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Per il secondo articolo della nostra rubrica ho scelto un mio approfondimento, redatto con il contributo di Newcoh, uscito su Quotidiano Immobiliare di sabato scorso.

Buona lettura

Cohousing, il modello abitativo che vince la crisi

Il cohousing nasce come risposta a un desiderio sempre più forte di socialità e di condivisione, oltre al bisogno di uno stile di vita sostenibile. La si potrebbe vedere come la versione evoluta dei rapporti di buon vicinato, in passato improntati alla solidarietà e allo scambio e ormai scomparsi dagli orizzonti delle grandi città come Milano. È un modello abitativo già ampiamente diffuso nell’Europa del nord e continentale e nei paesi anglosassoni, che ha preso piede anche in Italia da qualche anno, grazie al lavoro precursore e pionieristico di Newcoh, la società che per prima ha promosso progetti di cohousing in Italia e che oggi vanta cinque progetti realizzati e due in corso. Una sfida, in tempi di crisi, che è stata vinta rivoluzionando il modello tradizionale del mercato immobiliare.

Sul sito di riferimento www.cohousing.it, gravita una community di 18.000 iscritti in costante crescita, i progetti al vaglio del team della società sono in media 6/7 al mese, tutto ciò a dimostrazione del fermento che il cohousing suscita negli operatori e nei destinatari finali… ma è necessario spiegare quanto sia delicato e preciso il percorso innovativo che porta alla realizzazione di un progetto di cohousing.

L’attività di Newcoh infatti si fonda su alcune linee guida che per scelta caratterizzano tutti i progetti: il recupero e la riqualificazione di patrimonio immobiliare degradato o dismesso: la rigenerazione

urbana, senza consumo di nuovo suolo, è il primo pilastro dell’ attività di Newcoh; l’attenta valutazione della localizzazione degli interventi in termini di quantità e qualità dei servizi,

di aree verdi, di rete viaria e di sistemi di trasporto presenti nel territorio circostante; un processo fortemente orientato alla sostenibilità, declinata nei tre capisaldi: sostenibilità

ambientale: edifici che contengano i consumi e, anzi, producano surplus al fabbisogno; sostenibilità sociale: un percorso volto a grande qualità della vita per tutti gli abitanti, anche dei quartieri limitrofi e della città; sostenibilità economica: dettata dallo stile di vita collaborativo, dai risparmi energetici e dal rapporto qualità-prezzo estremamente competitivo.

Sostenibilità totale, insomma, per dirla con le due parole che si sentono pronunciare più spesso all’interno dell’azienda… ma anche partecipazione. È proprio la partecipazione delle persone il fattore che chiude il cerchio del successo delle operazioni di cohousing. Un progetto di cohousing parte solo con l’adesione preventiva dei futuri abitanti, i quali si costituiscono in gruppo promotore diventando contemporaneamente destinatari ma anche i proponenti del progetto stesso e con ciò assumendo un ruolo attivo sia nelle decisioni che riguardano la loro vita futura (abitazioni private, spazi e servizi comuni), sia nell’investimento necessario a far procedere l’operazione immobiliare.

In termini più propriamente finanziari potremmo chiamarlo impact investing, ovvero l’impatto non solo economico ma anche sociale che si genera da un investimento e che viene dunque considerato nella valutazione e nella scelta di quest’ultimo. Si tratta di un nuovo tipo di asset class che rappresenta anche in Italia delle enormi potenzialità. Ne è esempio emblematico il Progetto Cohousing Chiaravalle, la ristrutturazione in chiave cohousing di una cascina del ‘600, talmente innovativa ed impattante in termini di sostenibilità, di rigenerazione urbana, di sistemi di produzione energetica, di riscontro sociale per tutto il

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quartiere e per l’intera città, da essere l’unico progetto in Italia a concorrere al bando Horizon 2020 sulla riqualificazione dei distretti edilizi. Un obiettivo importante che permetterà agli abitanti di questo cohousing di essere i primi rappresentanti di un modello di vita innovativo, a testimonianza che alta qualità della vita, impatto zero, economicità e collaborazione sono temi che possono essere messi a fattor comune.

Harley&Dikkinson, arranger tecnico-finanziario da oltre un decennio consulente di primari Istituti di bancari per facilitare l'accesso al credito dei soggetti coinvolti nell'efficientamento energetico degli edifici esistenti, si sta muovendo in questo senso, studiando con le banche prodotti finanziari che tengano in considerazione tutti questi aspetti inerenti dunque uno stile di vita più sostenibile.

Quello di cui sicuramente necessita questa nuova frontiera di finanza sociale è la capacità di misurare tale impatto. Nel momento in cui viene riconosciuto, anche economicamente, il valore sociale, ambientale, insomma umano, di un investimento di ripensamento del vivere sociale attraverso la bonifica o la riqualificazione di un’area urbana piuttosto che nella costruzione di un nuovo quartiere solidale, non vi saranno più tabù da parte dei grandi investitori nonché da parte della pubblica amministrazione che da questa nuova concezione del vivere può solo trarre vantaggi concreti. Pensiamo soltanto ai diversi elementi correlati al tema, valori quali la qualità della vita, la salute intesa tanto in senso fisico quanto psicosociale e a come possono contrastare problematiche legate all’inquinamento e al degrado per esempio nelle periferie. Tutto ciò si integrerà altresì sempre di più con quelle unità di misura più classiche di diagnosi pre e post intervento per esempio in termini di risparmio energetico e di riuso che già vanno a comporre il paniere delle attuali valutazioni finanziarie.

Annalisa Ferrazzi