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CAMERA DEI DEPUTATI N. 2953 DISEGNO DI LEGGE PRESENTATO DAL MINISTRO DELLA GIUSTIZIA (ORLANDO) DI CONCERTO CON IL MINISTRO DELLECONOMIA E DELLE FINANZE (PADOAN) Delega al Governo recante disposizioni per l’efficienza del processo civile Presentato l’11 marzo 2015 ONOREVOLI DEPUTATI ! — Il presente di- segno di legge è stato elaborato e redatto ad opera della Commissione presieduta dal dottor Giuseppe Berruti, presidente di sezione della Corte di cassazione, costi- tuita con decreto del Ministro della giu- stizia 27 maggio 2014, con il mandato di predisporre proposte di interventi in ma- teria di processo civile. Per tale ragione, la presente relazione illustrativa riprende i contenuti del « Do- cumento di sintesi sulle fattispecie oggetto di criticità e sulle prioritarie proposte di intervento in materia di processo civile », presentato dalla predetta Commissione di studio. L’intervento normativo delegante ha due obiettivi. Il primo è quello di un processo comprensibile. Il processo civile italiano è un insieme di tecnicalità progressive, l’una creata dal- l’altra, che rendono faticoso il suo risul- tato naturale, ossia la sentenza. Negli ultimi quarant’anni, a far tempo dalla legge introduttiva del nuovo rito del lavoro, gli interventi del legislatore sono stati numerosissimi e hanno inciso sul tessuto connettivo originario del codice di procedura civile, compromettendone l’or- ganicità e la sistematicità. Con il trascorrere del tempo, inoltre, il codice – progettato e promulgato in una particolare contingenza storica – ha sof- ferto sempre più pesantemente il progres- sivo aumento del contenzioso. Se si guarda indietro per cercare di comprendere, senza preconcetti o pregiu- dizi, le cause dell’attuale inefficienza (cosa Atti Parlamentari 1 Camera dei Deputati XVII LEGISLATURA DISEGNI DI LEGGE E RELAZIONI DOCUMENTI

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CAMERA DEI DEPUTATI N. 2953—

DISEGNO DI LEGGE

PRESENTATO DAL MINISTRO DELLA GIUSTIZIA

(ORLANDO)

DI CONCERTO CON IL MINISTRO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE

(PADOAN)

Delega al Governo recante disposizioniper l’efficienza del processo civile

Presentato l’11 marzo 2015

ONOREVOLI DEPUTATI ! — Il presente di-segno di legge è stato elaborato e redattoad opera della Commissione presiedutadal dottor Giuseppe Berruti, presidente disezione della Corte di cassazione, costi-tuita con decreto del Ministro della giu-stizia 27 maggio 2014, con il mandato dipredisporre proposte di interventi in ma-teria di processo civile.

Per tale ragione, la presente relazioneillustrativa riprende i contenuti del « Do-cumento di sintesi sulle fattispecie oggettodi criticità e sulle prioritarie proposte diintervento in materia di processo civile »,presentato dalla predetta Commissione distudio.

L’intervento normativo delegante hadue obiettivi. Il primo è quello di unprocesso comprensibile.

Il processo civile italiano è un insiemedi tecnicalità progressive, l’una creata dal-l’altra, che rendono faticoso il suo risul-tato naturale, ossia la sentenza.

Negli ultimi quarant’anni, a far tempodalla legge introduttiva del nuovo rito dellavoro, gli interventi del legislatore sonostati numerosissimi e hanno inciso sultessuto connettivo originario del codice diprocedura civile, compromettendone l’or-ganicità e la sistematicità.

Con il trascorrere del tempo, inoltre, ilcodice – progettato e promulgato in unaparticolare contingenza storica – ha sof-ferto sempre più pesantemente il progres-sivo aumento del contenzioso.

Se si guarda indietro per cercare dicomprendere, senza preconcetti o pregiu-dizi, le cause dell’attuale inefficienza (cosa

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difficile, ma necessaria per capire dove ecome intervenire), si noterà che, a parte icasi di nuove forme di tutela cosiddetta« differenziata » per specifiche controver-sie (in primis quelle del lavoro), tutti gliinterventi hanno avuto un denominatorecomune: adeguare il vecchio codice ad unnuovo imprevisto carico.

Anche l’apparato organizzativo a soste-gno del codice è divenuto inadeguato afronteggiare il numero delle pendenze.

Ciò posto, l’inefficienza del processoitaliano è peraltro essa stessa occasione dilavoro per più categorie. Ma un’economiadell’inefficienza è ciò che il Paese, semprepiù immerso nella vicenda globale e dun-que esposto a pagare in termini economici,culturali e politici le proprie arretratezze,non può più permettersi. Il processo civiledeve essere strumento di attuazione delleregole sostanziali certamente attraverso ilcontrollo dei suoi gradi, ma soprattutto amezzo dell’intrinseca qualità « economica »delle sue tecniche, capace di comporre inmodo moderno il diritto di litigare conl’interesse generale.

In questa visione, la comprensibilità delprocesso da parte di chiunque è costrettoad utilizzarlo è condizione essenziale dellasua eticità. Le parti debbono sapere chi,almeno in astratto e con una sensataprognosi, vincerà o perderà. Debbono sa-pere che il processo tende ad identificarechi vince con chi ha ragione. Esso dunquedeve consentire, abbandonando il mitodell’imprevedibilità della decisione comedimostrazione dell’imparzialità del giudi-zio, una soluzione comprensibile ancheper la sua ordinaria prevedibilità.

Secondo obiettivo è la sua speditezza.La decisione deve pervenire ad un esitopratico corrispondente alla realtà che hafatto nascere la lite. Deve perciò risolvereuna lite in atto, con una decisione attualee non con l’epitaffio di una lite che non c’èpiù. La prevedibilità deve riguardare, oltreche l’esito, anche la durata del processo: ènecessario che le parti sappiano che,chiusa l’istruttoria, la decisione sarà presain tempi prevedibili.

Pertanto occorre rimettere al centro delsistema la professionalità più assoluta epiù controllabile dei protagonisti.

Quando la causa va a sentenza e sicomincia a studiarla davvero, ci si trova difronte a consulenze tecniche espletatebenché inutili, a termini inutilmente con-cessi, a vuoti assoluti di istruttoria. Inter-viene a questo punto, fatalmente, la tec-nica della giurisprudenza difensiva e, per-tanto, la ricerca della soluzione puramentetecnico-processuale, molto spesso distantedal quadro reale che ha creato la necessitàdel ricorso alla giurisdizione dello Stato.

L’impugnativa, chiunque vinca, è a que-sto punto un esito obbligato e costante,fino al ricorso per cassazione.

I lavori della commissione Vaccarellacostituiscono un’ampia base di conoscenzadei problemi essenziali delle forme ditutela previste dal codice, con l’indicazionedi possibili soluzioni tecniche dei mede-simi. Quei lavori devono essere dunquetenuti nella debita considerazione, nonsolo per economia di energie.

LA STRUTTURA DEL GIUDIZIODI COGNIZIONE

Il processo di cognizione introdottodalla riforma del 1990 ed entrato in vigorenel 1995, a meno di venti anni dalla suaintroduzione ha già mostrato numerosilimiti.

Il rito, come è risultato da molte,troppe interpolazioni, è chiaramente far-raginoso perché, dopo l’introduzione dellacausa, prevede una trattazione solo for-malmente orale della stessa, una lungaappendice temporale dedicata alla tratta-zione scritta, quindi un’ulteriore dilata-zione temporale per consentire al giudicedi verificare le istanze e le necessità istrut-torie, e infine, dopo l’espletamento even-tuale dell’istruttoria, una lunga pausaprima che la causa possa passare nellafase finale della decisione.

A ciò si aggiunga che l’esercizio deipoteri delle parti – in specie quanto allememorie successive agli atti introduttivi –

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non è efficacemente organizzato e, spesso,è inutile.

In ogni caso, l’oralità del processo è deltutto contraddetta.

Si pensi, per una traccia di lavoro,ovvero per capire ciò che deve essereabbandonato, all’articolo 163-bis del co-dice di procedura civile.

I termini per comparire sono nelladisponibilità dell’attore, che può decideredi citare in qualsiasi data, nel rispetto deltermine minimo di novanta giorni. Poichéil giudizio pende dall’iscrizione a ruolo (daeffettuarsi nei dieci giorni successivi allanotifica dell’atto di citazione), la sceltadella data della citazione grava già ladurata del processo di un tempo indeter-minato che tuttavia incide sulla duratacomplessiva del procedimento senza che ilgiudice possa, unilateralmente, interveniresulla stessa.

L’articolo 163 del codice di proceduracivile descrive efficacemente il contenutodella citazione in cui la parte dovrebbeesaurire il suo compito assertivo, il suoonere di allegazione e offrire i mezzi diprova di cui intende avvalersi. Parimentiprovvede l’articolo 167 quanto al conve-nuto relativamente alla comparsa di co-stituzione.

In realtà, tuttavia, al di fuori delleipotesi di nullità della citazione e delladecadenza per le domande riconvenzionalie le eccezioni processuali e di merito nonrilevabili d’ufficio, la parte non incorre indecadenze se non ha offerto tutti glielementi in suo possesso per la trattazionedella causa. Perciò l’udienza di primacomparizione delle parti, prevista dall’ar-ticolo 183 del codice di procedura civile,risulta sostanzialmente una formalità an-ziché essere, come potrebbe, lo spartiac-que definitivo tra prospettazione e ricercadella soluzione.

A quell’udienza, infatti, il giudice, « serichiesto » – e quindi obbligatoriamentesecondo l’interpretazione fornita allanorma – deve concedere alle parti tresuccessivi termini per il deposito di me-morie (in un complesso unitario di cui nondispone): termini di trenta giorni per pre-cisare o modificare le domande, di suc-

cessivi trenta giorni per replicare e arti-colare mezzi di prova e produrre docu-menti (non prove nuove e documentinuovi, ma anche quelli di cui era già inpossesso) e di venti giorni per prova con-traria.

Basta osservare che le integrazioni o lemodifiche ben potrebbero essere fatteoralmente all’udienza di comparizione ov-vero impedite oltre l’atto scritto introdut-tivo salvo che non siano connesse inscin-dibilmente al legittimo contenuto dellacomparsa di risposta, mentre le offerte diprova dovrebbero essere già contenutenell’atto di citazione e nella comparsa dicostituzione, salve le ulteriori richiesteistruttorie rese necessarie dai successiviassestamenti dell’apparato assertivo delleparti.

Si osservi ancora che nessun obbligo hala parte di articolare mezzi di prova inuna delle prime due memorie, ben po-tendo inserirle a verbale in uno degli attiintroduttivi e indifferentemente in unadelle due prime memorie.

Nella prassi, come è ben noto, nellememorie spesso si riproducono (ancheletteralmente) argomenti e richieste giàcontenuti negli scritti precedenti o neiverbali, oppure si sovrappongono nuoverichieste rendendo un percorso ad ostacolil’individuazione delle allegazioni e dellerichieste rilevanti.

In tal modo la portata dell’articolo 163del codice di procedura civile è quella diun manifesto di rugiadose buone inten-zioni, più che l’atto con il quale si esercitail potere dispositivo precisandone l’essen-ziale rapporto tra diritto di ricorrere algiudice e interesse generale.

Il ruolo di direzione del processo daparte del giudice è, quindi, sensibilmentecompresso e il giudice è scarsamente in-centivato a studiare il processo primadella scadenza dei termini previsti dall’ar-ticolo 183 del codice di procedura civile.

Quindi, istruito il processo con l’am-missione e l’assunzione delle prove e giuntiall’udienza di precisazione delle conclu-sioni, ancora il giudice, se richiesto, deveconcedere il termine di sessanta giorni perle comparse conclusionali e di venti per le

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memorie di replica (altri tre mesi sottrattialla sua disponibilità).

Nessun giudice è in grado di prevedereche cosa succederà nel suo lavoro negliottanta giorni intercorrenti tra quello incui ha trattenuto la causa per la decisionee quello in cui il fascicolo processualetornerà nella sua disponibilità.

Il giudice dovrebbe tenere conto, peresempio, delle cause contumaciali in cuiconcede termini solo per le comparseconclusionali, dei termini per le ordinanzecautelari, di quelli per i procedimenti chevanno in riserva con il rito sommario, diquelli ancora per le ordinanze istruttorie,eccetera. E si consideri che potrebberoarrivare sul suo tavolo un numero impre-cisato di provvedimenti cautelari o diemergenze varie che non era in grado diprevedere quando ha assunto la causa indecisione.

Invece, il giudice deve avere chiaro ilflusso del suo lavoro per poterlo organiz-zare anziché subirlo.

L’udienza di precisazione delle conclu-sioni dovrebbe essere il termine ultimo perl’attività difensiva dell’avvocato, magariprevedendo lo scambio delle memorie con-clusionali precedentemente a tale udienza,in modo che a quella data il processo sichiuda definitivamente e il giudice possadecidere immediatamente (per esempiocon una sentenza contestuale, essendosigià svolta tutta l’attività difensiva) o, neiprocessi più complessi, assegnandosi untermine per il deposito della sentenza edella motivazione.

Si consideri che ai tempi morti delprocesso si deve aggiungere la sospensionedei termini processuali feriali. Anche nellamigliore delle ipotesi di udienze fissatenell’immediatezza della scadenza dei ter-mini da concedere (cosa che nella realtànon può avvenire), almeno un anno deltutto inutile.

Occorre pertanto intervenire fissandoun principio di delega volto a razionaliz-zare i termini processuali e a semplificarei riti processuali mediante l’omogeneizza-zione dei termini degli atti introduttivi.

I profili critici evidenziati si colgonomanifestamente analizzando i procedi-

menti in materia di famiglia (separazionedei coniugi e divorzio).

Il processo si introduce con ricorso aisensi dell’articolo 708 del codice di pro-cedura civile.

Dopo l’udienza presidenziale ai sensidell’articolo 709 del codice di proceduracivile, con l’ordinanza con la quale siassumono i provvedimenti relativi ai figli eal mantenimento il presidente assegna alricorrente il termine per la memoria in-tegrativa, che deve avere il contenuto del-l’atto di citazione, e al convenuto il ter-mine per la comparsa di costituzione. Siinnesta, quindi, in un processo che po-trebbe avere già tutti gli elementi perconsentire all’istruttore di provvedere im-mediatamente sugli eventuali mezzi diprova (che ben potrebbero e dovrebberoessere offerti nel ricorso e nella memoriadi risposta), un processo a cognizionepiena ai sensi degli articoli 163 e seguentidel codice di procedura civile, con lestorture sopra evidenziate. In questo pro-cesso si sovrappongono quindi due ritidiversi dei quali non sono chiare l’utilità ela finalità, e che frustrano le esigenze dicelerità e certezza sottese agli interessiindisponibili in gioco.

Per i figli nati fuori del matrimonio èprevisto, invece, il rito camerale, nono-stante la declamata parificazione dei figlinati all’interno e fuori del matrimoniodisposta dalla legge n. 219 del 2012 e daldecreto legislativo n. 154 del 2013.

Inoltre, si consideri che la norma chedisciplina la competenza del tribunale deiminorenni, l’articolo 38 delle disposizioniper l’attuazione del codice civile e dispo-sizioni transitorie, di cui al regio decreto30 marzo 1942, n. 318 (di seguito: « di-sposizioni per l’attuazione del codice ci-vile »), è tra quelle che oggi portano almaggior numero di conflitti di competenzadavanti alla Corte di cassazione. La stessanuova formulazione della legge n. 219 del2012, con le difficoltà interpretative chepropone, segna la difficoltà di individuarein essa soluzioni omogenee. La frammen-tazione delle competenze giudiziarie,quando il giudice deve toccare inevitabil-

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mente gli affetti, è un limite vissuto dram-maticamente.

Si pone pertanto la necessità di intro-durre una sezione specializzata della fa-miglia (tribunale della famiglia e dellepersone) che migliori l’attuale cognizionedel giudice ordinario attribuendogli glistrumenti ausiliari di cui oggi dispone ilgiudice dei minorenni e assicurandone laspecializzazione.

Dunque occorre partire dalle ineffi-cienze del processo civile per cambiarne lastruttura: questo dev’essere il modo diragionare. Il lavoro sul processo di cogni-zione di primo grado, mantenendo la di-stinzione tra processo a citazione e pro-cesso a ricorso, va diretto verso la con-centrazione effettiva, si potrebbe dire im-placabile, nei primi atti di parte, conl’udienza di trattazione nella quale effet-tivamente si tratta la causa, anche conindicazione, da parte del giudice, di unosbocco di conciliazione basato su un primopalese giudizio sulle prospettazioni delleparti. Dinanzi ad una domanda che ap-pare in modo chiaro infondata, il giudicedeve poter dire che, fermo restando ilsuccessivo vaglio delle ultime difese, essaappunto, al momento, rende possibile unaprognosi infausta, o viceversa.

INTERVENTI SULLE IMPUGNAZIONI

Appello

Si propone il potenziamento del carat-tere impugnatorio dell’appello, anche at-traverso l’assestamento normativo e la sta-bilizzazione dei recenti orientamenti giu-risprudenziali.

Il giudizio è chiuso nella citazione o nelricorso in primo grado. Nulla di ciò che èstato estraneo a tale atto o alla sentenzapuò essere portato davanti al giudice diappello.

Questa misura può apparire certa-mente costosa in termini di giustizia so-stanziale, ma essa rende il difensore con-sapevole della delicatezza della sua fun-zione.

In un ordinamento nel quale la difesatecnica è considerata capace di realizzareil diritto costituzionale di difesa, essa deve,appunto, essere realmente tale. Tecnica,cioè professionalmente adeguata e cometale controllabile dal processo e dagli or-dinamenti deontologici.

Il giudice di appello potrebbe motivarenel modo sommario di sempre, ovveroanche richiamando la motivazione adot-tata dal primo grado quando essa risultaaver superato le doglianze.

Ricorso per cassazione

Interventi sul rito davanti alla Corte dicassazione, nel segno di un uso più diffusodel rito camerale e nella prospettiva pos-sibile di una riforma costituzionale cheveda inseriti in un organo giudiziario su-premo giudici oggi appartenenti ad altremagistrature, ovvero che veda attribuiread una Corte riformata controversie oggiregolate sulla base della doppia giurisdi-zione.

In tale prospettiva si potrebbe indivi-duare un modello pressoché unico di pro-cesso civile supremo, con le particolaritàessenziali rese necessarie, nel nostro caso,da un giudizio su fatti che digradanodiritti e non su atti che riguardano inte-ressi legittimi.

Analoga previsione potrebbe introdursiper una sezione specializzata in materia diimpresa (tribunale delle imprese), per lecontroversie di mercato (concorrenza) equelle societarie.

Pare opportuno ripetere che l’efficienzae la comprensibilità del processo sonoobiettivi raggiungibili anche nella misuranella quale si riuscirà ad individuare unmodello di processo il più possibile strut-turalmente unitario rispetto a tutte lecontroversie civili, ossia non penali.

Individuare, intorno al nucleo costituitodalla funzione di accertare la verità legale,regole il più possibile comuni alla culturadelle diverse giurisdizioni, con grande at-tenzione al dialogo tra le grandi cortieuropee, sembra un obiettivo oggi sugge-rito dalla storia.

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LE SINGOLE AREE DI INTERVENTO

LE SEZIONI SPECIALIZZATE IN MATERIA DI IMPRESA

Il decreto-legge n. 1 del 2012, conver-tito, con modificazioni, dalla legge n. 27del 2012, ha introdotto nel nostro sistemagiudiziario le sezioni specializzate in ma-teria di impresa, comunemente dette tri-bunali delle imprese.

Le vecchie sezioni specializzate eranoin numero di dodici in tutto il territorionazionale; le nuove sezioni specializzate inmateria di impresa, invece, sono in nu-mero di ventuno e disegnano una compe-tenza per territorio concentrata, tenden-zialmente, su base regionale.

Dal punto di vista della geografia giu-diziaria, la soluzione adottata dal legisla-tore sembra aver realizzato un giustocompromesso tra l’esigenza di concentrarein pochi uffici giudiziari le controversie« con elevato grado di tecnicismo ed ele-vata rilevanza economica » (così la rela-zione illustrativa al decreto legislativon. 168 del 2003), che, quindi, richiedonoconoscenze particolari, non soltanto dinatura giuridica, l’esigenza di una piùrapida ed efficace definizione di tale tipodi procedimenti e, infine, l’esigenza diavere una sufficientemente diffusa pre-senza del giudice naturale sul territorio,per rendere più facilmente accessibile ilservizio della giustizia.

Tale soluzione va mantenuta, perchénon disattende nella sostanza quanto in-dicato dall’Unione europea, che aveva ri-chiesto agli Stati membri di designare unnumero possibilmente ridotto di tribunalicompetenti per la trattazione di materiequali la tutela del marchio comunitario,dei disegni e dei modelli comunitari (ar-ticolo 91 del regolamento n. 40/94/CE),proprio per le ragioni che abbiamo primaricordato: specializzazione dei giudici,qualità e rapidità delle loro decisioni, chepossono avere rilevanti conseguenze eco-nomiche sulle imprese coinvolte nel con-tenzioso.

Occorre rimanere nell’ottica della tantevolte auspicata razionalizzazione del si-

stema giudiziario italiano, nella quale si èmosso il legislatore con i decreti legislativin. 155 del 2012 e n. 156 del 2012, voltialla riduzione del numero dei tribunali edelle procure della Repubblica, soppri-mendo alcuni uffici giudiziari che avevanocarichi di lavoro modesti, che non giusti-ficavano il loro mantenimento in vita equindi le esigenze di rispetto dei parametridi revisione della spesa imposte dall’inse-rimento dell’obbligo di pareggio di bilancionella Costituzione italiana (articolo 81della Costituzione).

Altra scelta fortemente innovativa ope-rata dal legislatore con l’istituzione deltribunale delle imprese riguarda la com-petenza per materia attribuita alle nuovesezioni specializzate in materia di impresa,che si fonda essenzialmente su pochigruppi di materie: la proprietà industrialee intellettuale, la concorrenza, la materiasocietaria e gli appalti pubblici di rile-vanza comunitaria.

Sono, infatti, devolute alla competenzadelle sezioni specializzate in materia diimpresa:

a) le controversie in materia di pro-prietà industriale (marchi e brevetti d’in-venzione) e di concorrenza sleale cosid-detta « interferente »;

b) le controversie in materia di dirittod’autore (creazione e sfruttamento delleopere dell’ingegno, ad esempio opere ci-nematografiche, teatrali, letterarie, musica,canzoni, fotografie artistiche);

c) le controversie relative alla viola-zione della normativa nazionale per latutela della concorrenza (articolo 33,comma 2, della legge 10 ottobre 1990,n. 287), che sanziona le intese, l’abuso diposizione dominante e le operazioni diconcentrazione tra imprese, quando de-terminano un’alterazione del funziona-mento del mercato che nuoce all’economiae agli interessi dei consumatori (costretti,ad esempio, ad acquistare beni o servizi aprezzi superiori);

d) le controversie relative alla viola-zione della normativa dell’Unione europeaa tutela della concorrenza (articoli 101 e

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102 del Trattato sul funzionamento del-l’Unione europea; si tratta delle violazioniche interessano l’intero territorio del-l’Unione europea e non il territorio delsingolo Stato membro);

e) le controversie relative a contrattipubblici di lavori, servizi o forniture dirilevanza comunitaria delle quali sia parteuna società di capitali, laddove sussista lagiurisdizione del giudice ordinario (sitratta di appalti di lavori o forniture dibeni e servizi di rilevante valore econo-mico).

La materia societaria, per tale inten-dendosi non solo le « cause » ma anche i« procedimenti » e quindi tutta l’area deiprocedimenti di volontaria giurisdizionenon indicati nell’originaria formulazionedel decreto-legge, relativa alle società perazioni, alle società in accomandita perazioni, ma anche alle società a responsa-bilità limitata, alle società cooperative ealle società europee (articolo 3 del decretolegislativo 27 giugno 2003, n. 168, comemodificato dalla legge 24 marzo 2012,n. 27).

Restano, invece, escluse dalla compe-tenza delle sezioni specializzate (a menoche non vi sia attrazione ai sensi dell’ar-ticolo 2, comma 2, del decreto legislativon. 168 del 2003, come modificato dallalegge n. 27 del 2012) le controversie rela-tive alle società di persone, salvo il casoche queste « esercitino o siano sottoposte adirezione e coordinamento » di – o daparte di – società di capitali e cooperative.

La scelta dell’attribuzione di compe-tenze non per blocchi di materie omogeneie tendenzialmente completi è stata criti-cata da molti commentatori perché peralcuni aspetti appare incoerente, e perchéritenuta foriera di molteplici questionirelative all’esatta individuazione del giu-dice competente, questioni che certamentenon favoriscono la celerità dell’interventogiudiziario.

Vanno individuati i possibili interventimodificativi e integrativi per eliminare o,quanto meno, ridurre le criticità riscon-trabili e riscontrate nella concreta appli-

cazione delle nuove disposizioni norma-tive, integrando, ove necessario, il testonormativo vigente, dando maggiore orga-nicità alla competenza per materia dellesezioni specializzate, anche per megliodefinire il ruolo del tribunale delle im-prese nel sistema della giustizia civileitaliana.

In sostanza, si tratta di consolidare ipositivi risultati raggiunti, dapprima, con ildecreto legislativo n. 168 del 2003, che haistituito, presso i tribunali e le corti d’ap-pello, le sezioni specializzate in materia diproprietà industriale e intellettuale – lacui competenza, ai sensi dell’articolo 134del codice della proprietà industriale, dicui al decreto legislativo n. 30 del 2005,era limitata alle controversie in materia diproprietà industriale (marchi e brevetti) edi diritto d’autore, nonché in materia diconcorrenza sleale, nei casi di atti diconcorrenza sleale interferenti con l’eser-cizio dei diritti di proprietà industriale –e poi con il decreto-legge n. 1 del 2012,convertito, con modificazioni, dalla leggen. 27 del 2012, che ha introdotto nelnostro sistema le sezioni specializzate inmateria di impresa.

È da escludere qualsiasi ampliamentodelle competenze che possa comportare ilrischio di despecializzazione dei giudicidelle sezioni specializzate, rischio al qualehanno fatto riferimento quanti già hannoespresso critiche all’ampliamento di com-petenza operato dal legislatore rispettoalle vecchie sezioni specializzate in mate-ria di proprietà industriale e intellettuale.

Va escluso altresì qualsiasi interventoche possa far apparire la competenza deltribunale delle imprese come una giuri-sdizione costruita su base puramente sog-gettiva, in quanto tale, discriminatoria ri-spetto alle istanze di giustizia provenientidai comuni cittadini.

Del tutto impraticabile appare, quindi,una generalizzata devoluzione ai tribunalidelle imprese di tutte le cause in cui unadelle parti sia una società.

Quello che deve contare, nel disegnodella competenza delle sezioni specializ-zate, è la natura del rapporto dedotto ingiudizio e quindi l’elevato tasso tecnico

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delle relative controversie e la potenzialerilevanza delle questioni per l’economiadel Paese, caratteristiche senz’altro riscon-trabili nei rapporti che attengono allaproprietà industriale, nei rapporti che at-tengono alla proprietà intellettuale, inquelli che attengono alla concorrenza, an-che per i riflessi che possono produrre ledistorsioni del mercato sugli interessi deiconsumatori (costretti, per fare un esem-pio, ad acquistare beni o servizi a prezzisuperiori), nei rapporti che attengono alleregole interne di funzionamento delle so-cietà, che sono le protagoniste delle dina-miche del mercato, stante il ruolo ormaimarginale dell’impresa individuale, conesclusione della troppo ampia mèsse deirapporti tra società e terzi, esclusioneampiamente condivisibile per le ragioniinnanzi esposte.

Invece si possono e si devono affrontaresingole questioni, per così dire, tecniche,poste dal testo normativo vigente.

Rientrano nella competenza per mate-ria delle sezioni specializzate in materia diimpresa le fattispecie di concorrenzasleale interferenti con la tutela della pro-prietà industriale e, con qualche sforzointerpretativo, vi si possono far rientrareanche quelle interferenti con la proprietàintellettuale, materia che, per inciso, trovaancora la sua fondamentale disciplinanella legge n. 633 del 1941.

Si propone di devolvere alle neocosti-tuite sezioni specializzate tutte le contro-versie in materia di concorrenza sleale(« pura » e « non pura ») e dunque anchequelle che non interferiscono, neppureindirettamente, con l’esercizio dei diritti diproprietà industriale (si confronti l’arti-colo 134, comma 1, del citato codice dellaproprietà industriale) e quelle concernentila pubblicità ingannevole e comparativa dicui all’articolo 8 del decreto legislativon. 145 del 2007, nelle quali è preminenteil profilo della tutela delle imprese.

Il legislatore delegato coglierà l’occa-sione per risolvere i dubbi interpretativisorti in ordine alla portata della devolu-zione alle sezioni specializzate delle causeconnesse, essendosi largamente discussosul significato da dare all’espressione

« materie che presentano ragioni di con-nessione, anche impropria, con quelle dicompetenza delle sezioni specializzate »,contenuta nell’articolo 134, comma 1, delcitato codice della proprietà industriale, esul paventato rischio che la forza attrat-tiva della competenza per materia incre-menti il carico di contenzioso, con rica-dute negative sulle finalità acceleratoriedella riforma (preoccupazione che apparefrancamente eccessiva).

Vengono rimesse alla competenza dellesezioni specializzate le azioni di classe exarticolo 140-bis del codice del consumo, dicui al decreto legislativo 6 settembre 2005,n. 206, per le violazioni delle norme na-zionali ed europee per la tutela dellaconcorrenza, a favore di consumatori eutenti, per il pregiudizio derivante dapratiche scorrette o comportamenti anti-concorrenziali, che, salvi alcuni accorpa-menti, restano devolute al tribunale ordi-nario del capoluogo della regione in cui hasede l’impresa (comma 4).

Tale competenza, in sede di conver-sione del decreto-legge n. 1 del 2012, èstata espunta dalle materie da attribuirealle neocostituite sezioni specializzate.

Non appare del resto corretta la con-trapposizione tra interessi delle imprese einteressi dei consumatori, rispetto a vi-cende che possono riguardare pratichecommerciali scorrette o condotte anticom-petitive, confusorie o ingannevoli nell’usodei marchi, atteso che le relative tutele benpossono trovare collocazione in interventilegislativi finalizzati a promuovere le con-dizioni di virtuoso sviluppo delle attivitàdelle imprese e il corretto funzionamentodel mercato: « La legge antitrust non è lalegge degli imprenditori ma è la legge deisoggetti del mercato ».

In ordine alla competenza delle sezionispecializzate in materia di impresa, nellamateria societaria, il richiamo ai soli« patti parasociali, anche diversi da quellidi cui all’articolo 2341-bis del codice ci-vile », e non anche agli « accordi di colla-borazione nella produzione e nello scam-bio di beni o servizi e relativi a societàinteramente possedute dai partecipantidell’accordo », di cui all’articolo 2341-bis,

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ultimo comma, del codice civile, deve es-sere oggetto di rimeditazione, in ragionedei profili anticoncorrenziali che possonoinerire a tale tipo di pattuizioni.

Va disposta la riunificazione, davanti almedesimo giudice, delle controversie inmateria di società di persone, poiché visono state comprese – alla fine – anchequelle relative alle società a responsabilitàlimitata, inizialmente escluse, sul rilievoche le società per azioni italiane sono innumero piuttosto limitato e che la sceltatra l’uno e l’altro modello tipologico non èdovuta soltanto alle dimensioni, più omeno grandi, dell’attività economica daespletare.

Un capitolo a sé merita la previsionedella competenza per le controversie inmateria di appalti pubblici di rilevanzacomunitaria, allorché stipulati da unadelle società rientranti nelle tipologie pre-viste dal medesimo articolo 3 del decretolegislativo n. 168 del 2003, modificato dal-l’articolo 2 della legge n. 27 del 2012, efermo restando il riparto di giurisdizionetra giudice amministrativo e giudice ordi-nario: si tratta di materia che evidente-mente esula da quella concernente i rap-porti endosocietari ed è assai lontana daquella industrialistica, il che ha determi-nato le aspre critiche di quanti paventanoun rischio di despecializzazione dei giudicidelle neocostituite sezioni specializzate.

La scelta operata dal legislatore cadevain un periodo nel quale era stato intro-dotto un divieto di arbitrato, che poi èvenuto meno (articolo 3, commi 19 e 20,della legge n. 224 del 2007), mentre oggil’articolo 241 del codice dei contratti pub-blici relativi a lavori, servizi e forniture, dicui al decreto legislativo 12 aprile 2006,n. 163, apre la via alla possibilità di unarisoluzione alternativa delle controversie(cosiddetta « alternative dispute resolution »- ADR) in materia di appalti pubblici,disposizione in linea con le più recentiiniziative politiche dell’Unione europea (sivedano le conclusioni del Consiglio euro-peo di Tampere del 15 e 16 ottobre 1999,il Libro verde della Commissione delleComunità europee relativo ai metodi al-ternativi di risoluzione delle controversie

in materia civile e commerciale del 19aprile 2002, la direttiva 2008/52/CE sullamediazione in materia civile e commer-ciale).

Ultima annotazione, di natura proces-suale, circa il rito applicabile alle contro-versie trattate dalle sezioni specializzate inmateria di impresa, considerato che levecchie sezioni prevedevano espressa-mente la riserva di collegialità per tutte lecause.

La riserva di collegialità è un’impor-tante caratteristica del tribunale delle im-prese, perché con il decreto legislativon. 51 del 1998, modificando il codice diprocedura civile, il legislatore ha stabilitoche i tribunali, che costituiscono i giudicidi primo grado, decidono, salvo che inalcune materie particolarmente delicate(articolo 50-bis del codice di proceduracivile), in composizione monocratica, sic-ché si può dire che il sistema giudiziarioitaliano oggi si basa sulla figura del giudiceunico (prima della riforma del 1998, ilpretore era già un’apprezzata figura digiudice unico).

Ciò detto, il processo destinato a risol-vere i conflitti in tema di proprietà indu-striale, cioè la violazione dei diritti diprivativa (contraffazione e usurpazione)ovvero la contestazione della validità deititoli dai quali i diritti discendono (nullitàe decadenza) è oggi il giudizio civile a ritoordinario, e non più il cosiddetto ritosocietario (decreto legislativo n. 5 del2003) che l’articolo 134 del codice dellaproprietà industriale, di cui al decretolegislativo n. 30 del 2005, nella sua pre-cedente versione, aveva esteso alle contro-versie trattate dalle sezioni specializzate,in quanto la Corte costituzionale, con lasentenza n. 170 del 2007, ha giudicatocostituzionalmente illegittima tale esten-sione delle regole del processo societario,rilevando come l’articolo 134, il qualeappunto quelle regole richiamava, fosseandato oltre i limiti della delega concessaal Governo.

Di conseguenza, il rito ordinario regolatutte le controversie di diritto industriale edella proprietà intellettuale, così cometutte le altre controversie devolute alla

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competenza delle sezioni specializzate inmateria di impresa, ivi compresa la fasecautelare, quest’ultima, attraverso il pro-cedimento cautelare uniforme, che ha datoindiscutibili risultati in termini di rapiditàed efficacia (articoli 669-bis e seguenti delcodice di procedura civile).

Ne discende che la soluzione dellecriticità che riguardano l’ordinario giudi-zio di cognizione non potrà che avere uneffetto benefico anche sul processo che sisvolge dinanzi alle sezioni specializzate inmateria di impresa.

LA SEZIONE SPECIALIZZATA PER LA FAMIGLIA

Il dibattito circa la rilevanza giuridicadella famiglia e l’assenza, nel codice civile,anche solo di una definizione di famiglia,è stato orientato per anni dalla convin-zione che il legislatore avesse volutamenterinunciato a definire alcuni istituti essendoconsapevole della natura pregiuridica deglistessi, in quanto sorti prima che il dirittoli isolasse da altri concetti affini, e dellaconseguente impossibilità di dominarli, maal più di regolamentarne solo certi aspetti.

Suggestiva a tal riguardo è la immaginedi Jemolo della famiglia come « un’isolache il mare del diritto può solo lambire ».

Tuttavia, la realtà ha dimostrato che illegislatore ha inciso profondamente sullafamiglia modificandone la struttura e lafunzione rispetto all’originario modello co-dicistico. Basti solo pensare all’introdu-zione del divorzio, che ha definitivamentechiuso ogni possibilità di concepire lafamiglia in chiave istituzionale, quale or-ganismo cioè portatore di interessi di na-tura superindividuale. Da quel momento,importanti normative di settore sono stateintrodotte per governare lo svilupparsi diesperienze familiari alternative al matri-monio, da ultimo con la riforma dellafiliazione, iniziata con la legge n. 219 del2012 e completata con il decreto legislativon. 154 del 2013.

La legge n. 219 del 2012 ha indubbia-mente rappresentato una vera rivoluzionenei procedimenti relativi all’affidamento e

al mantenimento dei figli nati fuori delmatrimonio.

In relazione a questi ultimi, dal puntodi vista processuale, il sistema originariodel 1942 era organizzato secondo un fon-damentale riparto delle competenze: iprovvedimenti in materia di affidamentoerano riservati al tribunale per i mino-renni, in virtù del richiamo all’articolo317-bis del codice civile contenuto nell’ar-ticolo 38, comma 1, delle disposizioni perl’attuazione del codice civile, mentre ilcontenzioso di natura economica rimanevadi competenza del tribunale ordinario,non essendo stata la norma di riferimento– l’articolo 148 del codice civile – richia-mata dall’articolo 38, comma 1, delle di-sposizioni per l’attuazione del codice ci-vile.

Tale sistema dualistico, sebbene findalle sue prime applicazioni sia stato og-getto di aspre critiche per l’evidente fram-mentazione delle tutele, è stato confer-mato dalla Corte costituzionale comescelta di politica del diritto non contra-stante con i princìpi e le garanzie costi-tuzionali (Corte costituzionale, sentenza 30luglio 1980, n. 135).

L’entrata in vigore della legge 8 feb-braio 2006, n. 54, sull’affidamento condi-viso aveva fatto sperare nel superamentodella divisione delle competenze con unprocedimento finalmente unitario ancheper i figli nati da coppie non sposate.L’interpretazione della norma ha, però,dato adito a notevoli contrasti circa l’in-dividuazione dell’organo giudiziario daconsiderarsi competente, ritenendo unaparte degli interpreti che le nuove normeavessero trasferito al giudice ordinariotutti i procedimenti relativi ai figli natifuori del matrimonio; altra parte avevainvece ritenuto immutata la competenzadel tribunale minorile sull’affidamento,estendendovi anche le decisioni in ordineai profili economici.

Il contrasto tra le due tesi ha datoorigine in sede applicativa a un regola-mento necessario di competenza, decisodalla Corte di cassazione con la notaordinanza 3 aprile 2007, n. 8362, succes-sivamente più volte ribadita. La concen-

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trazione delle tutele per i figli nati fuoridel matrimonio in capo al giudice mino-rile, sebbene abbia riportato ad unità laprassi dei diversi tribunali, ha lasciatoaperto il varco a critiche che, nella dupli-cità di competenze, continuano a vedereun’iniqua disparità di trattamento tra figlinati all’interno ovvero fuori del matrimo-nio.

La Corte di cassazione torna sul tematanto discusso, a seguito di regolamento dicompetenza, con ordinanza n. 20354 del 5ottobre 2011, contestando l’errato presup-posto di considerare la competenza al-l’adozione di provvedimenti opportuni incaso di situazioni pregiudizievoli per iminori esclusivamente attribuita al tribu-nale specializzato, quindi precludendositale possibilità al giudice ordinario. Con lapronuncia citata la Corte ha statuito l’in-competenza funzionale del tribunale per iminorenni ad adottare provvedimenticirca l’interesse del minore e il suo affi-damento quando sia pendente un proce-dimento di separazione o di altro tipo,previsto dalla legge 1o dicembre 1970,n. 898.

Negli anni, dunque, in riferimento allecontroversie riguardanti minori in pen-denza di separazione o divorzio, la Corteè partita dall’istanza di assicurare la ma-teria minorile esclusivamente al giudicespecializzato, considerando inscindibile laquestione dell’esercizio della responsabi-lità da quella dell’affidamento, ed è pas-sata a considerare la competenza attri-buita al tribunale per i minorenni nei solicasi in cui, come causa della revisionedelle condizioni di affidamento, si chiedaun intervento limitativo o ablativo dellaresponsabilità ex articoli 330 e 333 delcodice civile.

La legge n. 219 del 2012 ha compiutoun ulteriore passaggio significativo sullaquestione, formalizzando il concetto esa-minato e prevedendo un riordino dellaripartizione delle competenze.

L’attribuzione delle competenze conti-nua a fondarsi sull’articolo 38 delle dispo-sizioni per l’attuazione del codice civile, ilquale individua una serie di provvedimentiriservati al giudice minorile, mentre la

competenza del tribunale ordinario è in-dividuata de residuo.

Sotto il profilo processuale sono, in-fatti, già emersi numerosi problemi inter-pretativi sulla legge in materia di filia-zione.

In ossequio alla ratio della legge, che havoluto l’unificazione dello status di figlioindipendentemente dalla circostanza chelo stesso sia nato o meno all’interno delmatrimonio, la competenza per i procedi-menti di affidamento e mantenimento deifigli nati fuori del matrimonio è passata altribunale ordinario, in quanto dall’articolo38 delle disposizioni per l’attuazione delcodice civile è stato espunto – tra iprocedimenti riservati alla competenza delgiudice minorile – ogni riferimento agliarticoli 316 e 317-bis del codice civile(quest’ultima norma aveva originaria-mente ad oggetto l’esercizio della respon-sabilità dei genitori). Il decreto legislativon. 154 del 2013 ha totalmente mutatol’oggetto dell’articolo 317-bis del codicecivile, che oggi regolamenta i « Rapporticon gli ascendenti », e ha attribuito lacompetenza al tribunale dei minorenni. Lanorma così riformulata è stata già tacciatadi illegittimità costituzionale dal tribunaledei minorenni di Bologna con ordinanza2-5 maggio 2014 proprio con riferimentoal profilo della competenza.

Nulla dice la norma sulla competenzaper territorio, lasciando all’interprete duepossibilità: l’applicazione del fòro generaledi residenza del genitore convenuto (aisensi dell’articolo 18 del codice di proce-dura civile), ovvero l’applicazione del fòrodi residenza effettiva e abituale del minore[secondo le indicazioni provenienti dall’ar-ticolo 8 del regolamento (CE) n. 2201/2003].

La legge prevede inoltre che il tribunaleordinario abbia altresì il potere di ema-nare i provvedimenti di cui all’articolo 333del codice civile (cioè provvedimenti limi-tativi della responsabilità genitoriale incaso di condotte pregiudizievoli per ilminore) quando sia in corso « giudizio diseparazione o divorzio o giudizio ai sensidell’articolo 316 del codice civile ». Per iprocedimenti di cui all’articolo 333 resta

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esclusa la competenza del tribunale per iminorenni nell’ipotesi in cui sia in corso,tra le stesse parti, giudizio di separazioneo divorzio o giudizio ai sensi dell’articolo316, del codice civile; in tale ipotesi pertutta la durata del processo la compe-tenza, anche per i provvedimenti contem-plati dalle disposizioni richiamate nelprimo periodo, spetta al giudice ordinario.

Sebbene la ratio della norma sia evi-dente – realizzare, nelle ipotesi in cui siain corso un giudizio comunque volto astatuire sull’affidamento del figlio, la con-centrazione delle tutele attribuendo al giu-dice competente il potere di emanare ogniprovvedimento nell’interesse del minore –,non altrettanto felice è la formulazionedella disciplina processuale.

La norma, facendo riferimento a tuttala durata del processo, non permette diindividuare con certezza se tale dizionecoincida con la sola pendenza del processoin primo grado o si estenda anche algiudizio concluso ma ancora in terminiper impugnare, alla litispendenza atte-nuata, al giudizio pendente in appello, alprocedimento di modifica o di revisione incorso.

La norma richiede inoltre l’identitàsoggettiva (« le stesse parti »). L’attrazionedella competenza dei provvedimenti depotestate si verifica, infatti, unicamentequando i procedimenti siano pendenti trale stesse parti.

Ciò sembrerebbe escludere le ipotesi incui la richiesta di provvedimenti de pote-state sia fatta valere dai soggetti legittimatia tal fine dall’articolo 336 del codice civile.Si pensi all’ipotesi del procedimento in-staurato avanti al giudice minorile dalpubblico ministero, organo dotato di le-gittimazione ad agire ai sensi dell’articolo336 del codice civile, o dai nonni delminore.

Ma l’aspetto che maggiormente sollevadubbi interpretativi è l’avvenuta attrazionedella competenza al giudice ordinario an-che per i provvedimenti di decadenza dallaresponsabilità genitoriale (ex articolo 330del codice di procedura civile) o se questisiano comunque riservati alla competenza

del tribunale dei minori nonostante ladizione letterale della norma.

I princìpi che hanno ispirato la visattractiva al giudice ordinario delle com-petenze in materie di figli nati fuori delmatrimonio – economia processuale, con-centrazione ed effettività della tutela –impongono che l’insieme delle statuizioniche l’autorità giudiziaria è chiamata adassumere relativamente a uno stesso mi-nore sia coerente e uniforme. Imponealtresì che gli strumenti processuali sianoidonei a fornire tale tutela delle medesimeforme e garanzie.

La norma introdotta dal nuovo articolo38 delle disposizioni per l’attuazione delcodice civile si è, tuttavia, limitata a ungenerale richiamo agli articoli 737 e se-guenti del codice di procedura civile, la-sciando all’interprete il compito di co-struire in concreto il rito da applicare, e inparticolare di come gestire l’istruttoria,sulla base di un’incongruenza di fondo:l’esistenza di un modello processuale di-verso rispetto alle analoghe situazioni re-lative a figli di genitori coniugati la cuitutela giudiziale è affidata a un rito (quellodella separazione e del divorzio) certa-mente dotato di maggiori garanzie formalie la sottostante questione della giustifica-bilità di tale trattamento differenziato.

Rimane inoltre, come un ulteriore nodoirrisolto, l’individuazione di un giudicecompetente anche per l’esecuzione forzata.

L’evoluzione e le criticità descritte evi-denziano la progressiva erosione dellecompetenze del tribunale dei minorenni,attribuite al giudice ordinario, e il poten-ziamento delle competenze del tribunaleordinario anche con riferimento alla tuteladei minori. Occorre, dunque, istituirenuovi organi dotati di specifica prepara-zione e competenza, che possano appli-care, nei procedimenti in materia di fa-miglia e minori attribuiti alla competenzadel tribunale ordinario, un rito effettiva-mente adeguato e dotato delle necessariegaranzie per i diritti da tutelare, secondocriteri di semplificazione e di flessibilità.Data la complessità della materia, occorre,ai fini di un’adeguata tutela dei minorenni,conciliare le esigenze di efficacia e di

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celerità con la necessità di un’adeguataspecializzazione garantita da un apportomultidisciplinare. Pare dunque opportunoindividuare gli affari per i quali il tribu-nale decide in composizione monocratica,quelli per cui decide in composizionecollegiale e quelli rispetto ai quali decidein composizione collegiale, avvalendosidell’apporto di tecnici specializzati.

Va immaginata una sezione specializ-zata per la famiglia, i minori e la personacon competenza chiara e netta su tutti gliaffari relativi alla famiglia, anche nonfondata sul matrimonio, e su tutti i pro-cedimenti attualmente non rientranti nellacompetenza del tribunale per i minorenniin materia civile, a norma dell’articolo 38delle disposizioni per l’attuazione del co-dice civile, come modificato dall’articolo 3della legge n. 219 del 2012.

Pare tuttavia opportuno, alla luce delleprime applicazioni della nuova formula-zione dell’articolo 38 delle disposizioni perl’attuazione del codice civile, porre rime-dio alla scarsa chiarezza della normarelativa all’attribuzione della competenzaper i procedimenti in materia di deca-denza dalla potestà (articolo 330 del co-dice civile), quando sia in corso un pro-cedimento di separazione o divorzio ov-vero ai sensi dell’articolo 316 del codicecivile. Va a tal fine eliminato l’incisorelativo « ai provvedimenti contemplatidalle disposizioni richiamate nel primoperiodo del medesimo articolo ». Espun-gendo l’inciso contenuto nel primo commadella norma citata (« anche per i provve-dimenti contemplati dalle disposizioni ri-chiamate nel primo periodo ») si elimina ildubbio circa il trasferimento di compe-tenza al tribunale ordinario per i provve-dimenti ex articolo 330 del codice civile inpendenza dei suddetti procedimenti tra leparti, lasciando ferma in quei casi lacompetenza del tribunale per i minorenni.Pare opportuno in tale fattispecie preferireil tribunale per i minorenni, essendo ilprovvedimento ablativo della responsabi-lità genitoriale (un tempo « potestà ») par-ticolarmente invasivo, dal momento cheincide non già sul mero esercizio, ma sullatitolarità della stessa, secondo il consoli-

dato insegnamento giurisprudenziale pre-cedente alla citata modifica, foriera dellesegnalate incertezze.

Quanto all’attribuzione dei procedi-menti relativi ai minori stranieri non ac-compagnati e a quelli richiedenti prote-zione internazionale alla competenza deltribunale per i minorenni, esistono prassidiversificate sul territorio nazionale, attesoche, in talune realtà, del settore si occupail giudice tutelare, mentre in altre se neoccupa con maggiore celerità il tribunaleper i minorenni, su impulso della procuraminorile, attraverso l’apertura dei proce-dimenti di adottabilità, nei quali si per-viene con immediatezza alla nomina deltutore. Pare opportuno attribuire talecompetenza ai tribunali per i minorenni,su impulso della relativa procura, essendoquesto maggiormente attrezzato ad offrireuna tutela più rapida ed efficace a questatipologia di minori. Occorrerà, peraltro,disciplinare il rito secondo modalità sem-plificate e senza dover ricorrere alla pro-cedura di adottabilità.

Pare opportuno far confluire nelle se-zioni specializzate anche le professionalitàdei tecnici specializzati, che si sono for-mate nell’esperienza del tribunale per iminorenni – una risorsa da non disper-dere ma da valorizzare – nell’ambito diuna struttura processuale dai contornicerti e gestita da giudici togati.

Occorre infine, a garanzia della specia-lizzazione della stessa, assicurare alla se-zione l’ausilio dei servizi sociali e di tecnicispecializzati nelle materie di competenza.

Va previsto che le attribuzioni conferitedalla legge al pubblico ministero nellematerie di competenza delle sezioni spe-cializzate siano esercitate da magistrati aiquali è attribuita, almeno in misura pre-valente, la trattazione di affari rientrantinella competenza della sezione specializ-zata per la famiglia e per la persona.

Per la medesima ragione, è altresì ne-cessario attribuire, almeno in misura pre-valente, a una sezione di corte d’appello leimpugnazioni avverso le decisioni di com-petenza delle sezioni specializzate per lafamiglia e la persona e di competenza deltribunale per i minorenni.

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I sopraindicati interventi sul quadrodelle competenze in materia di famiglia epersone, anche di età minore, ormai con-solidatosi anche a seguito delle recentimodifiche introdotte dalla legge n. 219 del2012 e dal decreto legislativo n. 154 del2013 e con i correttivi che vengono ap-portati, consentono di pervenire a un’ade-guata specializzazione nella trattazione deiprocedimenti relativi alla famiglia e allepersone, anche di età minore.

L’esigenza di modificare l’originariaversione dello schema di delega sul puntorelativo alle sezioni specializzate della fa-miglia è scaturita dal fatto che essoavrebbe determinato un pesante svuota-mento delle competenze dei tribunali peri minorenni, atteso che essi sarebbero statidestinati alla sola trattazione dei procedi-menti penali a carico di imputati mino-renni e dei procedimenti di adozione, alnetto delle dichiarazioni di adottabilità,che si prevedeva di trasferire alle sezionispecializzate.

La necessità di specializzazione del giu-dice che si occupa del minore che delin-que, sulla base di un procedimento chepersegua i fini della sua rieducazione e delsuo reinserimento sociale, è stata ripetu-tamente affermata dalle convenzioni in-ternazionali, in particolare dal Patto in-ternazionale relativo ai diritti civili e po-litici (adottato a New York il 19 dicembre1966 e la cui ratifica ed esecuzione sonostate disposte con legge 25 ottobre 1977,n. 881) e dall’articolo 4 delle Regole diPechino. A livello europeo, tale principio èstato affermato dal testo fondamentalecostituito dalle « Linee guida del comitatodei Ministri del Consiglio d’Europa su unagiustizia a misura di minore » del 17novembre 2010.

Invero, l’ipotizzata separazione dellecompetenze civili e penali in materia mi-norile, assegnandosi le prime all’istituendasezione del tribunale ordinario, non tieneconto della loro inscindibilità. Vi è, infatti,una stretta connessione tra il disagio ado-lescenziale e un inadeguato esercizio dellaresponsabilità genitoriale, ed è importanteche i magistrati che intervengono su unodei due fronti conoscano e operino anche

sull’altro. La necessità che queste materiesiano trattate in modo unitario emergeanche dalla disciplina del processo penaleminorile, come emerge dalla possibilitàattribuita al giudice penale di emettereprovvedimenti civili a protezione del mi-nore (articolo 32, comma 4, delle dispo-sizioni sul processo penale a carico diimputati minorenni, di cui al decreto delPresidente della Repubblica 22 settembre1988, n. 448).

Lasciare ai tribunali per i minorenni lesole competenze penali determinerebbepoi un’inefficiente utilizzazione delle ri-sorse materiali e umane, in quanto co-stringerebbe al mantenimento di un nu-mero elevato di magistrati (stante il regimedelle incompatibilità dei processi penali),con la relativa dotazione delle cancellerie,per far fronte a modesti carichi. A dimo-strazione di ciò, si citano i dati statisticirelativi ai procedimenti penali davanti aitribunali per i minorenni che, in tutti idistretti, nel periodo decorrente dal 2009al 2012, sono lievemente aumentati da4.528 a 4.920, mentre le sopravvenienzenello stesso periodo sono aumentate da4.471 a 4.737 e i procedimenti definitisono pure lievemente aumentati da 4.176a 4.254. Emerge che i dati numerici rela-tivi ai carichi nel settore penale minorileappaiono assai meno rilevanti che negliuffici ordinari e che essi vengono smaltitiin tempi assai più rapidi, senza creazionedi significativo arretrato. Tuttavia, il rigo-roso regime delle incompatibilità dei giu-dici nel settore penale impone, anche neitribunali minorili più piccoli, il manteni-mento di almeno cinque magistrati.

Dunque, il pressoché totale trasferi-mento delle competenze civili alle sezionispecializzate, previsto nell’originariabozza, avrebbe determinato un’evidentesperequazione di carichi, cui sarebberoconseguite una sottoutilizzazione dei giu-dici minorili e, parallelamente, una con-gestione delle sezioni specializzate, conconseguente allungamento dei tempi didefinizione di procedure urgenti. Tale si-tuazione, peraltro, già si sta registrando, aseguito dell’aumento delle competenze ci-vili dei tribunali ordinari, a seguito della

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riforma introdotta dalla legge n. 219 del2012 e del decreto legislativo n. 153 del2013.

Un ulteriore profilo di criticità dellaprima versione dello schema di delega eradato dalla separazione delle competenzetra procedimento di adottabilità e proce-dimento di adozione. Essi appaiono inveceassolutamente inscindibili. Infatti, sullabase dell’articolo 10 della legge n. 184 del1983, già in pendenza del procedimento diadottabilità e in considerazione della lungadurata del medesimo, che non può andarea danno del diritto dei minori ad unafamiglia, pressoché tutti i tribunali per iminorenni utilizzano lo strumento del-l’« affidamento a rischio giuridico », anti-cipando alla fase dell’adottabilità il deli-cato procedimento di individuazione percomparazione della coppia più idonea al-l’affidamento del minore e alla sua even-tuale e successiva adozione. L’attribuzionedella competenza relativa ai procedimentidi adottabilità al tribunale ordinarioavrebbe gravato ulteriormente le sezionispecializzate degli adempimenti relativi al-l’individuazione delle coppie affidatarie,rispetto ai quali i tribunali per i minorennihanno una consolidata esperienza e spe-cializzazione, tenuto conto dell’imprescin-dibile apporto dei giudici onorari nellelunghe istruttorie relative alla valutazionedelle coppie che hanno proposto istanza diadozione.

Dunque, la competenza dei tribunaliper i minorenni sarebbe risultata ulterior-mente svuotata, dovendosi essi limitareper lo più a recepire valutazioni già fatteda altro organismo giudiziario in ordineall’affidamento del minore nonché a oc-cuparsi delle limitate competenze attri-buite ad essi dal nostro ordinamento inmateria di adozioni internazionali e diadozioni in casi particolari.

La previsione delle sezioni specializzatedella famiglia impone altresì l’introdu-zione nella delega originaria di una pre-visione relativa alle sezioni di corte d’ap-pello competenti in ordine ai gravamiavverso i provvedimenti di primo grado inmateria.

Pare, in conclusione, opportuno, in re-lazione alla necessità di valorizzare lerisorse già esistenti nei tribunali ordinarie nei tribunali per i minorenni e dirazionalizzare l’inevitabile riparto di com-petenze, continuare ad attribuire alle se-zioni specializzate tutte le competenze giàattribuite dalla citata riforma del 2012-2013 in materia di famiglia, anche di fatto,e lasciare invece al tribunale per i mino-renni, oltre alle competenze penali, tutte lecompetenze civili che attengano al pregiu-dizio per il minore (fatta eccezione per icasi in cui il novellato articolo 38 delledisposizioni per l’attuazione del codicecivile attribuisce la competenza per i pro-cedimenti ex articolo 333 del codice civileal tribunale ordinario), in considerazionedella particolare specializzazione e dellaconsolidata competenza maturate dai tri-bunali per i minorenni in questa materia.

Viene poi attribuita al tribunale per iminorenni, per le ragioni già illustrate,un’ulteriore competenza in materia di mi-nori stranieri non accompagnati. Restano,infine, salve le ulteriori competenze attri-buite ai tribunali per i minorenni dalleleggi speciali, come quelle relative allasottrazione internazionale dei minori e airicorsi degli ascendenti ex articolo 317-bisdel codice civile.

IL GIUDIZIO DI PRIMO GRADO

L’udienza di prima comparizione e tratta-zione

Il progetto elaborato dalla commissioneVaccarella ha il pregio di razionalizzare lafase di introduzione e trattazione dellacausa nel rito ordinario semplicementeprevedendo l’anticipazione del contraddit-torio processuale rispetto alla primaudienza di comparizione e trattazione exarticolo 183 del codice di procedura civile,attualmente rimandato a una fase succes-siva al suo svolgimento.

Con qualche opportuno adattamento,questa soluzione potrebbe essere ripresa:la trattazione resterebbe bensì distinta tra

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un momento orale (in ossequio all’articolo180 del codice di procedura civile, cheimpone l’oralità nel processo civile) e unmomento scritto, ma quest’ultimo, anzichéseguire il primo, lo anticiperebbe.

È un dato di comune esperienza, comesi è accennato innanzi, che il primo annodalla notifica della citazione è sostanzial-mente perso nell’inattività: a parte la co-stituzione del convenuto, con le note de-cadenze di cui all’articolo 167 del codice diprocedura civile, oltre ai novanta giorni(oltre all’eventuale sospensione feriale) oc-corre considerare che, in modo scontato,nulla accade nella prima udienza di com-parizione, ove non vi siano le attività exarticolo 182 del codice di procedura civile,per cui, dinanzi alla certa richiesta diconcessione del noto triplo termine exarticolo 183, sesto comma, del codice diprocedura civile (per almeno ulteriori ot-tanta giorni), occorrono quasi due terzi delprimo anno di pendenza della causa (espessissimo un anno intero e oltre) perchéil giudice istruttore, nell’udienza ex arti-colo 184 del codice di procedura civile,possa decidere, ai sensi dell’articolo 187del medesimo codice, circa la rilevanza el’ammissibilità delle prove richieste dalleparti e quindi aprire la fase istruttoria ofar entrare immediatamente la causa indecisione.

Non si può, peraltro, non ricordare laprassi – se non contra, certamente praeterlegem – in uso presso molti tribunali,addirittura di far decorrere il triplo ter-mine a ritroso rispetto all’udienza ex ar-ticolo 184 del codice di procedura civile,per effettuare il predetto giudizio di rile-vanza o ammissibilità delle prove: in que-sti casi, tra la notifica della citazione el’udienza ex articolo 184 del codice diprocedura civile possono passare anchedue o tre anni; ovvero la prassi di rinviareanche di un anno l’udienza ex articolo 184e far decorrere da una data fittizia neltempo – quindi non dall’udienza di trat-tazione – il triplice termine.

Si tratta di tempo inutilmente e irri-mediabilmente perso: un lusso che unprocesso civile moderno ed efficiente nonpuò permettersi.

Ebbene, riprendendo la soluzione giàimpostata dalla commissione Vaccarella, sipotrebbe riempire questo abnorme spaziovuoto, questa vera e propria perdita dipreziosissimo tempo processuale. La ra-zionalizzazione avverrebbe semplicementeprevedendo, ad instar del rito del lavoro,che lo scambio delle memorie, oggi pre-viste come appendice scritta dopol’udienza di trattazione, avvenga primadella stessa.

Contemporaneamente al maturare dellepreclusioni assertive e istruttorie dovràintervenire la preclusione per la contesta-zione ex articolo 115, secondo comma, delcodice di procedura civile.

La soluzione presenta i seguenti van-taggi:

dal lato delle parti e dei difensori:

1) non stravolge le prassi in uso dalustri, perché lo scambio delle memorieprima dell’udienza avviene nel rito dellavoro, in quello delle locazioni, in quellocautelare, nei riti camerali, nella decisionemista ex articolo 281-quinquies del codicedi procedura civile e in altri casi;

2) consente ai difensori di conti-nuare l’attività di trattazione quando lacausa è presente alla memoria, perchéstudiata di recente per avviarla o perresistere alla domanda avversaria, e non adistanza di un anno o peggio, a seconda diquando è fissata l’udienza ex articolo 184;

3) soprattutto, nel volgere di nem-meno mezzo anno, consente (e – si badi– impone) al giudice istruttore di arrivareall’udienza di trattazione con tutte le al-legazioni assertive e istruttorie espletatedalle parti e, quindi, di esercitare causacognita tutti i poteri previsti dagli articoli38, 153, secondo comma, 182 e, soprat-tutto 187 del codice di procedura civile;non solo, anche se raramente, addiritturaquelli di cui all’articolo 281-sexies delcodice di procedura civile, quindi invi-tando le parti alla precisazione delle con-clusioni e alla discussione immediata oraledella causa, con contestuale pronunciadella sentenza a verbale;

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4) nel caso di processi a strutturabifasica, ad esempio l’opposizione all’in-giunzione, consente alle parti di argomen-tare sulle istanze ex articoli 648 e 649 delcodice di procedura civile con ampiezza diargomenti, senza aggiungere – come ac-cade nella prassi – anche una o duememorie difensive per discutere dellaprovvisoria esecutività del decreto oppostoe poi cadere nel vortice delle memorie exarticolo 183, sesto comma, del medesimocodice;

dal lato del giudice:

1) consente di trovare assestatodefinitivamente per la prima udienza –salva rimessione in termini, ovviamente, osanatoria di vizi processuali o di presup-posti processuali carenti – il materialeassertivo e istruttorio dell’intera causa;

2) permette, quindi, di poter eser-citare, tra gli altri, i poteri previsti dagliarticoli 182 e 164 del codice di proceduracivile, 59 della legge 18 giugno 2009, n. 69,221 e seguenti, 273 e 274 del codice diprocedura civile, riducendo al minimo,quindi, il rischio che la causa procedaverso una sentenza di contenuto mera-mente processuale;

3) permette di esercitare il potere-dovere di cui all’articolo 101, secondocomma, del codice di procedura civile;

4) consente di tentare la concilia-zione fra le parti o di formulare la pro-posta conciliativa ex articolo 185-bis delcodice di procedura civile (così, peraltro,bloccando inesorabilmente il triennio ri-levante ai fini risarcitori in base alla legge24 marzo 2001, n. 89 (cosiddetta « leggePinto »), con evidente risparmio per lecasse dello Stato) e di interrogare libera-mente le parti, sempre conoscendo esat-tamente i termini della causa;

5) permette di esercitare nellastessa prima udienza la valutazione diammissibilità e rilevanza delle prove co-stituende richieste dalle parti e finanche,nei casi più semplici, di avviare la causaalla decisione immediata;

6) consente di eliminare, quasi conun tratto di penna, l’udienza ex articolo184 del codice di procedura civile, che, tral’altro, spesso non vede la pronuncia sulleprove da parte del giudice ma una riservadi provvedimento, con ulteriore dilata-zione dei tempi.

L’accelerazione, nel pieno rispetto ditutti i princìpi del processo (parità deimezzi tra le parti, diritto alla prova, ra-pidità, concentrazione, immediatezza, ora-lità) è evidente e sostanzialmente certa, ameno di errori procedurali.

Ciò posto, va peraltro anche eviden-ziato che il nuovo articolo 183 propostodalla commissione Vaccarella ripete, dopolo scambio degli atti introduttivi, loschema della prima memoria per en-trambe le parti e quindi una secondamemoria in replica.

Il contenuto è quello ben noto deri-vante dall’applicazione del nodo di dipen-denza degli atti processuali: tutto ciò che,in linea assertiva (domande, eccezioni,contestazioni e mere allegazioni di fattiprincipali) e istruttoria (prove precostituiteo costituende) è diretta conseguenza diquanto contrapposto nell’atto precedentedall’avversario.

Ora, come è a tutti ben noto, in realtàil sistema della prima memoria ex articolo183, sesto comma, numero 1), del codice diprocedura civile è irrazionale: è ben dif-ficile che il convenuto, il quale, oneratodelle note decadenze, si sia costituito neitermini, allegando quanto necessario inpunto assertivo come istruttorio, abbiaaltro di principale (nel senso di eserciziodi poteri primari quali domande, eccezionio allegazioni di fatti principali) da direnella prima memoria; quindi la primamemoria è per definizione di pertinenzaesclusiva dell’attore, che deve replicarealla costituzione del convenuto.

Si propone allora di apportare unavariante basata su una prassi largamente eproficuamente utilizzata nell’esperienzaprocessuale, quella delle memorie con ter-mini diversificati per le parti a seconda dichi sia il primo a dover rispondere alprecedente atto della parte avversaria.

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La prima memoria sarebbe, dunque, disola pertinenza dell’attore, a cui poi fa-rebbe seguito la replica del convenuto.

L’udienza di precisazione delle conclusioni

La necessità di far precedere il mo-mento orale da quello scritto (e non vi-ceversa) si pone, come accennato, oltre chenella fase del processo che precede l’istru-zione probatoria, anche nella fase succes-siva, e cioè nella fase in cui vengonoprecisate le conclusioni e la causa vienerimessa in decisione.

Nell’attuale regime, all’udienza di pre-cisazione delle conclusioni, il giudice, serichiesto, deve concedere il termine disessanta giorni per le comparse conclusio-nali e il successivo termine di venti giorniper le memorie di replica.

Si determina quindi un’ulteriore per-dita di prezioso tempo processuale, chenon nuoce soltanto alla singola causa, madetermina riflessi negativi sull’organizza-zione del lavoro complessivo del giudice, ilquale non ha alcuna disponibilità del fa-scicolo tra la remissione in decisione e lascadenza del termine per il deposito dellememorie di replica.

Si propone quindi di invertire, anchecon riguardo a questa fase del processo, lasequenza procedimentale attualmente invigore, prevedendo lo scambio delle me-morie conclusionali prima dell’udienza diprecisazione delle conclusioni.

In quest’udienza, dunque, si avrebbel’ultimo contatto tra gli avvocati e il giu-dice, e quest’ultimo sarebbe in condizionedi decidere immediatamente, eventual-mente anche in via contestuale per lecause più semplici.

Valorizzazione dell’istituto della proposta diconciliazione del giudice (articolo 185-bis del codice di procedura civile) anchein funzione della definizione dell’arre-trato e del contenimento delle richiestedi indennizzo per irragionevole duratadel processo

Il nuovo strumento della proposta con-ciliativa previsto dall’articolo 185-bis del

codice di procedura civile (inserito dall’ar-ticolo 76 del decreto-legge 21 giugno 2013,n. 69, convertito, con modificazioni, dallalegge 9 agosto 2013, n. 98) potrebbe co-stituire un mezzo per accelerare la defi-nizione delle cause pendenti, come dimo-stra la circostanza che l’istituto ricorre invari ordinamenti stranieri e come dimo-stra altresì la sua prima esperienza appli-cativa in diversi tribunali italiani, nei qualila percentuale di accettazione delle pro-poste conciliative formulate dal giudice èsinora significativa.

Del resto, uno dei princìpi sulla cuiimportanza la dottrina processualistica hada sempre richiamato l’attenzione è ilprincipio di collaborazione fra le parti e ilgiudice. Di questo principio non si è fattamai seria applicazione per un’elementareragione: lo spettro della ricusazione delgiudice da parte dei patroni ove egli abbia,anche se solo in via prognostica, « antici-pato l’esito della decisione ».

Questa idea è evidentemente errata, solche si considerino altre primarie ipotesi incui il giudice probabilisticamente anticipala decisione: quelle cautelari, le inibitorieprocessuali, gli stessi filtri impugnatorieccetera.

Rispetto alle giuste integrazioni dellostrumento, in specie l’impossibilità di ri-cusazione del giudice, andrebbe tuttaviaprevista l’equiparazione dell’accettazionedella proposta giudiziale alla sentenza, aifini della valutazione della produttività delgiudice.

Peraltro, l’importanza dello strumentodovrebbe travalicare anche il singolo giu-dizio e quindi consentire la riduzione inparte qua dell’arretrato, se, come è statosostenuto, la proposta conciliativa rileva aifini dell’impedimento della decorrenza deltermine triennale della legge n. 89 del2001 (legge Pinto).

Come recentemente rilevato, infatti,« il giudice potrebbe formulare comunqueuna proposta conciliativa, specie nei pro-cessi la cui durata ha superato il termineragionevole di tre anni, poiché tale ini-ziativa, se anche dovesse fallire, comun-que conseguirebbe il risultato di esclu-dere la possibilità per le parti che l’aves-

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sero rifiutata di richiedere l’indennizzoper irragionevole durata del processo », inragione della nuova formulazione dell’ar-ticolo 2, comma 2-quinquies, lettera f),della legge 24 marzo 2001, n. 89 (leggePinto), secondo cui la richiesta di inden-nizzo va respinta in ogni caso di abusodei poteri processuali che abbia deter-minato un’ingiustificata dilazione deitempi del procedimento.

Collegando questi dati si potrebbe, al-lora, prevedere l’obbligatoria propostaconciliativa ex articolo 185-bis del codicedi procedura civile in tutti i processipendenti per i quali vi sia rischio dieccedere i termini di ragionevole duratadel processo.

Un perfezionamento – ma solo per lecause nuove – potrebbe essere quello diaffidare al giudice che formuli la pro-posta una valutazione prognostica del-l’esito della lite allo stato degli atti, cioèprima della valutazione di ammissibilità erilevanza delle prove: prognosi presuntivaovviamente aperta « alla prova contraria »ossia all’impregiudicata e illimitata pos-sibilità per il giudice di cambiare idea edecisione ad istruttoria conclusa: il che,del resto, se si ha la pazienza di guar-dare in un’ottica unitaria il fenomeno delprocesso cautelare e della causa di me-rito, non dovrebbe sorprendere o scon-volgere più di tanto, proprio perché dasempre esiste questa decisione, oggi ad-dirittura provvisoriamente stabile nei casidi tutele cautelari anticipatorie ex arti-colo 669-octies, sesto comma, del codicedi procedura civile.

Evidenti sarebbero anche i benefìci po-tenzialmente conseguibili in ambito euro-peo sulla durata dei nostri processi.

LE IMPUGNAZIONI

L’appello

Individuazione delle criticità

La ragione principale dell’arretratodelle cause civili d’appello non è costituitadalla procedura, ma in parte dall’irrazio-nalità della geografia giudiziaria, in parte

(e soprattutto) dall’inefficiente organizza-zione degli uffici e del lavoro dei magi-strati:

in tutte le corti d’appello il carico diciascun collegio è superiore a 500 unità(fonte: Banca d’Italia, 2008). Oltre questasoglia si ritiene comunemente che il flussodi lavoro non sia gestibile;

i magistrati sono distribuiti in modonon omogeneo: in alcune corti d’appello ilcarico di lavoro è notevolmente inferiore aquello che si registra in altre corti d’ap-pello. Si pone pertanto un problema digeografia giudiziaria;

alcune corti d’appello, le quali hannoun carico di lavoro superiore, presentanotuttavia un tasso maggiore di produttività.Si pone pertanto un problema di organiz-zazione degli uffici e del lavoro dei singolimagistrati.

Obiettivo della riforma con riguardo algiudizio di appello.

Individuate le criticità, è evidente che lariforma deve tendere al potenziamento diuna linea evolutiva già presente nell’at-tuale ordinamento, quella volta a realiz-zare un giudizio di appello strutturato informa impugnatoria.

Tale giudizio di appello non dovrebbefar ripartire da capo il processo, ma esserefinalizzato a correggere gli errori even-tualmente commessi dal giudice di primogrado e a concludere il processo (evitan-done quanto più possibile la rimessione algiudice di primo grado).

Il giudizio di appello servirebbe dunqueda cerniera tra l’accertamento dei fatti(demandato al giudice di primo grado) e ilcontrollo di legittimità (demandato in ul-tima istanza alla Corte di cassazione),consentendo di acquisire le prove illegit-timamente non ammesse dal giudice diprimo grado, di superare il suo illegittimodiniego di competenza ovvero la nullitàdell’atto introduttivo, di rinnovare gli attiprocessuali nulli.

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I princìpi ispiratori

La riforma del giudizio di appello –anche tenuto conto dell’esigenza di asse-stamento dei più recenti interventi nor-mativi nonché dell’opportunità di renderestabili gli orientamenti recentemente pre-valsi nella giurisprudenza di legittimità –deve ispirarsi ai princìpi di seguito illu-strati:

rafforzamento del carattere di impu-gnazione a critica vincolata fondata suiseguenti motivi: a) violazione di unanorma di diritto sostanziale o processuale;b) errore manifesto di valutazione dei fatti;

definitiva conferma, anche attraversoopportune precisazioni testuali dei precettigià contenuti nella nuova formulazionedell’articolo 342 del codice di proceduracivile, del principio per cui, a pena diinammissibilità del gravame, l’appellantedeve indicare nell’atto introduttivo i capidella sentenza che impugna e illustrare lemodificazioni che richiede di apportarvi inconseguenza della violazione della leggeovvero dell’errore manifesto che egli im-puta al giudice di primo grado;

rafforzamento del divieto di nova,prevedendo non solo che non è consentitoall’appellante di proporre nuove domande,nuove eccezioni e nuovi mezzi di prova (inconformità a quanto già disposto dall’at-tuale formulazione dell’articolo 345 delcodice di procedura civile), ma che gli èprecluso anche solo di introdurre nuoveragioni o deduzioni in diritto per dimo-strare la fondatezza giuridica delle do-mande e delle eccezioni precedentementeproposte, che non siano già state sottopo-ste al giudice di primo grado;

riaffermazione dei princìpi del giustoprocesso e di leale collaborazione tra leparti, nella fase del processo qui in esame,anche mediante il superamento della pre-visione di inammissibilità dell’impugna-zione fondata sulla mancanza della ragio-nevole probabilità del suo accoglimento;

introduzione di criteri di maggiorrigore – anche avvalendosi dei risultati

dell’elaborazione giurisprudenziale intema di rilevanza del giudicato interno,anche di carattere implicito – nella disci-plina dell’eccepibilità o rilevabilità, in sededi giudizio di appello, delle questioni pre-giudiziali di rito;

ulteriore restrizione del novero delleipotesi di rimessione della causa al primogiudice, salvi i diritti di difesa e al con-traddittorio;

ampliamento dell’utilizzo del provve-dimento dell’ordinanza (soggetta a ricorsoper cassazione) in funzione decisoria (adesempio per la declaratoria dell’inammis-sibilità ovvero dell’improcedibilità, nonchéper il rigetto dell’appello all’esito del-l’udienza di discussione).

Il giudizio per cassazione

Revisione della disciplina del giudiziocamerale

Il giudizio di cassazione è stato oggettodi troppi interventi in pochi anni, tuttidiretti ad introdurre qualche meccanismoche eliminasse l’arretrato.

Il risultato della farragine legislativa dicui siamo vittime è stato – dopo l’elimi-nazione del cosiddetto filtro a quesiti, chetante resistenze ha incontrato nel mondodell’avvocatura, e con l’ultimo interventodi cui al decreto-legge n. 69 del 2013,convertito, con modificazioni, dalla leggen. 98 del 2013 – l’introduzione di unanormativa assolutamente paradossale re-lativa al rito camerale.

Come è noto, oggi il relatore a cui èstata assegnata una causa all’interno dellesezioni, se gli appare possibile definire ilgiudizio ai sensi dell’articolo 375 del co-dice di procedura civile, ovvero secondo ilpercorso camerale che dovrebbe essere dimaggiore celerità e semplicità, depositauna relazione con la concisa esposizionedelle ragioni che possono giustificare lapronuncia alla quale egli tende. Dopo ciò,come sappiamo, avvenuta la notificazionedel giorno dell’adunanza e della relazione,gli avvocati delle parti hanno facoltà dipresentare memorie e di chiedere di esseresentiti.

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A questo punto abbiamo la situazionedi un avvocato che conosce già l’intenzionedel relatore e con essa quella, sicuramenteprobabile, del collegio. Egli in realtà ha difronte un vero e proprio progetto di de-finizione della causa con tutte le possibilirationes.

Del tutto evidente a questo punto è cheil difensore che si vede prospettare unasconfitta si trovi di fronte ad una possi-bilità difensiva assai più grande di quellache addirittura gli compete nel momentoin cui la causa invece viene attribuita alteoricamente più garantito rito del-l’udienza pubblica.

Ulteriore risultato è la doppia fatica delrelatore: relazione, adunanza, discussionecon i colleghi, redazione di una sentenzanella quale tiene conto delle critiche allarelazione, ovvero di un’ordinanza di ri-messione alla pubblica udienza. Tutto ciòrende questo rito del tutto irragionevole.Esso contraddice la sua funzione, cosicchéaccade, probabilmente solo in relazionealla quantità di fatica dei relatori dellesingole sezioni, che ancora troppe siano lecause che, sebbene di agevole definizionee nelle quali sostanzialmente il ricorrentesi duole solo di aver perduto la causa eripete argomentazioni già esaminate dalgiudice di merito, giungono all’udienzapubblica.

Sembra dunque utile lavorare sull’at-tuale struttura dell’articolo 380-bis delcodice di procedura civile ritornando alloschema classico dell’udienza in camera diconsiglio e tenendo conto della felice espe-rienza svolta in questa direzione dallaCorte di cassazione penale.

Tutti infatti sappiamo bene che la mi-glior situazione della Cassazione penalenon è soltanto dovuta all’ottima organiz-zazione che la contraddistingue, ma anchealla struttura delle norme di cui agliarticoli 610 e 611 del codice di procedurapenale. In sostanza, il primo presidentedella Corte di cassazione, attraverso gliuffici spoglio esistenti presso le sezioni,destina, se ritiene, i procedimenti allacamera di consiglio. Le parti, avvertitedella data di trattazione, fino a quindici

giorni prima possono interloquire periscritto.

Questo meccanismo, oggi vigente perquanto riguarda la Cassazione penale edunque anche in quel caso riguardando lasorte di delicatissimi diritti della persona,rispetta pienamente la logica della cameradi consiglio e la funzione della corte dilegittimità, nella quale non si vedono ra-gioni di distinguere strutturalmente il giu-dizio camerale secondo che si tratti digiudizio civile o di giudizio penale.

Sembra dunque che quella felice espe-rienza possa essere riprodotta, con gliadattamenti del caso, nel giudizio civile. Iricorsi, assegnati ai relatori, vengono ri-messi alla camera di consiglio, su deci-sione del presidente titolare della sezione,quando ne appare agevole la soluzione. Idifensori e il procuratore generale, avver-titi, nell’udienza possono depositare me-morie, atti e ogni altro elemento cheritengano utile. In più i difensori possono,fino ad un termine breve di cinque giorniliberi prima dell’udienza, depositare ulte-riori atti anche per replicare al procura-tore generale.

La camera di consiglio decide con or-dinanza il ricorso ovvero la rimessionedell’esame del medesimo alla pubblicaudienza.

In questo modo sembra che, facendosalva l’occasione professionale del difen-sore attraverso la replica al procuratoregenerale ed eliminando l’inutile richiestadi discutere oralmente, si possa perveniread un risultato processuale assolutamentecompatibile con i princìpi costituzionali.

Interventi normativi per risolvere discrasiefunzionali e strutturali.

A parte la necessità di rivedere ilprocedimento camerale, il giudizio di Cas-sazione soffre, oggi, di profonde discrasiedi carattere tanto strutturale quanto fun-zionale.

Le discrasie funzionali sembrano di-pendere soprattutto:

dal numero (oggi intollerabilmentepletorico) dei consiglieri addetti alla Cortedi cassazione;

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dai relativi criteri di selezione (chedovrebbero risultare radicalmente diversida quello, semi-automatico, dell’anzianitàsalvo demerito), che consenta la forma-zione di una corte (e non di una disordi-nata moltitudine di giudici) di legittimità,che consenta la formazione di un vero« diritto vivente » a direzione relativamentecostante e accettabilmente prevedibile;

dalla necessità di una nuova e piùpregnante responsabilizzazione dei quadridirigenziali intermedi (presidenti titolari epresidenti di collegi), cui affidare, conriunioni periodiche, la funzione di con-trollo nomofilattico intrasezionale, indivi-duando ex ante, attraverso l’indicazione diblocchi di materie, quelle destinate all’ap-profondimento in riunioni periodiche, te-nendo conto della giurisprudenza (conso-lidata o prevalente) delle sezioni;

dalla concorrente e conseguente ne-cessità di una radicale revisione dei criteridi conferimento dei relativi incarichi daparte dell’organo di autogoverno, che con-duca (finalmente) ad un’autentica e nonspartitoria selezione di uomini, compiutasulla base di accertate e indiscusse pro-fessionalità;

dalla creazione dell’ufficio del giudicedi Cassazione, che si avvale della collabo-razione di neo-laureati, selezionati sullabase del voto di laurea e del tipo di tesidiscussa in quella sede, previa indicazionedai presidi dei dipartimenti di giurispru-denza, cui affidare compiti di studio e diricerca.

Le discrasie strutturali, oltre a quellagià segnalata relativa al procedimento ca-merale, attengono ai seguenti problemi:

il problema del vizio di motiva-zione: se si accoglie la prospettiva per cuiil giudizio di Cassazione non può esseresoltanto un presidio dello ius constitutio-nis, ma occorre garantire anche lo iuslitigatoris, occorre rivedere il tema delsindacato sulla motivazione, consenten-dolo – anche alla luce della recente pro-nuncia delle sezioni unite dell’aprilescorso – quanto meno nel caso di « grave

e insanabile contraddittorietà » o di « gravee insanabile insufficienza »;

i motivi di ricorso: potrebbe essereopportuno indicare espressamente nell’ar-ticolo 360 del codice di procedura civileche – nelle ipotesi non frequentissime etuttavia talora ricorrenti in cui un viziodella sentenza rilevi davvero sotto prospet-tive diverse – quel vizio può eccezional-mente essere illustrato richiamando con-temporaneamente più motivi di ricorso,senza che ciò comporti il rischio delladeclaratoria d’inammissibilità, da riser-varsi invece alla sola « mescolanza e so-vrapposizione di motivi d’impugnazioneeterogenei ». Previsioni come questa ser-vono ad impedire che impostazioni tropporigorose o formalistiche, che talora laCorte di cassazione ha adottato, inducanoi difensori a complicare e moltiplicareoltre misura, a scapito della chiarezza, laredazione degli atti introduttivi;

autosufficienza del ricorso e lun-ghezza degli atti: al fine di eliminare ognibase normativa per orientamenti giuri-sprudenziali particolarmente restrittivi, èopportuno precisare, nell’articolo 366,primo comma, numero 6), che, ai fini delrispetto del requisito dell’autosufficienza,la « specifica indicazione degli atti proces-suali, dei documenti e dei contratti oaccordi collettivi sui quali il ricorso sifonda » significa soltanto che nel ricorsodovrà essere indicato il luogo della pro-duzione del documento, e non già che ilcontenuto del documento debba esseretrascritto nell’atto (è quanto la Corte dicassazione ha chiarito nel gennaio scorso,ma si tratta di indicazioni che è preferibilevengano normate). Del resto, c’è anchel’ulteriore prescrizione per cui, ex articolo369, secondo comma, numero 4, i docu-menti su cui il ricorso si fonda debbonoessere prodotti di nuovo, in allegato alricorso;

giudicato e articolo 372 del codicedi procedura civile: potrebbe essere op-portuno prevedere, con novella all’articolo372 del codice di procedura civile, lapossibilità di documentare – perché non

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sia vanificata la rilevabilità ex officio – ilsopravvenuto giudicato (ipotesi particolar-mente ricorrente nei giudizi tributari, dovel’esigenza di impugnare più atti tra loroconnessi non di rado consente che suquestioni pregiudiziali si formi il giudicatoche, tuttavia, non può esser fatto valerenei giudizi, già pendenti in Cassazione,aventi ad oggetto atti dipendenti);

riformulazione dell’articolo 360-bisdel codice di procedura civile: in ragionedella difficoltà, illustrata da tutti i com-mentatori, di comprendere il significatodel numero 2) dell’articolo 360-bis delcodice di procedura civile (« quando èmanifestamente infondata la censura re-lativa alla violazione dei princìpi regolatoridel giusto processo »), sarebbe opportunoche la norma fosse riscritta, tenendo contodelle interpretazioni che sono state sugge-rite, in modo da far emergere un precettounivoco che esprima con maggiore chia-rezza l’interpretazione prevalente;

modifica dell’articolo 392 del co-dice di procedura civile: vista la difficoltà,dopo anni dall’inizio del processo, di in-dividuare dove risieda la parte alla qualenotificare « personalmente », nel terminedi decadenza di tre mesi dalla pubblica-zione della sentenza, la citazione per lariassunzione davanti al giudice di rinvio, èopportuno modificare l’articolo 392 delcodice di procedura civile nel senso diconsentire che l’atto sia notificato all’av-vocato costituito davanti alla Corte.

Ulteriori proposte di interventi

L’attuale carico di arretrato della Corteè enorme. Più del numero dei ricorsigiacenti va considerata la durata dell’at-tesa dell’udienza nella quale verrannotrattati. Si va da quattro a sei anni, untempo intollerabile.

Sembra utile prevedere dunque, a com-pletamento delle precedenti proposte, altridue interventi.

Il primo è diretto a imporre che laformazione dei ruoli venga effettuata nontanto e non solo in considerazione del-

l’anzianità della cause, ma della loro ri-levanza economica, sociale e comunquenomofilattica, per evitare che nell’attesa siconsolidino correnti giurisprudenziali inu-tilmente costose.

Il secondo è volto a prescrivere allaCorte di adottare modelli di motivazione,anche assertivi, che comunque abbando-nino la tentazione di sistemazione scien-tifica, a tutti i costi, degli istituti adoperatio anche solo sfiorati. La sentenza dellaSuprema Corte dev’essere atto di autoritàmotivato anche solo con riferimento aipropri indirizzi e, comunque, secondoun’assoluta esigenza di sintesi.

Infine, anche tenendo conto dei recentiinterventi legislativi in materia (decreto-legge n. 69 del 2013), occorrerebbe preve-dere o comunque consentire una più ra-zionale utilizzazione dei magistrati addettiall’Ufficio del massimario e del ruolo,mediante la loro applicazione, per unnumero limitato di udienze mensili, comeconsiglieri.

IL PROCESSO DI ESECUZIONE

La proposta normativa di delega ècompletata da interventi sul processo ese-cutivo, ispirati ai medesimi princìpi disemplificazione anche del rito degli inci-denti di cognizione e di efficacia del titoloesecutivo.

In particolare vengono dettati princìpiper la semplificazione del rito dei proce-dimenti cognitivi funzionalmente correlatial processo esecutivo, attraverso l’assog-gettamento delle opposizioni esecutive alrito sommario di cognizione di cui agliarticoli 702-bis e seguenti del codice diprocedura civile; nonché per l’amplia-mento e la generalizzazione dell’ambito diapplicazione dell’istituto delle misurecoercitive indirette di cui all’articolo 614-bis del codice di procedura civile, me-diante la previsione della possibilità, per laparte vittoriosa, di chiedere al giudice lafissazione della somma dovuta dalla partesoccombente, a causa della mancata oritardata esecuzione dell’ordine giudiziale,in presenza di qualunque provvedimentodi condanna, a prescindere dalla natura

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fungibile o infungibile dell’obbligazione acui esso si riferisce.

I PROCEDIMENTI SPECIALI

Completa la delega l’introduzione diprincìpi in materia di arbitrato, nel sensodel potenziamento dell’istituto dell’arbi-trato, mediante l’eventuale estensione delmeccanismo della translatio iudicii ai rap-porti tra processo e arbitrato e attraversola razionalizzazione della disciplina del-l’impugnativa del lodo arbitrale.

Viene quindi proposta, in chiave diulteriore semplificazione, la riduzione deiriti speciali, mediante omogeneizzazione ditermini e atti introduttivi e uniformità deimodelli di scambio degli scritti difensivi.

Inoltre il principio di delega sulla giu-risdizione mira all’introduzione di unmeccanismo che acceleri la definizionedelle questioni di giurisdizione impedendoquando oggi accade non di rado, e cioè chela questione di giurisdizione venga decisacon una declinatoria a distanza di anni

dall’introduzione della causa. A tutt’oggi,le sezioni unite della Corte di cassazioneritengono che la parte che sceglie il giudicedi primo grado possa, in caso di esito dellalite ad essa sfavorevole, contestare la giu-risdizione del giudice prescelto medianteappello, a cui indefettibilmente segue ilricorso per cassazione: il tutto con sprecodi tempi processuali da due a quattro anninella migliore delle ipotesi.

Ancora in chiave di semplificazione ecomprensibilità del processo, viene intro-dotto il principio di delega sulla sinteticità,che è reso inevitabile dal processo civiletelematico: la gestione informatica degliatti impone una riconsiderazione dellaloro lunghezza, del contenuto e della tec-nica di redazione.

Proprio in relazione all’attuazione incorso del processo civile telematico, siintroduce uno specifico principio di delegavolto a consentire l’adeguamento dellenorme del rito civile alla nuova dimen-sione telematica del processo.

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RELAZIONE TECNICA

(Articolo 17, comma 3, della legge 31 dicembre 2009,n. 196, e successive modificazioni).

Il presente disegno di legge di delegazione legislativa contienealcuni interventi in materia di processo civile, l’integrazione delladisciplina del tribunale delle imprese e l’istituzione del tribunale dellafamiglia e della persona. Al riguardo si evidenzia quanto segue.

Con riferimento all’articolo 1, comma 1, lettera a), in materia ditribunale delle imprese, si prevede una mera integrazione dellecompetenze attribuite alle esistenti sezioni specializzate, mantenen-done inalterato l’attuale numero (21 sezioni), con la modifica dellaloro denominazione in « sezioni specializzate per l’impresa e ilmercato ». In particolare le nuove competenze riguardano le contro-versie in materia di concorrenza sleale, le controversie in materia dipubblicità ingannevole, le controversie relative agli accordi di colla-borazione nella produzione e nello scambio di beni e servizi,specifiche controversie in materia di società di persone, le controversiein materia di contratti pubblici di lavori, servizi e forniture attual-mente rientranti nella giurisdizione del giudice ordinario.

L’integrazione delle competenze non determina l’insorgenza dinuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica e potrà essereattuata con le risorse umane e strumentali disponibili a legislazionevigente iscritte nel bilancio dell’Amministrazione della giustizia allamissione 6 – programma 1.2 – Giustizia civile e penale, come diseguito riportato:

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Peraltro già la norma istitutiva del tribunale delle imprese, di cuial decreto-legge n. 1 del 2012, convertito, con modificazioni, dallalegge n. 27 del 2012, prevedeva la possibilità di costituire i suddettiorganismi giudiziari attraverso la riorganizzazione e la razionalizza-zione delle ex sezioni specializzate in materia di impresa, che da 12divenivano 21, disegnando una competenza per territorio su baseregionale. Si ritiene, piuttosto, che il possibile assoggettamento dellenuove controversie alla disciplina speciale in materia di contributounificato prevista all’articolo 2, comma 3, del predetto decreto-leggen. 1 del 2012 (la cui misura ordinaria è raddoppiata) lasci intravederepossibili effetti di maggior gettito in favore dell’erario, seppure allostato non quantificabili. Utile a tal fine, come evidenziato nelprospetto allegato (Allegato 1), è il confronto tra il gettito delcontributo unificato rilevato nel corso dell’anno 2012 e l’ammontarecomplessivo rilevato nell’anno 2013, anno di piena operatività dellesezioni specializzate in materia di impresa, che mostra una tendenzadi significativo aumento.

In ordine all’articolo 1, comma 1, lettera a), numero 3), relativoall’istituzione di un albo di esperti nelle materie della ragioneria,contabilità, economia e mercato presso ogni sezione specializzata, conpossibilità di iscrizione anche dei dipendenti della Banca d’Italia e diautorità indipendenti, che possono essere designati a supporto delcollegio giudicante, si evidenzia che tale nomina è alternativa alricorso alla figura del consulente tecnico d’ufficio, in relazione alquale l’articolo 8 del testo unico di cui al decreto del Presidente dellaRepubblica n. 115 del 2002 prevede espressamente che il compensoe le spese spettanti siano posti a carico delle parti. Tale specificazioneè comunque espressamente contenuta nel testo della norma didelegazione. Sono da escludersi, inoltre, effetti finanziari in materiadi patrocinio a spese dello Stato, trattandosi di controversie trasocietà, in relazione alle quali non risultano applicabili i presuppostiper l’ammissione al beneficio, quali i limiti reddituali per le personefisiche, previsti dalla normativa vigente.

Con riferimento alla prevista rideterminazione delle dotazioniorganiche delle sezioni specializzate e dei tribunali ordinari, conadeguamento alle nuove competenze, si conferma la possibilità diprocedere alla riorganizzazione e alla razionalizzazione dei medesimitribunali, nell’ambito delle dotazioni umane, strumentali e finanziariedisponibili a legislazione vigente, senza determinare nuovi oneri acarico della finanza pubblica.

Con riferimento all’articolo 1, comma 1, lettera b), si specifica chela norma prevede l’istituzione, presso tutte le sedi di tribunale, dellesezioni specializzate per la famiglia e la persona con competenzadistinta e specifica su separazioni e divorzi, rapporti di famiglia e diminori, procedimenti relativi a figli nati fuori del matrimonio,procedimenti di competenza del giudice tutelare in materia di minorie incapaci, controversie relative al riconoscimento dello status dirifugiato e della protezione internazionale, nella quale far confluireanche le professionalità che si sono formate nell’esperienza deltribunale per i minorenni.

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Le competenze frammentate tra tribunale per i minorenni, giudiceordinario e giudice tutelare sono specificate, semplificate e reseflessibili, anche in relazione alle modalità di svolgimento del rito, conla specializzazione del personale di magistratura, cui è affidata latrattazione, in misura almeno prevalente, degli affari rientranti nellacompetenza della sezione specializzata per la famiglia e la persona,con innumerevoli vantaggi, evitando inutili duplicazioni di giudizi erischi di contrasti interpretativi, permettendo una migliore raziona-lizzazione delle risorse e creando, nel contempo, una specificacompetenza in materia di diritto di famiglia.

In ordine al numero 3) si osserva che la possibilità di avvalersidei servizi sociali e di tecnici specializzati nelle materie di competenzanon è suscettibile di determinare nuovi o maggiori oneri, stantel’incardinamento degli stessi servizi, a legislazione vigente, nell’attualesistema giudiziario minorile, di fatto non comportando alcun ulterioreaggravio dal punto di vista finanziario.

Con riferimento alla ridefinizione dei profili di competenzaattribuiti dalla normativa in esame alle istituende sezioni specializzate,si conferma la possibilità di procedere alla rideterminazione delledotazioni organiche e per gli aspetti strettamente organizzativi degliuffici, nell’ambito delle dotazioni umane, strumentali e finanziariedisponibili a legislazione vigente, senza determinare nuovi o maggiorioneri a carico della finanza pubblica.

Le risorse iscritte nel bilancio dell’Amministrazione della giustiziaalla missione 6 – programma 1.2 – Giustizia civile e penale risultanole seguenti:

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In ordine a quanto previsto all’articolo 1, comma 2, in materia diriassetto del codice di procedura civile e delle leggi processuali civili,al fine di operare una semplificazione e un’accelerazione del ritostesso, non si evidenziano profili di onerosità a carico della finanzapubblica trattandosi di interventi che, semmai, inducono ad unrisparmio di spesa, come nel caso della valorizzazione dell’istitutodella proposta di conciliazione del giudice di cui all’articolo 185-bisdel codice di procedura civile, con auspicabili riflessi nella diminu-zione delle richieste di indennizzo per irragionevole durata delprocesso (cosiddetta legge Pinto).

Al riguardo occorre tuttavia evidenziare che solo in fase dipredisposizione dei decreti attuativi della delega legislativa in esame,che saranno corredati di specifiche relazioni tecniche, si potrannodefinire nel dettaglio i necessari aspetti di natura finanziaria, poten-dosi confermare, comunque, la possibilità di fronteggiare i relativioneri nel limite delle risorse assegnate a legislazione vigente. La normaprevede, infatti, all’articolo 1, comma 6, che, in relazione allacomplessità della materia trattata e all’impossibilità di procedere alladeterminazione degli eventuali effetti finanziari, per ciascuno schemadi decreto legislativo, la corrispondente relazione tecnica ne evidenzigli effetti sui saldi di finanza pubblica. Qualora uno o più decretilegislativi determinino nuovi o maggiori oneri, che non trovinocompensazione nel loro ambito, si provvede ai sensi dell’articolo 17,comma 2, della legge 31 dicembre 2009, n. 196.

Si conferma, infine, la validità della clausola di invarianzafinanziaria, secondo la quale « All’attuazione delle disposizioni dellapresente legge si provvede nell’ambito delle risorse umane, strumentalie finanziarie disponibili a legislazione vigente, senza nuovi o maggiorioneri a carico della finanza pubblica ».

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ANALISI TECNICO-NORMATIVA

PARTE I. ASPETTI TECNICO-NORMATIVI DI DIRITTO INTERNO

1) Obiettivi e necessità dell’intervento normativo. Coerenza con ilprogramma di Governo.

L’intervento normativo delegante ha due obiettivi. Il primo èquello di un processo comprensibile; il secondo obiettivo è quello dellaspeditezza.

Le criticità su cui si intende intervenire sono le seguenti.

Il processo civile italiano è un insieme di tecnicalità progressive,l’una creata dall’altra, che rendono faticoso il suo risultato naturale,ossia la sentenza.

Negli ultimi quarant’anni, a far tempo dalla legge introduttiva delnuovo rito del lavoro, gli interventi del legislatore sono stati nume-rosissimi e hanno inciso sul tessuto connettivo originario del codicedi procedura civile, compromettendone l’organicità e la sistematicità.

Con il trascorrere del tempo, inoltre, il codice – progettato epromulgato in una particolare contingenza storica – ha soffertosempre più pesantemente il progressivo aumento del contenzioso.

Se si guarda indietro per cercare di comprendere, senza precon-cetti o pregiudizi, le cause dell’attuale inefficienza (cosa difficile, manecessaria per capire dove e come intervenire), si noterà che, a partei casi di nuove forme di tutela cosiddetta « differenziata » perspecifiche controversie (in primis quelle del lavoro), tutti gli interventihanno avuto una finalità comune: adeguare il vecchio codice ad unnuovo imprevisto carico.

Anche l’apparato organizzativo a sostegno del codice è divenutoinadeguato a fronteggiare il numero delle pendenze.

Ciò posto, l’inefficienza del processo italiano è peraltro essa stessaoccasione di lavoro per più categorie. Ma un’economia dell’inefficienzaè ciò che il Paese, sempre più immerso nella vicenda globale e dunqueesposto a pagare in termini economici, culturali e politici le propriearretratezze, non può più permettersi. Il processo civile deve esserestrumento di attuazione delle regole sostanziali certamente attraversoil controllo dei suoi gradi, ma soprattutto a mezzo dell’intrinsecaqualità economica delle sue tecniche, capace di comporre in modomoderno il diritto di litigare con l’interesse generale.

In questa visione, la comprensibilità del processo da parte dichiunque è costretto ad utilizzarlo è condizione essenziale della suaeticità. Le parti debbono sapere chi, almeno in astratto e con unasensata prognosi, vincerà o perderà. Debbono sapere che il processotende ad identificare chi vince con chi ha ragione. Esso dunque,

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abbandonando il mito dell’imprevedibilità della decisione come di-mostrazione della imparzialità del giudizio, deve consentire unasoluzione comprensibile anche per la sua ordinaria prevedibilità.

Secondo obiettivo è la sua speditezza. La decisione deve perveniread un esito pratico corrispondente alla realtà che ha fatto nascere lalite. Deve perciò risolvere una lite in atto, con una decisione attualee non con l’epitaffio di una lite che non c’è più. La prevedibilità deveriguardare, oltre che l’esito, anche la durata del processo: è necessarioche le parti sappiano che, chiusa l’istruttoria, la decisione sarà presain tempi prevedibili.

Pertanto occorre rimettere al centro del sistema la professionalitàpiù assoluta e più controllabile dei protagonisti.

Quando la causa va a sentenza e si comincia a studiarla davvero,si trova di fronte a consulenze tecniche espletate benché inutili, atermini inutilmente concessi, a vuoti assoluti di istruttoria. Intervienea questo punto, fatalmente, la tecnica della giurisprudenza difensivae, pertanto, la ricerca della soluzione puramente tecnico-processuale,molto spesso distante dal quadro reale che ha creato la necessità delricorso alla giurisdizione dello Stato.

L’impugnativa, chiunque vinca, è a questo punto un esito obbli-gato e costante, fino al ricorso per cassazione.

Il processo di cognizione introdotto dalla riforma del 1990 edentrato in vigore nel 1995, a meno di venti anni dalla sua introdu-zione, ha già mostrato numerosi limiti.

Il rito, come è risultato da molte, troppe interpolazioni, èchiaramente farraginoso perché, dopo l’introduzione della causa,prevede una trattazione solo formalmente orale della stessa, una lungaappendice temporale dedicata alla trattazione scritta, quindi un’ulte-riore dilatazione temporale per consentire al giudice di verificare leistanze e necessità istruttorie e, infine, dopo l’espletamento eventualedell’istruttoria, una lunga pausa prima che la causa possa passarenella fase finale della decisione.

A ciò si aggiunga che l’esercizio dei poteri delle parti – special-mente quanto alle memorie successive agli atti introduttivi – non èefficacemente organizzato e, spesso, è inutile.

In ogni caso, l’oralità del processo è del tutto contraddetta.I profili critici evidenziati si colgono manifestamente analizzando

i procedimenti in materia di famiglia (separazione dei coniugi edivorzio).

Occorre pertanto intervenire fissando un principio di delega voltoa razionalizzare i termini processuali e a semplificare i riti processualimediante l’omogeneizzazione dei termini degli atti introduttivi.

Dunque il lavoro sul processo di cognizione di primo grado,mantenendo la distinzione tra processo a citazione e processo aricorso, va diretto verso la concentrazione effettiva, si potrebbe direimplacabile, nei primi atti di parte, con un’udienza di trattazionenella quale effettivamente si tratta la causa, anche con indicazioneda parte del giudice di uno sbocco di conciliazione basato su unprimo palese giudizio sulle prospettazioni delle parti. Dinanzi aduna domanda che appare infondata in modo chiaro, il giudice devepotere dire che, fermo restando il successivo vaglio delle ultime

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difese, essa appunto, al momento, rende possibile una prognosiinfausta, o viceversa.

Interventi sulle impugnazioni.

Appello

Si propone il potenziamento del carattere impugnatorio dell’ap-pello anche attraverso l’assestamento normativo e la stabilizzazionedei recenti orientamenti giurisprudenziali.

Il giudizio è chiuso nella citazione o nel ricorso, in primo grado.Nulla di ciò che è stato estraneo a tale atto o alla sentenza può essereportato davanti al giudice di appello.

Ricorso per cassazione

Si prevedono interventi sul rito davanti alla Corte di cassazione,nel segno di un uso più diffuso del rito camerale e nella prospettivapossibile di una riforma costituzionale che veda inseriti in un organogiudiziario supremo giudici oggi appartenenti ad altre magistrature,ovvero che veda attribuire ad una corte riformata controversie oggiregolate sulla base della doppia giurisdizione.

In tale prospettiva si potrebbe individuare un modello pressochéunico di processo civile supremo, con le particolarità essenziali resenecessarie, nel nostro caso, da un giudizio su fatti che digradanodiritti e non su atti che riguardano interessi legittimi.

Analoga ratio è sottesa alla previsione di una sezione specializzatain materia di impresa (tribunale delle imprese) per le controversie dimercato (concorrenza) e quelle societarie.

2) Analisi del quadro normativo nazionale.

Il processo di cognizione, come riformato nel 1990 ed entrato invigore nel 1995, a meno di venti anni dalla sua introduzione, hamostrato i limiti derivanti dalla presenza di un rito che costituisce ilrisultato di troppe interpolazioni e che è chiaramente farraginosoanche perché, dopo l’introduzione della causa, prevede una trattazionesolo formalmente orale della stessa, una lunga appendice temporalededicata alla trattazione scritta, quindi un’ulteriore dilatazione tem-porale per consentire al giudice di verificare le istanze e le necessitàistruttorie e, infine, dopo l’espletamento eventuale dell’istruttoria, unalunga pausa prima che la causa possa passare nella fase finale delladecisione.

3) Incidenza delle norme proposte sulle leggi e sui regolamenti vigenti.

La proposta normativa incide sul codice di procedura civile,innovando tutte le norme che riguardano gli istituti interessati e quellead essi correlate.

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L’intervento normativo, strutturato nella forma della legge didelega, incide altresì sulla disciplina dei tribunali delle imprese e sulladisciplina dei tribunali per i minorenni.

4) Analisi della compatibilità dell’intervento con i princìpi costituzionali.

L’intervento non confligge con precetti costituzionali.

5) Analisi della compatibilità dell’intervento con le competenze e lefunzioni delle regioni ordinarie e a statuto speciale nonché degli entilocali.

Il disegno di legge non presenta aspetti di interferenza o diincompatibilità con le competenze costituzionali delle regioni, inci-dendo su materia (norme dell’ordinamento civile) riservata allacompetenza legislativa dello Stato.

6) Verifica della compatibilità con i princìpi di sussidiarietà, differen-ziazione e adeguatezza sanciti dall’articolo 118, primo comma, dellaCostituzione.

Le disposizioni contenute nell’intervento esaminato sono compa-tibili e rispettano i princìpi di cui all’articolo 118 della Costituzione,in quanto non prevedono né determinano, sia pure in via indiretta,nuovi o più onerosi adempimenti a carico degli enti locali.

7) Verifica dell’assenza di rilegificazioni e della piena utilizzazione dellepossibilità di delegificazione e degli strumenti di semplificazionenormativa.

L’intervento normativo ha rango primario e non pone prospettivedi delegificazione o ulteriori possibilità di semplificazione normativa.

8) Verifica dell’esistenza di progetti di legge vertenti su materia analogaall’esame del Parlamento e relativo stato dell’iter.

È pendente presso la Camera dei deputati il disegno di leggen. 2092, d’iniziativa governativa (cosiddetto collegato giustizia allalegge di stabilità 2014).

9) Indicazione delle linee prevalenti della giurisprudenza ovvero dellapendenza di giudizi di costituzionalità sul medesimo o analogooggetto.

Le disposizioni contenute nel provvedimento non contrastano coni princìpi fissati in materia dalla giurisprudenza, anche costituzionale,né risultano giudizi di costituzionalità pendenti sul medesimo oggetto.

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PARTE II. CONTESTO NORMATIVO DELL’UNIONE EUROPEA EINTERNAZIONALE

10) Analisi della compatibilità dell’intervento con l’ordinamento euro-peo.

Il disegno di legge non presenta aspetti di interferenza o diincompatibilità con l’ordinamento europeo.

11) Verifica dell’esistenza di procedure di infrazione da parte dellaCommissione europea sul medesimo o analogo oggetto.

Non risultano procedure di infrazione da parte della Commissioneeuropea sul medesimo o analogo oggetto.

12) Analisi della compatibilità dell’intervento con gli obblighi interna-zionali.

L’intervento è pienamente compatibile con gli obblighi interna-zionali.

13) Indicazione delle linee prevalenti della giurisprudenza ovvero dellapendenza di giudizi innanzi alla Corte di giustizia dell’Unioneeuropea sul medesimo o analogo oggetto.

Non risultano pendenti giudizi innanzi alla Corte di giustiziadell’Unione europea sul medesimo o analogo oggetto.

14) Indicazione delle linee prevalenti della giurisprudenza ovvero dellapendenza di giudizi innanzi alla Corte europea dei diritti dell’uomosul medesimo o analogo oggetto.

Non risultano pendenti giudizi innanzi alla Corte europea deidiritti dell’uomo sul medesimo o analogo oggetto.

15) Eventuali indicazioni sulle linee prevalenti della regolamentazionesul medesimo oggetto da parte di altri Stati membri dell’Unioneeuropea.

La proposta normativa ha lo scopo di seguire la linea prevalentedi semplificazione del processo civile, propria di altri Stati membridell’Unione europea.

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PARTE III. ELEMENTI DI QUALITÀ SISTEMATICA E REDAZIO-NALE DEL TESTO

1) Individuazione delle nuove definizioni normative introdotte dal testo,della loro necessità, della coerenza con quelle già in uso.

Non sono introdotte nuove definizioni normative, se non quelleconseguenti alla costituzione del tribunale della famiglia e dellapersona, da effettuarsi in sede di esercizio della delega legislativa.

2) Verifica della correttezza dei riferimenti normativi contenuti nelprogetto, con particolare riguardo alle successive modificazioni eintegrazioni subite dai medesimi.

I riferimenti normativi che figurano nel disegno di legge sonocorretti.

3) Ricorso alla tecnica della novella legislativa per introdurre modifi-cazioni e integrazioni a disposizioni vigenti.

Trattandosi di delega legislativa al Governo, non si è fatto ricorsoalla tecnica della novella legislativa.

4) Individuazione di effetti abrogativi impliciti di disposizioni dell’attonormativo e loro traduzione in norme abrogative espresse nel testonormativo.

L’intervento normativo non comporta effetti abrogativi implicitiné all’interno del testo normativo sono presenti abrogazioni esplicite.

5) Individuazione di disposizioni dell’atto normativo aventi effettoretroattivo o di reviviscenza di norme precedentemente abrogate o diinterpretazione autentica o derogatorie rispetto alla normativa vi-gente.

Non sono presenti disposizioni aventi effetto retroattivo o direviviscenza di norme precedentemente abrogate o di interpretazioneautentica o derogatorie rispetto alla normativa vigente.

6) Verifica della presenza di deleghe aperte sul medesimo oggetto, anchea carattere integrativo o correttivo.

Non sono presenti deleghe aperte sul medesimo oggetto.

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7) Indicazione degli eventuali atti successivi attuativi; verifica dellacongruità dei termini previsti per la loro adozione.

Il provvedimento prevede l’adozione di uno o più decreti legislativiper l’attuazione delle norme di delega.

I termini stabiliti sono idonei a consentire un’adeguata istruttoriae ponderazione delle scelte.

8) Verifica della piena utilizzazione e dell’aggiornamento di dati e diriferimenti statistici attinenti alla materia oggetto del provvedimento,ovvero indicazione della necessità di commissionare all’Istitutonazionale di statistica apposite elaborazioni statistiche, con correlataindicazione nella relazione economico-finanziaria della sostenibilitàdei relativi costi.

Vi è la necessità di verificare gli effetti delle modifiche in terminidi recupero di efficienza del processo civile in tutti i suoi gradi.

Non vi è necessità di ricorrere all’Istituto nazionale di statistica,perché il Ministero della giustizia può acquisire i dati necessariapportando le opportune modifiche ai registri informatici.

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ANALISI DELL’IMPATTO DELLA REGOLAMENTAZIONE (AIR)

SEZIONE 1 – IL CONTESTO E GLI OBIETTIVI

A) La rappresentazione del problema da risolvere e delle criticitàconstatate, anche con riferimento al contesto internazionale edeuropeo, nonché delle esigenze sociali ed economiche considerate.

L’intervento normativo delegante ha due obiettivi. Il primo èquello di un processo comprensibile; il secondo obiettivo è quello dellaspeditezza.

Le criticità su cui si intende intervenire sono le seguenti.

Il processo civile italiano è un insieme di tecnicalità progressive,l’una creata dall’altra, che rendono faticoso il suo risultato naturale,ossia la sentenza.

Negli ultimi quarant’anni, a far tempo dalla legge introduttiva delnuovo rito del lavoro, gli interventi del legislatore sono stati nume-rosissimi e hanno inciso sul tessuto connettivo originario del codicedi procedura civile, compromettendone l’organicità e la sistematicità.

Con il trascorrere del tempo, inoltre, il codice – progettato epromulgato in una particolare contingenza storica – ha soffertosempre più pesantemente il progressivo aumento del contenzioso.

Se si guarda indietro per cercare di comprendere, senza precon-cetti o pregiudizi, le cause dell’attuale inefficienza (cosa difficile, manecessaria per capire dove e come intervenire), si noterà che, a partei casi di nuove forme di tutela cosiddetta « differenziata » perspecifiche controversie (in primis quelle del lavoro), tutti gli interventihanno avuto un fine comune: adeguare il vecchio codice ad un nuovoimprevisto carico.

Anche l’apparato organizzativo a sostegno del codice è divenutoinadeguato a fronteggiare il numero delle pendenze.

Ciò posto, l’inefficienza del processo italiano è peraltro essa stessaoccasione di lavoro per più categorie. Ma una economia dell’ineffi-cienza è ciò che il Paese, sempre più immerso nella vicenda globalee dunque esposto a pagare in termini economici, culturali e politicile proprie arretratezze, non può più permettersi.

Il processo di cognizione introdotto dalla riforma del 1990 edentrato in vigore nel 1995, a meno di venti anni dalla sua introdu-zione, ha già mostrato numerosi limiti.

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Le criticità constatate possono dunque così sintetizzarsi:

1) l’eccessiva farraginosità del rito, che prevede una trattazionesolo formalmente orale della stessa, una lunga appendice temporalededicata alla trattazione scritta, quindi un’ulteriore dilatazione tem-porale per consentire al giudice di verificare le istanze e le necessitàistruttorie, infine, dopo l’espletamento eventuale dell’istruttoria, unalunga pausa prima che la causa possa passare nella fase finale delladecisione;

2) la lentezza dei processi, aggravata dagli esorbitanti carichi dacui sono gravati gli uffici giudiziari e dalla carenza delle risorse umanee materiali;

3) la molteplicità e complessità dei riti processuali e la connessadiversità dei termini degli atti introduttivi.

Al fine di meglio illustrare le evidenziate criticità, appare utileeffettuare un riferimento ai dati statistici relativi all’aumento delcontenzioso e alla durata del processo. Dai rilievi statistici, evidenziatinel rapporto della Commissione europea per l’efficacia della giustizia,risulta che l’Italia deve confrontarsi con un contenzioso civile che nonha pari in Europa, dopo la Russia, sebbene la produttività dei giudicicivili sia collocata al secondo posto.

Con riferimento al profilo dei carichi, rapportato all’indice dismaltimento, dalla tabella n. 2 sottostante si evidenzia che, dal 2011al 2013, si è verificato un incremento di circa 100.000 iscrizioni dinuovi affari e che, nonostante l’elevata produttività dei magistratiitaliani, essa è risultata appena sufficiente a superare le sopravve-nienze. Ciò si traduce in un sensibile allungamento dei tempiprocessuali, da 395 giorni di durata media per il solo primo grado a1100 giorni in presenza di impugnazioni.

Inoltre, sebbene le pendenze abbiano registrato un decrementodal 2009, il settore civile è sottoposto a un carico di circa 5 milionidi fascicoli pendenti, come evidenzia la tabella n. 3. Dalla tabella n. 4emerge, inoltre, che il primo grado della giurisdizione civile assorbeil 90 per cento del carico. Dalla tabella n. 5 emerge che il 74 per centodel carico concerne i procedimenti di cognizione, su cui occorreconcentrare in modo particolare il presente intervento riformatore, ascopo deflativo. Infine, dalla tabella n. 6 si osserva che ben il 50 percento del carico comprende cause con oltre due anni di giacenza, conuna presenza, per quanto minoritaria (1-2 per cento), di causeultradecennali.

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Occorre intervenire fissando un principio di delega volto arazionalizzare i termini processuali e a semplificare i riti processualimediante l’omogeneizzazione dei termini degli atti introduttivi.

Dunque il lavoro sul processo di cognizione di primo grado,mantenendo la distinzione tra processo a citazione e processo aricorso, va diretto verso la concentrazione effettiva, si potrebbe direimplacabile, nei primi atti di parte, con un’udienza di trattazione nellaquale effettivamente si tratta la causa, anche con indicazione da partedel giudice di uno sbocco di conciliazione basato su un primo palesegiudizio sulle prospettazioni delle parti. Dinanzi ad una domanda cheappare infondata in modo chiaro, il giudice deve poter dire che, fermorestando il successivo vaglio delle ultime difese, essa appunto, almomento, rende possibile una prognosi infausta, o viceversa.

I profili critici evidenziati si colgono manifestamente nei proce-dimenti in materia di famiglia.

Pare opportuno, in relazione alla necessità di valorizzare lerisorse già esistenti nei tribunali ordinari e nei tribunali per iminorenni e di razionalizzare l’inevitabile riparto di competenze,continuare ad attribuire alle sezioni specializzate tutte le competenzegià attribuite dalla riforma sulla filiazione del 2012-2013, introdottadalla legge 10 dicembre 2012, n. 219, recante disposizioni in materiadi riconoscimento dei figli naturali, e con il successivo decretolegislativo 28 dicembre 2013, n. 154, recante revisione delle disposi-zioni vigenti in materia di filiazione, a norma dell’articolo 2 della legge10 dicembre 2012, n. 219, e di lasciare al tribunale per i minorenni,oltre alle competenze penali, tutte le competenze civili che attengano

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al pregiudizio per il minore (fatta eccezione per i casi in cui ilnovellato articolo 38 delle disposizioni per l’attuazione del codicecivile e disposizioni transitorie attribuisce la competenza per iprocedimenti ex articolo 333 del codice civile al tribunale ordinario),in considerazione della particolare specializzazione e della consolidatacompetenza maturata dai tribunali per i minorenni in questa materia.

L’esigenza di modificare l’originaria versione dello schema didelega legislativa recante disposizioni per la riforma del processocivile, elaborato dalla commissione Berruti, sul punto relativo allesezioni specializzate per la famiglia e la persona scaturisce dal fattoche essa avrebbe determinato un pesante svuotamento delle compe-tenze dei tribunali per i minorenni, atteso che questi sarebbero statidestinati alla sola trattazione dei procedimenti penali a carico diimputati minorenni e dei procedimenti di adozione, al netto delledichiarazioni di adottabilità, di cui si prevedeva il trasferimento allesezioni specializzate.

La necessità di specializzazione del giudice che si occupa delminore che delinque, sulla base di un procedimento che persegua ifini della sua rieducazione e del suo reinserimento sociale, è stataripetutamente affermata dalle convenzioni internazionali.

Inoltre, lasciare ai tribunali per i minorenni le sole competenzepenali determinerebbe poi un’inefficiente utilizzazione delle risorsemateriali e umane, in quanto costringerebbe al mantenimento di unnumero elevato di magistrati (stante il regime delle incompatibilità deiprocessi penali), con la relativa dotazione delle cancellerie, per farfronte a modesti carichi.

A dimostrazione di ciò, si citano i dati statistici dei procedimentipenali davanti ai tribunali per i minorenni che, in tutti i distretti, nelperiodo decorrente dal 2009 al 2012, sono lievemente aumentati da4.528 a 4.920, mentre le sopravvenienze nello stesso periodo sonoaumentate da 4.471 a 4.737 e i procedimenti definiti sono purelievemente aumentati da 4.176 a 4.254. Emerge che i dati numericirelativi ai carichi nel settore penale minorile appaiono assai menorilevanti che negli uffici ordinari e che essi vengono smaltiti in tempiassai più rapidi, senza creazione di significativo arretrato.

Inoltre, il pressoché totale trasferimento delle competenze civilialle sezioni specializzate, previsto nell’originaria bozza, avrebbe de-terminato un’evidente sperequazione di carichi, cui sarebbero conse-guite la sottoutilizzazione dei giudici minorili e, parallelamente, lacongestione delle sezioni specializzate, con il conseguente allunga-mento dei tempi di definizione di procedure urgenti.

Interventi sulle impugnazioni

Appello

Con riferimento alle criticità, la ragione principale dell’arretratodelle cause civili d’appello non è costituita dalla procedura, ma inparte consiste nell’irrazionalità della geografia giudiziaria, in parte (esoprattutto) nell’inefficiente organizzazione degli uffici e del lavoro deimagistrati. La riforma deve tendere al potenziamento di una linea

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evolutiva già presente nell’attuale ordinamento, quella volta a realiz-zare un giudizio di appello strutturato in forma impugnatoria. Bisognarealizzare un giudizio di appello con le seguenti finalità: 1) correggeregli eventuali errori commessi dal giudice di primo grado e concludereil processo (evitando il più possibile la sua rimessione al giudice diprimo grado); 2) rimediare alle criticità del giudizio di primo grado,consentendo di acquisire le prove illegittimamente non ammesse dalgiudice di primo grado, di superare il suo illegittimo diniego dicompetenza ovvero la nullità dell’atto introduttivo, di rinnovare gli attiprocessuali nulli.

Quanto al ricorso per cassazione, la legge 9 agosto 2013, n. 98, haintrodotto una disciplina del rito camerale farraginosa e defatigante.Occorrono interventi sul rito davanti alla Corte di cassazione, nelsegno di un uso più diffuso del più celere rito camerale. In taleprospettiva si potrebbe individuare un modello pressoché unico diprocesso civile supremo. Il fine è quello di semplificare il rito nelgiudizio davanti alla Suprema Corte, valorizzando la sua funzione digiudice di legittimità.

Analoga ratio è sottesa alla previsione di una sezione specializzatain materia di impresa (tribunale delle imprese) per le controversie dimercato (concorrenza) e quelle societarie. Il decreto-legge n. 1 del2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 27 del 2012, haintrodotto nel nostro sistema giudiziario le sezioni specializzate inmateria di impresa, comunemente dette tribunali delle imprese. Levecchie sezioni specializzate erano in numero di dodici in tutto ilterritorio nazionale; le nuove sezioni specializzate in materia diimpresa, invece, sono in numero di ventuno e disegnano unacompetenza per territorio concentrata, tendenzialmente, su baseregionale. Dal punto di vista della geografia giudiziaria, la soluzioneadottata dal legislatore ha dato buona prova, realizzando un giustocompromesso tra l’esigenza di concentrare in pochi uffici giudiziari lecontroversie « con elevato grado di tecnicismo ed elevata rilevanzaeconomica » (così la relazione illustrativa al decreto legislativo n. 168del 2003) e che, quindi, richiedono conoscenze particolari, nonsoltanto di natura giuridica, l’esigenza di una più rapida ed efficacedefinizione di tale tipo di procedimenti e l’esigenza di avere unasufficientemente diffusa presenza del giudice naturale sul territorioper rendere più facilmente accessibile il servizio della giustizia. Labuona prova offerta dall’istituto emerge dai dati provvisori risultantidai seguenti grafici. In particolare, dal 2012 al 2014, risulta che afronte di un numero di pendenze quintuplicato (da 1455 a 5126), ilnumero dei procedimenti definiti è pressoché quadruplicato (da 16sentenze nel 2012 a 96 sentenze a tutto il 2013), con un fisiologicoaumento dei tempi di definizione delle cause (da 362 a 394 giorni).

Si tratta di consolidare i positivi risultati raggiunti, dapprima, conil decreto legislativo n. 168 del 2003, che ha istituito, presso i tribunalie le corti d’appello, le sezioni specializzate in materia di proprietàindustriale e intellettuale, integrando, ove necessario, il testo norma-tivo vigente e dando maggiore organicità alla competenza delle sezionispecializzate per materia, anche per meglio definire il ruolo deltribunale delle imprese nel sistema della giustizia civile italiana.

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B) L’indicazione degli obiettivi (di breve, medio o lungo periodo)perseguiti con l’intervento normativo.

Quanto all’identificazione degli obiettivi da perseguire, occorrerendere il processo civile strumento di attuazione delle regolesostanziali certamente attraverso il controllo dei suoi gradi, masoprattutto a mezzo dell’intrinseca qualità economica delle suetecniche, capace di comporre in modo moderno il diritto di litigarecon l’interesse generale.

In questa chiave, essi possono essere così identificati:

1) la comprensibilità del processo da parte di chiunque siacostretto ad utilizzarlo e la prevedibilità della decisione: da un lato,le parti debbono sapere chi, almeno in astratto e con una sensataprognosi, vincerà o perderà; dall’altro, si deve consentire, abbando-nando il mito dell’imprevedibilità della decisione come dimostrazionedell’imparzialità del giudizio, una soluzione comprensibile anche perla sua ordinaria prevedibilità;

2) la speditezza del processo: la decisione deve pervenire ad unesito pratico corrispondente alla realtà che ha fatto nascere la lite.Deve perciò risolvere una lite in atto, con una decisione attuale e noncon l’epitaffio di una lite che non c’è più. La prevedibilità deveriguardare, oltre che l’esito, anche la durata del processo: è necessarioche le parti sappiano che, chiusa l’istruttoria, la decisione sarà presain tempi prevedibili;

3) la professionalità dei protagonisti, che devono essere in gradoin ogni momento di avere contezza dell’iter processuale, evitando gliadempimenti superflui. Quando la causa va a sentenza e si cominciaa studiarla davvero, spesso il giudice si trova di fronte a consulenzetecniche espletate benché inutili, a termini inutilmente concessi, avuoti assoluti di istruttoria. Interviene a questo punto, fatalmente, latecnica della giurisprudenza difensiva. Pertanto, la ricerca dellasoluzione puramente tecnico-processuale è molto spesso distante dalquadro reale che ha creato la necessità del ricorso alla giurisdizionedello Stato. L’impugnativa, chiunque vinca, è a questo punto un esitoobbligato e costante;

4) la razionalizzazione dei termini processuali e la semplifica-zione dei riti processuali, mediante l’omogeneizzazione dei terminidegli atti introduttivi e delle scansioni del rito.

Occorre pertanto intervenire fissando un principio di delega voltoa razionalizzare i termini processuali e a semplificare i riti processualimediante l’omogeneizzazione dei termini degli atti introduttivi.

C) La descrizione degli indicatori che consentiranno di verificare ilgrado di raggiungimento degli obiettivi indicati e di monitorare

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l’attuazione dell’intervento nell’ambito della verifica dell’impatto dellaregolamentazione (VIR)

Vanno monitorati i flussi (sopravvenuti-definiti) dei procedimenticivili di cognizione (di primo grado, d’appello e di cassazione) al finedi verificare:

la riduzione dei tempi di definizione dei processi;

l’aumento del numero di sentenze pronunciate dai giudici diprimo grado, d’appello e di cassazione;

in particolare i tempi di definizione dei processi innanzi altribunale della famiglia e al tribunale per le imprese.

D) Indicazione delle categorie dei soggetti, pubblici e privati, destinataridei principali effetti dell’intervento regolatorio.

I soggetti destinatari sono: i magistrati; gli uffici giudiziari; ilMinistero della giustizia; gli avvocati; i professionisti e, in genere, gliutenti del servizio della giustizia, comprese le parti dei procedimenti.

SEZIONE 2

PROCEDURE DI CONSULTAZIONE PRECEDENTI L’INTERVENTO

Nel corso dell’istruttoria per l’analisi dell’impatto della regola-mentazione non si è ritenuto opportuno consultare soggetti esterniall’amministrazione pubblica, salvo tener conto integralmente diquanto elaborato e redatto ad opera della commissione presieduta daldottor Giuseppe Berruti, presidente di sezione della Corte di cassa-zione, costituita con decreto del Ministro della giustizia 27 maggio2014 con il mandato di predisporre « proposte di interventi in materiadi processo civile ». L’attività della commissione si è articolata in unasequenza di riunioni tenute presso il Ministero e in sede privata, senzala partecipazione di soggetti esterni. Si è ritenuto, nel corso dei lavori,di integrare la composizione della commissione con l’aggiunta di unavvocato civilista e di una docente di diritto processuale civile.

Il contenuto del « Documento di sintesi sulle fattispecie oggetto dicriticità e sulle prioritarie proposte di intervento in materia diprocesso civile » depositato dalla predetta commissione di studiocostituisce la fonte dei dati elaborati anche ai fini della presenteanalisi.

SEZIONE 3

LA VALUTAZIONE DELL’OPZIONEDI NON INTERVENTO (« OPZIONE ZERO »).

L’intervento regolatorio è necessario per incrementare l’efficienzadegli uffici giudiziari e per superare le criticità esposte. Per tali ragioni

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l’opzione di non intervento è stata valutata ma disattesa. Come sievince dai dati statistici allegati, la pendenza di carichi abnormi, chesi registra a livello nazionale, e il conseguente rallentamento dei tempidi definizione delle cause civili, che pregiudica irrimediabilmente ilcorretto ed efficiente funzionamento della macchina giudiziaria,richiedono ineludibili interventi di semplificazione e di razionalizza-zione dei riti. Atteso che una significativa mole delle pendenzeriguarda il contenzioso civile ordinario, appare urgente una riformache acceleri la fase introduttiva e di trattazione della causa, sempli-ficando gli scambi di memorie di parte e anticipando la primaudienza, nella quale il giudice, reso edotto della materia del conten-dere, dovrà indirizzare le parti, in modo da evitare attività inutili edefatiganti. Occorre anche semplificare e deflazionare i rimedi im-pugnatori, scoraggiando quelli di carattere meramente dilatorio. Èaltresì necessario razionalizzare il settore della famiglia con lacreazione di apposite sezioni specializzate, razionalizzando il ripartodi competenze con i tribunali per i minorenni, e integrare la disciplinadelle sezioni specializzate per le imprese, che fino ad oggi hannoprodotto risultati positivi.

SEZIONE 4

VALUTAZIONE DELLE OPZIONI ALTERNATIVE

All’interno della stessa amministrazione si è riscontrata la carenzadi alternative concretamente praticabili per superare le criticitàesposte; comunque i princìpi e criteri direttivi ai quali dovrannoattenersi i successivi decreti legislativi sono stati desunti dal docu-mento di cui alla sezione 2; inoltre, con riferimento all’introduzionedel principio di sinteticità degli atti di parte e del giudice, da attuarsianche nell’ambito della tecnica di redazione e della misura quanti-tativa degli atti stessi mediante uno o più atti del Consiglio superioredella magistratura, sentiti il Consiglio nazionale forense e il Ministrodella giustizia, e previa adeguata istruttoria anche mediante audizionedegli osservatori della giustizia civile e dei consigli giudiziari, ovverodei presidenti di un significativo campione di tribunali civili, sarannoesaminate e comparate, nello specifico, opzioni alternative al fine dipervenire alla soluzione più idonea. Quanto alle soluzioni offerte dallarelazione riguardante la precedente proposta della commissioneVaccarella, essa muoveva dal principio secondo cui dovesse essere« attribuita alle parti la possibilità di dare alla trattazione della causal’ampiezza ritenuta necessaria », esaltando il ruolo e la responsabilitàdel difensore, chiamato a valutare autonomamente la sufficienza dellatrattazione svolta (e cioè l’esaustività delle allegazioni e delle proveofferte) per pervenire ad una decisione favorevole. In particolare, essaprevedeva l’introduzione delle prove assunte con forme processuali mafuori del processo e prima di esso. Veniva dunque disegnato unprocesso che si presentasse al giudice con lo status di causa idoneaa venire trattata efficacemente. Si ipotizzava, in sostanza, un mec-canismo che facesse leva sulla valutazione dei difensori e che

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stimolasse la completezza degli scritti difensivi, nella dialettica tra leparti. Tale modello processuale non valorizzava adeguatamente ilruolo del giudice nella direzione della controversia e si esponevadunque a possibili, e – come l’esperienza insegna – frequentiespedienti dilatori posti in essere dalle parti, non essendo le medesime(si pensi alle parti debitrici) necessariamente animate dall’interesse auna sollecita definizione della causa. La presente proposta elaboratadalla commissione Berruti, per contro, valorizza il ruolo di impulsoe di direzione del giudice, per sua natura portatore dell’interessepubblico alla speditezza ed efficienza del processo.

SEZIONE 5

GIUSTIFICAZIONE DELL’OPZIONE REGOLATORIA PROPOSTA EVALUTAZIONE DEGLI ONERI AMMINISTRATIVI E DELL’IMPATTO

SULLE PICCOLE E MEDIE IMPRESE

A) Gli svantaggi e i vantaggi dell’opzione prescelta, per i destinataridiretti e indiretti, a breve e a medio-lungo termine, adeguatamentemisurati e quantificati, anche con riferimento alla possibile incidenzasulla organizzazione e sulle attività delle pubbliche amministrazioni.

I vari interventi regolatori oggetto della proposta che sarannosuccessivamente adottati non presentano svantaggi, perché sonofinalizzati a mutare nel senso della semplificazione il processo civilenei suoi diversi gradi. Comunque, in sede di emanazione dei decretilegislativi saranno attentamente considerati sia i vantaggi sia glieventuali svantaggi che al momento non sono prevedibili. Già da orapuò dirsi che la proposta evita l’inconveniente attuale, che il primoanno dalla notifica della citazione sia sostanzialmente perso nell’inat-tività.

Più nel dettaglio può essere rilevato che la razionalizzazioneavverrebbe prevedendo, ad instar del rito del lavoro, lo scambio dellememorie, oggi previste come appendice scritta dopo l’udienza ditrattazione, prima della stessa.

La soluzione presenta i seguenti vantaggi:

dal lato delle parti e dei difensori:

1) non stravolge le prassi in uso da lustri, perché lo scambiodelle memorie prima dell’udienza avviene nel rito del lavoro, in quelloper le locazioni, in quello cautelare, nei procedimenti camerali, nelladecisione mista ex articolo 281-quinquies del codice di proceduracivile eccetera;

2) consente ai difensori di continuare l’attività di trattazionequando la causa è presente alla memoria, perché studiata di recenteper avviarla o per resistere alla domanda avversaria, e non a distanzadi un anno o peggio a seconda di quando è fissata l’udienza ex articolo184 del codice di procedura civile;

3) soprattutto, nel volgere di nemmeno mezzo anno, consente(e – si badi – impone) al giudice istruttore di arrivare all’udienza di

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trattazione con tutte le allegazioni assertive e istruttorie espletate dalleparti e quindi, di esercitare causa cognita tutti i poteri ex articoli 38,153, secondo comma, 182 e, soprattutto, 187 del codice di proceduracivile; anzi non solo essi ma, anche se raramente, addirittura quelloex articolo 281-sexies del codice di procedura civile, quindi invitandole parti alla precisazione delle conclusioni e alla discussione imme-diata orale della causa, con contestuale pronuncia della sentenza averbale;

4) nel caso di processi a struttura bifasica, ad esempio peropposizione all’ingiunzione, consente alle parti di argomentare sulleistanze ex articoli 648 e 649 del codice di procedura civile conampiezza di argomenti, senza aggiungere – come accade nella prassi– anche una o due memorie difensive per discutere della provvisoriaesecutività del decreto opposto e poi cadere nel vortice delle memorieex articolo 183, sesto comma, del codice di procedura civile;

dal lato del giudice:

1) consente di trovare assestato definitivamente per la primaudienza – salva rimessione in termini, ovviamente, o sanatoria di viziprocessuali o di presupposti processuali carenti – il materialeassertivo e istruttorio dell’intera causa;

2) permette, quindi, di esercitare i poteri ex articoli 182 e 164del codice di procedura civile, 59 della legge n. 69 del 2009, 221 eseguenti, 273, 274 eccetera del codice di procedura civile, riducendoal minimo, quindi, il rischio che la causa proceda verso una sentenzaa contenuto meramente processuale;

3) permette di esercitare il potere-dovere di cui all’articolo101, secondo comma, del codice di procedura civile;

4) consente di tentare la conciliazione fra le parti o diformulare la proposta conciliativa ex articolo 185-bis del codice diprocedura civile (così, peraltro, bloccando inesorabilmente il trienniorilevante ai fini risarcitori, previsto dalla legge Pinto, con evidenterisparmio per le casse dello Stato) e di interrogare liberamente leparti, sempre conoscendo esattamente i termini della causa;

5) permette di esercitare nella stessa prima udienza lavalutazione di ammissibilità e rilevanza delle prove costituenderichieste dalle parti e finanche, nei casi più semplici, di avviare lacausa alla decisione immediata;

6) consente di eliminare, quasi con un tratto di penna,l’udienza ex articolo 184 del codice di procedura civile, udienza che,tra l’altro, spesso non vede la pronuncia sulle prove da parte delgiudice ma una riserva di provvedimento, con ulteriore dilatazione deitempi.

L’accelerazione, nel pieno rispetto di tutti i princìpi del processo(parità delle armi, diritto alla prova, rapidità, concentrazione, imme-diatezza, oralità) è evidente e sostanzialmente certa, salvo erroriprocedurali.

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B) L’individuazione e la stima degli effetti dell’opzione prescelta sullemicro, piccole e medie imprese.

Non derivano oneri amministrativi a carico delle piccole e medieimprese, che anzi si avvantaggeranno dei benefìci derivanti dallarealizzazione di un processo civile spedito e comprensibile.

C) L’indicazione e la stima degli oneri informativi e dei relativi costiamministrativi, introdotti o eliminati a carico di cittadini e imprese.

Non sono previsti oneri informativi a carico delle categorieindicate.

D) Le condizioni e i fattori incidenti sui prevedibili effetti dell’interventoregolatorio, di cui comunque occorre tener conto per l’attuazione

Gli interventi riformatori non solo non comporterebbero alcunaggravio di spesa e di dotazioni amministrative, ma anzi lo ridur-rebbero, in quanto semplificherebbero gli adempimenti processuali acarico degli uffici attraverso la riduzione del numero di udienze e diattività processuali e accelererebbero i tempi di definizione dellecause, deflazionando altresì le impugnazioni. Può incidere sull’attua-zione dell’intervento regolatorio la necessità di un intervento diriorganizzazione delle dotazioni degli uffici giudiziari in relazione allacostituzione del tribunale per la famiglia e persona e delle nuovecompetenze attribuite ai tribunali per le imprese. Si evidenzia,peraltro, quanto alle sezioni specializzate per la famiglia e la persona,che il presente intervento non determinerebbe un aggravio di com-petenze e di carichi per i tribunali, operando invece una razionaliz-zazione delle spesse, riducendo le duplicazioni e i conflitti dicompetenza tra tribunale ordinario e tribunale per i minorenni,attualmente frequenti. Quanto ai tribunali per le imprese, vieneescluso qualsiasi intervento che possa far apparire tale competenzacome una giurisdizione costruita su base puramente soggettiva, inquanto tale, discriminatoria rispetto alle istanze di giustizia prove-nienti dai comuni cittadini. Del tutto impraticabile appare, quindi, unageneralizzata devoluzione ai tribunali delle imprese di tutte le causein cui una delle parti sia una società. Ne consegue che il preannun-ciato intervento regolatorio non comporterebbe un impegno rilevantedi tipo strutturale.

SEZIONE 6

INCIDENZA SUL CORRETTO FUNZIONAMENTO CONCORREN-ZIALE DEL MERCATO E SULLA COMPETITIVITÀ DEL PAESE

L’intervento, attese le finalità indicate nella sezione I, lettera A),è volto a migliorare la competitività del sistema Paese, contribuendo

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a fare recuperare all’Italia posizioni nel ranking enforcing contractsdella Banca mondiale, anche mediante una maggiore valorizzazionedel tribunale per le imprese. Inoltre, al fine di arginare il progressivodecremento della popolazione appare indispensabile realizzare unagestione della crescente crisi della famiglia in modo rapido, efficientee professionale.

Si evidenzia che lo studio prodotto dall’Organizzazione per lacooperazione e lo sviluppo economico nel 2013, basato su dati dellabanca dati della stessa OCSE e della Commissione europea perl’efficienza della giustizia, evidenzia che la lentezza della giustiziacivile italiana non deriva da quanto vi investe lo Stato, affermandosiinfatti che « non vi sono legami apparenti tra la spesa pubblica totaleper la giustizia, quale percentuale del PIL, e la performance dei sistemigiudiziari in base ai dati raccolti; paesi con livelli di spesa similimostrano lunghezze dei processi molto differenti ». I primati di duratadelle nostre cause civili sono invece dovuti prevalentemente all’inef-ficienza e alla lunga durata dei processi, che il presente interventoriformatore mira a scongiurare.

SEZIONE 7

MODALITÀ ATTUATIVE DELL’INTERVENTODI REGOLAMENTAZIONE

A) Soggetti responsabili dell’attuazione dell’intervento regolatorio.

Responsabili dell’attuazione saranno i magistrati e gli ufficigiudiziari; gli uffici notificazioni, esecuzioni e protesti; il Ministerodella giustizia.

B) Le azioni per la pubblicità e per l’informazione dell’intervento.

Non sono previste particolari azioni per la pubblicità e perl’informazione dell’intervento; comunque il provvedimento normativosarà pubblicato nel sito internet istituzionale del Ministero dellagiustizia.

C) Strumenti e modalità per il controllo e il monitoraggio dell’interventoregolatorio.

Il controllo e il monitoraggio dell’intervento regolatorio verrannoattuati dal Ministero della giustizia attraverso le risorse esistenti,senza l’introduzione di nuove forme di controllo che implichino oneriper la finanza pubblica.

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D) I meccanismi eventualmente previsti per la revisione dell’interventoregolatorio.

Non sono previsti specifici meccanismi per la revisione dell’in-tervento regolatorio.

E) Gli aspetti prioritari da monitorare in fase di attuazione dell’inter-vento regolatorio e considerare ai fini della valutazione dell’impattodella regolamentazione (VIR).

A cura del Ministero della giustizia verrà effettuata, con cadenzabiennale, la prevista VIR, nella quale saranno presi in esame i seguentiaspetti:

verifica dell’efficacia dell’intervento mediante analisi dei flussi;

verifica comparativa sui tempi di definizione dei processi;

verifica dei riflessi positivi in termini di competitività delsistema nazionale.

A queste verifiche si procederà utilizzando gli indicatori di cui allasezione I, lettera C). Si dovrà osservare con particolare attenzionel’andamento dell’attività delle sezioni specializzate per l’impresa e perla famiglia, sia con riferimento ai parametri sopra esplicitati e agliindicatori di cui alla sezione I, lettera C), sia attraverso unavalutazione dei dati statistici relativi, rispettivamente, allo stato disalute delle imprese e delle famiglie. Con riferimento a quest’ultimoprofilo, occorrerà valutare con attenzione i rilievi dell’ISTAT relativialla situazione dei nuclei familiari disgregati, con particolare riferi-mento alle condizioni economiche e di vita delle parti deboli e deiminori. Tale valutazione consentirà di avere piena contezza delrapporto tra una maggiore efficienza del processo civile e un migliorestato di salute della società.

SEZIONE 8

RISPETTO DEI LIVELLI MINIMI DI REGOLAZIONE EUROPEA

L’intervento normativo non è chiamato ad adeguarsi ad un livellominimo di regolazione comunitaria, riguardando materia non com-presa nelle competenze concorrenti dell’Unione europea.

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DISEGNO DI LEGGE—

ART. 1.

1. Il Governo è delegato ad adottare,entro diciotto mesi dalla data di entrata invigore della presente legge, uno o piùdecreti legislativi recanti l’integrazionedella disciplina del tribunale delle impresee l’istituzione del tribunale della famiglia edella persona, nel rispetto dei seguentiprincìpi e criteri direttivi:

a) quanto alla disciplina del tribunaledelle imprese:

1) ampliamento della competenzadelle esistenti sezioni specializzate in ma-teria di impresa, mantenendone invariatoil numero e modificandone la denomina-zione in quella di « sezioni specializzateper l’impresa e il mercato »;

2) razionalizzazione della disci-plina della competenza per materia, com-prendendovi:

2.1) le controversie in materia diconcorrenza sleale, ancorché non interfe-renti con l’esercizio dei diritti di proprietàindustriale e intellettuale;

2.2) le controversie in materia dipubblicità ingannevole, di cui all’articolo 8del decreto legislativo 2 agosto 2007,n. 145, e successive modificazioni;

2.3) l’azione di classe a tutela deiconsumatori prevista dall’articolo 140-bisdel codice del consumo, di cui al decretolegislativo 6 settembre 2005, n. 206, esuccessive modificazioni;

2.4) le controversie riguardantigli accordi di collaborazione nella produ-zione e nello scambio di beni o servizi,relativi a società interamente possedutedai partecipanti all’accordo, di cui all’ar-

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ticolo 2341-bis, terzo comma, del codicecivile;

2.5) le controversie di cui all’ar-ticolo 3, comma 2, del decreto legislativo27 giugno 2003, n. 168, e successive mo-dificazioni, relative a società di persone;

2.6) le controversie in materia dicontratti pubblici di lavori, servizi o for-niture, rientranti nella giurisdizione delgiudice ordinario, oltre quelle previste dal-l’articolo 3, comma 2, lettera f), del de-creto legislativo 27 giugno 2003, n. 168, esuccessive modificazioni;

3) mantenere e rafforzare la ri-serva di collegialità, anche in primo grado,e prevedere presso ciascuna sezione l’isti-tuzione di un albo di esperti nelle materiedella ragioneria, della contabilità, dell’eco-nomia e del mercato, con possibilità diiscrizione anche di dipendenti della Bancad’Italia e di autorità indipendenti; preve-dere che il presidente della sezione, fattasalva la possibilità di nominare un con-sulente tecnico d’ufficio, designi uno o piùesperti, a supporto conoscitivo e valutativodel collegio giudicante relativamente allematerie diverse da quelle giuridiche; pre-vedere che detti esperti possano essereascoltati anche nell’udienza pubblica incontraddittorio con le parti; prevedere chei compensi spettanti agli esperti e le speseda questi ultimi sostenute per l’adempi-mento dell’incarico siano a carico delleparti;

4) prevedere la rideterminazionedelle dotazioni organiche delle sezioni spe-cializzate e dei tribunali ordinari, ade-guandole alle nuove competenze, nell’am-bito delle risorse umane, strumentali efinanziarie disponibili a legislazione vi-gente, attraverso la riorganizzazione e larazionalizzazione dei medesimi tribunali,senza determinare nuovi o maggiori oneria carico della finanza pubblica; prevedereche successive modificazioni delle relativepiante organiche del personale di magi-stratura e amministrativo siano disposte,fermi restando i limiti complessivi delle

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rispettive dotazioni organiche, con decretidel Ministro della giustizia;

b) quanto al tribunale della famigliae della persona:

1) istituire presso i tribunali ordi-nari le sezioni specializzate per la famigliae la persona;

2) attribuire alla competenza dellesezioni specializzate di cui al numero 1):

2.1) le controversie attualmentedevolute al tribunale civile ordinario inmateria di stato e capacità della persona,rapporti di famiglia e minori, ivi compresii giudizi di separazione e divorzio e iprocedimenti relativi ai figli nati fuori delmatrimonio;

2.2) i procedimenti di compe-tenza del giudice tutelare in materia diminori e incapaci;

2.3) le controversie relative alriconoscimento dello status di rifugiato ealla protezione internazionale disciplinatedal decreto legislativo 28 gennaio 2008,n. 25, nonché dal decreto legislativo 1o

settembre 2011, n. 150;

2.4) in ogni caso, tutte le contro-versie attualmente non rientranti nellacompetenza del tribunale per i minorenniin materia civile a norma dell’articolo 38delle disposizioni per l’attuazione del co-dice civile e disposizioni transitorie, di cuial regio decreto 30 marzo 1942, n. 318, esuccessive modificazioni, anche elimi-nando il riferimento ai provvedimenti con-templati dalle disposizioni richiamate nelprimo periodo del primo comma del me-desimo articolo, salva l’attribuzione allacompetenza del tribunale per i minorennidei procedimenti relativi ai minori stra-nieri non accompagnati e a quelli richie-denti protezione internazionale, discipli-nandone il rito secondo modalità sempli-ficate;

3) assicurare alle sezioni specializ-zate di cui al numero 1) l’ausilio deiservizi sociali e di tecnici specializzatinelle materie di competenza;

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4) prevedere che le attribuzioniconferite dalla legge al pubblico ministeronelle materie di competenza delle sezionispecializzate di cui al numero 1) sianoesercitate da magistrati ai quali è attri-buita, almeno in misura prevalente, latrattazione di affari rientranti nella com-petenza della sezione specializzata per lafamiglia e la persona;

5) disciplinare il rito dei procedi-menti attribuiti alle sezioni specializzate dicui al numero 1) secondo criteri di sem-plificazione e flessibilità, individuando lematerie per le quali il tribunale decide incomposizione monocratica, quelle per cuidecide in composizione collegiale e quellerispetto alle quali decide in composizionecollegiale integrata con tecnici specializ-zati;

6) prevedere l’attribuzione, almenoin misura prevalente, a una sezione dicorte di appello delle impugnazioni av-verso le decisioni di competenza dellesezioni specializzate di cui al numero 1) eavverso le decisioni di competenza deltribunale per i minorenni;

7) prevedere la rideterminazionedelle dotazioni organiche delle sezioni spe-cializzate per la famiglia e la persona, deitribunali ordinari e dei tribunali per iminorenni, adeguandole alle nuove com-petenze, nell’ambito delle risorse umane,strumentali e finanziarie disponibili a le-gislazione vigente, attraverso la riorganiz-zazione e la razionalizzazione dei mede-simi tribunali, senza determinare nuovi omaggiori oneri a carico della finanza pub-blica; prevedere che successive modifica-zioni delle relative piante organiche delpersonale di magistratura e amministra-tivo siano disposte, fermi restando i limiticomplessivi delle rispettive dotazioni or-ganiche, con decreti del Ministro dellagiustizia.

2. Il Governo è delegato ad adottare,entro diciotto mesi dalla data di entrata invigore della presente legge, uno o piùdecreti legislativi recanti il riassetto for-

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male e sostanziale del codice di proceduracivile e della correlata legislazione spe-ciale, mediante novelle al codice di pro-cedura civile e alle leggi processuali spe-ciali, in funzione degli obiettivi di sempli-ficazione, speditezza e razionalizzazionedel processo civile, nel rispetto dei se-guenti princìpi e criteri direttivi:

a) quanto al processo di cognizionedi primo grado:

1) valorizzazione dell’istituto dellaproposta di conciliazione del giudice, dicui all’articolo 185-bis del codice di pro-cedura civile, anche in forma di valuta-zione prognostica sull’esito della lite, dacompiere allo stato degli atti prima dellavalutazione di ammissibilità e rilevanzadelle prove, in particolare in funzionedella definizione dell’arretrato e del con-tenimento delle richieste di indennizzo perirragionevole durata del processo;

2) assicurare la semplicità, la con-centrazione e l’effettività della tutela, alfine di garantire la ragionevole durata delprocesso, in particolare mediante la revi-sione della disciplina delle fasi di tratta-zione e di rimessione in decisione nonchéla rimodulazione dei termini processuali edel rapporto tra la trattazione scritta e latrattazione orale;

3) immediata provvisoria efficaciadi tutte le sentenze di primo grado;

b) quanto al giudizio di appello:

1) potenziamento del carattere im-pugnatorio dello stesso, anche attraversola codificazione degli orientamenti giuri-sprudenziali e la tipizzazione dei motivi digravame;

2) introduzione di criteri di mag-gior rigore in relazione all’onere dell’ap-pellante di indicare i capi della sentenzache vengono impugnati e di illustrare lemodificazioni richieste, anche attraverso larazionalizzazione della disciplina dellaforma dell’atto introduttivo;

3) rafforzamento del divieto dinuove allegazioni nel giudizio di appello

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anche attraverso l’introduzione di limitialle deduzioni difensive;

4) riaffermazione, in sede di ap-pello, dei princìpi del giusto processo e dileale collaborazione tra i soggetti proces-suali, anche attraverso la soppressionedella previsione di inammissibilità dell’im-pugnazione fondata sulla mancanza dellaragionevole probabilità del suo accogli-mento;

5) introduzione di criteri di mag-gior rigore nella disciplina dell’eccepibilitào rilevabilità, in sede di giudizio di appello,delle questioni pregiudiziali di rito;

6) immediata provvisoria efficaciadi tutte le sentenze di secondo grado;

c) quanto al giudizio di cassazione:

1) revisione della disciplina del giu-dizio camerale, attraverso l’eliminazionedel procedimento di cui all’articolo 380-bisdel codice di procedura civile, e previsionedell’udienza in camera di consiglio, dispo-sta con decreto presidenziale, con inter-vento del procuratore generale, nei casiprevisti dalla legge, in forma scritta epossibilità di interlocuzione con il mede-simo, parimenti per iscritto, da parte deidifensori;

2) interventi volti a favorire lafunzione nomofilattica della Corte di cas-sazione, anche attraverso la razionalizza-zione della formazione dei ruoli secondocriteri di rilevanza delle questioni;

3) adozione di modelli sintetici dimotivazione dei provvedimenti giurisdizio-nali, se del caso mediante rinvio a prece-denti, laddove le questioni non richiedanouna diversa estensione degli argomenti;

4) previsione di una più razionaleutilizzazione dei magistrati addetti all’Uf-ficio del massimario e del ruolo, anchemediante possibilità di applicazione, comecomponenti dei collegi giudicanti, di quelliaventi maggiore anzianità nell’Ufficio;

d) quanto all’esecuzione forzata:

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1) semplificazione del rito dei pro-cedimenti cognitivi funzionalmente coor-dinati al processo esecutivo, anche attra-verso l’assoggettamento delle opposizioniesecutive al procedimento sommario dicognizione di cui agli articoli 702-bis eseguenti del codice di procedura civile;

2) ampliamento dell’ambito di ap-plicazione dell’istituto delle misure coer-citive indirette di cui all’articolo 614-bisdel codice di procedura civile, mediante laprevisione della possibilità, per la partevittoriosa, di chiedere al giudice la fissa-zione della somma dovuta dalla partesoccombente, a causa della mancata oritardata esecuzione dell’ordine giudiziale,in presenza di qualunque provvedimentodi condanna, indipendentemente dal ca-rattere fungibile o infungibile dell’obbliga-zione a cui esso si riferisce;

e) quanto ai procedimenti speciali:

1) potenziamento dell’istituto del-l’arbitrato, anche attraverso l’eventualeestensione del meccanismo della translatioiudicii ai rapporti tra processo e arbitratononché attraverso la razionalizzazionedella disciplina dell’impugnativa del lodoarbitrale;

2) ulteriore riduzione e semplifica-zione dei riti speciali, anche medianteomogeneizzazione dei termini e degli attiintroduttivi nonché dei modelli di scambiodegli scritti difensivi;

f) introduzione di criteri di partico-lare rigore, anche mediante limitazionitemporali, in ordine all’eccepibilità e allarilevabilità d’ufficio delle questioni di giu-risdizione nel processo civile;

g) introduzione del principio di sin-teticità degli atti di parte e del giudice, daattuarsi anche nell’ambito della tecnica diredazione e della misura quantitativa degliatti stessi;

h) adeguamento delle norme proces-suali all’introduzione del processo civiletelematico.

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3. I decreti di cui ai commi 1 e 2 sonoadottati su proposta del Ministro dellagiustizia, sentite le competenti Commis-sioni parlamentari. I pareri sono resi neltermine di quarantacinque giorni dall’as-segnazione, decorsi i quali i decreti pos-sono essere comunque adottati. Qualora iltermine di cui al secondo periodo delpresente comma scada nei trenta giorniantecedenti allo spirare del termine pre-visto dall’alinea dei commi 1 e 2 o suc-cessivamente, la scadenza di quest’ultimotermine è prorogata di sessanta giorni.

4. Il Governo, con la procedura indi-cata nel comma 3, entro due anni dalladata di entrata in vigore di ciascuno deidecreti legislativi emanati nell’eserciziodelle deleghe e nel rispetto dei pertinentiprincìpi e criteri direttivi di cui ai commi1 e 2, può adottare disposizioni integrativee correttive dei decreti legislativi mede-simi.

5. All’attuazione delle disposizioni dellapresente legge si provvede nell’ambitodelle risorse umane, strumentali e finan-ziarie disponibili a legislazione vigente,senza nuovi o maggiori oneri a carico dellafinanza pubblica.

6. In considerazione della complessitàdella materia trattata e dell’impossibilitàdi procedere alla determinazione deglieventuali effetti finanziari, per ciascunoschema di decreto legislativo, la corrispon-dente relazione tecnica ne evidenzia glieffetti sui saldi di finanza pubblica. Qua-lora uno o più decreti legislativi determi-nino nuovi o maggiori oneri che nontrovino compensazione nel loro ambito, siprovvede ai sensi dell’articolo 17, comma2, della legge 31 dicembre 2009, n. 196.

€ 4,00 *17PDL0029500**17PDL0029500*

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