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RIVISTA DI STORIA DELLA CHIESA IN ITALIA XVI 1962 ISTITUTO GRAFICO TIBERTNO ROMA cf? -/Gss

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RIVISTA DI STORIA DELLA CHIESA IN ITALIA

XVI 1962

ISTITUTO GRAFICO TIBERTNO ROMA

cf? -/Gss

IL SACRA11iENTARIO DI PAOLO DIACONO

LA REDAZIONE DEL. GELASIANO S. VIII IN PAVIA

Quando S. Gregorio Magno all'inizio del suo pontificato, a quanto

pare nell'anno 592, si accinse a compilare, per le funzioni stazionali dei Pontefici Romani, un sacramentario annuale, il cosiddetto Grego-

rianum (= Gr), certamente non pensö che questo libro liturgico 'piü

tardi sarebbe stato introdotto in tutta la Chiesa occidentale. Anzi

questo libro non sembrava adatto a tale scopo, giacche non conteneva

che quci formulari ehe erano in uso, nei giorni di stazione, in Roma (1): -- Ciö nonostante questo nuovo messale lo si "trova giä introdotto a breve

distanza di tempo fuori di Roma, benclie non in quella forma ehe gli aveva data San Gregorio.. Infatti si arrivö alla composizione di Sa---

cran: entaria mixta, mescölando messali « gelasiani » piü antichi con il nuovo Sacramentario. La phi grande importanza e ]a diffusione piü vasta ]a trovarono i cosidetti Gelasiana saec. VIII, per i quali adopere- xemo, nelle paginc seguenti, la sigla Ge s. VIII.

1. Opinioni fnora vigenti sull'origine dei Ge s. VIII

Il noto liturgista A. Baumstark era d'avviso the i Ge s. VIII in-

torno all'anno 700 fossero stati composti in Iughilterra (Wessex) e da S. Bonifazio (-- 754) introdotti nel continente, ove trovarono una rapids diffusione (2). La tesi del Baumstark fn confutata da M. Andrieu in

modo convincente (3). Cosi rimase perö aperta la questione del luogo d'origine di tale tipo di Sacramentario. Th. Klauser, nel suo, articolo, « Die liturgischen Austauschbeziehungen zwischen der römischen und der fränkisch - deutschen Kirche vom 8. bis zum 11. Jahrhundert » (4) ha sostenuto the il Gelasianum saec. VIII e il me; salc. di Piping' Re

(1) Cfr. K. GAIIDED, Wege =m Urgregorianum, (Texte und Arbeiten [= TuA], Heft 46), Benron 1956.

(2) A. BAUTiSTADi:, in: K. MoiiLs zc, Die' älteste erreichbare Gestalt des Liber, sacramentorum (Liturgiegeschichtl. Quellen, Heft 11/12) Münster i. W. 1927, 134* - 141*.

(3) M. ANDRIEU, «Revue des Sciences religieuses D, 9 (1929), 345375, special. mente 357.360.

(4) Tit. KLAUSEn, «Historisches Jahrbuch a 53 (1933), 169.189.

IL SACSADIE. \SAE10 DI FAOLO DIACONO 413

dei Franchi (751-768), tesi che E. Bourque accettb attribuendo preci- sämente a questo messale come luogo d'origine Flavigny (Borgogna) (5).

II nostro compito sarä ora di dimostrare l'insostenibilitä delle opi_ nioni finora propugnate. Non e pia necessario soffermarci qui sulla tesi del Bourque, poiche di questa si e giä trattato ampiamente altrove, quando giä prima H. Frank aveva -manifestato

dei dubbi in propo- sito (6). Perciö nelle pagine seguenti afEronteremo principalmente 1'opi-

nione per cui i Ge s. VIII si sarebbero formati nel regno dei Franchi

e, piii precisamente, sotto Pipino. Si dovrebbero preliminarmente esprimere forti dubbi sulla possi-

bilit6 ehe un sacramentario contenente tante orazioni. proprie della cittä di Roma, -sia stato composto giä alla meta del sec. VIII nel regno dei Franchi, poiche solo in questo tempo il rito gallicano aveva cominciato ad essere abo]ito, ne d'altra parte si pub intravvedere un centro eccle- siastico nel quale si sarebbe potuta creare una redazione tanto felice di

un libro liturgico, quale e i1, Gelasianum saec. VIII. La tesi ehe questo

, tipo di sacramentario sia sorto nel regno dei Franchi pote essere prospet-

, tata'soltanto per il fatto che i primi manoscritti resi noti ed editi söno stati scritti nel regno dei Franchi. Si considerava come tipo originario dei Ge s. VIII il Sacranzentarium Gellonense (= G) (7), per la sua ab- bondanza di formule, mentre il sacramentario di Angoul"eme (= A) (8)

e il cosiddetto Philipps-Sacran: entar (- Ph) (9) risulterebbero redazio. ni piü recenti. Ala cosi si prestava troppo pdca attenzione al fatto che tanto G come Ae Ph, per la loro struttura e il contenuto di formale,

risalgono ad un sacramentario del tipo del Sangallense (= S) (10),

mentre G'e A sono stati completati con formulari e formule del Gela-

siano piü antico conservato nel Codex Vatican-us (_. V) (11). Le for.

(5) E. BouRQuE, Etude sur les sacramentaires romains II, 1, Quebec 1952, 231.233.

(6) Cfr. GAraaER, cc Sacris erudiri v, 12 (1961), 405-41Q; H. FRANS, Die Briefe des hl. Bonifatius und das von ihm benutzte Sakramentar, in: St. Bonifatius, Ful- da 1954,59 n. 1.

(7) Nelle tavole sinottiche ed. da P. DE Punker, Le sacramentaire romain de- Gellone (Bibliotheca «Ephemerides Liturgicae v, 4, Roma 1938). Per' questo e per i seguenti sacramentari e sigle cfr. GAi%IBER, Sakramentartypen. Versuch einer Gruppierung der Handschriften und Fragmente bis zur Jahrtausendwende (TuA, Heft 49/50), Benron 1958.

(8) P. CACnt, Le sacramentaire gelasien d'Angouldme, Angouleme 1918. (9) Cfr. GAUBER, Sakramentartypen, 116-117.

' (10) K. Morn. auic, Das fränkische "Sacrarnentarium Gelasianum in alamannj. " scher Überlieferung (LiturgiegeschichtL Quellen, Heft 1/2), Münster i. W: 1918).

(11) L. C. MoiiLBERC - L. Eizr iuöFER - P. SiFFRRnv, Liber Sacramentorum Ro- manae eccleslee ordinis anni circuli (Reruin ecclesiasticarum Documenta; Series " maior, Fontes IV) Roma 1960.

414 KL liS CASlBE$

mule in piü ehe si trovano in G, concordano con un cnanoscritto di Ge

s. VIII dell'Italia settentrionale, e cioi: il Sacrauientario di Monza

(- M) (12). Non c necessario esporre minutainente qui questi fatti,

poiehd giü spesso si e scritto sull'argomento (13); inoltre esai risulte- ,

ranno chiari da sd a chi legga attentamcntc le estese tavol'e, sinottiche del Dc Puniet (14). Ciö nonostante, verso In fine del nostro lavoro, ri- toxneremo sulla questione.

Se dunque il fondamento dei manoscritti franchi di Ge s. \'III e un

sacramentario del tipo S, si deve dare particolare peso, nella nostra in- dagine, a questo tipo. Ora noi possediaino effettivatnente frammenti del

presunto esemplare originurio franco del tipo di S, il quale pate essere la base per la formazione dei manoscritti franchi di Ge s. VIII. Si tratta - del frammento Dou, scritto in scrittura uierovingia, ehe e'stato steno

nella seconda metä dellTIII sec. nel monastero di Clielles (preaso

Parigi): Sulla sua concordanza si c gi: s trattato ampiaincnte, quando

si fece 1'edizione del frammento (15).

Prima di esaminare 1'origine del tipo S, si deve affrontare la

qucstione della successiva abolizione del rito gallicano nel regno Franco. Come dimostra il forte infiusso dei formulari « romani u in

alcuni sacramentari gallicani - come p. es., nel Missale Gothicum (= Go) (16), scritto sullo scorcio del sec. VII - gia verso la fine del

sec. VIII libri liturgici italiani, benche solo sporadicameute, dovevano

esistere nel regno Franco. Una copia di un tale Messale, presumibil- mente campano (17), e rappresentata dal cosidetto Missale Franco-

ruin (=117Tr) (18), che ha awto origine intorno al 750 nella Francia. '

nord-orientale (triangolo Parigi-Corbie-Soissons). Un solo. foglio di un ' altro messale, simile a questo, e conservato nel frammento Lon (19).

Intermediari9 dell'introduzione di messali campani nell'Inghil- terra si presume sia stato 1'abate Adriano del monastero di Nisida

(12) A. DOLD -. K. GAMBER, Das Sakrameuar von Monza (TuA, 3. Beiheft),, Beuron 1957.

(13) Cfr. A. CIiAVASSE, Le sacramentaire gelasien du T'IIIQ . siecle, ' «Ephem-

lit. », 73-0959), 249.298. (14) Vedi sopra n. 7. (15) GAMBER, Ein fränkisches Sakramentarjragment des S-Typus, «Sacris eru-

tliri », 10 (1958), 127 - 141. (16) L. C. MOIILBERC, Missale Gothicism (Rerum ecclesiasticarum DOCumenta, -

Series maior, ' Fontes V), Roma 1962. (17) Cfr. GAMBER, «Sacris erudiris, 12

. (1961), 82-89.

(18) L. C., MOIILBERC - L. EIZL. '4HÖI'Ix - P. StFFRI. '\, Missale Francorum (Rerum "ecclesiasticatum Documenta, Series maior. Fontes 11) Roma 1957.

(19)-A. BAVMSTARS, 'Ein altgelasionisches SakramentarbruchstLck insularer Her. kunft, '((Jahrbuch für. Litur6iehzssenschaft 11,7 (1927), 130.136; cfr. GAkaER, Sakra- . inentariypen, 63.

"'

IL SACRAME1iARI0 DI PAOLO DIACOhO 415

presso Napoli (20). Il medesimo Adriano, come sappiamo da Beda (Hist. eccle., IV, 1), giä prima del suö viaggio in Inghilterra nell'an- no 668 era stato due volle in Gallia e, inoltre, in occasione del'suo -viagcio in Inghilterra, per piü mesi soggiornö presso vescovi franchi (« Hadrianus perexit primum ad Emme Senonem et postea ad Fa-

ronem Meldoruin Episcopos et bene cum eis diutius fuit »). Questo Adriano potrebbe benissimo essere stato l'intermediario

di libri liturgici campani non solo in direzione dell'Inghilterra, ma anche della Gallia. La comparsa in epoca cosi antica di tali libri 'uel

iegno Yranco e resa probabile, ad ogni modo, dai suddetti testimoni MFr. e Lou e anche dall'evidente influss-o di un libro liturgico ita- liano in Go. Purtroppo non possediämo piü una copia - completa del Sacramentario campano, ragione per cui la digendenza da questo og- si non pub piü essere dimostrata nei particolari. Neppure e qui il luogo per un niinuto esame di questa questione. Si pub solo fermare 1'attenzione su due esempi.

La prima formula della Missa dominicalis I in Go (477) e ugua- le alla prima formula - della seconda Rtissa cotidiana in MFr (139): Essa in Go sembra essere un prestito da un messale del tipo di MFr. Assimilando la prima formula del formulario al nuovo Messale « ro- mano » si credette di aver abbastanza adattato il vecchio al nuovo, come e accaduto nei manoscritti di Ge s. VIII; nei quali in ' molti casi e desunta dal Gregorianurn soltanto la prima formula di un for-

mulario. PresumibiImente anche il formulario di S. Giovanni in' Go (ed.

Mohlberg, p. 81) rappresenta nu prestito dal Messale, campano. Esso

concorda in ampia misura con quelli che gli corrispondonö nel Leo-,

nianuni (== L) (21) e nel Messale'Ambrosiano"- (= AmB) (22): -Go 322 =L 1273, Go 323 =L 1274 = AmB 151, Go 324 = A-tnB. 155, Go 326 =L 1276 = AmB 157 =S 53. Sulla dipendenza di nuinerose formale in Le AmB dal Messale campano non ei si" pitb qui, diffon- dere; percib si rimanda allo studio in merito apparso sii: «Sacris e nidiri» 12 (1961) 5- 111.

_ Accanto all'abate Adriano anche San Bonifäzio, ' in occasione

del suo ripetuto soggiorno nel regnö fränco pub avervi ititrödottu dei

(20) Cfr, G. MoRlr, aRev. bened. v, 8-(1891), 482 s; A. -BAVhlsreäs°(n. _2), 63 s.

(21) L. C. MOIILBERC - L. EIZEA'}iIiFFR -'P. StFFRIx, Sacramentarium Yeronense (Rerum" ecclesiasticarum Documenta, Series maior; Fontes I), Roma 1956..

(22). A. PAREDI, Sacramentarium Bergomense (Monumenta Bergomensia, -VI), Ber- gamo 1962. -

N

a

416 s[. iLS cAsfBEY

Messali canipani (in copie an=losassoni), cone portö con se dalla sua patria, erigendo le diocesi della Baviera nel 739, dei libri liturgici, da 1ui considerati romani, mentre in realts erano di origine cam- pana. Di uno di questi libri, cioi: di quello di Ratisbona (23), sono conservati quattro fogli. Altri frammenti, ora a Colonia (24), potreb- bero allora essere stati destinati alla cliiesa di Gallia.

Questa prima ondata dell'influsso liturgico italiano ö inglese non

giunse dappertutto. Anche in seguito furono copiati ed usati libri pret- tamente gallicani. Ne valga come esempio il franimento Mer, scritto prima del 750 nella Francia nordorientale (25), il quale, a differen-

za di Go, non accusa nessun influsso da parte di orazioni « romane ». Dopo questa prima introduzione di libri liturgici italiani in Gal-

lia si aboli definitivamente sotto Pipino nel 754, per decreto regio, il rito gallicano in vigore fino allora (26). Nello stesso tempo nasce nel regno dei Franchi uu nuovo tipo di sacramentario, il cosiddetto Gelasiano. Di questo il manoscritto pin importante c il Codex Va. ti- canus (= V) (27), gis menzionato. Esso fu scritto alla meta del secolo VIII nel monastero di Chelles. In passato si datava il codice da ' 50

a 100 anni piü addietro. L'introduzione del Gelasiano prelude alla seconda ondata di iiii-

portazione di libri liturgici italiani in Gallia. Valafrido Strabone conferma 1'ampia diffusione di questo nuövo

tipo di Messale nel regno dei Franchi, scrivendo (De re. eccl., 'c. 22): '

((Nam et Gelasius papa... tam a se quani ab aliis compositas preces dicitur ordinasse. Et Galliarum ecclesiae suis orationibüs, titebantur

quae adhuc a multis habentur i,. Nonostante 1'abbondanza originaria di tali « missales gelasiani »- la cronaca di Saint-Riquier del seco- lo IX, per quella chiesa sola ne menziona 19 esemplari (PL 174,12611;

- non si sono conservati, oltre al detto manoscritto intero V, che frammenti di alcuni altri codici. Questi, quanto e dato conoscere, eon- cordano quasi esattamente con V (28).

(23) P. SIFFRIN, in: L. C. MottLSERC, Missale Francorum, Roma 1957,71-85. (24) H. M. BANNISTER, Fragments of an Angol-Saxon Sacramentary, (cThe Jour-

nal of tlicol, Studies n, 12(1911), 451454; cfr. K. GAhiBF. R, aSacris erudiri y; 12 (1961), 96.98.

. (25) W. J. ANDERSON, Fragmentes of an T'Illtbe century gallican Sacramentary, u The Journal of theol. Studies n, 29 (1928), 3373-15.

(26) Cfr.. KLAUSER,. 1. c., 170. (27) L. C. 11io1ILBEB(: - L. EIzE:: ttöFSR - P. SIFiBIx, Liber sacramentorum Ro.

manae ecclesiae ordinis, anni circuli (Rerum eccle3iasticarum Documents, "Series maior, Fontes IV), Roma 1960.

(28) Cfr. GAMBER, Sakramentartypen, 57 s.

IL SACßA\IE. ITARIO DI PAOLO DIACOTiO 417

Per la nostra indagine a importante la eircostanza ehe in V non si trova nemmeno ,

il pit piccolo rimaneggiamento da parte franca. Finora si credeva di poser rilevare tale rimaneggiamento, per es., nel- le orazioni delle Ordinazioni; le quali corrispondono ampiamente a quelle del Missale Francoruin (29).

Perb questo libro liturgico, come s'e git detto sopra, dato suo modello, non ha Ia sua origiiie nel regno dei Franchi, ma nella Campania. Le preghiere delle Ordinazioni in Ve MFr risalgonö ad una fonte comune, non franca. Preghiere di Ordinazioni del tutto simili a quelle di V, si trovano anche aIl'inizio del Sacramentario di Padova (= P) (30) (cioi della parte non edita dal Mohlberg).

Se veramente un rimaneggiamento del Gelasiano avesse avuto luogo nel regno del Franchi, Barebbe inspiegabile it fatto the non furono accolti nel nuovo messale ne la festa di San Martino, ne i giorni delle Rogazioni, i quali, a partire dal Concilio di Orleans, del 511, erano prescritti per tutta la Gallia., Inoltre vi manta l'Exu. ltet,

the gilt in Go c in altri messali gallicani compare e probabilmente ha la sua origine nella Gallia (31). In luogo di questo 'troviamo una formula di benedizione per it Cero pasquale, la quale probabilmen- te, a ravennate, comunque certamente non romana, (32).

. Pare clie. quando si aboll il rito gallicano per opera di, Pipino net -754, si fosse soddisfatti di possedere un messale « roman » (33)

the per di pit, a quanto dice Valafrido Strabone, si presumeva ri- salisse fino a Papa Gelasio. Probabilmente in quel tempo non - si era neppure in grado di rielaborare tale Sacramentario recentemente in- trodotto, per cui in seguito lo si trascrisse. invariato. Soltanto dal

tempo di Carlo Ala-no si verificarono alla corte franca, sotto Alcuino, i presupposti per lavori redazionali intorno a libri liturgici.

. Come questo messale sia venuto in Gallia costituisce una que-

stione a parte. Questa tuttavia per la nostra tesi a di importanza se- condaria. Pit volte ho affacciato la supposizione ehe il cosiddetto Ge- lasiano sia stato redatto intorno al 550 da Massimiano vescovo di

., (29) Cfr. P. SIFFIUN, in: L. C. MOHLBERC, ' Missale Fräncorum, Roma 1957,41.45 (30) K. MoHLBEac, Die älteste erreichbare Gestalt des Liber Sacramentorum

anal circuli der römischen Kirche (Liturgiegeschichtliche Quellen, Heft 11/12), Münster i. W. 1927), p. XXV. -

(31) Cfr. Bor. FISCHER, -Ambrosius der Verfasser des österlichen Exultet?, (£ Archiv für Liturgieuissenschaft D, II (1952), 61-74.

(32) Cfr. GAsBEa, Sakramentartypen, 55. -- -

(33) Cfr. il titolo di Cod. V: Liber sacramentorurn Romanae ecclesiae ordinis ani circuli.

. 418' KLAUS CA. SER

Ravenna (546.553) (34). Per tramite di dii sia avvenuto il, trasferi-

mento di questo messale nella Gallia, non sappiamo. Quasi allö stes-

so tempo, ugualmente dall'Italia settentrionale, un Gelasiano giunse in Baviera, ' ove ancora alla fine del sec. VIII fu pii( volte cöpiato, co- me avvenne del «Sacramentario Pragense» (= Pr), sorto a Rati-

sbona (35). Poiche dunque Pipino, come dimostrano i manoscritti conser-

väti, giä' possedeva messali « romani », aveva bisogno, per introdur-

re pienamente il nuovo rito nella Gallia, soltanto di li. bri contenenti il « Cantus Romanus ». Tali libri e%li chiese, come sappiamo, a. Papa Paolo .I

(757-767) il quale trasmise al re, insieme con altri manoscrit- ti non liturgici, un antifonale ed' un responsoriale (36). Circa 1'intro-

duzione del « Cantus Romanus)) nel regno (lei Franchi sotto, Pipino

possediamo numcrose -testimonianze di Carlo iliagno, Valafridö Stra-

böiie c Carlo il Calvo (37).

Sully base del nuovo inquadramento paleografico, al.. quäle si 'e per cui questo i-iene assegnato all'an- prima accennato, del Codice V.

no 750 circa, la tesi finora accettata per cui i Ge s. VIII avrebbero

stituito. il messale di Pipino e divenuta mänifestamente insosteni- bile. Infatti il reperto dei inanoscritti mostra univocamente `ehe in='

törno alla meth-del sec. VIII, quindi al tempo di Pipino, era passato all'uso liturgico non i1 cosiddetto Ge s. VIII, ma il Gelasiano del tipö di V. Un ' altro ragiönamento renderä evidente ehe la tesi finora so- stenuta non regge.

Secondo l'opinione tradizionale il redattore dei Ge franchi del s. VIII avrebb'e attinto a due fonti, cioe al Gregoriano (= Gr) e al Ge= lasiano (= V). Ora i Ge s. VIII contengono non poche oräzioni ehe non si 'trovano ne in Gr ne in V. ed in particolare molti prefazi ehe non solo sonb piü numerosi di quclli di V, ina anclie, 'in pärtc; ' di-

versi da -essi. Perciö' e 'neee'ssario anunettere che non poche altre fonti 'siano

state`*a"di'sposizione 'del. redattöre dci Ge s. VIII. D'altronde, come abbiamo visto, al tempo di Pipino certamente non esisteva nel regno (lei Franchi una. grande'scelta di libri liturgici « roinani'». Pereiö 'lo

(34), Cfr. GAntt}ER, a Re-. ve benedictinc P. 71 (1961), 125-34. ' ' (35) M. GAMBER, ((Münchener TheoL Zeitschrift a, 9 (1958), 45.54; ý12 (1961),

p. -205-209. .' , (36) Cfr. KLAUSER, 1. C, 173; M. AKDRtEL',

. YC Revue des acieticeb rel. v, 9 (1929), 349'i: "'

. (37) Cfr. KLAUSER, 1. c., 170 n. 2.

"

IL SACßAME. 1'i'AiiIO DI PAOLO DIACOMO 419

, sviluppö dei Ge s. ATIII non pub essersi verificato che in una regione ricca di tradizioni romane. Ora " questa regione, come intendiamo dimostrare- in seguito, e manifestamente

, 1'Italia settentrionale. Pia

°precisamente il primo sviluppo dei Ge s. -FM (tipo M) ebbe luogo a Ravenna, la « piü antica figlia della Chiesa Roinana » (S. Gregorio- M: ), e la nuova redazione successiva (tipo S) ebbe luogo a Pavia; re sidenza dei re longobardi.

I

2. ̀ L'Italia settentrionale patria dei Ge s. VIII

Se i manoscritti Ge s. VIII a noi giunti provenissero, solo dal Regno franco, ci - sarebbe difficile proseguire nella nostra dimostra-

zione. Ma da quando sono stati resi noti due sacramentari italiani

di questo tipo, redatti per di piii in epoca relativamente an-tica (rrella

secdnda meta del secolo `TIII) la discussion ha ricevuto. un- indiriz-

zo nuovo, per nrerito di C. liohlberg, il quale ha 'stabilitö una re- lazione fra il Gelasiano sec. VIII e Paolo Diacono (1). -I due ma-

noscritti sono il Sacramentariö palinsesto dell'Angelica (- Ang) (2)

e il frammento di Verona, ora a Budapest (= Bud) (3). II Mohlberg tuttavia sosteneva ancora la tesi, fino allora domi-

nante, dell'origine"dei Ge s. VIII nel regno dei Franchi. NO frattem-

po non'pochi altri manoscritti, del nostro tipo, provenienti 'dall'Italia

settentrionale, furono esaminati pia da vicino; '. tra essi il pia impor-

tante e il Sacramentario di Monza (= M) (4). Nei Prolegomena 'al-

1'edizione di questo messale e irell'articolo pie _Fornüllare

des "hl.

Pia. ejectus und der hl. Euphemia in den jUnggelasianischen Sakra-

nientaren (5) gia furono cornunicate alcüne -osservazioni che indu-

cöno a collocare I'origine dei Ge s. -VIII nell'Italia settentrionale. Prima perä di aggiungere ältri -elementi in' merito, ' occo, rre, an-

zitutto - accennare breveniente al fattö ehe si "devono distinguere due.

redäzioni dei Ge s. VIII: una pin antica, -costituitasi presumibilmen-

-te' poco

- dopo if 600 a

'Ravenna e- sopra«"issuta -'nei- Sacramentari di

.

f (1) C. Mottraenc, Note -liturgiche: Elententi per, precisare- l'origine -del sacra- mentario gelasiano del sec. VIII, «Rendiconti della Pont. Accademia Romana di Archeologia D7 (1931).. 1933.

-' (2) C. Montaeac, Un sacramentario palinsesto-del sec. VIII, «Atti, della. Pont. Accademia Romana di ' Archeologia a, Rendiconti, vol.. ' III, Roma 1925,391450.

(3)' C. MOHLBE]tc, Note su alcuni sacramentari, «Rendiconti della Pont. Ac ca. demia di Archeologia a, 16 (1940), ' 131.170: (4) m Vedi sopra n. 12.

s

(5) CAMBER, «Sacris erudiri D, 12 (1961), '405-410.

420 KLAUS c$xsea

I

Monza (= 11i) e Rheinau (=Rh), ed una pin recente, tramandata nel Codex Sangallensis (= S), pin volte menzionato, ed in non pochi al- tri "tnanoscritti. Di questo argomento fu ampiamente trattato nei- Pro-

legomena all'edizione del Sacramentario di Salisburgo (6). Qui si

parlerä principalmente della redazione pin recente dei Ge s. VIII.

C. Mohlberg, in occasione dell'cdizione del Codex Sangallensis

348, definisce questa redazione dei Ge s. VIII, riconoscibile in S,

come il « frünkische Sacramentarium Gelasianum in alemannischer Überlieferung ». Per quanto sia brillante 1'edizione del Mohlberg, la denominazione da lui scelta appare poco felice. Della pretesa origine franca abbiamo gia trattato a fondo piü sopra. E neppure e esatxö parlare 'di una tradizione alemannica; sarebbe meglio dire retica,

giacche detto codice c stato scritto in Coira, antica capitale della

Rezia (7).

Molto pin felice invece risulta 1'accenno, gia menzionato del

Mohlberg a Paolo Diacono. Sara pertanto opportuno occuparci un po-

eo di questa figura (8).

Varnefrido, detto Paolo Diacono o Paolo Grammatico, nacque da nobili genitori longobardi intorno al 720 a Cividale, capitale del'

Ducato del Friuli. Egli ricevette dal suo precettore Flaviano un'istru-

zione molto accurata. Giovanissimo fu accolto nel clero della sua chiesa nativa e ordinato diacono. AlIorche Ratchis, Duca del Friuli,

nel 743 fu cletto re dci Longobardi, questi pre-se con se alla corte di Pavia il giovane diacono, che tanto faceva sperare di se. Qui Paolo

Diacono rimase (forse in qualita di notaio) anche sotto i successori di Ratchis, prima sotto re Astolfo (749-756), fratello di Ratchis, che dovette abdicare nel 749 c si ritirö nel monastero di Montecassino,

poi, per breve tempo, sotto il re Desiderio (758-774).

Nel 763 troviamo Varnefrido alla corte ducale di Benevento, ove lo legava 1'amicizia del duca Arichis e della di lui consorte Adelper-

ga, figlia di Desidcrio. Nel 774, dopo la caduta di Pavia, Paolo all'etä di 50 anni circa si fece monaco nel monastero di Montecassino, 'dove

presumibilmente dimorava ancora il suo amico, re Ratchis. Dal 782

al 786 Paolo si trattenne alla corte dei re franchi a Metz ove - giunto

(6) Cfr. GAMBER, TuA, 4. Beiheft, Beuron 1960,17 ss. (7)" Cfr. I. Miita. ER, Zur Geistigkeit des /riihmittellatterlichen Churritien,

«Schweizer Beiträge zur Allgemeinen Geschichte », 17 (1959), 31 ss. " (8) Cfr. Wattenbach"Levison, Deutschlands Geschichtsquellen im Mittelalter,

Weimar 1952/53,203.224.

IL SACRkME, 1T. U870 DI PAOLO DIACONO 421

come intercessore per suo fratello Arichis, prigioniero - 'strinse ami-. cizia con re Carlo e con la cerchia letteraria che faceva capo ad Al- cuino, e godette di grande stima quale" poeta e grammatico. Nella

sua. vecchiaia Paolo, passando per Cividale e Roma, fece ritorno al suo monastero ove, prima del 797, mori.

Paolo Diacono fu scrittore molto fecondo. Oltre alla nota Histo-

ria Langobardorun:, scrisse una Historia Romana ed um commen- tario alla Regola di San Benedetto, una storia dei vescovi di Metz,

una raccolta di lettere di S. Gregorio ed una biografia di questo Papa (9).

Per la nostra indagine hanno maggiore importanza -le sue opere liturgiche. 11 Longobardo per ordine di Carlo Magno, compo- se un omeliario (10). A questo proposito non pub considerarsi fortuita

I la circostanza che 1'elenco di pericopi evangeliche che sta alla base di questo omeliario presupponga un messale del tipo S (11). Paolo

: Diacono compose inoltre diversi inni (12): quello'in onore di S. Gio,

vänni Battista ancora oggi si canta in chiesa: « Ut queant Taxis... ». Il'Cod. 606 della Biblioteca Capitolare di Lucca, del sec. X, fa men- zione di una preghiera « Memento » scritta da Paolo Diacono (« Adiuncta Pauli Diaconi intra canonem quando uolueris »). (13). Se-

condo il Mohlberg certi influssi di orazioni milanesi su un libro li-

turgico di Metz risalgono pure al Longobardo (14). Tutto cib dimostra quanto Paolo Diacono si interessasse di que-

_stioni liturgiche e fa apparire del tutto, possibile che egli abbia re-

datto un messale. ,r Si cercliert ora di precisare, i rapporti tra le singole fasi della

vita de] Longobardo e To sviluppo e la diffusione dei Ge, s. VIII. Dato

che i piü antichi manoscritti del tipo S sono ancora della seconda me-

tt del sec. VIII, mentre uno di essi, 1: Ang, per il fatto che vi inanca la «Alia-Oratio

», git rappresenta una nuova redazione di questo ti- po, il nostro messale non pub essere stato composto piü tardi del 750.

In questo periodo troviamo Paolo Diacono alla 'corte di Pavia

ove, dal 743 al 749, regnava il pio re Ratchis. Colt come'in altre parti

(9) Cfr. WATPENBACIi-LE\'ISO\, 1. c. (10) Edito in: PL 95, -1159-1566; dr. G. 'MoSIN, Les sources non identi/iees, de

l'homeliaire de Paul Diacre, ((Rev. bened. n, 15 (1898), 400 ss. (11) Cfr. CAMBER, in: TuA, 3., Beiheft, Beuron 1957,14.

, (12) Edito in PL 95,1591-1604. ý (13) Cfr. EBNES, Iter Italicum, Freiburg i. Br. 1896,65. (14) MOHLBEEC, Note liturgiche, 1. c., 151 ss.

422 KLAUS cAMeF7t

dell'ltalia settentrionale, all'inizio del sec. VIII era ancora in usa it rito gallicano. Come abbiamo gia detto, possediamo tuttora un

, Mies-'

sale gallicano cite, come tutto fa credere, fu scritto addirittura nella stessa Pavia: it cosiddetto inessale di Bobbio (= Bo) (15). Questo

mess-ale risale alla prima meta del sec. VIII e gia mostra un forte influsso da pane di un libro litiirgico a romano a (16).

In altre regioni dell'Italia settentrionale senibra sia stato' intro- dotto gia allo scorcio del sea VII, it sopra I ienzionato tipo piü anti co dei Ge s. VIII di Ravenna (17). Conic rappresentante di questo tipo ci c conservato it Sacramentario di Monza (_ _1M), scritto 'a Ber-

gamo alla meta del sec. IX. fella stessa Ravenna troviamo, 'gia - allo scorcio del sec. VII, alcuni inessali ehe si sono allontanati - in larga

misura dal tipo Ge s. VIII e hanno adottato it puro Gregoriano. "Fu- rono conservate soltanto quelle parti del tipo Ge s. VIII cite non si prestavano ad essere gregorianizzate, come, in particolare, le messe domenicali e votive. II manoscritto piü importantc is it Sacramentario

palinsesto di Montecassino (= Cas). Per i particolari -rinviämo' it let- tore a quanto a stato detto su tale questione nei Prolegomena all'edi- zione del Sacramentaro Salisburgense (=Turf, 4. Beiheft, Beuroii 1960).

Se come supponiamo Paolo Diacono c il_ redattore del tipo S, 'la sua opera, nella composizione di questo messale, a stata esdusivamen-. to di redazione. Un fatto simile si pub constatare anche nelle altre opere sue. Nel sec. VIII in quasi tutti i campi era cessata 1'attivitä

creatrice: si raccoglieva e redigeva. Net caso del tipo S it lavoro ' re- dazionale consistette principahnente nell'inserire uel Temporale il Li- bellus originariamente separato delle feste dei Santi, a cib in modo analogo alla fusione, nel Gregoriano, del Temporale col ' Sanctorale. Per una conoscenza piü particolareggiata dell'argomento - rimändiamo anche'qui ai Prolegomena di cui sopra.

Secondo ogni apparenza, risale al redattore del tipo S andre il numero duodenario delle lezioni del sabato santo. Come e stato mo_ strato altrove, questo numero si differenzia dal nuuiero 4 delle lezioni in RoIna, e dal numero 6 delle ste`sc a Milano ca Benevento (18).

115) Cfr. GAAIBEn, - I piir - antichi libri liturgici dell alto Italia, 'o Rivista di storia de11a Chiesa in Italia », 15 (1961), 76-78.

(16) 'Cfr. GAMMBEn, a Sacris erudiri a, 12 (1961), 89-96. (17) Cfr. GAntBEn in: TuA, 4. Beiheft, Beuron 1960,43-46. (18) Cfr. CAMBER, Die Lesungen und Cantica an der Osteraigil im Comes Pari.

sinus, ((Rev. boned. a, 71 (1961), 125-134.

c

IL SACRAlIE. \TARIO DI PAOLO DIACOnO 423

Le 12 lezioni del tipo S mostrano la piü stretta, parentela con le

-10 lezioni di Ve Pr, le quali s'incontrano a nclie in alcuni lezionari

-dell'Italia settentrionalc. I1'sistema delle 12 lezioni nel sabato santo *potrebbe essere derivato da im piü antico uso gallicano in Pavia. 11

, redattorc del tipo S transunse le 10 lezioni di V, aggiungendovene

-altre due, forse giä precedentemente in uso a Pavia (Giona e Baruc).

Inoltre il redattore inserl dei formulari per alcuni Santi che, come vedremo, godevano a Pavia di un culto speciale. Purtroppo

-non siamo in grado di conoscere tutti i Santi venerati nel sec. VIII

a Pavia, giacche non ci sono state tramandate le feste titoläri delle

numerose chiese della Pavia d'allora; altrimenti certamente il nostro ragionamento risulterebbe facile. Bisogna ricordare che nel 924 la

cittä era stata presa c distrutta da Berengario: del Friuli; in quel- 1'occasione andaröno perduti iuimensi tesori e 43 chiese furono ridot- te in' macerie.

Perciö non ei rimane ehe elencare quelle feste che non si trova- -no nel Gelasiano e nel Gregoriano, e cercare di trovare, almeno per

-alcuni Santi, una relazione con Pavia. A prescindere 'däi giorni degli

' Apostoli che ancora mancano in V pur comparendo giä in Pr, dette

-feste'sono le seguenti:

: 23 gennaio Emerenziana (Roma) e Macario (Roma? ) '25 -gennaio Preietto martire (Asti) '25 gennaio Conversione di San Paolo 11 iebbraio Zotico, Ireneo a Giacinto martiri '22 febbraio Cattedra di San Pietro 11 aprile Leone Papa (Roma)

25 aprile Giorgio martire, 9 gingno Primo a Feliciano inartiri (Roma)

'11 luglio Benedetto abate 2 agosto Stefano vescovo (Roma)

29 agosto Passio di S. Giovanni Battista 14 settembre Cipriano vescovo a martire ' (Cartagine) 18 'ottobre Agostino vescovo (Pavia)

3 dicembre Damaso Papa (Roma) ,

martiri S 29 S 30 S` 31 S 38 S'42 5 113 S 117\' S 148- S-176 S 185 S 210, S220"

S, 251 S, 268

Ad eccezione dell'antica festa 'della Passione di S. Giovanni Batti-

"sta; _i e orni su elencati mancano nel rnanoscritto, -11I

il " quale, come

gs'e detto, rappresenta tin tipo ýýiü autico: dei' Ge" s. VIII. I formulari

424 KLAUS CAMBER'

per S. Agostino (Nr. 187,208), S. Benedetto (Nr. 86,209) e S: Giorgio . (Nr. 210) rappresentano evidenternente dei supplementi aggiunti, in

parte, in due luoghi del manoscritto. - Un chiaro indizio ehe Pavia fosse il luogo della formaziöne del

tipo piü recente del Ge s. VIlI e la festa di Sant'Agostino assegnata

a] 18 ottobre. La si trova in questo giorno solamente in S, mentre i_

manoscritti franchi GeA la registrano il 28 agosto, giorno della mor- " te del Santo. Una mano posteriore ha corretto, pare giustamente, 'in S la parola « natale » in « translatio ». Il trasferimento delle reliqu_ie , di Santo Agostino dalla Sardegna a Pavia ebbe luogo, come riferisce Paolo Diacono nella sua Storia del Longobardi (VI 48), sotto -il re Liutprando (712-744).

Ci riconduce inoltre al regno del Longobardi, cone abbiamo giü detto, anche la festa di S. Preietto collocata al 25 gennaio. Non si trat- ta del vescovo di Clermont, ma del diacono di Asti martirizzato da-

gli Ariani': anch'egli, dal tempo di re Liutprando, godeva di parti-. colare venerazione presso i Longobardi. 11 prefazio della festa, in S 168 -lo chiama « semper fidelis patronus » (19).

Una festa di S. Giorgio si trova, il 23 aprile, -anche nel Grego-

riano piü recente, cioe nell'a Hadrianum » (ed. Lietzmann, formulario

'99). In S perö la festa e, stranamente, registrata al 25 aprile. Essa reca

preghiere quasi totalmente diverse da quelle dell'« Hadrianum ». Tre di queste sono identiche a quelle corrispondenti del messale inilanese (AmB 896.897,899) ove ]a festa, conic pure ncll'appendice di At,

compare al 24 aprile. I] culto di S. Giorgio i: stato introdotto nel- l'Italia settentriopale probabilmente sotto i Goti ariani (20). Giii in

un tempo remoto troviamo, in Ravenna e Verona, chiese dedicate a S. Giorgio. La festa, collocata i] 25 aprile in S potrebbe essere in

rapporto con una chiesa di S. Giorgio in Pavia; ma ciio non si puö

phi dimostrare. Inoltre non trova spiegazione l'unione delta commemorazione di

S. Macario (di Roma? ) con quella di Santa Emerenziana fissata' al 13 gennaio, come pure (lei SS. Zotico, Ireneo a Giacinto I'll febbraio.

E' del tutto possibile, the reliquie di qucsti santi si trovassero. in diverse chiese di Pavia the oggi non esistono piii. Si tratta quasi uni-

(19) Cfr. u Sacris erudiri n, 12 (1961), 405 ss. (20) Cfr. CAMBER, Die Liturgie der Goten, e Ostkirchl. Studien a, 10 (1961), 120.

IL SACßA9iV%-rA8I0 DI PAOLO DIACOrO 425

-camente di santi romani. Lo stesso si dica della memoria dei Santi Leone, Primo e Feliciano, Stefano e Damaso. La festa dei pSanti Primo

e Feliciano si trova ugualmente in lezionari dell'Italia setten- : trionale (21).

E caratteristico dei manoscritti del tipö S, anche nel loro poste- riore rimaneggiamento franco (G, A, Ph), il formulario ((Item missa propria Cipriani episcopi et martyris » ehe segue, il 14 settembre, al formulario Gr « Corneli et Cipriani)). Le singole preghiere di que- stö formulario non si trovano in nessuna delle fonti pia antiche. senz'altro da escludere che esso abbia avuto origine nel regno dei Franchi. Invece 1'esistenza nell'Italia settentrionale di tin culto di S. Cipriano separato da quello di S. Cornelio e suggerita dall'elenco di lezioni Paoline nel Cod. Vat. lat. 9, proveniente da Ravenna o Pavia (22).

Crea una certa diflicolta la commemorazione di S. Benedetto col- locata all'11 di luglio, che appare evidentemente riferirsi alla trasla- zione delle reliquie del Padre dei hlonaci a Fleury, situata nel re-

-gno dei Franchi. Di questa traslazione, avvenuta intorno al 673, rac-_ conta Paolo Diacono nella sua Storia dei Longobardi (VI. 2). A Pao- lo era quindi noto questo fatto, sicche da questo lato non puö sor- gere alcuna diflicolta ad ammettere che S sia stato redatto, da Paolo Diacono.

14ia la data dell'11 luglio, come giorno della traslazione, non consta con certezza per Fleury, giacche nella stessa Fleury in tempi piii antiehi la festa di S. Benedetto si celebrava il 4 dicembre (23). E legittimo quindi pensare che la data dell'11 luglio, quale. si trova in S, non si riferisca in origine a Fleury, ma che risalga' ad unafesta di S. Benedetto celebrata nell'Italia settentrionale e si sia divulgata soltanto attraverso il nostro Sacramentario.

E inoltre cosa singolare che in Aug, sacramentario palinsesto dell'Italia superiore (della seconda meta del sec. VIII), la festa 'di S. Benedetto sia registrata al 10 di luglio e non all'11. La differenza di data si potrebbe spiegare supponendo che il nostro formulario rap- presenti un'appendice e che mancasse nell'esemplare originario pa- vese di Paolo Diacono.

Che nei Gelasiani frAnchi (Cod. V) non figura ancora la festa

(21) Cosi nel a Comes Parisinus a; cfr. R. Anitsr, _«Ephem lit. D; 73 (1959), 352.

(22) Cfr. CAMBER, a Liturgisches Jahrbuch n, 8 (1958), 93. (23) Cfr. E. MurnINc, in: TuA. Heft 15/18, Beuron 1930,137's.

426 T. LIL's CA. 118E8 .

di S. Martino, e giä stato detto. Il culto di questo Santo e'documen-

tato per 1'Italia settentrionale giä dal sec. IT Cos!, p. es., 'Venanzio Fortunato,, alla fine del suo libro 4 De Vita S. lifartini, , menziona delle rappresentazioni illustranti la vita di S. 'Martino, nella chie- sa di Santa Giustina a Padova. Forse avrä contribuito 'alla rapida prQpagaziouc del culto di S. Martino nell'Italia settentrionale anche la circostanza che Martino fu accolto a Pavia nel nuinero (lei cate- cumeni. Con In sua festa comincia, nel messale milanese, : 1'anno

ecclesiastieo.

- II formulario di San 'Martino in S, manifestamente non e di ori- gine franca, ma e stato esemplato su quello piü ricco del Saera-

. mentariö ambrosiano (=AmB): (S 1318 = AmB 2,1319 = -1,1320 = 6,1321 = 7,1323 = 4,1324 = 1641). Solo ]a prima orazione e

-desunta dal Gregoriano. II prefazio S 1321 rappresenta una reda- zione, alquanto mutata, di quello di AmB 7, ehe a sua volta e stato tratto da libri liturgici gallicani (Go, 476, Bo 367, cf. Pr 206,3): Questo fat-

to sembra, escludere l'ipotesi ehe il forrnulario di AmB derivi -da S. I, 'ipotesi, per se, non sarebbe impossibile poiche, conic vedremö, for-

mulari Ge s. VIII vennero effettivamente adottati, in epoca piü tar- da, dal messale ambrosiano. Vennero pcrö adottati, 'di 'regola, - senza -subire alcun mutarnento, il clie non si verifica nel caso nostro.

Che Paolo Diacono averse una conoscenza esatta del . messale

ambrosiano, e ovviamente cornprensibile anchc per la poca distänza tra Pavia c Milano, ed e, inoltre, dinrostrato dalle osservazioni Ael Molrlberg relative al Sacramentario di Drogo di Metz (- Dr), le cui orazioni ambrosiane sono da lui collegate con la presenza del 'Longobardo alla cone reale di Metz dal 782-786. A cib si aggiunäa che, nei formulari propri del tipo S, la dipendenza dal messale mila- -nese, per- ]e feste di determinati Santi, e straordinaridmente evidente, -ciö ehe si puh considerare come un 'ulteriore indizio ciie Paolo Dia- cono "c il " redattore e che questo tipo di messale lra la 'sua "origine in Pavia.

-'Oltre -al forinulario di San Martino, giä menzionato, in S sono desuinte dä AmB- le seguenti orazioni. delle feste suddette: ,S

161 = AmB 934 (S. Emerenziana), S 166 = AinB 240 (S. Preietto), S 170

. =AmB 991 (Conversio), S 202 = AmB 1102, S 203 = AmB 1019 (S. Zotico), S 692 = AmB 1205, S 695 = AuiB 1211 (S. Leone), S

'710, = AinB 896, S 713 = AniB 899 (S. Giorgio), ' S 864/65 ='AinB. '919/20, ' S 866 = AinB 922 (S. Priino), S 997 = AniB 879, S. 998 =

EE. SACBA'AiEA'TARIO DI PAOLO DIACONO 427

AmB 1176 (S. Benedetto), S 1035 = AmB 885 (S. Stefano), S 1331-33 = AmB 1087-89 (S. Agostino), S. 1413 = AmB 249 (S. Damaso).

Le feste di Santi inserite a Pavia nel tipo .S mancano non solo in 3L ma anche nei manoscritti provenienti dal patriarcato di Aqui- leia, come p. es. nei Sacrainentari di Salisburgo (= Sal) e Padova (= P). Come 6 stato mostrato altrove, questo gruppo di Sacramen-

tari discende dalla -piü antica redazione (ravennate) dei Ge s. VIII,

quale si manifesta ancora in M (24). P, stato rimaneggiato nel seco- lo VIII seguendo un manoscritto Gr, mentre Sal, per quanto riguar- da la sua struttura, concorda ancora ampiamente con M.

3fentre, prescindendo dalla suddetta gregorianizzazione di sin- gole fomule, tra Al e Sal si notano minime "differenze nelle orazioni,

-i prefazi nella maggior parte dei casi sono diversi. E precisatnente Sal reca alcuni testi molto antichi, cosa indicata giä da A. Dold, quan- do rese di pubblica ragione Sal (25).

. Ora, in questo contesto ha iinportanza il fatto che nella reda-

zione delle orazioni (anche dal punto di vista della grafia difettosa) i manoscritti Sal (o P) eS siano molto affini tra di loro. Giä A. Baum-

stark lia attirato 1'attenzione su questo fatto, adducendo numerosi esempi (26). It impossibile esporre qui dettagliatamente la que- stione, che pensiamo meriti un'indagine a se.

Anche per quel che riguarda la redazione del testo si osserva- no occasionali rapporti col messale ambrosiano. Citeremo qui un solo esempio: la forma aramaica « Tobi » invece di « Tobiae » in San 182, che si trova identica in AmB 1366/67. E cos! pure le affinitä, cui abbiaino prima accennato, nella grafia tra il tipo Se altri' messali' (phi antichi) dell'Italia settentrionale escludono ugualmente che i Ge s. VIII siano sorti nel regno dei Franchi.

Non sarä necessario ricordare qui esplicitamente che al problema dei Ge s. VIII 6 strettamente collegato anche quello dell'origine del

cosiddctto Gelasiano. Il luogo nel quale avvenne la redazione di que-

sto Sacramentario - essendo certamente, nonostante i numerosi ar-

gömenti addotti da A. Chavasse, esclusa Roma, come recenternente ha mostrato C. Coebergh, ed essendo il tipo S del tutto sconosciuto

(24) Cfr. i Prolegomena dell'edizione. del Sacramentario di Salisburgo (TuA 4. Beihcft) Beuron 1960.

(25) A. DoLn, in: TuA, Heft 25 (1934), 35-48. (26) Cfr. A. B, tuatsr. txt:, in: Liturgiegeschichtl. Quellen, Heft -11f12, Münster

-i. W. 1927,113 ss.

428 '

KLAUS CAMM

all'Italia centrale, mentre 1'Italia meridionale, dato. il possesso di nn

rito proprio, e fuori questione - risulta essere senz'altro Ravenna, il

piii antico anello di congiunzione, sotto 1'aspetto liturgico, tra Roma

e 1'Italia settentrionale (27). Quest'ipotesi e appoggiaia dalla testintonianza di manoscritti mol-,

to anticbi. Cosi, p. es., alla base dei libri liturgici cli Ravenna giä nel

rzec. VI e un rite romano come dimostra il frammento di Monaco di

un lezionario plenario di quel tempo (28). Di eth un poco piii: recente

sono alcuni frammenti di Sacramentari di Ravenna. Essi risalgoncý al sec. VII cd al sec. VII/VIII (29).

Come possibile redattore del Gelasiano, non puö dunque essere preso in considerazione che il vescovo Massimiano di Ravenna (546- 553). A

. lui Agnello autore del Liber ponlificalis dei Vescovi, raven-

nati, attribuisce scrivendo attorno all'830, la redazione di un ' mess ale

(II, 6; PL 106,610 D): « Edidit namque missales per totum circuluin anni et sanctorum omniuin, cotidianis namque et quadragesimalibus

, temporibus, vel quidquid ad ecclesiae ritum pertinet, omnia ibi sine dubio invenietis, grande volumen mire exaratum n. Conic fonte del

suo messale, Massimiano ha utilizzato principalmente libelli roman . i. I- frammenti, cui abbiamo accennato, di sacramenta6 ravennati

del sec. VII e VII/VIII giä accusano un forte influsso da parte del Gregoriano. Che nessun manoscritto del Gelasiano del sec. VI sia per- venuto sino a noi, e piü che comprensibile. Tuttavia messali del seco- lo X del nord d'Italia mostrano ancora quanto forte sia stato 1'in- flusso del Gelasiano fino a quel tempo (30).

Infine, se occorresse ancora un'altra prova che la costituzione del Gelasiano e dei Ge s. VIII e avvenuta nell'Italia settentrionale,

si potrebbero addurre i "Lectionaria plenaria ". Le copie che per il ti-

po si rivelano piü antiche, provengono dall'Italia settentrionale, come p. -, es., oltre al giä menzionato frammento di Monaco di origine ra- vennate, il Comes Parisinus (= CoP) il quale fu scritto nell'Italia set- tentrionale o nella Svizzera meridionale (for-se a Monza) intorno al- 1'800 (31). Qucsto, come i Gelasiani Ve Pr, reca, per il sabato santo,

(27) C. COEBERCtt, Le sacramentaire gelasien ancien une compilation de clercs ronutnisants du Vile siede, «Archiv für Liturgieww". D, VII, 1 (1961), 45.88.

(28) CAMBER, Das Münchener Fragment eines Lectionarium Plenarium aus dem Ende des 6. Jh., a Ephem. life, 72 (1958), 268-280.

(29) CAMBER, « Ephem. lit D, 72 (1958), 111.126; CAMBER, a Archiv für Liturgiew n, VI, 2 (1960), 455-460. - (30) CAMBER, Das Sakramentar von Jena (TuA, Heft 52), Beuron 1962, App. (31) R. AnsiEr, ' Un a Comes e airolingien inedit de la Ilaute. Italie, a Ephem_

lit n, 73 (1959), 335.367.

IL SACRAMETAAIO DI PAOLO DIACOMO 429,

10 lezioni (32). L'origine ravennate e: suggerita dalla festa di S. Apol-

-linare. ., O1tre a questo tipo pin antico si sono conservati lezionari che, scritti dalla stessa mano, sono aggiunti, alla fine, ai manoscritti ', Ge

-s. VIII, c per questo solo fatto, ma anche per la disposizione delle

singole feste, si dimostrano appartenenti al tipo Ge s. VIII. L'esempio

pin antico, per l'Italia settentrionale, risale alla seconda meta del

sec. VIII. Oggi manca, a dire il vero,, la parte contenente il Sacramen-

, "tario, ma essa ha riempito, un tempo, i primi 10 quinterni, non con- servati, del manoscritto (33). Invece nel Codice M 1'unione di Sacra-'

mcntario e Lezionario si e conservata perfettamente. Dövremmo qui accennare almeno brevemente ai rapporti esisten-

ti tra i sacramentari del tipo Ge s. VIII e determinati gruppi di, lezio-

nari. Un'indagine particolareggiata farebbe certamente emergere, del- le relazioni interessanti. Di questa questione attualmente 'si occupa il

pröf.. R. Dubois (Olanda). In generale, 1'aspetto pin interessante del nostro argomento e gnesto: Sotto qualunque punto di vista si af- fronti il problema dei Ge s. VIII, una soluzione veramente soddisfa-, cente non e possibile se non si' supponga che questo tipö di. messale si sia formato nell'Italia settentrionale, ipotesi questa ben fondata sot-' to pin punti di visia. Le tesi finora formulate sono invece in contrad- 'dizione col reperto dei manoscritti. Esse poterono sostenersi perche si conoscevano, solo pochi testi.

..,

3. Paolo Diacono e la diffusione dei Ge s. YIII

Torniamo a Paolo Diacono. A favore _di

una redazione del tipo,

ad opera del Longobardo, depongono, non soltanto. le' feste, di Santi

proprie di S, die ci riconducono a Pavia, ma anche-la rapida e vasta'

diffusione die qucsto nuovo nies-sale incontrö.. Troviamo manoscritti. di questo tipo non solo nell'Italia settentrionale, ma

, änche (o ahne...

no il loro influsso)' a Benevento e nel' regno dei Franchi, e cioe; pre-'

cisamerite nei luoghi in cui Paolo Diacono ýsöggiornö ; pia, a lungo. " IT

tipo S puro tuttavia e rappresentato -, ýoltantö dai manoscritti piü an-

tiehi dell'Italia settentrionale.

J32) GA21iBE8,, aRev., Bened. v, 71 (1961), 125.134. (33) Cfr. GAUänt, Sal: ramentanypen 101"s: '

436 KLAUS CAMBER

Esaminiamo ora piii dettagliatamente da questo punto di vista i manoscritti conservati del tipo S. L'esemplare piü antico dell'Italia del nord risale alla seconda meta del sec. VIII e fu scritto (secondo 1'opinione di B. Bischoff) nell'abbazia di Nonantola (presso Mode-

na). Si tratta del sacrameutario palinsesto An., che giä abbiamo, ri-

cordato. Ora Nonantola era una fondazione dei Duchi longobardi e

qui In abate dal 753 al 803 Ansehno, il cognato di Re Astolfo. Non

si deve certo attribuire a puro caso die proprio in un monastero Ion-'

gobardo si sia cosi presto copiato il sacramentario di Paolo Diacono. Un altro frammento, pure della seconda metä del sec. VIII, ri-'

sulta in base a] reperto paleografico essere stato scritto a Verona,

una delle residenze dei Duchi Iongobardi. 'k questo il frammento

Bud, che nell'ordine in cni si susseguono le slugole orazioni concorda

pienamente con S. Nella redazionc dci titoli si dinlostra perö piü vi- cino al tipo originario. I titoli corrispondono in vasta misura a quel- li che si leggono in Ang.

Ancora nel sec. X messali del tipo S si usavano a Vercelli, che dista da' Pavia soli 60 km; ciö e dimostrato da alcuni manoscritti conservati, provenienti da questa regione (1). Questi (solo nel seco- lo X, come sembra) subirono un rimaneggiamento insignificante sulla falsariga del Gregoriano. Inoltre (come in Ang) c scomparsa la ora- zione « alia ». L'inventario dei prefazi c ancora molto ricco, anzi piü ricco che negli altri manoscritti del tipo S che ci sono giunti.

A Coira, capitale della provineia di Rezia che, sino al sec. XIII inoltrato, pur appartenendo fonnalmentc a] regno dei Franchi, aveva stretti rapporti culturali coll'Italia settentrionale (2), fu scritto il sa- cramentario di Rheinau (= Rh), messale del tipo M. Questo tradisce

gift un forte influsso del tipo S, in quanto alcune feste di Santi, che in M si trovano ancora in un libello separato, sono inserite tra le do-

meniche. proprio come in S. Perb non vennero riprese hitte le feste dei, Santi.

II sacramentario di Rheinau rappresenta dunque una redazione locale del tipo M piü antico mentre, ' conic tutto fa credere, un mes- 'sale del tipo S lia determinato questa redazione nuova. Un fatto Simi- le ,a quello verificatosi per Rh si pub osservare anche in M, con , la differenza clie qui solo poche feste di Santi ebbero tale collocazione

(1) K. GAaiBEn, Ein oberitalienisches Sakramentar"Fragment in Bamberg, eSa- cris erudiri u, 13 (1962) 360367.

(2) Cfr. I Müta. at, Zur Geistigkeit des frühmittelalterlichen Churriitien3, «Schwei" zer" Beiträge zur Allgemeinen Geschichte a, 17 (1959), 31-50.

N

ý

IL SACRATiEA'TARIO DI PAOLO DIACONO , 431

in mezzo alle domeniche. Che questa inserzione sia avvenuta gra- dualmente, e mostrato dal manoscritto At, ove il formulario di San-

t'Ippolito e aggiunto sul margine superiore di f. 59r. Provengono da Coira due altri manoscritti iinportanti delI tipo S,

e eioe i Codici Sangaller: ses 348 c 350 (S e San). Questi manoscritti furono composti al tempo del Vescovo Reinedio (circa 790-806). Re-

medio e forse il primo vescovo di Coira che provenga dal regno dei Franchi. Siccome il detto Cod. 348, nel modo di contare le domeni-

che dopo Pentecoste - che ci e noto da parecchi antifonali romani (aEbdomadae post pentecosten ») e che possiamo notare anche in G, Ae Ph - tradisce un influsso franco (i sacramentari dell'Italia"

settentrionale computano cömunemente secondo le feste maggiori) (3), e del tutto possibile che il modello di S sia stato portato da Remedio direttamente dal regno dei Franchi. I

Quanto all'altro manoscritto, cioe San, non possiamo dire nulla ä

questo riguardo, poiche esso e incompleto, mancandovi le parti cor- rispondenti. San non soltanto per la scrittura, ma anche sotto altri aspetti si dimostra manoscritto piii antico; giacche in esso si e an- cora conservata la numerazione dei formulari ed anche nella forma dei titoli e evidente Ia redazione originaria, ehe corrisponde a" quella dei manoscritti dell'Italia settentrionale Ang e Bud.

Una numerazione dei formulari si trova anche nel frammento franco Dou, di cui abbiamo parlato all'inizio della trattazione, e che appartiene alla seconda meta del sec. VIII. Questo frammento deri- va con ogni probabilitä da un manoscritto pervenuto alla corte dei

re franchi per opera di Paolo Diacono. Tale trasferimento potrebbe

essere avvenuto in occasione del soggiorno di Paolo alla corte di Car- lomagno, dal 782 al 786. Anche in Dou noi notiamo il sistema franco-

romano di numerare Ie domeniche dopo Pentecoste del quale abbia_ mo gia detto. '

- 11 Vescovo Remedio era legato d'amicizia ad Alcuino, teologo di corte del re dei Franchi; e questo deve essere stato il motivo per cui si studiü di " introdurre 1'« Hadrianum », nuovo messale, ufficiale dell'impero. Per la stessa ragione egli deve aver consegnato quei due

sacramentari al monastero di San Gallo, ove si trovano -ancora og- gi. Il Rh ehe, come tipo, e ancora pifi antico, pervenne piü tardi al monastero di Rheinau ed e oggi conservato nella Zentralbibliothek di Zuribo.

(3) Cfr. GAatBER, Sakramentartypen, Beuron 1958,109-110.

432 KLAUS CAMBER

Come risulta da quanto -e stato esposto, non e sempre facile iný dividuare i rapporti di reciproca dipendenza dei sing-oli manoscritti Go s. VIII, poiche del gran numero originario dei codici non sonö rimasti che pochi, e ciascuno di questi differisce dagli altri sia pure, il piü delle volte, in dettagli'di scarso rilievo. Ci sono d'altronde per-

venuti testimoni del tipo Ge s. VIII in numero sufliciente perche si

possa ancora oggi ricostituire, nelle linee essenziali, lo sviluppo Ai

questo tipo. " Dell'Italia meridionale, non si sono conservati sacramentari del

tipo S. Si pub soltanto constatare un infiusso notevole di questi libri liturgici sui messali plenari beneventani ancora del secolo X-)a. So-

no desunte da un sacramentario del tipo S, come e stato diffusatnen-

te spiegato altrove (4), le messe della quaresima ei formulari delle domeniche dopo Pentecoste. Queste ultime si trovano aggiunte äl

messale come appendice (5). Notiamo in esse la numerazione delle domeniche, tipica dell'Italia settentrionale, in quanto si contano sol- tanto le prime cinque domeniche secondo 1'ottava di Pentecoste, le

altre invece sono compntate secöndo le feste maggiori successive (Ss. Pietro c Paolo, S. Lorenzo, S. Michele, S. Martino).

Che siano state adottate parti del sacramentario di Paolo Diaco-

nn, si spiega benissimo col suo soggiorno piuttosto lungo presso lä corte ducale di Benevento (a partire dal 763) e, piü tardi, nel mona-

stero di Montecassino (a partire dal 774). \Tell'antico sacram. entario campano-beneventano le ferie della quaresima, come pure le dö- meniche dopo Pentecoste, non avevano ancora ricevuto ]a loro-piena

confignrazione liturgica, ragione per cui si manifestb la necessitä - di

adottare precisamente questi formulari. V, eloquente il fatto che eesi I siano stati desunti addirittura da un libro liturgico dcll'Italia set= tentrionale.

Il ti" po Sü giunto perfino nella Baviera (Ratisbona), la gtiale ai tenipi del - duca Tassilo (fino al 788) era strettamente legata 'al re- ano dei Longobardi. Pare che non ci sia conservato alcun mänoscritto äcl, tipo S ehe risalga agli anni intorno all'800. Cho perb ne' siano esietiti, e dimöstrato dal frammento di un Sacramentario copiato' äricora' all'inizio de] sec. XI (6); inoltre l'influsso che tale tipo ha

(4) GAMBER, Das kampanische Messbuch, eSacris erudiri », 12 (1961), 80 'ss. (5) Cfr. CAMBER, Die Sonntagsmessen nach Pfingsten im Cod. VI 33 von Be-

nevent, u Ephem. lit. n, 74 (1960), 428.431. (6) Cfr. CAMBER, Ein bayerisches Sakramentarfragment des S-Typus aus dem

frühen-I1. Jahrhundert, «Sacris erudiri,, 11 (1960), 220.224.

IL SACSAaiENTAß10 DI PAOLO DIACONO 433

esercitato, si riconosce ancora nel Gelasiano di tradizione bavarese,

qualq ci si presenta nel Sacramentario di Praga- (= Pr), scritto a Ra- tisbona intorno al 785 (7).

Sono desunti, in Pr, da un Sacramentario del tipo S, il titolo e il 10 formulario, inoltre, almeno in parte, i formulari seguenti: 14,15,. 17,22,25,29,36,95,136,139,141,147,154,158-160,163,192,242.

Anche il messale ambrosiano di Milano non pote sottrarsi all'in- flusso del nuovo Sacramentario di Pavia. A Milano la situazione, per quanto riguardava le messe, delle ferie di Quaresima, era simile a quella di Benevento. A prescindere da tutte le ferie VI, che anche in- seguito rimasero aliturgiche, le messe furono desunte da un Sacra- mentario del tipo S; nia, a differenza di Benevento, si ripresero sol- tanto le messe quaresimali, mentre le domeniche dopo Pentecoste an- che, in seguito rimasero prive di orazioni e prefazi. Solo con un ma- noscritto speciale, AmB, che fu scritto non. a Milano, ma a Bergamo, furono accolti 4 formulari domenicali (AinB Nr. 124-128 =S Nr. 147, 144,150; 155).

Le messe quaresimali del messale milanese assegnano a ciascun giorno un prefazio proprio. Tale prefazio proprio manca nel mano- scritto speciale S, nei giorni suddetti, e manca pure nei manoscritti franchi Ge s. VIII, mentre si trova nei Sacramentari Verc6llesi men- zionati piü sopra. Probabilmente questi prefazi appartengono alla re- dazione piii anticä del Sacrainentario di Paolo Diacono. Per tale ra- gione i prefazi dei giorni feriali quaresimali in AmB vietano 1'ipo-

tesi che un manoscritto franco Ge s. VIII 'abbia fornito il modello per i'suddetti formulari del messale, milanese. Non rimane duri. que che la possibilitä che siano stati desunti da un manoscritto dell'Ita- lia settentrionale. La redazione sopra menzionata del messale mi- lanese, stando alle indagini di 0. Heiming, ha avuto luogo 'sotto il, Vescovo Odilherto (793-813) (8).

Va ricordato infine un frammento di messale plenario scritto alla fine del sec. IX nell'Italia settentrionale e quasi perfettamente identico nel contenuto forniulare, ai Sacramentari. del tipo S, (9).

(7) A. DOW)-L. EizEr'iö , Das Prager Sakrämentar (Texte und' Arbeiten, Heft 3842) Beuron 1949, GAMBER, Das TassiloSakramentar «Münchener Theol. Zeitschrift n, 12 (1961), 205-209-,

(8) Cfr. 0. HEIMINN, Aliturgische Fastenferien in Mailand, «Archiv, für Litur" giewissenschaft n, II (1952), 44-60. -'

(9) GAMBER, Ein oberitalienisches Plenarmissale des S"Typus, «Sacris

erudiri, a, 13 (1962) 353.376.

434 KLAUS CAMBER

Merita di essere rilevato il fatto clie in questo messale si trova il for=

mulario di San Preietto (Praejectus), cosa clie sarebbe ineno com-

prensibile, se si trattasse del Veccovo di Clermont. Rispetto ad S, vi e in piü 31 formulario di Santa Scolastica, a11'11 febbraio. Clie in M,

come giä e stato accennato, manchi la festa di San Preietto, si spiega in ogni caso con il fatto che essa In introdotta solo sotto il re Liut-

praudo, mentre M rappresenta un tipo phi antico (lei Ge s. VIII.

Anche un messale plenario dell'Italia settentrionale, giuntoci in-

tatto, ma di epoca alquantu pin recente, che oggi si trova a Baltimora, (Md., USA, Walters Art Gallery, _1fS W 11) risale a un nianoseritto. del tipo S. Esso perö accusa giä in misura piü forte l'influsso del Gregoriano. Dal regno dei Franchi invece non ci e giunto alcun mes=

sale plenario di questo tipo.

Non dovrebbe essere difficile ricostruire il Sarramentario di Paolo Diacono in base ai manoscritti plenari Se Pli, come pure ai numerosi frammenti pin antichi, alcuni dei quali abbastanza estesi. Le differenze in confronto rispetto aSea Ph sono insignificanti. Per lo piü si tratta della forma dei, titoli, i quali in Se Ph appaiono giä assimilati al Gregoriano.

Da quanto abbiamo detto finora dovrebbe inoltre risultare 'chia- ro che il Sacramentario di Paolo Diacono va considerato, in un senso o(1 in un altro, come il messale ufficiale del Regno longobardo. Essö fu elaborato alla corte reale di Pavia ed ha avuto ]a sua prima diffu-

sione specialmente nel regno longobardo e nelle regioni su cui que- sto esercitava la sua influenza. II fatto che tale messale sia penetrato anche nel regno (lei Franchi, si deve a Paolo Diacono.

4. L'ulteriore evoluzione dei Ge s. VII nel regnu dei Franchi.

Come abbiamo rilevato fin dall'inizio, anche i manoscritti Ge s. VIII G, Ae Ph risalgono al sacramentario di Paolo Diacono; di que- sti mano'scritti Ph rivela un minimo di lavoro redazionale e cön- corda pin degli altri col manoscritto S. Invece in GeA, si trovano spesso tcsti ehe furono adottati come supplementari nel nuovo messa- Ie, desumendoli dal Gelasiano fino allora in uso nel regno dei, Franchi.

Cos!, p. es., la « benedictio cerei » in V 426 aveva giü, messo ra- dici "tanto forti, a quanto sembra, che si desiderb di mantenerla an- che in seguito. Percib la incontriamo in GcA, prima dell'« Excultet »,

IL SACRAMENTARIO DI PAOLO DIACONO 435

in Ph tuttavia dopo di questo. Orazioni addizionali (per lo pia orazio- ni « Secretae ») desunte da V, si trovano in gran numerö in A, men- tre in G all'inizio dei singoli formulari la formula V, la quale nel

tipo lit e nel tipo' S si e conservata come « Alia », si trova pin volte all'inizio delle orazioni. Queste sono le differenze principali dei ma-

noscritti franchi G s. VIII all'originale tipo S. Chiariremo que- sto Iatto con un esempio, tolto dalla ((Dominica in Quadragesima »:

tipi Ale S tipi franchi fonti M, Rh, S, Ang, Ph GA1V Gr (- R)

Ds qui ecclesiam Concede nobis

Sacrificium dne UD Qui continuatis Tui nos dne

Concede nobis

0. s. d. qui

Super populuin ,=

_t

Praesta nobis

104 38,1

104 105 106 38,2

107 108

38,3

11 tipo puro e rappresentato dalla maggioranza 'dei manoscritti, e cioe \l, IM, S, Ang, Ph. Invece G ed A« extra eborum eantant », ciascuno dei due a modo suo. Il sacramentario franco. Ph, nella mag- gior parte dei casi concorda come qui, col tipo S. A in un -secondo tempo -ha aggiunto, alle orazioni del tipo S, tutte quante le formule di V che mancano in quello. Sembra importante la conchisiöne che se ne trae: non c'e via che da GoA conduca a Al o S; non da G,

perche le prime due formule sono invertite; non da A, perche manca il « postcommunio » desunto dal Gr, testimoniato da tutti i mäno-

scritti all'infuori di A. A ciö si aggiunga che in base ai manoscritti, si dimostra 1'esistenza del tipo S giä nella seconda meta del sec. VIII,

mentre G cd A risalgono ad un'epoca poco anteriore o poco poste- riore all'800, e sono quindi notevolmente pia recenti.

, Vogliatno perö ricordare anche un esempio dal quale si potreb-

be dedurre la prioritä di G intendiamo parlare del formulario dö- menicale ((Ebd. XXIIII post Pent_ (V post sci angeli) »:

436 KLAUS CAMBER

GVMS (_A, Pli, Rh) Cas

Largire qs tine 1238 641 1293 XAVI; 1 Delicta nra 1239 - 1294 Caelestem nobis 1240 642 1295 XXVI, 2 UD Maiestatem - 643 1296 - Ut sacris tine - 6-1 1297 XXVI, 3 Da salntem - 645 --

11 quadro si 'presenta come se in G si avesSe il formulario origi-, nario, abbreviato in At eliminando 1'« Alia », in AeS eliminando la ((Super populum »e in Cas addirittura tre formule. Orbene, il Cäs (ravennate) (10) risale al 700 circa, il che esclude che possa di-

pendere da G. Neppure Cas pub derivare direttamente da V, giacche ]a sua 38 formula e diversd da quella di V.

Dobbiamo dunque dir questo: ehe in At inanchi 1'« Alia », non significa gran che poichc in Di questa formula manca anche nella iuag- gioranza degli altri casi (se pure non sempre). Ora 'Al, siccoine da que- sto dipende gib Cas, deve essere stato composto (a giudicare dal mo- dello) prima' (161 '700, quindi in uu'epoca in cui in Gallia era ancora in uso il rito gallicano. Percib A. Dold, nella sua edizione di. Cas, cercb di salvare la prioritb di G attribuendo a Cas una data "di cöm- posizione posteriore di quasi 100 anni a quello ehe risulta dal reper- to paleorafico. Stande perb a quest'ultimo, Cas fu scritto torso an- C,

verso ]a fine del sec. VII, comunque, non al piü tardi, non inolto oltre il 700 (11).

Resta. perb sempre da spiegare da quale fonte G abbia preso' 1°ultima formula (« Da salutem »), sconosciuta al tipo S. Si dänno

due possibilitb: oG si e servito anche di tin sacramentario del tipo 1L o il Gelasiano che serviva da modello al redattore di'G, wntene- va 1'ultima formula.

, Nella Cronaca gib ricordata di Saint-Riquier c menzionato un «; tTissalis -gregorianus et gclasianus modernis temporibus ab Albino

o'rdinatus ». Da qucsto appunto sembra si possa giustamente -conclu- . dere ehe il redattöre dei manoscritti franchi Ge s. VIII fu Alcuino, il

ieologo di eorte di Carlo Watno. Se GoA risalgano a lui, non sap- piamo:

(10) Cfr. GAMBEtt, Sakrameniartypen, 85. (11) DOLD, in: Texte, und Arbeiten, Heft 34, Beuron 1943,27 se.; E. A. LowE,

Codices latini antiquiores III Nr. 376.

U. SACRAMEATARIO DI PAOLO DIACONO 437

Alcuino e considerato altres! autore dell'appendice "dell'« Hadria-

iiiim » (del quale tra poco avremo occasione di parlare). Da quando Alcuino iniziö il suo soggiorno alla corte del re dei Franchi, si attua- rono 'i presupposti per una redazione franca dei messali importati dall'Italia, cosa che non era stata possibile 'ai tempi di Pipino. Sem- bra perciö debba essere stato Alcuino a redigere, a poca distanza 'di tempo, tanto il tipo S che 1'« Hadrianum ». In quest'ultimo inessale egli, in una particolare appendice, adottö specialmente elementi del

.. tipo Ge s. VIII. Anche il lezionario di cui Alcuino (12) fu il redattore si dimo-

stra, in base al succedersi delle feste, appartenente al tipo Ge s. VIII, non all'« Hadrianum ». Anche questo fatto fa presumere una redaziöne dei Ge s. VIII dovuta al tcologo aulico di Carlo Magno.

L'introduzione del sacramentario di Paolo Diacono' räppresenta la terza ondata di influsso liturgico che la Gallia sub! da parte" del- 1'Italia. Fu la quarta ed ultima ondata, seguita quasi immediatamen-

te alla precedente, a introdurre nel regno dei franco 1'« Hadrianum

un sacramentario romano. Anche nell'adozione di questo libro liturd co Paolo Diacono ha

avuto una parte decisiva. Quando egli, nel 786, abbandonö la corte franca per recarsi nuovamente, passando da Roma, a Möntecassino, ebbe da Carlo 11lagno l'ordine di chiedere a Papa Adriano. (772-795) un « sacramentarium immixtum » della Chiesa romana. Noi ne ab- biamo notizia da una lettera del. Papa al re dei franchi (MG; Epist. III, 626): - - «De sacramentario vero e sancto disposito praedecessori nostro deifluo Gregorio papa: inuubaum vobis emitteremus im pridem', Pau- lus, grammaticus a nobis eum pro vobis petente secundum sanctae no- `strae ecelesiac traditionem, per Johannem abbaten civitatis Raven-

. nantium vestrae regali emisünus excellentiae» , '(13). '' In questa missiva si avverte una qualche eco dei colloqui -avuti da Carlo lllagno con Alcuino e Paolo Diacono per la, eostituzione di un omogeneo sacramentario franco. Sembra che alla corte del re Si - tenesse a ricevere un. « sacramentarium imtnixtum » secondo Vuso

romano; se ne deduce perb che sino allöra si erano usati « sacramen-' taria mixta », quindi sacramentari del tipo Ge s. VIII. Questo nuovo

(12) Cfr. A. WILSIART, Le lectionnaire d'Alcuin,, «Ephem. lit. )), '-51 (1937), '136-197. "

(13) Cfr. TH. KLAUSER, aHistorisches Jahrbuch)), 53 (1923), 178 s.

438 I: LILi: S CAMBER '

messale, chiamato « Hadrianum », fu introdotto in tutto il territorio franco; perb i« sacramentaria mixta », come dimostrano G, Ae Ph,

continuarono per qualche tempo ad essere copiati. Da quanto abbiamo esposto una cosa sembra emergere con par-

ticolare chiarezza: solo a condizione di risolvere il problema dei Ge s. VIII, si riesce a ricostruire piii fedehnente la storia complessa dei

sacramentari nei sec. VII e VIII, nell'Italia settentrionale e nel regnö dei Franchi. Nell'Italia centrale e nneridionale tale storia ha avuto altre vicende. Accadde ad esempio che in queste rcgioni giä nel se- colo VIII si giungesse alla composizione di inessali plenari (14), espor, tati poi, a partire dal sec. IX, verso settentrione e particolarmente in direzione della Bavicra (15), mentre nell'ambiente franco soltanto in

epoca piit recente (dopo il 1000) si manifestano dei tentativi di ar-

rivare a costituire nn messale plenario. KLAUS GAMBER

(14) Cfr. GAn1RER, Ein mittelitalienisches Plenarntissale des 8. Jahrhunderts, u Ephem. lit u, 76 (1962) 335.341.

(15) Cfr. GAn1RER, Sakramentanypen, 66 ss.