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I POEMI CAVALLERESCHI Nel Quattrocento nella letteratura italiana fu inventato un nuovo genere letterario, il poema cavalleresco. Nei poemi cavallereschi vengono ripresi e mescolati personaggi e situazioni appartenenti sia al ciclo bretone (che narrava le avventure di re Artù e dei cavalieri della Tavola Rotonda), sia al ciclo carolingio (che cantava le imprese dei paladini di Carlo Magno contro i nemici della cristianità). I protagonisti sono infatti i paladini di re Carlo (come Orlando e Rinaldo) e i loro avversari pagani, ma essi non sono occupati solo dalla guerra, ma anche e soprattutto dall’amore per le belle dame. Il metro usato per questi poemi è l’ottava (la strofa di otto endecasillabi). LUDOVICO ARIOSTO Ludovico Ariosto nacque nel 1474 a Reggio Emilia. Dall’età di dieci anni visse a Ferrara dove ricevette gli insegnamenti dei migliori maestri e potè dedicarsi allo studio della letteratura. Entrò ben presto come cortigiano presso la corte Estense. In quegli anni compose il suo capolavoro, il poema cavalleresco “Orlando Furioso”. Morì nel 1533. L’ “ORLANDO FURIOSO” L’Orlando Furioso è un poema composto da 46 canti. In esso sono presenti un gran numero di personaggi e situazioni, come lo stesso Ariosto annuncia nel proemio del primo canto, tuttavia si possono individuare alcuni nuclei tematici principali: - La guerra tra cristiani e saraceni. I cristiani sono guidati da Carlo Magno, i saraceni dal re d’Africa Agramante. Il momento culminante dello scontro fra i due eserciti è l’assalto a Parigi da parte dei saraceni, trascinati dal prode Rodomonte e da altri eroi, Ferraù, Sacripante e Ruggiero; i cristiani però grazie al valore di Orlando, di

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I POEMI CAVALLERESCHI

Nel Quattrocento nella letteratura italiana fu inventato un nuovo genere letterario, il poema cavalleresco.Nei poemi cavallereschi vengono ripresi e mescolati personaggi e situazioni appartenenti sia al ciclo bretone (che narrava le avventure di re Artù e dei cavalieri della Tavola Rotonda), sia al ciclo carolingio (che cantava le imprese dei paladini di Carlo Magno contro i nemici della cristianità). I protagonisti sono infatti i paladini di re Carlo (come Orlando e Rinaldo) e i loro avversari pagani, ma essi non sono occupati solo dalla guerra, ma anche e soprattutto dall’amore per le belle dame.Il metro usato per questi poemi è l’ottava (la strofa di otto endecasillabi).

LUDOVICO ARIOSTO

Ludovico Ariosto nacque nel 1474 a Reggio Emilia.Dall’età di dieci anni visse a Ferrara dove ricevette gli insegnamenti dei migliori maestri e potè dedicarsi allo studio della letteratura. Entrò ben presto come cortigiano presso la corte Estense.In quegli anni compose il suo capolavoro, il poema cavalleresco “Orlando Furioso”.Morì nel 1533.

L’ “ORLANDO FURIOSO”

L’Orlando Furioso è un poema composto da 46 canti. In esso sono presenti un gran numero di personaggi e situazioni, come lo stesso Ariosto annuncia nel proemio del primo canto, tuttavia si possono individuare alcuni nuclei tematici principali:

- La guerra tra cristiani e saraceni. I cristiani sono guidati da Carlo Magno, i saraceni dal re d’Africa Agramante. Il momento culminante dello scontro fra i due eserciti è l’assalto a Parigi da parte dei saraceni, trascinati dal prode Rodomonte e da altri eroi, Ferraù, Sacripante e Ruggiero; i cristiani però grazie al valore di Orlando, di Rinaldo e della bella guerriera Bradamante riescono a respingere l’attacco.

- L’amore di Orlando per Angelica. Orlando è innamorato di Angelica, figlia del re della Cina, ma deve misurarsi con molti altri pretendenti, tutti follemente innamorati della bellissima fanciulla. Angelica si innamora invece del giovane saraceno Medoro, un semplice soldato. I due partono insieme per il Catai: Orlando venuto a conoscenza di ciò diventa pazzo furioso e compie incredibili follie. L’amico Astolfo decide allora di andare sulla luna servendosi di un cavallo alato, l’ippogrifo, per recuperare il senno di Orlando chiuso in un’ampolla. Orlando, annusandola, rinsavisce.

La Gerusalemme liberata (Torquato Tasso)

La rappresentazione dell’“altro”nella Gerusalemme Liberata: il Nuovo Mondo, l’immagine della

donna pagana, l’identità profonda dell’ “avversario”

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La Gerusalemme Liberata si colloca in un’epoca di grandi trasformazioni storico-culturali. E’ l’ “autunno” del Rinascimento, in cui la ragione ordinatrice del mondo è ormai insidiata da nuove perplessità e si affaccia su realtà ignote e inquietanti. E’ un’età che risente di laceranti contraddizioni, con l’esaurirsi progressivo della civiltà cortigiana del Rinascimento, a cui si contrappone l’affermarsi della Controriforma religiosa, dell’assolutismo. Fatti storici importanti favoriscono nel corso di questi anni mutamenti profondi nella mentalità e nel modo di concepire i rapporti con il reale. La Riforma protestante e il Concilio di Trento introducono una frattura non più risanabile nella unità politico-religiosa del mondo occidentale. Inoltre le conseguenze dovute alla scoperta dell’America determinano l’avvento di un’epoca nuova caratterizzata dal dilatarsi dello spazio concepito e dalla perdita della centralità del vecchio mondo, che se da un lato rafforza la convinzione e la fiducia nelle possibilità umane è comunque destinato a mettere in crisi la tradizionale concezione dell’uomo europeo. Questa rivoluzione penetra nella Gerusalemme Liberata in tutta la sua problematicità, in modo angosciante e drammatico. In Tasso il conflitto nasce dallo sforzo di adeguare la realtà al sogno, il fatto all’ideale. C’è l’esigenza di una maggiore serietà della vita, di una fiducia nuova nella volontà umana, di un più profondo sentimento religioso che investa tutto lo spirito dell’uomo, e, d’altro canto, c’è la realtà che è fatta di materia, di senso, di peccato.La realtà non ha più una sola dimensione, ha dimensioni nascoste che meglio emergono nella rappresentazione degli “altri” che abitano lo spazio sconosciuto e inesplorato. E la realtà inquietante di questi spazi nuovi, sconosciuti corrisponde alla realtà psicologica altrettanto inquietante e misteriosa che si rivela come dimensione segreta dell’uomo moderno. Emerge nella Gerusalemme la debolezza dell’antropocentrismo rinascimentale e la sfiducia nei valori della classicità, l’eros in primo luogo, di cui si avverte l’attrazione, ma anche la forza conturbante e pericolosa per la conservazione di una identità individuale fondata essenzialmente sulla razionalità. La passione amorosa nella G. L. è forza essenzialmente negativa, che si oppone al compito eroico dei guerrieri crociati. L’eros affascina il poeta nel sogno di una perfetta e edenica libertà di istinti, per altro verso suscita in lui paura e angoscia perché è sentito come forza non dominabile e devastante. Non a caso i personaggi della G. L. si presentano come figure introverse e conflittuali, lacerate, divise fra l’istinto del piacere e l’incombere di un dovere che ne paralizza e reprime i desideri, in un’atmosfera di vibrante trepidazione, che esprime quel senso di minaccia, di mistero e di segreta insidia aleggiante sulla realtà, espressa anche nella nuova immagine della natura vista come sorta di materializzazione dell’ “inconscio”. Come scrive S. Zatti, “Una ragione guardinga ed eminentemente repressiva caratterizza l’eroe occidentale che si trova a combattere non solo il furore del nemico pagano, ma anche le arti sensuali delle regine d’Oriente.” Nella G. L. l’amore unisce quasi sempre i personaggi degli opposti schieramenti. L’amore infatti è sempre amore per donne pagane, è un amore che sconvolge l’opposizione amico/nemico e che si accompagna alla ricerca difficile e tormentata dell’identità personale. Inoltre nella mentalità dell’epoca la donna per natura è disordine, in quanto è materia e non ragione; l’uomo invece, che per natura è principio d’ordine e ragione, ha il compito di condurre la donna dal disordine all’armonioso ordine dell’ intelletto, è quanto avviene nella vicenda di Rinaldo e Armida.Rinaldo è un personaggio famoso dell’epica medievale francese, Armida rappresenta invece una invenzione poetica di Torquato Tasso. Dell’avvenente maga pagana l’autore si serve abilmente per giustificare una passione sensuale del cristiano capostipite degli Estensi, che risulta essere appieno scusabile, in quanto si pone in una condizione di follia amorosa determinatasi ad opera di diaboliche arti magiche. Rinaldo, già liberatore di molti compagni sedotti dall’incantatrice, non può a sua volta sottrarsi dall’ammaliante corteggiamento di Armida che lo tiene imprigionato tra le delizie del suo palazzo e le piacevolezze del suo giardino, nelle isole Fortunate.L’episodio del giardino di Armida segna una svolta determinante nella costruzione ideologico-narrativa del poema.

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Rinaldo è un personaggio che ha una funzione centrale all’interno di essa: è l’eroe sin dall’inizio predestinato a vincere il male, gli incantesimi dei pagani e ad assicurare la vittoria della causa cristiana, ma è anche destinato al traviamento, ad allontanarsi dal modello unitario del codice cristiano e a sperimentare l’universo pagano ad esso opposto, caratterizzato dalla trasgressione e dalla devianza: in nome del suo onore personale cede agli impulsi dell’ira, che lo portano ad uccidere un compagno e a fuggire dal campo, disgregando l’unità delle forze crociate, ma, più ancora, subisce le seduzioni di Armida e si fa avvolgere dalle insidie della sensualità. Il conflitto tra i due codici culturali, che si proietta nello scontro tra le due schiere avverse, diviene un conflitto interno alla personalità di Rinaldo: si urtano in lui la forza centripeta del dovere e della missione militare-religiosa e quella centrifuga degli impulsi edonistici privati. Col prevalere del secondo codice Rinaldo perde la sua identità di forte guerriero e viene assorbito dall’universo pagano, subisce una forma di alienazione e finisce per identificarsi con l’“altro”: profumato, effeminato, diventa in tutto simile ad Armida. La perdita di identità è degradazione (Rinaldo vive nel giardino tra le belve) e sottomissione totale alla volontà altrui. L’errore morale si traduce anche in un errare nello spazio, nell’allontanamento dal centro ideale costituito dall’assedio di Gerusalemme. L’estrema lontananza spaziale dell’isola di Armida corrisponde alla gravità della devianza morale dell’eroe, il suo cedere completamente alle forze disgregatrici dell’universo pagano. Il rapimento estatico dell’eros e del piacere raggiunge nel giardino di Armida il suo culmine prima di essere sottomesso all’ ordine della ragione, scandendo anche le tappe di un’evoluzione nel rapporto d’amore tra Rinaldo e Armida.Prima è Armida che seduce Rinaldo per distoglierlo dal suo compito di guerriero e quindi per allontanarlo dall’impresa. Questo amore che è basato solo sui sensi, trasporta addirittura i due amanti fuori dalla società e dalla storia, in un luogo appartato e fatato in cui vivono da soli.Questo luogo possiede un’intensa suggestione simbolica, con l’intersecarsi tortuoso dei suoi cammini diviene l’emblema fisico dello smarrirsi della ragione nella pluralità degli impulsi che vengono dal profondo e che allontanando dal “centro” inducono alla devianza. Qual Meandro fra rive oblique e incerte scherza e con dubbio corso or cala or monta, queste acque a i fonti e quelle al mar converte, e mentre ei vien, sé che ritorna affronta, tali e più inestricabili conserte son queste vie, ma il libro in sé le impronta (il libro, don del mago) e d’esse in modo parla che le risolve, e spiega il nodo. (G.L., XVI,ottava 8)

Rinaldo infatti si è smarrito in questo labirinto abbandonandosi ai sensi e ne è rimasto prigioniero. Un significato analogo assume il giardino che si estende al suo centro: Nel tronco istesso e tra l’istessa foglia sovra il nascente fico invecchia il fico; pendono a un ramo, un con dorata spoglia, l’altro con verde, il novo e ‘l pomo antico; lussureggiante serpe alto e germoglia la torta vite ov’è più l’orto aprico: qui l’uva ha in fiori acerba, e qui d’or l’have e di piropo e già di nèttar grave. (G.L., XVI,ottava 11)

Con il suo proliferare lussureggiante di vegetazione rappresenta gli abissi della coscienza in cui si annidano gli istinti pagani peccaminosi che si sottraggono alla forza della ragione cristiana. La descrizione di questo giardino ricalca i motivi obbligati del locus amoenus: ricca

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vegetazione, acque limpide, canto di uccelli, ma il giardino tassesco si caratterizza per una più accentuata sensuosità, proprio perché si carica di una serie di significati simbolici e moralistici e diviene il luogo per eccellenza dello sviamento dell’eroe. Il giardino è caratterizzato da una varietà molteplice di forme, fiori piante, frutti, uccelli. Il multiforme è la connotazione essenziale del campo pagano e allude alla dispersione di forze scatenata dagli impulsi del desiderio non controllati da un’istanza superiore e unificatrice. Ciò che caratterizza ancora il palazzo fatato e il giardino in esso contenuto è la circolarità e la chiusura alla realtà esterna: Tondo è il ricco edificio, e nel più chiuso grembo di lui, ch’è quasi centro al giro, un giardin v’ha ch’ adorno è sovra l’uso di quanti più famosi unqua fioriro. D’intorno inosservabile e confuso Ordin di loggie i demon fabri ordiro, e tra le oblique vie di quel fallace ravolgimento impenetrabil giace. (G.L., XVI, ottava 1)

Lo spazio chiuso e circolare allude alla segregazione dell’eroe fuori dal mondo, lontano dalla storia, dove dovrebbe svolgere il suo compito di crociato.

Va l’Asia tutta e va l’Europa in guerra: chiunque e pregio e brama e Cristo adora travaglia in arme or ne la siria terra. Te solo, o figlio di Bertoldo, fuora Del mondo, in ozio, un breve angolo serra; te sol de l’universo il moto nulla move, egregio campion d’una fanciulla. (G.L., XVI, ottava 32)

La chiusura spaziale richiama una significativa opposizione: azione eroica/inazione. L’inazione si traduce nel motivo dell’immobilità e della ripetizione. Se il giardino è infinitamente vario, è però anche immobile: tutto vi si riproduce sempre identico, fissato in forme immutabili, fuori dallo scorrere del tempo. Non vi è né il trapasso delle stagioni, né il mutare della natura, sono compresenti il frutto nascente e quello maturo. Questa immobilità si traduce anche nel motivo dello specchio: Armida si contempla in esso, Rinaldo si contempla negli occhi di lei:

Dal fianco de l’amante(estranio arnese) un cristallo pendea lucido e netto. Sorse, e quel fra le mani a lui sospese A i misteri d’Amor ministro eletto. Con luci ella ridenti, ei con accese, mirano in vari oggetti un solo oggetto: ella del vetro a sé fa specchio, ed egli gli occhi di lei sereni a sé fa spegli.

L’uno di servitù, l’altra d’impero Si gloria, ella in se stessa ed egli in lei.

-Volgi,- dicea- deh volgi- il cavaliero - a me quegli occhi onde beata bèi,

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chè son, se tu no ‘l sai, ritratto vero de le bellezze tue gli incendi miei; la forma lor, la meraviglia a pieno più che il cristallo tuo mostra il mio seno

Non può specchio ritrar sì dolce imago, né in picciol vetro è un paradiso accolto: specchio t’è degno il cielo, e ne le stelle puoi riguardar le tue sembianze belle. (G.L., XVI, ottave 20-22)

Questo rimandarsi fisso di immagini sembra alludere al riprodursi sempre identico della vita del giardino, senza sviluppi nel tempo. Ma lo specchiarsi è allusivo inoltre al narcisismo: Rinaldo ha dimenticato la dedizione al compito collettivo, è tutto chiuso in se stesso a inseguire il suo personale godimento, completamente ignaro del mondo che è al di là del cerchio magico del giardino incantato. La ripetizione speculare e sempre identica della vita di Rinaldo è interrotta dall’ingresso in scena di Carlo e Ubaldo, inviati da Goffredo alla ricerca di Rinaldo, i quali sono la negazione in atto del giardino e di ciò che esso rappresenta . Innanzitutto alla mollezza dell’abbandono sensuale oppongono la rigidezza della razionalità repressiva nei confronti di ogni impulso incontrollato: Fra melodia sì tenera, fra tante Vaghezze allettatrici e lusinghiere, va Quella coppia, e rigida e costante se stessa indura a i vezzi del piacere. Ecco tra fronde e fronde il guardo inante Penetra e vede, o pargli vedere, vede pur certo il vago e la diletta, ch’egli è in grembo a la donna, essa a l’erbetta. (G.L., XVI, ottava 17)

I due crociati vengono dallo spazio esterno, dalla realtà che è fuori dallo spazio chiuso del giardino e rappresentano la storia e i suoi obblighi. A partire da questo punto, l’immobilità entro lo spazio circolare che serra Rinaldo e lo esclude dall’azione obbligandolo all’inattività e all’eterna ripetizione degli stessi gesti (la contemplazione estatica della donna amata) è rotta da un rapido movimento rettilineo che da origine ad un intenso dinamismo, ad una veloce successione di gesti e movimenti, nonché di trapassi psicologici (la sorpresa e la subitanea presa di coscienza di Rinaldo, la sua rapida fuga dal giardino e dal labirinto).

Sovra lui pende; ed ei nel grembo molle Le posa il capo, e ‘l volto al volto attolle,

e i famelici sguardi avidamente in lei pascendo si consuma e strugge. S’inchina, e i dolci baci ella sovente Liba or da gli occhi e da le labra or sugge, ed in quel punto ei sospirar si sente profondo sì che pensi: “Or l’alma fugge e ‘n lei trapassa peregrina”. Ascosi

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mirano i duo guerrier gli atti amorosi. (G.L., XVI, ottave 18-19) …………..

Ma poi che vòlta a più severi uffici Lasciò Armida il giardino e i suoi diporti, i duo, che tra i cespugli eran celati, scoprirsi a lui pomposamente armati.. Qual feroce destrier ch’al faticoso Onor de l’arme vincitor sia tolto, e lascivo marito in vil riposo fra gli armenti e ne’paschi erri disciolto, se ‘l desta o suon di tromba o luminoso acciar, colà tosto annitrendo è vòlto, già già brama l’arringo e, l’uom su ‘l dorso portando, urtato riurtar nel corso;

tal si fece il garzon, quando repente de l’arme il lampo gli occhi suoi percosse. Quel sì guerrier, quel sì feroce ardente Suo spirto a quel fulgor tutto si scosse, benché tra gli agi morbidi languente, e tra i piaceri ebro e sopito ei fosse. Intanto Ubaldo oltra ne viene, e ‘l terso Adamantino scudo ha in lui converso. (G.L.,XVI, ottave 27-29) …………….. Ma poi che diè vergogna a sdegno loco, sdegno guerrier de la ragion feroce, e ch’al rossor del volto un novo foco successe, che più avampa e che più coce, squarciassi i vani fregi e quelle indegne pompe, di servitù misera insegne; ed affrettò il partire, e de la torta confusione uscì del labirinto. (G.L., XVI, ottave 34-35)

Rinaldo esce dal perimetro del palazzo, raggiunge la riva, solca a volo le acque dell’oceano e del Mediterraneo sulla nave della Fortuna sino a giungere a Gerusalemme. Si ha quindi una significativa opposizione spaziale: circolare/rettilineo che simboleggiano da un lato l’inattività che sprofonda nel pagano edonismo dei sensi e nel narcisismo ripiegato su se stesso, dall’altro l’azione indirizzata ad un obiettivo sacro e collettivo, obiettivo risvegliato in Rinaldo dalla sua immagine riflessa dallo scudo che i suoi due compagni, Carlo e Ubaldo, gli mettono davanti. Si ha ancora una significativa simmetria interna tra lo specchio e lo scudo. Anche nello scudo Rinaldo riflette la sua immagine, ma mentre lo specchio di Armida paralizza, rappresenta il narcisismo che condanna all’immobilità, lo scudo incita all’azione, fa rinascere nell’eroe lo slancio epico. Non solo, ma rispecchiarsi in Armida ottenebra la coscienza dell’eroe, la sprofonda nella pura vita dei sensi, mentre l’immagine riflessa nello scudo gli fa riprendere coscienza del suo stato, la luminosità dello scudo “terso”, “adamantino”, “ lucido” allude alla luce della coscienza, della razionalità che sconfigge le forze dispersive degli istinti.

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Ancora, l’episodio della liberazione di Rinaldo si conclude con la stessa immagine del labirinto con cui si era aperta, quasi a suggellare visibilmente la conclusione del processo di liberazione dell’eroe: “…e de la torta/ confusione uscì del labirinto”(l’enjambment spezza il nesso aggettivo-sostantivo, mettendo in evidenza l’uno alla fine di un verso, l’altro all’inizio del successivo, e come nell’ottava iniziale del canto: “… e tra le oblique vie di quel fallace / ravolgimento impenetrabil giace”, aggettivo e sostantivo sono solidali nel senso, sottolineando l’inganno, l’intrico, la confusione).L’episodio del giardino è l’ultima vittoria del codice pagano nel poema, l’ultima affermazione dei valori da esso rappresentati (abbandono agli istinti e all’impulso del desiderio, ricerca del piacere dei sensi, naturalismo e materialismo, ricerca della gloria individuale), che sono destinati ad essere sopraffatti dal trionfo del codice cristiano (repressione del desiderio, sottomissione degli impulsi al rigido controllo della ragione, concentrazione unitaria delle forze, subordinazione degli obiettivi individuali al sacro compito collettivo). Con la liberazione di Rinaldo il conflitto di codici viene a cessare e comincia il processo di affermazione di quello cristiano, destinato ad avere la meglio, a cancellare quello antagonistico e a ristabilire l’ordine. Rinaldo , dopo la purificazione sul Monte Uliveto, diverrà pronto a vincere gli incantesimi demoniaci della selva e a consentire la vittoria dei Crociati, e al tempo stesso riuscirà a ricondurre anche Armida alle leggi dell’autorità e delle regole, in un ordine che può essere soltanto quello del matrimonio e del potere regale legittimo.

Per la preparazione (Esercizi da svolgere sul quaderno)

Qual è il verso usato Tasso nella Gerusalemme Liberata. Che tipo di strofa viene usato. Qual è lo schema delle rime. Come si presenta la lingua del Tasso. Cosa si può notare rispetto al rapporto tra scelte lessicali e elementi tematici. Cosa si può osservare riguardo al ritmo della poesia tassesca nelle ottave lette, soprattutto in

relazione al contenuto. Quali sono le figure retoriche (di significato e di suono) presenti nel le ottave lette.

Verifica

1) Individuare nella descrizione del “ricco edificio” (ottava 1) gli elementi che, pur connotando bellezza dei luoghi, ne suggeriscono anche la valenza negativa.

2) In tutto l’episodio sono molto importanti le immagini di superfici riflettenti quali l’acqua e lo specchio. Ritrovare questi punti del canto e riflettere sul loro valore simbolico.

3) La trasgressione di Rinaldo è fine a se stessa o è una tappa necessaria del percorso di purificazione e di crescita del personaggio?

4) Quali codici comportamentali rappresentano da un lato Rinaldo, irretito da Armida, e dall’altro Carlo e Ubaldo?

5) Individuare le figure retoriche presenti nelle ottave prese in esame.

6) Quale guerra viene rappresentata nella Gerusalemme Liberata? Si rappresenta solo il conflitto tra cristiani e pagani o questo assume un’altra connotazione?

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7) Qual è la funzione della magia all’interno di questo canto?

8) Sergio Zatti ha osservato come l’ “uniforme” si applichi sempre al mondo cristiano e il “multiforme” al mondo pagano: verificare l’ipotesi all’interno del canto.

9) Verificare se nelle ottave lette è possibile riscontrare il “bifrontismo” di cui parla Lanfranco Caretti.

10) I mondi alternativi proposti dal Tasso (ad es. cf. l’episodio di Rinaldo e Armida) sono un progetto utopico di società ideale, quindi con un legame col mondo della storia, o sono puro sogno, evasione?