zero finale Iter di vincolo...

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come sostenere questo periodico Questo periodico non ha finanziamenti pubblici. Pan Kalon ringrazia i soci che hanno già provveduto al rin- novo dell’adesione per il 2012. Invita i cittadini a rin- novare o divenire nuovi soci consentendoci di uscire regolarmente e dare spazio a tutti. Bollettino postale allegato C/C postale n. 21681762 oppure bonifico: Periodico di informazione dell’associazione Pan Kalon - PANICALE Spedizione in A.P. 70% - L. 662/96 - DCI/Umbria - Aut. Trib. Perugia N° 30/2001 del 31/10/2001- Dir. Resp. Patrizia Mari dicembre 2012 Iter di vincolo paesaggistico segua a pag. 3 editoriale Maura Lepri nel suo articolo - inserito in questo numero del periodico - afferma che “il livello di civiltà di un popolo si misura dal modo in cui si curano i propri cimiteri”. Queste parole inducono a riflessioni pro- fonde. È indubbio, infatti, che col mutarsi della civiltà mutano le maniere del vivere e la potenza dell’affetto subisce alterazioni, a volte si rafforza a volte si indebolisce. Quale è, allora, un modo più civile di comportarsi? Sicuramente è ridurre la vio- lenza e spesso la violenza la fa, per primo, l’individuo su se stesso (se riuscissimo ad eliminarla, soprattutto quella psicologica, potemmo aumentare il nostro livello di civi- lizzazione). Non è forse questo lo scopo, nel tentativo di migliorare il livello di civiltà delle nostre società? Di per sé la civiltà non è altro che un sano equilibrio di valori. Antonella Margaritelli, nel suo articolo, afferma che “Non ci accorgiamo più degli angeli” ed ha ragione, perché spesso non ci accorgiamo neppure dell’umanità che ci cir- conda. In questo periodo di festività la rivi- sitazione dello scritto di Don Tonino - il vescovo pugliese “testimone di pace” - curato da Luciana Crestani, ci invita a farsi umili e contemporaneamente ad agire. Il filosofo Karl Popper sosteneva che “All’uomo irra- zionale interessa solamente avere ragione. All’uomo razionale interessa imparare” ed ancora affermava che “il pensare divide, il sentire unisce”. Con queste riflessioni, nella speranza di poter “sentire” per una crescita personale e collettiva, auguriamo a tutti Buone Feste e ringraziamo quanti sostengono l’Associazione. Dopo un anno di lavoro insieme, desidero personalmente ringraziare i volontari che collaborano alla realizzazione di questo periodico che, animati dal costante entusiasmo, si adoperano nell’individuazione delle tematiche da trattare nel periodico nell’intento di aprire confronti e dialoghi che, sebbene a volte pungenti, hanno l’unico fine di salvaguardare l’equilibrio dei valori per- corribili e costruttivi per il “bene collettivo”. Patrizia Mari Con l’entrata in vigore delle norme di salvaguardia la tutela paesaggistica diventa effettiva Mi capita di partecipare a corsi di formazione e ciò che rimane in mente, in modo particolare, è la voce del conduttore che ricorda: da que- sta esperienza cosa portiamo a casa? Proprio così, da ogni esperienza della nostra vita siamo sempre portati a fare un bilancio e capire cosa abbiamo imparato, è giusto dire: cosa ci por- tiamo a casa. E’ un esercizio che mi sforzo di fare anche se è difficile essere consapevoli appieno, ma è sempre utile provarci. Voglio parlare brevemente di quanto mi è successo negli ultimi tre anni. Dall’esperienza di Presidente di Pan Kalon, durante la vicenda dell’iter per il vin- colo paesaggistico da noi innescato, “porto a casa moltissimo”. Fra le prime cose porto con me la stima di molte persone di valore e la loro collaborazione ed incoraggiamento. Poi la grande soddisfazione di sapere che, con l’applicazione della norma di tutela, è final- mente protetto un bene inestimabile come il nostro paesaggio. Fra le seconde cose porto a casa la consape- volezza di vivere in un comune ed in una regione con un confuso senso di democrazia. Mi domando: cosa porteranno a casa dall’esperienza di amministratori i nostri concittadini? Facendo una fotografia istantanea, con la vecchia polaroid, esce un’immagine fosca. Non posso dimenticare le parole verbalizzate in un Consiglio Comunale (25 novem- bre 2010) pronunciate dai nostri amministratori dove vengo comparato ad un losco figuro con cui è meglio non uscire di notte. Ma questa è solo la punta di un iceberg, “la calunnia è un venticello, un’auretta assai gentile”, pronuncia l’intrigante Don Basilio nel Barbiere di Siviglia del grande Rossini. Dall’ultimo Festival Morettini porto a casa moltissimo. In primis la generosità, la bravura, la dedizione di moltissimi artisti (64 in tutto) che ci hanno deliziato ed arricchito nelle 6 bel- lissime serate. Poi la presenza partecipatissima di un folto pubblico sempre attento e plaudente. Non manca il triste osservare che la strada carrabile dei Cappuccini, nonostante il doppio cartello turi- stico che invita a salire, è praticamente impercorribile e nonostante si sapesse dell’evento del 14 luglio, con- certo dei bravissimi Libercantus in memoria dei caduti del 1920, non si è vista nemmeno una pala a colmare qualche vuoto. Un vuoto anche di presenza da parte della politica in quel giorno in cui si ricordano le sei vittime immolate il 15 luglio 1920, per un mondo più democratico. Ecco cosa porto a casa. Virgilio Bianconi Riflessioni su alcune esperienze degli ultimi anni Cosa portiamo a casa? Il consiglio economico pastorale e il parroco di Panicale Don Orlano Sbicca hanno risposto positivamente alla richiesta di Pan Kalòn di restauro del portale più deteriorato della collegiata, come anche segna- lato nel nostro calendario 2012 “cercasi mecenate” al mese di gennaio. Allo scopo abbiamo ricevuto la donazione di € 1000,00 da parte di un socio Pan Kalòn, che andranno a contribuire alle spese del restauro. restauro del portale della collegiata Auguri “scomodi” (di Don Tonino Bello, Vescovo) Carissimi, non obbedirei al mio dovere di vescovo se vi dicessi :“Buon Natale” senza darvi disturbo. Io, invece, vi voglio infastidire. Non sop- porto infatti l’idea di dover rivolgere auguri innocui, formali, imposti dalla rou- tine di calendario. Mi lusinga addirittura l’ipotesi che qualcuno li respinga al mittente come indesiderati. Tanti auguri scomodi, allora, miei cari fratelli! Articolo a pag. 3 Nell’agosto 2012, dopo quasi tre anni dall’inizio del travagliato iter, è stata pubblicata la proposta ufficiale di vincolo paesaggistico da parte della regione Umbria, la quale ha aperto una fase transitoria che si concluderà con la dichiarazione di notevole inte- resse pubblico dell’area panoramica lacustre che si ammira da Panicale. Di fatto però già dalla pubblicazione della proposta sono entrate in vigore le “norme di salvaguardia”, partico- lari statuizioni che agiscono da misure cautelari, come se la tutela fosse già definitiva, e questo per evitare ulte- riori danni paesaggistici nell’attesa della pronuncia definitiva. E’ stato grazie alla proposta di vincolo e alla conseguente applica- zione delle misure di salvaguardia che i progetti di impianto di biogas proposti nell’area rientrante nella perimetrazione del vincolo sono nau- fragati. Ora che la vicenda si è conclusa e che si è assistito in un primo momento ad una demonizzazione del vincolo paesaggistico (e di Pan Kalòn che l’ha richiesto), e poi alla sua santificazione per aver impedito gli impianti di biogas, invisi alla mag- gioranza della cittadinanza, con pitto- reschi tentativi di mostrarsene fautori da parte di maggioranza, opposizione e vari esponenti di schieramenti poli- tici, ci sembra utile, se non doveroso, ripercorrere brevemente la vicenda. Nell’ottobre 2009, stante le discutibili scelte sia delle precedenti amministrazioni comunali che di quella attuale sul problema del danno paesaggistico nell’area panoramica verso il lago Trasimeno, Pan Kalòn ha inviato alle istituzioni un documento (scaricabile dal nostro sito in basso nella sezione “i nostri paesaggi”) in cui richiedeva, a norma di legge, “ che con la massima urgenza venga avviato il pro- cedimento per la dichiarazione di notevole interesse pubblico dell’area del Comune di Panicale che volge verso il Lago Trasimeno e confina con il Comune di Castiglione del Lago a nord, con il Comune di Paciano ad ovest e con il Comune di Magione ad est, in particolare avendo riguardo al piano che dalla loc. Bolsonami arriva alla frazione Casalini”.

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come sostenere questo periodico

Questo periodico non ha finanziamenti pubblici. Pan Kalon ringrazia i soci che hanno già provveduto al rin-novo dell’adesione per il 2012. Invita i cittadini a rin-novare o divenire nuovi soci consentendoci di uscire regolarmente e dare spazio a tutti. Bollettino postale allegato C/C postale n. 21681762 oppure bonifico:

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Periodico di informazione dell’associazione Pan Kalon - PANICALESpedizione in A.P. 70% - L. 662/96 - DCI/Umbria - Aut. Trib. Perugia N° 30/2001 del 31/10/2001- Dir. Resp. Patrizia Mari dicembre 2012

Iter di vincolo paesaggistico

segua a pag. 3

editoriale

Maura Lepri nel suo articolo - inserito in questo numero del periodico - afferma che “il livello di civiltà di un popolo si misura dal modo in cui si curano i propri cimiteri”.

Queste parole inducono a riflessioni pro-fonde. È indubbio, infatti, che col mutarsi della civiltà mutano le maniere del vivere e la potenza dell’affetto subisce alterazioni, a volte si rafforza a volte si indebolisce.

Quale è, allora, un modo più civile di comportarsi? Sicuramente è ridurre la vio-lenza e spesso la violenza la fa, per primo, l’individuo su se stesso (se riuscissimo ad eliminarla, soprattutto quella psicologica, potemmo aumentare il nostro livello di civi-lizzazione). Non è forse questo lo scopo, nel tentativo di migliorare il livello di civiltà delle nostre società? Di per sé la civiltà non è altro che un sano equilibrio di valori. Antonella Margaritelli, nel suo articolo, afferma che “Non ci accorgiamo più degli angeli” ed ha ragione, perché spesso non ci accorgiamo neppure dell’umanità che ci cir-conda. In questo periodo di festività la rivi-sitazione dello scritto di Don Tonino - il vescovo pugliese “testimone di pace” - curato da Luciana Crestani, ci invita a farsi umili e contemporaneamente ad agire. Il filosofo Karl Popper sosteneva che “All’uomo irra-zionale interessa solamente avere ragione. All’uomo razionale interessa imparare” ed ancora affermava che “il pensare divide, il sentire unisce”. Con queste riflessioni, nella speranza di poter “sentire” per una crescita personale e collettiva, auguriamo a tutti Buone Feste e ringraziamo quanti sostengono l’Associazione. Dopo un anno di lavoro insieme, desidero personalmente ringraziare i volontari che collaborano alla realizzazione di questo periodico che, animati dal costante entusiasmo, si adoperano nell’individuazione delle tematiche da trattare nel periodico nell’intento di aprire confronti e dialoghi che, sebbene a volte pungenti, hanno l’unico fine di salvaguardare l’equilibrio dei valori per-corribili e costruttivi per il “bene collettivo”.

Patrizia Mari

Con l’entrata in vigore delle norme di salvaguardia la tutela paesaggistica diventa effettiva

Mi capita di partecipare a corsi di formazione e ciò che rimane in mente, in modo particolare, è la voce del conduttore che ricorda: da que-sta esperienza cosa portiamo a casa? Proprio così, da ogni esperienza della nostra vita siamo sempre portati a fare un bilancio e capire cosa abbiamo imparato, è giusto dire: cosa ci por-tiamo a casa. E’ un esercizio che mi sforzo di fare anche se è difficile essere consapevoli appieno, ma è sempre utile provarci.

Voglio parlare brevemente di quanto mi è successo negli ultimi tre anni. Dall’esperienza di Presidente di Pan Kalon, durante la vicenda dell’iter per il vin-colo paesaggistico da noi innescato, “porto a casa moltissimo”. Fra le prime cose porto con me la stima di molte persone di valore e la loro collaborazione ed incoraggiamento. Poi la grande soddisfazione di sapere che, con l’applicazione della norma di tutela, è final-mente protetto un bene inestimabile come il nostro

paesaggio. Fra le seconde cose porto a casa la consape-volezza di vivere in un comune ed in una regione con un confuso senso di democrazia.

Mi domando: cosa porteranno a casa dall’esperienza di amministratori i nostri concittadini? Facendo una fotografia istantanea, con la vecchia polaroid, esce un’immagine fosca. Non posso dimenticare le parole verbalizzate in un Consiglio Comunale (25 novem-bre 2010) pronunciate dai nostri amministratori dove vengo comparato ad un losco figuro con cui è meglio non uscire di notte. Ma questa è solo la punta di un iceberg, “la calunnia è un venticello, un’auretta assai

gentile”, pronuncia l’intrigante Don Basilio nel Barbiere di Siviglia del grande Rossini.

Dall’ultimo Festival Morettini porto a casa moltissimo. In primis la generosità, la bravura, la dedizione di moltissimi artisti (64 in tutto) che ci hanno deliziato ed arricchito nelle 6 bel-lissime serate. Poi la presenza partecipatissima

di un folto pubblico sempre attento e plaudente. Non manca il triste osservare che la strada carrabile

dei Cappuccini, nonostante il doppio cartello turi-stico che invita a salire, è praticamente impercorribile e nonostante si sapesse dell’evento del 14 luglio, con-certo dei bravissimi Libercantus in memoria dei caduti del 1920, non si è vista nemmeno una pala a colmare qualche vuoto. Un vuoto anche di presenza da parte della politica in quel giorno in cui si ricordano le sei vittime immolate il 15 luglio 1920, per un mondo più democratico. Ecco cosa porto a casa.

Virgilio Bianconi

Riflessioni su alcune esperienze degli ultimi anni

Cosa portiamo a casa?

Il consiglio economico pastorale e il parroco di Panicale Don Orlano Sbicca hanno risposto positivamente alla richiesta di Pan Kalòn di restauro del portale più deteriorato della collegiata, come anche segna-lato nel nostro calendario 2012 “cercasi mecenate” al mese di gennaio. Allo scopo abbiamo ricevuto la donazione di € 1000,00 da parte di un socio Pan Kalòn, che andranno a contribuire alle spese del restauro.

restauro del portale della collegiata

Auguri “scomodi”

(di Don Tonino Bello, Vescovo)

Carissimi, non obbedirei al mio dovere di vescovo se vi dicessi :“Buon Natale” senza darvi disturbo. Io, invece, vi voglio infastidire. Non sop-porto infatti l’idea di dover rivolgere auguri innocui, formali, imposti dalla rou-tine di calendario. Mi lusinga addirittura l’ipotesi che qualcuno li respinga al mittente come indesiderati.

Tanti auguri scomodi, allora, miei cari fratelli!

Articolo a pag. 3

Nell’agosto 2012, dopo quasi tre anni dall’inizio del travagliato iter, è stata pubblicata la proposta ufficiale di vincolo paesaggistico da parte della regione Umbria, la quale ha aperto una fase transitoria che si concluderà con la dichiarazione di notevole inte-resse pubblico dell’area panoramica lacustre che si ammira da Panicale. Di fatto però già dalla pubblicazione della proposta sono entrate in vigore le “norme di salvaguardia”, partico-lari statuizioni che agiscono da misure cautelari, come se la tutela fosse già definitiva, e questo per evitare ulte-riori danni paesaggistici nell’attesa della pronuncia definitiva.

E’ stato grazie alla proposta di vincolo e alla conseguente applica-zione delle misure di salvaguardia che i progetti di impianto di biogas proposti nell’area rientrante nella perimetrazione del vincolo sono nau-fragati.

Ora che la vicenda si è conclusa e che si è assistito in un primo momento ad una demonizzazione del vincolo paesaggistico (e di Pan Kalòn che l’ha richiesto), e poi alla sua santificazione per aver impedito gli impianti di biogas, invisi alla mag-gioranza della cittadinanza, con pitto-reschi tentativi di mostrarsene fautori da parte di maggioranza, opposizione e vari esponenti di schieramenti poli-tici, ci sembra utile, se non doveroso, ripercorrere brevemente la vicenda.

Nell’ottobre 2009, stante le discutibili scelte sia delle precedenti amministrazioni comunali che di quella attuale sul problema del danno

paesaggistico nell’area panoramica verso il lago Trasimeno, Pan Kalòn ha inviato alle istituzioni un documento (scaricabile dal nostro sito in basso nella sezione “i nostri paesaggi”) in cui richiedeva, a norma di legge, “ che con la massima urgenza venga avviato il pro-cedimento per la dichiarazione di notevole interesse pubblico dell’area del Comune di Panicale che volge verso il Lago Trasimeno e confina con il Comune di Castiglione del Lago a nord, con il Comune di Paciano ad ovest e con il Comune di Magione ad est, in particolare avendo riguardo al piano che dalla loc. Bolsonami arriva alla frazione Casalini”.

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Gesù che nasce per amore vi dia la nausea di una vita egoista, assurda, senza spinte verticali e vi conceda di inventarvi una vita carica di donazione, di preghiera, di silenzio, di coraggio.

Il Bambino che dorme sulla paglia vi tolga il sonno e faccia sentire il guanciale del vostro letto duro come un macigno, finché non avrete dato ospitalità a uno sfrattato, a un marocchino, a un povero di passaggio. Dio che diventa uomo vi fac-cia sentire dei vermi ogni volta che la vostra car-riera diventa idolo della vostra vita, il sorpasso il progetto dei vostri giorni, la schiena del prossimo, strumento delle vostre scalate.

Maria, che trova solo nello sterco degli animali la culla dove deporre con tenerezza il frutto del suo grembo, vi costringa con i suoi occhi feriti a sospendere lo struggi-mento di tutte le nenie natalizie, finché la vostra coscienza ipocrita accet-terà che il bidone della spazzatura, l’inceneritore di una clinica diventino tomba senza croce di una

vita soppressa. Giuseppe, che nell’af-

fronto di mille porte chiuse,è il simbolo di tutte le delusioni paterne, disturbi le sbornie dei vostri cenoni, rimpro-veri i tepori delle vostre tombolate, provochi corti circuiti allo spreco delle vostre luminarie, fino a quando non vi lascerete mettere in crisi dalla sofferenza di tanti genitori che versano lacrime segrete per i loro figli senza fortuna, senza salute, senza lavoro.

Gli angeli che annun-ciano la pace portino ancora guerra alla vostra sonnolenta tranquillità incapace di vedere che poco più lontano di una spanna, con l’aggravante del vostro complice silenzio, si consumano ingiustizie, si sfratta la gente, si fabbricano armi, si militarizza la terra degli umili, si con-dannano popoli allo sterminio della fame.

I Poveri che accor-rono alla grotta, men-tre i potenti tramano nell’oscurità e la città dorme nell’indifferenza, vi facciano capire che, se anche voi volete vedere

“una gran luce” dovete partire dagli ultimi.

Che le elemosine di chi gioca sulla pelle della gente sono tranquillanti inutili. Che le pellicce comprate con le tredi-cesime di stipendi mul-tipli fanno bella figura, ma non scaldano. Che i ritardi dell’edilizia popo-lare sono atti di sacrilegio, se provocati da specula-zioni corporative.

I Pastori che vegliano nella notte, “facendo la guardia al gregge”, e scrutano l’aurora, vi diano il senso della storia, l’ebbrezza delle attese, il gaudio dell’abbandono in Dio. E vi ispirino il desi-derio profondo di vivere poveri che è poi l’unico modo per morire ricchi.

BUON NATALE! Sul nostro vecchio mondo che muore nasca la speranza!

Luciana Crestani

Lessi questo epitaffio sul marmo di una tomba presso il cimitero dei Cappuc-cini, quando ancora era visitabile. Me la ricordo ancora questa frase, a distanza di anni, non solo perché mi suscita, tutt’ora, immaginari d’amori eterni ed indissolubili, ma anche per il fatto che solleva in me una riflessione sul rapporto tra i vivi e i morti. E soprattutto circa il luogo fisico dove questo rapporto si estrinseca: il cimitero (esiste anche un luogo immateriale privile-giato per questo dialogo silenzioso, che è il sogno, non a caso la tradizione dei numeri suggerita dalle anime dei morti è forte-mente radicata). Il cimitero, che in origine significò luogo di riposo, e solo in seguito all’avvento del Cristianesimo fu il luogo di sepoltura dei morti, conobbe la sua apote-osi in termini di maestosità architettonica soprattutto grazie ai borghesi dell’Otto-cento e del primo Novecento che riversa-rono nella pietra delle cappelle funerarie i loro ideali: il valore della famiglia, del decoro, del lavoro, del prestigio sociale soprattutto, e fecero di quel nuovo luogo dei morti una necropoli monumentale,

quasi un museo a cielo aperto. Questa nuova destinazione dei cimiteri fu criticata fortemente da molti intellettuali, i quali, sconcertati, non ritenevano che lo spazio più intimo della vita collettiva dovesse dare spettacolo. Così, dopo la seconda guerra mondiale, nacquero quei nuovi luoghi dei morti, spesso periferici, spesso squallidi, che somigliavano ai palazzoni dell’edi-lizia popolare e che evocavano carenza di spazio. Lungi da me condurre questo ragionamento sul criterio estetico, cioè non è fondamentale la qualità archittetto-nica ma, sembrerà strano, a mio parere è fondamentale l’umanità che dovrebbe ispirare il luogo dei morti. Quello che percepisco è che ogni cimitero racchiude tristemente la memoria, ma non la dif-fondono. E se invece li trasformassimo in luoghi per i vivi? E se lentamente li facessimo diventare un luogo di ricordo vero non solo per le persone intime ma per tutti? E se affidassimo alle tombe di raccontare chi racchiudono? Le lapidi ora sono fatte per rammentare qualcuno a chi già lo conosceva, ma in realtà i morti sono di tutti. Le scritte non comunicano nulla ma si limitano a dire qualcosa, cioè identificano asetticamente il defunto, data di nascita e di morte. Credo che invece la vera celebrazione degli estinti stia nel tra-smettere agli altri qualche tratto sulla loro vita personale perché essa possa prolun-garsi anche dopo la morte.

Il ricordo di una persona dura due o tre

generazioni, poi tutto sfuma nell’astrazione storica. Ed è così che le tombe vengono spesso trascurate, poi abbandonate ed infine dimenticate. Ed invece alla memo-ria privata, intima e familiare andrebbe aggiunta, non sostituita, quella collettiva. Non importa, anzi non deve essere questo il discrimine, se ricco o povero, famoso o sconosciuto, ma secondo la sensibilità degli eredi la lapide dovrebbe informare magari sulla sua esistenza, sul carattere, su qualche aneddoto o sul suo lavoro. Così si potrà sapere, tra decenni, che quel mura-tore ha contribuito ad edificare una scuola o una strada percorsa da tutti, o che quella ricamatrice ha ricamato una veste da neo-nato o un velo da sposa, o che quella cuoca ha cucinato agli anziani della casa protetta o per i bambini delle mense degli asili.

Tutti noi lasciamo un’eredità silenziosa e in questo modo potremo contribuire a ricostruire la storia minuta che tutti raccol-gono indistintamente ma inconsapevol-mente. Queste tracce nei cimiteri di oggi non esistono se non in rarissimi casi, così che un filare di tombe è quasi sempre uguale

all’altro. Perché non pensiamo che andare al cimitero possa arricchirsi di un valore morale magari meravi-gliandosi di qualche scoperta da cui trarre insegnamento? Passeggiare tra le tombe potrebbe trasformarsi in qualcosa di simile allo sfogliare le pagine di un libro, con calma, per-fino avendo la possibilità di sedersi su qualche panchina. Gli ammini-stratori locali potrebbero farsi inter-preti di questa nuova attribuzione di significato del luogo dei morti, iniziando ad incentivare le “scritte d’umanità” sulle lapidi con piccoli contributi sottratti dalle costo-sissime imposte sulle lucine delle tombe (si dovrebbe anche valutare

la possibilità di installare sopra i tetti delle gallerie un impianto fotovoltaico), collo-cando qua e là qualche sedile o piantando qualche albero nuovo che faccia ombra d’estate e compagnia d’inverno. Ma più semplicemente si potrebbe iniziare dalle azioni più semplici, dal dettaglio cioè, che si rivela il più delle volte risolutivo. Perché dobbiamo vedere una sfilata di bottiglie di plastica logora che fungono da annaffia-toi posizionate sopra le soglie delle tombe vuote invece che alcuni appiccagnoli con ghirbette che conferiscono dignità e puli-zia? Perché dobbiamo vedere erbacce alte e rampicante muraiola nel luogo per anto-nomasia del rispetto e della dignità e nel luogo delicato delle corrispondenze tra i vivi e i morti?

Il poeta americano E. L. Masters, che aveva intuito la dimensione della memoria, nel suo famoso libro “Antologia di Spoon River”, datato 1915, immagina un cimitero, quello del Midwest, dove i morti parlano ai vivi attraverso i versi impressi nelle lapidi, raccontando la vita dolce e amara, e l’immaginaria Dorcas Gustine, risoluta e coraggiosa da viva, afferma che “non è da elogiare colui che nasconde il lupo sotto il mantello lasciandosi divorare, ma bensì colui che si strappa il lupo da dosso (…) perché il silenzio avvelena l’anima”. Ho sempre sentito dire che il livello di civiltà di un popolo si misura dal modo in cui si curano i propri cimiteri.

Maura Lepri

Morte non scioglie amor…… ma lo sublima e ne l’eterna speme lo rafferma …

Auguri “scomodi”(di Don Tonino Bello, Vescovo)

don tonino: testimone di paceAntonio Bello, meglio conosciuto come don Tonino (Alessano 1935

- Molfetta 1993), è stato un vescovo cattolico e soprattutto “testimone di pace”. Figlio di un carabiniere e di una casalinga di una famiglia del basso Salento, venne ordinato sacerdote nel ‘57 e nell’82 fu nominato vescovo della diocesi di Molfetta, Giovinazzo, Terlizzi e di Ruvo. Sin dagli esordi, il suo ministero episcopale fu caratterizzato dalla rinuncia a quelli che considerava segni di potere (per questa ragione si faceva chiamare semplicemente don Tonino) e da una costante attenzione agli ultimi: promosse la costituzione di gruppi Caritas, fondò una comunità per la cura delle tossicodipendenze, lasciò sempre aperti gli uffici dell’episcopio per i bisognosi. Sua la definizione di “Chiesa del grembiule” per indicare la necessità di farsi umili e contemporanea-mente agire sulle cause dell’emarginazione. Nel 1990 fondò la rivista mensile «Mosaico di Pace».

Operato di tumore allo stomaco, nel 1992, partì lo stesso per la costa dalmata dalla quale iniziò una marcia a piedi verso Sarajevo, all’epoca sotto assedio serbo a causa della guerra civile. Nel 2007 la Congregazione per le Cause dei Santi ne ha avviato il processo di beatificazione. Il vescovo di Molfetta ci ha infatti lasciato un’eredità incalcolabile: testi lungimiranti e definizioni acute, come la celebre “Chiesa del grembiule”.

Celebri i suoi auguri scomodi, come lui stesso li definì, perché pro-vocano chi vive un’esistenza fondata sull’ambizione e la smania di suc-cesso, incuranti dei poveri e dei sofferenti. Nonostante la preghiera sia stata scritta prima del 1993, anno della sua morte, le parole appaiono attuali e specchio di una società che sembra, a distanza di Trent’anni, non sia migliorata.

Patrizia Mari

Metodo di costruzione dei Loculi oggi

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Il Trasimeno è il più antico lago ita-liano e costituisce - come è noto - un ambiente umido particolarissimo. Pre-senta una vasta superficie e una profon-dità molto ridotta: non è altro che una lama d’acqua sospesa sopra una coltre enorme di sedimenti marini e fluvio lacustri spessa fino a 600 metri. Oscil-lazioni verticali di livello di pochissimi metri sono sufficienti a causare movi-menti orizzontali della linea di costa molto rilevanti: il Trasimeno negli ultimi millenni della sua storia è passato più volte dallo stato di lago a quello di palude e viceversa.

Le possibilità di sfruttamento delle risorse di questo territorio: da quelle ittiche particolarmente abbondanti, al bosco e ai terreni spondali freschi e facili da coltivare, alle piante palustri, alla selvaggina, ai luoghi idonei all’al-levamento, hanno attratto l’uomo fino dalla Preistoria. I reperti più antichi al momento rinvenuti lungo le rive del lago risalgono alle fine del Paleolitico inferiore. Le evidenze archeologiche e quelle legate alla tradizione locale met-tono in evidenza anche l’aspetto sacrale che le comunità umane hanno spesso attribuito a queste acque, almeno a par-tire dalla media età del Bronzo.

Nell’età comunale, la documenta-zione perugina - espressa innanzi tutto dallo Statuto del 1279, da quello del 1342 e dalle norme contenute nei con-tratti di appalto per la vendita tempo-ranea dei diritti sullo sfruttamento dei frutti delle acque del lago- dimostra quali conoscenze gli amministratori di Perugia avessero su questo ambiente molto delicato, degno di particolari cure.

La ragione di questa “attenzione” è presto detta: le rendite che giungevano dal lago erano talmente elevate da costi-tuire talvolta anche la prima voce nelle entrate del Comune di Perugia.

In questa fase, tenendo conto delle sue caratteristiche di lago laminare, i confini dello specchio d’acqua furono stabiliti lungo il perimetro “virtuale” raggiunto nel corso delle sue piene consuete. Questo confine tra le pro-prietà private (a monte) e la proprietà del Comune di Perugia (a valle) era segnato con dei pilastri in pietra, i ter-mini, e ancor meglio con una strada che correva tutt’intorno. Il lago aveva così la possibilità di espandersi, di immagaz-zinare acqua nei periodi piovosi costi-tuendo così un serbatoio utile a soppor-tate i periodi di siccità.

La tutela del novellame ittico era severissima, come quella dei fondali e delle strutture da pesca. Il taglio dei canneti e delle altre piante palustri era disciplinato in modo preciso come anche la manutenzione dei canali di scolo delle acque.

Anche il bosco era coinvolto nel sistema lago: i proprietari non potevano bruciarlo o tagliarlo, ma dovevano con-sentire la potatura periodica delle fronde di quercia che servivano a costruire le strutture subacquee dei grandi impianti fissi di cattura del pesce pregiato, i tori.

La pesca professionale era a quel

I vincoli “naturali” legati alla salute del Lago Trasimeno e della sua economia

tempo l’attività principale dei laghigiani e lo rimase nei secoli a seguire durante il lungo governo pontificio.

Il rispetto delle norme scritte e delle consuetudini tramandate oralmente garantì per un lungo periodo la salute e la produttività del lago: la gestione del bene manteneva un equilibrio perfetto

tra gli interventi di sfruttamento e quelli di tutela.

Questo equilibrio si ruppe a par-tire dagli anni Trenta dell’Ottocento quando i possidenti terrieri comincia-rono a vedere il lago come un serbatoio di acqua utile allo sviluppo agricolo guardando con sempre maggiore inte-resse ai terreni spondali da mettere a coltura e da irrigare.

La bonifica del Trasimeno, igno-rando le sue caratteristiche naturali e le sue vocazioni tradizionali, fu alfine compiuta nei decenni a cavallo del 1900 chiudendo il lago in una camicia di forza. Il livello della soglia di scolo del nuovo emissario - un’opera idraulica non dimensionata alle sue caratteristi-che - venne abbassato di circa 1 metro. La gestione di questa opera idraulica (inaugurata il 2 ottobre 1892), affidata al Consorzio di bonifica, ha fatto per-dere al lago in 25 anni 3 metri d’acqua e 10 kmq di superficie. La fascia spon-dale umida si è ridotta moltissimo. Gli spazi liberati dalle acque sono stati acquisiti dai frontisti e messi a coltura; a Passignano in gran parte sono stati occupati dalla S.A.I. e a Castiglione del Lago dall’Aeroporto Eleuteri.

La pesca professionale al termine di questo processo ha subito danni note-volissimi: l’ambiente mutato e le cure tradizionali disattese hanno portato al depauperamento del patrimonio ittico e all’abbandono dei plurisecolari impianti fissi per la cattura del pesce, in partico-lare della lasca che è addirittura scom-parsa dal lago nei primi anni Sessanta. Il livello delle acque è stato stabilizzato

verso il basso causando drammatiche crisi ancora irrisolte, visto che si è con-tinuato ad utilizzare il lago a fini irrigui fino ad anni recenti.

Esistono allora - non possiamo igno-rarlo - dei vincoli legati alla natura del Trasimeno e delle vocazioni tradizio-nali che non possono essere trascu-

rate. Facendo tesoro del patrimonio di saperi che ci giunge dal passato è necessario ricostruire - per quanto ancora possibile - un nuovo equilibrio tra interventi di tutela e di sfruttamento delle risorse del lago.

Occorrerebbe, ad esempio, rilanciare la pesca professionale, che da decenni è in crisi, sviluppando il settore della pescicoltura, della trasformazione, pro-mozione e commercializzazione del prodotto finale. D’altro canto, si con-tinua a ignorare che i canneti debbono essere tagliati a tempo debito, nel modo

corretto, come si è sempre fatto sino a 25 anni or sono: tornare a fare manu-tenzione della fascia spondale riporte-rebbe ordine ove è il disordine e con-sentirebbe di recuperare le rive come luogo vocato alla riproduzione naturale del pesce.

Queste quantità enormi di biomasse -riproducibili all’infinito- possono essere prelevate con tagli programmati e trovare oggi utilizzi produttivi mediante sistemi non inquinanti.

In Piemonte si produce etanolo (car-burante per autotrazione) avendo come materia prima le sole canne palustri gra-zie ad un metodo che prevede la bol-litura ripetuta per rendere la cellulosa aggredibile da enzimi e lieviti. Non si può abbandonare -come purtroppo si è fatto - la cura dei canali, grandi e pic-coli, che sino agli anni Sessanta-Settanta del Novecento erano ancora in buono stato e garantivano apporti notevoli di acqua al lago. Non si può utilizzare, in un ambiente così delicato, ancora la fertirrigazione per smaltire i reflui degli impianti zootecnici quando vi sono molte altre soluzioni possibili non inquinanti. E così via.

Il futuro del lago e del suo territorio si misurerà in futuro in rapporto con la nostra capacità di cercare e trovare nuove soluzioni a vecchi e nuovi pro-blemi.

Le difficoltà di gestione si sono certo acuite a causa dei tanti errori compiuti. Occorre non rimanere inerti e agire, per quanto è possibile, qui, sul nostro territorio, ponendo in atto azioni concrete e non confidare in solu-zioni esterne - come si è fatto in questi ultimi decenni - senza alcun risultato. Se questo non avverrà, questo nostro ambiente particolarissimo, con i suoi centri storici, il suo tessuto econo-mico, legato a un turismo che cerca tra Umbria e Toscana luoghi che sappiano coniugare ambiente, cultura, tradizioni e sapori autentici, non potrà che subire danni notevoli e permanenti.

Ermanno Gambini

Lago Trasimeno. Rive di Borghetto. Secca del settembre 2003.

dalla prima

Iter di vincolo paesaggisticoL’individuazione dell’area così come prospettata è stata da noi concepita

in maniera tale da ricongiungersi su tre lati (nord, sud, est) con aree già vincolate e appartenenti al medesimo cono visuale.

Nel corso di questi tre anni Pan Kalòn ha innumerevoli volte sollecitato sia regione che soprintendenza per rendere effettiva la tutela paesaggi-stica, e unitamente ha continuato ad informare la cittadinanza mediante “La Voce del Campanone” e tramite numerosi comunicati stampa apparsi sui quotidiani regionali. Il tutto è riscontrabile esaminando il fascicolo relativo alla proposta di vincolo sia in comune che in regione, dove sono presenti atti, raccomandate, posta elettronica certificata, documenti pro-tocollati a firma Pan Kalòn, e dove risultano anche i verbali delle sedute della commissione provinciale preposta dai quali si evince l’opposizione al vincolo da parte dell’amministrazione comunale di Panicale, perlomeno sino al giugno 2012, quando di necessità si fa virtù e il vincolo viene accettato obtorto collo, perché risolve la spinosa questione dell’impianto a biogas, che ha inaspettatamente sollevato un moto popolare, impeden-done la realizzazione. Per coloro che vorranno approfondire mettiamo a disposizione presso la nostra sede il fascicolo con il materiale completo e ordinato cronologicamente. Invitiamo gli interessati a contattarci alla mail [email protected] per concordare giorno e orario.

Riguardo la partecipazione della politica alla questione, fra gli espo-nenti dei vari schieramenti l’unico che ha agito concretamente è stato il consiglere regionale Oliviero Dottorini, che ringraziamo per la sua onestà intellettuale, serietà, preparazione, e per il fatto di perseguire solo le bat-taglie in cui crede, a prescindere dal risultato che porteranno in termini di consensi. Egli nel 2010 ha infatti presentato un’interrogazione all’as-sessore regionale all’ambiente Rometti, al fine di farlo pronunciare sulla questione. Per il resto il panorama politico che ha fatto da sfondo all’iter è stato desolante, Rometti in primis, il quale non ha mai preso una posi-zione chiara e ha evitato qualsiasi forma di confronto diretto; stendiamo poi un velo sulla condotta di Legambiente Umbria, la quale ha dapprima riconosciuto la gravità del danno paesaggistico inferto al nostro territo-rio, e poi si è dileguata senza fornire spiegazioni.

Silvia Fratini

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Quante volte ci propinano questo ritornello. Un punto di vista arido, semplicistico, ma comprensi-bile quando l’opposizione agli inceneritori viene letta esclusivamente come un no assoluto, un no a prescin-dere, un no di contestazione punto e basta.

Non è così. Chi si oppone al trattamento termico dei rifiuti propone, accanto ad un NO incondizionato motivato in primis dalla difesa del diritto alla salute, una concreta alternativa sintetizzata nella cosiddetta “Strategia Rifiuti Zero”.

Detta strategia prevede entro il 2020 il raggiungimento del percorso della produzione dei rifiuti, della riprogettazione industriale e del recupero totale di materia, senza il ricorso né all’incenerimento né alla discarica a regime e trae origine dal movi-mento internazionale “Zero Waste” che da almeno 15 anni diffonde il messaggio in USA, in Europa ed

in tutto il mondo grazie ad attivisti volon-tari come il Prof. Paul Connett. Messaggio oggi accolto in molte grandi e piccole città in California (S. Francisco, Oakland, Santa Cruz, Berkley), in Australia (Canberra, Sid-ney), in Canada (Nuova Scozia, Columbia Britannica), in Argentina (Buenos Aires). Per quanto riguarda l’Italia sono 104, allo stato attuale, i comuni ad aver sposato la strategia Rifiuti Zero (vedi foto).

Come si evince dalla mappa l’Umbria è tristemente vuota (Narni e Umbertide gli unici due comuni “rifiuti zero”) e anzi, mentre a Terni sono in corso intense manifestazioni di protesta contro la riac-censione di un inceneritore (pulper) a Perugia è ancora aperta la questione ter-movalorizzatore.

Il primo comune italiano ad aver aderito alla strate-gia rifiuti zero è Capannori, ridente cittadina di 46.000 abitanti nel lucchese. Campagna di sensibilizzazione sul compostaggio domestico, acqua di rubinetto nelle mense scolastiche, valorizzazione fonti naturali pre-senti nel territorio come luoghi di bene comune con la costruzione di un percorso denominato “La Via dell’Acqua”, latte fresco e detersivi di qualità, naturali ed ecologici alla spina, eco sagre, pannolini ecologici, mercatini di scambio e riuso alcuni dei punti cardine

della strategia Rifiuti Zero applicata dal comune di Capannori con risultati strabilianti di decoro urbano, riduzione dei rifiuti, vantaggi occupazionali, ridu-zione della tariffa applicata ai cittadini volenterosi. Un esempio di buon governo: tutela del bene comune, uso sostenibile ed ecologico delle risorse, ruolo attivo dei cittadini. Un esperienza che, con la buona volontà di chi ci amministra e con il contributo attivo dei cit-tadini, si potrebbe replicare anche nel meraviglioso territorio panicalese.

Rosaria Rosignoli

“Strategia Rifiuti Zero”La strategia prevede entro il 2020 il recupero totale di materia senza ricorrere all’incenerimento o alla discarica a regime

Viviamo in una società consumistica adde-strata alla filosofia “usa e getta”.

Noi cittadini siamo pigri, indisciplinati, incapaci di differenziare e soprattutto appli-care pratiche virtuose di riduzione dei rifiuti.

Le discariche sono piene. E allora? Dove li mettiamo i rifiuti? Perché ci opponiamo agli inceneritori?

… Svariate volte negli incontri contro il biogas i nostri Amministratori hanno sottolineato la loro solerzia para-gonandola a quella della formica nella favola di Esopo e il nostro impegno di cittadini all’inutile cicaleggio della cicala … ma esiste un’altra versione della favola antica che vale la pena ricordare, perché offre un altro impor-tante punto di vista…

Alla formicaChiedo scusa alla favola anticase non mi piace l ’avara formica.Io sto dalla parte della cicala,che il più bel canto non vende, r egala.

Gianni Rodari

Notizie ulteriori nel sitoUlteriori contributi sono pubblicati nel sito www.pankalon.altervista.org, fra i quali un esilarante racconto di Elena Vinerba sull’accorpamento dei plessi scolastici di Panicale e Paciano.

Vi invitiamo dunque a visitarci anche on-line!

La “ crescita” di cui ci parlano conti-nuamente politici ed economisti è un mito da smontare.

Infatti l’idea di uno sviluppo infinito su un pianeta finito è un non senso: quale organismo reale potrebbe cre-scere in modo illimitato?

La famigerata “crescita” si basa sul concetto di crescita del PIL, indice di progresso economico, cioè il valore delle merci e la loro circolazione; que-sto tasso, che si vorrebbe fare corrispon-dere col tasso del benessere umano, in realtà non è affatto coerente con que-sto: infatti spesso accade l’esatto con-trario, ad un aumento del PIL si regi-stra uno scadere della qualità della vita. Perché? Perché la qualità della vita non dipende solo dal progresso economico, ma da molti altri fattori, come la sanità dell’ambiente, la sicurezza, la fruibilità dei servizi, la vita di relazione, il godi-mento di beni culturali ecc.

L’idea della decrescita felice, che da circa un decennio circola grazie alla felice intuizione di economisti –ecologisti illuminati, prospetta invece la possibilità di rivedere gli schemi men-tali e di conseguenza le nostre abitudini che hanno causato i problemi ecologici e sociali di cui soffriamo oggi.

Lo stile di vita odierno è basato sull’esclusivo privilegio del profitto. In altre parole il motto di oggi è: “Produci, consuma, crepa.”

Per chi non condivide questo pro-gramma di vita, vale la pena conside-rare l’ipotesi di un modello esistenziale diverso, cioè quello della decrescita, che non vuole dire prospettarsi una vita grama e cupa, di puri sacrifici, ma rivedere quello che c’è di sbagliato nelle

nostre abitudini e che minaccia il futuro della terra e i suoi abitanti.

E’ vero che ci sarà sempre gente che negherà l’evidenza e minimizzerà i gravi problemi socio-ambientali di oggi, tutto pur di non cambiare di una virgola i propri comodi, ma io vorrei rivolgermi a quelle persone intelligenti e obiettive, che non vogliono fare gli struzzi imbro-gliando se stessi con un ottuso ottimi-smo. Per troppo tempo gli ecologisti sono stati definiti catastrofisti, iettatori, imbecilli ecc., ora che i radicali cambia-menti climatici e fenomeni naturali del tutto nuovi a certe latitudini si stanno verificando è ora di non ignorarli più, ammesso che si sia ancora in tempo, e non il caso di chiudere la stalla a buoi scappati!

Perché decrescita “felice”? Perché è finalizzata a migliorare la nostra vita. Infatti: “La decrescita non è un’utopia,è la crescita la vera utopia. La crisi finan-ziaria, industriale e del petrolio ren-dono sempre più realistica la prospet-tiva della decrescita. Occorre che tale decrescita sia non subita ma gestita e voluta, riscoprendo un modo di vivere, lavorare, relazionarci che sono molto più ricchi di futuro rispetto agli stili di vita imposti dalla società economica attuale….(Maurizio Pallante).

Quei modi di vivere li abbiamo dimenticati e spesso derisi come residui del passato, l’idea è riscoprirli alla luce delle nuove possibilità apprese nel frat-

tempo…Al di là del consumismo imperante

sbandierato da giornali, mass media, iper-mercati ecc., esiste in Italia una rete di persone che pensa, critica il consumi-smo ottuso e vuole creare un’alternativa pratica, anzi già la sta creando per chi ha orecchi per intendere…

Qualche regola per una decrescita davvero “felice”:

- Scegliere cibi e ritmi di vita più natu-rali, evitando quanto possibile gli ali-menti della grande distribuzione e pre-ferendo alimenti biologici o di piccoli produttori.

- Mangiare meno carne e proteine ani-mali, dannose alla salute e all’ambiente, (si pensi ai danni fatti nel mondo da gli allevamenti industriali), preferendo proteine vegetali,cereali ecc.

- Curarsi evitando la medicalizzazione cronica e l’abuso di farmaci, a cui si tende oggi.

- Usare l’energia in modo sensato, evi-tando gli sprechi (preferire lampadine a basso consumo, accendere le luci dove e quando servono, usare le fasce orarie meno care ecc.)

- Usare la televisione in modo intelli-gente, tenendo presente che è un mezzo di distruzione (del cervello) di massa, specialmente dei bambini... anche se fa comodo tenerli occupati! Spesso è lei a dominare nelle nostre giornate!

- Usare il cellulare senza diventarne lo schiavo… troppa gente si fa condizio-

nare da questo e dai suoi ritmi stres-santi, la comunicazione più tranquilla ci renderebbe migliori.

- Muoversi quando possibile in modo ecologico (trasporti pubblici, bicicletta), o un mezzo collettivo.

- Comprare solo quello che è indi-spensabile, quando non si può riparare o recuperare, contro il consumismo smodato che ci ha riempito di rifiuti e ci fa credere che abbiamo bisogno di una montagna di oggetti.

Per i più coscienziosi il consumo cri-tico: scegliere i prodotti chiedendosi : da dove vengono, cosa contengono, chi l’ha fatti …possiamo scoprire che una certa multinazionale usa sostanze dan-nose, o il lavoro minorile ecc. (ci sono pubblicazioni che “schedano” le ditte). Ricordarsi che le multinazionali e il loro sistema di mercato si basano sul pro-fitto, più che sulla coscienza civile,come dimostrano frequenti scandali commer-ciali…. quindi sarebbe bene vigilare. Rivolgersi a gruppi solidali di scam-bio e mutuo aiuto, con sistemi come il baratto o la banca del tempo (presta-zioni di scambio di varie attività), o i GAS (gruppi acquisto solidale).

Il nostro lavoro inoltre condizio-nerà le nostre scelte: è ovvio che un lavoro creativo e autogestito o comun-que non in ambito “critico” (finanza, armi,multinazionali, industrie inquinanti ecc.) ci permette di essere coerenti nel tentativo di cambiare le cose, indispen-sabile per il futuro di un mondo vivibile.

Libri consigliati: “La decrescita felice” di Maurizio Pallante - ed. Macrolibri

“Guida al consumo critico”- Centro Nuovo Modello di Sviluppo .

Luciana Crestani

La decrescita felice

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La voce del campanone/Pan Kalon La voce del campanone/Pan KalonD

icembre 20125

Come nativa Panicalese, consigliere e socio di Panka-lon, anch’io mi prendo il diritto di esprimere opinioni e motiva-zioni sulle problematiche che riguardano il nostro territorio. Questa Associazione è basata sul volontariato e non mi sono mai creata aspettative personali, semmai, mi ha dato l’oppor-

In “I tesori dell’arte italiana”, un prestigiosa ed inedita collana di inserti apparsa in 25 fascicoli all’interno del quotidiano “Il Gior-nale” (da poco terminata), Vittorio Sgarbi ha voluto raccontare la storia dell’arte italiana attraverso cento opere simbolo che in “pic-coli” e “grandi” capolavori, rappresentano passaggi fondamentali nella storia dell’espressione artistica. Nel fascicolo n. XV una intera pagina, quella di apertura, è stata dedicata al “Banchetto di Erode”, affresco di Masolino da Panicale che si trova nel Battistero di Castiglione Olona. Il servizio che si titola “Così la crudele Salomè divenne una dama splendida e devota” inizia così: “Finito il tempo di Agnolo Gaddi, di Lorenzo Monaco, e anche il Gentile da Fabriano, la Firenze del Quattrocento, in pittura, ha il volto di Masolino e Masac-cio. Masolino, le cui origini sono incerte (forse di Panicale in Umbria) ci appare con il suo volto nuovo (…)”.

Finalmente! Finalmente qualcuno – e non poteva essere che Vit-torio Sgarbi – che non segue pedessiquamente quanto riportato dai critici (la grande maggioranza) che lo hanno preceduto, riguardo il luogo di nascita del nostro Masolino, i quali tutti si sono fidati di quanto riportato nelle sue “Vite” da Giorgio Vasari il quale in una edizione lo fa nascere in Val d’Elsa ed in un’altra in Val d’Arno, comunque sempre in Toscana!

Panicale in Umbria (anche se c’è un forse) è un affermazione importante che speriamo serva a mettere un punto fermo e defi-nitivo nella individuazione del luogo di nascita del grande pittore, del quale Sgarbi, tra l’altro, scrive: “Masolino è poeta, con una sen-sibilità lirica che gli impedisce di vedere il Male e di rappresentare il dramma”, tutto ciò sulla orma di quanto, nel tempo, hanno fatto importanti storici locali come Giambattista Vermiglioli, Luigi Brami, Annibale Mariotti, Corinzio Corsetti, Gustavo Grifoni, Pio Cesarini, Claudio Caprini ed il sottoscritto, unitamente, ad onor del vero, ad alcune importanti enciclopedie, anche se ancora troppo poche.

Luciano Lepri

Vittorio Sgarbi: Masolinoè di Panicale in Umbria

Voglio anch’io le mie medaglie (ma per farne cosa?)

Tommaso di Cristofano Fini, detto Masolino da Panicale. Nasce a Panicale nel 1383 ma il Vasari nelle sue vite (1550) indica una Panicale in Valdelsa dando inizio ad una diatriba tra umbri e toscani non ancora sopita. Sta di fatto che in Valdelsa non esiste una Panicale e neanche in Valdarno, come dicono altri. Poi la nostra Panicale, al confine della Valdichiana, in quel tempo era già forte e conosciuto castello anche per aver dato i natali al valoroso Boldrino ben noto in Toscana, e in tutto lo stato della chiesa. Claudio Caprini, che ha trascorso tanto tempo allo studio del nostro artista riferisce: “Alla fine del trecento i Visconti allargarono il loro dominio su gran parte dell’Italia settentrio-nale e centrale. I loror capitani di ventura erano quasi tutti umbri: Biordo Michelotti e Boldrino da Panicale, e po Alberigo da Barbiano e Niccolò Piccinino. Chi procurava le soldataglie ai Visconti era Cristoforo Fini padre di Masolino, che per i Signori di Milano passò a svolgere la man-sione di gabelliere nelle zone conquistate. Morto Gian Galeazzo Visconti nel 1402, molte popolazioni si ribellarono e cacciarono gli occupanti e i collaborazionisti. Masolino scappò al nord insieme al Padre”.

In tutti i casi Masolino ebbe la sua formazione a Firenze poiché nel 1423 risulta iscritto all’arte dei medici e degli spe-ziali e firma la prima opera giunta fino a noi, la Madonna dell’umiltà, ora conservata a Brema. La svolta nella vita e nell’arte del pittore avviene nel 1424, quando la famiglia Bran-cacci decide di far dipingere una cappella in Santa Maria del Carmine a Firenze. Masolino deve essere stato molto cono-sciuto e già famoso per ottenere una tale commissione che ha tanta importanza per la storia della pittura italiana. Nel 1424 Masolino parte per l’Ungheria al servizio di Pippo Spano capi-tano generale delle armate di Sigismondo tre volte re e sacro romano imperatore. Purtroppo non rimarrà alcuna traccia delle opere qui eseguite, andate tutte distrutte nella bufera dei secoli. Nel 1427 Masolino fece ritorno a Roma e partecipò al restauro e al rinnovo della città eterna voluto da Martino V. Qui affronta il ciclo di pitture nella cappella di Santa Caterina in San Clemente. Nel 1432 risulta a Todi dove esegue l’affre-sco Madonna con il Bambino e angeli. Quindi si trasferisce a Castiglione Olona al servizio del Cardinale Branda Casti-glioni. Nel 1435 termina le storie della Vergine nella Colle-giata. Decora anche il palazzo Castiglioni. Sì, il suo modo di vedere e di rappresentare si amplia per riflesso della nuova pittura fiorentina, ma non si modifica sostanzialmente. Muore in Firenze nel 1440.

masolino da panicale

tunità di conoscere persone e realizzare insieme agli altri soci iniziative Culturali e Ambientali che porto avanti da ben prima della mia entrata nella Pankalon. So bene che volontariato signi-fica dedicare un po’ di tempo e piccole o grandi capacità al bene comune, senza aspettarsi ricono-scimenti e medaglie inutili, ma

richiamare un po’ di attenzione per gli sforzi, il tempo, le ener-gie messe a disposizione per le ultime battaglie intraprese, mi sembra legittimo. Riconosci-mento che addirittura si è cercato di rigirare in favore di coloro che hanno creato i peggiori ostacoli al nostro percorso per l’otteni-mento del vincolo paesaggistico. Sembrava una corsa all’accapar-ramento dei meriti! Nella Panka-lon non ci sono primedonne da mettere in evidenza e non si usa l’Associazione a scopi perso-nali, per ottenere promozioni o altro, ma siamo semplicemente persone che sanno osservare lo scempio in atto nel nostro terri-torio e vorremmo contribuire a difenderlo da certi squali che ci vedono, invece, un facile e profi-cuo profitto personale.

Sappiamo bene che facendo le nostre proposte per conser-vare, e non distruggere, ci espo-niamo a critiche di vario tipo, che vanno dai “dispettucci” alle “dif-famazioni” rivolte verso le nostre persone, verso chi ci sta vicino e ci sostiene. Siamo persone che pensano con la propria testa e, per quello che mi riguarda, nes-suno dell’Associazione mi ha fatto mai litigare con nessuno - come si vocifera in giro -, perché i miei problemi con alcuni “per-sonaggi” risalgono a ben prima della mia entrata nella Pankalon.

Riforma significa azione.

Discussione e piani-ficazione a se stanti sono inutili teorie e conservatorismo: non ci fanno avan-zare di un centimetro. Quindi, a chi piace discutere, pianificare, analizzare, burocra-tizzare, intellettualiz-zare, lasciamolo fare la sua strada, mentre noi continueremo la nostra. Accertiamo il reale stato delle cose e incoraggiamo le persone a realizzare piccoli-grandi spet-tacoli teatrali e musi-cali che fanno star bene la gente, come è avvenuto la scorsa stagione quando Virgilio Bianconi, insieme a musicisti ed attori, hanno messo in scena un bel percorso itine-rante lungo i borghi di Panicale ed altri spettacoli Teatrali e con-certi; tutti con notevole impe-gno e partecipazione, usando i sostegni economici dei soci e sostenitori delle suddette inizia-tive e senza nessun aiuto da parte di enti pubblici che dovrebbero promuovere la Cultura, tutta la Cultura, e non soltanto quella per i pochi ed i soliti che girano intorno al regime di turno.

Favorire ed incoraggiare i talenti e saperi locali è Cultura.

Se ne parla tanto nei progetti, negli incontri pubblici, nei dibat-titi, ma poi c’è sempre l’alibi che mancano i soldi. Ad osser-vare le macchine che girano, le case in continua espansione, le strade sempre più grandi, i risto-ranti sempre pieni, come anche i supermercati ed i loro cassettoni di rifiuti che traboccano di roba ogni giorno, non si direbbe che manchino i soldi. Sorge il dubbio che questo denaro venga distri-buito male e non condiviso con chi non ha la capacità di arraf-farlo!

Giuliana Bruni

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Malgrado i gravi problemi economici che l’Associazione Pan Kalòn sta affrontando a causa del taglio totale del contributo finanziario al Festival da parte del Comune di Panicale, e la riduzione sostanziosa del contri-buto dello sponsor, Banca Valdichiana Credito Coopera-tivo Tosco Umbro, il Festival organistico Morettini è andato in scena quest’anno con il solito straordinario slancio e gusto. Il direttore artistico Eugenio Becchetti e Virgilio Bianconi hanno ide-ato un programma di musica, quasi tutta italiana e di gran-dissima qualità, che ha puntato di nuovo il riflettore sulla città di Panicale, i suoi luoghi, la sua storia. Secondo la tradizione di questo festival, il programma è sempre estremamente vario: il Festival si è aperto il 14 luglio con un concerto molto emo-zionante sia per il luogo dove si è svolto, Chiesa di Santa Croce ai Cappuccini, che per l’occa-sione che celebrava. L’Ensem-ble polifonico Libercantus, diretto da Vladimiro Vagnetti, ci ha tenuti con il fiato sospeso per la bellissima esecuzione di musiche dal medievo ai tempi

Un successo “sofferto” per il Festival organistico Morettini 2012

È ormai tradizione consolidata, da quasi quindici anni, che il Teatro Comunale «Caporali» di Panicale stupisca il suo pub-blico riscoprendo e riproponendo perle dell’opera barocca. Artefice di questa piacevole tradizione è Virgilio Bianconi. Spesso assieme al suo sodale, l’incontenibile regista veneziano Marco Bellussi, ricercano partiture dimenticate o addirittura mai rappresentate in epoca moderna, soffiano via due o tre secoli di polvere e le rimettono in scena splendenti di novità e vivaci come una commedia cinematografica. Questa volta è toccato a Zamberlucco e Palandrana, opera buffa in tre atti di Ales-sandro Scarlatti, musicista che proprio in questo periodo è fatto oggetto di studi approfonditi. L’evento fa parte della XI edizione del Festival Organistico Morettini che ha come direttore artistico il M° Eugenio Becchetti, altro personag-gio che sulla musica antica ha le idee molto chiare visto che, oltre a suonarli in modo magistrale, costruisce artigianalmente spinette e clavicembali. Complice dell’operazione questa volta è Marcella Ventura, la sensuale Maddalena del Rigoletto messo in scena da Virgilio Bianconi al Festival di Preggio, che con notevole auto-ironia si cala nei sontuosi panni neogotici della vedova Palandrana, inalberando una testa completamente calva e affrontando con la consueta sicurezza della sua voce brunita i virtuosismi della musica antica della quale è protago-nista indiscussa, inscenando le smanie amorose dell’anziana gentildonna con un brio e una padronanza scenica degni di un altro celebre calvo della lirica (lui, calvo davvero).

Di Virgilio Bianconi, vivacemente caratterizzato da bravo manzoniano, stupisce sempre la notevole vis comica, insospet-tabile in un artista versatile e intenso ma che per statura fisica e corpo vocale sembrava dover essere confinato ai ruoli dram-matici. Invece riesce come suo solito a tratteggiare un perso-naggio da grande caratterista (che conosce bene la differenza tra carattere e caricatura) guidando la sua notevole voce in agilità inaspettate, possibili solo dopo alcuni buoni lustri di esperienza di palcoscenico.

Una menzione speciale per la frizzante Federica Agosti-nelli nel ruolo muto di Moschetta che dimostra grande ironia e padronanza scenica. Vivacissima e spumeggiante la regia di Marco Bellussi, giocata su tempi veloci, con momenti di grande comicità e guizzi piccanti, gag, trovate, colpi di scena che catturano l’attenzione del pubblico fino all’ultima nota, aiutata da luci e costumi dai colori vivi e molto indovinati, e che coinvolge in esuberanti ruoli di mimo Alessandro Bogini Pitzalis, Daniela del Buono e Davide Simoncini, capitanati da una Alice Spito in forma scenica strepitosa che dimostra che non ci sono piccoli ruoli per i grandi interpreti.

Veramente ottimo l’ensemble musicale che con notevole eleganza accompagna l’opera: Paolo Castellani al violino, Mauro Businelli al violoncello, Vladimiro Vagnetti all’oboe e Paola Ceccarelli al clavicembalo, tutti solisti e membri di prestigiose formazioni orchestrali. Uno spettacolo memora-bile che, ci si augura, non rimarrà confinato allo spazio affa-scinante ma ristretto del Teatro «Caporali» ma possa essere portato in tournée e goduto da tutti gli appassionati di musica antica ma soprattutto di buon teatro.

Simona Esposito

La collana di successi sul palcodel Teatro Cesare Caporali

Un’altra perla barocca

nostri. Il secondo evento, un

insolito spettacolo itinerante dal titolo “Mecenate era un Uom…” poesie tratte dal poema del poeta Cesare Capo-rali, recitate da bravi attori accompagnati dagli strumenti rinascimentali dell’ensemble “Orientis Partibus”, si è svolto nel centro storico, ed è stato seguito con molto interesse non solo dal solito pubblico del Festival, ma anche da molti Panicalesi, che hanno visto valorizzati, in modo così origi-nale, gli angoli del centro sto-rico appartenenti alla propria memoria.

Il terzo concerto ha avuto luogo nella Chiesa della Madonna della Sbarra, dove, attraverso la lettura di let-tere e documenti tratti dagli archivi, sono stati raccontati episodi dalla vita delle mona-che del Collegio delle Vergini di Panicale del periodo dal 1630 al 1750. Una eccellente serata tutta al femminile con le voci di Marcella Ventura e Rosalba Petranizzi, accom-pagnate al clavicembalo da Paola Ceccarelli, e le letture di Daniela Del Buono, con gra-zia e alta classe ci hanno offerto

un ricercato programma, ma anche fatto riflettere sulla situazione della donna in quei tempi…

Il momento più atteso del Festival è stato la presen-tazione della prima assoluta in forma scenica di Zamber-lucco e Palandrana, intermezzo comico di Alessandro Scar-latti, per la regia di Marco Bellussi, andato in scena il 22 e 23 settembre al Teatro Capo-rali. Marcella Ventura e Vir-gilio Bianconi, accompagnati dall’orchestra di strumenti barocchi, ed affiancati da abi-lissimi mimi hanno incantato il pubblico del Caporali (tra l’al-tro il luogo ideale per uno spet-tacolo di questo periodo). La regia particolarmente originale e divertente di Marco Bellussi ha deliziato e divertito il pub-blico foltissimo presente nelle due serate di rappresentazioni.

Il Festival si è chiuso nella Collegiata di San Michele Arcangelo, il giorno del patrono del Comune, con il Coro “Beati Ubaldi” di Gubbio diretto da Renzo Menichetti, accom-pagnati all’organo dal nostro direttore artistico Eugenio Becchetti.

Priscilla Worsley

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La voce del campanone/Pan Kalon La voce del campanone/Pan KalonD

icembre 20127

Ovidio era un ragazzo venuto dall’est. Sicuramente ha dovuto fati-care per integrarsi nella nostra società, ma c’era riuscito veramente.

Io lo conoscevo poco, ma di lui avevo in testa il sorriso e le chiac-chiere. Lo conoscevano bene gli abi-tanti di Pietrafitta che lo avevano adot-tato e lui aveva adottato loro. Vivevano in una simbiosi legata ad un cordone ombelicale. Ovidio però non era felice, pochi lo sapevano, perché come nelle favole ad un certo punto della notte arriva l’orco; ma questa non è una favola dove tutto finisce bene, è una cruda realtà.

L’orco uccide Ovidio, nessuno lo salva, nessuna fata con la sua bacchetta magica può farlo rivivere. Le fate chi sono? E’ quella rete famosa che biso-gna costruire intorno alle persone fragili, deboli, sole, povere? E’ la rete costituita da istituzioni che devono difendere e proteggere i cittadini?

Allora visto il o i risultati, suppongo che ci sono molti strappi in questa rete e non abbiamo più mani che sanno rat-toppare o sanno costruire nuove reti.

Come cittadini dobbiamo vigilare, essere presenti, parlare, condividere, ascoltare, lavorare insieme alle istitu-zioni, le quali però si fanno sempre più lontane.

Il nostro stato, Regione, Comuni, Comunità stanno perdendo il senso umano, civico, in cambio di una società in cui spread, corruzione, disavanzo, licenziamenti, disoccupazione, incu-ranza, ignoranza, ecc., la fanno da padroni ed è per questo che non ci accorgiamo più degli angeli che ci stanno accanto come lo era Ovidio. Dobbiamo reagire, non rimanere pas-sivi.

Dobbiamo ricostruire le nostre comunità...vere. Affinché non ci siano più ORCHI, ma tante FATE!!!!!

Antonella Margaritelli

Non ci accorgiamo più degli angeliI nostri volti sono paesaggi, i nostri corpi sono la terra, le nostre case il mondo intero

Il sangue umano è un prodotto naturale, non riproducibile artificial-mente e indispensabile alla vita. Donare sangue è un atto volontario, anonimo e gratuito, è un dovere civico, è una manifestazione con-creta di solidarietà verso gli altri, esalta il valore della vita, abbatte le barriere di razza, religione o ideolo-gia e rappresenta uno dei pochi momenti di vera medicina preventiva. E’ un atto di estrema generosità che permette di salvare la vita di altre persone. Proprio il fatto che il sangue sia raro implica la necessità di met-terlo a disposizione di altri individui che potrebbero trovarsi in situazione di bisogno. Nonostante i progressi della medicina, delle scienze e della biochi-mica, l’uomo rimane a tutt’oggi l’unica pos-sibile sorgente di sangue, e pertanto: nessun Ospedale è in grado di assicurare alcuna terapia trasfusionale senza la preventiva dispo-nibilità dei donatori; per lo stesso motivo, la dispo-

nibilità del “bene sangue” non dipende dal mercato, quindi non ha un prezzo economico. Chiunque abbia compiuto i 18 anni di età e pesi più di 50 kg., in buona salute e senza comportamenti a rischio, può presentarsi presso un Centro Raccolta Sangue (ad esempio Ospedale di Castiglione del Lago il mar-tedì, mercoledì e sabato dalle 8 alle 9.30) o al Ser-vizio Immunotrasfusionale dell’Ospedale di Perugia. Un medico effettuerà un

colloquio, una visita, e gli accertamenti di tipo diagnostico e strumentale per verificare che non vi siano controindicazioni alla donazione. Questo perché vengono ritenute fonda-

mentali sia la salute e la sicurezza del donatore che quella del ricevente. Molte persone donano il proprio sangue in seguito a malattie di familiari o ad appelli sporadici; pur rico-noscendo la grandezza di tale gesto, anche se desti-nato a rimanere un evento unico, l’obbiettivo dei ser-vizi trasfusionali e delle associazioni di volontariato come l’AVIS, è quello di trovare e formare i “ dona-tori periodici” , donatori cioè che effettuano rego-

larmente le donazioni sia per garantire un apporto di sangue continuativo, sia per garantire una maggiore tutela della salute del donatore, grazie alle analisi gratuite che ven-gono effettuate ad ogni donazione.

L’importanza della donazione è ricono-sciuta anche dalla Legi-

slazione Italiana (Legge 21 ottobre 2005, n. 219) che prevede una giornata di riposo retribuita.

Dr.ssa Susanna RussoMedico del Centro raccolta

Sangue del Trasimeno

Donare sangue: un gesto unico e inestimabile

E’ vivo il ricordo del barbaro abbattimento di un edi-coletta ottocentesca, così graziosa e carica di memoria per tutti i panicalesi, intitolata “Madonna del Coccia-iolo”, demolita nella fine degli anni sessanta, per allar-gare la curva della strada provinciale (oggi via della Repubblica), luogo alle porte del paese, poco prima di arrivare all’antica e rinomata “piazza del mercato”.

Da sempre il luogo era un punto di riferimento per le passeggiate dei paesani. In seguito venne malde-stramente ricostruita in cemento e ricordo, nella mia infanzia, di averla vista giacere a terra poco dopo la costruzione. La maiolica ex voto sparì.

Nella foto allegata vediamo alcuni giovani panicalesi negli anni Cinquanta che, come racconta Carla Rossi (la terza da sinistra), amavano recarsi al Cocciaiolo per trascorrere momenti felici, portare un mazzetto di

Panicale rivuole l’edicola del “Cocciaiolo”

Periodico: La voce del campanone - spedizione in A.P. 70% - L. 662/96 DCI/Umbria-Aut. del Trib. di PerugiaN° 30/2001 del 31/10/2001 - Dir. Resp. Patrizia Mari

La voce del campanonePeriodico di informazione della libera associazione Pan Kalon

Redazione: Virgilio Bianconi, Maura Lepri,Simona Billi, Silvia Fratini, Giuliana Bruni,

Antonella Margaritelli, Priscilla Worsley,Luciana Crestani, Rosaria Rosignoli

Hanno collaborato: Luciano Lepri, Elena Vinerba,Simona Esposito, Susanna Russo, Ermanno Gambini

Pubblicato da: Libera associazione Pan Kalon via del Filatoio, 16 - 06064 Panicale (PG)

Stampa: Tipografia Pixart - Quarto d’Altino (VE)La direzione non risponde delle opinioni espresse da collaboratori ed intervistati

I testi e le immagini pubblicate possono essere riprodotte previa autorizzazione

Per informazioni: Associazione Pan Kalon www.pankalon.altervista.orgEmail: [email protected]

La tiratura di questo periodico è di 2500 copie

fiori campestri all’immagine mariana oppure, il lunedì di Pasqua, farci la tradizionale scampagnata.

Carla ci riferisce anche la storia di questa edicola. Si narra che un venditore di cocci (terrecotte da cucina) nel salire a Panicale, per partecipare ad una delle famose fiere, col suo carretto trainato da un asino, in quel tratto di strada ebbe un grave incidente dove il suo carro stracarico si rovesciò lasciando indenne il Cocciaiolo ed il povero somarello.

Per questo il Cocciaiolo, che immaginiamo prove-nisse da Ficulle, luogo dove si producono terrecotte da cucina, la cui decorazione caratteristica è “maculata”, volle costruire l’edicola come ex voto e dedicarla alla Vergine. Pan Kalon ringrazia il gruppo di panicalesi ideatori dell’iniziativa ed invita tutta la popolazione a partecipare alle spese per la ricostruzione, con mate-riale d’epoca, dell’antica edicola del Cocciaiolo.

Virgilio Bianconi

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