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San Paride by night, 3 agosto 2013 “Liberare la libertà” Meditazioni di S.E. Mons. Arturo Aiello Chiostro del Seminario di Teano Campania String Quartet *** Ieri sera abbiamo trascorso una serata insieme a Gennaro (bisogna chiamarli per nome questi giovani, anche se sono degli artisti) e adesso accogliamo Federica, Martina e Raffaella. Raffaella e Gennaro lo scorso inverno sono stati già ospiti di In punta di piedi. Continuiamo la lettura del mito di San Paride tra arte e fede. L’ho chiamato “mito” ieri sera e spero nessuno si sia scandalizzato. Dico una parola sul mito prima di cominciare. Il mito non è una fiaba “c’era una volta…”, non è il racconto di ciò che non è mai accaduto, ma il racconto di ciò che accade sempre o di ciò che accadrà. E quindi ha una valenza più densa della storia. A volte si dice “mitico” per dire “mai accaduto, storia infondata”. E in questo senso, da sette anni, approccio la storia del drago di San 1

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San Paride by night, 3 agosto 2013“Liberare la libertà”Meditazioni di S.E. Mons. Arturo AielloChiostro del Seminario di Teano

Campania String Quartet

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Ieri sera abbiamo trascorso una serata insieme a Gennaro (bisogna chiamarli per nome questi giovani, anche se sono degli artisti) e adesso accogliamo Federica, Martina e Raffaella. Raffaella e Gennaro lo scorso inverno sono stati già ospiti di In punta di piedi. Continuiamo la lettura del mito di San Paride tra arte e fede. L’ho chiamato “mito” ieri sera e spero nessuno si sia scandalizzato. Dico una parola sul mito prima di cominciare. Il mito non è una fiaba “c’era una volta…”, non è il racconto di ciò che non è mai accaduto, ma il racconto di ciò che accade sempre o di ciò che accadrà. E quindi ha una valenza più densa della storia. A volte si dice “mitico” per dire “mai accaduto, storia infondata”. E in questo senso, da sette anni, approccio la storia del drago di San Paride, una storia epica appunto, perché tutti i miti, in qualche maniera, hanno qualcosa di epico, hanno battaglie, gesta eroiche, grandi decisioni. Nel nostro caso, ci sono dei miti legati alla fede e battaglie e gesta che affondano le radici nella fede. Quindi, riscrivendo, ridicendo, raccontando di nuovo la storia di San Paride, rinnoviamo e rinsaldiamo la nostra fede. Ecco, cominciamo così. Vorrei dire alle due artiste, che forse non sono mai state qui, che faremo un grande applauso alla fine, in modo tale da mantenere al massimo la concentrazione sia per la riflessione che per l’ascolto. Il programma ci fa partire da lontano per giungere ai nostri giorni.

1. Te Deum – “Prelude” M. A. Charpentier

Libertà: decidersi per ciò che più vale

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Ci facciamo un segno di Croce: Nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo. Qualcuno di voi, erroneamente, avrà pensato che stavamo andando in Eurovisione, e invece si tratta del Te Deum. Ci sono dei brani che ascoltiamo, che sono stati divulgati, cui è legato un evento, in questo caso una modalità di trasmissione, in realtà, si tratta di musica scritta per la liturgia, musica sacra. Gran parte del patrimonio musicale rientra in questa categoria, anche se pensiamo che tutta la musica sia sacra, anche quella che normalmente viene indicata come profana.Il titolo di questa serata è: Liberare la libertà. Certo, si tratta di temi un tantino ostici, e forse non contestualizzabili in una serata di calura come questa, ma ho pensato a questo tema perché è legato a quello cui già accennavo ieri sera: al drago e alla lotta che San Paride svolge. E allora il primo punto è: “Libertà: decidersi per ciò che più vale”. Innanzitutto, cos’è la libertà? Ecco, intendiamoci una volta per sempre su questo tema. Ovviamente, potremo darne cinquemila definizioni, ma certamente non è la possibilità di fare ciò che si vuole, come oggi tanti pensano e vivono, alla luce di un’errata cognizione della libertà. Invece libertà è decidersi per ciò che vale di più, cioè una persona è tanto più libera quanto più sceglie ciò che è alto, e più la scelta della persona va verso tonalità alte, tanto più è libera. Perché questa definizione, che ha un sostrato filosofico e psicologico? Perché il drago, di cui abbiamo parlato ieri sera, di cui vi ho già dato mille possibili sfaccettature, è una proposta per impiegare la libertà, una proposta facile. È facile scegliere il drago? Il male, le passioni, qualsiasi scelta facile? Certo. Gesù dice: “La via della salvezza è stretta”. Cercate di entrare per la porta stretta, invece la via del male è in discesa, non ti devi impegnare, va da sé. Com’è difficile il bello! Ha bisogno di uno sforzo e di una motivazione supplementare, per il male, invece, non dobbiamo argomentare. Il male viene da sé, ci attrae e - dobbiamo confessarlo - ha un suo fascino; è chiaro, si tratta di un fascino passeggero, ma ha un suo fascino, e guai se pensassimo e dicessimo ai giovani: Guardate che il male è brutto! No, no, no. Il male si ammanta di fascino, ha una sua estetica, anche se non duratura. Quindi bisogna decidersi per ciò che vale di più: è la prima pillola di saggezza, se volete, che condividiamo questa sera, chiedendo a

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san Paride di aiutarci a verificare il nostro grado di libertà, perché la libertà è sempre in bilico, non è una scelta una volta per sempre, ma è una scelta da rimodulare continuamente, da rifare. Allora, in questa giornata che concludiamo qui in una maniera così bella, così raccolta, ho scelto, ho fatto le scelte per ciò che valeva di più? E normalmente ciò che vale di più è anche più difficile, o piuttosto ho fatto scelte facili? Nella misura in cui ho optato per scelte facili, sono diventato meno libero, più schiavo. Libertà è decidersi per ciò che più vale. L’Aria sulla quarta corda ci distende un tantino per farci riflettere.

2. Aria dalla Suite n. 3 – BWV 1068 J. S. Bach

Gli dei falsi e bugiardiPerché non ho scritto “decidersi per Dio?”. Avrei potuto scrivere: Libertà è decidersi per Dio; non l’ho fatto, perché il termine “Dio” è equivoco, perché gli dei sono tanti, ci sono tante immagini di Dio, tante statue venerate nella nostra cultura, che non sono Dio, ma che pure ricevono gli incensi, le lodi, i canti, le liturgie di tante persone. Allora ho tratto un verso dalla Divina Commedia: Gli dei falsi e bugiardi, che rappresenta lo sforzo che dobbiamo fare continuamente di smascherare chi non è Dio o chi è un dio minore, come diceva il titolo di un film Figli di un dio minore di un po’ di anni fa, che forse quelli più attempati avranno visto. Paride ha trovato, una Teano, dicevo ieri, pagana, ma questo non significa che non ci fossero dei culti, delle liturgie, delle feste. Dal punto di vista dell’antropologia culturale la festa è un topos, cioè un luogo che si trova in tutte le religioni e in tutte le culture, per cui ci sono studi di antropologia culturale sulla festa, sul modo di vivere le feste, sulla beffa che è sottesa alla festa. Ricordo un libro di Vito Teti, calabrese, sulle feste popolari della Calabria, negli anni in cui studiavo all’Università di Napoli, in cui la festa era utilizzata dal signore di turno per tenere calmi i sudditi. Il titolo, infatti, era: Il pane, la festa, la beffa. Paride, come d’altra parte noi oggi, ha interfacciato dei templi, delle liturgie, dei modi, che sembrano appartenere alla fede, in realtà sono solo forme religiose. È così difficile, anche per quelli fra noi più adulti, saper distinguere un evento di fede da un evento religioso. La fede ha anche delle espressioni religiose, ma spesso la religiosità è senza fede. Tante processioni, tante manifestazioni, che hanno pure immagini sacre, anche la

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festa di San Paride (poco gettonata, come sapete, lo sa bene Paride che ne porta il nome) possono essere un fenomeno religioso, ma non per questa festa, ad esempio, la fede dei teanesi aumenterà il 6 di agosto, il giorno dopo. Perciò chiediamo di fare attenzione alla distinzione tra ciò che è religioso, solo religioso, e ciò che, invece, alimenta la fede. Per questo “decidersi per ciò che vale di più” significa decidersi per il Dio vero, non per gli dei falsi. Oggi è sabato, i vostri coetanei si trovano a fare delle liturgie, che cominciano alle 23:00 e finiranno, se tutto va bene, all’alba. Sono delle liturgie? Certo, ci sono anche delle incensazioni, a volte tossiche. Qualcuno dice che anche il nostro incenso possa essere tossico, ma nulla ha a che vedere con certe tossicità da incensazioni nei night, durante i concerti, soprattutto di certi cantanti, dove insieme con il biglietto bisogna comprare anche una dose di, altrimenti non fa scena, non si entra appieno nel vissuto del concerto. Vedete, anche quelle sono delle liturgie, anche quelli sono degli incensi, dei canti, degli inchini, delle riverenze, degli abiti, ma ovviamente si tratta di dei falsi e bugiardi. Speriamo, e lo chiediamo a San Paride, di avere la sapienza di distinguere ciò che è un dio camuffato, un dio falso e bugiardo, camuffato da Dio, da una vera esperienza di Dio, che spesso avviene nell’ estrema semplicità di un soffio di vento, come direbbe l’esperienza di Elia. Magari lo invochiamo questa sera, che fa particolarmente caldo.

3. Quartetto in Fa Minore Op. 95 L. W. Beethoven Larghetto espressivo Allegretto agitato Allegro

Il prezzo della libertà“Il prezzo della libertà” vuol essere un tentativo di lettura del perché i teanesi cercarono di far morire il loro liberatore. Vedete, essere liberatori è una cosa quanto mai scomoda, perché bisogna lottare contro i nemici e liberare gli schiavi, ma poi bisogna combattere contro gli schiavi che si sono liberati. Detto così, sembra un paradosso, in realtà è ciò che accade continuamente: è accaduto nella storia e accade anche nelle nostre vite, perché tutti sventolano la bandiera della libertà, ma la vorrebbero gratuitamente, senza sforzo. La libertà, invece, ha un prezzo. Chiede dei

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sacrifici, delle rinunce, e quando si comincia a parlare di rinunce, l’audience s’abbassa e le persone dicono: grazie, ci teniamo la nostra schiavitù, ci sta bene questa cattiva abitudine; sì, questo despota ci tiene sotto la sferza, ma alla fine ci tiene uniti, ci dà il pane, ci riempie lo stomaco, ci organizza le feste, ci gratifica, perché il male, o il diavolo, se volete (anche se io, come sapete, non sono tra quelli che parlano sempre del diavolo) ci sono sempre. Il diavolo c’è, ti accarezza, e invece Dio ti pungola, perciò c’è un prezzo da pagare: essere schiaffeggiati, essere a disagio, sentirsi sempre impari. Chi fra noi (molti dei presenti) è in questo cammino sa quanto sia difficoltoso essere cristiani sul serio, perché è un pungolo continuo, non c’è sera in cui si vada a dormire felici e contenti, ma ci si dice sempre: ho sbagliato qui, avrei potuto, questa parola avrei potuto non dirla e… Che fatica! Questo è il prezzo della libertà. E oggi nessuno vuole pagarlo. Ecco perché ci troviamo in un momento, senza essere apocalittici, nel quale il primo reuccio che venga fuori, anche sul piano della politica italiana, tutti proni ad adorarlo, perché ci troviamo in quei tempi che sono già accaduti, dove l’instabilità economica, la crisi fanno sentire i bisogni primari, e dunque l’importante è mangiare, soddisfare i bisogni fondamentali. Allora basterà si faccia avanti un pinco pallino qualsiasi, che sale su un balcone e si agita, che le folle lo osanneranno: Ecco il liberatore, è venuto! Bravo, dicci cosa dobbiamo fare. Anche se ci terrà schiavi, perché la libertà ha un prezzo. Dice Dante: Libertà vo cercando , ch'è sì cara, come sa chi per lei vita rifiuta . Addirittura c’è chi è disposto, pur d’esser libero, a rinunciare alla vita.

4. Palladio K. Jenkins

Fuga dalla libertàNon c’entra con il nostro discorso, ma vi dico come ho vissuto questo brano. Mi sono lasciato prendere da “Palladio”, e ho fatto un viaggio sul Brenta, dove ci sono delle ville meravigliose, che portano la firma di un grande architetto, il Palladio. Per esempio: Villa Pisani a Stra, come altri meravigliosi giardini, che si affacciano sul Brenta. Mi è sembrato di rivedere quelle architetture: questo era il tema portante, no? Ecco, allora gli archi, i giardini. Perché vi dico questo? Perché il mio sforzo, immane,

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titanico, ma anche leggero, è quello di offrirvi delle architetture, sia pure di un attimo, come questa che abbiamo ascoltato. Quanto è durato il brano? Due minuti, tre minuti, quattro minuti: un’architettura! Alla fine a me non interessa più tanto chi l’abbia ascoltato; prima mi addoloravo: sono venuti in pochi, le sedie occupate sono sì e no la metà, oh, non mi interessa più! Adesso organizzo i giardini pensili di Babilonia, le statue, le lantane, e mi siedo, ma potrei stare qui da solo, mentre loro suonano, e per me è una cosa bellissima. Il vostro vescovo è uno che fa le architetture, non solo le architetture di pietra, ma anche le architetture di vita, date da un verso, da una suggestione.“Fuga dalla libertà”: ricordo l’omelia del 2006, il mio primo San Paride qui, dove citai questo testo cardine della psicologia post freudiana, di Erich Fromm, uno degli alunni di Freud, che, come tanti altri, si è distaccato dal maestro, tentando altre strade. Fromm, parlando dell’Argentina, e anche del nostro ventennio, spiega come la gente abbia paura della libertà, e, all’atto in cui è libera o s’accorge di essere libera, si suicida, o cerca il primo despota cui sottomettersi. In fondo è il motivo per cui San Paride fu osteggiato dai teanesi: ci hai tolto il drago e adesso come facciamo? Ma non era un drago cattivo? Non vi angariava? Sì, ma alla fine era simpatico, c’eravamo abituati. C’eravamo abituati! Ecco, questo è il problema, cari miei, che ci abituiamo al male, e poi esso diventa un elemento del panorama, del paesaggio, come l’immondizia per l’entroterra aversano, e per tante zone dell’hinterland napoletano. Se voi gliela andate a togliere, quelli si suicidano sul serio perché fa parte del panorama, è come eliminare, non so, da noi la collina di Sant’Antonio: Avete demolito la collina di Sant’Antonio, adesso come facciamo? Come facciamo a vivere? Lo sto dicendo in una maniera paradossale, vi sembra che stia facendo dell’amara ironia, in realtà sto descrivendo il nostro più grande pericolo: abituarsi al male, al brutto, a stare in tensione con la moglie, abituarsi all’immondizia, a che le cose vanno male. E se qualcuno ti dice che le cose possono andar bene e ti apre una strada, finirai con l’ucciderlo, perché ti scomoda, ti toglie da quell’equilibrio che si era creato nello squilibrio. Detto così, sembra un’assurdità, in realtà è una cosa all’ordine del giorno, un atteggiamento che abbiamo continuamente, per cui scappiamo dalla libertà. “Stai

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scappando dalla libertà”, dice De Crescenzo in una canzone, che abbiamo utilizzato qualche volta:“È quasi sera e non hai vissuto ormai”. Stai scappando dalla libertà. La libertà ti viene incontro e non la vuoi, non la vuoi perché è scomoda, e allora scappi e vai verso l’Egitto, perché il paradigma di quello che sto dicendo nella Bibbia è descritto con l’Egitto-Promessa. Il popolo esce, ma alla fine dice: ma stavo così bene in Egitto! Si mangiava, c’erano le feste, il Faraone ogni tanto ci graziava anche. Adesso qui siamo liberi, ma in un deserto. Ecco, potrei continuare a lungo, ma bastano queste sollecitazioni per innervosirvi, magari riuscissi a farlo! In realtà, vorrei darvi una foto di quelle che sono le nostre reazioni quando qualcuno viene a liberarci. /\/\ la libertà!

5. Quartetto K. 465 n. 19 “Dissonance” W. A. Mozart Allegro molto

Tranquillina, ma non troppo…Spiego al quartetto - immagino voi lo sappiate - che Tranquillina era la ragazza che doveva essere offerta al drago. Questo è il mito. Gennaro è più esperto perché è stato presente anche alla prima puntata. Dunque nella Teano antica c’è un drago, che forse è un despota, e di tanto in tanto bisogna offrirgli una ragazza, ieri come oggi. Adesso è il turno di Tranquillina. Mi sono sempre chiesto: ma com’è che le hanno trasmesso questo nome “Tranquillina”, forse perché era una ragazza con la testa tra le nuvole? Ho scritto Tranquillina, ma non troppo, se l’aspettano le fauci del drago. Fauci o altro, è sempre drago, perché viene a rubare, a mangiare la verginità o l’ingenuità di questa ragazza, che è offerta. Succede così, prima o poi viene il turno… qui ci sono tre ragazze, prima una, poi l’altra, è il suo anno, è l’anno di Tranquillina: bisogna offrirla. Interessante questo mito! Ci dice come i genitori a volte offrano i figli. I genitori qui presenti diranno: ma noi mai lo permetteremmo, neanche ci sfiora la mente, siamo i difensori dei nostri figli, in realtà siamo tutti un po’ presi dalla mania di sacrificare una vittima. A volte si sacrifica un figlio, una figlia per un interesse, per una raccomandazione, per superare un esame, per… Sembra assurdo, ma non lo è, perché finiamo con uccidere ciò che più amiamo, perché non siamo in grado di gestirlo, e lo buttiamo dalla finestra; ciò che

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c’è più caro finisce con l’essere vittima del nostro egoismo. Allora ci aiuta San Paride, che è riuscito a salvare Tranquillina. Ma le Tranquillina di stanotte chi le salverà? Ce ne sono anche stanotte! Non voi, state al sicuro qui, nessuno vi tocca, siete qui ad ascoltarmi, ma altrove ci sono altre ragazze, e ragazzi anche. Il mito ci parla di una ragazza, ma parliamo qui di giovani alla stregua del primo che arriva. Che succederà stanotte? Noi andremo a dormire tranquilli, mentre ci saranno delle vittime, dei giovani che chiuderanno la vita stanotte nelle fauci di qualche drago, Mangiafuoco o Polifemo.

6. Capriccio per String Quartet F. Mendelssohn Andante con moto Allegro fugato

I giovani di ieri e di oggiChe cos’è un tema fugato? Ne abbiamo ascoltato uno. Riprendete, per favore, il tema fugato, l’inizio, così spieghiamo i giovani di ieri e di oggi. Vedete, ha cominciato il secondo violino, poi la viola e il violoncello e poi di nuovo il primo violino. Questo è il tema, questo avviene nella musica organistica, ma anche per gli archi. Ci sono temi che si rincorrono. Comincia uno e va avanti, poi parte un altro e si mette a rincorrere il tema (fuga), e poi entra il violoncello e cerca di… , insomma è una corsa! A volte un brano bisogna smontarlo, non ne ho la competenza, ma sarebbe bello ascoltare un brano smontandolo, per capire quanti motivi ha, questo concerto quanti motivi ha. Ho smontato semplicemente le prime battute del tema fugato. Perché ho voluto farlo? Perché i giovani di ieri e di oggi sono così: comincia uno e un altro gli va dietro, e poi un altro, e un altro ancora… Il problema è: qual è il tema fugato iniziale? Faccio un esempio che vi annoierà terribilmente. In filosofia, nella filosofia Scolastica, esistevano i sillogismi, ragionamenti di tipo deduttivo, per cui, date due premesse, una maggiore e una minore, ne segue necessariamente una conseguenza. Dipende se la premessa maggiore è giusta, perché se è sbagliata (i seminaristi almeno dovrebbero saperlo!) allora ne segue tutto un ragionamento errato, addirittura si finisce nell’assurdo. Allora, se il tema iniziale è giusto, tutti gli vanno dietro, come un flauto magico: tutti i bambini e tutti i topi, come i giovani ieri e oggi. Sì, sono

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cambiate tante cose, ma alla fine mi sembra che ci sia una comune voglia di omologarsi, ieri come oggi. Il problema sta: a che cosa omologarsi? Chi dà il tema? Chi sceglie il tema da rincorrere? Mettiamo il gel? Mettiamo il piercing? Mettiamo le triple sfumature? Indossiamo i pantaloncini stretti che per chiuderseli bisogna stare stesi sul letto, senza respirare altrimenti si scoppia. Ecco, vi sto facendo sorridere, in effetti è quello che succede. Succede nella moda, nei comportamenti, nelle parole da dire, nei luoghi da frequentare… e allora i giovani che ha incontrato San Paride non sono tanto diversi dai nostri. E hanno anche - quelli di ieri e quelli di oggi - una smania di infinito, che noi grandi non abbiamo, che rischiamo di aver perso o di perdere. A volte questa smania d’infinito, l’avere diciotto anni in tasca, porta a giocare questi bonus in mercati fallimentari, e abbiamo quello che succederà puntualmente anche stanotte, sabato sera. Altre volte chi dà il tema, chi comincia innalza, perché è un verso, un poeta, un condottiero, perché è un maestro, e allora tutti a stargli dietro, magari anche facendo grandi sacrifici! Allora Tranquillina, “Tranquillina, ma non troppo”, ci riporta la nostra responsabilità verso i giovani, di cui ci dovremmo occupare di più, tutti, anche quelli fra voi che sono giovani dovrebbero occuparsi dei propri coetanei, noi dei nostri figli, dei nostri nipoti: Ma che fanno? Ma chi seguono? Chi stanno inseguendo? Chi ha dato il tema? A volte il tema fugato lo si sceglie a tavolino, in un’industria, in una sala dove si dice cosa bisogna indossare, peraltro queste cose sono molto innocenti, eh. Cosa bisogna indossare il prossimo autunno? Di che colori bisogna vestirsi? Ma poi quando si decidono cose più serie, e anche quei temi vengono seguiti, chi li decide? E il secondo violino, che ha cominciato il tema, chi è? Suona davanti a tutti o si nasconde da qualche parte e comincia il tema, sapendo che è ammaliante e che tutti gli andranno dietro? Ecco direi (per voi che siete presenti sfondo una porta aperta, ma anche se fossimo due stasera, basterebbe per il bene della nostra Chiesa) che comincia un tema fugato affascinante, controcorrente, ma che appassiona, che in una parola è: Sì, maestro!, perché un tema fugato lo sceglie un maestro. Un maestro del sospetto? dietro le quinte? O un maestro nella semplicità della sua vita, nella verità del suo parlare, del suo esistere, nella tensione del bene, che egli per primo vede e soffre, e che affascina altri?

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I giovani dei tempi di San Paride e quelli di oggi sembrano così diversi e sono così simili in queste esigenze di omologarsi, di cercare chi comincia una corsa. Mi sa che nel brano che viene il violoncello lavora di più.

7. Ouverture dal “Guglielmo Tell” G. Rossini

Chi difende Cappuccetto Rosso?Credo che una massima di Quintiliano, un autore latino, mi viene in mente in questo momento, dice che bisogna avere massima riverenza nei confronti dei bambini. Pensate in tempi dove i bambini erano delle cose, ai tempi di Quintiliano, sono passati duemila anni da allora. Cosa significa avere massimo rispetto dei bambini? A questo in qualche maniera da un punto di vista di sensibilità generale siamo arrivati, forse con tutti i telefoni colorati che ci sono per denunciare le violenze. Ma i giovani chi li difende? Ho intitolato: Chi difende Cappuccetto Rosso, e sembrerebbe sempre un’immagine sempre legata ai piccoli, ai bambini, ma Cappuccetto Rosso sono anche i nostri giovani ultradiciottenni, ventenni, venticinquenni, fondamentalmente non pronti a discernere, a capire ciò per cui valga la pena di spendere la moneta della loro giovinezza, e che diventano preda, come dicevo poc’anzi, di Mangiafuoco con Pinocchio, o dei Polifemo con Ulisse, o dei draghi con San Paride. Dobbiamo maturare una maggiore sensibilità, anche scandalizzandoci, quando chi ha autorità, religiosa, politica, sociale, scolastica, viene meno a questa responsabilità di testimonianza. Cosa insegniamo ai giovani? I giovani sono innocenti, anche se sono – come dire? – “malati”, non questi eh, gli altri, ma i colpevoli siamo noi, perché è il mondo adulto che produce, è il mondo adulto che ha le leve, che preme i pulsanti, che riscuote gli interessi di certe campagne pubblicitarie e di certi comportamenti. Allora vedete (ma qui non voglio fare applicazioni, lungi da me) che da personalità che hanno un ruolo istituzionale nella Chiesa, nella vita pubblica possa derivare un cattivo esempio. Ma che fa? È un uomo - così si dice - in fondo è un uomo! No, non è un uomo, è un maestro, è uno che comincia il tema. E questo lo dico perché quelli fra noi che sono maestri (molti hanno questo compito e lo vivono, spero, con drammaticità) sentono non solo la responsabilità nei confronti di se stessi, ma anche di quelli che li guardano. Una volta rispetto al cattivo esempio

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c’era una sensibilità morale enorme, cioè una persona, un adulto che avesse dato un cattivo esempio era capace di tormentarsi. Non come se fosse una colpa labile, un peccato veniale, si sarebbe detto un tempo. No, perché questa cosa tu non l’hai fatta solo per te, ma comincia a fare scuola. Grazie a Dio quello che vi sto dicendo drammaticamente è valido anche in positivo, e cioè facciamo scuola anche quando riusciamo, quando ci riusciamo, a essere al meglio. E allora apriamo una strada, e allora ci sono gli avvocati, i difensori di Cappuccetto Rosso. San Paride lo è stato.

8. Quartetto N. 6 in F major, Opus 96 “American” Dvorak Vivace ma non troppo

Educare alla vita buona del vangeloEducare alla vita buona del vangelo è il tema dei vescovi italiani per il decennio 2010-2020, quindi siamo nel pieno dell’elaborazione di un tema. Lo esprimo in una maniera più sintetica, guardando questi quattro giovani che suonano. Si divertono? Mi verrebbe da chiedervi se suonando vi divertite. Attenti, eh, non aspetto che mi rispondano. Se non si divertissero, questo quartetto sarebbe già sciolto. Da quanto tempo suonate insieme? Poco, un anno, ma dietro questo concerto ci sono delle prove, che saranno anche noiose, però, se io, oltre lo studio, suonando insieme non mi diverto, a parte che suonerò male, mi verrà il bruciore di stomaco, e non reggerò. È importante che in quello che facciamo, troviamo anche una gioia, dirò di più, un piacere. È questo il problema dell’educazione cristiana e non, dell’educare in genere, cioè il fatto che noi il piacere di certi valori, di certe tappe, di certe mete, l’attrazione, la bellezza non la facciamo intravedere, per cui i nostri giovani dicono: No, eccellenza, per carità, invece, se suonando mi diverto, imparo a suonare, suonerò meglio. Allora educare alla vita buona del vangelo significa far sperimentare, non dire le cose, (come sto facendo io adesso) ma far sperimentare la gioia, la bontà, la bellezza dell’essere cristiani. Questa è la sfida per voi tre, per voi che state lì in fondo con la testa tra le mani, dicendo: Eccellenza, ci liberi per carità! Penso a Davide, che sto cercando inutilmente di educare alla vita buona della musica. Ecco, allora, il giorno in cui Davide si metterà in prima fila e dirà: Ma sì, continuate, quello sarà il momento in cui ciò che gli ho detto sarà diventata

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esperienza e una cosa bella, appassionante, per cui non mi stanco di dirla e di farla. Di certe cose non ci si stanca mai, come mai? Perché piacciono. Allora educare alla vita buona del vangelo significa far capire la gioia e la pienezza che provengono dall’essere cristiani, dal seguire Gesù. A questo servono i maestri di oggi, sia che si tratti della fede, come d’altro; anche per la scuola vale la stessa cosa. I maestri d’oggi sono chiamati a questo, e se non lo fanno, finisce la scuola, precipita più giù di quanto non lo sia, ma anche la Chiesa, perché la cosa annoia. Se vi annoia suonare, allora finisce il concerto. Ma, no, no, ci piace, ci divertiamo, e allora continuiamo.

9. Ouverture “La Gazza Ladra” G. Rossini10. Libertango A. Piazzolla

La fatica della quotidianitàGiorni senza nome

Abbiamo fatto un tuffo nell’Opera buffa. Metto insieme per la vostra gioia: “La fatica della quotidianità” e “Giorni senza nome”, perché più o meno hanno la stessa tonalità, e nascevano da un interrogativo: ma che è accaduto dopo la liberazione, l’uccisione del drago, la liberazione di Tranquillina? Il popolo era contro, poi finalmente riconosce in Paride il liberatore, comincia la vita normale, di cui non sappiamo nulla. Il fatto che non sappiamo nulla di tutti quegli anni, immaginiamo tanti, che Paride ha vissuto nell’educare la sua comunità, significa che fatti straordinari, degni di essere tramandati, di generazione in generazione, non ce ne sono stati, ma si è vissuto la quotidianità della vita e della fede. Questo, Turoldo, lo esprime con un verso molto bello: giorni senza nome, la certezza d’esistere. I giorni senza nome sono i giorni in cui non abbiamo i riflettori puntati, non stiamo sulla ribalta, ma siamo a casa, al lavoro, alla Ferrarelle, a scuola, a fare le cose di ogni giorno, cioè siamo nel vero luogo della nostra grandezza, della nostra crescita, ma anche nel luogo dove potrebbe sminuzzarsi la nostra fede, sfaldarsi il nostro amore, per cui chiediamo la grazia di resistere a Paride, che ha avuto consuetudine con anni e anni, con peccati e peccati, con tradimenti e tradimenti, della sua comunità teanese, della sua comunità diocesana, e qui parla veramente l’ultimo pinco pallino, suo successore, l’infimo. Magari San Paride sta pensando dall’alto del Paradiso: Questi non lo riconosco, ma io direi lo stesso: Aiutaci a vivere la

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quotidianità, dove si giocano le cose importanti, senza che ce ne accorgiamo, perché un gesto ripetuto, un gesto che nessuno vede, che nessuno mai tramanderà, che non entrerà in alcuna storia, non farà parte delle gesta del vescovo di Teano, sarà determinante per la vita per me, come vescovo, per voi, come coniugi o come giovani, laddove noi ci giochiamo tanto.Vorrei dedicare Libertango al Papa Francesco per due motivi: primo perché, quando era giovane, ballava il tango, ma anche perché Piazzolla, autore del ‘900, è argentino, anche se con un rapporto travagliato con i politici della sua terra. Dedichiamo Libertango, che tra l’altro vi farà svegliare, al Papa Francesco.

San Paride, pensaci tu!Se avessi dovuto scegliere un brano di Piazzolla, avrei scelto Oblivion, ma lo riserviamo per la prossima volta. “San Paride, pensaci tu” è l’ultima espressione, dopo vi do la benedizione tra un brano e l’altro, alla fine di questa dissertazione, che potrebbe anche essere una sorta di canovaccio quando Luigi farà la Novena di san Paride tra dieci anni, anziché parlare di cose astruse. Ecco, queste sono le cose di cui bisogna parlare in una Novena di San Paride, cioè educare i giovani. Davanti a questa complessità ci sentiamo un po’ scoraggiati, perché diciamo: ma sono all’altezza? Ho le possibilità, la grinta? Ho la creatività per attirare, per cominciare il tema fugato, e quindi tutti mi vengono dietro, magari comincio ma resto un solo violino, come abbiamo fatto ieri con Gennaro nell’antica cattedrale di San Paride. Perciò quest’invocazione tipicamente napoletana, se volete, riassume tutto, “pensaci tu” per quegli aspetti dove noi non arriviamo, per le cose che non riusciamo a capire, per le lentezze che magari ai suoi tempi Paride già accusava nella diocesi, ma che oggi sono super amplificate. Non ci scoraggiamo! Se ce l’ha fatta Paride, ce la farà anche Arturo, e ce la farete anche voi.

La Traviata: “selezione” (Bicentenario della nascita di Giuseppe Verdi) G. Verdi

Addio, del passato bei sogni ridenti: abbiamo ascoltato una delle arie, la penultima, di La Traviata, e così con questo tema, che non ha nulla a che

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vedere apparentemente con la festa di San Paride, pensiamo anche alla sua morte, che si celebra il 5 di agosto, ed è la risposta più fondata e più probabile che sia quello il giorno della morte. Violetta dice o Dio, or tutto finì, tutto scompare, le rose del volto già sono pallenti. Il declino, il tramonto è avvenuto anche per San Paride. Bravi per aver sopportato tutto questo, servirà per la vostra causa di canonizzazione. Il vescovo, a conclusione, vi dà anche la sua benedizione. Restate seduti.

Benedizione del VescovoAscoltiamo l’ultimo brano, che diciamo compone vari temi di canzoni napoletane. Chi ha detto che il dialetto non sia una Lingua? È la stessa domanda che ci poniamo concludendo un concerto. Dopo diremo bravi, bravissimi a questi quattro giovani concertisti per la loro esecuzione. Concludere con brani sembrerebbe abbassare il tono, in realtà, se il dialetto ha la stessa valenza della lingua ufficiale, questo vale anche per la musica, e dunque una musica popolare, qual è quella napoletana, ha una sua dignità, tra l’altro con questi archi assumerà rilevanza maggiore. Ascoltiamo e poi ringraziamo con un grande applauso.

***Il testo, tratto direttamente dalla registrazione, non è stato rivisto dall’autore.

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