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La civiltà degli atti vandalici

Che Aprilia torni ad essere una città

Sembra che l’area del centro fondativo apriliano, la sua memoria e i suoi manufatti riedificati e rimasti in piedi fino alla fine degli anni ’60, sia da sempre il bersaglio e il ricettacolo delle frustrazioni, delle schizofrenie, dell’autolesionismo e di basse pulsioni distruttive di amministratori e professionisti andate tutte disgraziatamente a segno: impunemente.

Fin dalle prime fondamentali architetture rase al suolo volontariamente (‘69-‘72) e anche quando si poteva immaginare un qualche riscatto di riedificazione, vedi campanile (’96), l’inferno continuava a essere lastricato sempre dalle famose buone intenzioni.

Nessuno mai ha difeso realmente la Sua città di fondazione distrutta di nuovo dalla incultura architettonica e anche da quella artistica: stare in silenzio è sempre stato già una colpa, nessuno si senta escluso.

Sembra che in cima alla scala dei valori di chi ha avuto modo di occuparsene viga sempre la passione di abbattere qualsiasi cosa di storico capiti a tiro o che sia scampata miracolosamente a precedenti demolizioni o modificazioni.

Così come si è abbattuta e affossata qualsiasi tipo di proposta che abbia avuto riferimento a progetti strutturali per la cultura. A questa tavola degli orrori perpetrati nel centro si riflette automaticamente quella realizzata in tutto il territorio.

Con questo scriteriato persistente “tiro al bersaglio”, arrogante e insolente, contro i manufatti fondativi e quelli anche mirati dei pochi borghi storici, da parte di chi nel corso del tempo deteneva e detiene le redini dell’amministrazione, si è riusciti a ridurre questo comune di 177,70 Kmq. in un immenso non luogo, dove le caratteristiche identitarie sono state estirpate e immolate alla vanità di patetici artefici, ai soliti piccoli e grandi affari di turno, alle insicurezze morali, al dissolversi dell’estetica, alla perdita del concetto della res publica, alla smaterializzazione delle idee, alla mancanza di coraggio nell’affrontare le proprie tradizioni, al vuoto esistenziale e concettuale.

Questa demolizione reiterata del disegno originario di fondazione e dei nuclei più antichi e il tipo di incultura che c’è dietro, hanno portato quindi a concepire il territorio soltanto come un grande lotto edificabile (più o meno in modi regolari) con la conseguente sistematica cancellazione di qualsiasi memoria che riguarda la storia antica e moderna. Risultato: viviamo in una somma di spazi informi privi di significato, omologati e spersonalizzati.

Oggi Aprilia e quel che rimane del suo centro storico, sta subendo ancora un ennesimo attacco, un accanimento terapeutico demenziale, ancora una coltellata alla storia già decomposta, un nuovo atto vandalico coperto dal termine “riqualificazione”.

Questa ultima parola nel vocabolario di chi la usa ha per sinonimi: devastazione, distruzione, scempio, e sono anni che dico che andrebbe cancellata dal lessico urbanistico.

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In questo non fa eccezione il progetto definitivo di piazza Marconi dell’ing. Colarossi da poco approvato dalla Giunta, ebbene direi che il Nostro ha partorito una cosa “meravigliosa”, già ampiamente annunciata, perchè egli sarà stato scelto nel mazzo dei maggiori illustri studiosi che la città abbia mai visto e che si siano occupati di città di fondazione, del Novecento…. ed ha previsto una cosa cui lo stesso Petrucci non avrebbe mai pensato…. la realizzazione di fioriere sghimbesce, che strozzeranno gli alberi di Largo Marconi con delle sedute in cemento attorno, una cosa francamente fuori luogo.

Con grande ottimismo, ho dedicato quasi tre decenni alla valorizzazione delle memorie della città, promuovendo e partecipando a numerosissimi incontri, convegni, mostre, dibattiti, coinvolgendo i maggiori studiosi di arte e architettura di livello nazionale, in tante sedi diverse, attraverso varie pubblicazioni e posso dire di aver contribuito a portare la cultura artistico-architettonica dell’Aprilia degli anni trenta, alla ribalta nazionale e internazionale, con il volume Metafisica Costruita (2002), dove l’immagine della piazza originaria, in quel caso piazza Roma, ottenne la prima di copertina, divenendo così il logo di tutta la manifestazione, che accompagnò la presentazione del volume perfino a New York.

La quarta città di fondazione, da sempre trascurata dalla cultura ufficiale, veniva finalmente riconosciuta, valorizzata, apprezzata ed anche esaltata come miglior esempio di materializzazione delle ”Piazze d’Italia” di Giorgio De Chirico.

A largo Marconi inoltre, ci sono quelle due fontanelle mirabilmente essenziali e gioiose disegnate di pugno dal Petrucci, si vedono nei disegni, nelle fotografie d’epoca, sono rivestite a mosaico con tessere identiche al formato di quelle usate nel progetto delle Poste del Mazzoni a Sabaudia, anche quelle verranno eliminate, nell’idea del Colarossi, per essere soppiantate da piscine-fontane sghimbesce.

Mentre scriviamo di questo spazio pubblico il suo fondale storico rappresentato dal cinematografo “il Pidocchietto” oggi spazio privato e giustamente all’esterno listato a lutto, sta cambiando destinazione per farne cosa???

Un appello al Sindaco Terra, già assessore all’urbanistica, e al vicesindaco Gabriele e attuale assessore all’urbanistica. Siamo coscienti che i problemi siano tanti ed altri ma abbiamo in mano l’ultima chance per questa città per una reale riqualificazione del centro storico. Non ce ne saranno altre. Lancio la mia idea sul tavolo del dibattito, facciamo un concorso ad inviti ristretto a pochi e qualificati studi professionali che propongano una loro visione organica e poi verifichiamo attraverso la condivisione ed il dibattito le migliori idee.

Che questa città torni ad essere una città difendibile.

GIOVANNI PAPI