ai sensi di tale disposizione, il Piano regionale di gestione dei rifiuti speciali, anche pericolosi:

promuove le iniziative preordinate a limitare la produzione della quantità, dei volumi e della

pericolosità dei rifiuti speciali;

stima la quantità e la qualità dei rifiuti prodotti in relazione ai settori produttivi e ai principali poli di

produzione;

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detta i criteri per l’individuazione, da parte delle province, delle aree non idonee alla localizzazione

degli impianti di smaltimento dei rifiuti speciali;

stabilisce le condizioni ed i criteri tecnici in base ai quali, in ragione di documentate esigenze, gli

impianti per la gestione dei rifiuti speciali, a eccezione delle discariche, sono localizzati nelle aree

destinate a insediamenti produttivi;

definisce le misure necessarie ad assicurare lo smaltimento dei rifiuti speciali in luoghi prossimi a

quelli di produzione, al fine di favorire la riduzione della movimentazione dei rifiuti speciali, tenuto

conto degli impianti di recupero e di smaltimento esistenti nonché della vicinanza e dell’utilizzo di

linee ferroviarie.

Il secondo comma dell’art.11 stabilisce, poi, che il Piano prevede:

la normativa di attuazione;

una relazione generale sui principali poli di produzione dei rifiuti speciali nonché sugli obiettivi finali

del piano;

la stima del fabbisogno di impianti, potenzialmente necessari, sulla base del principio di prossimità.

Rifiuti prodotti dalla lavorazione e dal trattamento fisico e meccanico superficiale di metalli e

plastica

Dal 2002 al 2005 la quantità prodotta di CER 12 non pericolosi si è mantenuta pressoché costante intorno

alle 180000 tonnellate/anno (10% del totale dei rifiuti speciali non pericolosi) tale valore viene riconfermato

anche dai dati di produzione del 2007.

Per quanto riguarda i CER 12 pericolosi si osserva una notevole diminuzione della produzione nel 2004,

mentre nel 2005 essa si è mantenuta intorno alle 11000 tonnellata/anno (6% del totale pericolosi). Nel 2007

si registra nuovamente un calo della produzione che passa dalle 11505 tonnellate del 2005 alle 9565

tonnellate del 2007.

Dagli studi di settore emerge che nella zona di Pomigliano d’Arco si ha la maggiore produzione di questa

tipologia di rifiuti, seguono Pratola Serra e Pignataro Maggiore.

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La provenienza di tali rifiuti è attribuibile a numerose tipologie di attività produttive, tuttavia i settori in cui si

concentra la produzione di tali rifiuti sono principalmente fabbricazione di parti ed accessori per autoveicoli e

loro motori, fabbricazione di autoveicoli, Fabbricazione di imballaggi in metallo leggero.

Da un punto di vista geografico la produzione del 2007 è concentrata in particolar modo nei Comuni di

Pomigliano d'Arco, Avellino, Pratola Serra, Pignataro Maggiore, Marcianise, Battipaglia. Le quantità in

ingresso provengono da molte regioni, in particolare da Molise, Lombardia e Umbria.

Nelle province di Avellino, Salerno e Caserta si ricevono maggiormente questi rifiuti. Il totale dei flussi in

ingresso è di 7146 tonnellate pari al 3.77 % del totale flussi in uscita.

Anche in questo caso i flussi in uscita rappresentano il 50 % della produzione specifica (95264 tonnellate), le

zone di provenienza sono quelle a maggiore produzione (Pomigliano d’Arco e Pignataro Maggiore), a livello

provinciale i flussi provengono principalmente dalle province di Napoli, Caserta e Avellino.

Nel 2007 i flussi in uscita sono in crescita (111762 tonnellate) e sono diretti per la maggioranza verso

Umbria, Lazio, Basilicata e Lombardia. I flussi in ingresso, in calo (4402 tonnellate) sono provenienti

principalmente dall’ Abruzzo.

Rifiuti di imballaggio

La normativa vigente in materia ambientale classifica gli imballaggi, in base alla loro funzione, in tre

categorie:

Imballaggio primario - imballaggio per la vendita concepito per costituire, nel punto vendita, una unità

di vendita per l’utente finale;

Imballaggio secondario - imballaggio multiplo concepito per costituire, nel punto vendita, il

raggruppamento di un certo numero di unità di vendita;

Imballaggio terziario - imballaggio per il trasporto concepito per facilitare la manipolazione ed il

trasporto di merci durante tutto il ciclo di produzione, dalla materia prima al prodotto finito.

L’industria del packaging rappresenta un settore produttivo molto importante dal punto di vista economico,

mentre sotto il profilo ambientale desta molta attenzione, tanto che, per i rifiuti derivanti dagli imballaggi, e

stato implementato un accurato sistema di gestione, attraverso strumenti normativi (CONAI e Consorzi di

filiera) e volontari, finalizzato non solo al recupero e al riciclaggio ma anche alla prevenzione intesa sia in

termini di quantità, sia di qualità degli imballaggi immessi al consumo.

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In materia di prevenzione un ruolo importante e attribuito alla promozione di accordi, contratti di programma

e protocolli di intesa, promossi e stipulati dalle pubbliche amministrazioni.

La produzione dei CER 15 non pericolosi si mantiene intorno alle 158000 tonnellate/anno (8.5% del totale

dei rifiuti speciale non pericolosi nel 2005) con un picco di 173439 tonnellate nel 2004. Anche per la parte

pericolosa si osserva un incremento notevole nel 2004 (8414 tonnellate) mentre nel 2003 e nel 2005 la

produzione si attestava intorno alle 3000 tonnellate.

La produzione regionale passa dalle 157518 tonnellate del 2005 alle 201703 tonnellate del 2007 per la parte

non pericolosa con un aumento percentuale del 28 %. Mentre la parte pericolosa registra un aumento del

41% passando da 3450 tonnellate a 4831 tonnellate.

Ovviamente la produzione di rifiuti da imballaggio investe quasi tutte le attività economiche, l’analisi di

dettaglio dei dati del 2007, tuttavia evidenzia particolari picchi produttivi per le attività di lavorazione e

conservazione di frutta e ortaggi, la fabbricazione di articoli di carta e di cartone, la fabbricazione di

macchine e apparecchi di sollevamento e movimentazione, la fabbricazione di elettrodomestici, la

fabbricazione di autoveicoli, la fabbricazione di articoli in materie plastiche, la fabbricazione di imballaggi in

metallo leggero, la costruzione di aeromobili e di veicoli spaziali, la fabbricazione di fitofarmaci e di altri

prodotti chimici per l’agricoltura.

Nel 2007 la produzione è distribuita su oltre 529 Comuni con particolari picchi di produzione nei Comuni di

Marcianise, Arzano, Napoli, Frattamaggiore, Pomigliano d'Arco, Caivano, Nocera Superiore, Angri, Nola,

Lacedonia, Solofra.

I flussi in ingresso sono provenienti principalmente da Lazio e Puglia e rappresentano una grossa fetta del

totale in ingresso in Campania, 39696 tonnellate pari a circa il 15 % del totale flussi in ingresso in regione e

pari al 24,6 % della produzione specifica (1.9 % della produzione totale). Con esclusione della provincia di

Benevento questi rifiuti sono accolti in misura confrontabile da tutte le altre province.

I flussi in uscita (51506 tonnellate) rappresentano circa un terzo della produzione specifica, notevole il dato

del comune di Caivano che da solo esporta il 20 % della quantità totale in uscita dalla regione, anche per

questo la provincia di Napoli risulta essere la maggior esportatrice della tipologia di rifiuti considerata.

Nel 2007 i flussi in uscita registrano un sostanziale aumento arrivando a 89466 tonnellate principalmente

verso Lombardia e Lazio. I flussi in ingresso registrano invece una flessione passando dalle 39629

tonnellate del 2005 alle 27973 tonnellate del 2007 provenienti principalmente da Lazio, Puglia e Basilicata.

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Rifiuti non specificati altrimenti

In questa categoria vengono riportate le tipologie di rifiuti non meglio specificate nelle altre categorie, tuttavia

rientrano in tale classe importanti flussi di rifiuti normati a livello europeo da specifiche direttive, in particolare

Veicoli Fuori Uso-Direttiva 2000/53/CE, Rifiuti contenenti PCB e PCT- Direttiva 96/59/CE, RAEE – Direttiva

2002/96/CE, pile e accumulatori esausti – Direttiva 2006/66/CE.

La direttiva 2000/53/CE istituisce disposizioni specifiche per la gestione dei veicoli fuori uso ed è

principalmente finalizzata a prevenire la produzione di rifiuti risultanti dai veicoli fuori uso e ad incoraggiare il

riutilizzo, il riciclaggio e altre forme di recupero di tali veicoli e dei rispettivi componenti con l’obiettivo di

ridurre i rifiuti destinati allo smaltimento. La direttiva punta anche a migliorare le prestazioni ambientali di tutti

gli operatori economici che intervengono nel ciclo di vita dei veicoli, ed in particolare di quelli direttamente

coinvolti nel trattamento dei veicoli fuori uso. L’8 maggio 2008 a Roma, presso il Ministero dell’Ambiente,

presenti il Ministero dello Sviluppo Economico e 32 Responsabili delle Associazioni interessate è stato

firmato l’Accordo di Programma Quadro sugli ELV con l’obiettivo di giungere ad una gestione dei veicoli fuori

uso che riduca al minimo l’impatto sull’ambiente e dia attuazione agli obiettivi posti dalla Direttiva

2000/53/CE con un sistema che assicuri un funzionamento efficiente, razionale ed economicamente

sostenibile dell’insieme degli operatori economici della filiera.

All’interno dell’Accordo di Programma Quadro rimangono, tuttavia, da affrontare le seguenti criticità:

Omogeneizzazione sul territorio della normativa, che trova diversa applicazione sia a livello

regionale che provinciale con obblighi e prescrizioni estremamente variabili per il trattamento dei

veicoli fine vita e il trasporto e il riciclaggio dei materiali provenienti da fine vita.

Incentivazione dei mercati di sbocco dei materiali non metallici, considerate le difficoltà di allocazione

sul mercato dei materiali plastici, del vetro e della gomma dei Pneumatici provenienti dal fine vita.

La produzione di rifiuti non pericolosi afferente a tale classe di rifiuti tende ad aumentare nel corso degli anni

fino ad arrivare a circa 140000 tonnellate nel 2005 (7.5% del totale dei rifiuti non pericolosi). L’andamento di

quelli pericolosi invece è altalenante e varia dal valore massimo nel 2003, di 28285 tonnellate, fino alle circa

21000 tonnellate nel 2005 (11% del totale dei rifiuti pericolosi). Nel dettaglio emerge come la maggior parte

di questi rifiuti provengano dall’attività di autodemolizione, sia per quanto riguarda la parte non pericolosa

che quella pericolosa.

Per il 2007 si registra un aumento considerevole per la parte non pericolosa passando dalle 139506

tonnellate del 2005 alle 193140 tonnellate del 2007 con un aumento percentuale superiore al 38%.

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L’aumento della produzione della parte pericolosa è ancora più marcato passando dalle 21224 tonnellate del

2005 alle 37062 tonnellate del 2007 (+74%). In entrambi i casi si tratta di accrescimenti di produzione

attribuibili all’incremento di veicoli fuori uso avviati alla demolizione.

Come si evince dalle ‘’Cartografie tematiche’’, sono rifiuti la cui produzione è uniformemente distribuita nella

regione, con produzione presente su ben 512 Comuni con punte di produzione nei territori di Napoli,

Teverola, Sparanise, Salerno, Montesano Sulla Marcellana, Sant'Anastasia, Marcianise, Alife, Pozzuoli,

Pagani.

I rifiuti della classe CER 16, anche perché scollegati dal concetto di origine del rifiuto, sono caratterizzati dal

fatto di avere una molteplicità di settori economici di provenienza, tuttavia analizzando i codici Ateco delle

imprese che hanno dichiarato in produzione tale tipologia di rifiuti è possibile rilevare che essi vengano

prodotte in gran parte dai seguenti settori produttivi: recupero e preparazione per il riciclaggio di cascami e

rottami metallici (autodemolitori), commercio, manutenzione e riparazione di autoveicoli e motocicli, vendita

al dettaglio di carburanti per autotrazione, produzione e distribuzione di energia elettrica, trasporti terrestri,

fabbricazione di motori, generatori e trasformatori elettrici.

Tale tipologia di rifiuti costituisce un’altra categoria i cui flussi in ingresso costituiscono una grossa fetta del

totale (42883 tonnellate pari al 16,5 % del totale flussi in ingesso e al 2.1 % della produzione totale); la

regione da cui proviene la maggiore quantità risulta essere il Lazio. Nelle province di Caserta e Salerno si

hanno le maggiori quantità in ingresso.

I flussi in uscita risultano essere per questa tipologia circa l’83 % della produzione specifica (circa 115700

tonnellate pari al 13,3 % del totale dei flussi in uscita e al 5,6 % della produzione totale); le regioni

destinatarie che importano le maggiori quantità sono Friuli Venezia Giulia, Veneto, Lombardia, Lazio e

Puglia. La provincia di Napoli è quella che esporta di più con punte nei comuni di Arzano e Casavatore.

Nel 2007 si registra un calo per i flussi in uscita sia in termini generali sia in termini di percentuale sulla

produzione specifica, questi passano dalle 115700 tonnellate del 2005 alle 70219 tonnellate del 2007

principalmente verso Lazio, Basilicata, Friuli Venezia Giulia e Veneto.

Contrariamente a quelli in uscita i flussi in ingresso aumentano, passando dalle 42883 tonnellate del 2005

alle 56145 tonnellate del 2007 provenienti principalmente da Lazio, Puglia, Toscana e Sardegna.

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Rifiuti urbani (rifiuti domestici e assimilabili prodotti da attività commerciali e industriali nonché dalle

istituzioni) inclusi i rifiuti della raccolta differenziata

Tali rifiuti, CER 20, sono quasi esclusivamente non pericolosi e si osserva che la produzione tende a

crescere raggiungendo le 137000 tonnellate del 2005 (7% del totale non pericolosi) con un picco isolato di

circa 155000 tonnellate nel 2003. Il grosso della produzione è costituito da fanghi delle fosse settiche e da

rifiuti urbani non differenziati provenienti però da attività di natura industriale e commerciale, infatti pur

essendo la categoria CER 20 quella relativa ai rifiuti urbani, nelle elaborazioni si è tenuto conto

esclusivamente dei dati di produzione che non sono riconducibili ad amministrazioni comunali, consorzi o

aziende speciali dei comuni.

Nel 2007 praticamente invariata la produzione di questa tipologia di rifiuti rispetto al 2005 per la parte non

pericolosa, mentre si registra un vistoso calo per la parte pericolosa (che comunque rappresenta una parte

minimale dell’intera categoria).

Si tratta di una produzione riconducibile ad alcune attività di raccolta e smaltimento dei rifiuti solidi, attività di

editoria, stampa e riproduzione di supporti registrati, fabbricazione di prodotti della lavorazione di minerali

non metalliferi, costruzioni, commercio al dettaglio distribuita su circa 438 e con particolari picchi di

produzione nei comuni di Giffoni Valle Piana, Napoli, Acerra, Somma Vesuviana, Salerno, Fisciano, Nola,

Procida, Pozzuoli, Vitulazio, Caivano, Pompei.

Dalle ‘’Cartografie tematiche’’, si evince che dal Lazio e dalla Puglia provengono la maggioranza dei rifiuti in

ingresso per questa tipologia. In provincia di Napoli si hanno le maggiori quantità di rifiuti in ingresso.

Gran parte dei flussi in uscita sono verso l’Estero (transfrontalieri), seguono la Puglia e il Lazio. Dalle

province di Avellino e Napoli proviene la maggior parte dei rifiuti in uscita per questa tipologia.

Nel 2007 i flussi in uscita sono 45604 tonnellate e sono diretti verso Marche, Lazio e Puglia in maggioranza.

I flussi in ingresso si attestano attorno alle 6000 tonnellate e provengono principalmente da Puglia,

Basilicata, Calabria e Piemonte.

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Stima qualitativa dei rifiuti oggetto di abbandono

I fenomeni illegali dell’abbandono di rifiuti e di discarica abusiva trovano purtroppo ampia diffusione

nell’ambito della Regione Campania e se in molti casi sono ascrivibili a comportamenti intenzionalmente

illeciti, in qualche circostanza sono anche il frutto di un malcostume diffuso dei cittadini, che trovano più

semplice ed economico liberarsi di ingombranti, suppellettili, materiali inerti etc. abbandonandoli in luoghi

appartati e incustoditi, piuttosto che ricorrere ai servizi pubblici di raccolta, che dal canto loro non sempre

sono caratterizzati da capacità di intervento tempestive ed efficienti.

In linea generale è possibile distinguere due diverse modalità di abbandono di rifiuti: l’abbandono in

superficie, più facilmente individuabile e sul quale quindi è più semplice intervenire, e l’abbandono di rifiuti

tramite interramento, oppure in aree acquatiche, per la cui individuazione è spesso necessario ricorrere ad

accertamenti indiretti o ad indagini dirette. Generalmente, sono oggetto di abbandono “palese” tipologie di

rifiuti quali: pneumatici fuori uso, rifiuti da attività di costruzione e demolizione, rifiuti urbani e assimilabili,

rifiuti ingombranti, altri rifiuti speciali, anche pericolosi, come ad es. lastre in amianto. Invece tipologie di rifiuti

con elevato contenuto di sostanze pericolose, oggetto di svariate inchieste giudiziarie in merito al traffico

illecito, sono probabilmente oggetto di abbandoni o discariche abusive interrate e pertanto più difficili da

individuare.

L’ARPAC da molti anni effettua il censimento dei siti di abbandono incontrollato di rifiuti. Sulla base dei dati

del censimento è possibile osservare come il fenomeno in generale sia molto più diffuso nelle province di

Napoli e Caserta, come si può notare dal grafico seguente:

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I rifiuti più diffusi sono quelli speciali da costruzione e demolizione (41%), rifiuti urbani indifferenziati (26%),

rifiuti ingombranti (17%).

Stima del fabbisogno impiantistico regionale

La definizione del fabbisogno impiantistico a livello regionale è stata sviluppata sulla base di alcune variabili

di cui occorre tenere conto:

quantitativi di rifiuti speciali prodotti in regione (QP)

quantitativi di rifiuti speciali esportati verso destinazioni extraregionali/extranazionali (QE)

quantitativi di rifiuti speciali importati da altre regioni/Paesi (QI)

quantitativi di rifiuti speciali gestiti attualmente presso impianti regionali (QS1)

quantitativi di cui prevedere il trattamento/smaltimento in impianti regionali per garantire

l’autosufficienza regionale (QS2)

quantitativi che definiscono l’autosufficienza regionale a completamento delle azioni previste dal

PRGRS (QS)

Il fabbisogno impiantistico regionale per garantire l’autosufficienza di trattamento (QS2) è valutabile come:

QS2 = QP + QI - QS1

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L’affidabilità di questo calcolo e comunque ridotta da una serie di considerazioni:

i dati dei quantitativi effettivamente prodotti in Regione, QP, ricavati essenzialmente dai modelli unici

di dichiarazione ambientale (MUD), sono notoriamente parziali e possono portare ad una sottostima,

in alcuni settori produttivi, anche del 50% o più;

la potenzialità complessiva di trattamento dichiarata degli impianti regionali è sovrastimata rispetto a

quella effettiva, per l’esistenza di autorizzazioni all’esercizio con potenzialità largamente superiori a

quelle tecnicamente possibili e per lo sbilanciamento verso solo alcune forme di trattamento e

smaltimento;

i quantitativi di rifiuti speciali che attualmente possono essere smaltiti correttamente presso impianti

regionali (QS1) sono stati opportunamente ridimensionati dagli interventi di Enti di controllo e dalle

azioni della Magistratura, che hanno portato negli ultimi mesi alla chiusura di diversi impianti per

irregolarità tecniche e/o amministrative;

Il recupero di sostanze organiche - R3 - (recupero carta, legno, plastica, produzione compost ecc.) registra

un quantitativo gestito pari a circa 250.000 tonnellate/anno con un forte decremento dovuto essenzialmente

alla chiusura di impianti di recupero attivi negli anni precedenti. E’ una tipologia di recupero in cui ricadono

molte delle frazioni delle raccolte differenziate ed interessa tutte le province. Il trend di decremento di tale

operazione di recupero sembrerebbe in contrasto con i dati di aumento della raccolta differenziata, la

spiegazione si ritrova nel fatto che gran parte delle raccolte differenziate soprattutto della frazione organica

viene avviata a recupero fuori regione.

Secondo il Piano Regionale di Gestione Rifiuti Speciali è previsto un incremento con un

numero adeguato di impianti di recupero per i rifiuti speciali non pericolosi, da collocare su

scala provinciale e regionale, Pertanto il progetto proposto risulta essere coerente ed in

linea con il Piano Regionale di Gestione Rifiuti Speciali,

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Criteri di localizzazione degli impianti secondo il PRGRS

Per quanto attiene l’ubicazione degli impianti di trattamento meccanico, chimico, fisico e biologico

dei rifiuti il PRGRS indica che i siti idonei alla localizzazione non devono ricadere in:

V-01: aree a Rischio R3 ed R4 nonché a Pericolosità P3 e P4;

V-02: Siti di Interesse Comunitario, Zone Speciali di Conservazione nonché Zone di Protezione

Speciale;

V-03: zone di tutela assoluta delle opere di captazione di risorse idriche per uso idropotabile; zone di

rispetto e di protezione dei corpi idrici sotterranei;

V-04: aree tutelate per legge dal Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio D.Lgs. 42/2004 e s.m.i. e,

segnatamente, devono essere considerati i vincoli V-04a, V-04b, V-04c, V-04d, V-04f, V-04g, V-04h,

V-04i, V-04l, V-04m;

V-04a: i territori costieri compresi in una fascia della profondità di 300 metri dalla linea di battigia,

anche per i terreni elevati sul mare;

V-04b: i territori contermini ai laghi compresi in una fascia della profondità di 300 metri dalla linea di

battigia, anche per i territori elevati sui laghi;

V-04c: i fiumi, i torrenti, i corsi d'acqua iscritti negli elenchi previsti dal testo unico delle disposizioni di

legge sulle acque ed impianti elettrici, approvato con regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, e le

relative sponde o piedi degli argini per una fascia di 150 metri ciascuna;

V-04d: le montagne per la parte eccedente 1.600 metri sul livello del mare per la catena alpina e

1.200 metri sul livello del mare per la catena appenninica e per le isole;

V-04f: i parchi e le riserve nazionali o regionali, nonché i territori di protezione esterna dei parchi;

V-04g: i territori coperti da foreste e da boschi, ancorché percorsi o danneggiati dal fuoco, e quelli

sottoposti a vincolo di rimboschimento, come definiti dall'articolo 2, commi 2 e 6, del decreto

legislativo 18 maggio 2001, n. 227;

V-04h: le aree assegnate alle università agrarie e le zone gravate da usi civici;

V-04i: le zone umide incluse nell'elenco previsto dal D.P.R. 13 marzo 1976, n. 448;

V-04l: i vulcani;

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V-04m: le zone di interesse archeologico.

V-06: aree naturali protette di cui alla Legge quadro sulle aree naturali protette 394/91;

V-08(a e c): faglie e aree soggette ad attività vulcanica; escluse le aree a rischio sismico di prima

categoria (V-08b);

V-09: doline, inghiottitoi e altre forme di carsismo superficiale;

V-11: aree soggette ad attività idrotermale;

V-12: aree soggette a rischio di inondazione per portate al colmo di piena con tempi di ritorno

inferiori a duecento anni;

V-14: aree di elevato pregio agricolo, con le avvertenze di interpretazione e le limitazioni di

applicazione del vincolo sopra riportate;

V-15: applicazione delle misure di breve, medio e lungo termine previste nel Piano Regionale di

Risanamento e Mantenimento della Qualità dell’Aria.

Il sito interessato dal presente Studio e localizzato in un’area industriale ASI, NON ricade in

nessuna delle aree sopradescritte, per cui l’area in oggetto non è sottoposta ad alcun tipo

di vincolo che determini esclusione.

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LEGGE REGIONALE 26 MAGGIO 2016, N. 14 - “Norme di attuazione della disciplina europea

e nazionale in materia di rifiuti”

L’art. 12 comma 4 stabilisce che gli impianti per la gestione dei rifiuti non possono essere localizzati nelle

aree individuate nel Piano Territoriale Regionale della Campania (PTR) come “Sistemi territoriali di Sviluppo:

Dominanti” a matrice Naturalistica (Aree A); fatti salvi gli impianti di trattamento aerobico della frazione

organica a servizio dei Consorzi di Comuni, nonché gli impianti di compostaggio di comunità.

Il sito interessato dal presente Studio NON ricade nelle aree individuate nel Piano

Territoriale Regionale della Campania (PTR) come “Sistemi territoriali di Sviluppo:

Dominanti” a matrice Naturalistica (Aree A).

LEGGE REGIONALE 23 DICEMBRE 2016, N. 38 - “Ulteriori disposizioni in materia di

razionalizzazione, adeguamento e semplificazione della normativa regionale”

L’art. 1 comma 4 stabilisce che la legge regionale 26 maggio 2016, n. 14 (Norme di attuazione della

disciplina europea e nazionale in materia di rifiuti) è così modificata:

b) il comma 4 dell’articolo 12, è così sostituito:

“4. Nelle aree individuate come: A – sistemi a dominante naturalistica – tra sistemi territoriali di sviluppo del

Piano territoriale regionale (PTR) non sono consentite realizzazioni di nuovi impianti di smaltimento, di

trattamento, di recupero di rifiuti. E’ consentito nelle stesse aree, la realizzazione, l’adeguamento e

l’ampliamento di impianti di trattamento aerobico della frazione organica, nonché degli impianti di

compostaggio di comunità, a servizio dei Comuni, gli impianti per l’autodemolizione ai sensi del decreto del

Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio 8 aprile 2008, n. 31623 (Disciplina dei centri di raccolta dei

rifiuti urbani raccolti in modo differenziato, come previsto dall’articolo 183, comma 1, lettera cc) del decreto

legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modifiche) e i centri di raccolta regolamentati ai sensi del

decreto legislativo 24 giugno 2003, n. 209 (Attuazione della direttiva 2000/53/CE relativa ai veicoli fuori uso),

i centri di raccolta dei rifiuti urbani disciplinati dal decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio

8 aprile 2008, n. 31623, gli impianti di recupero d’inerti da costruzione”.

Per cui anche a seguito della modifica della Legge regionale 26 maggio 2016, n. 14

apportata con la Legge regionale 23 dicembre 2016, n. 38 il sito interessato dal presente

Studio risulta in linea con quando definito dalla stessa legge regionale.

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Inquadramento con il PIANO REGIONALE di BONIFICA dei siti inquinati della regione

Campania

Il Piano Regionale di Bonifica è lo strumento di programmazione e pianificazione previsto dalla normativa

vigente, attraverso cui la Regione, coerentemente con le normative nazionali e nelle more della definizione

dei criteri di priorità da parte di ISPRA (ex APAT), provvede ad individuare i siti da bonificare presenti sul

proprio territorio, a definire un ordine di priorità degli interventi sulla base di una valutazione comparata del

rischio ed a stimare gli oneri finanziari necessari per le attività di bonifica. Nel 2005 la Regione Campania si

è dotata del Piano Regionale di Bonifica delle Aree Inquinate (PRB), predisposto ai sensi del D.Lgs. n.22/97,

approvato in via definitiva con Ordinanza Commissariale n. 49 del 01.04.05 e successivamente con

Deliberazione di G.R. n.711 del 13.06.05, pubblicato sul BURC N. Speciale del 09.09.05. La redazione del

Piano, finanziata a valere sulle risorse della Misura 1.8 del POR Campania 2000-2006 azione a), fu curata

dall’ARPAC nel corso del 2004, sulla base delle “Linee Guida per la Redazione del Piano Regionale di

Bonifica” definite da un Gruppo Tecnico, precedentemente istituito con Ordinanze Commissariali n. 248 del

23.09.03 e n.328 del 01.12.03, costituito da rappresentanti della Regione Campania, del Commissariato di

Governo per l’Emergenza Bonifiche e Tutela delle Acque nella Regione Campania e dell’ENEA.

Nel PRB 2005 la Regione Campania aveva provveduto a:

− istituire l’anagrafe dei siti da bonificare, disciplinandone la gestione e le competenze;

− definire i criteri e le procedure per l’inserimento di un sito nel censimento dei siti potenzialmente inquinati;

− definire i criteri e le procedure per l’adozione del Piano Regionale di Bonifica delle Aree Inquinate e per il

suo aggiornamento periodico e la gestione successiva, in ottemperanza a quanto previsto all’Articolo 19,

comma 1, lettera c) del Decreto Legislativo 5 febbraio 1997, n.22;

− definire i criteri per la gestione dei siti inquinati ed indicare procedure per l’individuazione delle tipologie di

progetti di bonifica non soggetti ad approvazione preventiva, di cui all’Articolo 19, comma 1, lettera c) del

Decreto Legislativo 5 febbraio 1997, n.22 e all’Articolo 13 del Decreto Ministeriale 25 ottobre 1999, n.471;

− specificare le competenze, già individuate dalla normativa nazionale, dei vari soggetti pubblici e privati e le

funzioni che sono chiamati a svolgere per rispondere alle esigenze di Piano;

− individuare le disposizioni finanziarie a supporto delle attività di bonifica.

Nel mese di aprile del 2006 è entrato in vigore il D.Lgs. n.152/06, che nella parte IV detta le nuove norme in

materia di gestione di rifiuti e di siti contaminati, abrogando sia il D.Lgs. n.22/97, sia il suo regolamento di

attuazione, il D.M. 471/99, in vigenza dei quali era stato redatto il predetto PRB. Il D.Lgs. n.152/06 all’art.

199, nel lasciare formalmente invariati i contenuti dei Piani di Bonifica, stabilisce che le Regioni provvedano

al loro adeguamento entro due anni dall’entrata in vigore del decreto stesso. In questo contesto si inquadra

la presente revisione del Piano Regionale di Bonifica ai sensi del D.Lgs. n.152/06 e ss.mm.ii, che è stata

curata da ARPAC, inizialmente su incarico del Commissariato di Governo per l’Emergenza Bonifiche e

Tutela delle Acque nella Regione Campania, acquisito il parere favorevole della Regione Campania.

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Successivamente, essendo subentrato con l’OPCM n.3849 del 19/02/10 il Commissario Delegato per la

liquidazione della precedente struttura Commissariale, la redazione del Piano Regionale di Bonifica è

rientrata tra le competenze ordinarie della Regione, che, allo scopo, ha appositamente affiancato ad ARPAC

un gruppo di esperti interni alla Amministrazione Regionale, al Commissariato di Governo per le Bonifiche e

Tutela delle Acque e all’ARCADIS, designato con Decreto dell’ AGC 05 della G.R. della Campania n.954 del

06/09/2010.

Le novità introdotte dal D.Lgs. n.152/06 e ss.mm.ii si ripercuotono anche sull’impostazione del Piano

Regionale di Bonifica, e sui contenuti del censimento dei siti potenzialmente contaminati e dell’anagrafe dei

siti da bonificare. Al fine di adeguare pienamente i contenuti del Piano al nuovo dettato normativo si è

proceduto, pertanto, in via prioritaria ad aggiornare i dati sui siti inquinati e potenzialmente inquinati presenti

in Regione Campania. Le principali fonti informative cui si è fatto riferimento per la raccolta e

sistematizzazione dei dati esistenti sono le seguenti:

il Piano Regionale di Bonifica edizione 2005;

la subperimetrazione del SIN Litorale Domitio Flegreo ed Agro Aversano effettuata da ARPAC nel

2005;

la subperimetrazione degli ulteriori 16 Comuni inseriti nel SIN Litorale Domitio Flegreo ed Agro

Aversano con il D.M. 31 gennaio 2006, effettuata da ARPAC nel 2006;

la subperimetrazione del Comune di Acerra effettuata da Sviluppo Italia Aree Produttive nel 2006;

la subperimetrazione del SIN Aree del Litorale Vesuviano effettuata da ARPAC nel 2006;

l’aggiornamento del Censimento del SIN di Napoli Orientale effettuato da ARPAC nel 2008;

la documentazione esistente presso i Dipartimenti Provinciali e presso il Centro Regionale Siti

Contaminati dell’ARPAC relativa a progetti di messa in sicurezza, piani di caratterizzazione, risultati

di caratterizzazioni, progetti di bonifica, documenti di analisi di rischio, verbali di conferenze di

servizi, verbali di sopralluogo, etc.;

le segnalazioni pervenute nel tempo da altri Enti e Istituzioni o da soggetti privati relative alla

presenza di siti contaminati o potenzialmente contaminati.

In coerenza con le definizioni della nuova normativa, ed al fine di raggruppare i siti individuati in classi

omogenee rispetto agli interventi da adottare, i siti inseriti nel database sono stati raggruppati in 3 diversi

elenchi:

1. ANAGRAFE DEI SITI DA BONIFICARE (ASB): contiene, ai sensi dell’art. 251 del D.Lgs. n.152/06,

l'elenco dei siti sottoposti ad intervento di bonifica e ripristino ambientale nonché gli interventi realizzati nei

siti medesimi;

2. CENSIMENTO DEI SITI POTENZIALMENTE CONTAMINATI (CSPC): contiene l’elenco di tutti i siti di

interesse regionale, per i quali sia stato già accertato il superamento delle CSC;

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3. CENSIMENTO DEI SITI POTENZIALMENTE CONTAMINATI NEI SITI DI INTERESSE NAZIONALE

(CSPC SIN): contiene l’elenco di tutti i siti censiti e/o sub-perimetrati ricadenti all’interno del perimetro

provvisorio dei siti di interesse nazionale della Regione Campania per i quali devono essere avviate, o sono

già state avviate, le procedure di caratterizzazione.

Con il D.M. dell’11.1.2013 è stato approvato l’elenco dei siti che non soddisfano i requisiti di cui all’art. 252,

c. 2, D.Lgs. n. 152/2006 e che, ai sensi dell’art. 1 della citata disposizione, non sono più compresi tra i siti di

bonifica di interesse nazionale (ex SIN).

Nel contempo, la citata disposizione ha sancito pure che “La competenza per le necessarie operazioni di

verifica ed eventuale bonifica all'interno dei siti di cui all'elenco dell'Allegato 1 viene trasferita alle Regioni

territorialmente interessate che subentrano nella titolarità dei relativi procedimenti”.

A seguito delle compiute indagini ricognitive, la Regione Campania, con deliberazione di G.R. n. 831 del

28.12.2017 ha approvato, in attuazione della D.G.R. n. 417/2016, l’adeguamento e l’aggiornamento delle

tabelle allegate al PRB, a sua volta approvato con delibera del Consiglio Regionale n. 777 del 25.10.2013.

Con la citata D.G.R. n. 831 del 28.12.2017, inoltre, è stato istituito l’Allegato 4 bis “Elenco recante

censimento dei siti non più ricadenti nei Siti di Interesse Nazionale (CSPC ex SIN)”.

In ultimo, ai sensi del § 3.6 della deliberazione di G.R. n. 35 del 39.1.2019, rubricato “Indagini preliminari”,

“L’obbligo di caratterizzazione per i siti facenti parte degli ex SIN è decaduto al decadere del SIN stesso ed è

stato sostituito dall’obbligo di procedere con l’esecuzione delle indagini preliminari …”.

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AGGIORNAMENTI DEL PIANO REGIONALE BONIFICHE E NORME TECNICHE DI

ATTUAZIONE (NTA) DELLO STESSO PIANO, APPROVATE CON D.G.R. N.417/2016

Premesso che il D.Lgs 152/06 e ss.mm.ii. “Norme in materia ambientale”, all’art. 196, affida alle Regioni la

competenza per la predisposizione, adozione e aggiornamento dei piani regionali di gestione dei rifiuti

secondo le indicazioni di cui all’art. 199 del medesimo Decreto Legislativo; che ai sensi dell’art. 199, comma

5, del citato D.Lgs. 152/06e ss.mm.ii., il Piano Bonifiche costituisce parte integrante del Piano Regionale

Rifiuti; che con delibera amministrativa del Consiglio Regionale n. 777 del 25/10/2013 è stato approvato, ai

sensi dell’art. 13 della L.R. n. 4/07 e ss.mm.ii., il Piano Regionale di Bonifica della Campania (PRB),

pubblicato sul BURC n. 30/2013; che nella documentazione allegata al PRB e redatta ai fini della

Valutazione Ambientale Strategica (VAS) è esplicitamente previsto che alcuni aspetti della pianificazione

devono trovare recepimento nelle norme tecniche di attuazione del Piano (NTA); che per la redazione delle

suddette norme, con DD n. 795 del 09/06/2014, è stato costituito apposito gruppo tecnico con i

rappresentanti dell’amministrazione regionale e dell’ARPAC; per cui sono state approvate, ai sensi dell’art.

15, co. 5, della L.R. n. 14/2016, le Norme Tecniche di Attuazione (NTA) del Piano Regionale di Bonifica

(PRB) approvato con delibera amministrativa del Consiglio Regionale n. 777 del 25/10/2013, che costituisce

parte integrante e sostanziale del presente provvedimento, unitamente all’allegato: “Linee guida per la

predisposizione e l’esecuzione di indagini preliminari di cui alla Parte IV Titolo V del D. Lgs. 152/2006 e

s.m.i.”, redatte da ARPAC nel marzo 2016.

Le presenti linee guida definiscono i criteri generali per la predisposizione e l'esecuzione delle indagini

preliminari previste dall'art.4, comma 4 lett.b, e comma 5 lett.b, delle Norme Tecniche di Attuazione (NTA)

del Piano Regionale di Bonifica approvato con Determina Amministrativa n. 777 del 25/10/2013 del Consiglio

Regionale della Campania. Esse sostituiscono, integrandole, quelle precedentemente approvate con D.D. n.

796/2014, alla luce della necessità, emersa nella prima fase di applicazione, di fornire specifiche

maggiormente dettagliate, volte a meglio uniformare i criteri per l'esecuzione delle indagini, nonché

dell'emanazione, da parte del Ministero dell'Ambiente, successivamente intervenuta, del Regolamento

recante i criteri semplificati per la caratterizzazione dei punti vendita carburante di cui al D.M. n.31

del12/02/2015. I criteri per l'esecuzione delle indagini preliminari sono differenziati in funzione della tipologia

dei siti e della dimensione delle aree da investigare e riguardano: discariche; attività estrattive dismesse o

abbandonate; impianti di trattamento rifiuti, attività produttive attive e dismesse, industrie RIR e siti di

stoccaggio di idrocarburi, punti vendita carburanti attivi e dismessi. La revisione è stata inoltre integrata con

una appendice tecnico – operativa nella quale sono descritte le modalità per la esecuzione delle attività di

campo. In caso di superamento dei limiti di legge (CSC: Concentrazioni Soglia Contaminazione), i risultati

delle indagini preliminari potranno successivamente essere utilizzati nella predisposizione del Piano di

Caratterizzazione, al fine di contribuire alla definizione del Modello Concettuale Preliminare, ai sensi

dell'art.242 del D. lgs. 152/06.

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AGGIORNAMENTO DEL PIANO REGIONALE BONIFICHE di cui Deliberazione di Giunta

Regionale n. 35 del 29/01/2019

Il Piano Regionale di Bonifica, aggiornato a dicembre 2018 e adottato con Deliberazione di Giunta

Regionale n. 35 del 29/01/2019 (BURC n. 15 del 22/03/2019), è lo strumento di programmazione e

pianificazione previsto dalla normativa vigente, attraverso cui la Regione Campania,

coerentemente con le normative nazionali, provvede a:

individuare i siti da bonificare presenti sul proprio territorio e le caratteristiche generali degli

inquinamenti presenti;

definire un ordine di priorità degli interventi sulla base di una valutazione comparata del

rischio elaborata dall'Istituto Superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA);

indicare le modalità degli interventi di bonifica e risanamento ambientale, che privilegino

prioritariamente l'impiego di materiali provenienti da attività di recupero di rifiuti urbani;

definire le modalità di smaltimento dei materiali da asportare;

stimare gli oneri finanziari necessari per le attività di bonifica.

Il PRB contiene, tra l'altro, disposizioni normative riportate nell'Allegato 10 "Norme Tecniche di

Attuazione del PRB".

I siti censiti nel PRB, in numero totale pari a 4.692, sono stati raggruppati nei seguenti elenchi:

Archivio dei procedimenti conclusi: contiene i siti a vario titolo inseriti nel PRB per i quali i

procedimenti avviati di indagini, caratterizzazione, messa in sicurezza permanente o

bonifica sono conclusi (Allegato 1);

Anagrafe dei Siti da Bonificare (ASB): l'elenco dei siti bonificati e dei siti contaminati da

sottoporre ad intervento di bonifica e ripristino ambientale secondo le procedure previste

agli artt. 242 e successivi del D. Lgs. 152/06 (Allegato 2);

Censimento dei Siti Potenzialmente Contaminati Locali (CSPC locali): l'elenco di tutti i siti

per i quali sia stato già accertato il superamento delle Concentrazioni Soglia di

Contaminazione (CSC) non ricadenti nel perimetro dei SIN e che non siano stati sub-

perimetrati o censiti negli ex SIN (Allegato 3);

Censimento dei Siti Potenzialmente Contaminati nei Siti di Interesse Nazionale (CSPC

SIN): l'elenco di tutti i siti censiti ricadenti all'interno del perimetro dei siti di interesse

nazionale della Regione Campania (Allegato 4);

Censimento dei Siti Potenzialmente Contaminati negli ex Siti di Interesse Nazionale (CSPC

ex SIN): l'elenco di tutti i siti sub-perimetrati o censiti all'interno del perimetro degli ex siti di

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interesse nazionale della Regione Campania fino alla data del decadimento del SIN

(Allegato 4bis);

Censimento dei Siti in Attesa di Indagini (CSAI): l'elenco dei siti, già individuati come "siti

potenzialmente inquinati" nel PRB 2005, per i quali, secondo quanto previsto dalle Norme

di Attuazione e dal PRB 2013, il Comune territorialmente competente ha l'obbligo di

svolgere, le verifiche in ordine alla necessità o meno di procedere all'esecuzione di indagini

preliminari (Allegato 5);

Elenco dei terreni agricoli che non possono essere utilizzati per la produzione

agroalimentare o silvo-pastorale (classe D secondo il modello scientifico GdL Terra dei

Fuochi) (Allegato 6).

Il sito interessato dal progetto del presente Studio NON ricade nell’Allegato 4bis “Elenco

recante il censimento dei Siti Potenzialmente Contaminati negli ex Siti di Interesse

Nazionale (CSPC ex SIN)”.

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NORME TECNICHE DI ATTUAZIONE DEL PIANO REGIONALE DI BONIFICA DELLA

REGIONE CAMPANIA – APPROVATE CON D.G.R. n.35 del 29/01/2019

La presenza di un sito nel Censimento dei Siti Potenzialmente Contaminati negli ex Siti di

Interesse Nazionale (CSPC ex SIN), di cui all’allegato n. 4-bis del PRB comporta:

1. che, ai sensi e per gli effetti del D.M. 11 gennaio 2013 e del D.M. 8 agosto 2014, la competenza

per le necessarie operazioni di verifica ed eventuale bonifica all’interno di tali siti è stata trasferita

alla Regione Campania che è subentrata nella titolarità dei relativi procedimenti;

2. per i siti che non sono mai stati oggetto di indagini ambientali l’obbligo:

a) per i proprietari o chi detiene la disponibilità dell’area di procedere all’esecuzione delle indagini

preliminari secondo le “Linee guida per indagini preliminari” redatte da ARPAC e allegate al PRB. I

parametri da valutare devono essere individuati, caso per caso, sulla base della storia del sito e

delle attività ivi svolte nel tempo;

b) per i proprietari o chi detiene la disponibilità dell’area, qualora le indagini preliminari di cui alla

precedente lettera a) accertino l’avvenuto superamento delle CSC anche per un solo parametro, di

darne immediata notizia, utilizzando il Modello Unificato per le Comunicazioni (Allegato A), al

comune, alla provincia/città metropolitana, alla Regione Campania UOD Autorizzazioni Ambientali

e all’ARPAC territorialmente competenti con la descrizione delle misure di prevenzione e di messa

in sicurezza di emergenza adottate e di conseguenza attivare tutte le procedure di cui agli artt. 242

e successivi del Titolo V della Parte IV del D.lgs. 152/2006 e s.m.i.;

c) per i proprietari o chi detiene la disponibilità dell’area, qualora le indagini preliminari di cui alla

lettera a) non accertino il superamento delle CSC, di presentare una relazione tecnica asseverata,

a firma di un tecnico abilitato iscritto ad albo, sulle indagini ambientali stesse con autocertificazione

degli esiti, secondo il Modello Unificato per le Comunicazioni (Allegato A), comprensiva di

indicazione della destinazione d’uso del sito, dei certificati delle analisi effettuate,

geolocalizzazione del sito e dei punti di indagine; detta documentazione dovrà essere trasmessa,

in copia cartacea e in formato elettronico, agli uffici della Regione Campania UOD Autorizzazioni

Ambientali, all’ARPAC, alla provincia/città metropolitana e al comune competenti per territorio; d)

per la Provincia/Città Metropolitana e il comune territorialmente competenti di effettuare le verifiche

e i controlli previsti all’art. 242 comma 2 del D.lgs. 152/2006 e s.m.i. notiziando gli esiti alla

Regione Campania UOD Autorizzazioni Ambientali e all’ARPAC territorialmente competenti, fermo

restando la facoltà per questi ultimi di effettuare le verifiche e controlli ritenuti opportuni per le

rispettive competenze;

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e) per gli uffici della Regione Campania UOD Autorizzazioni Ambientali competenti, obbligo di

istruire, ai fini della presa d’atto, la documentazione presentata alla precedente lettera c) e

notificarne gli esiti alla Regione Campania UOD Bonifiche, all’ARPAC, alla provincia/città

metropolitana e al comune competenti per territorio ai fini dei provvedimenti consequenziali;

f) per la Regione Campania UOD Bonifiche di prendere atto della comunicazione di cui al punto

precedente e, al momento del primo aggiornamento utile degli allegati al PRB, di provvedere alla

cancellazione del sito dal CSPC ex SIN, nel caso in cui gli esiti delle indagini ambientali svolte

abbiano verificato il non superamento dei valori delle CSC di riferimento e nel caso in cui non siano

stati comunicati elementi ostativi a valle dei controlli di cui alla lettera d), e di riportare le relative

informazioni nell’Allegato n. 1 del PRB “Archivio dei procedimenti conclusi”;

3. per i siti indagati, per i quali è stato riscontrato un superamento delle CSC, l’obbligo:

a) per la provincia/città metropolitana territorialmente competente di effettuare, ove non ancora

esperite, le opportune indagini volte a individuare il soggetto responsabile dell’evento di

superamento delle CSC, e, sentito il comune, di diffidare, con ordinanza motivata, notificata anche

al proprietario del sito, il soggetto responsabile ad attivare tutte le procedure di cui agli artt. 242 e

successivi del Titolo V della Parte IV del D.Lgs. 152/2006 e s.m.i. Gli esiti delle indagini, anche in

caso negativo, nonché copia dell’ordinanza di diffida, qualora emanata, devono essere

opportunamente comunicati alla Regione UOD Autorizzazioni Ambientali, al comune e all’ARPAC

territorialmente competente;

b) a carico del soggetto responsabile, ovvero dei soggetti pubblici in caso in cui si applichi l’art. 250

D.Lgs 152/2006 e s.m.i., di avviare e/o proseguire l’iter procedurale previsto dagli artt. 242 e

successivi del Titolo V della Parte IV del D.Lgs. 152/2006 e s.m.i., ovvero di redigere ed eseguire il

Piano di Caratterizzazione e l’Analisi di Rischio Sito Specifica ed eventualmente procedere agli

interventi di messa in sicurezza/bonifica/monitoraggio, nel rispetto di quanto già deliberato nella

relativa Conferenza di Servizi tenuta presso il MATTM. In particolare:

i. nei trenta giorni successivi alla comunicazione di cui al comma 2 lettera b), il soggetto

responsabile presenta al comune, alla provincia/città metropolitana e alla Regione Campania UOD

Autorizzazioni Ambientali territorialmente competenti il piano di caratterizzazione con i requisiti di

cui all’Allegato 2 della Parte IV del D.Lgs. 152/2006. Entro i trenta giorni successivi la Regione

Campania UOD Autorizzazioni Ambientali territorialmente competente, convocata la conferenza di

servizi, autorizza il piano di caratterizzazione con eventuali prescrizioni integrative.

L’autorizzazione regionale costituisce assenso per tutte le opere connesse alla caratterizzazione,

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sostituendosi ad ogni altra autorizzazione, concessione, concerto, intesa, nulla osta da parte della

pubblica amministrazione;

ii. sulla base delle risultanze della caratterizzazione, nel caso di validato superamento delle CSC,

al sito è applicata la procedura di analisi del rischio sito specifica per la determinazione delle

concentrazioni soglia di rischio (CSR). Entro sei mesi dall’approvazione del piano di

caratterizzazione, il soggetto responsabile presenta alla Regione Campania UOD Autorizzazioni

Ambientali territorialmente competente i risultati dell’analisi di rischio. La Regione Campania UOD

Autorizzazioni Ambientali territorialmente competente procede alla convocazione della conferenza

di servizi, secondo quanto previsto dall’art. 242 del D.lgs. n. 152/06;

iii. gli esiti della conferenza di servizi in merito agli esiti delle attività di caratterizzazione e al

documento di analisi di rischio presentato sono approvati con provvedimento della Regione

Campania UOD Autorizzazioni Ambientali territorialmente competente che viene trasmesso al

comune, alla provincia/città metropolitana e all’ARPAC territorialmente competenti, al soggetto

responsabile e alla Regione Campania UOD Bonifiche.

c) fatto salvo quanto previsto all’art. 242-bis del D.Lgs. 152/2006 e s.m.i., per la Regione

Campania, UOD Bonifiche, di provvedere alla cancellazione del sito dal CSPC ex SIN nel caso di

provvedimento di approvazione della Conferenza di servizi di cui alla precedente lettera b)iii,

tenuta ai sensi dell’art. 242 del D.lgs. 152/2006 e s.m.i presso la Regione Campania UOD

Autorizzazioni Ambientali territorialmente competente, con l’approvazione degli esiti della

caratterizzazione o del documento dell’analisi del rischio, dichiari concluso positivamente il

procedimento, e di riportare le relative informazioni nell’Allegato n. 1 del PRB “Archivio dei

procedimenti conclusi” oppure, in caso di verifica di superamento dei valori delle concentrazioni

soglia di rischio (CSR), di inserire il sito nell’Anagrafe dei Siti da bonificare;

Resta salva la facoltà per i soggetti interessati e non responsabili della contaminazione di attivare

le procedure di cui agli artt. 242 e successivi del Titolo V della Parte IV del D.Lgs. 152/2006 e

s.m.i., fatti salvi gli obblighi del responsabile della potenziale contaminazione di cui all’articolo 242

del D.Lgs. 152/2006 e s.m.i.

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HABITAT NATURALI (NATURA 2000) E CONSERVAZIONE DEGLI UCCELLI SELVATICI

Natura 2000 è il principale strumento della politica dell'Unione Europea per la conservazione della

biodiversità. Si tratta di una rete ecologica diffusa su tutto il territorio dell'Unione, istituita ai sensi

della Direttiva 92/43/CEE "Habitat" per garantire il mantenimento a lungo termine degli habitat

naturali e delle specie di flora e fauna minacciati o rari a livello comunitario.

La rete Natura 2000 è costituita dai Siti di Interesse Comunitario (SIC), identificati dagli Stati

Membri secondo quanto stabilito dalla Direttiva Habitat, che vengono successivamente designati

quali Zone Speciali di Conservazione (ZSC), e comprende anche le Zone di Protezione Speciale

(ZPS) istituite ai sensi della Direttiva 2009/147/CE "Uccelli" concernente la conservazione degli

uccelli selvatici.

A protezione dei siti Natura 2000 è assicurata dalla Valutazione di Incidenza. La procedura ha la

funzione di assicurare lo stato di conservazione degli habitat naturali e delle specie di fauna e flora

selvatiche di interesse comunitario.

La Valutazione di Incidenza è stata introdotta dalla Direttiva “Habitat” 92/43/CEE (art. 6, comma 3)

e recepita a livello nazionale dal DPR n. 357 del 8 settembre 1997 (art. 5), come sostituito e

integrato dal DPR n.120 del 12 marzo 2003 (art.6). Sono sottoposti a procedura di valutazione tutti

i piani e progetti che possono avere incidenze significative dirette o indirette su un sito della Rete

Natura 2000.

Il sito interessato dal progetto in questione non rientra nelle zone delimitate SIC (Siti di

Importanza Comunitaria) o da ZPS (Zone di Protezione Speciali) e non ha alcuna

connessione funzionale con siti della Rete Natura 2000, da ciò scaturisce che non è

interessato da uno studio d’incidenza ambientale per le possibili interferenze significative

sull’area in oggetto.

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I PARCHI NATURALI E LE AREE PROTETTE

La conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano

ha approvato, nel Luglio 2003, il “5° Aggiornamento dell'elenco ufficiale delle aree naturali protette”, ai sensi

del combinato disposto dell’art. 3, co 4, lett. c) della L. 394/91, e dell’art. 7, co.1, del D.Lgs. 28 agosto 1997,

n. 281" (G.U. N. 205 del 4/09/2003, Allegato A).

L'Elenco raccoglie tutte le aree naturali protette, marine e terrestri, che rispondono ad alcuni criteri ed è

periodicamente aggiornato a cura del Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio - Direzione per la

Conservazione della Natura.

In base a questo documento le aree protette della Regione Campania risultano essere:

Parchi Nazionali:

Parco Nazionale del Cilento e Vallo di Diano;

Parco Nazionale del Vesuvio;

Riserve Naturali Statali:

Riserva Naturale Castelvolturno;

Riserva Naturale Statale isola di Vivara;

Riserva Naturale Tirone Alto Vesuvio;

Riserva Naturale Cratere degli Astroni;

Riserva Naturale Valle delle Ferriere.

Parchi Naturali Regionali:

Parco naturale Diecimare;

Parco Regionale Monti Picentini;

Parco Regionale del Partenio;

Parco Regionale del Matese;

Parco Regionale di Roccamonfina - Foce Garigliano;

Parco Regionale del Taburno – Camposauro;

Parco Regionale dei Campi Flegrei;

Parco Regionale dei Monti Lattari;

Parco Regionale del Fiume Sarno;

Riserve Naturali Regionali:

Riserva Naturale Foce Sele – Tanagro;

Riserva Naturale Foce Volturno - Costa di Licola;

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Riserva Naturale Monti Eremita – Marzano;

Riserva Naturale Lago Falciano;

Aree Naturali Marine Protette e Riserve Naturali Marine:

Area naturale marina protetta Punta Campanella;

Altre Aree Naturali Protette Nazionali

Parco sommerso di Baia;

Parco sommerso di Gaiola;

Altre Aree Naturali Protette Regionali

Oasi Bosco di S. Silvestro;

Oasi Naturale del Monte Polveracchio;

Area naturale Baia di Ieranto;

La normativa relativa alle aree protette in Campania è, essenzialmente, regolata da due leggi:

la legge quadro nazionale n. 394 del 6 dicembre 1991

la legge regionale n. 33 del 1 settembre 1993.

La legge n. 394 istituisce le aree naturali protette di rilievo nazionale e regionale con lo scopo di garantire e

promuovere la conservazione e la valorizzazione del patrimonio naturale; si inizia a parlare di conservazione

attiva dell’ambiente naturale prevedendo l’inserimento delle attività economiche e la presenza dell’uomo

attraverso nuovi strumenti di gestione e pianificazione del territorio.

Le aree naturali protette sono state suddivise essenzialmente in quattro tipologie:

Parco Nazionale;

Parco Regionale;

Riserva Naturale (Statale e Regionale);

Area Marina protetta.

Tale classificazione è stata modificata già due volte, ampliando i tipi di area protetta, con le deliberazioni 21

dicembre 1993 e 2 dicembre 1996, così come stabilito dalla stessa legge che prevede l’integrazione della

classificazione da parte del Comitato per le aree naturali protette, sentito il parere della Consulta tecnica.

La gestione di tali aree è affidata a gli Enti Parco, quali enti autonomi in cui è garantita la presenza delle

comunità locali, delle associazioni di protezione ambientale e del mondo scientifico.

Gli aspetti innovativi della legge 394/91 sono costituiti dagli strumenti di attuazione dei parchi nazionali, che

sono: il Regolamento del parco, il Piano del parco, per gli aspetti territoriali, ed il Piano pluriennale

economico e sociale, pel la promozione delle attività compatibili.

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Nel 1993 la Regione, con lo scopo di perseguire gli obbiettivi di cui alla 394/91, ha emanato la legge n. 33

“Istituzioni di parchi e riserve naturali in Campania”.

Tale disposizione intendeva garantire e promuovere la conservazione e la valorizzazione del patrimonio

naturale della Campania.

La classificazione delle aree naturali protette, secondo tale legge, definisce solo due tipi, i Parchi naturali e le

Riserve naturali, demandando al Comitato Consultivo Regionale (CCR) la possibilità di apportare ed

integrare altre classificazioni, in considerazione delle convenzioni europee e della legislazione nazionale.

La legge ha individuato un sistema di undici aree protette regionali, correlate ai due parchi nazionali

(Vesuvio e Cilento – Vallo di Diano), da istituire con appositi decreti del Presidente della Giunta Regionale.

Successivamente con l’art.34 della L.R. 18/2000 è stato sostituito l’art.6 della L. 33/93.

Allo stato attuale la Regione ha avviato delle Conferenze con gli Enti interessati (Provincia, Comuni,

Comunità Montane) per la ridefinizione delle perimetrazioni dei parchi regionali.

Negli ultimi anni ci sono stati considerevoli progressi nella conoscenza del territorio campano grazie agli

sviluppi della Rete Natura 2000, in attuazione degli accordi previsti dalla Conservazione sulla Biodiversità

(Rio de Janeiro 1992) ed alle direttive CEE, 409/79 “Uccelli” e 43/92 “Habitat”.

Lo scopo di tali direttive è quello di tutelare gli habitat naturali e garantire il mantenimento delle biodiversità.

Il Ministero dell’Ambiente, per ottemperare a tale obbligo comunitario, ha dato vita al progetto Bioitaly che ha

visto coinvolte tutte le regioni e le province italiane, con il supporto scientifico delle principali Istituzioni

Scientifiche.

Nella regione Campania sono stati individuati 132 siti, afferenti all’ambito biogeografico “Mediterraneo”, di cui

37 nella provincia di Napoli. In alcuni casi uno o più siti ricadono nell’area protetta, in altri l’area protetta ed il

sito coincidono, più raramente l’area protetta è compresa in un sito più esteso dell’area medesima. Per

ognuno di essi la Regione ha elaborato una scheda suddivisa in due sezioni; la prima riporta i dati fisico-

geografici, ovvero la denominazione, l’ubicazione, l’estensione, i comuni in cui l’area ricade; la seconda

sezione comprende le principali caratteristiche naturalistiche del sito, quelle geomorfologiche, faunistiche e

floro-vegetazionali.

La mancata definizione gestionale, normativa e territoriale dei parchi ha vanificato lo stanziamento annuale

dei finanziamenti previsti dalla legge 33/93 la possibilità di usufruire dei finanziamenti previsti dal POR

Campania 2000 – 2006.

Per una più facile lettura si è suddiviso il sistema delle aree protette nelle tre presenze più consistenti e

geograficamente significative, quali, da est ad ovest: l’area del Parco Regionale dei Campi Flegrei, l’area del

Parco Nazionale del Vesuvio e l’area del Parco Regionale dei Monti Lattari.

Nell’area dei Campi Flegrei, nonostante la forte antropizzazione ed il risultante caos urbano, si rilevano

importanti testimonianze storico – archeologiche, caratterizzate soprattutto dagli insediamenti greco –

romani, presenze naturalistiche, legate, alla natura vulcanica dell’area, ad una discreta presenza faunistica

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ed alla varietà delle specie vegetazionali, che vanno dal tipo appenninico alla macchia mediterranea e alla

tipica vegetazione dunale.

Il parco nazionale del Vesuvio è sicuramente caratterizzato dalla presenza del complesso vulcanico che ne

definisce il paesaggio. La vegetazione è varia e differenziata; il versante costiero del parco ospita una

vegetazione tipicamente mediterranea; il versante del Somma, più interno, presenta una vegetazione più

mesofila, che ricorda quella appenninica.

Le recenti pubblicazioni sui parchi, riserve e siti Bioitaly della Regione Campania, il lavoro delle principali

Istituzioni Scientifiche e delle varie associazioni ambientaliste, rappresentano un contributo per la

conoscenza, l’informazione e la divulgazione al fine di promuovere l’affermazione di una più attenta

sensibilità per le problematiche ambientali.

Insieme alla conoscenza di tali tematiche è necessaria una presenza attiva sul territorio che può essere

svolta dagli Enti Parco attraverso l’attuazione degli strumenti previsti dalla vigente normativa, quali il Piano

del Parco ed il Piano pluriennale economico e sociale, per garantire un’adeguata ed attenta

regolamentazione, pianificazione e gestione del territorio.

L’unico Ente Parco istituito è quello del Parco Nazionale del Vesuvio che ha predisposto il Piano del Parco;

sta, inoltre, attuando una politica di tutela dell’intero territorio protetto attraverso l’abbattimento delle

costruzioni abusive e attraverso interventi di ingegneria naturalistica per far fronte ai dissesti idrogeologici;

contemporaneamente, l’Ente sta organizzando eventi e manifestazioni per la conoscenza dei luoghi e la

promozione dei prodotti locati.

Allo stesso tempo è importante coinvolgere le comunità locali, promuovere le iniziative (imprenditoriali,

artigianali, culturali e dei servizi) legate alle potenzialità dell’area protetta e perseguire una politica di

sensibilizzazione per l’uso di mezzi non inquinanti.

Tale azione dovrebbe riguardare anche la diffusione di metodi a basso impatto ambientale, come ad

esempio gli interventi di ingegneria naturalistica, nelle opere di bonifica e risanamento ambientale, nella

difesa del suolo, e nella manutenzione e fruizione dei luoghi; tutto ciò seguito da un’opera continua e

costante di monitoraggio.

Per quanto riguarda l’agricoltura sono stati fatti notevoli passi avanti attraverso il progetto, varato dalla

Regione, “Qualità totale nell’agricoltura campana” con lo scopo di individuare, descrivere e far conoscere

tutti i prodotti tipici dell’agricoltura campana e creare i presupposti per tutelarne, nel tempo e sul mercato, la

genuinità e il rispetto delle caratteristiche peculiari.

Tale lavoro ha consentito di definire i disciplinari di produzione di un primo gruppo di prodotti e di avviare per

molti di questi la procedura di riconoscimento delle nuove denominazioni comunitarie: Denominazione di

Origine Protetta (DOP), Indicazione Geografica Protetta (IGP) e Attestazione di Specificità (AS).

La definizione di un reticolo di corridoi ecologici e la valorizzazione delle attività produttive compatibili

permetteranno, da un lato, la valorizzazione della Rete Ecologica provinciale e regionale, dall’altro, il

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consolidamento delle presenze attive sul territorio, il miglioramento delle attività locali e l’apertura a nuovi

flussi turistici.

Le aree naturali protette in Campania raggiungono circa il 25% della superficie totale

(sup. territoriale della Campania = 1.359.533 ha, sup. territoriale aree protette della Campania = 340.000 ha

circa).

Tale superficie è ripartita in 2 parchi nazionali, 1 area protetta marina nazionale, 7 parchi regionali, 4 riserve

naturali regionali, 4 riserve naturali statali, riserve marine, aree di reperimento, zone umide di importanza

internazionale, oasi WWF e Legambiente interessando complessivamente oltre 200 comuni, di cui il 50%

comuni con popolazione inferiore a 5.000 abitanti.

Le quantità territoriali complessive che partecipano, come sistema delle aree protette ai diversi livelli e come

aree di particolare sensibilità, alla formazione della Rete ecologica regionale, si possono stimare in:

2.600.000 ha delle aree dell’elenco ufficiale;

2.000.000 ha delle aree SIC/ZPS;

Aree cuscinetto e aree contigue per il 20 – 25% delle aree protette, valutabili in 500.ooo ha;

Corridoi di connessione, che considerando il soli ambiti fluviali di pregio, le zone montane a

maggiore naturalità e gli ambiti di paesaggio più integri e sensibili, contribuiscono con circa

1.500.000 ha.

Il sito interessato dal progetto non rientra nelle zone delimitate SIC (Siti di Importanza

Comunitaria) o da ZPS (Zone di Protezione Speciali), ne in Aree Protette o Parchi, da ciò

scaturisce che non è interessato da uno studio d’incidenza ambientale per le possibili

interferenze significative sull’area in oggetto.

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Inquadramento del sito oggetto di studio con la cartografia del Geoportale Nazionale

“Progetto Natura”

Dall’inquadramento del sito oggetto di studio con la cartografia del Geoportale Nazionale

“Progetto Natura” riportante:

le aree protette iscritte al 5 Elenco Ufficiale Aree Protette (EUAP), comprensive dei Parchi Nazionali,

delle Aree Naturali Marine Protette, delle Riserve Naturali Marine, delle Riserve Naturali Statali, dei

Parchi e Riserve Naturali Regionali;

la Rete Natura 2000, costituita ai sensi della Direttiva ''Habitat'' dai Siti di Importanza Comunitari

(SIC) e dalle Zone di Protezione Speciale (ZPS) previste dalla Direttiva ''Uccelli'';

le Important Bird Areas (IBA);

le aree Ramsar, aree umide di importanza internazionale;

si evince che il sito interessato dal progetto non rientra nelle zone delimitate SIC (Siti di

Importanza Comunitaria) o da ZPS (Zone di Protezione Speciali), né in Aree Protette o

Parchi, da ciò scaturisce che non è interessato da uno studio d’incidenza ambientale per le

possibili interferenze significative sull’area in oggetto.

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PIANO TERRITORIALE REGIONALE DELLA CAMPANIA

In attuazione della legge regionale 22 dicembre 2004, n. 16, articolo 13, è stato approvato il Piano

Territoriale Regionale della Campania con Legge Regionale n. 13 del 13 ottobre 2008. La Regione ha inteso

dare al Piano Territoriale Regionale (PTR) un carattere fortemente processuale e strategico, promuovendo

ed accompagnando azioni e progetti locali integrati.

Il carattere strategico del PTR va inteso:

- come ricerca di generazione di immagini di cambiamento, piuttosto che come definizioni regolative del

territorio;

- di campi progettuali piuttosto che come insieme di obiettivi;

- di indirizzi per l’individuazione di opportunità utili alla strutturazione di reti tra attori istituzionali e non,

piuttosto che come tavoli strutturati di rappresentanza di interessi.

Il Piano Territoriale Regionale della Campania si propone quindi come un piano d’inquadramento, d’indirizzo

e di promozione di azioni integrate.

In sintesi, il PTR definisce gli indirizzi strategici e le linee di assetto territoriale, demandando ai Piani

Territoriali di Coordinamento Provinciale (e gli strumenti attuativi di livello regionale) gli aspetti più vincolistici,

in linea con le più recenti esperienze nazionali di pianificazione territoriale regionale.

Attraverso il PTR la Regione, nel rispetto degli obbiettivi generali di promozione dello sviluppo sostenibile e

di tutela dell’integrità fisica e dell’identità culturale del territorio ed il coordinamento con gli indirizzi di

salvaguardia già definiti delle Amministrazioni statali competenti e con le direttive contenute nei piani di

settore previsti dalla normativa statale vigente, individua:

gli obiettivi di assetto e le linee principali di organizzazione del territorio regionale, nonché le

strategie e le azioni volte alla loro realizzazione;

i sistemi infrastrutturali e le attrezzature di rilevanza sovra regionale e regionale; nonché gli impianti

e gli interventi pubblici dichiarati di rilevanza regionale;

gli indirizzi e i criteri per la elaborazione degli strumenti di pianificazione Provinciale e per la

cooperazione istituzionale.

Il PTR, inoltre, definisce:

a. il quadro generale di riferimento territoriale per la tutela dell’integrità fisica e dell’identità culturale del

territorio, fornendo criteri e indirizzi anche di tutela paesaggio-ambiente per la pianificazione Provinciale;

b. gli indirizzi per lo sviluppo sostenibile e i criteri generali da rispettare nella valutazione dei carichi

insediativi ammissibili sul territorio, nel rispetto della vocazione agro – silvo – pastorale dello stesso;

c. gli elementi costitutivi dell’armatura territoriale a scala regionale, con riferimento alle gradi linee di

Comunicazione viaria, ferroviaria e marittima, nonché ai nodi di interscambio modale per persone e merci,

alle strutture aeroportuali e portuali, gli impianti e alle reti principali per l’energia e le telecomunicazioni;

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d. i criteri per l’individuazione, in sede di Pianificazione Principale, degli ambiti territoriali entro i quali i

Comuni di minori dimensioni possono espletare l’attività di pianificazione urbanistica in forma associata;

e. gli indirizzi per la distribuzione territoriale degli insediamenti produttivi e commerciali;

f. gli indirizzi e i criteri strategici per la pianificazione di aree interessate da intensa trasformazione o da

elevato livello di rischio;

g. la localizzazione dei siti inquinanti di interesse regionale ed i criteri per la bonifica degli stessi;

h. gli indirizzi e le strategie per la salvaguardia e la valorizzazione delle risorse culturali e paesaggistiche

connesse allo sviluppo turistico ed all’insediamento ricettivo.

La proposta di Piano e articolata in cinque Quadri Territoriali di Riferimento, utili ad attivare una

pianificazione d’area vasta concreta con le Province e le Soprintendenze, in grado di definire

contemporaneamente anche gli indirizzi di pianificazione paesistica:

1. Il Quadro delle reti: la rete ecologica, la rete dell’interconnessione (modalità e logistica) e le reti di rischio

ambientale che attraversano il territorio regionale.

Il PTR definisce “il quadro generale di riferimento territoriale per la tutela dell’integrità fisica e dell’identità

culturale del territorio, […] e connesse con la rete ecologica regionale fornendo criteri e indirizzi anche di

tutela paesaggistico – ambientale per la pianificazione provinciale” Tale parte del PTR risponde a quanto

indicato al punto 3 lettera a dell’art.13 della LR n.16/2004, dove si afferma che il PTR deve definire il quadro

generale di riferimento territoriale per la tutela dell’integrità fisica e dell’identità culturale del territorio, […] e

connesse con la rete ecologica regionale, fornendo criteri e indirizzi anche di tutela paesaggistico –

ambientale pel la pianificazione provinciale.

2. Il Quadro degli ambienti insediativi, individuati in numero di nome in rapporto alla caratteristiche

morfologico – ambientali e alla trama insediativa. Gli ambienti insediativi individuati contengono i “tratti di

lunga durata”, gli elementi ai quali si connettono i grandi investimenti. Sono ambiti sub regionali per i quali

vengono costruite delle “visioni” cui soprattutto i piani territoriali di coordinamento provinciali ritrovano utili

elementi di connessione.

Tale parte del PTR risponde a quanto indicato al punto 3 lettera b, c ed e dell’art.13 della LR n.16/2004,

dove si afferma che il PTR dovrà definire:

gli indirizzi per lo sviluppo del territorio e i criteri generali da rispettare nella valutazione dei carichi

insediativi ammissibili sul territorio;

gli elementi costitutivi dell’armatura urbana territoriale alla scala regionale;

gli indirizzi per la distruzione degli insediamenti produttivi e commerciali.

I nove “ambienti insediativi”, i cui confini sono variabili, possono essere indicati come segue:

1. la piana campana, comprendente un’area molto vasta di 123 comuni;

2. l’area della costiera sorrentino-amalfitana, comprendente 20 comuni;

3. l’area dell’agro nocerino – sarnese e solofrano, comprendente 23 comuni;

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4. l’area urbana di Salerno e della piana del Sele, comprende 24 comuni;

5. l’area di Cilento e del Vallo di Dino, che comprende 94 comuni;

6. area di Avellino e del “cratere” di più incerta delimitazione, comprendente 84 comuni;

7. l’area beneventana comprendente 60 comuni;

8. l’area della media valle del Volturno, che include 28 comuni;

9. l’area del Matese e dell’Appennino molisano – sannita.

3. Il Quadro dei Sistemi Territoriali di Sviluppo (STS), luoghi di esercizio di visioni strategiche condivise,

individuati in numero di 45.

Tale suddivisione è stata effettuata in base alle dominanti territoriali presenti in ciascuna zona al fine

individuare indirizzi strategici di sviluppo. Le dominanti territoriali individuate vengono raccolte nelle seguenti

sei classi:

1. naturalistica

2. rurale – culturale

3. rurale – industriale

4. urbana

5. urbano – industriale

6. paesistico – culturale

Tale parte del PTR risponde a quanto indicato al punto 2 lettera a e c, dell’art.13 della LR n.16/2004, dove si

afferma che il PTR dovrà individuare:

gli obiettivi d’assesto e le linee di organizzazione territoriale, nonché le strategie e le azioni volte alla

loro realizzazione;

indirizzi e criteri di elaborazione degli strumenti di pianificazione provinciale e per la cooperazione

industriale.

4. Il Quadro dei campi territoriali complessi (CTC). Nel territorio regionale vengono individuati alcuni

“campi territoriali” nei quali la sovrapposizione – intersezione dei precedenti Quadri Territoriali di Riferimento

mette in evidenza gli spazi di particolare criticità dove si ritiene che la Regione debba promuovere un’azione

prioritaria di interventi particolarmente integrati. Tale parte del PTR risponde a quanto indicato al punto 3

lettera f dell’art.13 della LR n.16/2004, dove si afferma che il PTR dovrà rispettivamente definire gli indirizzi e

i criteri strategici per le aree interessate da intensa trasformazione ed elevato livello di rischio.

5. Il Quadro delle modalità per la cooperazione istituzionale tra i comuni minori e delle

raccomandazioni per lo svolgimento di “buone pratiche”. In Campania la questione riguarda soprattutto

i tre settori territoriali del quadrante settentrionale della provincia di Benevento, il quadrante orientale della

provincia di Avellino e di Vallo di Diano nella provincia di Salerno. In essi gruppi di comuni con popolazione

inferiore ai 5.000 abitanti, caratterizzati da contiguità e reciproca accessibilità, appartenenti allo stesso STS,

possono essere incentivati alla collaborazione. Parimenti, gruppi di Comuni anche con popolazione

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superiore a 5.000 abitanti ed anche appartenenti a diversi STS, possono essere incentivati alla

collaborazione per quanto attiene al miglioramento delle reti infrastrutturali e dei sistemi di modalità.

Tale parte del PTR risponde anche a quanto indicato al punto 3 lettera d dell’art.13 della LR n.16/2004, dove

si afferma che il PTR definisce i criteri d’individuazione, in sede di pianificazione provinciale, degli ambiti

territoriali entro i quali i Comuni di minori dimensioni possono espletare l’attività di pianificazione urbanistica

in forma associata.

I cinque suggeriscono dimensioni diverse (dall’intera regione a parti del territorio contenute), dotate di

identità e di relativa autonomia, rispetto alle quali l’istituzione regionale si pone come “rete” di

inquadramento, indirizzo, coordinamento e sostegno delle loro specificità.

I Quadri Territoriali di Riferimento delineano il carattere di co-pianificazione del PTR: l’intenzione e di

poggiare il successo del Piano non tanto sull’adeguamento conformativo degli altri piani, ma sui meccanismi

di accordi e intese intorno alle grandi materie dello sviluppo sostenibile e delle grandi direttrici di

interconnessione. Non si ricerca quindi una diretta interferenza con le previsioni d’uso del suolo, che

rimangono di competenza dei piani comunali, in raccordo con le previsioni dei piani Territoriali di

Coordinamento (PTCP) provinciali, l’obbiettivo è di contribuire all’eco-sviluppo, secondo una visione che

attribuisce al territorio il compito di mediare cognitivamente ed operativamente tra la materia della

pianificazione territoriale (comprensiva delle componenti di natura paesistico-ambientale) e quella della

promozione e della programmazione dello sviluppo.

Nell’interpretazione della struttura territoriale della Campania, il Piano Territoriale Regionale individua,

attraverso i Quadri territoriali di riferimento, utili ad attivare una pianificazione d’area vasta concertata con le

Province e le Soprintendenze e ad indicare gli indirizzi di pianificazione paesistica: il Quadro delle reti, il

Quadro degli ambienti insediativi, il Quadro dei sistemi territoriali di sviluppo, il Quadro dei Campi territoriali

complessi, il Quadro degli indirizzi per le intese intercomunali e buone pratiche di pianificazione, gli Ambienti

Insediativi ed i Sistemi Territoriali di Sviluppo.

Nelle pagine seguenti si riportano alcuni stralci della cartografia di Piano con indicazione

dell’ubicazione del sito, dai quali si evince che il progetto in questione è in linea con il

PIANO TERRITORIALE REGIONALE DELLA CAMPANIA.

LEGENDA:

Localizzazione Territoriale dell’Impianto della ZITO Recupero Plastica S.r.l.

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Come si evince dalla cartografia, l’area in esame ricade in zona identificata come “Area di

massima frammentazione ecosistemica”.

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Come si evince dalla cartografia, l’area in esame non rientra nelle zone delimitate SIC (Siti di

Importanza Comunitaria) o da ZPS (Zone di Protezione Speciali), ne in Aree Protette o Parchi.

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Come si evince dalla cartografia, l’area in esame è situata nell’Ambiente Insediativo 1 – Piana

Campana.

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Come si evince dalla cartografia, l’area in esame rientra nel Sistema Territoriale di Sviluppo E1 –

NAPOLI NORD-EST.

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Come si evince dalla cartografia, l’area in esame rientra nel Sistema Territoriale di Sviluppo E1 –

NAPOLI NORD-EST a DOMINANTE URBANO INDUSTRIALE.

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Come si evince dalla cartografia, l’area in esame rientra nel Campo Territoriale Complesso

3 – DIRETTRICE NORD NAPOLI CASERTA.

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PIANO TERRITORIALE DI COORDINAMENTO PROVINCIALE (PTCP)

Il Piano territoriale di coordinamento della Provincia di Napoli, di seguito denominato PTCP, è redatto

secondo le disposizioni dell’art. 20 del D.lgs. 267/2000, dell’art. 57 del D.lgs. 112/1998 e dell’art.18 della

Legge Regionale 22 dicembre 2004, n.16.

In base alla legge regionale 16/2004 il PTCP deve svolgere i seguenti compiti:

a. Individuare gli elementi costitutivi del territorio provinciale, con particolare riferimento alle caratteristiche

naturali, culturali, paesaggistico- ambientali, geologiche, rurali, antropiche e storiche dello stesso;

b. Fissare i carichi insediativi ammissibili nel territorio, al fine di assicurare lo sviluppo sostenibile della

provincia in coerenza con le previsioni del PTR;

c. Definire le misure da adottare per la prevenzione dei rischi derivanti da calamità naturali;

d. Dettare disposizioni volte ad assicurare la tutela e la valorizzazione dei beni ambientali e culturali presenti

sul territorio;

e. Indicare le caratteristiche generali delle infrastrutture e delle attrezzature di interesse intercomunale e

sovra comunale;

f. Incentivare la conservazione, il recupero e la riqualificazione degli insediamenti esistenti.

La stessa legge prevede che la pianificazione territoriale provinciale si realizzi mediante il piano territoriale di

coordinamento provinciale – PTCP – e i piani settoriali provinciali – PSP –. Il PTCP contiene disposizioni di

carattere “strutturale” e le altre di carattere “programmatico”.

Le disposizioni strutturali contengono:

a. l’individuazione delle strategie della pianificazione urbanistica;

b. gli indirizzi e i criteri per il dimensionamento dei piani urbanistici comunali, nonché l’indicazione dei limiti di

sostenibilità delle relative previsioni;

c. la definizione delle caratteristiche di valore e di potenzialità dei sistemi naturali e antropici del territorio;

d. la determinazione delle zone nelle quali è opportuno istituire aree naturali protette di interesse locale;

e. l’indicazione, anche in attuazione degli obiettivi della pianificazione regionale, delle prospettive di sviluppo

del territorio;

f. la definizione della rete infrastrutturale e delle altre opere di interesse provinciale nonché dei criteri per la

locazione e il dimensionamento delle stesse, in coerenza con le analoghe previsioni di carattere nazionale e

regionale;

g. gli indirizzi finalizzati ad assicurare la compatibilità territoriale degli insediamenti industriali.

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Obiettivi del piano

Nell’ambito delle competenze della Provincia e dei compiti assegnati al PTCP dalla legislazione vigente,

vengono individuati gli obbiettivi prioritari di seguito descritti:

Diffondere la valorizzazione del paesaggio su tutto il territorio provinciale. In applicazione della

Convenzione Europea del Paesaggio ed in esecuzione della volontà regionale di adeguare ad essa

la pianificazione paesistica esistente, mettere a punto, sulla base di una ricognizione attenta dei

valori alti, ma anche diffusi ed identitari, una rinnovata politica di valorizzazione del patrimonio

culturale e naturale costituente il paesaggio.

Intrecciare all’insediamento umano una rete di naturalità diffusa. Le aree naturali protette possono

superare la loro insularità attraverso la costituzione di corridoi ecologici. Queste connessioni

svolgeranno contemporaneamente la funzione di preservare la bio diversità e di fornire un ambiente

di migliore qualità per la vita dell’uomo.

Realizzare un equilibrio della popolazione sul territorio con una offerta abitativa sostenibile. Dalla

struttura della popolazione proviene una domanda di abitazioni a cui bisogna dare una risposta in

termini sostenibili ed in una prospettiva anche sovra provinciale. Si tratta di realizzare un equilibrio

tra la difesa e valorizzazione dell’ambiente a l’aumento della capacità di accogliere e offrire una

migliore abitabilità alle famiglie.

Indirizzare la politica di coesione verso quelle aree di esclusione e marginalità sociale accoppiate al

degrado urbanistico edilizio. Il territorio provinciale è caratterizzato da profondi divari economico-

sociali che trovano immediato riflesso nelle condizioni abitative dei quartieri. E’ necessario

indirizzare una politica di recupero edilizio ed urbanistico, integrata con politiche sociali di contrasto

all’esclusione verso queste aree degradate.

Indirizzare le attività produttive in armonia con il paesaggio e l’ambiente favorendo la crescita

dell’occupazione. La creazione di nuovi posti di lavoro si rende urgente per la riduzione degli alti

tassi di disoccupazione e per l’affacciarsi sul mercato del lavoro delle nuove generazione. La

territorializzazione delle politiche di sviluppo economico punta alla valorizzazione delle risorse locali,

all’attrazione di investimenti esterni per valorizzare le potenzialità esistenti, allo sviluppo

dell’innovazione nella società della conoscenza in un contesto di sostenibilità ambientale. Si dovrà

curare con particolare attenzione il delicato rapporto tra spazio fisico e attività produttive

aggiungendo alle valutazioni di impatto ex post, la predisposizione ex ante dei siti idonei e della

previsione delle attività compatibili.

Riqualificare i siti dismessi, concentrare le localizzazioni e qualificare l’ambiente di lavoro.

Nell’attuale carenza di suoli, vanno recuperate tutte le aree dismesse assicurando che non ci sia lo

spreco di spazi inutilizzati, prima che vengano impegnate nuove superfici e sottratti suoli

all’agricoltura. Bisogna anche evitare la dispersione degli impianti, realizzati in maniera non

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pianificata o in deroga agli strumenti urbanistici perché questo modello localizzativi induce maggiori

costi esterni alle imprese (in termini di trasporti, servizi, costi di transazione). Le aree produttive,

rispondendo alle esigenze di filiera, favoriranno le relazioni tra le imprese le relative attrezzature

comuni. Saranno particolarmente adatte ad accogliere le tecnologie innovative e non inquinanti, con

prospettiva di competitività di lungo periodo. Creeranno un ambiente di lavoro sano per i dipendenti

e per l’intero territorio.

Migliorare la vivibilità dell’insediamento con una distribuzione dei servizi e delle attività diffusa ed

equilibrata, accessibile ai cittadini. In aggiunta alla correzione delle distorsioni presenti, una politica

provinciale di localizzazione di servizi dovrebbe limitare le dipendenze dal capoluogo, ridurre i flussi

di comunicazione con una più equilibrata diffusione territoriale delle attività in grado di minimizzare

gli spostamenti e orientarli verso il mezzo pubblico.

Elevare l’istruzione e la formazione con la diffusione delle infrastrutture della conoscenza in maniera

capillare.

Dinamizzare il sistema di comunicazione interno e le relazioni esterne particolarmente con le

maggiori aree metropolitane contermini. Il PTCP asseconda ed attua, secondo le proprie

competenze, le strategie regionali di incremento delle relazioni tra l’area metropolitana di Napoli e

quelle contermini di Roma e Bari. In tal senso assume la pianificazione infrastrutturale regionale

come fondamentale ossatura della provincia. Individua, poi, nella dimensione d’ambito la necessità

di migliorare il sistema di trasporto sovra comunale in coerenza con le previsioni della metropolitana

regionale e la dislocazione dei suoi nodi. Il potenziamento del trasporto pubblico, anche alla piccola

scala, dovrà incoraggiare l’abbandono significativo della modalità privata su gomma.

I predetti obiettivi saranno perseguiti attraverso i seguenti 4 “assi strategici”:

A. valorizzazione e riarticolazione del sistema urbano, in forme policentriche e reticolari atte a

migliorare l’efficienza e l’efficacia delle città in quanto motori di sviluppo sostenibile, e da

promuovere la competitività e la qualità diffusa del territorio provinciale;

B. conservazione e valorizzazione del patrimonio ambientale, naturale, culturale e paesistico, in modo

da rafforzare i valori identitari, l’attrattività e l’abitabilità del territorio provinciale e da propiziare forme

sostenibili di sviluppo endogeno locale;

C. sviluppo, riorganizzazione e qualificazione della mobilità e dei trasporti pubblici, al fine di

assecondare la riarticolazione urbana di cui al punto A, di ridurre le difficoltà d’accesso ai servi z i e

alle risorse e di ridurre l’impatto ambientale del traffico e delle infrastrutture;

D. rafforzamento dei sistemi locali territoriali, della loro capacità di auto-organizzarsi e di affacciarsi sui

circuiti sovralocali di scambio e produzione, concorrendo nel contempo ad assicurare il

mantenimento e la riqualificazione del patrimonio ambientale, in particolare nello spazio rurale.

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Il riferimento per tali assi strategici prioritari a livello locale è costituito da articolazioni del territorio provinciale

definite sulla base dei caratteri insediativi, ambientali e socioeconomici integrati che tengono conto degli

ambiti individuati nel PTR come Sistemi Territoriali di Sviluppo, riproponendone la suddivisione, in qualche

caso distinta in ulteriori sistemi in ragione della presenza di centralità di cui si vuole potenziare l’autonomia.

Per rendere operativi gli assi strategici, le linee strategiche specifiche dei programmi e dei piani settoriali

sono articolate e distinte sulla base dei Sistemi territoriali, che tengono conto del quadro di riferimento

ambientale e paesistico degli ambienti insediativi locali (AIL) che in essi sono presenti.

Il sito in oggetto ricade nel STS NAPOLI NORD-EST A DOMINANTE URBANO-INDUSTRIALE costituito

dai Comuni di Acerra, Afragola, Brusciano, Caivano, Casalnuovo di Napoli, Castello di Cisterna, Crispano,

Cardito, Mariglianella e Pomigliano D’arco. Per tale Sistemi Territoriali di Sviluppo sono previsti i seguenti

interventi: realizzazione di servizi di supporto alla stazione di porta dell’Alta velocità; incremento di servizi

pubblici e privati di livello superiore; integrazione funzionale delle attività della grande distribuzione;

valorizzazione del ruolo legato alle attività di produzione e ricerca del triangolo Pomigliano-Acerra-

Casalnuovo attraverso la “messa in rete” e l’integrazione dei servizi; incremento delle funzioni urbane di

livello superiore in una logica di complementarietà tra i diversi centri/ambiti del sistema.

Gli Ambienti insediativi locali (AIL) costituiscono appunto la dimensione ritenuta più congrua dal PTCP e le

integrazioni di identità locali in essi contenute dovrebbero risultare le più feconde e produttive per attuare le

strategie del Piano in modi adeguati a ciascuna situazione territoriale.

Il sito in oggetto ricade nell’Ambiente Insediativo Locale “PIANA ACERRANA”. Nella strategia di sviluppo

proposta dal Piano per il territorio dell’Ail Piana Acerrana l’orientamento progettuale punta alla tutela delle

aree agricole, alla riqualificazione delle componenti insediative e al raggiungimento di condizioni di maggiore

equilibrio ambientale.

Le norme di attuazione del PTCP indicano che per evitare il rischio da scorretta gestione dei rifiuti, che ha

assunto caratteri di drammatica emergenza, deve essere affrontato con una politica che punti su adeguate

strutture impiantistiche, opportunamente collocate sul territorio, su attente campagne di informazione e

formazione di utenti e operatori e su estese azioni di monitoraggio volte a limitare drasticamente l’attività

dell’ecomafia. In particolare definisce l’idoneità per la localizzazione degli impianti di gestione di rifiuti, e dei

relativi requisiti di insediamento anche in relazione al sistema della viabilità d’accesso, all’esistenza di presidi

ambientali e reti di monitoraggio ambientale e, per gli impianti di gestione dei rifiuti, alla baricentricità del sito

rispetto al bacino di produzione e l’ utilizzazione, per attività di tipo produttivo, nelle aree e negli insediamenti

che si rendano disponibili per dismissione.

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In particolare per i Poli specialistici produttivi “consolidati” come la Zona D Industriale – PIANO ASI di

ACERRA si indicano, altresì, i seguenti ulteriori indirizzi specifici:

l’utilizzo delle potenzialità insediative residue e di quelle derivanti da dismissioni, privilegiando

prioritariamente le esigenze di sviluppo e di eventuale reinsediamento di attività produttive già

insediate nell’ambito dei comuni interessati dall’insediamento;

le ulteriori espansioni insediative, si motivano solamente in relazione a esigenze di sviluppo di attività

produttive già insediate nell’ambito, o di eventuale reinsediamento di attività già insediate nel

comune o nei comuni o nell’associazione o unione di comuni in cui l’insediamento ricade, che

debbano trasferirsi, o ancora di realizzazione di impianti di smaltimento e recupero di rifiuti.

Nell’ambito del presente studio sono state analizzati gli elaborati del PTCP con particolare

riferimento all’area di progetto, dai quali risulta che l’attività in questione è coerente ed in

linea con il Piano Territoriale di Coordinamento della Provincia di Napoli.

Di seguito si riportano gli stralci degli elaborati cartografici principali con l’inquadramento dell’area

di interesse e la descrizione degli elementi caratterizzanti dell’area nella quale ricade il sito in

oggetto.

= Localizzazione Territoriale dell’Impianto della ZITO Recupero Plastica S.r.l.

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Con riferimento alla tavola A01-0 “Organizzazione del territorio attuale”, si osserva che l’area in

esame ricade in zona classificata come area ASI – Poli specialistici produttivi, per cui si evince che

l’area in esame non rientra né come Area naturale, né come Area di interesse storico e

archeologico, né in Parchi e Riserve di interesse regionale.

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Con riferimento alla tavola A02-0 “Aree di cui agli artt. 136 e 142 del D.lgs. 42/2004”, si osserva

che l’area in esame non ricade in nessuna delle aree di cui agli artt. 136 e 142 del D.lgs. 42/2004.

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Con riferimento alla tavola A03-0 “Aree di interesse naturalistico istituzionalmente tutelate”, si

osserva che l’area in esame non ricade all’interno di aree tutelate come “Parchi e Riserve Naturali”

o all’interno di siti SIC e ZPS.

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Con riferimento alla tavola A04-0 “Carta delle risorse naturalistiche ed agroforestali”, si osserva

che l’area in esame ricade in area E – Ambiti di più diretta influenza dei sistemi urbani e della rete

infrastrutturale.

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Con riferimento alla tavola A05-0 “Sorgenti di rischio ambientale”, si osserva che il sito in esame

non ricade in nessun area caratterizzata dalla presenza di sorgenti di rischio ambientale.

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Con riferimento alla tavola I01-0 “Macroaree di interesse naturalistico”, si osserva che il sito in

esame non ricade nella perimetrazione di aree di interesse naturalistico.

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Con riferimento alla tavola I02-0 “Componenti della Rete Ecologica Provinciale”, si osserva che il

sito in esame non ricade in aree caratterizzate dalla presenza di componenti della Rete Ecologica

Provinciale.

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Con riferimento alla tavola I03-0 “Pericolosità idraulica e da frana”, si osserva che il sito in esame

ricade in aree esenti da pericolosità idraulica e da frana.

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Con riferimento alla tavola P03-0 “Individuazione delle Aree parco e proposte di ampliamento dei

Parchi regionali”, si osserva che il sito in esame non ricade in nessuna delle aree individuate tra le

Aree parco e proposte di ampliamento dei Parchi regionali.

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VIABILITA’ E TRAFFICO VEICOLARE

In merito al potenziale impatto ambientale conseguente il traffico veicolare indotto dall’insediamento in

questione, specificamente sull’area del nuovo insediamento produttivo, si precisa che il progetto in questione

prevede la delocalizzazione di un impianto esistente attualmente ubicato in un area prevalentemente

agricola in prossimità del centro abitato, mentre il nuovo insediamento prevede l’ubicazione in Zona D

Industriale – Piano ASI. Il contesto in cui si inserisce l’intervento in oggetto è caratterizzato dalla presenza di

numerosi capannoni e attività industriali. Il contesto di inserimento è a forte vocazione industriale ed è dotato

di tutte le infrastrutture necessarie allo svolgimento dell’attività (allaccio alla rete idrica, rete elettrica, rete

fognaria). La zona, permette il transito dei mezzi pesanti attraverso ampie infrastrutture viarie. Secondo il

PTCP, il sito in oggetto ricade nell’Ambiente Insediativo Locale “PIANA ACERRANA”. Nella strategia di

sviluppo proposta dal Piano per il territorio dell’Ail Piana Acerrana l’orientamento progettuale punta alla

tutela delle aree agricole, alla riqualificazione delle componenti insediative e al raggiungimento di condizioni

di maggiore equilibrio ambientale. Le norme di attuazione del PTCP indicano che per evitare il rischio da

scorretta gestione dei rifiuti, deve essere affrontato con una politica che punti su adeguate strutture

impiantistiche, opportunamente collocate sul territorio. In particolare definisce l’idoneità per la localizzazione

degli impianti di gestione di rifiuti, e dei relativi requisiti di insediamento anche in relazione al sistema della

viabilità d’accesso, all’esistenza di presidi ambientali e reti di monitoraggio ambientale e, per gli impianti di

gestione dei rifiuti, alla baricentricità del sito rispetto al bacino di produzione e l’ utilizzazione, per attività di

tipo produttivo, nelle aree e negli insediamenti che si rendano disponibili per dismissione. In particolare per i

Poli specialistici produttivi “consolidati” come la Zona D Industriale – PIANO ASI di ACERRA si indicano,

altresì, i seguenti ulteriori indirizzi specifici:

l’utilizzo delle potenzialità insediative residue e di quelle derivanti da dismissioni, privilegiando

prioritariamente le esigenze di sviluppo e di eventuale reinsediamento di attività produttive già

insediate nell’ambito dei comuni interessati dall’insediamento;

le ulteriori espansioni insediative, si motivano solamente in relazione a esigenze di sviluppo di attività

produttive già insediate nell’ambito, o di eventuale reinsediamento di attività già insediate nel

comune o nei comuni o nell’associazione o unione di comuni in cui l’insediamento ricade, che

debbano trasferirsi, o ancora di realizzazione di impianti di smaltimento e recupero di rifiuti.

Quindi il nuovo insediamento è perfettamente in linea con le disposizioni dell’attuale PTCP che rappresenta

l’organo pianificatore territoriale principale per la gestione del traffico e le infrastrutture. Pertanto si ritiene

che l’incremento del traffico veicolare indotto dall’insediamento in oggetto è compatibile con l’area in

questione.

Dall’osservazione dell’immagine seguente riportante l’ubicazione dei due impianti (insediamento esistente e

nuovo insediamento) si evince che l’area del nuovo insediamento presenta collegamenti garantiti dalla vicina

Strada Statale S.S. 7bis la quale presenta raccordi diretti con: Autostrada A1/E45 – S.P. 67 – S.P. 338 –

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S.S. 162dir. Tale localizzazione a differenza dell’insediamento esistente permette di evitare il transito dei

veicoli in prossimità del centro abitato.

Pertanto si ritiene che l’incremento del traffico veicolare indotto dall’insediamento in

oggetto è compatibile con l’area in questione.

INSEDIAMENTO ESISTENTE

NUOVO INSEDIAMENTO

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CARATTERISTICHE DELL’IMPATTO POTENZIALE SULLE COMPONENTI AMBIENTALI

Con il termine “componente ambientale” si intende l’effettivo comparto ambientale su cui vanno a ricadere i

potenziali effetti provocati dalle azioni impattanti dovuti alle opere progettuali. La valutazione degli impatti

sulle diverse matrici ambientali è stata effettuata analizzando le possibili/prevedibili interferenze, sia negative

sia positive, fra l’impianto in discussione e l’ambiente circostante ed individuando le criticità più significative

per le quali identificare e prevedere le forme più idonee di mitigazione e/o compensazione. Al fine di disporre

di elementi utili per la valutazione complessiva sono state selezionate le componenti ritenute di maggiore

interesse rispetto al progetto in esame e, laddove ritenuto opportuno, sono state indicate possibili misure di

mitigazione in relazione all’impatto evidenziato. Per la valutazione delle componenti ambientali impattate, si

è tenuto in considerazione che la struttura è esistente e non necessità di interventi di nuova costruzione.

L’analisi relativa all’impatto potenziale del progetto in questione è condotta affrontando i punti riportati così

come indicato nell’Allegato V del D.lgs. 152/2005 e ss.mm.ii., che regola la procedura di Verifica di

Assoggettabilità alla VIA di competenza regionale. Le componenti dell’ambiente potenzialmente soggette ad

impatto, come elencate al punto 3 dell’Allegato VII del D.lgs. 4/2008, sono le seguenti:

− popolazione;

− fauna e flora;

− suolo e sottosuolo;

− acqua;

− aria;

− patrimonio architettonico e archeologico;

− patrimonio agroalimentare;

− paesaggio;

− interazione tra i fattori d’impatto.

Come già emerge dalle precedenti analisi, l’impatto potenziale dell’opera, dal punto di vista ambientale, è

fortemente limitato data l’utilizzazione del sito (delocalizzazione in una struttura esistente), il tipo di impianto

previsto e la tipologia di attività svolta. Il progetto si inserisce in un’area che ha già subito un processo di

antropizzazione in cui la naturalità, quindi, non può essere considerata significativa. Inoltre, l’attività prevista,

come già spiegato, non implica sfruttamento delle risorse naturali. Nei paragrafi che seguono vengono

illustrati i livelli di interferenza che il progetto proposto determina sulle componenti ambientali potenzialmente

soggette ad impatto, allo scopo di valutare la portata, l’ordine di grandezza, la complessità, la probabilità, la

durata e la frequenza di tale impatto.

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PORTATA DELL’IMPATTO

Con la valutazione della portata dell’impatto, in termini qualitativi, si tenta di stimare la ricaduta

potenziale del progetto sulle componenti interessate. Si procederà, quindi, nei successivi sotto

paragrafi alla descrizione, per ogni componente, delle caratteristiche possibili dell’impatto.

Popolazione

Lo stabilimento industriale in cui la società in questione intende delocalizzare la propria attività è

ubicato in Via Pantano (Zona Industriale ASI) – 80011 Acerra (NA) ed individuato al catasto al

Foglio 7 - Particella 821 - Sub 1 - categoria catastale D/1. L’area di sedime dell’insediamento ai

sensi del vigente PRG ricade in Zona D Industriale – Piano ASI è libera da ulteriori vincoli

sovracomunali. Il contesto in cui si inserisce l’intervento in oggetto è caratterizzato dalla presenza

di numerosi capannoni e attività industriali. Il contesto di inserimento è a forte vocazione industriale

ed è dotato di tutte le infrastrutture necessarie allo svolgimento dell’attività (allaccio alla rete idrica,

rete elettrica, rete fognaria). La zona, permette il transito dei mezzi pesanti attraverso ampie

infrastrutture viarie. Tuttavia c’è da sottolineare che oltre a una buona rete infrastrutturale e di

comunicazione, l’area ASI di Acerra, si trova in un luogo d'importanza strategica, sia per

localizzazione che per le infrastrutture presenti. Per le attività industriali, l’area ASI ha un ruolo

strategico di primaria importanza, per tutto l’ambito della Piana Campana.

L’esercizio dell’impianto in questione non comporta la produzione di significative emissioni

inquinanti, per cui non sono state accertate situazioni di rischio per la salute degli addetti e degli

abitanti nell’ambito territoriale in cui è localizzata l’attività. Inoltre la società in questione seguirà

tutte le prescrizioni e le procedure previste dalla normativa vigente in tema ambientale e di

sicurezza sui luoghi di lavoro. Per quanto riguarda la gestione delle emissioni in atmosfera, si

ribadisce che considerando il ciclo produttivo descritto le uniche emissioni significative dell’attività

in questione provengono esclusivamente dalla fase di triturazione e macinazione del materiale

plastico, le quali vengono inviate all’ impianto di abbattimento polveri costituito da un depolveratore

a ciclone con l’aggiunta di un filtro autopulente a maniche antistatiche.

Per quanto riguarda il livello di rumorosità prodotto, dall’analisi dei risultati ottenuti nell’indagine

previsionale condotta, si evince un livello di rumorosità indotto tale da non superare i valori assoluti

di immissione relativi alla zonizzazione acustica di riferimento. In funzione delle osservazioni

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riportate nello Studio di Impatto Acustico Previsionale si prevede che l’attività in esame presenterà

un livello di emissione acustica che rispetti i limiti imposti. In linea di massima, considerate le

tipologie di attrezzature utilizzate, non si prevedono effetti cumulativi sul clima acustico di

particolare rilievo. In ogni caso, la protezione dall’inquinamento sonoro potrà essere affidata

all’installazione di barriere acustiche perimetrali per l’assorbimento delle onde rumorose, all’utilizzo

di macchinari caratterizzati da minori emissioni rumorose e conformi agli obblighi di legge,

all’eventuale insonorizzazione delle macchine.

In virtù di quanto sopra riportato si può ritenere che a seguito dell’insediamento

dell’impianto in questione e dell’attività svolta, l’impatto negativo con la popolazione entro

cui si colloca è NULLO.

Fauna e Flora

L’attività in questione non sottopone i rifiuti a trasformazioni chimiche, né a processi di lavorazione

a caldo, che comportano emissioni gassose, né tantomeno la produzione di reflui di processo, ed

inoltre le tipologie stesse di rifiuto conferito sono tutte non pericolose. Come descritto in

precedenza, la zona in cui è localizzato l’impianto in oggetto, ai sensi del vigente PRG ricade in

Zona D Industriale – Piano ASI ed è libera da ulteriori vincoli sovracomunali. Va inoltre sottolineato

che il sito ricade in un’area in cui il PRG ha previsto l’insediamento di attività industriali, avviando

così un processo di antropizzazione che altererà significativamente le caratteristiche di naturalità

dell’area; l’impianto in oggetto va infatti ad inserirsi in una zona nella quale la naturalità non potrà

essere considerata significativa, infatti come si evince dalla cartografia del PTR, l’area in esame

ricade in zona identificata come “Area di massima frammentazione ecosistemica”. La capacità di

carico, o capacità portante dell’ambiente, è definita come la capacità di un ambiente e delle risorse

presenti in esso di sostenere un certo numero di individui e, più in generale, di tollerare azioni

antropiche tali da non portare a modificazioni irreversibili. In questo caso, data la localizzazione e

l’utilizzazione del suolo nel sito dell’impianto (tra l’altro già esistente), che ricordiamo essere

un’area destinata ad insediamenti industriali, la capacità di carico è stata compromessa

dall’irreversibilità della trasformazione già avviata nell’area secondo il PRG vigente, per cui

l’impianto in oggetto rientra in un più ampio disegno volto alla trasformazione sostanziale di tutta la

zona individuata come zona industriale. Anche per quanto riguarda le emissioni solide e liquide,

che possono pregiudicare la vita di flora e fauna locali, esse sono da considerarsi poco rilevanti e

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nell’impianto saranno comunque realizzate le opere necessarie per la prevenzione

dall’inquinamento delle matrici ambientali, come descritto più dettagliatamente nei paragrafi

precedenti.

Considerando la tipologia del progetto e l’attività che si intende svolgere, non sono

prevedibili particolari interferenze con la “fauna e la flora” locale durante l’esercizio

dell’impianto, per cui si ritiene un impatto negativo NULLO.

Suolo e sottosuolo

In merito alla disponibilità delle risorse suolo e sottosuolo l’impatto negativo è NULLO in quanto lo

stabilimento in questione è esistente e non richiede ulteriori scavi né attività di movimentazione

terra. Il rischio di contaminazione del suolo e sottosuolo (e di conseguenza delle acque di falda) è

poco significativo dal momento che l’attività in oggetto non implica l’utilizzo di sostanze inquinanti.

Per la tipologia di attività svolta, infatti, non sono prodotte né utilizzate sostanze chimiche che

possono provocare contaminazioni del suolo o di falda. Tuttavia, possono essere presenti

sostanze come oli, grassi e carburanti, rilasciate accidentalmente durante il transito dei mezzi di

trasporto sui piazzali. A tal proposito, per prevenire l’eventuale contaminazione del suolo, l’intera

area di impianto è costituita da superfici impermeabilizzate e pertanto isolate e protette da una

eventuale contaminazione accidentale. Tutte le superfici destinate al conferimento, stoccaggio,

trattamento e movimentazione dei rifiuti sono realizzate in massetto di calcestruzzo armato per

isolarle dal suolo, queste così impermeabilizzate, sono realizzate con le necessarie pendenze al

fine di convogliare la caduta accidentale di eventuali liquidi e le acque meteoriche di dilavamento

del piazzale in griglie di captazione che confluiscono nell’impianto di depurazione prima dello

scarico nel collettore fognario. Si può concludere che l’area di impianto sarà costituita interamente

da superfici impermeabilizzate e pertanto isolate e protette da una eventuale contaminazione da

reflui o da altri liquidi pericolosi accidentali. Gli allestimenti edili ed impiantistici presenti

consentono, dunque, di assicurare un’adeguata prevenzione dell’inquinamento del suolo e del

sottosuolo. I rifiuti conferiti sono oltretutto non pericolosi, appartenenti a tipologie solide e tali da

non produrre sversamenti.

Per quanto illustrato, si può affermare che relativamente alla componente “suolo e

sottosuolo” l’impatto è da considerarsi non significativo.

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Mitigazione

Per la gestione di sversamenti accidentali di inquinanti allo stato liquido, come carburanti, olii

minerali lubrificanti, acidi di batterie in dotazione ai mezzi presenti in impianto, dilavabili dalle

acque meteoriche, sono previste misure di mitigazione che rendono remota la probabilità di un

inquinamento effettivo a causa di sversamenti o dispersioni accidentali di liquidi.

Per mitigare le conseguenze di possibili sversamenti accidentali, verranno poste in essere le

seguenti misure di mitigazione:

Creazione di una squadra composta da almeno un caposquadra e due operatori

debitamente formati ed informati dei rischi connessi all'intervento.

Dotazione di kit completo di prodotti granulari assorbenti (D.P.I. specifici).

Attivazione di apposita procedura gestionale specifica, preventivamente organizzata.

In caso di sversamento accidentale, gli operatori interverranno tempestivamente mediante l'utilizzo

di assorbitori universali capaci di assorbire fino a 25 volte il loro peso. Tali assorbitori risultano

efficaci su tutti gli idrocarburi e prodotti derivati quali benzina, petrolio, gasolio, olio, benzene,

metanolo etc. Essi offrono una capacità di assorbimento quasi istantanea grazie alla capillarità

della loro struttura, sono idrorepellenti e riescono a galleggiare sull'acqua anche se saturi di oli.

Consentono inoltre un maneggio rapido e facile, hanno peso contenuto e possono essere

conservati anche all'aperto. Una volta utilizzati saranno smaltiti presso centri autorizzati.

Acqua (ambiente idrico)

E’ opportuno suddividere l‘impatto potenziale dell'attività sul comparto idrico in due categorie:

a) l'impatto derivante dal fabbisogno idrico, potenziale causa di impoverimento della risorsa idrica disponibile

in termini quantitativi;

b) l'impatto derivante dagli scarichi idrici, potenziale causa di alterazione della risorsa idrica disponibile in

termini qualitativi.

I fabbisogni idrici dell’impianto in questione sono costituiti quasi esclusivamente da un utilizzo di

tipo civile, relativamente ai servizi igienici. Occasionalmente possono essere previsti usi di altro

tipo, quali ad esempio pulizie straordinarie, reintegro delle acque della vasca di lavaggio granuli o

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in caso di emergenza per scopi antincendio. L'impatto negativo generato dagli attingimenti sopra

specificati è da considerarsi BASSO per l'impianto in questione.

Per quanto riguarda l’impatto derivante dagli scarichi idrici, potenziale causa di alterazione della

risorsa idrica disponibile in termini qualitativi, si precisa che tutte le superfici destinate al

conferimento, stoccaggio, trattamento e movimentazione dei rifiuti sono realizzate in massetto di

calcestruzzo armato per isolarle dal suolo, queste così impermeabilizzate, sono realizzate con le

necessarie pendenze al fine di convogliare la caduta accidentale di eventuali liquidi provenienti dal

percolamento dei cumuli di rifiuti stoccati nel piazzale in un’apposita griglia di captazione con

destino in vasca a tenuta e le acque meteoriche di dilavamento del piazzale in griglie di captazione

che confluiscono nell’impianto di depurazione prima dello scarico nel collettore fognario. La

tipologia delle acque reflue prodotte dalla attività in oggetto è differenziata in tre tipi: acque nere

provenienti dai servizi igienici, acque meteoriche provenienti dalla copertura del capannone e

acque meteoriche di dilavamento piazzale.

Come precisato e descritto precedentemente nel capitolo SCARICHI IDRICI l’impianto fognario a

servizio dell’insediamento industriale si compone di n. 3 reti indipendenti:

La rete di smaltimento delle acque bianche, ossia delle acque meteoriche provenienti dai

piazzali (ca 3.830 mq) e dalla copertura dell’edificato (ca 1.100 mq).

La rete di smaltimento delle acque nere, ossia delle acque di natura esclusivamente

biologica provenienti da n.5 gruppi wc per un totale di n. 8 vasi, n. 9 lavandini e n. 8 bidet.

La rete di smaltimento degli eventuali liquidi di percolamento, provenienti dai cumuli di rifiuti

stoccati nel piazzale esterno al disotto della tendostruttura.

Non sono previste acque provenienti dal ciclo di produzione, in quanto le acque della vasca di

lavaggio granuli sono riutilizzate all’interno di un circuito chiuso.

IMPIANTO SMALTIMENTO DEGLI EVENTUALI LIQUIDI DI PERCOLAMENTO – E’ prevista la

realizzazione di un sistema statico di raccolta degli eventuali liquidi di percolamento provenienti dallo

stoccaggio in cumuli dei rifiuti nel piazzale esterno al disotto della tendostruttura. Tale sistema sarà costituito

da una griglia di raccolta disposta lungo le aree di messa in riserva, come da grafico allegato, che grazie ad

un opportuna pendenza veicolerà gli eventuali liquidi di percolamento in una vasca a tenuta a svuotamento

periodico, operato da ditta autorizzata per il prelievo, trasporto e successivo smaltimento.

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IMPIANTO TRATTAMENTO DELLE ACQUE METEORICHE – La superficie scolante delle acque

meteoriche, per quanto detto ai precedenti paragrafi, si compone del piazzale esterno dell’insediamento e

della copertura dell’edificato, per una superficie complessiva completamente impermeabilizzata di ca 4.930

mq. Stante la natura dell’inquinamento delle acque meteoriche di dilavamento, per lo più costituito da

fanghiglia e tracce d’olio limitatamente alla acque di prima pioggia, il trattamento previsto per esse è basato

sul seguente schema di processo:

intercettazione delle acque di prima pioggia, da sottoporre a trattamento di sfangamento e

disoleazione;

convogliamento delle acque di seconda pioggia, per loro natura esenti da contaminanti in quanto

defluenti su una superficie già dilavata dalle acque di prima pioggia, verso la fognatura bianca

consortile;

convogliamento verso la fognatura bianca consortile delle acque di prima pioggia in uscita

dall’impianto di trattamento.

L’impianto di trattamento, a servizio della rete per la raccolta e l’allontanamento delle acque pluviali, è

pertanto costituito da un impianto di prima pioggia abbinata ad un disoleatore, ambedue di tipo prefabbricato

in calcestruzzo armato. L’impianto di prima pioggia si compone di:

un pozzetto separatore, la cui funzione è quella di separare le acque di prima pioggia, risultanti dai

primi 5 mm di pioggia caduta e da sottoporre a trattamento, dalle acque di seconda pioggia, che

possono invece essere immesse direttamente nella fognatura consortile.

un bacino di accumulo e rilancio delle acque di prima pioggia, in grado di ricevere tutte le acque di

prima pioggia cadute sull’intero insediamento industriale;

un sistema di svuotamento automatico del bacino di accumulo e rilancio costituita da:

- una sonda segnalatrice di pioggia;

- una pompa di svuotamento;

- un PLC che, attiva e disattiva automaticamente la pompe di svuotamento.

un disoleatore che provvede alla rimozione dalle acque delle sostanze fangose e oleose mediante

l’impiego di una singola vasca.

Il tipo di trattamento sopra descritto permette di raggiungere valori delle concentrazioni al di sotto dei

parametri specificati dal D. Lgs. 152/06 e ss mm per scarichi di acque reflue corpo idrico superficiale.

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IMPIANTO TRATTAMENTO DELLE ACQUE NERE – L’impianto di ossidazione biologica a servizio della

rete di smaltimento delle acque nere è del tipo a fanghi attivi, in polietilene, adatto a trattare reflui provenienti

da scarichi assimilabili a civili abitazioni. L’azione svolta dall’impianto si compone di:

sedimentazione primaria a mezzo fossa Imhoff;

trattamento biologico, mediante sistema a fanghi attivi;

clorazione, a mezzo di sezione di disinfezione finale costituita da apposita vasca di contatto tra

acqua ed ipoclorito di sodio.

L’impianto è certificato essere in grado di rendere le acque trattate adeguate anche per uno scarico in corpo

idrico superficiale.

Tutte le acque dopo il trattamento di depurazione vengono convogliate al pozzetto fiscale di

ubicato al confine dell'opificio e prima dell'immissione al collettore fognario della Zona ASI.

Trattandosi di attività relativa al trattamento di rifiuti plastici, non sono previsti scarichi di acque di

lavorazione da trattare. Tutti gli scarichi provenienti dallo stabilimento in questione rispetteranno i

parametri fissati dal D. Lgs. 152/06 e s.m.i. relativamente allo scarico di acque reflue in corpo

idrico superficiale. In virtù di quanto sopra riportato si può ritenere che l’aspetto ambientale in

oggetto, avrà impatti del tutto compatibili con la capacità di carico dell’ambiente entro cui si colloca.

Per quanto illustrato, relativamente alla componente “ambiente idrico superficiale e

sotterraneo” si può affermare che non sarà prodotto alcun impatto significativo, in quanto i

reflui scaricati presenteranno caratteristiche tali da rispettare i limiti imposti dalla normativa

vigente.

Mitigazione

Sono state previste specifiche procedure gestionali atte a mantenere in efficienza il sistema di

raccolta e trattamento delle acque meteoriche, che prevedono:

Pulizie dei piazzali, delle griglie caditoie di raccolta di dilavamento dei piazzali;

Controllo settimanale dello stato di pulizia, integrità e tenuta della rete scolante e

dell'impiantistica di recapito nel recettore finale;

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Cautele ed attenzioni nell'esecuzione delle operazioni di rifornimento delle macchine

operatrici per la movimentazione del materiale nello stabilimento;

Esecuzione delle operazioni di movimentazione, trattamento e stoccaggio dei rifiuti con le

cautele necessarie a prevenire rotture, sgretolamenti, polverizzazioni e quanto altro possa

diffondere particolati sui piazzali.

Manutenzione ordinaria e straordinaria delle superfici scolanti in modo tale che l'usura non

vada a modificare, tramite ad esempio alterazione delle inclinazioni e delle baulature,

l'efficienza del sistema di regimazione delle acque meteoriche;

Campionamento trimestrale per verificare il corretto funzionamento del depuratore ed i

livelli di efficienza;

Il comparto di accumulo e disoleatura del depuratore saranno controllati bimestralmente

onde verificare lo stato di deposito di sedimenti e di trattenuta delle sostanze oleose.

Verifica trimestrale verrà dello stato di pulizia della vasca di accumulo;

Controllo semestrale dell'accumulo delle sostanze decantate e loro eventuale

allontanamento;

Le acque di prima pioggia raccolte nella vasca di accumulo sono avviate a trattamento e

scarico in un arco di tempo di 96 ore.

Per la gestione di eventi di sversamenti accidentali di inquinanti allo stato liquido come

carburanti, oli minerali lubrificanti, acidi di batterie, dilavabili dalle acque meteoriche, sono

previste misure di contenimento descritte nel paragrafo precedente.

Atmosfera

Considerando il ciclo produttivo dell’attività in questione si deduce che le emissioni in atmosfera

prodotte sono:

Polveri convogliate all’impianto di aspirazione e abbattimento E1 prodotte nella fase di

triturazione e di macinazione – emissioni convogliate.

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Le prime fasi del ciclo lavorativo, consistono nelle fasi di carico/scarico e stoccaggio dei rifiuti

conferiti nel piazzale esterno. Successivamente il materiale (allo stato solido non polverulento)

viene portato nel capannone per una prima fase di cernita/selezione se necessario e

successivamente diretto al nastro di carico per alimentare il trituratore per la fase di riduzione

volumetrica, questa fase può dare origine ad emissioni di Polveri (E1) che saranno tecnicamente

convogliate mediante l’installazione di una cappa di aspirazione in acciaio zincato a forma

piramidale (dimensioni 2000 x 2000 x 500 mm) collegata all’impianto di aspirazione e filtrazione

presente.

L’altra fase di lavorazione suscettibile di emissioni convogliata (E1), è la macinazione del materiale

plastico ad opera di un mulino anche esso collegato all’ impianto di abbattimento polveri costituito

da un depolveratore a ciclone con l’aggiunta di un filtro autopulente a maniche antistatiche.

Si fa presente che l'abbattimento mediante depolveratore a ciclone con l’aggiunta di un depuratore

con filtro a maniche, che rappresenta un abbattitore a secco a mezzo filtrante tipo:

DEPOLVERATORE CON FILTRO A TESSUTO, tale sistema cosi descritto ha una efficienza di

abbattimento superiore al 90% e rientra tra le migliori tecnologie disponibili per i trattamenti

effettuati, di cui alla D.G.R. n. 243 del 08/05/2015.

Funzionamento – L’aria polverosa viene spinta all’interno del filtro dove avviene la separazione dell’aria dalle

polveri tramite il passaggio attraverso la camera di decantazione e le maniche filtranti. La camera di

decantazione svolge una funzione di prefiltraggio in quanto rallenta la velocità del flusso in entrata favorendo

la caduta delle polveri più pesanti direttamente nella tramoggia. La polvera resta sulla superficie esterna

delle maniche, mentre l’aria pulita passa attraverso il mezzo filtrante all’interno delle maniche e lascia quindi

il filtro attraverso la bocca di uscita. La pulizia delle maniche avviene ad intervalli, mediante getti di aria

compressa proveniente dagli ugelli delle canne di soffiaggio, disposti al di sopra delle maniche. La sequenza

degli impulsi di pulizia viene comandata automaticamente da un economizzatore non appena si verifica una

differenza di pressione a monte e a valle delle maniche garantendo una costante pulizia delle stesse. La

polvere fissata sulle maniche filtranti viene gettata all’interno della tramoggia e da lì viene estratta tramite

coclea.

L’impianto in questione ha in dotazione una scala a gabbia e pianerottolo con parapetto di protezione per

l’accesso alla flangia di prelievo posta sul camino di emissione. Tale punto di prelievo del camino di

emissione (E1) ivi incluso il sistema di accesso e di sicurezza, è conforme alla normativa vigente di cui alla

D.G.R. 5 agosto 1992, n. 4102, D.G.R. n. 243 del 08/05/2015, UNI EN 15259:2008 e D. Lgs. 81/2008. Inoltre

si rispetta quanto previsto al punto 4) delle Prescrizioni e Considerazioni di carattere generale approvate con

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D.D. 370 e 591 del 2014, ovvero la bocca del camino è posizionato in modo tale da consentire un adeguata

evacuazione e dispersione degli inquinanti emessi. A tal fine la bocca del camino (E1) risulta alta (11,00 m)

un metro rispetto al colmo del tetto (10,00 m), ai parapetti ed a qualunque altro ostacolo o struttura distante

meno di 10 metri. La bocca del camino situata a distanza compresa tra 10 e 50 metri da aperture di locali

abitati è a quota non inferiore a quella del filo superiore dell’apertura più alta. L’ubicazione e la quota di tutte

le emissioni sono comunque conformi a quanto contenuto nei regolamenti comunali e/o alle prescrizioni

impartite dalle autorità territorialmente competenti in materia di igiene e sanità pubblica.

Per le emissioni convogliate si fa presente che l'abbattimento mediante depolveratore a ciclone con

l’aggiunta di un depuratore con filtro a maniche, ha una efficienza di abbattimento superiore al 90% e rientra

tra le migliori tecnologie disponibili per i trattamenti effettuati, di cui alla D.G.R. n. 243 del 08/05/2015, con

efficienze superiori a quelle stabilite dalla medesima delibera. Come precisato nel capitolo EMISSIONI IN

ATMOSFERA è stimata una concentrazione di POLVERI = 1,19 mg/Nmc

Per cui sono rispettati i valori limite delle emissioni, nonché applicate le soluzioni tecnologiche, le tecniche di

contenimento e le prescrizioni per l’esercizio con riferimento agli allegati I e V alla parte quinta del D. Lgs. n.

152/2006, ss. mm. ii. e, ove più restrittivi, a quelli fissati dalla D.G.R. n. 4102/92, nonché al principio delle

migliori tecniche disponibili ai sensi della D.G.R. 243/2015. E quanto alle tecniche di contenimento ed alle

prescrizioni per l’esercizio è espressamente confermato, in ogni caso, che la loro efficienza supera il novanta

per cento, in conformità alle metodologie prescritte dalla già citata D.G.R. n. 4102/92 e D.G.R. n. 243 del

08/05/2015. I valori effettivi delle emissioni saranno misurati alla messa in esercizio dell’impianto dopo

l’approvazione del progetto da parte delle Autorità competenti; qualora, a seguito dei controlli analitici, si

dovessero riscontrare concentrazioni in uscita superiori ai limiti di normativa, la ditta in questione si impegna

di provvedere all’adeguamento del sistema di abbattimento delle polveri diffuse e di comunicare il progetto di

adeguamento all’Autorità Competente.

Per quanto visto, considerando la tipologia di rifiuti conferiti e di inquinante emesso e

grazie alle misure mitigative previste per il progetto in questione, si può ritenere poco

significativo l’impatto sulla componente atmosfera.

Mitigazione

Sono state previste specifiche procedure gestionali atte a mantenere in efficienza il sistema di

trattamento delle emissioni prodotte, che prevedono:

Per quanto riguarda il depolveratore a ciclone non sono previsti sistemi di controllo, mentre

per la pulizia e manutenzione è prevista la pulizia periodica manuale del corpo cilindrico e

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dei raccordi di immissione ed espulsione del fluido gassoso e delle superfici interne al

ciclone.

Per quanto riguarda l’abbattitore a secco con mezzo filtrante tipo - depolveratore con filtro a

maniche è previsto come sistema di controllo un pressostato differenziale con segnale di

allarme ottico e acustico, mentre come sistema di pulizia è previsto il lavaggio in

controcorrente con aria compressa e come manutenzione è prevista la sostituzione delle

maniche in caso di usura o rottura delle stesse.

Rumore

L’area in cui è inserito lo stabilimento in questione è dotata di Piano di Zonizzazione Acustico Comunale, che

attribuisce, per la Zona D Industriale – Piano ASI una CLASSE VI – AREE ESCLUSIVAMENTE

INDUSTRIALI (rientrano in questa classe le aree esclusivamente interessate da attività industriali e prive di

insediamenti abitativi). La classe acustica territoriale, della strada contrada Pagliarone, zona ove insiste il

recettore R2, come da estratto della mappa di zonizzazione acustica del comune di Acerra (NA), è la classe

IV - aree di tipo intensa attività umana. Per la descrizione dell’impatto potenziale prodotte dalle sorgenti

sonore dell’impianto in questione, si rimanda alla lettura della Valutazione di Impatto Acustico Previsionale

(in allegato) a firma del tecnico competente in acustica ambientale Dott. De Rosa Agostino. Si precisa che

l’attività in oggetto è a ciclo continuo e dall’ osservazione dei dati ottenuti dal calcolo previsiona le utilizzato,

si ricava che, in base alle macchine che si intende installare con il loro posizionamento, non vengono

immessi rumori nell’ambiente esterno che possano superare i limiti imposti dalla normativa comunale. I

calcoli previsionali effettuati permettono di dichiarare che le sorgenti sonore principali non disturberanno le

eventuali abitazioni poste più vicine; in quanto essendo rispettati i limiti ai confini dell’opificio ci sarà, per

effetto dei fenomeni di attenuazione e dissipazione del rumore, il pieno rispetto dei limiti di immissione anche

presso i recettori presenti. Pertanto si può concludere che i valori di immissione, calcolati in maniera

previsionale, dell’azienda Zito Recupero Plastica srl Unipersonale, sono al di sotto dei limiti imposti dalle

attuali normative in vigore ed in particolare ai limiti imposti dalla normativa comunale. In fase di avviamento

dell’impianto, sarà effettuata una rilevazione strumentale dei rumori effettivamente emessi. Si sottolinea che

nel momento in cui si presenti una variazione sostanziale delle attività svolte con l’introduzione di nuove

sorgenti di rumore (come ad esempio macchinari, impianti, ecc.), sarà necessario svolgere una nuova

perizia al fine di verificare il mantenimento delle condizioni riscontrate.

Per quanto descritto e grazie alle misure mitigative previste, in merito all’impatto acustico

potenziale prodotto dall’attività in oggetto si ritiene che sia poco significativo.

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Mitigazione

Per limitare al massimo il rumore esterno, sono previste le seguenti misure mitigative:

- massima attenzione nell’acquisto di macchinari che dovranno lavorare all’esterno, privilegiando

quelli caratterizzati da minori emissioni rumorose e conformi agli obblighi di legge (normativa in

merito alle emissioni sonore delle macchine e impianti destinati a lavorare all’esterno);

- insonorizzazione delle macchine o applicazione di barriere fonoassorbenti nel caso di

superamento dei valori limite;

- realizzazione di barriere fonoassorbenti (preferibilmente arboree) lungo il perimetro dell’impianto

in punti strategici nel caso di superamento dei valori limite.

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QUADRO DI SINTESI DEGLI IMPATTI POTENZIALI

Di seguito si riporta una tabella riassuntiva degli impatti potenziali, dell’entità e delle mitigazioni

previste.

Componenti

ambientali Impatti previsti Entità Mitigazione

Popolazione Emissioni Non

rilevante

Sistema di depurazione aria composto da depolveratore a

ciclone con l’aggiunta di un depuratore con filtro a

maniche;

Popolazione Rumorosità Non

rilevante

Dotazione di macchinari con emissioni rumorose conformi

agli obblighi di legge.

Buone pratiche di lavorazione e macchine a norma.

Fauna e flora Emissioni Non

rilevante

Sistema di depurazione aria composto da depolveratore a

ciclone con l’aggiunta di un depuratore con filtro a

maniche;

Fauna e flora Rumorosità

Non

rilevante

Dotazione di macchinari con emissioni rumorose conformi

agli obblighi di legge.

Buone pratiche di lavorazione e macchine a norma

Suolo e

sottosuolo

Contaminazione

da rifiuti

Poco

rilevante

Non sono prodotte né utilizzate sostanze chimiche che

possono provocare contaminazioni del suolo.

Impermeabilizzazione della pavimentazione di tutte le aree

di lavorazione.

Creazione di una squadra composta da almeno un

caposquadra e due operatori debitamente formati ed

informati dei rischi connessi all'intervento.

Dotazione di kit completo di prodotti granulari assorbenti

(D.P.I. specifici).

Attivazione di apposita procedura gestionale specifica,

preventivamente organizzata.

Acqua

Contaminazione

da rifiuti liquidi (olii

e grassi).

Acque di

dilavamento del

piazzale.

Poco

rilevante

L’attività svolta, non richiede utilizzo di acqua e non

comporta la produzione e lo scarico di sostanze inquinanti.

Impermeabilizzazione della pavimentazione di tutte le aree

di lavorazione.

Adeguato sistema di raccolta e canalizzazione delle acque

meteoriche;

IMPIANTO TRATTAMENTO DELLE ACQUE

METEORICHE

IMPIANTO TRATTAMENTO DELLE ACQUE NERE

IMPIANTO DI SMALTIMENTO LIQUIDI DI

PERCOLAMENTO in vasche a tenuta a svuotamento

periodico ad opera di ditta specializzata per il prelievo,

trasporto e successivo smaltimento.

Pulizie dei piazzali, delle griglie caditoie di raccolta di

dilavamento dei piazzali;

Controllo settimanale dello stato di pulizia, integrità e

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tenuta della rete scolante e dell'impiantistica di recapito nel

recettore finale;

Cautele ed attenzioni nell'esecuzione delle operazioni di

rifornimento delle macchine operatrici per la

movimentazione del materiale nello stabilimento;

Esecuzione delle operazioni di movimentazione,

trattamento e stoccaggio dei rifiuti con le cautele

necessarie a prevenire rotture, sgretolamenti,

polverizzazioni e quanto altro possa diffondere particolati

sui piazzali.

Manutenzione ordinaria e straordinaria delle superfici

scolanti in modo tale che l'usura non vada a modificare,

tramite ad esempio alterazione delle inclinazioni e delle

baulature, l'efficienza del sistema di regimazione delle

acque meteoriche;

Campionamento trimestrale per verificare il corretto

funzionamento del depuratore ed i livelli di efficienza;

Atmosfera

Emissioni prodotte

Poco

rilevante

Sistema di depurazione aria composto da depolveratore a

ciclone con l’aggiunta di un depuratore con filtro a

maniche;

Per quanto riguarda il depolveratore a ciclone non sono

previsti sistemi di controllo, mentre per la pulizia e

manutenzione è prevista la pulizia periodica manuale del

corpo cilindrico e dei raccordi di immissione ed espulsione

del fluido gassoso e delle superfici interne al ciclone.

Per quanto riguarda l’abbattitore a secco con mezzo

filtrante tipo - depolveratore con filtro a maniche è previsto

come sistema di controllo un pressostato differenziale con

segnale di allarme ottico e acustico, mentre come sistema

di pulizia è previsto il lavaggio in controcorrente con aria

compressa e come manutenzione è prevista la sostituzione

delle maniche in caso di usura o rottura delle stesse.

Rumore

Impatto sonoro

Poco

rilevante

Dotazione di macchinari con emissioni rumorose conformi

agli obblighi di legge.

Buone pratiche di lavorazione e macchine a norma.

Insonorizzazione delle macchine o applicazione di barriere

fonoassorbenti nel caso di superamento dei valori limite;

INTERAZIONE TRA I FATTORI D’IMPATTO

L’interazione tra i diversi fattori potenziali d’impatto non è significativa, data la natura trascurabile

dei singoli impatti, le misure di mitigazione adottate e la mancanza di possibili sovrapposizioni di

effetti impattanti.

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ORDINE DI GRANDEZZA E COMPLESSITÀ’ DELL’IMPATTO

L’ordine di grandezza e la complessità degli impatti definiscono in maniera quantitativa e/o

qualitativa e sistemica l’impatto derivante dalla realizzazione e/o dall’esercizio del progetto. Come

emerge dal precedente paragrafo, gli impatti individuati sono ritenuti irrilevanti e comunque limitati

alla sola area oggetto dell’intervento. Inoltre sono assunte tutte le possibili misure di mitigazione

necessarie al fine di non provocare, né in maniera diretta né indiretta, ricadute significative al di

fuori del proprio sito. La trascurabilità o la moderata entità dei singoli impatti implica anche

l’assenza di interazioni complesse di sistema che possono provocare effetti non previsti.

PROBABILITÀ DELL’IMPATTO

In relazione al problema della probabilità dell’impatto è opportuno ribadire come esso sia

trascurabile e, per quel che attiene alle possibili condizioni di incertezza e variabilità dei fattori in

fase di esercizio, si ritengono pressoché improbabili comportamenti imprevisti rispetto a quelli

considerati in fase di dimensionamento delle componenti tecnologiche. Inoltre rispetto alle misure

di mitigazione adottate, la probabilità di inquinamento del suolo da rifiuti è remota, data la gestione

degli stessi. Contribuiscono, inoltre, a limitare la probabilità di inquinamento la presenza di

impermeabilizzazione della pavimentazione del piazzale. Anche la probabilità di inquinamento

delle acque è molto bassa, grazie alla realizzazione di un adeguato sistema di raccolta e

canalizzazione delle acque meteoriche di dilavamento e/o eventuali liquidi che possono essere

versati accidentalmente. Inoltre rispetto alle misure di mitigazione adottate, la probabilità di

inquinamento è remota.

DURATA, FREQUENZA E REVERSIBILITÀ’ DELL’IMPATTO

I potenziali impatti individuati sono abbattuti grazie alle misure di mitigazione adottate già descritte.

Per cui non è possibile quindi definire durata e frequenza dei potenziali impatti.

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PROCESSO DI CANTIERIZZAZIONE DELL’INTERVENTO

Premesso che trattasi di un insediamento in un opificio esistente, per l’insediamento dell’attività in

oggetto è prevista solo una piccola fase cantieristica esclusivamente correlata alla realizzazione di

un sistema statico di raccolta delle eventuali acque di percolazione provenienti dallo stoccaggio in

cumuli dei rifiuti nel piazzale esterno, per la parte restante è previsto esclusivamente il montaggio

e l’installazione di attrezzature per lo svolgimento dell’attività, tra cui:

- L’Impianto di recupero e triturazione meccanica per il riciclaggio di rifiuti plastici costituito da:

o Trituratore GENIUS GL 620-21 (riduzione volumetrica)

o Mulino MG 1600 (macinazione)

o Sistema di lavaggio a ciclo chiuso (lavaggio granuli)

o Sistema di trasporto pneumatico ai silos e/o ai polmoni per l'insacchettamento

o Nastri meccanici trasportatori dotati di cupolini antivento

- L’Impianto di aspirazione e trattamento delle emissioni in atmosfera provenienti dalla fase di triturazione e

macinazione costituito da una cappa di aspirazione al trituratore, un depolveratore a ciclone accoppiato ad

un depuratore con filtri a manica.

- L’installazione di due tunnel retrattili in PVC affiancati (tendostruttura), di dimensioni 30m x 15m x h 10m, a

protezione dei cumuli dagli agenti atmosferici.

- La posa di pareti autostabili in cav (scheda tecnica in allegato), di dimensioni modulari 1,20m x 2,50m x h

2,50m, per la compartimentazione dei cumuli di diversa tipologia.

- La segnaletica con strisce di colore arancione ed altra segnaletica orizzontale conforme alle norme vigenti.

L’impianto di smaltimento degli eventuali liquidi di percolamento provenienti dai cumuli di rifiuti

stoccati nel piazzale esterno al disotto della tendostruttura sarà costituito da una griglia di raccolta

disposta lungo le aree di messa in riserva, come da grafico allegato, che grazie ad un opportuna

pendenza veicolerà gli eventuali liquidi di percolamento in una vasca a tenuta a svuotamento

periodico, operato da ditta autorizzata per il prelievo, trasporto e successivo smaltimento.

Dimensioni griglia piazzale = 57 m X 0,40 m

Dimensioni vasca a tenuta = 6 mc

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I lavori relativi alla posa in opera della griglia di raccolta e della vasca a tenuta prevedono:

Tagli della pavimentazione industriale in c.a.

Scavo a sezione obbligata per la posa della griglia

Fornitura e posa in opera di canali con griglia carrabile

Scavo a sezione obbligata per la posa della vasca a tenuta

Platea con ferri da armatura

Fornitura e posa in opera di vasca in cemento prefabbricato

Misure di mitigazione in fase di cantiere

I potenziali impatti relativi alla fase di cantiere sono assimilabili alle usuali e normali attività di

edilizia civile ed industriale: ne deriva che i tradizionali impatti generati nel corso della

realizzazione dei lavori sono molto limitate e comunque temporanee.

Per la realizzazione del opere edili tutti i materiali previsti per la costruzione sono acquistati presso

ditte specializzate nella fornitura di materiali da costruzione. Il consumo delle risorse idriche

durante la fase di cantiere sarà limitato tramite l’uso delle migliori pratiche di lavorazione che

evitino sprechi della risorsa.

I rifiuti prodotti saranno costituiti essenzialmente da rifiuti misti dell’attività di costruzione e

demolizione (CER 170904), terre e rocce da scavo (CER 170504) e da imballaggi in materiali misti

(CER 150106), tali rifiuti speciali sono stoccati temporaneamente in cassoni scarrabili dotati di

idonei sistemi di copertura e successivamente smaltiti secondo la normativa vigente, incaricando

una ditta specializzata ed autorizzata al prelievo, trasporto e recupero/smaltimento di rifiuti speciali.

Per quanto concerne gli impatti derivanti dalle emissioni in atmosfera prodotte nella fase di

realizzazione dell’intervento, tali emissioni sono per lo più concentrate nella fase di realizzazione

delle opere edili, periodo in cui vi è la massima concentrazione di mezzi di cantiere e

movimentazione di materiali. Per limitare la produzione di polvere durante la fase di cantiere, sarà

effettuata l’umidificazione delle piste usate dai mezzi di cantiere e dei materiali utilizzati o

trasportati.

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Per quanto riguarda l’inquinamento atmosferico legato ai mezzi di trasporto sarà limitato,

utilizzando veicoli a norma, i quali dovranno essere sottoposti a manutenzione ordinaria e

straordinaria periodica al fine di ridurre il carico inquinante dei gas emessi.

Durante la fase di cantiere non sono previsti ulteriori scarichi di acque reflue, in quanto per i servizi

igienici in tale fase sono utilizzati i bagni presenti attualmente, qualora vi fosse la produzione di

reflui derivanti dalla fase di realizzazione dell’intervento essi saranno stoccati temporaneamente in

idonei serbatoi e successivamente smaltiti secondo la normativa vigente in materia di rifiuti,

incaricando una ditta specializzata ed autorizzata al prelievo, trasporto e recupero/smaltimento di

tali rifiuti speciali.

Le emissioni di rumori correlate alla fase di cantiere sono dovute alla presenza dei veicoli di

cantiere in transito e dalle apparecchiature o macchine utilizzate. Tale impatto acustico verrà

mitigato scegliendo imprese che utilizzano buone pratiche di lavorazione e macchine a norma.

Nella realizzazione dell’opera non sono utilizzate sostanze tecnologiche inquinanti e qualora

dovesse essere necessario saranno utilizzate con estrema cautela e con tutte le precauzioni

necessarie ad evitare eventuali inquinamenti.

I rischi di incidenti strettamente correlati alle attività di cantiere sono ridotti adempiendo tutti gli

obblighi derivanti dalla normativa vigente ovvero alle disposizioni del D.Lgs. 81/08 con redazione

del documento di valutazione dei rischi, redazione del piano di gestione delle emergenze,

formazione ed informazione del personale, utilizzo dei DPI, assunzione incarico RSPP, corso

antincendio.

La realizzazione dell’intervento oggetto dello studio, benché avvenga in condizioni ambientali di

equilibrio generando impatti piuttosto moderati, espongono a rischio, comunque, lo stato naturale

del territorio, soprattutto nella fase di costruzione.

Per ridurre gli effetti negativi dell’opera sull’ambiente è necessario che in fase di esecuzione dei

lavori siano adottati i seguenti particolari accorgimenti:

Le predette opere sono realizzate nei termini previsti dalla normativa di settore.

I materiali di risulta sono smaltiti come rifiuto speciale secondo la normativa vigente.

Le opere realizzate non apporteranno variazioni idrometriche sia a monte che a valle

dell’opera, sia ai fini statici che geologici.

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E-mail: [email protected] PEC: [email protected] PEC: [email protected]

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In ogni caso sarà assicurata la stabilità dell’area oggetto dell’intervento.

Nell’esecuzione dei lavori sarà riservata particolare attenzione ai materiali da utilizzare che

saranno scelti in modo tale da bene inserirsi nell’ambiente circostante creando il minor

impatto possibile, rispettando le tipologie e le caratteristiche proprie del luogo.

Nella realizzazione dell’opera non si utilizzeranno sostanze tecnologiche inquinanti e

qualora dovesse essere necessario saranno utilizzate con estrema cautela e con tutte le

precauzioni necessarie ad evitare eventuali inquinamenti.

L’impatto acustico verrà mitigato scegliendo imprese che utilizzano buone pratiche di

lavorazione e macchine a norma.

Le emissioni di gas o polveri saranno di ridotta entità e limitate all’attività degli automezzi e

delle attrezzature di cantiere.

Per limitare la produzione di polvere durante la fase di cantiere, sarà effettuata

l’umidificazione delle piste usate dai mezzi di cantiere e dei materiali utilizzati o trasportati.

Per quanto riguarda l’inquinamento atmosferico legato ai mezzi di trasporto sarà limitato

utilizzando veicoli a norma, i quali dovranno essere sottoposti a manutenzione ordinarie e

straordinaria periodica al fine di ridurre il carico inquinante dei gas emessi.

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Condizioni ambientali ai fini della procedura di verifica di assoggettabilità a VIA

N. Contenuto Descrizione

2 Macrofase CORSO D’OPERA

2 Numero Condizione 1 – Emissioni in atmosfera

3 Ambito di applicazione

Ambito di applicazione della condizione ambientale:

Aspetti progettuali: sistema di abbattimento polveri diffuse

mediante impiego di irroratori ad ugelli di acqua atomizzata

dislocati nell’area di cantiere e umidificazione delle piste usate dai

mezzi di cantiere e dei materiali utilizzati o trasportati.

Aspetti gestionali: manutenzione periodica e mantenimento degli

standard di efficienza e di buon funzionamento del sistema di

abbattimento polveri diffuse e dei mezzi utilizzati.

Componenti/fattori ambientali:

o Atmosfera

o Flora, fauna, vegetazione, ecosistemi

o Salute pubblica

Mitigazioni: utilizzo sistema di abbattimento polveri diffuse ed

impiego di un piano manutentivo degli impianti di abbattimento e

dei mezzi utilizzati.

Monitoraggio ambientale

4 Oggetto della condizione Campionamento periodico delle emissioni diffuse (ogni 15

giorni).

N. Contenuto Descrizione

2 Macrofase CORSO D’OPERA

2 Numero Condizione 2 – Scarichi idrici

3 Ambito di applicazione

Ambito di applicazione della condizione ambientale:

Aspetti progettuali: non sono previsti scarichi di acque reflue, per i

servizi igienici in tale fase sono utilizzati i bagni esistenti e/o bagni

chimici mobili, qualora vi fosse la produzione di reflui derivanti

dalla fase di realizzazione dell’intervento essi saranno stoccati

temporaneamente in idonei serbatoi e successivamente smaltiti.

Aspetti gestionali: smaltimento periodico dei reflui prodotti stoccati

nei serbatoi utilizzati.

Componenti/fattori ambientali:

o Ambiente idrico;

o Suolo e sottosuolo;

o Flora, fauna, vegetazione, ecosistemi;

Mitigazioni: bagni chimici mobili e serbatoi per lo stoccaggio di

eventuali reflui prodotti.

Monitoraggio ambientale

4 Oggetto della condizione Analisi chimica dei reflui prodotti per attribuzione del

Codice CER prima dello smaltimento.

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N. Contenuto Descrizione

2 Macrofase CORSO D’OPERA

2 Numero Condizione 3 – Suolo e sottosuolo

3 Ambito di applicazione

Ambito di applicazione della condizione ambientale:

Aspetti progettuali: nella fase di realizzazione (cantiere) è previsto

un limitato scavo del suolo indispensabile per fondazione del tipo

profonda e per la predisposizione della canalizzazione dell’impianto

idrico e fognario.

Aspetti gestionali: il terreno risultante dallo scavo sarà riutilizzato

nelle opere di costruzione e la parte eccedente smaltita come rifiuto

speciale secondo la normativa vigente.

Componenti/fattori ambientali:

o Ambiente idrico;

o Suolo e sottosuolo;

o Salute pubblica;

Mitigazioni: buone pratiche di lavorazione e macchine a norma.

Monitoraggio ambientale

4 Oggetto della condizione Analisi mensile del top soil.

N. Contenuto Descrizione

2 Macrofase CORSO D’OPERA

2 Numero Condizione 4 – Rumore e Vibrazioni

3 Ambito di applicazione

Ambito di applicazione della condizione ambientale:

Aspetti progettuali: utilizzo di macchinari che rispettano i valori

limiti di emissioni acustiche ai sensi della normativa vigente.

Aspetti gestionali: manutenzione ordinaria dei macchinari

utilizzati.

Componenti/fattori ambientali:

o Rumore e vibrazioni;

o Flora, fauna, ecosistemi;

o Salute pubblica;

Mitigazioni: buone pratiche di lavorazione e macchine a norma.

Monitoraggio ambientale:

4 Oggetto della condizione Rilevamento fonometrico e di vibrazioni periodico (mensile).

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N. Contenuto Descrizione

3 Macrofase POST OPERAM

2 Numero Condizione 1 – Emissioni in atmosfera

3 Ambito di applicazione

Ambito di applicazione della condizione ambientale.

Aspetti progettuali: Sistema di depurazione aria composto da

depolveratore a ciclone con l’aggiunta di un depuratore con filtro a

maniche.

Aspetti gestionali: manutenzione periodica e mantenimento degli

standard di efficienza e di buon funzionamento del sistema di

abbattimento.

Componenti/fattori ambientali:

o Atmosfera;

o Flora, fauna, vegetazione, ecosistemi;

o Salute pubblica;

Mitigazioni: utilizzo del sistema di abbattimento polveri ed impiego

di un piano manutentivo dell’impianto di abbattimento.

Monitoraggio ambientale

4 Oggetto della condizione cfr. EMISSIONI IN ATMOSFERA Studio Preliminare Ambientale

Campionamento SEMESTRALE delle emissioni

convogliate nel punto di emissione E1.

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N. Contenuto Descrizione

3 Macrofase POST OPERAM

2 Numero Condizione 2 – Scarichi idrici

3 Ambito di applicazione

Ambito di applicazione della condizione ambientale:

Aspetti progettuali: Adeguato sistema di raccolta e canalizzazione

delle acque meteoriche; impianto trattamento delle acque

meteoriche; impianto trattamento delle acque nere, vasca a tenuta

per il contenimento di eventuali liquidi percolati provenienti dallo

stoccaggio in cumuli dei rifiuti.

Aspetti gestionali: manutenzione periodica e mantenimento degli

standard di efficienza e di buon funzionamento dell’impianto di

trattamento acque di prima pioggia, pulizia periodica delle griglie di

raccolta, prelievo e smaltimento periodico dei sedimenti accumulati

nella vasca Imhoff e nella vasca di accumulo/sedimentazione

dell’impianto di trattamento acque di prima pioggia, prelievo e

smaltimento periodico delle sostanze oleose accumulate nel

disoleatore, prelievo e smaltimento periodico dei liquidi di

percolamento in vasca a tenuta.

Componenti/fattori ambientali:

o Ambiente idrico;

o Suolo e sottosuolo;

o Flora, fauna, vegetazione, ecosistemi;

o Salute pubblica;

Mitigazioni: Impermeabilizzazione della pavimentazione di tutte le

aree di lavorazione. Trattamento con vasca Imhoff per la

separazione dei solidi sedimentabili del refluo proveniente dai

servizi igienici, depurazione delle acque di dilavamento e/o

meteoriche di prima pioggia mediante separazione, accumulo,

sedimentazione e disoleazione, impianto di smaltimento liquidi di

percolamento con destino in vasca a tenuta.

Monitoraggio ambientale

4 Oggetto della condizione

cfr. SCARICHI IDRICI Studio preliminare Ambientale

Controllo SEMESTRALE degli scarichi mediante analisi

chimica per la verifica del rispetto dei valori limite previsti

nella tabella 3 dell’allegato 5 alla parte III del Decreto

Legislativo 152/2006 e successive modifiche ed integrazioni.

Il punto previsto per l’effettuazione dei prelievi è quello

indicato nella planimetria allegata ove è riportata l’esatta

ubicazione del pozzetto d’ispezione.

Verifica TRIMESTRALE dell'efficienza e

dell’impermeabilizzazione delle vasche a tenuta.

Prelievo e smaltimento periodico dei rifiuti liquidi

accumulati nelle vasche a tenuta, previa caratterizzazione

per Codice CER.

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N. Contenuto Descrizione

3 Macrofase POST OPERAM

2 Numero Condizione 3 – Suolo e sottosuolo

3 Ambito di applicazione

Ambito di applicazione della condizione ambientale:

Aspetti progettuali: pavimentazione impermeabile con massetto in

cls industriale realizzata su tutta l’area di impianto.

Aspetti gestionali: manutenzione programmatica al fine di garantire

la funzionalità della pavimentazione.

Componenti/fattori ambientali:

o Ambiente idrico;

o Suolo e sottosuolo;

o Salute pubblica;

Mitigazioni: manutenzione programmatica della pavimentazione al

fine di evitare fessurazioni tali da compromettere l’impermeabilità

dell’opera medesima.

Monitoraggio ambientale

4 Oggetto della condizione

cfr. PAVIMENTAZIONI Studio preliminare Ambientale

Verifica SEMESTRALE dell’integrità della

pavimentazione.

N. Contenuto Descrizione

3 Macrofase POST OPERAM

2 Numero Condizione 4 – Rumore e Vibrazioni

3 Ambito di applicazione

Ambito di applicazione della condizione ambientale:

Aspetti progettuali: utilizzo di macchinari che rispettano i valori

limiti di emissioni acustiche ai sensi della normativa vigente.

Aspetti gestionali: manutenzione ordinaria dei macchinari

utilizzati.

Componenti/fattori ambientali:

o Rumore e vibrazioni;

o Flora, fauna, ecosistemi;

o Salute pubblica;

Mitigazioni: buone pratiche di lavorazione e macchine a norma con

eventuale utilizzo di pannelli fonoassorbenti al fine di diminuire

l’impatto acustico;

Monitoraggio ambientale

4 Oggetto della condizione

cfr. IMPATTO ACUSTICO Studio preliminare Ambientale

Misurazione dell’impatto acustico al perimetro

dell’impianto con cadenza ANNUALE.

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CONCLUSIONI

Sulla base di quanto illustrato nel presente Studio Preliminare Ambientale, si ritiene che gli impatti

ambientali prodotti dall’insediamento e nello svolgimento dell’attività dell’IMPIANTO DI MESSA IN

RISERVA E RECUPERO DI RIFIUTI NON PERICOLOSI (RIFIUTI PLASTICI) ai sensi dell’art. 216

del D. Lgs. 152/06 della ZITO RECUPERO PLASTICA SRL UNIPERSONALE nello stabilimento

industriale ubicato in Via Pantano (Zona Industriale ASI) – 80011 Acerra (NA), non siano da

considerare significativi.

Data: GENNAIO 2020

IL TECNICO

dott. Angelo Mocerino

ALLEGATI:

ALLEGATO SPA_Elaborato Grafico

ALLEGATO SPA_Valutazione Impatto Acustico Previsionale

ALLEGATO SPA_Scheda Tecnica Pareti Autostabili