WIKIPEDIA - ilcittadino.it · La conoscenza è libera, gratuita e soprattutto condivisa. Perché le...

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alessandro beltrami S e fosse un essere umano sarebbe all’ultimo anno delle elementari. E invece è forse la più grande fonte di informazioni del mondo con- temporaneo. Era il 15 gennaio di dieci anni fa quando Wikipedia faceva la sua apparizione sul web. Alle fine del 2001, pochi mesi dopo quella in inglese, ne sono state avviate altre tredici versioni in alcune tra le lingue maggiori, italiano compresa. Un’autentica rivoluzione nel sistema del sapere. Addio volumoni pesanti e polverosi. La conoscenza è libera, gratuita e soprattutto condivisa. Perché le voci di Wikipedia le scrivono, come vuole la filosofia “wiki”, gli utenti stessi. Così spiegava la buona vecchia enciclopedia Treccani: “Wikipedia è un’en- ciclopedia on-line, multilingue, a contenuto aperto [...]. Tutti i testi possono essere libera- mente modificati, distribuiti e venduti. Wikipedia ha con- sistenza diversa in relazione alle diverse lingue nelle quali è disponibile e si incrementa costantemente. In ragione della sua struttura - che permette, a chiunque sia connesso a inter- net e possieda un browser web, di modificare il contenuto delle sue pagine - gli stessi respon- sabili di Wikipedia dichiarano esplicitamente di non offrire garanzie sulla validità dei contenuti”. Wikipedia è l’utopia del sapere libero e totale. Jimmy Wales, fondatore di Wikipedia, ha scritto: “La nostra missione è di mettere a disposizione liberamente una summa della conoscenza mondiale ad ogni singola persona sul pianeta in una lingua a sua scelta, usando una licenza libera, in modo che possa modificarla, adattarla, riusarla o ridistribu- irla a piacimento. E quando dico ‘ogni singola persona sul pianeta’ intendo proprio questo; dobbiamo ricordarci che buona parte del nostro pubblico potenziale non può ancora accedere a internet in maniera affidabile o non può accedervi per nulla”. L’idea si è rivelata vincente. Tutti possono contribuire alla crescita dell’enciclopedia inse- rendo materiali non coperti da diritto d’autore e “nel rispetto dei principi dell’obiettività e della convivenza civile”. Wiki- pedia è dal 2007 stabilmente tra i dieci siti più visitati del web. Lo scorso novembre ha richia- mato su internet 411 milioni di visitatori che hanno visto 14 miliardi di pagine. La mobilità e l’elasticità fanno del progetto una sorta di essere vivente in continua trasformazione ed evoluzione. Oggi sono 273 le “wikipedie” esistenti. La più grande è naturalmente quella inglese: 3.525.822 articoli (dato aggior- nato a martedì scorso: non si può escludere che nel frattempo se ne sia aggiunto qualche altro). Seguono quella tedesca (1.174.209) e quella in lingua francese (1.054.455). Al quarto, un po’ a sorpresa, la versione polacca con 765.527 voci, seguita a breve distanza dall’Italia (762.882). Al posto numero 50 ecco la Vicipaedia latina, in cui appassionati si cimentano in vertiginosi para- frasi per tradurre nella lingua di Cicerone concetti e vocaboli della modernità. Non mancano i linguaggi artificiali: e se il più diffuso è l’esperanto (26mo in classifica), lo tallona il meno noto Volapük, creato tra il 1879 e il 1880 dal sacerdote cattolico tedesco Johann Martin Schle- yer. E che con 118.840 articoli si colloca più sopra di lingue come l’ebraico, il bulgaro o il croato. Ma Wikipedia, simbolo della nuova era globale, è anche il regno delle microculture. Qui l’orgoglio delle comunità linguistiche ha trovato terreno fertile. Non si contano i dialetti africani, asiatici, dell’Oceania, presenti talvolta con poche decine di articoli, altre volte in modo più sostenuto. Anche le parlate regionali italiche si sono date da fare: ecco le versioni in lombardo, veneto, emiliano romagnolo, ligure, napoletano, tarantino, siciliano, sardo. Par- ticolarmente attivi i piemontesi che hanno pubblicato sulla “Ragnà” (ovvero “la rete”) 32.175 voci, conquistando la posizione numero 59. Non è però tutto oro quel che luccica. A molti sarà capitato di verificare come i dati conte- nuti nelle pagine del progetto non siano sempre affidabili. L’accessibilità alla creazione dei contenuti, di per sé altamente democratica, diviene insieme il limite stesso dell’operazione, venendo a mancare la garanzia dell’autorevolezza e dell’af- fidabilità. Senza dimenticare il continuo rischio di atti di vandalismo informatico. Il gesuita Antonio Spadaro nel luglio 2005 pubblicò su “La civiltà cattolica” un articolo dedicato all’analisi di Wikipe- dia che si concludeva infatti con una serie di dubbi ancora attuali: “Wikipedia rappre- senta un sogno illuminista di descrivere il mondo, che però si scontra con le difficoltà di accreditarsi come compendio di sapere credibile, mantenendo nel contempo anonimato, flessibilità e continua apertura a nuovi collaboratori. Nello stesso tempo questa ‘utopia’ rovescia il sogno dell’enci- clopedia tradizionale, intesa come costruzione autorevole, organica e integrata del sapere... Wikipedia nasconde un’altra utopia, a suo modo, ambigua: la democrazia assoluta del sapere e la collaborazione delle intel- ligenze molteplici che dà vita a una sorta di intelligenza col- lettiva. Questa utopia potrebbe nascondere una nuova forma di ‘torre di Babele’, che ha il suo tallone di Achille non solo nell’inaffidabilità, ma anche nel relativismo. Occorre comunque avere occhi per saper ricono- scere in questo movimento un nuovo e interessante scenario sociale e collettivo, capace di valorizzare la cooperazione intellettuale”. In molti lessero una condanna ufficiale del pro- getto. In realtà padre Spadaro poneva l’attenzione sui rischi e sugli aspetti problematici di Wikipedia, ribadendo la necessità di una lettura capace di selezionare criticamente i contenuti. E non è un caso se negli anni il progetto si è dotato di uno staff di amministratori del sito che monitorano e inter- vengono nel caso di violazioni o di dubbi sull’affidabilità delle informazioni immesse in rete. Dieci anni dopo, Wikipedia è però anche un colosso econo- mico. La gestione delle risorse è affidato a un organismo no- profit, la Wikimedia Founda- tion. Che ha da poco concluso una campagna di raccolta fondi piuttosto fruttuosa: 16 milioni di dollari. Il doppio rispetto a un anno fa. La maggior parte delle spese copre i costi delle infrastrutture informatiche. Contributi che garantiscono al progetto l’indipendenza da forme di sponsorizzazione e pubblicità. Almeno ancora per un anno. Poi si vedrà se l’utopia resterà realtà. 3 D 13 gennaio 2011 Cultura la condivisione on line sta cambiando l’accesso alla conoscenza. rimane il nodo delle fonti WIKIPEDIA L’enciclopedia libera e globale compie dieci anni

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alessandro beltrami

Se fosse un essere umano sarebbe all’ultimo anno

delle elementari. E invece è forse la più grande fonte di informazioni del mondo con-temporaneo. Era il 15 gennaio di dieci anni fa quando Wikipedia faceva la sua apparizione sul web. Alle fine del 2001, pochi mesi dopo quella in inglese, ne sono state avviate altre tredici versioni in alcune tra le lingue maggiori, italiano compresa. Un’autentica rivoluzione nel sistema del sapere. Addio volumoni pesanti e polverosi. La conoscenza è libera, gratuita e soprattutto condivisa. Perché le voci di Wikipedia le scrivono, come vuole la filosofia “wiki”, gli utenti stessi. Così spiegava la buona vecchia enciclopedia Treccani: “Wikipedia è un’en-ciclopedia on-line, multilingue, a contenuto aperto [...]. Tutti i testi possono essere libera-mente modificati, distribuiti e venduti. Wikipedia ha con-sistenza diversa in relazione alle diverse lingue nelle quali è disponibile e si incrementa costantemente. In ragione della sua struttura - che permette, a chiunque sia connesso a inter-net e possieda un browser web, di modificare il contenuto delle sue pagine - gli stessi respon-sabili di Wikipedia dichiarano esplicitamente di non offrire garanzie sulla validità dei contenuti”.Wikipedia è l’utopia del sapere libero e totale. Jimmy Wales, fondatore di Wikipedia, ha

scritto: “La nostra missione è di mettere a disposizione liberamente una summa della conoscenza mondiale ad ogni singola persona sul pianeta in una lingua a sua scelta, usando una licenza libera, in modo che possa modificarla, adattarla, riusarla o ridistribu-irla a piacimento. E quando dico ‘ogni singola persona sul pianeta’ intendo proprio questo; dobbiamo ricordarci che buona parte del nostro pubblico potenziale non può ancora accedere a internet in maniera affidabile o non può accedervi per nulla”. L’idea si è rivelata vincente. Tutti possono contribuire alla crescita dell’enciclopedia inse-rendo materiali non coperti da diritto d’autore e “nel rispetto dei principi dell’obiettività e della convivenza civile”. Wiki-pedia è dal 2007 stabilmente tra i dieci siti più visitati del web. Lo scorso novembre ha richia-mato su internet 411 milioni di visitatori che hanno visto 14 miliardi di pagine. La mobilità e l’elasticità fanno del progetto una sorta di essere vivente in continua trasformazione ed evoluzione. Oggi sono 273 le “wikipedie” esistenti. La più grande è naturalmente quella inglese: 3.525.822 articoli (dato aggior-nato a martedì scorso: non si può escludere che nel frattempo se ne sia aggiunto qualche altro). Seguono quella tedesca (1.174.209) e quella in lingua francese (1.054.455). Al quarto, un po’ a sorpresa, la

versione polacca con 765.527 voci, seguita a breve distanza dall’Italia (762.882). Al posto numero 50 ecco la Vicipaedia latina, in cui appassionati si cimentano in vertiginosi para-frasi per tradurre nella lingua di Cicerone concetti e vocaboli della modernità. Non mancano i linguaggi artificiali: e se il più diffuso è l’esperanto (26mo in classifica), lo tallona il meno noto Volapük, creato tra il 1879 e il 1880 dal sacerdote cattolico tedesco Johann Martin Schle-

yer. E che con 118.840 articoli si colloca più sopra di lingue come l’ebraico, il bulgaro o il croato. Ma Wikipedia, simbolo della nuova era globale, è anche il regno delle microculture. Qui l’orgoglio delle comunità linguistiche ha trovato terreno fertile. Non si contano i dialetti africani, asiatici, dell’Oceania, presenti talvolta con poche decine di articoli, altre volte in modo più sostenuto. Anche le parlate regionali italiche si sono date da fare: ecco le versioni

in lombardo, veneto, emiliano romagnolo, ligure, napoletano, tarantino, siciliano, sardo. Par-ticolarmente attivi i piemontesi che hanno pubblicato sulla “Ragnà” (ovvero “la rete”) 32.175 voci, conquistando la posizione numero 59.Non è però tutto oro quel che luccica. A molti sarà capitato di verificare come i dati conte-nuti nelle pagine del progetto non siano sempre affidabili. L’accessibilità alla creazione dei contenuti, di per sé altamente democratica, diviene insieme il limite stesso dell’operazione, venendo a mancare la garanzia dell’autorevolezza e dell’af-fidabilità. Senza dimenticare il continuo rischio di atti di vandalismo informatico. Il gesuita Antonio Spadaro nel luglio 2005 pubblicò su “La civiltà cattolica” un articolo dedicato all’analisi di Wikipe-dia che si concludeva infatti con una serie di dubbi ancora attuali: “Wikipedia rappre-senta un sogno illuminista di descrivere il mondo, che però si scontra con le difficoltà di accreditarsi come compendio di sapere credibile, mantenendo nel contempo anonimato, flessibilità e continua apertura a nuovi collaboratori. Nello stesso tempo questa ‘utopia’ rovescia il sogno dell’enci-clopedia tradizionale, intesa come costruzione autorevole, organica e integrata del sapere... Wikipedia nasconde un’altra utopia, a suo modo, ambigua: la democrazia assoluta del sapere e la collaborazione delle intel-

ligenze molteplici che dà vita a una sorta di intelligenza col-lettiva. Questa utopia potrebbe nascondere una nuova forma di ‘torre di Babele’, che ha il suo tallone di Achille non solo nell’inaffidabilità, ma anche nel relativismo. Occorre comunque avere occhi per saper ricono-scere in questo movimento un nuovo e interessante scenario sociale e collettivo, capace di valorizzare la cooperazione intellettuale”. In molti lessero una condanna ufficiale del pro-getto. In realtà padre Spadaro poneva l’attenzione sui rischi e sugli aspetti problematici di Wikipedia, ribadendo la necessità di una lettura capace di selezionare criticamente i contenuti. E non è un caso se negli anni il progetto si è dotato di uno staff di amministratori del sito che monitorano e inter-vengono nel caso di violazioni o di dubbi sull’affidabilità delle informazioni immesse in rete.Dieci anni dopo, Wikipedia è però anche un colosso econo-mico. La gestione delle risorse è affidato a un organismo no-profit, la Wikimedia Founda-tion. Che ha da poco concluso una campagna di raccolta fondi piuttosto fruttuosa: 16 milioni di dollari. Il doppio rispetto a un anno fa. La maggior parte delle spese copre i costi delle infrastrutture informatiche. Contributi che garantiscono al progetto l’indipendenza da forme di sponsorizzazione e pubblicità. Almeno ancora per un anno. Poi si vedrà se l’utopia resterà realtà.

3D 13 gennaio 2011Cultura

la condivisione on line sta cambiando l’accesso alla conoscenza. rimane il nodo delle fonti

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compie dieci anni