5 Prudenza e obbedienza perché la pandemia non …...Prudenza e obbedienza perché la pandemia non...

8
Spedizione in abbonamento postale Roma, conto corrente postale n. 649004 Copia € 1,00 Copia arretrata € 2,00 L’OSSERVATORE ROMANO GIORNALE QUOTIDIANO Unicuique suum POLITICO RELIGIOSO Non praevalebunt Anno CLX n. 96 (48.420) Città del Vaticano mercoledì 29 aprile 2020 . y(7HA3J1*QSSKKM( +"!z!&!?!;! la buona notizia Il Vangelo della IV Domenica di Pasqua Una voce che chiama per nome DIARIO DELLA CRISI/5 Morire nel Signore di FEDERICO LOMBARDI U na delle più grandi intui- zioni spirituali di san Gio- vanni Paolo II è stata quel- la di esortarci a ravvivare e conser- vare la memoria dei martiri del se- colo XX, uno dei secoli più violenti della storia. E certamente, ricor- dando davanti a Dio i moltissimi testimoni della fede, siamo stati condotti a ricordare con loro innu- merevoli vittime, e più ampiamente ancora donne e uomini di ogni raz- za, tempo e condizione che hanno perso la loro vita in circostanze drammatiche, in terra e in mare, in guerra e in pace, lontani da ogni conforto umano, vittime di violen- ze insensate o di catastrofi inconte- nibili, o nell’abbandono e nella so- litudine. Un grido immenso di do- lore sembra levarsi nel silenzio dal- la polvere di ogni angolo della ter- ra per chi abbia orecchie per ascol- tarlo ricordandosi di milioni e mi- liardi di dimenticati. Grido di crea- ture che si sentono precipitare in un abisso di vuoto e di oblio. Per loro e con loro vogliamo anche noi elevare un grido di domanda di misericordia. Le immagini delle file di bare al- lineate nelle chiese della Lombar- dia, quelle della grande fossa co- mune vicino a New York, il pensie- ro di tante persone, in particolare di tante persone anziane che sono morte in condizioni di isolamento e di solitudine nel corso degli ulti- mi mesi ci hanno toccato profon- damente. Non solo per il giusto dolore dei congiunti che non han- no potuto vivere il distacco dai lo- ro cari con i conforti umani e cri- stiani, ma ancor più per i defunti stessi, per coloro che sono morti e muoiono in solitudine. Tutto ciò ci ha fatto capire una volta di più quanto sono preziosi la vicinanza e l’affetto sincero nel tempo della fragilità, della vec- chiaia e della malattia. Ma ci ha anche fatto riflettere che probabil- mente ogni morte, compresa la no- stra, porta sempre in sé una dimen- sione di solitudine. Poiché alla fine ogni conforto e vicinanza degli al- tri diviene impotente e nessuno è più capace di sottrarci al passaggio finale. Come possiamo prepararci a un simile momento, che ci accomuna tutti, che per le vittime del corona- virus è stato anticipato, ma che era comunque davanti a loro come è davanti a noi? Come sfuggire all’angoscia di precipitare nel nulla? Pochi giorni fa abbiamo avuto la grazia di rivivere la morte di Gesù. Ogni giorno la riviviamo unendoci sacramentalmente o spiritualmente a Gesù nella comunione. Ma il Ve- nerdì e il Sabato Santi portano con sé una grazia speciale. Quella di Gesù è una morte verissima e cru- delissima, che porta su di sé tutta l’esperienza dell’abbandono degli uomini e anche di un misterioso abbandono da parte di Dio, come dice il verso del Salmo che Gesù esclama sulla croce. Una morte co- sì vera che ad essa segue l’essere cadavere in un sepolcro nel giorno del Sabato. Nel Credo affermiamo: «... fu crocifisso, morì e fu sepolto; discese agli inferi...». La discesa di Gesù negli inferi dice che egli si fa vicino e fratello di tutti coloro che sono discesi nell’abisso della morte. Non ne dimentica neppure uno. Per Gesù non ci sono morti dimen- ticati, in nessun luogo della terra e della storia, in nessun angolo colpi- to dalla pandemia. Gesù è vera- mente morto come loro e con loro. Dopo la morte di Gesù, la sua discesa agli inferi e la sua risurre- zione, la morte non è più la stessa cosa di prima. «Dov’è o morte la tua vittoria?» esclama san Paolo. La morte ora può essere vissuta con Gesù, che rivela un amore di Dio più forte della morte. E questo va aldilà di ogni solitudine umana. La morte, anche la più sconosciuta e dimenticata, può così diventare affidare il proprio spirito nelle ma- ni di un Padre. Pochi giorni fa Papa Francesco a Santa Marta, commentando le pa- role di Gesù a Nicodemo, ha invi- tato tutti a guardare al Crocifisso. È il punto centrale della fede e del- la vita cristiana. Chi le ha viste, non potrà mai dimenticare le im- magini di san Giovanni Paolo II abbracciato alla croce nella sua cappella pochi giorni prima della sua morte, mentre al Colosseo il popolo era unito a lui in preghiera nella via Crucis del Venerdì Santo. Non c’è altro modo di prepararci a vivere la morte che guardare con tutta l’anima il crocifisso che muo- re con noi e per noi, e restare ab- bracciati a lui con tutto il cuore. Allora la morte vissuta con Gesù potrà perdere il suo volto spaven- toso e lasciar intuire un mistero di amore e di misericordia. Allora for- se non sentiremo più l’impulso a rifiutarne il pensiero e a cancellarlo dalla nostra quotidianità, anzi, con la fede e con il passare del tempo potrà esserci familiare fino a diven- tare “sorella”, come dice san Fran- cesco. Anche nel mondo secolarizzato la morte arriva, con il coronavirus o in altro modo. Ma non dimenti- chiamoci che grazie a Gesù la mor- te non ha più l’ultima parola, ma ogni morte, anche la più dimenti- cata e solitaria, non è cadere nel nulla, ma nelle mani del Padre. Nella messa a Santa Marta anche l’invito del Pontefice a non linciare le persone con il chiacchiericcio Prudenza e obbedienza perché la pandemia non torni «Perché la pandemia non torni», oc- corrono «prudenza e obbedienza al- le disposizioni»: lo ha detto Papa Francesco introducendo la messa di martedì 28 aprile, nella cappella di Casa Santa Marta. Proseguendo le celebrazioni quoti- diane del mattino trasmesse in diret- ta streaming da quando sono iniziate le misure restrittive antiassembra- mento per contenere la diffusione del coronavirus, il Pontefice ha ele- vato una specifica intenzione di pre- ghiera al «Signore perché dia al suo popolo, a tutti noi, la grazia» di es- sere prudenti e obbedienti alle nor- me, al fine di evitare il rischio di una recrudescenza del contagio. Successivamente all’omelia il Papa ha affrontato il tema del martirio che può essere provocato anche da calunnie e maldicenze: ha preso spunto dall’esperienza del primo martire santo Stefano, per arrivare a casi più recenti, come quello di Asia Bibi costretta a «dieci anni in carce- re perché è stata giudicata da una calunnia». Ma soprattutto, ha con- cluso, «pensiamo a noi, alla nostra lingua», ai «nostri commenti», al punto che anche «nelle nostre istitu- zioni cristiane, abbiamo visto tanti linciaggi quotidiani che sono nati dal chiacchiericcio». PAGINA 8 Nasce la Fondazione vaticana Giovanni Paolo I L’attualità di Papa Luciani di PIETRO PAROLIN V enendo incontro alla propo- sta di dar vita a un ente de- stinato ad approfondire la fi- gura, il pensiero e gli insegnamenti di Giovanni Paolo I (26 agosto 1978 - 28 settembre 1978), il Santo Padre Francesco ha costituito il 17 febbraio scorso la Fondazione Vati- cana Giovanni Paolo I. Papa Giovanni Paolo I è stato e rimane un punto di riferimento nella storia della Chiesa universale, la cui importanza — come aveva fatto osservare san Giovanni Paolo II — è inversamente proporzionale alla durata del suo brevissimo pon- tificato: «magis ostentus quam da- tus». La storia di Albino Luciani è quella di un pastore vicino alla gente, centrato sull’essenziale della fede e con una straordinaria sensi- bilità sociale. Il suo magistero è at- tuale. Prossimità, umiltà, semplici- tà, insistenza sulla misericordia di Dio, amore del prossimo e solida- rietà ne sono i tratti salienti. È stato un vescovo che ha vissu- to l’esperienza del concilio Ecume- nico Vaticano II, l’ha applicato e nel suo breve pontificato ha fatto progredire la Chiesa lungo le stra- de maestre da esso indicate: la risa- lita alle sorgenti del Vangelo e una rinnovata missionarietà, la collegia- lità episcopale, il servizio nella po- vertà ecclesiale, la ricerca dell’unità dei cristiani, il dialogo interreligio- so, il dialogo con la contempora- neità e il dialogo internazionale, Appello per il rispetto dei diritti nonostante l’emergenza L’Onu: si rischia una catastrofe umanitaria NEW YORK, 28. «Malgrado l’emer- genza coronavirus imponga ai gover- ni di adottare misure straordinarie, è necessario continuare a rispettare lo stato di diritto per evitare una cata- strofe per i diritti umani». È l’avver- timento lanciato ieri dall’Alto com- missario delle Nazioni Unite per i diritti umani, Michelle Bachelet. «Data la natura eccezionale della crisi, è chiaro che gli Stati hanno bi- sogno di poteri supplementari per affrontarla. Tuttavia, se lo stato di diritto non viene rispettato, l’emer- genza sanitaria rischia di diventare una catastrofe per i diritti umani, i cui effetti nefasti supereranno di gran lunga la pandemia stessa», ha affermato Bachelet in una nota. L’Onu, prosegue l’Alto commissario, è particolarmente preoccupata per le leggi introdotte in alcuni Paesi in cui si fa riferimento a «reati vaghi, a volte associati a pene severe e che alimentano i timori che possano es- sere usate per mettere la museruola alla stampa e arrestare critici e oppo- sitori». I governi «non dovrebbero usare i poteri di emergenza come ar- ma per mettere a tacere l’opposizio- ne, controllare la popolazione o ri- manere al potere» ha avvertito Ba- chelet. L’appello alla protezione dei dirit- ti umani al tempo della crisi sanita- ria è stato rilanciato anche dal segre- tario generale dell’Onu, António Guterres, che ha ricordato soprattut- to il dramma di milioni di bambini costretti a rinunciare alla scuola. «I giovani stanno subendo un forte im- patto. Oltre 1,54 miliardi di bambini e ragazzi non vanno a scuola, giova- ni rifugiati, sfollati e altri coinvolti in conflitti o disastri ora sono ancora più vulnerabili». Anche prima dell’attuale crisi «i giovani stavano affrontando enormi sfide: uno su cinque era già fuori da istruzione, formazione o lavoro, uno su quattro è stato colpito da violenza o conflit- ti, ogni anno 12 milioni di ragazze diventano madri quando sono anco- ra bambine». Queste frustrazioni e il fallimento nel risolverle da parte di coloro che sono al potere «alimenta- no il calo della fiducia nelle istitu- zioni» ha avvertito Guterres. «Quando prende piede tale ciclo è fin troppo facile per i gruppi estre- CONTINUA A PAGINA 2 CONTINUA A PAGINA 8 Il rescritto di Francesco PAGINA 8 Il 29 aprile di quarant’anni fa moriva il regista britannico La rivoluzione di Alfred Hitchcock EMILIO RANZATO E GABRIELE NICOLÒ A PAGINA 4 Il dramma dell’hobbit che preferì il buio alla luce Un povero pipistrello chiamato Smeagol ANDREA MONDA A PAGINA 5 ALLINTERNO Coronavirus: precipitano le rimesse africane GIULIO ALBANESE A PAGINA 2 OSPEDALE DA CAMPO PAGINA 6 LABORATORIO DOPO LA PANDEMIA Proposta di misure concrete per costruire un futuro diverso Il dopo siamo noi LEONARD O BECCHETTI A PAGINA 3 di FABIO ROSINI I l Pastore del capitolo 10 di Giovanni «cammina davanti» alle pecore, ed esse «lo seguono perché conoscono la sua voce». Quando si contempla il passaggio di un gregge non si vede mai arrivare per primo il pastore, semmai i cani che lo aiutano, poi il gregge, e da ultimo il pastore. La strategia descritta da Gesù non è normale. È la Sua... Questo custode non pasce costringendo ma attirando. Il suo strumento di guida è la voce: «Le pecore ascoltano la sua voce: egli chiama le sue pecore, ciascuna per nome, e le conduce fuori». Questo spiega in parte perché ci può essere stato il fallimento di un modo impositivo di proporre la fede: non attirare, ma incalzare, spingere, costringere. Purtroppo, finché questa educazione alla fede autoritativa corrispondeva a un forte apparato strutturale poteva persino sembrare utile. Ma oggi questo apparato crolla — questo non è una grazia in realtà? — e non ha più alcun impatto. È successo, storicamente e culturalmente, quel che diceva Gesù: «Un estraneo invece non lo seguiranno, ma fuggiranno via da lui, perché non conoscono la vo- ce degli estranei». Non di rado abbiamo ricevuto la lamentela per l’incapacità eccle- siale di parlare al cuore delle persone. Molti si sono allontanati per- ché si sentivano estranei. Ma cosa vuol dire non parlare da estranei? Significa saper chiamare le pecore «ciascuna per nome». Abbiamo usato parole spesso “mondane” dimenticando la forza della Parola di Dio, che sa appellare intimamente ogni uomo come nessun’altra parola saprà mai fare. Sappiamo cosa ci tirerà veramente fuori dal lockdown del covid- 19: una parola che arriva al cuore e fa uscire e trovare pascolo. Una voce che chiama per nome perché conosce l’uomo come nessuno lo ha mai conosciuto. Il suo stile è lineare: «Entra dalla porta», non da un’altra parte. La sua opera è liberante, tira fuori dal recinto e fa trovare pascolo. Il suo frutto è generoso: non chiede, non depaupera, non uccide, come fa la menzogna, ma dà la vita «in abbondanza». Perché usare altre parole?

Transcript of 5 Prudenza e obbedienza perché la pandemia non …...Prudenza e obbedienza perché la pandemia non...

Page 1: 5 Prudenza e obbedienza perché la pandemia non …...Prudenza e obbedienza perché la pandemia non torni «Perché la pandemia non torni», oc-corrono «prudenza e obbedienza al-le

Spedizione in abbonamento postale Roma, conto corrente postale n. 649004 Copia € 1,00 Copia arretrata € 2,00

L’OSSERVATORE ROMANOGIORNALE QUOTIDIANO

Unicuique suum

POLITICO RELIGIOSO

Non praevalebunt

Anno CLX n. 96 (48.420) Città del Vaticano mercoledì 29 aprile 2020

.

y(7HA

3J1*QS

SKKM(

+"!z!&!?

!;!

la b

uona

not

izia Il Vangelo della IV Domenica di Pasqua

Una voce che chiama per nome

DIARIO DELLA CRISI/5

M o r i renel Signore

di FEDERICO LOMBARDI

Una delle più grandi intui-zioni spirituali di san Gio-vanni Paolo II è stata quel-

la di esortarci a ravvivare e conser-vare la memoria dei martiri del se-colo XX, uno dei secoli più violentidella storia. E certamente, ricor-dando davanti a Dio i moltissimitestimoni della fede, siamo staticondotti a ricordare con loro innu-merevoli vittime, e più ampiamenteancora donne e uomini di ogni raz-za, tempo e condizione che hannoperso la loro vita in circostanzedrammatiche, in terra e in mare, inguerra e in pace, lontani da ogniconforto umano, vittime di violen-ze insensate o di catastrofi inconte-nibili, o nell’abbandono e nella so-litudine. Un grido immenso di do-lore sembra levarsi nel silenzio dal-la polvere di ogni angolo della ter-ra per chi abbia orecchie per ascol-tarlo ricordandosi di milioni e mi-liardi di dimenticati. Grido di crea-ture che si sentono precipitare inun abisso di vuoto e di oblio. Perloro e con loro vogliamo anche noielevare un grido di domanda dim i s e r i c o rd i a .

Le immagini delle file di bare al-lineate nelle chiese della Lombar-dia, quelle della grande fossa co-mune vicino a New York, il pensie-ro di tante persone, in particolaredi tante persone anziane che sonomorte in condizioni di isolamentoe di solitudine nel corso degli ulti-mi mesi ci hanno toccato profon-damente. Non solo per il giustodolore dei congiunti che non han-no potuto vivere il distacco dai lo-ro cari con i conforti umani e cri-stiani, ma ancor più per i defuntistessi, per coloro che sono morti emuoiono in solitudine.

Tutto ciò ci ha fatto capire unavolta di più quanto sono preziosila vicinanza e l’affetto sincero neltempo della fragilità, della vec-chiaia e della malattia. Ma ci haanche fatto riflettere che probabil-mente ogni morte, compresa la no-stra, porta sempre in sé una dimen-sione di solitudine. Poiché alla fineogni conforto e vicinanza degli al-tri diviene impotente e nessuno èpiù capace di sottrarci al passaggiofinale.

Come possiamo prepararci a unsimile momento, che ci accomunatutti, che per le vittime del corona-virus è stato anticipato, ma che eracomunque davanti a loro come èdavanti a noi? Come sfuggireall’angoscia di precipitare nelnulla?

Pochi giorni fa abbiamo avuto lagrazia di rivivere la morte di Gesù.Ogni giorno la riviviamo unendocisacramentalmente o spiritualmentea Gesù nella comunione. Ma il Ve-nerdì e il Sabato Santi portano consé una grazia speciale. Quella diGesù è una morte verissima e cru-delissima, che porta su di sé tuttal’esperienza dell’abbandono degliuomini e anche di un misteriosoabbandono da parte di Dio, comedice il verso del Salmo che Gesùesclama sulla croce. Una morte co-sì vera che ad essa segue l’e s s e recadavere in un sepolcro nel giornodel Sabato. Nel Credo affermiamo:«... fu crocifisso, morì e fu sepolto;discese agli inferi...». La discesa diGesù negli inferi dice che egli si favicino e fratello di tutti coloro chesono discesi nell’abisso della morte.Non ne dimentica neppure uno.Per Gesù non ci sono morti dimen-ticati, in nessun luogo della terra edella storia, in nessun angolo colpi-to dalla pandemia. Gesù è vera-mente morto come loro e con loro.

Dopo la morte di Gesù, la suadiscesa agli inferi e la sua risurre-zione, la morte non è più la stessacosa di prima. «Dov’è o morte latua vittoria?» esclama san Paolo.La morte ora può essere vissutacon Gesù, che rivela un amore diDio più forte della morte. E questova aldilà di ogni solitudine umana.La morte, anche la più sconosciuta

e dimenticata, può così diventareaffidare il proprio spirito nelle ma-ni di un Padre.

Pochi giorni fa Papa Francesco aSanta Marta, commentando le pa-role di Gesù a Nicodemo, ha invi-tato tutti a guardare al Crocifisso.È il punto centrale della fede e del-la vita cristiana. Chi le ha viste,non potrà mai dimenticare le im-magini di san Giovanni Paolo IIabbracciato alla croce nella suacappella pochi giorni prima dellasua morte, mentre al Colosseo ilpopolo era unito a lui in preghieranella via Crucis del Venerdì Santo.Non c’è altro modo di prepararci avivere la morte che guardare contutta l’anima il crocifisso che muo-re con noi e per noi, e restare ab-bracciati a lui con tutto il cuore.Allora la morte vissuta con Gesùpotrà perdere il suo volto spaven-toso e lasciar intuire un mistero diamore e di misericordia. Allora for-se non sentiremo più l’impulso arifiutarne il pensiero e a cancellarlodalla nostra quotidianità, anzi, conla fede e con il passare del tempopotrà esserci familiare fino a diven-tare “s o re l l a ”, come dice san Fran-cesco.

Anche nel mondo secolarizzatola morte arriva, con il coronaviruso in altro modo. Ma non dimenti-chiamoci che grazie a Gesù la mor-te non ha più l’ultima parola, maogni morte, anche la più dimenti-cata e solitaria, non è cadere nelnulla, ma nelle mani del Padre.

Nella messa a Santa Marta anche l’invito del Pontefice a non linciare le persone con il chiacchiericcio

Prudenza e obbedienzaperché la pandemia non torni

«Perché la pandemia non torni», oc-corrono «prudenza e obbedienza al-le disposizioni»: lo ha detto PapaFrancesco introducendo la messa dimartedì 28 aprile, nella cappella diCasa Santa Marta.

Proseguendo le celebrazioni quoti-diane del mattino trasmesse in diret-ta streaming da quando sono iniziatele misure restrittive antiassembra-mento per contenere la diffusionedel coronavirus, il Pontefice ha ele-

vato una specifica intenzione di pre-ghiera al «Signore perché dia al suopopolo, a tutti noi, la grazia» di es-sere prudenti e obbedienti alle nor-me, al fine di evitare il rischio diuna recrudescenza del contagio.

Successivamente all’omelia il Papaha affrontato il tema del martirioche può essere provocato anche dacalunnie e maldicenze: ha presospunto dall’esperienza del primomartire santo Stefano, per arrivare a

casi più recenti, come quello di AsiaBibi costretta a «dieci anni in carce-re perché è stata giudicata da unacalunnia». Ma soprattutto, ha con-cluso, «pensiamo a noi, alla nostralingua», ai «nostri commenti», al

punto che anche «nelle nostre istitu-zioni cristiane, abbiamo visto tantilinciaggi quotidiani che sono natidal chiacchiericcio».

PAGINA 8

Nasce la Fondazione vaticana Giovanni Paolo I

L’attualitàdi Papa Luciani

di PIETRO PAROLIN

Venendo incontro alla propo-sta di dar vita a un ente de-stinato ad approfondire la fi-

gura, il pensiero e gli insegnamentidi Giovanni Paolo I (26 agosto1978 - 28 settembre 1978), il SantoPadre Francesco ha costituito il 17febbraio scorso la Fondazione Vati-cana Giovanni Paolo I.

Papa Giovanni Paolo I è stato erimane un punto di riferimentonella storia della Chiesa universale,la cui importanza — come avevafatto osservare san Giovanni PaoloII — è inversamente proporzionalealla durata del suo brevissimo pon-tificato: «magis ostentus quam da-tus».

La storia di Albino Luciani èquella di un pastore vicino alla

gente, centrato sull’essenziale dellafede e con una straordinaria sensi-bilità sociale. Il suo magistero è at-tuale. Prossimità, umiltà, semplici-tà, insistenza sulla misericordia diDio, amore del prossimo e solida-rietà ne sono i tratti salienti.

È stato un vescovo che ha vissu-to l’esperienza del concilio Ecume-nico Vaticano II, l’ha applicato enel suo breve pontificato ha fattoprogredire la Chiesa lungo le stra-de maestre da esso indicate: la risa-lita alle sorgenti del Vangelo e unarinnovata missionarietà, la collegia-lità episcopale, il servizio nella po-vertà ecclesiale, la ricerca dell’unitàdei cristiani, il dialogo interreligio-so, il dialogo con la contempora-neità e il dialogo internazionale,

Appello per il rispetto dei diritti nonostante l’e m e rg e n z a

L’Onu: si rischiauna catastrofe umanitaria

NEW YORK, 28. «Malgrado l’emer-genza coronavirus imponga ai gover-ni di adottare misure straordinarie, ènecessario continuare a rispettare lostato di diritto per evitare una cata-strofe per i diritti umani». È l’avver-timento lanciato ieri dall’Alto com-missario delle Nazioni Unite per idiritti umani, Michelle Bachelet.

«Data la natura eccezionale dellacrisi, è chiaro che gli Stati hanno bi-sogno di poteri supplementari peraffrontarla. Tuttavia, se lo stato didiritto non viene rispettato, l’emer-genza sanitaria rischia di diventareuna catastrofe per i diritti umani, icui effetti nefasti supereranno digran lunga la pandemia stessa», haaffermato Bachelet in una nota.L’Onu, prosegue l’Alto commissario,è particolarmente preoccupata per leleggi introdotte in alcuni Paesi incui si fa riferimento a «reati vaghi, avolte associati a pene severe e chealimentano i timori che possano es-sere usate per mettere la museruolaalla stampa e arrestare critici e oppo-sitori». I governi «non dovrebberousare i poteri di emergenza come ar-ma per mettere a tacere l’opp osizio-ne, controllare la popolazione o ri-

manere al potere» ha avvertito Ba-chelet.

L’appello alla protezione dei dirit-ti umani al tempo della crisi sanita-ria è stato rilanciato anche dal segre-tario generale dell’Onu, AntónioGuterres, che ha ricordato soprattut-to il dramma di milioni di bambinicostretti a rinunciare alla scuola. «Igiovani stanno subendo un forte im-patto. Oltre 1,54 miliardi di bambinie ragazzi non vanno a scuola, giova-ni rifugiati, sfollati e altri coinvoltiin conflitti o disastri ora sono ancorapiù vulnerabili». Anche primadell’attuale crisi «i giovani stavanoaffrontando enormi sfide: uno sucinque era già fuori da istruzione,formazione o lavoro, uno su quattroè stato colpito da violenza o conflit-ti, ogni anno 12 milioni di ragazzediventano madri quando sono anco-ra bambine». Queste frustrazioni e ilfallimento nel risolverle da parte dicoloro che sono al potere «alimenta-no il calo della fiducia nelle istitu-zioni» ha avvertito Guterres.«Quando prende piede tale ciclo èfin troppo facile per i gruppi estre-

CO N T I N UA A PA G I N A 2

CO N T I N UA A PA G I N A 8

Il rescritto di Francesco

PAGINA 8

Il 29 aprile di quarant’anni famoriva il regista britannico

La rivoluzionedi Alfred Hitchcock

EMILIO RA N Z AT OE GABRIELE NICOLÒ A PA G I N A 4

Il dramma dell’hobbitche preferì il buio alla luce

Un povero pipistrellochiamato Smeagol

ANDREA MONDA A PA G I N A 5

ALL’INTERNO

C o ro n a v i ru s :precipitano le rimesseafricane

GIULIO ALBANESE A PA G I N A 2

OSPEDALE DA CAMPO

PAGINA 6

LABORATORIODOPO LA PA N D E M I A

Proposta di misure concreteper costruire un futuro diverso

Il dopo siamo noiLEONARD O BECCHETTI A PA G I N A 3

di FABIO ROSINI

I l Pastore del capitolo 10 di Giovanni «cammina davanti» allepecore, ed esse «lo seguono perché conoscono la sua voce».Quando si contempla il passaggio di un gregge non si vede mai

arrivare per primo il pastore, semmai i cani che lo aiutano, poi ilgregge, e da ultimo il pastore. La strategia descritta da Gesù non ènormale. È la Sua...

Questo custode non pasce costringendo ma attirando.Il suo strumento di guida è la voce: «Le pecore ascoltano la sua

voce: egli chiama le sue pecore, ciascuna per nome, e le conducefuori».

Questo spiega in parte perché ci può essere stato il fallimento diun modo impositivo di proporre la fede: non attirare, ma incalzare,spingere, costringere. Purtroppo, finché questa educazione alla fedeautoritativa corrispondeva a un forte apparato strutturale potevapersino sembrare utile.

Ma oggi questo apparato crolla — questo non è una grazia inrealtà? — e non ha più alcun impatto. È successo, storicamente e

culturalmente, quel che diceva Gesù: «Un estraneo invece non loseguiranno, ma fuggiranno via da lui, perché non conoscono la vo-ce degli estranei».

Non di rado abbiamo ricevuto la lamentela per l’incapacità eccle-siale di parlare al cuore delle persone. Molti si sono allontanati per-ché si sentivano estranei. Ma cosa vuol dire non parlare da estranei?Significa saper chiamare le pecore «ciascuna per nome».

Abbiamo usato parole spesso “mondane” dimenticando la forzadella Parola di Dio, che sa appellare intimamente ogni uomo comenessun’altra parola saprà mai fare.

Sappiamo cosa ci tirerà veramente fuori dal lockdown del covid-19: una parola che arriva al cuore e fa uscire e trovare pascolo. Unavoce che chiama per nome perché conosce l’uomo come nessuno loha mai conosciuto.

Il suo stile è lineare: «Entra dalla porta», non da un’altra parte.La sua opera è liberante, tira fuori dal recinto e fa trovare pascolo.Il suo frutto è generoso: non chiede, non depaupera, non uccide,come fa la menzogna, ma dà la vita «in abbondanza». Perché usarealtre parole?

Page 2: 5 Prudenza e obbedienza perché la pandemia non …...Prudenza e obbedienza perché la pandemia non torni «Perché la pandemia non torni», oc-corrono «prudenza e obbedienza al-le

L’OSSERVATORE ROMANOpagina 2 mercoledì 29 aprile 2020

L’OSSERVATORE ROMANOGIORNALE QUOTIDIANO

Unicuique suum

POLITICO RELIGIOSONon praevalebunt

Città del Vaticano

o r n e t @ o s s ro m .v aw w w. o s s e r v a t o re ro m a n o .v a

ANDREA MONDAdirettore responsabile

Giuseppe Fiorentinov i c e d i re t t o re

Piero Di Domenicantoniocap oredattore

Gaetano Vallinisegretario di redazione

Servizio vaticano: [email protected] internazionale: [email protected] culturale: [email protected] religioso: [email protected]

Servizio fotografico: telefono 06 698 84797, fax 06 698 [email protected] w w w. p h o t o .v a

Segreteria di redazionetelefono 06 698 83461, 06 698 84442

fax 06 698 83675segreteria.or@sp c.va

Tipografia VaticanaEditrice L’Osservatore Romano

Tariffe di abbonamentoVaticano e Italia: semestrale € 99; annuale € 198Europa: € 410; $ 605Africa, Asia, America Latina: € 450; $ 665America Nord, Oceania: € 500; $ 740Abbonamenti e diffusione (dalle 8 alle 15.30):telefono 06 698 99480, 06 698 99483fax 06 69885164, 06 698 82818,[email protected] diffusione.or@sp c.vaNecrologie: telefono 06 698 83461, fax 06 698 83675

Concessionaria di pubblicità

Il Sole 24 Ore S.p.A.System Comunicazione Pubblicitaria

Sede legaleVia Monte Rosa 91, 20149 Milanotelefono 02 30221/3003fax 02 30223214

s e g re t e r i a d i re z i o n e s y s t e m @ i l s o l e 2 4 o re . c o m

Aziende promotricidella diffusione

Intesa San Paolo

Ospedale Pediatrico Bambino Gesù

Società Cattolica di Assicurazione

L’impatto della crisi economica sui migranti

Coronavirus, precipitano le rimesseafricane

Tra aperture e polemiche

E u ro p averso la fase 2

Secondo un’inchiesta del «Washington Post»

Trump era stato informato sul pericolo di una pandemia

A Cubail picco previsto

a maggio

L’AVA N A , 28. Le autorità cubaneprevedono, in base a modelliscientifici, che il «picco» di infe-zioni per il coronavirus si verifi-cherà a maggio, per poi iniziareun declino. Anche se al momen-to non è stato indicato quando siconcluderà la pandemia. Lo rife-risce il quotidiano ufficiale cuba-no «Granma».

Il piano d’azione dell’Avana èquello di «prendere le misurenecessarie in base all’evoluzionedel covid-19, e la fine dell’epide-mia sarà riconosciuta solo quan-do saranno trascorsi due periodicompleti di incubazione (28giorni) dall’ultimo caso di infe-zione rilevato». Il giornale harealizzato la sua analisi sulla ba-se di uno studio pubblicato dallarivista «Science» dell’AmericanAssociation for the Advancementof Science. I risultati prevedonoche dopo l’onda pandemica ini-ziale più grave, focolai ricorrentidi Sars-cov-2 si verificherannoprobabilmente nei periodi inver-nali, riferisce «Granma» in baseallo studio. Secondo il testo, persuperare la pandemia «potrebbeessere necessario un distanzia-mento sociale prolungato, o in-termittente, fino al 2022».

Le misure di contenimento delcoronavirus a livello mondialee la contrazione economica

che ne è derivata stanno avendo for-ti ripercussioni sui migranti africaniregolari e irregolari. Infatti, si sta ve-rificando una forte riduzione dellerimesse che vengono inviate periodi-camente nei paesi di origine a causadella crescente disoccupazione e

più alta del pil: 34,4 per cento, se-guito dal Lesotho con il 21,3 e dalGambia con il 15,5 per cento. Consi-derando, poi, che nel continenteafricano si registrano sovente crisipolitiche e conflitti armati, durante iperiodi di crisi questi soldi rappre-sentano l’unica ancora di salvezzaper le famiglie e le comunità rice-venti.

Emblematico è il caso della So-malia dove il coronavirus sta avendoun effetto devastante sull’economianazionale. Proprio in questi giorni ilministro delle finanze somalo Abdi-rahman Duale Beyle ha fatto sapereche i flussi di rimesse dirette al suopaese si stanno esaurendo perchémolti somali residenti all’estero han-no perso il lavoro a causa del virus.Per questo motivo le entrate del go-

verno di Mogadiscio si sono ridottedel 40 per cento non essendo l’ese-cutivo in grado di riscuotere le tassedai contribuenti che solitamente ri-cevevano aiuti dalle varie diasporesomale disseminate nel mondo. Darilevare che circa un miliardo e mez-zo di dollari arrivava ogni anno inSomalia sotto forma di rimesse, unaquantità di denaro significativamen-te superiore agli aiuti esteri. In que-sti anni di guerra civile in Somalia,molte famiglie hanno attinto a que-sto gettito di denaro per la loro so-pravvivenza. Peraltro si tratta di unfenomeno che non riguarda solo laSomalia e neanche esclusivamentel’Africa. Se il livello degli Aiuti pub-blici allo Sviluppo (Aps) è ormaifermo da diversi anni, un aiuto piùconsistente alle economie dei paesi

poveri arriva proprio, attraverso ilcanale delle rimesse, dagli immigratiresidenti nelle nazioni dove sono ap-prodati. Oggi queste costituisconouna delle entrate economiche piùimportanti per questi contesti, supe-rando in modo rilevante i flussi de-gli Aps e degli investimenti direttiesteri. Basti pensare che nel 2018,oltre 200 milioni di lavoratori mi-granti nel mondo hanno inviato 689miliardi di dollari ai loro rispettivipaesi d’origine, di questi 529 miliar-di di dollari sono stati inviati versopaesi in via di sviluppo. La cifra èoltre tre volte l’importo degli Aps alivello internazionale. Comunque,inviare il denaro in Africa continuaa essere molto dispendioso. Bastipensare che nel primo trimestre diquest’anno, tra conversioni e com-missioni, per trasferire in Nigeria200 dollari dall’Europa, il costocomplessivo corrispondeva all’8,9per cento della somma trasferita.

Sebbene le percentuali varino asecondo dei paesi dove risiedono ibeneficiari, rimane il fatto che moltevolte i pagamenti sono in denarocontante. A ciò si aggiunga il fattoche i dati ufficiali sono comunqueparziali perché le rimesse in uscitanon transitano necessariamente at-traverso gli intermediari ufficiali(operatori money transfer, banche,poste) ma defluiscono spesso trami-te canali informali, non rilevabili equindi non inclusi nelle statisticheufficiali. Ufficialmente, la mediaglobale delle operazioni per trasferi-re le rimesse è comunque il sette percento dell’importo inviato. L’obietti-vo di sviluppo sostenibile “10.c” mi-ra a ridurre i costi di transazione ameno del 3 per cento entro il 2030.C’è da augurarsi che le modernetecnologie, in particolare quelle mo-bili e la digitalizzazione possanorendere le procedure meno esose,unitamente a un contesto normativopiù trasparente e favorevole. Unacosa è certa: è più che evidente, no-nostante la crisi economica determi-nata dal coronavirus, la necessità direndere questo indotto una vera op-portunità di sviluppo per i paesi be-neficiari africani.

di GIULIO ALBANESE

precarietà lavorativa, della mancanzadi protezione sociale e del difficileaccesso ai servizi di “money tran-sfer”.

Secondo una recente previsionedella Banca Mondiale (Bm), i flussidi rimessa dei migranti dei paesidell’Africa subsahariana saranno nel2020 di 37 miliardi di dollari, regi-strando una contrazione del 23,1 percento a seguito della crisi economicascatenata dal covid-19. Secondo lastessa fonte, potrebbe esservi una ri-presa dei trasferimenti di denaro nel2021, stimata attorno al 4 per cento,portando il totale delle rimesse a 38miliardi di dollari. E dire che in unrapporto pubblicato lo scorso annodalla Bm sulle migrazioni e lo svi-luppo, emergeva come il volumedelle rimesse inviate nel 2018 verso ipaesi dell’Africa subsahariana fossecresciuto raggiungendo la cifra re-cord di 48 miliardi di dollari.

La situazione oggi è particolar-mente preoccupante per gli immi-grati africani presenti attualmentenegli Stati Uniti, Francia, RegnoUnito e Cina. Infatti, le rimesse pro-venienti da questi quattro paesi in-dustrializzati rappresentano circa unquarto di tutti i fondi trasferiti inAfrica. Con il termine rimesse,com’è noto, si intendono quellesomme di denaro che i lavoratoriemigrati inviano verso la propria ter-ra d’origine e rappresentano unafonte essenziale di reddito per i pae-si in via di sviluppo, in particolareper quelli africani. Purtroppo la crisieconomica prodotta dalla pandemiaha generato il calo più drastico degliultimi trent’anni. Per fare un raf-fronto, a seguito della grave crisieconomico-finanziaria dei mutuisubprime nel 2008, l’ammontare del-le rimesse, a livello globale, subì al-lora una contrazione del 5 per cen-to. Le rimesse — è bene rammentar-lo — contribuiscono in modo signifi-cativo a garantire il sostentamentodi cui necessitano le famiglie rimastein Africa — in particolare la sanità el’istruzione — e si rivelano anche unmezzo per garantire l’avvio di attivi-tà imprenditoriali in agricoltura o inaltri settori produttivi. A questo pro-posito occorre sottolineare che il set-tore informale è di fatto la primafonte di lavoro in Africa, rappresen-tando circa il 75 per cento dell’o ccu-pazione non agricola e oltre il 70dell’occupazione totale nell’Africasubsahariana. Più del 90 per centodei nuovi posti di lavoro creati in al-cuni paesi africani sono nell’econo-mia informale.

Questo in sostanza significa chepoiché molta gente non ha accesso aun impiego fisso ma sopravvivesbarcando il lunario come può, mol-ti nuclei familiari riescono a farfronte alle spese correnti grazie allerimesse inviate dai parenti che sonoandati a lavorare all’estero. Sempresecondo la Bm, le rimesse sono di-ventate la principale fonte di entratein valuta estera per l’Africa subsaha-riana e hanno un impatto significati-vo sul pil di molti paesi. Uno diquelli che nel 2019 ha beneficiatomaggiormente delle rimesse dei pro-pri connazionali all’estero è statol’Egitto: 26,8 miliardi di dollari(l’8,9 per cento del pil, in crescita ri-spetto all’anno precedente). Contamolto sulle rimesse anche la Nige-ria: 23,8 miliardi di dollari nel 2019.Sempre lo scorso anno il Sud Sudanè stato il paese africano in cui le ri-messe hanno rappresentato la quota

L’Onu: si rischia una catastrofe umanitaria

misti sfruttare rabbia e disperazione,e sale il rischio di radicalizzazione».Guterres tuttavia si è detto «inco-raggiato» dal fatto che sono statecostruite reti globali per supportarei giovani costruttori di pace e le Na-zioni Unite si stanno sforzando diintegrare questa agenda in tuttal’o rg a n i z z a z i o n e .

Intanto, il bilancio del coronavi-rus si aggiorna di ora in ora. Il nu-mero di casi di coronavirus nelmondo ha oltrepassato quota tre mi-lioni: è quanto emerge dall’ultimoconteggio aggiornato della JohnsHopkins University. Il quadro glo-bale della progressione del virus for-

nito dall’università americana indica3.003.303 contagi, mentre il numerodei decessi è 207.583.

«Lo strumento più potente con-tro il virus è la solidarietà» ha dettoil direttore dell’Oms Tedros Adha-nom Ghebreyesus, ieri, nel consuetobriefing sul coronavirus ricordandol’iniziativa internazionale lanciatavenerdì con l’Onu per accelerare losviluppo e la distribuzione di unvaccino. «Come con il vaccino con-tro l’ebola così l’Oms sta svolgendoun ruolo chiave per il vaccino con-tro il covid-19», ha detto sottoli-neando che «lo sviluppo di un anti-doto contro il coronavirus è statoaccelerato grazie al lavoro fatto in

passato dall’Oms e i suoi partner sualtri coronavirus».

Il direttore dell’Oms ha sottoli-nea il rischio di una seconda ondatadel virus. «La seconda ondata è nel-le nostre mani. Se agiremo bene po-tremo evitarla, ma nel farlo sono ne-cessari interventi non solo nazionali,ma anche regionali e globali» hadetto. «Stiamo imparando ognigiorno qualcosa su questo virus —ha aggiunto Maria Van Kerkhove,responsabile tecnico per il coronavi-rus dell’Oms — ma una cosa moltoimportante sono i primi dati che civengono dagli studi siero-epidemio-logici condotti in alcuni paesi, chesegnalano come una larga fetta dellapopolazione sia ancora suscettibile

al virus. Ci sono ancora molte per-sone che possono essere infettate.Se allentiamo il lockdown quindidobbiamo rimanere vigili, continua-re a studiare con approfondimenticome questo la situazione e identifi-care quanto prima i nuovi casi».Inoltre, «dallo studio che diversi vi-rologi stanno effettuando in tutto ilmondo sulla struttura del virus pos-siamo concludere che fino adesso ilcovid-19 si è comportato in modoabbastanza stabile e i cambiamentiche ci sono stati erano previsti» haaggiunto l’esperta dell’O ms.

Nel frattempo, le Olimpiadi inGiappone potrebbero subire un ul-teriore ritardo a causa dell’e m e rg e n -za sanitaria.

«Se la pandemia non sarà sottocontrollo nel 2021, i Giochi olimpicisaranno annullati» ha sottolineato ilpresidente del comitato organizzato-re delle Olimpiadi a Tokyo, YoshiroMori, in un’intervista al giornalegiapponese «Nikkan Sports». IGiochi sono già stati rinviati; nonsono possibili ulteriori rinvii. Ricor-dando quindi che in precedenza iGiochi sono stati cancellati soltantoin tempo di guerra, Mori ha para-gonato la lotta contro il coronavirusa quella contro un «nemico invisibi-le». Ma ha anche rassicurato che, sela pandemia sarà tenuta con succes-so sotto controllo «terremo le Olim-piadi in pace la prossima estate».

CO N T I N UA Z I O N E DALLA PA G I N A 1

BRUXELLES, 28. Polemiche sui tem-pi delle riaperture e ritardi nellosviluppo delle app per il traccia-mento dei contatti dei contagiatistanno accompagnando l’E u ro p averso la cosiddetta fase 2. Con unavoglia di normalità che si fa semprepiù forte, ma che ancora si scontracon le esigenze imposte dalle curvenei contagi da covid-19. Un percor-so che si preannuncia tutt’altro chesemplice.

Da qualche settimana sono ormaidiversi i Paesi che hanno iniziato aridurre gradualmente le misure dicontenimento. In Germania e inAustria gran parte dei negozi è sta-ta riaperta nei giorni scorsi, seppurecon rigide misure di distanziamentosociale e con l’obbligo di indossarele mascherine negli spazi pubblici.

In Francia, il primo ministroEdouard Philippe si prepara a pre-sentare la strategia per il “deconfi-namento”, il cui avvio è previsto l’11maggio con una riapertura gradua-le, ma controversa delle scuole. InSpagna, dopo sei settimane rinchiu-si in casa, i bambini hanno ricomin-ciato a giocare per strada, anche secon un certo numero di restrizioni.Nel Paese il confinamento è statoprorogato fino al 9 maggio e ancheMadrid si prepara a presentare ilpiano per passare alla fase 2.

In Italia, intanto, prosegue ilconfronto sull’allentamento dellemisure restrittive. «Lavoreremo perdefinire un protocollo di massima

sicurezza per garantire a tutti i fe-deli di partecipare alle celebrazioniliturgiche: contiamo di definire que-sto protocollo in pieno spirito dicollaborazione con la Cei (Confe-renza episcopale italiana, ndr)» hadetto ieri il presidente del ConsiglioGiuseppe Conte.

«Già nelle prossime ore ci risenti-remo con il Governo per definire icontorni di una rivisitazione delprovvedimento nel senso di unanetta apertura» ha dichiarato ilpresidente della Cei, Gualtiero Bas-setti.

WASHINGTON, 28. Il presidente Donald Trump èstato più volte messo in guardia contro i pericolie la gravità del nuovo coronavirus nei rapportidell’intelligence di gennaio e febbraio. È quantosostiene il «Washington Post», secondo cui gliavvertimenti — più di una decina di documentisegreti noti come “Pdb”, acronimo di «briefingquotidiani del presidente» — furono emessi in unmomento in cui Trump, minimizzando la minac-cia della pandemia di covid-19, sembrava trascu-rare le informazioni sulla trasmissione del conta-gio e pure quelle che mettevano in luce le conse-guenze politiche ed economiche estremamentegravi di tale crisi.

Stando a quanto riportato dal «WashingtonPost», durante gli incontri quotidiani, il presi-dente Trump sarebbe pure stato messo al corren-te che la Cina stesse nascondendo informazionisulle capacità letali del covid-19 e sulla sua facilediffusione.

Dalla Casa Bianca ha prontamente replicatoun portavoce di Trump, Hogan Gidley, secondoil quale il presidente ha «intrapreso un’azionestorica tempestiva e aggressiva per proteggere lasalute, la ricchezza e il benessere degli america-ni», aggiungendo che «supereremo questo mo-mento difficile e sconfiggeremo il virus con la sualeadership incisiva». «I dettagli di tutto questo

non sono veri», ha invece sentenziato un funzio-nario dell’Ufficio del Direttore dell’intelligencenazionale, responsabile per il “Pdb”.

Stando agli ultimi dati della Johns HopkinsUniversity, solo negli Stati Uniti i contagi com-plessivi sono 988.469 e 56.253 i decessi. Nelle ul-time 24 ore sono stati registrati 1303 decessi ri-conducibili al covid-19, leggermente in calo ri-spetto al giorno precedente. Oggi si potrebbe su-perare il milione di casi negli States.

Intanto i prezzi del petrolio Usa hanno accusa-to un nuovo brusco calo (-14,8 per cento) nellecontrattazioni sui mercati asiatici, dovuto ai timo-ri sulla capacità di stoccaggio.

Page 3: 5 Prudenza e obbedienza perché la pandemia non …...Prudenza e obbedienza perché la pandemia non torni «Perché la pandemia non torni», oc-corrono «prudenza e obbedienza al-le

L’OSSERVATORE ROMANOmercoledì 29 aprile 2020 pagina 3

LABORATORIOD OPO LA PA N D E M I A

Proposta di misure concrete per costruire un futuro diverso

Il doposiamo noi

di LEONARD O BECCHETTI

Sono in molti a chiedere a stu-diosi, esperti, addetti ai lavoricome sarà il mondo post-coro-

navirus. La risposta più corretta èche non esistono traiettorie obbliga-te e risposte certe perché tutto di-penderà, come sempre, da noi. Quel“noi” nella logica dell’economia ci-vile non vuol dire, come spesso pen-siamo quasi per un riflesso condi-zionato, dalle scelte di un leaderquanto piuttosto dall’interazionecombinata di meccanismi di merca-to, istituzioni sovranazionali, nazio-nali e locali che faranno scelte più omeno illuminate, cittadinanza attivae responsabile e i suoi comporta-menti più o meno civicamente re-sponsabili, imprese e organizzazionidi terzo settore.

Le due domande più corrette daporre è in cosa siamo già cambiatidurante questa crisi e quello che do-vremmo fare per trarne la migliorelezione e costruire il migliore dei fu-turi possibili.

Iniziamo dicendo che la pande-mia è un evento talmente dirompen-te e globale da trovare similitudinisolo nelle due grandi guerre mon-diali del secolo scorso. La pandemiasta cambiando l’Unione europea e irapporti tra i suoi membri. Le sceltegià fatte e quelle in corso ci diconoche stanno aumentando i livelli dicooperazione e solidarietà anche senon possiamo essere certi che saràabbastanza. Dall’origine della crisil’Unione europea ha sbloccato ifondi comunitari regionali non uti-lizzati per via di mancanza di cofi-nanziamenti, creato un sistema di fi-nanziamento dei meccanismi di sus-sidio alla disoccupazione nazionali(SURE) che prevede di fatto la na-scita di piccoli eurobond e la condi-visione dei rischi (emissioni comuni-tarie fino a 100 miliardi coperte da20 miliardi di garanzie nazionali acui i paesi membri possono attinge-re in misura superiore alla propriaquota di garanzie). Il Recovery Fundprevede, secondo le ultime versionidel progetto, la moltiplicazione per10 di questo meccanismo, con ga-ranzie attivate dal bilancio comuni-tario. La Banca centrale europea poiha messo a disposizione delle ban-che nazionali linee di credito fino a3100 miliardi al tasso del -0,25 percento. E questo consente a sua voltaalle banche di erogare quei prestitidi liquidità previsti dal governo ita-liano a tassi vicini all’1 per cento,per un orizzonte fino a 6 anni congaranzie statali del 100 o del 90 percento. Insomma, come alla fine del-la seconda guerra mondiale i paesibelligeranti hanno trovato la forza,di fronte alla comune tragedia, difar nascere la comunità del carbonee dell’acciaio (la Ceca) mettendo incomune quelle risorse per le qualiFrancia e Germania avevano com-battuto tra loro, così la comune tra-gedia del coronavirus sta spingendoi paesi membri a importanti passiavanti.

Veniamo all’Italia. La pandemiaha bloccato per due mesi la vitaeconomica, a eccezione di quelleimprese e di quei settori che hannopotuto trasferire la propria attivitàsul digitale. La ripartenza (la fase 2che inizierà il 4 maggio) non con-sentirà un ritorno immediato alla si-tuazione pre-crisi soprattutto perquei settori (trasporti, ristorazione)dove le regole del distanziamentopeseranno di più. Per aiutare le im-

prese a non fallire sono stati messiin campo i prestiti di liquidità di cuisopra e meccanismi di differimen-to/sospensione del pagamento delleimposte. Fondamentale sarebbe an-che qualche tipo di sostegno a fon-do perduto ma l’alto debito pubbli-co non ci aiuta. Dobbiamo fare par-ticolare attenzione alle parti più de-boli del tessuto sociale che sono an-che quelle meno protette. Nel cam-po delle organizzazioni produttive ilterzo settore, che svolge un ruolofondamentale per il paese, non deveessere abbandonato in questo mo-mento difficile. Con circa 140 milio-ni è possibile attivare 80.000 do-mande pervenute di servizio civiledi giovani che si mettono a disposi-zione per offrire solidarietà e assi-stenza. Sarebbe un delitto non atti-vare quest’enorme giacimento di ca-pitale sociale. Le associazioni di ter-zo settore non possono al momentoaccedere ai prestiti di liquidità e an-che questo punto va modificato. In-fine è fondamentale sbloccare dueanni di arretrato di cinque per millenon ancora trasferito al terzo settoreanticipando se possibile i contributidei prossimi due anni.

Quanto alle persone fisiche e allefamiglie i più deboli a rischio dimancata protezione sono tutti colo-ro che non lavorano nel pubblico onelle grandi imprese, non sono co-perti dai meccanismi di cassa inte-grazione e non percepiscono nem-meno il bonus dei lavoratori auto-nomi non rientrando nemmeno nelreddito di cittadinanza. Penso so-prattutto ai lavoratori irregolari (so-prattutto stranieri). Con 360 colle-ghi abbiamo pubblicato un appelloper estendere la proposta di regola-rizzazione degli irregolari del settoreagricolo, attualmente in discussioneal governo, a quelli che operano neiservizi alla persona (colf, badanti),nell’artigianato e nell’industria. Aldi là delle ovvie ragioni umanitarieche motivano l’intervento, come èpossibile, abbiamo affermato, pensa-re che la fase due (con i suoi propo-siti di test di immunità, monitorag-gio, tracciamento) possa funzionarecon la progressiva ripresa delle atti-vità produttive dove lavorano circa600.000 invisibili, che sfuggono aicontrolli medici e vivono in abita-zioni dove non è possibile rispettarele regole di distanziamento sociale?

Ogni tragedia porta con sé delleopportunità. Questo è un tempo dikairos (tempo di opportunità) e ungigantesco esercizio di ritiro di mas-sa che per due mesi ci ha costretti aragionare sul senso della nostra esi-stenza. L’uomo è un cercatore disenso, prima che un massimizzatoredi utilità. Paradossalmente, conl’impossibilità di partecipare alle ce-lebrazioni domenicali, la domandadi senso religioso è aumentata e conessa l’audience delle messe televisi-ve. Siamo stati costretti a una forza-ta esercitazione di lavoro a distanza.E abbiamo scoperto che lo smartw o rk ci può rendere molto più “ric-chi di tempo” ma anche che esso ri-schia di amplificare i divari digitalie le diseguaglianze. Quanto lo smartw o rk funziona dipende dalla poten-za della connessione domestica, dal-la qualità dei nostri cellulari e pc eovviamente dal comfort della casain cui viviamo e dalla possibilità dimettere in piedi contemporanea-mente tante postazioni di lavoro estudio domestico quanti sono imembri giovani o adulti della fa-miglia.

La pandemia è stata uno stress te-st che ha evidenziato la fragilità delnostro modello di sviluppo. L’imp e-rativo per il futuro si riassume nelconcetto di “resilienza trasformati-va”. Ovvero abbiamo bisogno di ri-formare il nostro modello di svilup-po rendendolo meno sensibile ashock pandemici e ambientali. Perfar questo dobbiamo privilegiaretutte quelle scelte che ci consentonodi aumentare la nostra capacità dicreare valore economico rendendolaperò compatibile con tutte le altredimensioni del benessere (dignitàdel lavoro, salute, sostenibilità am-bientale, conciliazione vita-lavoro).L’area più importante dal punto divista produttivo del nostro paese (lapianura padana e la regione lombar-da in particolare) si è rivelata anchela più fragile. Essenziale diventa og-gi accelerare la transizione ecologicae dunque quegli investimenti delleimprese che migliorano il loro im-patto sociale e ambientale. Il pas-saggio da un modello lineare a unocircolare di economia, dove ildesign dei prodotti è studiato inmodo da favorirne il riciclo (dallaculla alla culla) con un aumento dipercentuale di materia “seconda”(riciclata), piuttosto che materia pri-ma, sarà una chiave fondamentaledello sviluppo per aumentare la no-stra capacità di creare valore econo-mico ambientalmente sostenibile.Incentivare la sostenibilità ambien-tale vorrà dire anche rendere più ef-ficiente il riscaldamento urbano ri-ducendo l’emissione di polveri sotti-li che, senza covid, sono responsabi-li secondo l’Organizzazione mon-diale della sanità, di circa 215 mortial giorno nel nostro paese. La de-materializzazione e la digitalizzazio-ne, ove possibile, sarà fondamentaleper aumentare la capacità del siste-ma economico di agire contempora-neamente in modo positivo su crea-zione di valore economico, sosteni-bilità ambientale, riduzione del-l’esposizione ai rischi di shock pan-demici e capacità di conciliare vitadi lavoro con relazioni e affetti.

La qualità del nostro futuro post-covid dipenderà dalla capacità diapplicare la logica delle quattro ma-ni che sarà fondamentale per usciredalla pandemia. “Restiamo a casa” èstato lo slogan martellante che ci hafatto capire che soltanto il coordina-mento delle scelte delle istituzioni edei meccanismi di mercato con lasomma di tante piccole nostre scelteindividuali di responsabilità socialee di quelle delle imprese può por-tarci fuori dalla crisi. Il mondo po-st-covid sarà molto migliore se avre-mo imparato la lezione e sapremotrasformare questa mirabile capacitàdi coordinamento in una responsa-bilità sociale individuale fatta di stilidi vita sostenibili e di “voto col por-tafoglio”, ovvero premio con le no-stre scelte di consumo e di rispar-mio delle aziende leader nella capa-cità di coniugare qualità dei prodot-ti con dignità del lavoro, sostenibili-tà ambientale e salute del consuma-tore. Il mercato siamo noi e le no-stre scelte coordinate possono con-tribuire a cambiare il pianeta moltopiù di quanto crediamo. Esempiconcreti? Una piattaforma online(www.gioosto.com) per i campionidella qualità e della sostenibilità ita-liani (economia carceraria, agricoltu-ra biologica, agricoltura sociale, fi-liere della qualità) che ha creato uncanale diretto coi cittadini aiutandole imprese sostenibili a raggiungere iconsumatori in un momento diffici-le come questo. Aprendo alla spesa“sosp esa”, con la quale è possibilein rete fare un dono per persone indifficoltà facendo arrivare i prodottiin Caritas o direttamente agli indi-rizzi indicati. I cittadini che poteva-no hanno votato col portafoglio conun semplice click aiutando le azien-de a trovare nuovi canali distributivied evitando di fare ore di fila perentrare in un supermercato.

Il futuro che vogliamo deve esse-re generativo e resiliente. Abbiamotutti gli ingredienti per poterlo co-struire e avere vite soddisfacenti ericche di senso. A patto che nonfacciamo il solito errore. Pensare cheil nostro futuro dipenda solo dallescelte di qualcun altro e non anchee soprattutto dalle nostre.

Nonostante l’appello Onu per l’estensione

Colombia: l’Eln annuncia la finedel cessate il fuoco

BO GOTÁ, 28. L’Esercito di liberazio-ne nazionale (Eln) della Colombiaha annunciato ieri, attraverso un co-municato, di essere intenzionato anon prolungare il cessate il fuocounilaterale mantenuto dal 1° al 30aprile come gesto umanitario a causadell’emergenza sanitaria legata al co-ronavirus. Nella nota viene specifica-to che i guerriglieri riprenderanno leloro operazioni militari dal 1° mag-gio, rivolgendo inoltre accuse al go-verno colombiano, definito «guerra-fondaio», reo di non aver rispostopositivamente alla sua proposta dipace e a quelle della comunità inter-nazionale, su tutte quella del segreta-rio generale delle Nazioni Unite, An-tónio Guterres.

Secondo l’Eln, infatti, il governodel presidente Iván Duque non havoluto avviare una discussione al ri-guardo della «proposta che abbiamoavanzato alla ricerca della pace» e al

contrario ha cercato di «acquisire unvantaggio» attraverso il cessate ilfuoco mediante «operazioni congiun-te con i paramilitari» per ottenere unmaggiore «controllo territoriale»,sfruttando inoltre «la pandemia perstabilire uno stato di assedio perma-nente, negando i diritti e tutte le ga-ranzie politiche e sociali dei colom-biani». A detta del gruppo armato ilgoverno non fornisce assistenza sani-taria contro la pandemia, costringen-do per di più la popolazione a rima-nere imprigionata nelle proprie abita-zioni, non garantendole al tempostesso «le risorse di base per la sussi-stenza». Il governo di Bogotá si mo-stra, si legge nella nota dell’Eln, cie-co alla tragedia umanitaria che il po-polo colombiano sta soffrendo.

Poco prima dell’annuncio del-l’Esercito di liberazione nazionale,Carlos Ruiz Massieu, rappresentantespeciale del Segretario generale delle

Nazioni Unite in Colombia perl’attuazione dell’accordo di pacecon le Farc, aveva chiesto al grup-po armato di estendere la tregua,sottolineando che durante il perio-do di tregua, non vi fossero stateoperazioni da parte delle truppecolombiane contro l’o rg a n i z z a z i o -ne ribelle.

«Questo si è tradotto in una ri-duzione dei livelli di violenza equindi in un sollievo per le condi-zioni di molti colombiani colpitidal conflitto armato», ha afferma-to Ruiz Massieu, aggiungendoche in questa fase di emergenzaper il covid-19, è fondamentalecreare e preservare le migliori con-dizioni per assistere le popolazio-ni «più vulnerabili». Secondo ildelegato delle Nazioni Unite ilpercorso per superare l’enormesfida che il covid-19 rappresenta èancora lungo e complesso. Perquesto motivo ha chiesto a tutti igruppi armati di «sospendere leloro azioni» in modo che gli aiutiumanitari possano raggiungere lepopolazioni più vulnerabili.

Al momento nel paese, stando aquanto stimato dalla Johns Hop-kins University, sono stati registra-ti 5597 casi confermati di coronavi-rus, con 253 decessi riconducibilial covid-19.

Il presidente Duque ha decisodi interrompere unilateralmente inegoziati di pace con l’Eln nelfebbraio dello scorso anno, dopoche il gruppo di guerriglieri avevarivendicato l’attacco con un veico-lo carico di esplosivo a una scuoladella polizia a Bogotá il 17 gen-naio 2019, in cui morirono 22 ca-detti e altri 60 rimasero feriti.

Dopo un’escalation degli omicidi negli ultimi giorni

In El Salvador misure del governocontro i detenuti appartenenti alle bande criminali

SAN SALVAD OR, 28. Dopo decine diomicidi avvenuti in pochi giorni, al-meno 40 in 72 ore, il presidente diEl Salvador, Nayib Bukele, ha auto-rizzato «l’uso della forza letale perla difesa personale o per la difesadella vita dei salvadoregni», comescritto su Twitter. Per Bukele le ban-de criminali, le rinomate “maras”,«stanno sfruttando il fatto che quasitutta la forza pubblica è impegnatanel controllo della pandemia». Ilpresidente ha ordinato così lo statodi massima allerta nelle carceri delpaese, luogo da cui, a detta del pre-sidente, partono le direttive da partedei detenuti leader delle varie “pan-derillas” ai compagni in libertà diaumentare le violenze approfittandodell’emergenza sanitaria in corso.

Il presidente, per combattere laviolenza, ha così annunciato unaserie di provvedimenti oltre all’usodella forza da parte della polizia,tra cui la misura all’interno dellecarceri di riunire prigionieri di di-verse bande nelle stesse celle. «Lecelle della stessa banda sono finite,abbiamo mescolato tutti i gruppiterroristici nella stessa cella, in tuttii centri di sicurezza penale. Lo Sta-to rispetta se stesso!». Con questotweet, il viceministro della Giustizia

di El Salvador e direttore generaledegli Istituti di pena, Osiris LunaMeza, ha confermato l’iniziativavolta a impedire che ci siano ordinidi crimini all’esterno. Sui profili so-cial governativi circolano foto incui decine di prigionieri sono am-massati l’uno all’altro a terra tuttiinsieme, seduti in fila sul pavimen-to e ammanettati, con alcuni di lo-ro che indossano mascherine pro-

tettive per il viso contro il corona-v i ru s .

Il provvedimento è stato criticatodalla Commissione interamericanaper i diritti umani (Cidh) secondocui «mette a rischio i diritti dellepersone, private della libertà». LaCidh ha chiesto al governo di«adottare misure che garantiscano lavita e l’integrità dei detenuti», inparticolare alla luce della pandemia.

Ultimato il tracciato del nuovo ponteche “ricuce” Genova

ROMA, 28. Ultimata oggi la dician-novesima campata d’acciaio delnuovo viadotto di Genova. Il trac-ciato del ponte è dunque completa-to, è lungo 1067 metri. Sono stateusate 17.500 tonnellate di acciaio.L’operazione è stata salutata dalsuono delle sirene del cantiere edelle navi alla fonda e di alcuneaziende. A nemmeno due anni dalcrollo del Morandi, il 14 agosto2018 (43 morti), Genova è ricucita.Il cantiere del ponte è «un simboloper l’Italia intera: è il cantieredell’Italia che sa rialzarsi, che sirimbocca le maniche, non si lasciaabbattere, non si lascia sopraffare»ha detto il presidente del Consiglio,Giuseppe Conte. «Ci impegniamoal massimo perché tragedie del ge-nere non abbiano più a ripetersi»ha aggiunto.

Bocciata in Brasile la depenalizzazionedell’aborto in caso di Zika

BRASÍLIA, 28. La Corte suprema fe-derale (Stf) del Brasile respinge ilricorso per la depenalizzazionedell’interruzione della gravidanza,nel caso in cui le gestanti abbianocontratto il virus Zika, responsabiledella microcefalia fetale.

La maggioranza dei giudici dellaStf — sei su undici — si sono giàespressi con voto sfavorevole alprovvedimento Adi 5581. Si dovràperò attendere giovedì prossimo perl’ufficialità del pronunciamento,

anche se il no sembra ormai assicu-rato.

Il ricorso era stato presentato nel2016 dall’Associazione nazionale deidifensori pubblici (Anadep), la qua-le chiedeva che l’aborto in caso diZika fosse considerato come «ne-cessario», una dicitura non previstadal Codice penale brasiliano. Ilprocedimento presso l’Sft era statorinviato nel maggio dell’anno scor-so, dopo la pressione di numerosimovimenti a favore della vita.

Page 4: 5 Prudenza e obbedienza perché la pandemia non …...Prudenza e obbedienza perché la pandemia non torni «Perché la pandemia non torni», oc-corrono «prudenza e obbedienza al-le

L’OSSERVATORE ROMANOpagina 4 mercoledì 29 aprile 2020

Il 29 aprile di quarant’anni fa moriva il regista britannico

La rivoluzionedi Alfred Hitchcock

L’incontro con Hollywood fu fondamentalema il suo modo di raccontare diventeràvia via sempre meno hollywoodianoin virtù degli accenti posti più sulle inquadratureche sul montaggio nel suo complesso

«Ma respira ancora!»

Cary Grant nella scena da antologiain «Intrigo internazionale» (1959)

Sono stati probabilmente i suoi filmad abbattere definitivamente la barrierafra opera e prodotto commercialemettendo in crisi il mondo della criticache infatti passò improvvisamentenei suoi confrontidall’indifferenza all’entusiasmodando l’i m p re s s i o n edi aver perso i tradizionali metri di giudizio

Un fuori-scena del film «La finestra sul cortile»: James Stewart e Grace Kelly con l’amico Hitch (1954)

Janet Leigh nella celeberrima scena della doccia in «Psycho» (1960)

di EMILIO RA N Z AT O

Alfred Hitchcock ha contribuito inmaniera determinante a dimo-strare come si possa fare grandecinema, cinema d’autore, purpartendo dagli schemi di un ge-

nere. Sono stati probabilmente i suoi film adabbattere definitivamente la barriera fra ope-ra e prodotto commerciale, mettendo in crisiun mondo della critica che infatti, nei suoiconfronti, passò improvvisamente dall’indif-ferenza all’entusiasmo dando l’i m p re s s i o n edi aver perso i tradizionali metri di giudizio.

Più nel dettaglio, Hitchcock ha dimostra-to come nel cinema il concetto di autorialitànon sia legato necessariamente a poeticheprofonde — che pure nella fase più adultadella sua carriera sarà capace di esprimere —ma anche alla riconoscibilità di uno stile re-gistico. Un principio che saprà far trapelarecon forza crescente procedendo verso unmodo di raccontare sempre più legato all’im-magine che non alla dimensione narrativa.Fino ad arrivare a un cinema quasi astratto,“p u ro ” coma amava definirlo lui, che farà as-somigliare la sua arte a quella di un pittore.Non è tanto importante un soggetto, ma co-me si esprime. Con i suoi thriller, il registabritannico ha infatti saputo andare neglistrati profondi della macchina cinematografi-ca arrivando ai gangli che ne regolano ilfunzionamento tecnico-espressivo, nonché ilrapporto fra la rappresentazione e le emo-zioni dello spettatore.

Dopo aver ricevuto un fondamentale en-dorsement da parte dei lungimiranti criticifrancesi, a partire dalla metà degli anni cin-quanta — dopo decenni di carriera e decinedi film realizzati — prenderà coscienza delsuo status di autore moderno, paradossal-mente più nuovo di quanto non fosse a ini-zio carriera, perfettamente in linea con ilproprio tempo, e anzi precursore diquell’epoca in cui, grazie a Warhol o iBeatles, sarà ormai assodato come si possafare arte anche passando attraverso il mondodel pop.

Dei film girati in patria, nella prima metà

39 Steps (1935), Sabotage (1936) e The LadyVanishes (1938) sono film di un certo livelloche scontano però un ritmo piuttosto staticoe oggi appaiono irrimediabilmente datati. Latrasferta americana in tal senso segnerà unacesura evidente. L’incontro con collaboratoridal talento eccezionale — fra cui il musicistaBernard Hermann, il montatore George To-masini, il direttore della fotografia RobertBurks, gli scenografi Hal Pereira e George

The Man Who Knew Too Much (1956). Il re-gista consolida la pratica di servirsi di tra-sposizioni di racconti e romanzi magari noneccelsi ma firmati da esperti del genere. Unmodo per assicurarsi un soggetto solido manon particolarmente vincolante, su cui potercostruire una narrazione squisitamente visi-va. In questo modo, fra l’altro, Hitchcockabbatterà un altro luogo comune, quello se-condo cui, in caso di trasposizioni, «il libroè sempre meglio del film».

Il regista sviluppa una personale concezio-ne della suspense, che accantona il semplici-stico concetto di whodunit (ovvero il finale asorpresa) tipico del mystery anglosassone, perfar prevalere l’identificazione fra lo spettato-re e il protagonista, quasi sempre un inno-cente finito in un intrigo più grande di lui.Situazioni paradossali che conciliano un po’di Kafka con il tema di un senso di colpaatavico, frutto della formazione cattolica delregista. Ma a essere fortemente riconoscibile,come accennato, sarà soprattutto lo stile diregia. La mano di Hitchcock su un film èspesso riconoscibile già da un fermo imma-gine, perché è in pratica una sua invenzionequella di condensare gran parte del significa-to di un racconto in singole inquadrature osingoli movimenti di macchina. La cinepresache piomba sul dettaglio sempre più macro-scopico di una chiave in Notorious, la pano-ramica che passa dalla tranquillità borghesedi una strada all’omicidio che si consuma inun appartamento in Rope, la testa dello stal-ker che rimane ferma in direzione della suavittima mentre tutti la muovono durante unapartita di tennis in Strangers on a Train, lo

zoom in avanti con la cinepresa che vaall’indietro (e viceversa) nella tromba dellescale in Ve r t i g o . Non deve stupire, dunque,che alcuni fra i più importanti film hitch-cockiani si svolgano in poche lo cation, senon addirittura in un unico ambiente. Nonsi tratta affatto di teatro filmato. La lo cationunica dà modo al regista di esercitarsi inuno dei suoi talenti maggiori, ovvero cesella-re il singolo fotogramma per farlo diventareun microcosmo a sé stante. Non a caso,

camente la fisiologia di una giornata, la vitastessa. Già qui è dunque evidente che Hitch-cock sta gradualmente allargando i propriorizzonti, pur rimanendo fedele a un cinemache è anche intrattenimento.

Con Ve r t i g o (1958), il salto di qualità di-venta un volo acrobatico. Il film non è solouna vetta del thriller, ma un capolavoro toutcourt, una metafora quasi buñuelianasull’amore frustrato.

Pur senza servirsi esplicitamente del sur-realismo, Hitchcock mette in scena un dram-ma esistenziale in cui il confine fra realtà esogno si fa labile, aprendo già la strada aquelli che saranno gli ubriacanti deliri lyn-chiani.

Dopo aver firmato il suo film più densodi significato, tuttavia, con North by North-west (1959) Hitchcock fa un’inversione a “u”e procede spedito dalla parte opposta. Attra-verso un racconto in cui tutto è astratto, apartire da un protagonista che viene presoper un uomo che non esiste, braccato daspie non meglio identificate. Coerentemente,l’apparato visivo è più artefatto che mai, eculmina in un epilogo su un monte Rush-more di cartapesta. Portando dunque alleestreme conseguenze il concetto di film digenere fine a se stesso, il regista perviene aun’opera di pop art in movimento.

Con Psycho (1960), si torna invece a inter-cettare — volutamente o meno poco conta —significati profondi. Stravolgendo l’omoni-mo, modesto romanzo breve di RobertBloch, Hitchcock si ritrova a parlare non so-lo di un caso edipico da manuale, ma di unincubo americano che di lì a pochi anniavrebbe cominciato e prendere forma. Psychoanticiperà infatti molti elementi narrativi eiconografici di tanto cinema horror indipen-dente anni Sessanta e Settanta, culminantecon l’altro capolavoro The Texas ChainsawMa s s a c re (Tobe Hooper, 1974). Elementi chein seguito si caricheranno di un’esplicita va-lenza simbolica e si ancoreranno alla fase

della carriera, i film muti sono forse quellipiù interessanti. The Lodger (1927) o Downhill(1927) sono già ottimi esempi di cinemahitchcockiano, che in virtù di una dimensio-ne visiva chiamata a sopperire alla mancanzadi dialoghi, appaiono come i prototipi delleopere più mature. Con l’arrivo del sonoro,Hitchcock si dimostra un fine orchestratoredi trame fra il mystery e lo spionaggio. Th e

delle aspettative dello spettatore.È solo l’inizio di una marcia trionfale di

capolavori del thriller. Suspicion (1941), Sha-dow of a Doubt (1943), Lifeboat (1944), Spel-lbound (1945), Notorious (1946), The ParadineCase (1947), Rope (1948), Strangers on a Train(1951), Dial M for Murder (1954), Rear Win-dow (1954), The Trouble with Harry (1955), ToCatch a Thief (1955), The Wrong Man (1956),

quando Brian De Palma si cimenterà inthriller dichiaratamente hitchcockiani, si ser-virà spesso dello s p l i t - s c re e n , un modo per ri-chiamare la concentrazione di informazioniin un unico istante tipica del modello di ri-ferimento. Se dunque l’incontro di Hitch-cock con Hollywood sarà fondamentale, ilsuo modo di raccontare, però, diventerà viavia sempre meno hollywoodiano, in virtù de-gli accenti posti più sulle singole inquadra-

più traumatica e autodistruttiva della storiaamericana. Come un Sir britannico che erapartito da semplici thriller abbia potuto pro-feticamente anticipare tutto questo, rimaneun mistero. Fiuto da consumato e n t e r t a i n e r,o capacità del grande artista di entrare insintonia con il proprio tempo? Il fascino delcinema hitchcockiano sta anche in questaambiguità.

Con The Birds (1963), invece, l’astrattezza

ture che sul montaggio nel suo complesso. Esarà proprio quest’ultima caratteristica ad at-tirare particolarmente l’attenzione dei criticie futuri registi francesi, i quali vi intrave-dranno il viatico per un cinema che sia poe-sia più che prosa.

Già a partire da Rear Window, in ogni ca-so, si registra un ulteriore salto di qualità.Truffaut noterà infatti che il cortile in cui sisvolge la vicenda non è solo il teatro di undelitto, ma un mondo in nuce in cui, attra-verso mille piccoli dettagli, si descrive poeti-

ritroso verso traumi infantili, di nuovo sulcrinale fra realtà e suggestioni fantastiche, èl’ultimo grande film, nonché la conferma delfatto che pochi come Hitchcock hanno sa-puto rappresentare sul grande schermo i per-corsi psicanalitici. Alla fine della carriera,complice l’anagrafe, ma soprattutto la perdi-ta dei suoi preziosi collaboratori, il registatornerà entro i binari di un cinema di generepiù convenzionale. Ma in termini di rivolu-zione cinematografica avrà fatto già abba-stanza.

Milo — e più in generale congli altissimi standard tecnicie professionali di Hol-lywood, rappresenterà perHitchcock una svolta fonda-mentale.

L’esordio americano è giàfolgorante. Rebecca (1940) èun grande film dai retaggigotici e con una curiosa mi-scela di generi iniziale chetestimonia il gusto del regi-sta per quello che chiameràil MacGuffin, ovvero per ilpretesto narrativo adottatosolo per poi far virare il rac-conto verso tutt’altri oriz-zonti, e farsi quindi beffe

si fa definitiva. I volatili che instormi sempre più nutriti co-minciano a tormentare i prota-gonisti senza un motivo, sonouna punizione divina? Sicura-mente sono il gesto dadaistacon cui il regista-demiurgo de-cide di imbrattare la tela delgrande schermo per decostruiredefinitivamente il cinema narra-tivo, e porre basi solide a tuttoil cinema post-moderno.

Marnie (1964), un viaggio a

di GABRIELE NICOLÒ

Per ben nove volte girò la celeberrima scena delladoccia in Psycho sir Alfred Hitchcock. Sarebbedovuta durare un minuto e trenta, fu poi ridotta

a quarantacinque secondi: secondi che avvincono, che

inchiodano. In quella scena c’è tutto Hitch (come lochiamavano gli amici e i più stretti collaboratori): lacura del dettaglio, fino all’ossessione. La volontà diessere perfetti. E per essere perfetti — diceva il maestrodel brivido — bisogna essere plausibili e credibili.Altrimenti lo spettatore, anche il più distratto, non telo perdonerà mai. Ha detto di lui Francois Truffaut:«Prima di Hitchcock il cinema è come non fosse maiesistito. Dopo Hitchcock non c’è regista che non glisia debitore». Eppure, proprio la scena della docciainflisse al genio britannico un vulnus che, per suastessa ammissione, non si rimarginò mai del tutto. Lamoglie Alma, insostituibile “eminenza grigia” d i e t role quinte di ogni suo film, si accorse che Janet Leigh,cadavere, dopo essere stata pugnalata a morte daAnthony Perkins (nel film veste i panni di NormanBates), respirava, seppur impercettibilmente, ancora.Alma scattò in piedi e puntò il dito control’immagine che riproponeva la scena appena girata, elanciò un urlo. «Ma respira ancora!». Hitchcock tiròun sospiro di sollievo, profondissimo, e subitoprovvide a tagliare quel minuscolo fotogramma. «SeAlma non se ne fosse accorta, la mia reputazionesarebbe stata compromessa per sempre», avrebbeammesso il regista anni dopo. Ma da quella scenaHitchcock — noto anche per il suo cinico umorismo eper il piacere che provava nell’inquietare lo spettatore— trasse una maligna soddisfazione. «Fu tale ilrealismo di quanto mi stava accadendo intorno —confessò una volta Janet Leigh — che da quella voltanon ho più fatto la doccia, preferendo la vasca dabagno». Sbirciando comunque sempre, con la codadell’occhio, se dietro la porta non sbucava il pugnaledi Norman Bates.

Page 5: 5 Prudenza e obbedienza perché la pandemia non …...Prudenza e obbedienza perché la pandemia non torni «Perché la pandemia non torni», oc-corrono «prudenza e obbedienza al-le

L’OSSERVATORE ROMANOmercoledì 29 aprile 2020 pagina 5

Il vangelo di GollumLa Grazia e i segni del «Deus absconditus» nel capolavoro di Tolkien

Il dramma dell’hobbit che preferì il buio alla luce

Un povero pipistrellochiamato Smeagol

È un personaggio dis-graziatocapace delle azioni più spregevoliProprio come Kichijiroin «Silenzio» il romanzo di Shusaku Endo

Gollum interpretato da Andy Serkis nella trilogia filmica di Peter Jacksondedicata alla saga «Il Signore degli Anelli»

Flannery O’Connor

Prediche pulp contro gli strozziniLa lotta di san Bernardino alla piaga dell’usura nella Siena del Quattrocento

di ANDREA MONDA

Il più grande pregio del sag-gio di Ivano Sassanelli stagià nell’idea fondamentaleevidenziata sin dal titolo:aver messo i riflettori della

critica e dei lettori tutti incentratisul personaggio di Gollum, il piùstraordinario dei personaggi inven-tati alla fantasia di J.R.R. Tolkien.

Smeagol, questo il suo vero nome,sembra essere uscito dai racconti diFlannery O’Connor, la scrittrice cat-tolica americana che sosteneva che il

tuano a tal punto che finiscono perignorare cosa sia la luce. Perdere ilsenso della luce, perché mi abituopiù alle tenebre. E tanti scandaliumani, tante corruzioni ci segnalanoquesto. I corrotti non sanno cosasia la luce, non conoscono. Anchenoi, quando siamo in stato di pecca-to, in stato di allontanamento dalSignore, diventiamo ciechi e ci sen-tiamo meglio nelle tenebre e andia-mo così, senza vedere, come i ciechi,muovendoci come possiamo».

Per evitare di fare questa fine ilPapa incoraggia tutti noi verso quel-la «domanda quotidiana che noipossiamo farci: “Io cammino nellaluce o cammino nelle tenebre? So-no figlio di Dio o sono finito peressere un povero pipistrello?”».

pesci nelle profondità dei flutti condita invisibili e li mangiava crudi.Un giorno di gran caldo, mentre sichinava sull’acqua per rinfrescarsi,sentì qualcosa bruciargli la nuca efu abbagliato da una luce fortissimache si rifrangeva sul ruscello afflig-gendo i suoi occhi bagnati. Si do-mandò cosa fosse, poiché si era di-menticato dell’esistenza del Sole.Allora, per l’ultima volta, volse latesta verso l’alto e mostrò i pugni.Ma abbassando lo sguardo vide inlontananza le cime delle MontagneNebbiose, dalle quali nasceva il tor-rente. Un pensiero gli balenò im-

provviso alla mente: “Sotto quellemontagne sì che farà fresco! Lì,all’ombra ed al buio, il Sole nonpotrebbe più guardarmi. Le radicidi quelle montagne devono essereveramente profonde e chissà quantisegreti vi sono sepolti, che mai nes-suno ha scoperto e svelato”. Ed al-lora partì di notte per le alture, do-ve trovò una piccola caverna dallaquale erompeva il torrente oscuro.Strisciò viscido e lento come un ba-co fin nel cuore del monte, sparen-do dalla faccia della terra».

Pubblichiamo stralci della prefazioneal libro «Tolkien e il vangelo diGollum» di Ivano Sassanelli (Bari,Cacucci editore, 2020, pagine 550,euro 50).

di VITO FASCINA

Lo studioso barese [Iva-no Sassanelli] con unafelice intuizione, si tuf-fa, nel racconto tolkie-niano, a partire dal-

l’espressione evangelica di Luca 12,34: «Perché dove è il vostro tesoro,là sarà anche il vostro cuore», nel-la versione greca ancora più bella:«Dove infatti è il tesoro di voi, làanche il cuore di voi sarà» e nuo-tando dentro il tumultuoso e vastomondo fantastico coglie il nessofondativo del lavoro del docente-narratore: il collegamento inscindi-bile tra logopoiesi e mitopoiesi e ilgrande esame discernitivo del tra-vagliato Gollum.

Ogni parola dell’epistolariouscito postumo e pubblicato dalfiglio Christopher insieme a Hum-phrey Carpenter, quasi a specchiocon lo Zibaldone leopardiano per iCanti del recanatese, viene a spie-gare il fertile e audace lavorio cheRonald Tolkien ha utilizzato perdare senso e misura ai tre capola-vori. (...)

La lettera 142 è indirizzata dalprofessore al suo amico padre Ro-bert Murray s.j., nipote di Sir Ja-mes Murray, fondatore del Dizio-nario. La missiva riportava un for-te accento del gesuita su tre princi-pali percorsi nel capolavoro: «po-sitiva compatibilità con l’o rd i n edella Grazia»; paragone tra Gala-driel e la Vergine Maria; un giudi-zio profetico, sostenendo, a ragio-ne, che i molti critici che si adope-rassero a capire il libro «non trove-ranno una casella accuratamenteetichettata in cui metterlo».

Ecco il ricco sguardo di questamonografia si delinea intorno adalcune complesse questioni tolkie-niane. La prima tesi di Murray, ov-verosia la Grazia, viene vagliatacon grande dovizia di confronti,indagini e con il sapiente uso deitesti dell’autore. Nella parte inizia-le o Discorso su Tolkien, Sassanelliriesce a dimostrare, infatti, che perl’oxoniense è decisamente veral’espressione latina semel catholicus,semper catholicus. La profonditàdella ricerca dimostra come il mon-do mitopoietico nato e partoritosulla più raffinata e continua inda-gine filologica porta ad una solaaffermazione: accanto a Dante eManzoni, Tolkien è il più straordi-nario e fecondo raccontatore cri-stiano-cattolico.

Ora in pieno Novecento, quan-do l’affermazione nicciana “Dio èmorto” aveva avuto piena confer-ma nelle due disastrose e impareg-

giabili guerre mondiali, la sua eu-catastrofe, il trionfo del Dio fattouomo, sconfitto sulla Croce e Ri-sorto, assume una forza valorialeancora più grande. Pensata e con-cepita da un fedele laico, redattain una serie di testi narrativi, con-fermata dall’eco mondiale, soprat-tutto de Lo Hobbit e de Il Signoredegli Anelli, quindi suffragata daun popolo di oltre 150 milioni dilettori, l’eucatastrofe lascia il no-stro critico meridionale esterrefat-to, meravigliato, ma soprattuttoavvinto dalla gioia, accanto alMaestro (…). A propositodell’amore per il fraticello di Assisie dell’afflato verso la nostra lin-gua, nella lettera 167 dell’epistola-rio, così scriveva nel 1955: «Sonoancora sbalordito degli affreschi diAssisi. Dovete venirli a vedere.Siamo arrivati durante la festa disanta Chiara alla vigilia dell’11-12agosto. Santa Messa cantata dalcardinale Micara con trombe d’ar-gento all’elevazione! Sto tenendoun diario. Sono innamoratodell’italiano, e mi sento abbando-nato senza la possibilità di cercaredi parlarlo! Dobbiamo continuarea studiarlo».

È inutile dire che Papa France-sco lega la stima e le citazioni perTolkien ad una lettura in cui si co-glie la presenza di Francesco d’As-sisi con quella d’Ignazio di Loyo-la: Cantico ed Esercizi spirituali. Pa-re proprio difficile, quasi impossi-bile sostenere che il grande narra-tore abbia scritto il tutto senza vo-ler evidenziare la sua grande fedee carità ispirativa e questo contri-buto del canonista barese lo spiegabenissimo nel capitolo d’e s o rd i o

del libro primo, ritornando poicon nuove riflessioni, in tutto losvolgimento.

Il paragone fra Galadriel e laMadonna non appare all’a u t o reconvincente, o gli sembra forzato,poiché l’allegoria non era nellecorde dello scrittore inglese. Tuttoil lavoro conferma che lo sforzodel narratore spinga a intravvedereil digitus Dei, ma ancor più il Deusabsconditus, e il terzo capitolo dellaprima parte lo mostra con doviziadi affermazioni e riflessioni ido-nee.

La terza affermazione di PadreMurray trova eco in ogni paginadel testo esaminato. Infatti si ri-scontra una grande e pregevoleapertura conciliare e del Novecen-to più vero nei confronti dell’au-tentico esame discernitivo: vetera etnova s’innestano a perfezionenell’intreccio narratologico.

Tolkien, e con lui il Sassanelli,avvertono che le domande offertedagli Hobbit e dal loro viaggiomisterioso verso il Monte Giudi-zio, Mount Doom in inglese, sonomolto di più delle risposte cheegli intende offrirci; il tempo pre-vale sì sullo spazio, ma le sue pre-gevoli mappe illustrative ci hannoregalato uno scenario di grandebellezza e, ancora una volta il fi-lologo, l’incantatore di grandi eadolescenti, subcrea, incrociandola parola poetica con la Parola delC re a t o re .

Il lettore, perciò, può compren-dere come il grande impianto lin-guistico abbia supportato la narra-zione, venendo a sua volta rilan-ciata e ricreata, direi restaurata alsuo valore fondativo e primigenio.

Un povero pipistrello è la perfet-ta definizione di Gollum, che avreb-be soddisfatto anche J.R.R. Tolkienche così ci presentava il suo straor-dinario personaggio, e qui ogni pa-rola di commento suonerebbe pleo-nastica: «Si mise a rubare e presel’abitudine di borbottare da solo edi gorgogliare con la gola. Fu cosìche lo soprannominarono Gollum,maledicendolo e cacciandolo via;sua nonna, desiderando vivere inpace, lo espulse dalla famiglia e gliordinò di non mettere mai più piedenella sua caverna. Egli vagò solita-rio, versando qualche lacrima sullacattiveria del mondo, e risalì il Fiu-me, giungendo così ad un torrenteche scorreva giù dalle montagne,del quale seguì il corso. Afferrava i

lavoro del narratore consiste nel de-scrivere l’opera della grazia in unterritorio occupato per lo più dalmale, che potrebbe essere la descri-zione dell’avventura di Frodo e Sam,guidati/traditi proprio da Gollum,nella Terra Desolata di Mordor.

La grazia è la protagonista deiracconti della O’Connor (e di Tol-kien) ma è una grazia per nulla“graziosa”, ma anzi brusca e violen-ta, che irrompe nelle vicende umanescompigliandole e aprendo così quelvarco in cui la luce divina può pe-netrare. Un modo di agire che quin-di si incarna spesso nelle azioni(spesso violente) di personaggi grot-teschi, di veri e propri dis-graziati,ricordandoci che nella dis-grazia lagrazia è comunque già presente.

Smeagol-Gollum è un vero dis-graziato, brutto, misero e capacedelle azioni più spregevoli.

Proprio come Kichijiro, inquie-tante e struggente personaggio di Silenzio, il romanzo dello scrittoregiapponese Shusaku Endo che haispirato il bel film di Martin Scorse-se uscito nel 2018 che, proprio comeil romanzo del 1966, non smetteràdi turbare la coscienza dei lettorimeno superficiali.

Kichijiro sembra un dannato, unmiserabile, un uomo debole che dicontinuo cade e tradisce i suoi ami-ci, i gesuiti missionari perseguitatinel Giappone del XVII secolo. Ep-pure trova sempre misericordia, pro-prio da coloro che egli tradisce.Proprio come Gollum.

Ma un efficace ritratto di questopersonaggio urticante, paradossale eoscuro lo ha fatto proprio PapaFrancesco quando in una recente ce-lebrazione della messa quotidiana aCasa Santa Marta, commentandonell’omelia un passo del Vangelo diGiovanni, ha detto che: «C’è gente — anche noi, tante volte — che nonpossono vivere nella luce perché so-no abituati alle tenebre. La luce liabbaglia, sono incapaci di vedere.Sono dei pipistrelli umani: soltantosanno muoversi nella notte. E anchenoi, quando siamo nel peccato, sia-mo in questo stato: non tolleriamola luce. È più comodo per noi viverenelle tenebre; la luce ci schiaffeg-gia, ci fa vedere quello che noi nonvogliamo vedere. Ma il peggio èche gli occhi, gli occhi dell’animadal tanto vivere nelle tenebre si abi-

di FELICE ACCRO CCA

Il giorno stesso del suo onomastico (il23 aprile scorso) Papa Francesco haadditato il rischio di una “pandemiaso ciale”: «Ci sono — ha detto nel cor-so della messa celebrata a Santa Mar-

ta — tante famiglie che hanno bisogno, fannola fame e purtroppo li “aiuta” il gruppo degliusurai». Francesco ha quindi pregato perqueste famiglie, per la loro dignità, e «ancheper gli usurai», perché «il Signore tocchi illoro cuore e si convertano». Una questionevecchia, purtroppo: da sempre, infatti, mala-vitosi e usurai (due facce della stessa meda-glia) approfittano dei momenti di difficoltàgenerale per stendere — come una piovra — iloro tentacoli; ne fa fede anche la storia dellapredicazione, in special modo quella di Ber-nardino da Siena.

Con lui l’Osservanza francescana passòdall’eremo alla piazza, sforzandosi con ognimezzo di rinvigorire la pietà e la devozionedel popolo cristiano: lo fece soprattutto conla predicazione, stigmatizzando i vizi e dan-do vita a nuove ipotesi sociali. Bernardino, inpossesso di una solida formazione umanistica(conosceva in maniera adeguata Boccaccio)fu maestro di retorica, grande divulgatore,capace di esprimersi con rara franchezza.

Più volte affrontò la questione dell’usuranelle sue opere latine: ne fanno fede gli ottosermoni sul dovere della restituzione nelQuaresimale De cristiana religione, o il trattatoDe contractibus et usuris nel Quaresimale DeEvangelio aeterno, che si distende per quattor-

dici sermoni, dal XXXII al X LV. Nell’o ccasione,Bernardino utilizzò a piene mani il grandecorpus della trattatistica medievale, fonti tracui spicca il De emptionibus et venditionibus, deusuris, de restitutionibus, opera del francescanoprovenzale Pietro di Giovanni Olivi. Affrontòpoi l’argomento — e non poteva essere altri-menti — in molte prediche tenute sulle piazzeitaliane, delle quali ci restano i resoconti ap-prontati dai “rip ortatori” (una sorta di steno-grafi dell’epoca) che ne trascrivevano il testodal vivo.

Come al solito, Bernardino non manca dichiarezza né di efficacia, disinvolto fino alpunto di dire che gli usurai «sbudellerebberoCristo per far corde da liuto, graffiano i piediai santi e ruberebbero con l’alito». Tornò sultema anche nelle prediche tenute sulla Piazzadel Campo di Siena tra la fine dell’estate el’inizio dell’autunno del 1427: grazie all’otti-ma trascrizione che ne fece il cimatore dipanni Benedetto di maestro Bartolomeo, que-sto ciclo di predicazioni ci ha trasmesso la te-stimonianza più fedele del “p a r l a re ” di Ber-n a rd i n o .

Benedetto registrò fedelmente non solo leparole, ma anche i gesti del frate, le sue fre-quenti esclamazioni, gli stratagemmi posti inatto per richiamare l’attenzione degli uditori,perfino gli avvertimenti che mandava ai ta-chigrafi, invitandoli a registrare bene le sueparole, poiché stava per dire qualcosa d’im-portante. È il caso, ad esempio, della predicaXVII, nella quale si legge: «Doh! Odi buonaparola o scrittore, scrivela questa!». Poco pri-ma, Bernardino aveva dichiarato l’intenzione

di scagliarsi in particolare contro il prestito ainteresse: «Io ve ne farò una predica — disse— di questa usura, e farolla per modo, che sefusse di mezzo gennaio, voi sudarete, ché git-terete gocciole così grosse, se voi considerare-te la verità». Minacciò dunque fuoco e fiam-me, ma poi non dovette mantenere il suoproposito, visto che, almeno nel ciclo del1427, una simile predica si cerca invano.

Da diversi accenni si percepisce con chia-rezza che l’usura a Siena — città ricca, pienadi mercanti e mercanzie, dove il denaro circo-lava ed era trafficato ad interesse — era unapratica diffusa. Nella predica IV è nominatatra i peccati di cui si macchiava la parte ma-schile della popolazione, una di quelle colpe(predica X) che escono dal cuore e contami-nano l’uomo, al pari dei furti, dei tradimenti,della lussuria, delle ruberie, delle guerre e dialtri simili. Tutta la classe mercantile, affermaBernardino nella predica XXXVIII, agiva conspirito da strozzini, tanto che la diffusionedel male sembrava aver raggiunto livellipreo ccupanti.

«O usuraio — esclama ancora nella predicaXXXV — che hai prestato e furato già cotantotempo, e beiuto il sangue de’ povari, quantodanno hai fatto, e quanto peccato contra alcomandamento di Dio!». È questa la predicain cui Bernardino raggiunse i toni più forti.L’usuraio, disse, tira e tira sempre a sé, divo-rato da fame e sete inestinguibile: «O usu-raio, o divoratore de’ povaretti, tu sarai ancopunito del fallo tuo», dichiarò in tono vi-brante. Né l’usuraio poteva pensare di aggiu-stare le cose a buon prezzo, facendo qualche

elemosina per tacitarsi l’anima: «Non è accet-ta a Dio quella limosina» affermò poi nellapredica XL. Di fronte al dilagare del male,Bernardino esortava a reagire con uno scattodi volontà.

Tuttavia, poiché nonostante tutti i suoisforzi il vizio sembrava tracimare, si vide co-stretto a invocare misure radicali: a maliestremi, estremi rimedi. Esortò perciò i con-fessori a rifiutare l’assoluzione a quanti mo-stravano solo un finto pentimento senza daregaranzie sicure, paventando ai penitenzierideboli il rischio di condividere la stessa sortedell’usuraio: «Amate il bene comuno, e nonfate contra a Dio. E però dico a te: non pre-stare e non dare vigore a chi presta; e a teconfessore dico: non gli asolvere, se non nerimane e non soddisfa di quello che e’ può»(predica XXXV).

Bernardino era cosciente che l’usura, com-promettendo il bene comune a vantaggio dipochi, costituiva la principale causa della de-cadenza della città: ecco il motivo di tantadurezza nelle sue parole. L’usura era comeun cancro che, invadendo tutto il corpo, neminava la salute costringendolo a capitolare.

Quanto è attuale quest’esortazione ad ama-re il bene comune, ad avere a cuore la sortealtrui, perché troppo facilmente siamo tentati— tutti — dal guardare ognuno al proprio or-ticello, illudendoci che basti poco per metter-ci in pace con Dio. L’intervento di PapaFrancesco ci avverte ora che tutto il magiste-ro di Bernardino sull’usura è, purtroppo, an-cora drammaticamente valido.

Shusaku Endo

JohnRonald Reuel

To l k i e n

Page 6: 5 Prudenza e obbedienza perché la pandemia non …...Prudenza e obbedienza perché la pandemia non torni «Perché la pandemia non torni», oc-corrono «prudenza e obbedienza al-le

L’OSSERVATORE ROMANOpagina 6 mercoledì 29 aprile 2020

OSPEDALE DA CAMPO«Io vedo con chiarezza che la cosa di cui la Chiesa ha più bisogno oggi

è la capacità di curare le ferite e di riscaldare il cuore dei fedeli, la vicinanza, la prossimità.

Io vedo la Chiesa come un ospedale da campo dopo una battaglia...

Curare le ferite, curare le ferite... E bisogna cominciare dal basso»

L’esortazione del Wcc

Più attenzioneai vulnerabili

GINEVRA, 28. «Le persone con di-sabilità possono essere più esposteal virus a causa degli ambienti incui vivono, della mancanza di in-formazioni adeguate in formati ac-cessibili, a causa di condizioni disalute preesistenti o per basse difeseimmunitarie», bisogna pertantopromuovere la loro inclusività du-rante la pandemia da covid-19: ildeciso monito arriva dalla Rete ecu-menica per la disabilità del Consi-glio ecumenico delle Chiese (Wcc).«Durante questo periodo, le perso-ne portatrici di handicap sono co-strette a confrontarsi con ostacoliche incrementano il rischio di con-trarre il virus», commenta AnjelineOkola Charles, segretaria esecutivadell’organizzazione ecumenica. Al-

me stesso. Invece di andare in uffi-cio, lavoro da casa», racconta peresempio il pastore Chileshe Chepe-la, membro della Chiesa Unita inZambia.

«La risposta della Chiesa nondeve lasciare indietro nessuno — ri-badisce la segretaria esecutiva dellaRete ecumenica per la disabilità delWcc — i cristiani, come discepoli diCristo, sono chiamati ad amarsi co-me Cristo ha amato noi. Siamochiamati a condividere informazioniaccurate sul virus con le personecon disabilità, per raggiungere tuttii membri della nostra comunità eoffrire loro il dono dell’amicizia du-rante questo periodo di pandemia».

Per supportare le Chiese nell’of-frire una risposta inclusiva per la di-

Da 40 giorni suore e operatori in autoisolamento in una casa di riposo di Montenero di Bisaccia

Per proteggere gli anziani

di FRANCESCO RICUPERO

«S iamo barricati da 40 gior-ni, ma siamo felici di averpreso questa difficile deci-

sione, sia perché i nostri anzianistanno tutti bene e nessuno ha con-tratto il covid-19 e sia perché conquesta dura prova abbiamo capito diessere una grande famiglia unita chepersegue un solo obiettivo: preserva-re la salute. Noi barricati ci staremofino a quando non avremo la certez-za di non correre il rischio di esserecontagiati»: è quanto dice a «L’O s-servatore Romano», suor Aurora Va-lerio, direttrice della casa di riposoVilla Santa Maria di Montenero diBisaccia, in Molise. Una delle pochestrutture in Italia che ha deciso il to-tale isolamento volontario evitandocosì il contagio agli operatori che,dopo il turno di lavoro, dovrebberofar ritorno a casa, e agli anzianiospiti ai quali non è consentito ilcontatto fisico con i familiari. «Conl’aiuto di Dio e con il sacrificio ditutti i dipendenti della casa di ripo-so e del nostro infermiere coordina-tore, Giovanni Cutolo — aggiunge lareligiosa — speriamo di poter vincerequesta battaglia. La preghiera ac-compagna e scandisce le nostre gior-nate e la fede ci sostiene in questadifficile prova».

E si tratta proprio di una duraprova per chi ha scelto di combatte-re e, speriamo, vincere questa sfidarinunciando alla propria casa, allafamiglia, ai figli o ai genitori, ai pa-renti. A Villa Santa Maria, al mo-mento, oltre al coordinatore ci sonododici suore missionarie della Dot-trina cristiana, dieci tra infermieri eoperatori sociosanitari, 95 anziani.«La decisione di isolarci è stata pre-sa quasi all’unanimità — spiega alnostro giornale Cutolo — abbiamosubito capito la gravità della situa-zione e il rischio che potevano cor-rere sia gli anziani di Villa SantaMaria, sia noi operatori e le suore.Chi non ha potuto condividerel’esperienza dell’isolamento è perchéha problemi gravi a casa o bimbipiccoli, ma ci stanno vicini. Ad og-gi, i nostri sacrifici sono stati pre-miati. Nessun anziano ospite hacontratto il virus e anche noi stiamo

bene e andiamo avanti più convintiche mai».

A Villa Santa Maria è stato attua-to un protocollo severo ed oculato elo dimostra il modo di operare dellesuore e dei dipendenti della casa. Lastruttura, infatti, consente ai dipen-denti di lavorare e di gestire il pro-prio tempo libero, a dire il vero po-co, in totale sicurezza all’interno deilocali e negli spazi adiacenti. «Hocercato di far capire agli anziani eagli operatori — aggiunge suor Au-rora — che questo tempo va vissutocome una provvidenza. Dio ci vuolemigliorare interiormente. Durante lagiornata recitiamo tutti insieme ilRosario, preghiamo, parliamo e tra-scorriamo dei momenti di riflessio-ne. Trasmettiamo serenità agli ospiti,la religiosità sta nel cuore di tuttinoi».

In questa casa di riposo i nonnisono davvero protetti giorno e notte.Qui non è consentito al virus di in-sinuarsi nelle loro fragili vite come èsuccesso purtroppo a migliaia di an-ziani in Italia e in molti altri Paesinel mondo. Gli accorgimenti presidalla struttura sono molto scrupolosima i risultati certo non lasciano spa-zio a critiche. «Ci siamo organizzati— prosegue il coordinatore — desti-nando alcune stanze all’isolamentodi eventuali ospiti contagiati. Ci av-valiamo della consulenza di medici

specialisti esterni. La telemedicina èefficace e ci aiuta a monitorare co-stantemente i nostri ospiti. I control-li e i monitoraggi avvengono utiliz-zando la tecnologia». Da Villa San-ta Maria — ricorda Cutolo — «p os-sono entrare e uscire solo gli opera-tori che si occupano della cucina edelle pulizie, ma non hanno alcuncontatto né con gli anziani né tantomeno con noi. Prima di rendereoperativo l’isolamento abbiamo pia-nificato tutto per evitare rischi epossibili contagi». E i risultati, finoad oggi, hanno dato ragione. «Il vit-to — prosegue il coordinatore — vie-ne preparato nella cucina interna. Icuochi non hanno nessun contattocon il resto del personale. Per le pu-lizie, lo staff adeguatamente protettocon guanti, camici e mascherine ini-ziano a pulire le stanze dopo chetutti gli anziani hanno abbandonatoi locali. Liberiamo un piano alla vol-ta, così evitiamo contatti tra gli ad-detti alle pulizie e gli ospiti».

Non poteva mancare la solidarietàin una comunità piccola dove tuttisi conoscono e si aiutano a vicenda.«Le mascherine — sottolinea Gio-vanni Cutolo — ce le ha donate uncommerciante di Montenero di Bi-saccia, mentre altri dispositivi sanita-ri sono arrivati dall’amministrazionecomunale e dalla protezione civile».In questi giorni, una cinquantina di

ficoltà nell’accesso alle informazionisulla sanità pubblica e all’assistenzasanitaria, nonché interruzioni deiservizi. Fatti che le hanno rese an-cora più vulnerabili.

A seconda del tipo di handicap edel contesto in cui vivono, le perso-ne disabili hanno trovato il propriomodo di combattere il covid-19, ri-ferisce Anjeline Okola Charles, e leChiese hanno stabilito nuovi modiper offrire a loro un accompagna-mento personalizzato: visite a do-micilio, attività a distanza, diffusio-ne di informazioni. L’obiettivo èquello di non lasciare indietro nes-suno, né i fedeli, né il clero. «Comeministro del Vangelo in situazionedi handicap, ho ridotto le ore di ac-compagnamento pastorale e vado atrovare soltanto le persone con gra-vi problemi, al fine di proteggere

Tra mille difficoltà a Napoli l’Associazione Gioventù cattolica continua ad aiutare persone sole e minori a rischio

Volontari no stopdi VALENTINO MAIMONE

In città sono conosciuti da benventitré anni per il loro preziosoaiuto ai minori più esposti

all’abbandono scolastico e alla cri-minalità. Ma ora, vista l’e m e rg e n z ada coronavirus, sono diventati anco-ra più apprezzati dalla popolazione.Sono i volontari dell’Asso ciazioneGioventù cattolica, un’o rg a n i z z a z i o -ne che opera dal 1997 in un’a re aparticolarmente delicata della cittàdi Napoli, quella compresa tra piaz-za Mercato, l’antico borgo Sant’Eli-gio, Forcella, i Quartieri Spagnoli eil borgo degli Orefici. Insomma ilcentro storico, dove la richiesta diaiuto, già forte in tempi normali, siè fatta ancora più urgente con le ul-time restrizioni imposte dalla pande-mia. Ne parliamo con il presidente,Gianfranco Wurzburger: «L’Asso cia-zione Gioventù cattolica fu costitui-ta grazie ai giovani della parrocchiadi Sant’Eligio Maggiore e oggi è an-che componente della consulta dellaicato dell’arcidiocesi di Napoli. Cisiamo sempre occupati anzitutto diminorenni in condizioni di disagio,ma dallo scorso novembre — raccon-ta al nostro giornale — avevamo av-viato anche un progetto di sostegnoper gli anziani. Era stato pensatoinizialmente come un servizio di vi-cinanza, i nostri volontari entravanonelle case per fare quattro chiacchie-re, dare una mano in cucina, giocarea carte, talvolta perfino fare duepassi in piazza della Carità, comesuccedeva per esempio con un si-gnore che ama fumare il sigaro. Poi,

purtroppo, è arrivata l’emergenza eabbiamo dovuto bruscamente rive-dere tutto».

Le regole sempre più restrittiveimposte dal governo per far fronteal coronavirus, hanno costretto l’as-sociazione a una modifica radicaledelle attività quotidiane: «Abbiamocambiato le tipologie di interventodi tutti i nostri operatori, in partico-lare quelli più impegnati sul territo-rio. Nel caso dei bambini, sono stateinevitabilmente interrotte tutte le at-tività ludiche che tenevamo all’ap er-to nel nostro parco di circa tremilametri quadri. Ma ci siamo industria-ti e, per intrattenere i più piccoli,abbiamo aperto un canale YouTube,chiamato Tele Assogioca, tramite cuiquattro volte la settimana mandiamoin onda giochi virtuali, raccontiamo

fiabe napoletane e pubblichiamo vi-deomessaggi di cantanti locali»,spiega Wurzburger.

Le famiglie in difficoltà servitedall’Associazione Gioventù cattolicasono in tutto circa 600, grazie al la-voro senza sosta di volontari di tuttele età: «Possiamo contare su 42 ra-gazzi in arrivo dal servizio civile,più un’altra decina di persone che sisono aggiunte a noi proprio nelleultime settimane. Si muovono a pie-di o con un furgoncino».

E per gli anziani? «Dodici deinostri volontari, in felpa blu con illogo dell’associazione e a bordo dibiciclette ben riconoscibili grazie aparticolari pannelli laterali — spiegail presidente — percorrono in lungoe in largo i vicoli del centro storicoper portare tutto quello che serve auna quarantina di anziani: dalla spe-sa quotidiana ad altri generi di pri-ma necessità. Ovviamente si occupa-no anche di acquistare le medicine edi procurarsi le relative prescrizioni.Il tutto, rispettando sempre con lamassima attenzione ciascuna delleprecauzioni imposte dalla legge: in-dossano guanti e mascherine, rispet-tano la distanza di sicurezza, lascia-no i pacchi davanti all’ingresso op-pure all’interno di panieri che ven-gono ritirati dalla finestra o dal bal-cone, proprio come si faceva unavolta. Abbiamo a cuore la salute de-gli anziani che aiutiamo — sottolineaWurzburger — sono fragili, qualcunoè anche malato, non possono correrealcun rischio di contaminazionedall’esterno. E allo stesso modo non

vogliamo neanche che i nostri vo-lontari siano esposti al contagio».

La popolazione, che già li apprez-zava, in una situazione come quellache stiamo vivendo li ammira ancoradi più. E cerca di aiutarli in tutti imodi: «C’è sempre qualcuno, peresempio, che ci dà una mano anchesolo lanciando un’occhiata alle bici-clette dei ragazzi quando vengonolasciate incustodite per qualche mi-nuto durante le consegne», precisaWu r z b u rg e r.

I problemi, tuttavia, non manca-no: «Nonostante il grande appoggioche riceviamo dalla Caritas diocesa-na, diretta da don Enzo Cozzolino eda associazioni come L’Altra Napo-li, purtroppo le risorse non sonomai abbastanza. Siamo sempre indifficoltà per le mascherine, peresempio: ce ne servirebbero altre. Eanche i generi alimentari, ora cheabbiamo esaurito le scorte del nostroBanco alimentare, sono diventati unproblema. Per andare a fare la spesa— continua — i volontari sono co-stretti a restare in coda spesso ancheper due ore. E in questo modo tuttodiventa più difficile. Sarebbe bellis-simo se le grandi catene di distribu-zione creassero una sorta di corsiapreferenziale per i volontari, ma mirendo conto che servirebbero regoleprecise per una situazione a cui nes-suno poteva essere preparato. Dun-que — conclude il presidente Wur-zburger — andiamo avanti così, lavo-rando come al solito con tutti noistessi per il bene della nostra comu-nità».

In Belgio una piattaforma web per bambini con disabilità

Il sollievo della solidarietàBRUXELLES, 28. In tempo di pande-mia, inevitabilmente, tendono adacuirsi in maniera speso anchedrammatica le difficoltà che quoti-dianamente devono affrontare lepersone con disabilità. Per questoin Belgio è nata Répit solidaire (“Ilsollievo della solidarietà”), piatta-forma web per aiutare i genitori dibambini malati o portatori di han-dicap, la quale è una fonte di infor-mazioni utili e anche un’opp ortuni-tà per creare collegamenti.

L’iniziativa è stata lanciata da ungruppo di volontari esperti in que-sto ambito, guidato da ricercatoridell’Università cattolica di Lovanio,con lo scopo di far conoscere le as-sociazioni e i servizi per venire in-contro a situazioni difficili: oltre adinterventi specifici sempre attivi an-che durante la quarantena, Répitsolidaire fornisce gli indirizzi neces-sari per trovare un piccolo aiuto edelenca i servizi che offrono ascoltoo consigli educativi, a Bruxelles ein Vallonia. Il sito, inoltre, dà an-che accesso a una pagina Facebooknata come luogo di scambio diidee, offre supporto e consulenzariguardo alle attività adatte ai bam-bini malati o disabili e indica linkrilevanti per rispondere a domanderelative alla quarantena, alla disabi-lità e all’assistenza sanitaria.

Un progetto che ha subito avutoun ottimo riscontro: a meno di unasettimana dal lancio, la pagina Fa-cebook della piattaforma ha regi-strato l’iscrizione di quattrocentopersone. Anche l’omonimo sito ha

ricevuto molte visite che cresconogiorno dopo giorno.

«In questo periodo di “re c l u s i o -ne” — spiegano le ideatrici di Répitsolidaire, l’infermiera Anne-Catheri-ne Dubois e Maëlle Boland, psico-loga dell’Institute of health and So-ciety dell’Università cattolica di Lo-vanio — abbiamo pensato, metten-do a frutto le nostre conoscenze sulcampo, di poter rendere la vita piùfacile ai genitori di bimbi con pato-logie difficili offrendo loro un so-stegno e in particolare la centraliz-zazione di tutto l’aiuto ancora di-sponibile e non sempre facile datrovare», particolarmente nei primigiorni della quarantena. «Le fami-glie infatti — sottolineano — hannodovuto scegliere se tenere il figlio acasa o affidarlo a un istituto. Per al-cuni si trattava di gestire il telelavo-ro, fratelli e sorelle e un bambinomalato o disabile, per altri di gesti-re la separazione: trovare il tempoper se stessi in queste condizioni èmolto difficile. Il gruppo di Face-book rende facile entrare in contat-to con altre persone nella stessa si-tuazione, anche se per pochi minu-ti».

L’importanza dell’iniziativa risie-de nell’aver sollevato nuovamenteuna questione che presenta le suecriticità anche in tempi di normalevita quotidiana. Ecco perché Répitsolidaire continuerà ad esistere an-che dopo la fine dell’e m e rg e n z a ,precisa il team universitario, affian-cata dalla Fondazione Re Baldovi-no che sta elaborando un analogop ro g r a m m a .

ospiti della struttura sono stati sot-toposti al tampone e tutti sono ri-sultati negativi. «Sono perfettamen-te consapevole — prosegue il coordi-natore di Villa Santa Maria — chenell’elenco delle priorità ci sono pri-ma i sintomatici, ma il nostro obiet-tivo è di sottoporre i tamponi a tuttigli anziani e agli operatori. Ciò perstare tranquilli e per permettere unasorta di cambio o “turnover”. I no-stri colleghi che non hanno potutoaderire all’isolamento potrebberodare il cambio a chi sta lavorandosenza sosta da tanti giorni, natural-mente garantendo la massima sicu-rezza». La salute e il benessere degliospiti sono una priorità indiscutibi-le. «C’è un bellissimo rapporto —sottolinea suor Aurora — t r a s c o r rocon loro tante ore a parlare, a gioca-re a carte e a pregare. La nostra at-tenzione è concentrata sui 95 ospiti,li aiutiamo a superare i momenti dinostalgia, la tecnologia ci sta dandouna mano: una videochiamata con ifamiliari riesce a colmare il senso divuoto. Ma un pensiero particolare —conclude la direttrice della casa diriposo — lo rivolgo agli operatori eai loro familiari che con grandi sfor-zi stanno portando avanti con noiquesta sfida. A tutti loro dico grazie,il vostro sacrificio non sarà vano.State sereni perché Dio ci aiuterà asuperare questo difficile momento».

cune di loro non sonoin grado di eseguiregesti igienici di base,come lavarsi le mani,e hanno difficoltà a ri-spettare le distanze so-ciali perché hanno bi-sogno dell’aiuto di unterzo. Altre ancora de-vono usare il tatto perottenere informazionisull’ambiente circo-stante o per chiedereun sostegno fisico. Lamaggior parte dei di-sabili ha segnalato dif-

sabilità, Act Alliance — che raggrup-pa quasi 150 Chiese e organizzazio-ni in oltre 120 paesi per creare cam-biamenti positivi e sostenibili nellavita delle persone povere ed emargi-nate — ha sviluppato delle linee gui-da «per la risposta inclusiva duran-te il covid-19». Il documento sotto-linea l’importanza di identificare lepersone con disabilità nelle regionicolpite per raggiungerle facilmentee fornire loro informazioni accessi-bili attraverso diversi formati. In se-condo luogo, si richiede alle Chiesedi collaborare con coloro che forni-scono servizi medici per garantirel’accessibilità ai servizi sanitari e alleattrezzature mediche necessarie. In-fine, le linee guida esortano le Chie-se a includere le persone con disabi-lità come rappresentanti nelle inizia-tive di risposta alle emergenze.

Page 7: 5 Prudenza e obbedienza perché la pandemia non …...Prudenza e obbedienza perché la pandemia non torni «Perché la pandemia non torni», oc-corrono «prudenza e obbedienza al-le

L’OSSERVATORE ROMANOmercoledì 29 aprile 2020 pagina 7

Un banco alimentare dalla diocesi ecuadoriana di Latacunga

Per poveri e bisognosiQU I T O, 28. La diocesi ecuadorianadi Latacunga ha istituito un Bancoalimentare per rispondere alla crisiprovocata dalla pandemia e per aiu-tare i più poveri e bisognosi, prova-ti dalla conseguente crisi economi-ca. Si tratta — si spiega nel sito webdella diocesi — di un’o rg a n i z z a z i o -ne benefica a carattere sociale, sen-za scopo di lucro, su base volonta-ria, il cui obiettivo è «raccogliere,organizzare e distribuire alimentidonati da persone e aziende dibuona volontà». Il materiale verràpoi dato a chi si trova in difficoltà,attraverso un servizio coordinatodai sacerdoti e dagli operatori pa-storali diocesani. All’iniziativa be-nefica si può contribuire anche tra-mite una donazione da versare suun apposito conto corrente.

Un invito a collaborare è stato ri-volto dal vescovo di LatacungaGeovanni Mauricio Paz Hurtado, ilquale, in un messaggio, spiega che«questa iniziativa è di tutti e così ladobbiamo sentire. I poveri — ag-giunge — aumentano ogni giorno acausa delle crisi economica mondia-le e aspettano sempre che condivi-diamo qualcosa con loro». Secondoil presule, attraverso questa impor-tante opera caritativa e umana, siviene a creare «una Chiesa miseri-cordiosa che vive l’amore e la vici-nanza ai bisognosi», come nella pa-rabola del buon samaritano, narratanel Vangelo di Luca, in cui Gesùdice: «Va’ e anche tu fa’ lo stesso».

La nota si conclude con la pre-ghiera di Papa Francesco alla Vergi-ne Maria, diffusa l’11 marzo scorso,in occasione della Giornata di pre-ghiera e digiuno per «invocare daDio aiuto per la città, per l’Italia eper il mondo» di fronte alla pande-mia da coronavirus.

In un contesto dove l’e m e rg e n z asanitaria e alimentare stanno met-tendo a dura prova il Paese, si regi-stra una situazione sociale sconfor-tante causata anche dalla scarsità dibare con le agenzie funebri che nonhanno disponibili quelle meno co-stose. Qualcuno nei giorni scorsi èdovuto addirittura ricorrere alle ba-re di cartone. Secondo la testimo-nianza di don Saverio Turato, sa-c e rd o t e fidei donum a Duràn, alleporte dell’infuocata Guayaquil, «intutti i cimiteri ci sono cadaveri inattesa di essere sepolti; le strade sisono trasformate in inceneritori dicorpi senza vita dal momento che iservizi funebri sono andati in tiltper le numerose richieste». InEcuador sono stati superati i 21.000contagi e i decessi per coronavirussono oltre 600.

Religiosi e religiose in Bolivia accanto a chi soffre

Chiesa in uscitacontro la pandemia

CO CHABAMBA, 28. «La creativitànell’accompagnamento spirituale daparte di religiosi, religiose, sacerdo-ti, diaconi, operatori pastorali, contante espressioni, con mezzi diversi,è penetrata molto profondamentenella comunità in generale, nel po-polo di Dio. È stata una manifesta-zione della “Chiesa in uscita” e diuna presenza viva nelle periferieesistenziali. Grazie fratelli e sorelledella vita consacrata per una cosìbella testimonianza!»: è quantoscrive monsignor Carlos CurielHerrera, vescovo ausiliare di Co-chabamba, responsabile nazionaledella vita consacrata, in un messag-gio ai religiosi e alle religiose dellaBolivia.

Il presule — riferisce l’agenzia Fi-des — ricorda che «l’intera umanitàè afflitta da questo flagello, che hacolpito, e continua a colpire, la vitadi tanti nostri fratelli e sorelle, sen-za distinzione». Di fronte a questarealtà che ci circonda, «in giorni didolore, sofferenza, angoscia, ansia epaura», ci chiediamo: «Come mipongo di fronte a questa realtà, co-me posso rispondere, cosa posso fa-re » .

La Caritas e le comunità religio-se, nelle diverse giurisdizioni eccle-siastiche, hanno potuto continuarela loro opera a favore delle personepiù vulnerabili con il sostegno uma-no ed economico di tante realtà.

«Andiamo avanti fratelli e sorelle— esorta il vescovo ausiliare — ab-bracciamo la croce che abbiamoadorato il Venerdì santo, e così ab-bracciamo le contrarietà della vitache stiamo vivendo». MonsignorCuriele Herrera, inoltre, ha sottoli-neato che lo Spirito Santo è «l’uni-co in grado di provocare e motivar-ci a creare nuovi spazi e modi difraternità, di accoglienza, di solida-rietà. Possiamo anche noi, come lesante donne — ha aggiunto — affer-rare i piedi del Risorto e adorarloascoltando la sua voce che ci dice:“Non temete; andate ad annunciareai miei fratelli che vadano in Gali-lea; là mi vedranno” (Ma t t e o , 28, 9,10). Scopriamo la Galilea in cuidobbiamo andare per vedere il Si-g n o re » .

Infine, ricordando che siamo nelperiodo pasquale, il vescovo ausilia-re di Cochabamba ha invitato tuttia continuare, nonostante i mezzi li-mitati, ad aiutare i più vulnerabili ea guardare al futuro con speranza,«vedendolo come un’occasione percontinuare a costruire fraternità esolidarietà, radicate nella nostra fe-de, preghiera e speranza che nondelude. Possa Gesù risorto, il suoSpirito, essere la nostra forza, lanostra speranza e darci la saggezzaper sapere come porci davanti aquesta realtà e rispondere secondole nostre possibilità».

La compassione del buon pastoreIn una lettera i vescovi argentini ringraziano i sacerdoti per le tante testimonianze di carità

BUENOS AIRES, 28. «Dal cuore delbuon pastore nasce la compassione,patire con gli altri e sentire comeproprio il dolore di tutti coloro chesoffrono. Dal cuore del buon pasto-re nasce la preghiera di intercessionee il desiderio di porsi al fianco diquelli che hanno bisogno di noi. At-traverso questi e tanti altri segnidell’amore di Cristo, in mezzo a unmondo che vive la sua passione,possiamo vedere importanti “germo-gli di risurrezione”». Lo scrive laCommissione per i ministeri dellaConferenza episcopale argentina inuna lettera nella quale ringrazia i sa-cerdoti per tutto ciò che stanno fa-cendo «per il bene del nostro popo-lo». L’umanità, vi si legge, «sta vi-vendo la sua passione. Non smettedi soffrire a causa di questa pande-mia e delle molteplici conseguenzeportate da tale inedita situazioneche il mondo vive. La sofferenza deimalati, il dolore per i morti, ladrammatica perdita dei propri cari,il coraggio degli operatori sanitari eallo stesso tempo la paura che pro-vano dall’essere esposti, l’angosciache deriva dall’isolamento e dal con-finamento nelle nostre case (special-mente per anziani e infermi), le con-seguenze lavorative ed economicheper molti che non hanno il necessa-rio per sopravvivere, sono alcunedelle espressioni e dei volti concretiche incontriamo ogni giorno».

Nel documento — intitolato«Consolate, consolate il mio popo-lo – dice il vostro Dio» (Isaia, 40,1) — i vescovi ricordano le parolepronunciate da Papa Francesco il 5aprile nell’omelia della Domenicadelle palme e della passione del Si-gnore: «Guardate ai veri eroi, chein questi giorni vengono alla luce:non sono quelli che hanno fama,soldi e successo, ma quelli che dan-no sé stessi per servire gli altri».Fra essi, aggiunge la commissionedell’episcopato argentino, «trovia-mo testimonianze sacerdotali che cihanno edificato, mostrando la partepiù genuina della vocazione: quan-to ci conforta verificare lo spiritomissionario dei cappellani ospeda-lieri e di tanti altri che non hannovoluto abbandonare» malati e mo-renti «portando loro la consolazio-ne della Parola di Dio e dei sacra-menti! Com’è bello lasciarsi muove-re da questo desiderio che nasce daun cuore innamorato, reso manife-sto dal trasformare in possibilità ilimiti in cui ci troviamo, sostenendo

la fede del popolo di Dio con tuttii mezzi possibili! Quanto consolavederli rischiare la propria vita ac-canto a coloro che soffrono, ai piùpoveri, e cercare di renderli visibiliin modo che, come società, siamovicini, condividendo con essi il pa-ne quotidiano! Che bella espressio-ne di fratellanza è stata vederlipreoccupati per i loro fratelli sacer-doti, mostrando affetto e vicinanzaa tutti, specialmente a quelli anzia-ni e malati!».

Ma questa manifestazione di cari-tà sacerdotale non sarebbe stata cosìefficace senza l’apporto dato dal po-polo di Dio: «Che bello vedere ilsuo contributo al bene comune ac-cettando la quarantena e le limita-zioni che comportava, la generosacondivisione con quelli che hannomeno, la forza del volontariato cheoffre disinteressatamente il suo servi-zio per prendersi cura e assistere ilprossimo, in particolare gli anziani ei più indifesi! Quanto ci rafforza

averli visti, specialmente durante laSettimana santa, trasformare le lorocase in templi per celebrare la fedecome Chiesa domestica!». L’esp e-rienza della Pasqua consente unosguardo nuovo. Come, ricordano ivescovi, ha detto Papa Francesconella meditazione del 27 marzo inuna piazza San Pietro deserta, «que-sta è la forza di Dio: volgere al benetutto quello che ci capita, anche lecose brutte».

La lettera è datata 25 aprile, me-moria liturgica della Vergine dellaValle, della quale quest’anno si cele-brano i quattrocento anni della suaapparizione nella provincia di Cata-marca. Domenica scorsa il vescovodi Catamarca, Luis Urbanč, presie-dendo in cattedrale la messa per il129° anniversario dell’i n c o ro n a z i o n epontificia dell’immagine di NuestraSeñora del Valle, ha invocato la Ma-donna: «Concedici la grazia di esse-re pazienti in mezzo alle difficoltà,gioiosi e pieni di speranza nelle oredi tribolazione e oscurità, grati neisuccessi e nel superare i problemi,perseveranti nella preghiera e nelleattività quotidiane». E “grazie” p er«averci accompagnato in questiquattrocento anni con l’unico scopodi portarci da tuo Figlio Gesù, re-dentore dell’umanità».

Appello dei presuli del Paraguay

Collaborazione e umanità

Riflessioni ecumeniche in Nord America

Uniti per la tutela del creato

Paula Modersohn-Becker, «Il buon samaritano» (1907)

ASUNCIÓN, 28. Oltre ai fondamen-tali sforzi compiuti e ai risultati ot-tenuti per contrastare la diffusionedel coronavirus in Paraguay e intutto il mondo è necessario ancheadottare misure efficaci che, difronte «al grido attuale della fameche non possiamo ignorare», alleg-geriscano la crisi alimentare ed eco-nomica che accompagna l’isolamen-to sociale in questo periodo. È ilpercorso indicato dal Consigliopermanente della Conferenza epi-scopale del Paraguay (Cep)nell’esortazione rivolta al paese ealle autorità, dal titolo, ripreso dalvangelo di Marco, «Voi stessi dateloro da mangiare».

Il dilagare della pandemia, sotto-lineano i vescovi, ha causato graviripercussioni nella vita di ogni per-sona, in quella sociale e nel mododi affrontare «le contingenze dellavita. Gli sforzi per abbassare la cur-va di diffusione di questa malattiahanno avuto il risultato atteso, masappiamo che il piano di conteni-mento del virus continuerà per di-versi mesi». Un piano che devecomprendere, rimarca l’esortazione,una serie di interventi volti a miti-gare l’impatto sull’economia fami-liare e quella dello Stato, con «unarisposta ponderata, ordinata e so-stenibile». Infatti, «le prospettiveannunciate dagli economisti — av-vertono i presuli — prevedono un

orizzonte di austerità e recessioneeconomica, che già affligge la po-p olazione».

Solo con provvedimenti urgenti emirati, ribadisce la Cep, è possibilerendere concreto «uno stretto ac-compagnamento delle famiglie edei gruppi più vulnerabili», nonsolo attraverso i viveri ma anchecon ogni genere di assistenza, so-prattutto quella sanitaria, per unaripresa «a breve, medio e lungo ter-mine. La condizione di vulnerabili-tà e fragilità che un ampio settoredella popolazione già soffre — èscritto nel documento — si aggrave-rà nei prossimi mesi, e non possia-mo ancora misurarne portata e gra-vità». La sinergia tra forze sociali epolitiche è necessaria infatti perevitare che la sicurezza della comu-nità possa essere messa in pericolodal peggioramento delle urgenzeche non ricevono sufficiente atten-zione. Urge quindi «un’effettivacomunicazione tra gli organisminazionali, dipartimentali e distret-tuali per garantire una gestionetempestiva» con «un’amministra-zione trasparente e un’equa distri-buzione delle risorse economichestanziate per l’assistenza sociale»;in modo che le famiglie ricevanocibo in quantità sufficiente e co-stantemente finché le misure di re-strizione saranno in vigore.

Di fronte a tale emergenza la Pa-storale sociale nazionale e quellediocesane, precisano i vescovi,«stanno lavorando senza sosta conil sostegno di volontari e associa-zioni civili, per portare aiuto ai no-stri fratelli». Assicurando la pienadisponibilità della Chiesa a conti-nuare a collaborare attraverso lesue strutture in modo da far giun-gere gli aiuti alimentari a ogni nu-cleo familiare, i presuli incoraggia-no anche i giovani e le comunità asostenere l’organizzazione di mensepopolari in parrocchie, quartieri ecappelle, «per adempiere, nei nostrilimiti, al comando del Signore, chedisse ai suoi discepoli: “Voi stessidate loro da mangiare” (Ma rc o , 6,37)». Solamente rispettando questedirettrici e le disposizioni delle au-torità sanitarie e del governo si puòsperare di superare le conseguenzedi questa pandemia, sostenutidall’amore infinito di Dio. «Cimettiamo nelle mani di nostro Si-gnore, che ha nutrito una moltitu-dine trasformando cinque pani edue pesci in cibo per tutti», con-cludono i vescovi.

Nei giorni scorsi l’episcopato pa-raguaiano aveva manifestato solida-rietà e vicinanza spirituale in que-sto tempo di pandemia tramite unalettera ai presidenti delle Conferen-ze episcopali di Italia, Stati Unitied Ecuador. «La Chiesa e il popolodel Paraguay si sono uniti in pre-ghiera con Papa Francesco — re c i t ail testo — con la convinzione chesiamo nella stessa barca in mezzoalla tempesta».

di RICCARD O BURIGANA

«C rediamo che la terra ap-partenga a Dio, cheogni cosa sia stata crea-

ta e sarà redenta in Cristo e che atutti noi sia stata affidata la curadella terra»: queste parole hannoguidato le iniziative ecumenichecon le quali in Canada e negli StatiUniti si è celebrato il cinquantesi-mo anniversario della Giornatamondiale della Terra. Molte di que-ste erano state programmate primadella diffusione della pandemia dacovid-19, ma hanno dovuto con-frontarsi con la nuova situazione,tanto che molte di esse sono staterimodulate in una dimensione me-no pubblica e più familiare, purriaffermando il carattere ecumenicodell’importante iniziativa.

A Toronto, sollecitati dalla localecomunità anglicana, i cristiani sonostati invitati a pregare, domenica 26aprile, per invitare tutti «a sforzarsiper salvaguardare l’integrità delcreato, sostenendo tutti i progetticon i quali rinnovare la vita dellaterra». Con tutti i limiti impostidalla pandemia da covid-19 a To-ronto si è così riflettuto come que-sta domenica dovesse essere vissutacome un tempo privilegiato, dopole tante parole e i tanti gesti del 22aprile, per riaffermare quanto cen-trale deve essere la testimonianza

ecumenica nel favorire un ripensa-mento radicale del rapporto con lacreazione. Si è rinnovato l’invito aripensare la vita quotidiana, a parti-re dalla gestione dei luoghi di cul-to, in termini rispettosi di un svi-luppo economico che sappia valo-rizzare le risorse locali, pensandoanche al futuro, come la creazionedi orti comunitari con i giovani eper i giovani. Sempre nella città ca-nadese, si è ricordato, quanto siaimportante e indispensabile, pro-prio nella prospettiva di una testi-monianza ecumenica, il sostegno al-le iniziative con le quali proteggere“la terra dei nativi” come passaggiofondamentale nel percorso di ricon-ciliazione delle memorie e arricchi-mento della comunità cristiana nel-la condivisione di tradizioni e cul-ture locali.

Nella Baia di Chesapeake, negliStati Uniti, dove da anni opera uncomitato interreligioso per la salva-guardia delle peculiarità del territo-rio, si è sviluppato un programmadi iniziative che hanno voluto sot-tolineare la dimensione interreligio-sa della cura per la terra. Le propo-ste erano state pensate lungo unasettimana in modo da comprendere

la celebrazione della Pasqua per leChiese ortodosse, l’inizio del Rama-dan e le liturgie domenicali deltempo di Pasqua per sviluppare ri-flessioni spirituali e azioni indivi-duali così da rendere onore allacreazione, proponendo stili di vitadiversi da quelli attuali con la spe-ranza «di trovare nel nostro cuorela forza di gioire del dono che Dioci ha dato nella nostra grande bellaTe r r a » .

Nonostante i limiti imposti dallapandemia che hanno impedito mol-te delle iniziative pubbliche in pro-gramma, è stato osservato che pro-prio la tragica situazione presenteha modificato l’ambiente a causadella riduzione di emissioni di car-bonio per la minore circolazione dimezzi di trasporto e il rallentamen-to dell’attività industriali, aprendoprospettive nuove, pur tenendoconto dei sacrifici sociali ed econo-mici del presente. Nel commentarele iniziative pensate per il cinquan-tesimo anniversario della Giornatamondiale della Terra, si è ricordatoche l’anno appena trascorso, con gliincendi in Amazzonia, in Australiae in California, abbia rilanciato laquestione della dimensione globaledella cura della creazione come ele-mento irrinunciabile nella liturgia,nell’educazione, nella vita e nellatestimonianza dei cristiani. Anchealla luce della recezione della Lau-dato si’, in un orizzonte, che come èemerso anche in questa occasione, èandato ben oltre i confini dellaChiesa cattolica, coinvolgendo ilcammino ecumenico e il dialogo in-terreligioso, per gli uomini e per ledonne di buona volontà apparesempre più necessario e al tempostesso più arduo promuovere unprofondo ripensamento del rappor-to con la terra.

Page 8: 5 Prudenza e obbedienza perché la pandemia non …...Prudenza e obbedienza perché la pandemia non torni «Perché la pandemia non torni», oc-corrono «prudenza e obbedienza al-le

L’OSSERVATORE ROMANOpagina 8 mercoledì 29 aprile 2020

Per approfondire la figura, il pensiero e gli insegnamenti del Pontefice veneto

Fr a n c e s c oistituisce la Fondazione vaticana

Giovanni Paolo I

L’attualitàdi Papa Luciani

Rescriptum ex audientiaSanctissimi

Nella messa a Santa Marta anche l’invito a non linciare le persone con il chiacchiericcio

Prudenza e obbedienzaperché la pandemia non torni

Online

UN SITO ALLA SETTIMANAa cura di FABIO BO L Z E T TA

Università Santo Tomas di Manila

______

Fondata il 28 aprile 1611 si presenta come «la più antica universitàesistente di tutta l’Asia». La Pontificia e Reale Università Santo To-mas di Manila è stata visitata da san Paolo VI, san Giovanni PaoloII e da Papa Francesco che, durante il suo viaggio apostolico in SriLanka e Filippine (12-19 gennaio 2015) ha incontrato i giovani nelcampo sportivo dell’ateneo. Rispondendo alle domande e testimo-nianze dei ragazzi, presenti in trentamila, è da qui che ha esortatole nuove generazioni a non essere «giovani da museo», a «impararead essere evangelizzati dai poveri» in un mondo in cui «certe realtàdella vita si vedono soltanto con gli occhi puliti dalle lacrime».

L’Università continua la sua missione «guidata dalla ragione e il-luminata dalla fede». La sua fondazione fu promossa allora dall’ini-ziativa del terzo arcivescovo di Manila, monsignor Miguel de Bena-vides, che donò anche la sua personale biblioteca. Inizialmente“Collegio di Nostra Signora del Santissimo Rosario”, è stata poi de-dicata alla memoria di san Tommaso d’Aquino e nel 1902 le è statoriconosciuto — seconda dopo la Gregoriana — il titolo di «PontificiaUniversità».

w w w. u s t . e d u . p h

CO N T I N UA Z I O N E DALLA PA G I N A 1

Papa Francesco, con Rescriptum exaudientia Ss.mi del 17 febbraio 2020,ha eretto la “Fondazione VaticanaGiovanni Paolo I”, a norma del Co-dice di Diritto Canonico e dellaLegge fondamentale dello Stato del-la Città del Vaticano, venendo cosìincontro alla proposta di dar vita a

un ente destinato ad approfondire lafigura, il pensiero e gli insegnamentidel suo venerabile predecessore, Pa-pa Giovanni Paolo I — Albino Lu-ciani (26 agosto 1978 - 28 settembre1978) — e promuovere lo studio e ladiffusione dei suoi scritti (cfr. Statu-to, art. 1).

Più particolarmente la Fondazio-ne si prefigge di:

— tutelare e conservare il patrimo-nio culturale e religioso lasciato daPapa Giovanni Paolo I;

— promuovere iniziative qualiconvegni, incontri, seminari, sessionidi studio;

— istituire premi e borse di stu-dio;

— curare l’attività editoriale me-diante l’edizione sia dei risultati distudi e di ricerche proprie, sia diopere di terzi;

— proporsi come punto di ri-ferimento, in Italia e all’estero, perquanti operano nello stesso ambito econ le stesse finalità (Statuto, art.2).

Al contempo, il Sommo Ponteficeha nominato presidente della Fon-dazione sua Eminenza il cardinalePietro Parolin, segretario di Stato.In attuazione di quanto stabilitodall’art. 4, comma 1 dello Statuto, ilmedesimo presidente ha provvedutoalla nomina dei componenti delConsiglio di amministrazione, per ladurata di un quinquennio, nelle per-sone di: dottoressa Stefania Falasca,che assume anche l’incarico di vice-presidente della Fondazione; suaEminenza il cardinale BeniaminoStella; il reverendo monsignore An-drea Celli; il reverendo don DavideFiocco; la dottoressa Lina Petri; ildottor Alfonso Cauteruccio.

La Fondazione, per lo svolgimen-to delle sue attività, si avvale di unComitato scientifico, composto disei membri, scelti tra personalità dicomprovata competenza ed espe-rienza, ma con la possibilità di esse-re temporaneamente ampliato perparticolari iniziative, progetti, studi,ricerche o consultazioni.

condotto con perseveranza e deter-minazione, in favore della giustiziae della pace.

Penso, ad esempio, alle sueudienze generali e all’insistenza sul-la povertà ecclesiale, sulla fraternitàuniversale e sull’amore fattivo per ipoveri: egli voleva inserire tra i tra-dizionali precetti della Chiesa uncomando sulle opere di solidarietàe lo aveva proposto ai vescovi ita-liani.

Penso al suo appello all’Angelusdel 10 settembre del 1978 in favoredella pace in Medio Oriente, conl’invito alla preghiera rivolto ai pre-sidenti di fedi diverse. Appello cheaveva già espresso nell’allo cuzioneal Corpo diplomatico tenuta il 31agosto, nella quale, affrancandosida presunzioni di protagonismogeopolitico, definiva la natura e lapeculiarità dell’azione diplomaticadella Santa Sede a partire da unosguardo di fede. Ricevendo poi glioltre cento rappresentanti delle mis-sioni internazionali presentiall’inaugurazione del suo pontifica-to, aveva sottolineato come «il no-stro cuore è aperto a tutti i popoli,a tutte le culture e a tutte le razze»,per poi affermare: «Non abbiamo,certo, soluzioni miracolistiche per igrandi problemi mondiali, possia-mo tuttavia dare qualcosa di moltoprezioso: uno spirito che aiuti asciogliere questi problemi e li collo-chi nella dimensione essenziale,quella dell’apertura ai valori dellacarità universale... perché la Chiesa,umile messaggera del Vangelo atutti i popoli della terra, possa con-tribuire a creare un clima di giusti-zia, fratellanza, solidarietà e di spe-

ranza senza la quale il mondo nonpuò vivere». E così, sulla scia dellacostituzione conciliare Gaudium etspes, come in tanti messaggi di sanPaolo VI, egli si è mosso nel solcodella grande diplomazia che moltifrutti ha dato alla Chiesa alimen-tandosi con la carità.

Con la sua repentina morte nonsi è interrotta questa storia dellaChiesa piegata così a servire il mon-do. La prospettiva segnata dal suobreve pontificato non è stata unaparentesi. Seppure il governo dellaChiesa di Giovanni Paolo I non po-té dispiegarsi nella storia, tuttaviaegli ha concorso — explevit temporamulta — a rafforzare il disegno diuna Chiesa vicina al dolore dellagente e alla sua sete di carità.

Attraverso la causa di canonizza-zione di Giovanni Paolo I si è oggirealizzata l’acquisizione delle fonti,avviando un lavoro di ricerca e dielaborazione importanti da un pun-to vista storico e storiografico. Èora dunque possibile una riconse-gna doverosa della memoria di Pa-pa Luciani, affinché la sua valenzastorica possa essere restituita appie-no nelle contingenze storiche attra-versate con il rigore analitico chegli è dovuto e aprire nuove prospet-tive di studio sulla sua opera.

A questo riguardo la costituzionedi una nuova Fondazione ad hocpuò doverosamente assolvere alcompito non solo di tutelare tutto ilpatrimonio degli scritti e dell’op eradi Giovanni Paolo I, ma anche in-centivare lo studio sistematico e ladiffusione del suo pensiero e dellasua spiritualità. Tanto più motivatidalla considerazione di come la suafigura e il suo messaggio sianostraordinariamente attuali.

Il Santo Padre Francesco, nell’Udienza concessa al sot-toscritto Cardinale Segretario di Stato il giorno 10 feb-braio 2020, ha stabilito di istituire la Fondazione Vati-cana Giovanni Paolo I, con personalità giuridica cano-nica e civile e con sede presso la Segreteria di Stato.

Scopo della Fondazione è la valorizzazione e la dif-fusione della conoscenza del pensiero, delle opere edell’esempio di Papa Giovanni Paolo I.

La Fondazione sarà retta dalle leggi canoniche, daquelle vigenti nella Città del Vaticano e dall’annessoStatuto, approvato dal Sommo Pontefice e da inten-dersi quale parte integrante del presente atto.

Il Santo Padre Francesco ha altresì nominato, aisensi e per gli effetti dell’articolo 7 dello Statuto, ilPresidente della Fondazione nella persona del sotto-scritto Segretario di Stato.

Dal Vaticano, 17 febbraio 2020

PIETRO Card. PAROLINSegretario di Stato di Sua Santità

«In questo tempo, nel quale si inco-mincia ad avere disposizioni peruscire dalla quarantena, preghiamo ilSignore perché dia al suo popolo, atutti noi, la grazia della prudenza edella obbedienza alle disposizioni,perché la pandemia non torni». Ècon queste parole che Papa France-sco ha iniziato martedì mattina, 28aprile, la celebrazione della messa —trasmessa in diretta streaming — nel-la cappella di Casa Santa Marta.

«Nella prima lettura di questigiorni abbiamo ascoltato il martiriodi Stefano: una cosa semplice, comeè successo» ha detto il vescovo diRoma all’omelia, facendo riferimen-to al passo degli Atti degli apostoli(7,51-8,1) proposto dalla liturgia. «Idottori della Legge non tolleravanola chiarezza della sua dottrina e, ap-pena proclamata, sono andati a chie-dere a qualcuno che dicesse di aversentito dire che Stefano bestemmia-va contro Dio, contro la Legge» (cfrAtti degli apostoli 6, 11-14). E «dopoquesto — ha proseguito il Papa — gli

piombarono addosso e lo lapidaro-no: così, semplicemente» (cfr 7, 57-58).

«È una struttura di azione chenon è la prima: anche con Gesùhanno fatto lo stesso» (cfr Ma t t e o26, 60-62) ha fatto presente France-sco. «Il popolo, che era lì incerto —ha osservato — han cercato di con-vincerlo che era un bestemmiatore eloro hanno gridato: “Cro cifiggilo!”(cfr Marco 15, 13). È una bestialità.Una bestialità, partire dalle false te-stimonianze per arrivare a “fare giu-stizia”». E «questo è lo schema».

«Anche nella Bibbia — ha spiega-to il Pontefice — ci sono casi del ge-nere: a Susanna hanno fatto lo stes-so (cfr Daniele 13, 1-64), a Nabothanno fatto lo stesso (cfr primo Librodei Re 21, 1-16), poi Aman ha cercatodi fare lo stesso con il popolo diDio (cfr Ester 3, 1-14)». Si ricorre a«notizie false, calunnie che riscalda-no il popolo e chiedono la giustizia.È un linciaggio, un vero linciaggio».

Riprendendo il racconto degli Attidegli apostoli, il Papa ha ricordatoche Stefano viene portato davanti«al giudice, perché il giudice diaforma legale a questo: ma già è statogiudicato; il giudice deve essere mol-to, molto coraggioso per andarecontro un giudizio “così popolare”,fatto apposta, preparato». Ed «è ilcaso di Pilato» — ha rilanciato Fran-cesco — il quale «vide chiaramenteche Gesù era innocente, ma vide ilpopolo, se ne lavò le mani (cfr Ma t -teo 27, 24-26). È un modo di fareg i u r i s p ru d e n z a » .

«Anche oggi — ha insistito il Pon-tefice — lo vediamo, questo: ancheoggi è in atto, in alcuni Paesi, quan-do si vuole fare un colpo di Stato o“fare fuori” qualche politico perchénon vada alle elezioni, si fa questo:notizie false, calunnie, poi si affidaad un giudice di quelli ai quali piacecreare giurisprudenza con questo po-sitivismo “situazionalista” che è allamoda, e poi condanna. È un linciag-gio sociale». E proprio «così è stato

fatto a Stefano, così è stato fatto ilgiudizio di Stefano: portano a giudi-care uno già giudicato dal popoloingannato».

«Questo — ha affermato il Papa —succede anche con i martiri di og-

gi»: cioè «i giudici non hanno possi-bilità di fare giustizia perché sonogià stati giudicati». E ha invitato apensare «ad Asia Bibi, per esempio,che abbiamo visto: dieci anni in car-cere perché è stata giudicata da unacalunnia e un popolo che ne vuolela morte». Ma «davanti a questa va-langa di notizie false che creano opi-nione, tante volte non si può farenulla: non si può fare nulla».

«Io penso tanto, in questo, allaShoah» ha confidato Francesco. «LaShoah — ha detto — è un caso delgenere. È stata creata l’opinione con-tro un popolo e poi era normale di-re: “Sì, sì, vanno uccisi, vanno ucci-si”». Insomma, «un modo di proce-dere per fare “fuori la gente” che èmolesta, che disturba».

«Tutti sappiamo che questo non èbuono — ha proseguito il Pontefice— ma quello che non sappiamo èche c’è un piccolo linciaggio quoti-diano che cerca di condannare lagente, di creare una cattiva fama sul-la gente, di scartarla, di condannar-la». È «il piccolo linciaggio quoti-diano del chiacchiericcio che creaun’opinione. Tante volte uno sentesparlare di qualcuno e dice: “Ma no,questa persona è una persona giu-sta!” — “No, no, si dice che...”». Eproprio «con quel “si dice che” sicrea un’opinione per farla finita conuna persona».

«La verità è un’altra: la verità è latestimonianza del vero — ha spiegatoil Papa — delle cose che una personacrede; la verità è chiara, è trasparen-te. La verità non tollera le pres-sioni».

«Guardiamo Stefano, martire, pri-mo martire dopo Gesù: primo marti-

re», ha suggerito il Pontefice. E, haaggiunto, «pensiamo agli apostoli:tutti hanno dato testimonianza».Francesco ha invitato anche a pensa-re a «tanti martiri, anche quello chefesteggiamo oggi, san Pietro Chanel:è stato il chiacchiericcio a crearel’opinione che era contro il re». Così«si crea una fama e va ucciso».

Concludendo la sua meditazioneFrancesco ha chiesto di pensare «anoi, alla nostra lingua: tante voltenoi, con i nostri commenti, iniziamoun linciaggio del genere». Tanto che«nelle nostre istituzioni cristiane, ab-biamo visto tanti linciaggi quotidianiche sono nati dal chiacchiericcio».Con questa consapevolezza il Papaha pregato perché il Signore aiuti gliuomini a essere giusti nei giudizi, anon incominciare o seguire questacondanna «massiccia che il chiac-chiericcio provoca».

È poi con la preghiera del cardi-nale Rafael Merry del Val che Fran-cesco ha invitato «le persone chenon possono comunicarsi» a fare«adesso» la comunione spirituale.Concludendo la celebrazione conl’adorazione e la benedizione eucari-stica. Per poi affidare — accompa-gnato dal canto dell’antifona ReginaCaeli — la sua preghiera alla Madredi Dio, sostando davanti all’immagi-ne mariana della cappella di CasaSanta Marta.

A mezzogiorno la preghiera delvescovo di Roma è stata rilanciata,nella basilica Vaticana, dal cardinalearciprete Angelo Comastri che haguidato la recita del Regina Caeli edel rosario.

Paolo VI in visita a Venezia (16 settembre 1972) con il PatriarcaLuciani, poi divenuto suo successore con il nome di Giovanni Paolo I